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DANTE ALIGHIERI
NOTIZIE BIOGRAFICHE Dante, diminutivo di Durante, nacque nel 1265, probabilmente verso la fine di maggio, a Firenze. La madre di nome Bella (diminutivo di Gabriella) mor attorno al 1275. Il padre Alighiero si rispos in seconde nozze con Lapa Cialuffi che gli diede un maschio, Francesco, e una femmina. Il padre mor prima del 1283. Dante rest, giovane, orfano di entrambi i genitori, ma non ne risent molto, perch i rapporti con Francesco furono fraterni. Connesso alla sua situazione il precoce contratto matrimoniale con Gemma Donati (appartenente alla famiglia dei Donati, ma a un ramo laterale), avvenuto nel 1285. Venne stipulato il contratto nel 1277 (fidanzamento ufficiale). Gli Alighieri erano appartenenti allaristocrazia cittadina, di parte guelfa. Di antica nobilt erano, per, stati messi in difficolt economicamente dallascesa delle nuove classi borghesi e mercantili. Cos, se gli antenati di Dante occupavano posizioni ragguardevoli nella scala sociale, gli esponenti pi vicini a lui erano ridotti alla condizione di piccoli proprietari di terreni e di case. Il padre, che doveva svolgere lattivit di cambiatore (= usuraio), si trovava in una condizione economica relativamente agiata; lasci in eredit qualche propriet a Dante. Dante, tuttavia, ebbe lambizione di frequentare i giovani delle famiglie pi in vista e serv il comune nelle "cavallate". In queste combatt a Campaldino nel 1289 contro gli Aretini e i fuorusciti ghibellini e, nello stesso anno, partecip allassedio di Caprona (di propriet dei pisani). Tra i compiti cera anche quello di accogliere i principi stranieri; forse nel 1284 accolse Carlo Martello e con lui instaur unamicizia, poi ricordata nella Commedia. Anche se vicina a Bologna, Firenze, allepoca di Dante, era una citt culturalmente provinciale, ai margini delle correnti di pensiero provenienti dalla Francia. Linsegnamento era connesso alle esigenze pratiche del commercio: COMPITARE, LEGGERE, FAR DI CONTO. Non esistono prove che, come facevano i nobili fiorentini, anche Dante abbia frequentato i corsi universitari di Bologna. Certamente, per, soggiorn a Bologna e l venne a contatto con la poesia di Guido Guinizzelli. Era, peraltro, consuetudine dei giovani dellepoca scrivere "parole per rima" e Dante fece cos per le sue prime scritture. LE POESIE DI DANTE Le poesie di Dante non sono state trasmesse da un Canzoniere, ma da manoscritti miscellanei (che contengono poesie di diversi poeti). Sono sorti dei problemi non solo per ricostruire i testi delle poesie, ma anche per quanto riguarda lautenticit. Oggi si giudicano sicuramente dantesche ottantotto poesie; certamente ci sono delle poesie andate perse. Si pu riconoscere una prima fase in cui risente dei modelli siciliani e siculo-toscani, soprattutto guittoniani (poesie con un forte tecnicismo) e lentrata ufficiale nella poesia con A ciascunalma presa e gentil core. Questo sonetto descriveva una visione avuta da Dante, in cui egli invitava gli altri poeti ad interpretarla; fra gli altri ci fu Guido Cavalcanti ed inizi cos la loro amicizia. Fu anche linizio di Dante nello Stilnovo. Questo episodio nella Vita nuova viene datato al 1283. Da Cavalcanti apprese una tematica pi elevata per il contenuto e uno stile pi alto e raffinato. Risal in maniera pi diretta ai provenzali e alla poesia di Guinizzelli, come appare dal sonetto Amore e l cor gentil sono una cosa, in cui vi il rinvio alla poesia di Guinizzelli Al cor gentil rempaira sempre amore. Tuttavia Dante si rivolse soprattutto alle riprese cavalcantiane, in particolare per quanto riguarda il timore e lo sguardo della donna amata fino al famoso sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare. In particolar modo nellultimo decennio del Duecento, Dante tenta varie esperienze stilistiche, passando da componimenti simbolici e allegorici alla poesia giocosa, ai componimenti cortesi, come nel caso di Guido, i vorrei. Secondo il pregiudizio per cui poetare in volgare significava poetare damore, naturale che Dante abbia tratto ispirazione dalle sue esperienze sentimentali. certo che Dante compose poesie in onore di pi donne, ma lunica che emerge con una fisionomia distinta Beatrice. Lei sicuramente esistita ed identficata con Bice Portinari, sorella di un amico di Dante; ma altrettanto evidente che fu colpito dal suo nomen agentis Beatrix (= "colei che beata e rende beati") e si serv di Beatrice per farla simbolo di valori teologici. Alla morte di Beatrice (1290), Dante si dedic agli studi filosofici leggendo due opere, il De consolatione philosophiae di Boezio e il De amicitia di Cicerone, due testi che a Firenze non erano

