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Crisi del XIV secolo

Crisi del XIV secolo


La crisi del XIV secolo fu un fenomeno di ampia portata nella storia europea, che dur per vari decenni, con una
ripresa solo a partire dalla seconda met.
Dopo due secoli di grande sviluppo e prosperit nel continente europeo, il Trecento fu un secolo di rottura, con
l'interruzione di fenomeni in crescita come lo sviluppo demografico, l'ampliamento e la creazione di nuove citt, lo
straordinario aumento dei traffici in quantit e in qualit.
Oggi si inizia a considerare che il regresso possa essere stato causato innanzitutto da una variazione del clima[1], con
la fine del cosiddetto periodo caldo medioevale, che aveva permesso lo scioglimento dei ghiacci (si pensi alla
navigazione dei Vichinghi), la coltivazione della vite fin sopra Londra, abbondanti raccolti facilitati dalle piogge
scarse e regolari e le tiepide primavere.

La carestia del 1315-1317 e il ristagno economico


La crisi del Trecento si manifest innanzitutto con la fame, prima
ancora che con la tristemente celebre ondata di peste. Molti storici
hanno iniziato a supporre un eccessivo aumento della popolazione
rispetto alle risorse producibili: nei secoli precedenti l'aumento
delle derrate prodotte si era avuto grazie alla coltivazione di nuovi
terreni, che verso la fine del Duecento erano giunti alla
saturazione. Ne una prova la presenza di insediamenti anche in
zone disagiate (montagne, zone paludose, ecc.) dove si produceva
con grosse difficolt, ma anche quel contributo era necessario
(tutti insediamenti che vennero poi abbandonati nel corso del
secolo con la diminuzione demografica dando origine al fenomeno
dei villaggi abbandonati). Il clima pi freddo e pi umido peggior
i raccolti e esponeva la popolazione, soprattutto i bambini, alle
malattie da raffreddamento.
Si manifestava cos, nei ceti subalterni, una fetta di popolazione
denutrita, abituata da generazioni a nutrirsi quasi esclusivamente
di cereali, che dovette soccombere al primo prolungato rialzo dei
prezzi dovuto ai cattivi raccolti degli anni 1315-1317. La "Grande
carestia" fu il primo sintomo di una situazione in peggioramento,
della quale, naturalmente, i contemporanei non potevano avere
consapevolezza.

Dall'Apocalisse di un Biblia Pauperum miniato a


Erfurt: La morte (Mors) siede a cavalcioni di un leone
la cui lunga coda finisce con una palla di fuoco
(Inferno); la carestia (Fames) indica la sua bocca
affamata.

La ricca Europa duecentesca non era gi stata immune dalle


carestie, solo che esse avevano coinvolto alcune zone circoscritte, ai cui bisogni si era potuto provvedere facendo
affluire derrate alimentari da altre aree non colpite. Nel 1315-17 la carestia invece si manifest in maniera disastrosa
in quasi tutto il continente e in contemporanea. Si erano infatti susseguite delle condizioni climatiche negative
(inverni rigidi e prolungati, estati eccessivamente piovose, alluvioni e grandinate), danneggiando ripetutamente i
raccolti. I prezzi dei cereali aumentarono vorticosamente, provocando la morte per denutrizione di molte persone e di
parecchio bestiame. stato calcolato che nella citt di Ypres, tra il maggio e il novembre 1316, morirono quasi
tremila persone su una popolazione di 20-25.000 unit[2].
Una nuova ondata di carestia si abbatt sull'Europa nel decennio 1340-1350.

Crisi del XIV secolo

Nelle citt la crisi si manifest con il ristagno della produzione e dello smercio di alcuni prodotti (soprattutto tessili),
e con uno stallo dei rapporti tra moneta aurea e d'argento, che aveva visto un minor richiesta dell'oro, segno della
cattiva salute dei traffici internazionali. Un grave collasso finanziario si ebbe a Firenze, il maggiore centro
finanziario della penisola, quando nel 1342-1346 fallirono a catena alcune grandi compagnie commerciali (dei Bardi,
dei Peruzzi, degli Acciaiuoli) a causa dell'insolvenza di re Edoardo III d'Inghilterra, sconfitto nella guerra dei
cent'anni.

