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Si diffusa in questi mesi lidea bizzarra che i modelli matematici ampiamente

utilizzati in Finanza in questi anni hanno fallito e, quindi, che la Matematica ha


fallito.
La cosa mi lascia personalmente allibita perch dovrebbe essere chiaro a tutti che il
problema non la Matematica o la sua utilizzazione in un ambito o in un altro, ma la
tendenza superficiale, diffusasi in modo incontenibile negli ultimi dieci anni, a
pensare che una formula (giusta di per s) abbia magiche capacit di previsione e
valga in qualunque contesto a prescindere dal fatto che le ipotesi sotto le quali stata
dimostrata siano verificate.
La matematica ovviamente dice cose giuste e afferma verit. Sta ai finanzieri ed agli
economisti utilizzarla correttamente. Se loro sbagliano non colpa della matematica.
In particolare:
- sulle ipotesi: le assunzioni necessarie per dimostrare un risultato sono fondamentali
(senza di loro non c il risultato). Si tende troppo spesso a dimenticarlo, facendo una
cosa orribile ed illogica: si dimostra che A implica B per poi usare disinvoltamente B
senza pi curarsi che valga A e se qualcosa non va si d incredibilmente la colpa alla
matematica. Il risultato dimostrato a partire dalle ipotesi vale SOLO se valgono
appunto le ipotesi. Riporto una frase di Erio Castagnoli che mi sembra illuminante:
Chi usa la formula base per altezza per calcolare larea di un esagono dovrebbe
prendersela con se stesso e non con la matematica!.
Ancora un esempio: nel C.A.P.M le ipotesi sono: mercato perfetto, informazione
perfetta e condivisa da tutti gli agenti, tutti gli agenti hanno funzioni quadratiche di
utilit e sposano il modello dellutilit attesa, il valor medio dellerrore
(opportunamente definito) di valutazione per ogni titolo nullo e tutti gli errori non
sono correlati tra loro, le probabilit sono le frequenze storicamente osservate. E
ovvio che queste ipotesi non sono mai verificate nella realt e che quindi prendere i
risultati del modello come oro colato o come previsione di ci che succeder non ha
senso;
- sui modelli: da un insieme di dati sufficientemente regolari si pu sempre ricavare
una buona funzione di approssimazione (solitamente lineare). Cambiando i dati,
probabilmente il modello va ancora bene, a patto per di ricalibrarlo, cio di cambiare
i parametri precedentemente calcolati sui primi dati. Tutto ci funziona finch i dati
non subiscono scosse o salti. Questo avverr con certezza per numerosi motivi
(crisi finanziarie, cambiamenti legislativi, innovazioni tecnologiche, ecc.). La lezione
da trarre (e questo vale soprattutto per gli economisti ed i finanzieri) che i modelli
matematici sono estremamente utili per capire, ma non per prevedere.
Anche sulle serie storiche ci sarebbe molto da dire: si possono ottenere risultati
diversi considerando le ultime 300 quotazioni giornaliere di un titolo, le ultime 300
quotazioni settimanali di un titolo, e cos via; poi bisogna considerare le correzioni
effettuate (per esempio, leliminazione di dati anomali, la non disponibilit di tutti i
dati), ecc..
Aggiungo che un modello non dovrebbe mai essere calato in un contesto diverso da
quello in cui stato concepito. Per esempio il modello di von Neuman e Morgenstern

sulla cosiddetta utilit attesa nasce per trattare giochi. In tale contesto ragionevole
che i giocatori ragionino per valori medi, in altri no.
- sulla complessit del reale: la moda dei calcolatori e la (curiosa) ricerca
delloggettivit a tutti i costi portano sempre di pi a rappresentare realt complesse
con un numero limitato di parametri. Di per s tale pratica non sconsigliabile: aiuta
a farsi una prima idea ed a concepire miglioramenti o correzioni. Ma non bisogna mai
dimenticare che si sta lavorando su una semplificazione della realt.
Inoltre, utilizzare dati numerici deresponsabilizza (lo dicono i numeri!), distrugge il
senso critico e permette di giustificare qualunque teoria: i dati disponibili sono
talmente numerosi che, utilizzando (male) questi o quelli facile giungere ad una
conclusione ed alla conclusione opposta.
Concludo prendendo ancora in prestito le parole del Castagnoli: un serio
atteggiamento scientifico dovrebbe sollevare dubbi, arrendersi allevidenza soltanto
quando non se ne pu fare a meno, stimolare una visione critica delle cose e non
instillare discutibili certezze (e luniversit dovrebbe fare altrettanto). Lispirare
certezze compito delle religioni, non delle teorie scientifiche.

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