molto noti a quellepoca e che gli furono suggeriti da Brunetto Latini, grande personalit nella Firenze del tempo per il suo enciclopedismo, per la sua conoscenza della retorica, del francese e del provenzale. Si tratt non tanto di un insegnamento istituzionale, quanto di una serie di suggerimenti e di indicazioni bibliografiche date durante delle amichevoli conversazioni. In particolare, Brunetto cercava di far capire lessenza delluomo nelle varie manifestazioni. Per questo insegnamento Dante esprime il suo ringraziamento al Maestro nel XV canto dellInferno. Interessatosi alla filosofia, and alle scuole dei filosofi e si rec ad ascoltare le lezioni nel convento dei Domenicani a Santa Maria Novella e nel convento francescano di Santa Croce. A Santa Maria Novella ascolt linsegnamento di Alberto Magno e di San Tommaso. A Santa Croce ascolt le voci degli spirituali che criticavano la corruzione della Chiesa. Proprio qui insegn il pi acceso degli spirituali: Umbertino da Casale. LA VITA NUOVA Sulla spinta di queste esperienze, probabilmente intorno al 1292, Dante pens di raccogliere alcune delle poesie scritte in precedenza e di unirle adattandole attraverso la prosa, perci i dati sono alterati, trasformati e falsificati. Per esempio, la seconda donna dello schermo forse suggerita dalla necessit di inserire alcuni componimenti che si sapeva non essere stati scritti per Beatrice. La Vita nuova composta da quarantadue capitoli in prosa e trentuno poesie, in larga prevalenza sonetti. La prosa ha la funzione di unire le poesie per raccontare lamore di Dante per Beatrice, di spiegare lispirazione poetica e il significato dei componimenti. Con questa scelta Dante attua per primo un esperimento simile al Canzoniere; come seconda cosa da notare che il libro si compone di poesia e di prosa ( un prosimetro) e ha come precedente illustre il De consolatione philosophiae di Boezio; accanto a questo vi linfluenza delle Razos provenzali. La Vita nuova racconta di come Dante, a nove anni, abbia incontrato per la prima volta Beatrice e di come labbia rivista nove anni dopo e se ne sia innamorato, di come abbia celato il suo amore attraverso due donne dello schermo, di cui la gente diceva che Dante era innamorato. Racconta poi di come la morte di Beatrice lo abbia prostrato di dolore, di come sia stato consolato da una donna gentile, di come, infine, Beatrice, riapparsagli in sogno, labbia riportato allamore verso di lei. Il libretto si chiude con il proposito di Dante di non scrivere pi su Beatrice, finch non abbia ideato unopera pi degna di lei (un poema paradisiaco). Loperetta unisce due propositi: un intento letterario e un intento ideologico. IL PROPOSITO IDEOLOGICO: oltre alle fonti citate, Dante ha presente la tradizione agiografica; difatti il racconto si svolge in unatmosfera simbolica, allusiva, ritmata dal ricorrere del numero 9. Dante dir appunto che Beatrice "uno nove" (= un nove), cio un miracolo (il numero 9 rappresenta il miracolo, in quanto indica il quadrato della Trinit). Nel racconto si susseguono tre visioni che naturalmente sono capite nel loro senso soltanto dopo che levento si verificato. Vi gi qui unevidente analogia con le profezie che riguardano Cristo, che sono comprese dopo che levento stesso si verificato. La centrale delle tre visioni (che si trova al Capitolo XXIII - Paragrafo 23 al centro dellopera dal punto di vista strutturale) premonitrice della morte di Beatrice (che avverr di fatto poco dopo). La descrizione premonitrice accompagnata da alcuni fenomeni: loscuramento della terra, alcuni terremoti. Questi fenomeni richiamano quelli che accompagnano la morte di Cristo. Quindi Beatrice figura di Cristo (figura Christi) e la sua morte unascesa al cielo. Siamo di fronte a un amore che, venuto dal cielo, al cielo ritorna, cio lamore di Dante per Beatrice ricalcato sulle esperienze mistiche, sul rinnovamento spirituale, infatti il titolo significa s vita giovanile ma, soprattutto, vita rinnovata; difatti, i tre momenti in cui si sviluppa lamore per Beatrice sono i tre momenti della visione mistica: 1 COGITATIO (visione delle cose terrene); 2 MEDITATIO (riflessione sulle realt spirituali inerenti alle cose terrene); 3 CONTEMPLATIO (visione divina). Al primo momento corrisponde lamore-passione ed descritto nella prima parte del libro. A un certo punto Dante sceglie una seconda donna dello schermo e la gente comincia a mormorare sul suo comportamento, tanto che Beatrice gli toglie il saluto. Da questo momento lamore non dipende pi da un atto esterno, ma interno. Un amore di questo tipo, che poi volge verso il cielo, si chiama carit (secondo momento). Nel terzo momento si ha la grazia.