La peste nera
Il vero e proprio tracollo europeo si ebbe con l'arrivo di
una durissima ondata di pestilenza, pare proveniente
dalla Cina (dove c'era stata una grave pandemia nel
1333), che nel 1347 arriv in Europa tramite le rotte
commerciali, in particolare, pare, tramite le navi
genovesi che facevano la spola tra Mar Nero e
Mediterraneo per il commercio del grano. La pandemia
si diffuse nelle zone portuali, arrivando a Messina e poi
nelle citt sul Tirreno, per poi spargersi ovunque.
L'epidemia era arrivata in Italia e nel Mediterraneo
occidentale nell'autunno del 1347 per poi "congelarsi"
durante i mesi invernali. Da marzo a maggio il contagio
divenne allucinante[3], con le citt che assistevano al
Trionfo della Morte, 1446 circa Palazzo Abatellis, Palermo
progredire verso di esse del contagio terrorizzate di
scoprire da un momento all'altro i segni della comparsa
del male. Per tre lunghi anni la pandemia falci il continente, fino all'estate del 1350 compresa.
Le cause dirette della pestilenza furono investigate solo nel XIX
secolo, individuando almeno tre tipi di infezioni (polmonare,
setticemia e ghiandolare o "bubbonica") che forse infierirono
contemporaneamente. Quella bubbonica in particolare dava segni
evidenti (i "bubboni") e si trasmetteva tramite i parassiti veicolati
dai ratti all'uomo. L'epidemia fu particolarmente violenta per la
debolezza endemica di larghe fette di popolazione denutrite e con
il sistema immunitario depresso, e per le precarie condizioni
igieniche di molti centri urbani sovraffollati. La comparsa dei
sintomi (bubboni nella zona ascellare e inguinale, macchie nere,
fino all'espettorazione di sangue), gettavano la popolazione nel
terrore quali segni di sicura morte[4].

Diffusione della peste nera dal 1347 (marroncino) al


1351 (giallo)

Gli studi parlano di una mortalit media del 25% della


popolazione, con picchi (in Germania, in Francia e in Italia), del
30-35% e oltre. Alcune aree vennero anche inspiegabilmente
risparmiate, come il milanese.

La pandemia termin la fase acuta tra il 1350 e il 1351, permanendo per allo stato endemico e ricomparendo in
successive ondate fino alla successiva pandemia del 1630. La popolazione europea non si riprese dal tracollo fino
almeno al Settecento. Tra le conseguenze vi furono lo spopolamento delle aree impervie, con i contadini migrati a
riempire gli spazi vuoti nelle aree pi fertili in pianura e in collina, e la crisi dei piccoli proprietari terrieri, che
vendendo i loro terreni favorirono la concentrazione delle propriet in un minor numero di mani. I ceti dirigenti, in

Crisi del XIV secolo

alcune zone, si allontanarono dal controllo diretto della terra, preferendo affidarla in affitto o secondo altri contratti
(come la mezzadria in Toscana) e vivendo di rendita. Le condizioni di vita del ceto rurale peggiorarono comunque
notevolmente e si and formando una specie di "proletariato" rurale.

Conseguenze devozionali
La disordinata religiosit che fu animata dalla
sensazione di terrore e di disorientamento a fronte
dell'inspiegabile susseguirsi di calamit e sciagure
(carestie, epidemie, guerre, l'avanzata dei Turchi o dei
Tartari), fu permeata da elementi apocalittici e
irrazionali, che credevano in un'azione diabolica
congiunta e particolarmente efficace. La fine del
mondo e la venuta dell'Anticristo sembravano pi
vicine che mai e si cercarono dei nemici da combattere,
che erano, oltre ai cattivi cristiani, gli ebrei e le streghe,
contro le quali si scaten una vera e propria caccia.
Della sensibilit religiosa imbevuta di paura si
Buonamico Buffalmacco, L'incontro tra vivi e morti, dettaglio del
approfittarono i predicatori popolari, che fecero
Trionfo della Morte, Pisa, Camposanto Monumentale
incrementare le donazioni alla Chiesa e l'acquisto di
indulgenze. La paura per la morte, visibile nei frequenti
dipinti di trionfi della morte, danze macabre e incontro dei tre vivi e dei tre morti, era un sentimento nuovo ed era
drammatizzata dal confronto con i prosperi secoli immediatamente precedenti. proliferavano gruppi e confraternite
di penitenti, pi o meno eterodosse, mentre in Italia e in Fiandra nacque la devotio moderna, con rappresentanti come
Brigida di Svezia, Caterina da Siena, Enrico Suso e Tommaso da Kempis. Essa promuoveva un'adesione religiosa
meno formale e pi legata ad aspetti intimi e personali, intesa come un valore essenzialmente umano. L'opera pi
importante di questa corrente fu l'Imitazione di Cristo, tra i pi celebri trattati di meditazione cristiana di tutti i tempi.