IL PROPOSITO LETTERARIO: sul piano letterario possibile riscontrare un progressivo maturare delle idee. Inizialmente nella visione amore-passione prevale una posizione cavalcantiana che emerge soprattutto quando viene negato il saluto. Sono di fondamentale importanza i capitoli dal XVIII al XXI, soprattutto il XVIII e il XIX, in cui Dante definisce lo STILE DELLA LODA: sono quei componimenti (che nel XXIV canto del Purgatorio sono considerati iniziali dello Stilnovo) in cui si trova la canzone Donne chavete intelletto damore. Quindi una fase in cui le poesie celebrano le lodi di Beatrice; dopo si ritrovano le poesie per la morte di Beatrice e per lanniversario della morte e una serie di componimenti (quattro) che sono dedicati alla donna gentile. un episodio che allaltezza della Vita nuova sembra chiaro, ma che pi tardi Dante interpreter in chiave allegorica (la donna gentile sarebbe stata la filosofia). Dopo la riapparizione di Beatrice, lultimo sonetto segna il passaggio alla terza fase, cio a una poesia di tipo mistico che non pi cavalcantiana. ****

Nel periodo successivo alla Vita Nuova Dante si dedic agli studi filosofici e contemporaneamente compose delle poesie dottrinali dedicate a una donna gentile. Allaltezza del Convivio interpret questa donna come la filosofia, per questi componimenti non sono di facile interpretazione e non sempre il significato allegorico evidente. Si pu congetturare che allinizio Dante abbia composto poesie per unaltra donna e che in un secondo momento vi abbia attribuito un significato allegorico ulteriormente sottolineato nel Convivio. Contemporaneamente nellultimo decennio del Duecento affronta altri stili. Vi sono pure poesie stilnovistiche (scambi epistolari con Cino da Pistoia), poesie comiche (testimoniate dalla tenzone con Forese Donati). Queste ultime sono tre di Dante e tre di Forese (scambi di invettive databili tra il 93 e il 96). Vi poi uno scambio di sonetti con Cecco Angiolieri di cui, per, ci sono pervenute solo le risposte di Cecco. Infine, una ripresa dei provenzali (specialmente Arnaut Daniel) che alla base dellesperienza delle rime petrose. Si tratta di una serie di componimenti dedicati a una donna di nome Petra (assunto come senhal), che ne attesta la crudelt. Secondo la teoria della corrispondenza tra stile e contenuto, Dante qui ha esperienza di uno stile aspro, caratterizzato dal ricorrere di suoni aspri, di rime difficili e di metafore di cui, poi, far tesoro negli ultimi canti dellInferno. IL FIORE Allinterno della poesia dantesca ci sono vari problemi di datazione e di lezione. Il problema pi grosso dato dal Fiore, poema costituito da duecentotrentadue sonetti, collegati luno allaltro a formare un racconto. Il Fiore un rifacimento del Roman de la Rose, poema allegorico con taglio enciclopedico (presenta digressioni). Il Fiore ci conservato da un unico manoscritto che racconta che un amante, dopo avere vinto varie resistenze, rappresentate da personaggi allegorici (paura, castit), arriva a raccogliere il fiore (chiara metafora sessuale). Allinterno del poema lautore si indica come Ser Durante. Ci sono state discussioni sullautenticit o meno del Fiore. Oggi lo si attribuisce a Dante e in tale direzione spingono alcuni indizi: un giudizio su Sigieri di Brabante, analogo a quello che si ritrova nella Commedia (nel Paradiso); una quartina di uno di questi sonetti attribuita da un manoscritto trecentesco a Dante; ci sono molti legami di carattere lessicale e fonico con le Rime e con la Commedia. Se di Dante, il Fiore risale al periodo tra il 1285 ed il 1295 (si tratterebbe pertanto dellesperienza di un poema prima della Commedia). LESILIO DI DANTE Lultimo decennio del Duecento importante anche per luomo Dante. Dal matrimonio con Gemma Donati erano nati Jacopo, Pietro, Antonia, che poi si monac con il nome di suor Beatrice. Probabilmente, per, figlio di Dante anche un certo Giovanni Alighieri che figura in un documento lucchese del 1308. I nomi dei tre figli di Dante richiamano quelli dei tre apostoli pi cari a Dante. Negli ultimi anni del Duecento Dante partecip alla vita politica. A Firenze lo scontro tra i nobili e i borghesi aveva portato agli Ordinamenti di giustizia (leggi del 1289), che avevano escluso i nobili dal governo. Nel 1295 queste leggi furono moderate, prevedendo la possibilit che i nobili

partecipassero alla vita politica, purch si iscrivessero a unArte (Dante si iscrisse allarte dei Medici e degli Speziali, forse perch cultore degli studi filosofici). Partecip, quindi, a vari Consigli (organi di governo). In Firenze i conflitti di tipo economico-sociale si erano sempre pi trasformati in conflitti di fazioni. Lo scontro era tra i fautori dei Cerchi (famiglia del contado, ricchissima) e quelli dei Donati (famiglia di antica nobilt). A sostegno dei primi vi erano i gruppi popolari e la parte democratica della borghesia; con i secondi vi erano i gruppi di antica nobilt e i grossi borghesi. Prendendo i nomi della vicina Pistoia, i primi si chiamarono Bianchi e i secondi Neri. Dante si schier con la parte bianca, forse perch in quella fazione era pi facile la carriera politica e perch un bianco era Guido Cavalcanti. Gli scontri si aggravarono progressivamente; proprio in questo frangente Dante fu eletto tra i priori di Firenze (15 giugno - 15 agosto 1300). Il 23 giugno, a seguito di un ulteriore scontro violento, i priori presero la decisione di allontanare i pi facinorosi tra i quali Cavalcanti e Corso Donati. Poi il provvedimento fu revocato per la parte bianca, partendo dalle gravi condizioni di Cavalcanti; Dante si giustific dicendo che il provvedimento fu preso quando ormai lui era decaduto dalla carica. Questo provvedimento non fece altro che accentuare le ostilit. Nel periodo successivo al priorato Dante partecipa ad altri Consigli. Nel frattempo la situazione interna si andava evolvendo a favore dei Neri, per lappoggio sempre pi palese concesso da Bonifacio VIII e perch i Bianchi avevano colpito interessi feudali della Chiesa. A causa del deteriorarsi della situazione si decise linvio di tre ambasciatori a Roma (tra i quali vi era Dante). Nel corso delle trattative si avvert lesigenza di informare Firenze e a Roma rimase solo Dante. A Firenze la situazione precipitava con lintervento di Carlo di Valois, mandato con il pretesto di pacificare le fazioni; i Neri presero il sopravvento. Le case dei Bianchi furono saccheggiate (novembre 1301). Nel gennaio del 1302 Dante insieme con altri Bianchi fu riconosciuto colpevole di baratteria (= vendere pubblici uffici, corruzione) e di opposizione allintervento papale. Fu condannato a una multa pecuniaria, allinterdizione dai pubblici uffici e al confino per due . Nel marzo successivo, non essendosi presentato, fu condannato alla pena di morte in contumacia. Dalla sua missione a Roma Dante non torn pi a Firenze. Cacciati dalla citt, i Bianchi si prepararono alla resistenza armata e confluirono nelle citt favorevoli (Arezzo, Pisa e Pistoia). Nel giugno del 1302 venne firmato il Trattato di San Godenzo nel Mugello tra i Bianchi, la famiglia degli Uberti e gli Ubaldini. I Bianchi e gli Uberti promettevano di saldare il debito con gli Ubaldini che sovvenzionavano la guerra. Tra i firmatari ci fu anche Dante. La Direzione della guerra fu assunta dal Signore di Forl. Tra la fine del 1303 e linizio del 1304 Dante fu sicuramente a Verona presso Bartolomeo della Scala (cfr. canto XVII del Paradiso). Forse Dante richiese degli aiuti militari che, per, non vennero concessi. Egli ormai non credeva pi nella possibilit di rientrare a Firenze con la forza e lamarezza fu accentuata dallestensione della pena ai figli quando avrebbero raggiunto la maggiore et. Nel frattempo era morto Bonifacio VIII ed era salito sul trono papale Benedetto XI. Si diffuse la speranza di una pacificazione; fu inviato a Firenze a condurre le trattative il Cardinale Nicol degli Albertini. Tra gli esponenti di parte bianca vi fu Dante che a nome dellintera fazione scrisse unepistola caratterizzata dallintenso desiderio di pace. Il tentativo fall, ma Dante ormai si era distaccato dai bianchi che il 20 luglio 1304 subirono una disastrosa e definitiva sconfitta nella battaglia della Lastra (cfr. canto XVII del Paradiso). Nel periodo successivo le preoccupazioni di Dante aumentarono, perch molti esuli (tra i quali gli stessi Cerchi) erano gi rientrati in Firenze; si accorgeva che per lui non cerano ancora spiragli, tanto pi che la propaganda nera assimilava i Bianchi ai Ghibellini e