Le rivolte
Per approfondire, vedi Rivolte popolari del XIV secolo.

Crisi del XIV secolo

Alle carestie, le epidemie, la riduzione degli spazi a


coltura cerealicola in favore di coltivazioni pi
redditizie, le vessazioni del ceto fondiario, vanno
aggiunte le guerre che erano frequenti in tutta Europa e
che si tramutavano talvolta in razzie, saccheggi e assedi
a lungo termine con una destabilizzazione della societ.
L'aggravarsi delle condizioni di vita dei ceti subalterni
nelle campagne produsse inizialmente un flusso di
persone verso le citt, dove erano almeno presenti
alcune istituzioni caritatevoli che gli assicuravano un
minimo di sostentamento giornaliero. Ci caus un
sovrappi di manodopera che minacci i ceti subalterni
La fine della rivolta dei contadini in Inghilterra: Wat Tyler ucciso da
cittadini. Il malessere verso una situazione divenuta
Walworth sotto gli occhi di Riccardo II
ormai insostenibile fu all'origine di rivolte un po' in
tutta Europa, sia nelle campagne che nelle citt, a
partire dai ceti pi umili che talvolta riuscivano a coinvolgere anche frange pi agiate, come i piccoli artigiani o i
produttori subalterni.
In Fiandra si erano registrate rivolte gi nel primo trentennio del Trecento, mentre le campagne francesi vennero
battute tra 1315 e 1360 dalle folle dei pastoureaux ("pastorelli") e, tra il 1356 e il 1358, dalla jacquerie, dove i
contadini inferociti misero al rogo parecchi castelli ed aggravarono la situazione gi difficile durante la guerra dei
cent'anni. Nel 1356 dilag a Parigi una rivolta capeggiata dal "prevosto" dei mercanti tienne Marcel.
Tra il 1351 e il 1378 si ebbero le rivolte dei Ciompi a Perugia, a Siena e a Firenze. In Inghilterra si ebbe una dura
rivolta cristiano-popolare nel 1381, capeggiata da Wat Tyler e John Ball, che si ribellarono al duro regime fiscale
imposto dal re a causa della lunga guerra contro la Francia.

Crisi del XIV secolo

Le compagnie di ventura
Lo spopolamento ebbe come conseguenza anche l'impossibilit di
tenere milizie cittadine e cavallerie feudali permanenti, rendendo
necessario ricorrere a guerrieri di mestiere, che fossero ben
addestrate e mobili. Nacquero cos le compagnie di ventura,
istituzioni militari composte da armati che di mestiere si
prestavano a chi ne facesse richiesta in cambio di soldi. Erano
delle vere e proprie "imprese" commerciali, che si offrivano ai vari
governi come mercenari. Il contratto che essi stipulavano si
chiamava "condotta", da cui il termine condottiero.
Inizialmente le compagnie di ventura, che tanto peso ebbero nelle
vicende italiane, erano straniere (Francesco Petrarca le chiam
"pellegrine spade"), come la Grande Compagnia di Guarnieri
d'Urslingen, la Compagnia Bianca di Giovanni Acuto. Presto si
formarono anche compagnie italiane, come la Compagnia del
Cappelletto creata da Niccol da Montefeltro, la Compagnia di
San Giorgio di Alberico da Barbiano, nella quale si formarono i
condottieri Braccio da Montone e Muzio Attendolo Sforza, i quali
furono all'origine delle due principali tattiche militari del tempo:
quella braccesca, basata sull'assalto impetuoso, e quella sforzesca,
che privilegiava la tattica e le manovre.