Dante aveva di fronte lesempio minaccioso degli Uberti, banditi da Firenze e mai pi rientrati (cfr. canto X dellInferno). Perci in questo periodo scrisse unepistola, perduta, al popolo di Firenze e una canzone Intorno al cor tre donne mi son venute, in cui esprimeva il proprio pentimento e auspicava il perdono. Intanto le condizioni dellesilio si facevano sempre pi difficili e non facile ricostruire il suo itinerario; probabilmente fu a Treviso, a Padova, dove vide Giotto. Soggiorn poi a Lucca. Fu sicuramente nel Casentino (Arezzo) e in Lunigiana (tra Toscana e Liguria) presso i Malaspina. Durante questultimo soggiorno (in uno dei centri della poesia provenzale in Italia) Dante stilnovista e ci documentato da uno scambio di sonetti con Cino da Pistoia. Le opere pi significative di questo periodo sono due trattati, il Convivio e il De Vulgari eloquentia. Questi restano entrambi interrotti e costituiscono una novit per la Letteratura Italiana.

Il primo unopera filosofica concepita come commento ad alcune canzoni; il secondo un testo di linguistica e di stilistica. Queste opere, che rappresentano un approfondimento teorico e filosofico dellesperienza lirica, devono dimostrare lerudizione e la dottrina di Dante per consentirne il ritorno dallesilio. Devono anche dimostrare la dignit del volgare, degno di essere utilizzato non solo per le rime damore, ma anche per le opere scientifiche e concettualmente elevate. IL CONVIVIO unopera enciclopedica complessa e ricca di slittamenti culturali. La sua stesura prolungata nel tempo con vari scarti cronologici. Il piano prevedeva quindici libri, uno di introduzione e quattordici di commento ad altrettante canzoni. In realt lopera fu interrotta al quarto libro. Il Convivio unopera scritta in pi periodi e continuamente rivista. iniziata nel 1304; vi un primo salto cronologico tra primo e secondo libro, quando forse Dante interrompe lopera per scrivere il De vulgari eloquentia; un secondo stacco si avverte tra il terzo e il quarto libro, che Dante scrive intorno al 1307. Questopera un banchetto in cui le vivande sono rappresentate dalle canzoni e il pane rappresentato dal commento. unopera scritta in volgare, per dare modo al maggior numero di persone di leggerla. Il primo libro funziona da proemio: Dante, dopo aver difeso la sua fama (anni dellesilio), fa un elogio del volgare. Il secondo afferma che lamore per la filosofia vince nelluomo lamore per la donna cos come lamore per la donna gentile vince quello per Beatrice. Il terzo definisce che cos la filosofia: agire secondo virt in vita perfetta e, dunque, anticipazione della vita eterna; il quarto libro affronta il tema della nobilt, che non consiste nella nobilt di stirpe n nelle ricchezze, ma nella virt. Perch ci possa essere la felicit necessario che sulla terra ci sia lordine, cio occorre lintervento dellimperatore che vinca la violenza e la cupidigia. II primo problema che si deve affrontare per linterpretazione del Convivio riguarda le fonti filosofiche e qui Dante ha una posizione nel complesso eclettica, attingendo da San Tommaso, da Alberto Magno e dalla tradizione aristotelica averroistica. Per lopera presenta dei mutamenti, perch ci sono delle variazioni ideologiche. Per alcuni critici unopera che rappresenta il momento in cui trionfa il razionalismo. Il libro inizia con una famosa sentenza aristotelica: Tutti gli uomini desiderano naturalmente sapere. Si arriva addirittura a sostenere linutilit delle speculazioni metafisiche che gli uomini non possono arrivare a comprendere. Tuttavia non mancano allinterno spunti mistici che tendono ad infittirsi nel IV Inno, in cui vi sono frequenti richiami a San Paolo. Laltro problema riguarda il rapporto con la Vita nuova e, in particolare, la questione della donna gentile. Nella Vita nuova lepisodio della donna gentile era rappresentato appunto come un evento momentaneo e si concludeva con il trionfo di Beatrice. Nel Convivio la donna gentile invece rappresentata come vincitrice ed esplicitamente la stessa donna di cui ha parlato nel finale della Vita nuova. Da qui una serie di interpretazioni per far conciliare due informazioni in realt non conciliabili. La Vita nuova sembra dunque essere stata scritta in due tempi, aggiungendo laltra parte (finale). Per questa ipotesi si scontra con il fatto che non c nessuna attestazione nei manoscritti di questeventuale stesura e poi lo stesso Dante distingue tra la Vita nuova, opera giovanile, e il Convivio, opera della maturit. Dunque evidente che, secondo una sua caratteristica, Dante ha voluto unificare le proprie esperienze artistiche, rileggendo, alla luce dei nuovi interessi, le esperienze stilnovistiche. Il Convivio , quindi, opera di divulgazione del sapere e delle scienze e in questa prospettiva si spiega il ricorso al volgare che diventa tramite di cultura. Il riferimento al proprio esilio (nel Proemio) crea gi limmagine di uno scrittore al di sopra delle parti. Nel proporsi questo fine, Dante adotta una prosa elevata che nellarticolazione sintattica tenta di ricalcare lo stile latino. II DE VULGARI ELOQUENTIA composto molto probabilmente tra il 1304 e il 1305, durante una pausa del Convivio. Sappiamo che doveva consistere di quattro libri e il quarto doveva essere riservato allo stile comico (medievale). Il trattato fu interrotto al quattordicesimo capitolo del secondo libro e si tratta di un testo di linguistica e stilistica che si rif, ma con delle innovazioni, ai manuali provenzali e alla trattatistica mediolatina. In questopera Dante parte dalle origini della lingua (di Adamo = ebraica)

per arrivare alla confusione babelica. A questo punto ci sarebbe stata la divisione delle lingue e Dante distingue innanzitutto tra una lingua naturale (che si impara spontaneamente dalla madre, la quale si impara per prima) e una lingua artificiale (che si impara a scuola, serve alla comunicazione e ha delle regole da rispettare). Dopo la contusione babelica c stata una divisione geografica in tre zone: zona settentrionale germanica, zona dellEuropa orientale, in cui la grammatica era il greco; zona dellEuropa occidentale meridionale, in cui la grammatica era il latino. Questultima zona ha subto unulteriore divisione in lingua doc, lingua dol, lingua del s (rispettivamente provenzale antico, francese antico e italiano antico). La lingua del s, pi vicina al latino, quella pi nobile. Dante fa una divisione dei dialetti italiani in quattordici sezioni e in tutti riscontra una certa dose di municipalit, una distinzione tra lingua parlata e letteraria (come aveva fatto per i siciliani con Cielo dAlcamo e per i siculo-toscani che definisce municipali, comunali). La causa la mancanza di una corte; per tutti i letterati, indipendentemente dalla loro origine geografica, hanno usato una lingua sovraregionale. Dante definisce questo volgare con i termini di VOLGARE ILLUSTRE, CARDINALE, CURIALE, AULICO. illustre perch illuminato dalla nobilt e illumina chi lo usa; cardinale perch il cardine attorno a cui ruotano gli altri dialetti; curiale in quanto segue delle norme; aulico perch, se ci fosse una reggia in Italia, l sarebbe usato. Questo volgare illustre in realt la lingua di uno stile, cio dello stile tragico, perci si pu usare solo per gli argomenti elevati: salus, venus e virtus, rispettivamente la rettitudine morale, la poesia damore e la poesia epica; in base alla corrispondenza tra temi e forme richiede come schema metrico la canzone e come verso lendecasillabo. Per ci che riguarda lItalia, indica come modelli Cino da Pistoia per la venus, se stesso per la salus e nessuno in Italia per la virtus. Questo trattato importante perch dimostra che in Dante la prassi artistica (lo scrivere poesie) si accompagna sempre alla riflessione poetica (la teoria) e qui la esemplifica, facendo riferimento a proprie esperienze o a quelle di poeti vicini. importante, poi, perch fissa un problema centrale nella storia della lingua. Dunque nel De vulgari eloquentia lesaltazione del volgare avviene usando il latino. Qui ricorre al latino per convincere gli studiosi e il latino utilizzato in funzione del volgare (come commento per il volgare). LA DISCESA DI ARRIGO VII IN ITALIA (1310) LE EPISTOLE Nel momento della discesa di Arrigo VII in Italia, Dante identific in lui il veltro (cfr. c. I, Inferno). Questo principe lussemburghese era stato eletto imperatore nel novembre del 1308. Nellottobre del 1310 era sceso in Italia con un piccolo esercito per farsi incoronare imperatore (linvestitura doveva svolgersi a