Giacomo (Muzio) Attendolo Sforza in una miniatura


quattrocentesca

Le compagnie di ventura vendevano un servizio, quello militare, e non avevano nessun interesse a distruggersi a
vicenda, n erano particolarmente interessati alla causa per la quale lottavano. Per questo vennero spesso accusate di
non combattere sul serio e di essere inclini al tradimento favorendo chi offriva loro pi soldi.
Ma il pi grave difetto di queste compagnie, che si rivel solo nei secoli successivi, era quello di trarre profitto dalla
guerra, quindi di impedire l'instaurarsi di una qualsiasi pace duratura: in tempi tranquilli esse si davano al saccheggio
costringendo i governi a pagare loro una sorta di tassa per impedire che si dessero a eccessi.
Alcuni condottieri riuscirono a fare una politica personale che nel migliore dei modi frutt loro una signoria e,
magari pi tardi, anche un principato.

Crisi del XIV secolo

La ripresa
La crisi generale del Trecento riusc ad
innescare
anche
un
riassetto
economico e produttivo da parte dei
ceti dirigenti, che gradualmente
risalirono la china verso una nuova
prosperit.
Per esempio le compagnie commerciali
divennero, dopo i fallimenti a catena
del 1342-1346, pi flessibili, in modo
che l'eventuale fallimento di una filiale
non si ripercuotesse sull'intera
compagnia. Inoltre venne meno il
monopolio tessile delle Fiandre in
favore di altre zone, come l'Olanda,
Masolino da Panicale, scena dagli affreschi della Cappella Brancacci, Firenze
l'Inghilterra e l'Italia. Si svilupparono
inoltre le attivit manifatturiere nelle
campagne, dove la manodopera era pi docile di quella cittadina, come quelle tessili, metallurgiche e cartarie. Si
diffuse, oltre alla lana, l'uso di fibre vegetali come la canapa e il lino, aiutate dal nuovo uso di vestire camicie e
sottovesti. Aument la domanda della seta e del vetro.
Nonostante i problemi quindi, sembr che dopo la met del Trecento la popolazione europea tornasse a consumare e
lo facesse in maniera pi diversificata. Aument il volume dei commerci soprattutto grazie al movimento delle merci
"povere" (vini, alimenti, stoffe), che resero necessarie navi pi ampie e capienti, come la cocca. Vennero sviluppati
strumenti per il commercio come la partita doppia e la lettera di cambio.
Si fece strada un nuovo ceto imprenditoriale e capitalistico, che si imparent con famiglie di antica nobilt feudale,
rispolverando tradizioni nobiliari in grande pompa.
Con questi dati alcuni storici hanno modificato la valutazione complessiva dell'et fra Tre e Quattrocento,
sostenendo che il brusco calo demografico riequilibr il rapporto tra risorse e individui, portando un miglioramento
complessivo. A sostegno di questa ipotesi ci sarebbe anche il grande sviluppo artistico dell'Umanesimo e del
Rinascimento. Altri, come Roberto Sabatino Lopez, hanno sostenuto invece che l'impossibilit di reinvestire i
capitali durante un'epoca di depressione port a "tesaurizzarli" nelle opere d'arte, finanziando cicli pittorici e opere
monumentali.

Note
[1]
[2]
[3]
[4]

Cardini-Montesano, cit.
Cardini-Montesano, cit., pag. 378.
Cardini-Montesano, cit., p. 380.
La pestilenza a Firenze stata descritta da Giovanni Boccaccio nell'Introduzione alla prima giornata del Decameron.

Bibliografia
Franco Cardini e Marina Montesano, Storia medievale, Firenze, Le Monnier Universit, 2006. ISBN 8800204740
Samuel Kline Cohn, Lust for liberty: the politics of social revolt in medieval Europe, 1200-1425 : Italy, France,
and Flanders, Harvard University Press, 2008 ISBN 978-0-67-403038-1

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Voci correlate
Piccola era glaciale
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