Roma) e ripristinare perci lautorit imperiale. Per Dante era la realizzazione di ci che aveva sperato; il ripristino dellordine della pace che gli avrebbe spalancato le porte di Firenze. Del resto la situazione generale sembrava favorevole: alcuni cardinali si erano schierati dalla parte di Arrigo (o Enrico) VII; lo stesso papa Clemente V era daccordo. I nobili, sia Guelfi che Ghibellini, avevano offerto il loro aiuto e lomaggio feudale. Dante racconta di essersi recato a Milano, inginocchiato davanti allimperatore e di aver detto dentro di s: "ECCO LAGNELLO DI DIO, ECCO COLUI CHE TOGLIE I PECCATI DEL MONDO". Queste parole, pronunciate da Giovanni Battista, sono importanti per farci capire il concetto dantesco di IMPERATORE: non soltanto il legittimo erede del potere romano e la massima autorit a cui tutte le altre sono sottomesse (posizione ultraghibellina di Dante), ma una specie di re biblico che agisce con il sostegno di Dio e di cui Dio si serve per esprimere la propria volont; perci nellideologia dantesca lelemento religioso domina tutti gli aspetti e chi si oppone allimperatore, si oppone a Dio e questo vale anche se si tratta del Papa. In questa prospettiva si inseriscono le tre epistole politiche che Dante scrisse in questa circostanza. Esse sono di stampo biblico e Dante qui, come gli antichi profeti, ammonisce, esorta, minaccia. La prima venne scritta verso la fine del 1310 ed unEpistola indirizzata ai Signori ed ai Principi dItalia, invitati ad accogliere con gioia limperatore che scende. Limperatore viene definito un nuovo Mos. Le epistole sono scritte in latino-medievale. Gli eventi, per, non andarono nella direzione sperata: i Ghibellini, indipendentemente dalla volont di Arrigo VII, si servirono di lui per schiacciare laltra fazione. I Guelfi lo videro, perci, come un nemico. Inoltre si aggiunse il tradizionale attaccamento delle citt italiane alla loro

autonomia. Lopposizione dellItalia settentrionale si estese a Firenze e allo stesso papato, dietro cui agivano gli interessi angioini. Nel marzo del 1311 Dante scrisse una veemente Epistola contro gli "scelleratissimi fiorentini" (la seconda), minacciando Firenze della distruzione e della rovina spirituale e terrena; Dante fu escluso da una successiva amnistia, mentre i figli Jacopo e Pietro lo avevano raggiunto in esilio. Limperatore era ormai indeciso, correvano voci di un suo ritiro. Nellaprile del 1311 Dante scrisse direttamente unEpistola allImperatore Arrigo VII (la terza), invitandolo a vergognarsi se non portava a termine la missione. In questa lettera si avverte ormai la disillusione di Dante nei confronti dellImperatore: Arrigo VII non era il veltro; le speranze svanirono definitivamente nellagosto del 1313, quando improvvisamente limperatore mor. Nel frattempo Dante si era allontanato. difficile ricostruire il percorso; Francesco Petrarca ricorda di averlo visto da bambino a Pisa, probabilmente nel 1311-1312. La morte del papa Clemente V, sopravvenuta nellaprile del 1314, diffuse la speranza che il rinnovamento potesse venire da un nuovo papa, tanto pi che si sapeva dei contrasti tra i cardinali francesi e quelli italiani. Dante scrive una Lettera ai cardinali, invitandoli a meditare sugli errori commessi e, prima di tutto, a porvi rimedio, riportando il papato in Italia (era il periodo della cattivit avignonese del papato). Anche in questa circostanza gli esiti furono contrari alle aspettative; i cardinali italiani furono costretti alla fuga e solo due anni dopo fu eletto Giovanni XXII. La mutata situazione politica e le insistenze dei parenti favorirono la possibilit di unamnistia, che infine fu decisa nel 1315. Lamnistia venne concessa dietro pagamento di una multa pecuniaria e con la pubblica offerta a San Giovanni. Per Dante fu unulteriore delusione, perch ben altro rientro a Firenze pensava di meritarsi. Se non era possibile rientrare in modo pi onorevole, non sarebbe rientrato. Questo stato danimo espresso nella Lettera allamico fiorentino, interlocutore anonimo, forse un ecclesiastico, come fa supporre il tono riverente. Da questo momento Dante abbandona la Toscana e, mentre viene rinnovata la condanna a morte, dal 1316 fino al 1320 a Verona presso Cangrande della Scala. Ulteriori motivi di amarezza si aggiunsero nel 1315 a Padova; durante tre giorni di festeggiamento fu incoronato poeta, con una suggestiva cerimonia che ricalcava quelle dellantichit, Albertino Mussato. Dante fu profondamente convinto della sua grandezza e aspir fortemente alla laurea poetica, ma mai la ottenne. LO SCAMBIO DI EGLOGHE CON GIOVANNI DEL VIRGILIO Nel 1320 Dante abbandon Verona per recarsi a Ravenna alla corte di Guido Novello da Polenta. Forse la scelta fu suggerita dalla possibilit di trovare una migliore sistemazione anche per i figli, dal fatto che Guido Novello era un poeta, ma soprattutto era guelfo, cosa che pareva favorire in qualche modo il ritorno a Firenze; a Ravenna Dante ebbe i primi discepoli. Tra il 1319 ed il 1320 avvenne lo scambio di Egloghe con Giovanni del Virgilio, professore di grammatica a Bologna, famoso per un commento su Virgilio. Giovanni, che aveva conosciuto personalmente Dante, gli indirizz un carme in latino, in cui dimostrava di conoscere le prime due cantiche della Commedia, invitandolo a non sprecare il suo genio poetico e a scrivere un poema epico nella vera lingua (il latino) e gli offr una serie di argomenti di ispirazione ghibellina. Dante, malgrado una certa amarezza, riconobbe la voce di un amico e rispose con unegloga di stampo virgiliano, genere da secoli trascurato, proprio per dimostrare che sapeva ben maneggiare il latino. Dante affermava che avrebbe s ottenuto la laurea poetica, ma a Firenze per la Commedia. Intanto gli inviava dieci vasi di latte, allusione forse ai dieci canti del Paradiso (legloga era un dialogo tra pastori). Giovanni del Virgilio, per non essere da meno, rispose anche lui con unegloga virgiliana, invitando Dante a venire a Bologna e lasciando intuire che nel caso di un no, si sarebbe rivolto ad Albertino. Dante rispose con unegloga dello stesso numero di versi di quella di Giovanni, questa egloga percorsa dal timore, lascia cadere linvito, perch a Bologna c un Polifemo, cio una persona animata da ostilit contro Dante (allusione al legato pontificio). Questultima epistola giunse a Giovanni soltanto dopo la morte di Dante. Questo episodio importante perch segna la rinascita di un genere, Iegloga pastorale, destinato a una certa fortuna nella Letteratura Italiana. LA MONRCHIA

La Monrchia presenta alcuni problemi di datazione. Sono tre le ipotesi: la prima la colloca dopo il IV libro del Convivio, in cui appariva lidea dellImpero (1307-1308); la seconda risale a un accenno di Boccaccio e situa la Monrchia durante la discesa di Arrigo VII (1310-1313); la terza la situa nella fase terminale della vita di Dante (1317-1320). In questa direzione spingono due particolari: il fatto che, nellEpistola a Cangrande, dichiara di scrivere "alia utilia rei publicae" (= altre cose utili allo Stato), cio appunto la Monrchia. Allinterno del trattato ricorre lautocitazione "Sicut iam dixi in Paradiso Comediae" (si tratta di un rinvio al V canto del Paradiso). A questi indizi si aggiunge il fatto che la conoscenza dellopera attestata solo verso la fine della vita di Dante e non a caso lunico trattato completato nellesilio, perch la soluzione di un problema che Dante avverte come urgente. Il trattato diviso in tre libri: nel primo Dante dice che lImpero necessariamente unico e porta lordine e la giustizia; nel secondo spiega che a questo compito delegato il popolo romano per decisione divina; nel terzo afferma che il potere imperiale proviene direttamente da Dio. Per dimostrare ci, si serve di argomentazioni storiche e religiose. Tra le prime adduce la famosa donazione di Costantino. Dante non contesta lautenticit dellatto, ma la legittimit; posto che due sono i fini per luomo, la beatitudine terrena e soprattutto quella celeste, a queste due presiedono due autorit distinte: impero e papato, con prerogativa assoluta nelle rispettive competenze. Dante a questo proposito crea limmagine dei due soli (si trover poi nella Commedia). Per queste idee la Monrchia fu condannata dalla Chiesa e fino a centanni fa fu tra i libri proibiti ai cristiani. Di ritorno da una missione a Venezia, colto da febbri malariche, forse passando le valli di Comacchio, Dante mor il 14 settembre del 1321. Fu sepolto a Ravenna.

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