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AAVV / VERTIGINI / 1

Vertigini
Il tempo chiuso dentro larmadio
di Andrea Bajani

Il corso preparto
di Ilaria Bernardini

Tu quoque
di Manfredi Giffone
Fabrizio Longo
Alessandro Parodi

Le voci del sacro


di Paolo Rumiz

Biografie

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Il tempo chiuso dentro larmadio


Andrea Bajani
La nostalgia arriva cos, come un uccello che si poggia sopra un balcone. Non
preavvisa, non si annuncia. Semplicemente, succede. Si stacca da qualche
altrove dove stanno tutte le cose che mancano e poi arriva a posartisi in
testa. Senti una pressione leggera, sopra la testa, e distinto ti chini tra le
spalle a cercare protezione l in mezzo. Pu arrivare quando sei sola sdraiata
su un letto, quando tuo figlio ti mostra un disegno, quando ti volti per
parcheggiare. Pu arrivare in mezzo a una frase, tagliare in due il sorriso di un
altro o lo sbadiglio con cui apri il sonno prima di infilartici dentro. Eppure
arriva. Arriva agli anziani e ai bambini, agli adolescenti che rincorrono il tempo
e a quelli che il tempo lhanno rinchiuso dentro un armadio. La nostalgia
arriva. Arriva a quelli che non la volevano e a quelli che ne hanno fatto
espressa richiesta. A quelli che sono felici la nostalgia appanna la felicit, a
quelli che non lo sono mai stati d la speranza che in quel momento
sinciampa per in quel pensiero lasciato in mezzo alla stanza che ci sia
stato un tempo in cui forse lo erano stati un pochino. Arriva. E come arriva a
tutti, un giorno arrivata da te.
Con tre figlioli che vanno tutti gi a scuola, non lavresti mai detto che ti
sarebbe mancata la mamma. Hai quarantanni compiuti da poco, anni spesi a
sventolare sul balcone la bandierina dellautonomia a tutti i costi. Autonomia
dai mariti, autonomia dai figli, autonomia a maggior ragione dalle mamme.
Limportanza di saper dire Io. Eppure proprio cos e non c niente da fare,
e pazienza se la statistica e la tua biografia dicono che a quarantanni si
dovrebbero fare pensieri diversi. Eppure oggi succede, seduta su una sedia
del tuo ristorante, in un momento di calma in cui laria ancora arricciata dalla
ventata dellultimo cliente che se n andato. Dopo averlo sognato per anni,
sei riuscita ad aprire questo ristorantino piccolo piccolo. Non niente di che,
una vetrina da cui si vedono cinque tavoli sistemati per sembrare un salotto di
casa. Ogni volta che apri, la mattina, pensi che un peccato non poterlo
mostrare a tua madre. Ma oggi ecco oggi quel pensiero ti arrivato in un
momento in cui non ci pensavi. Ti si posato sopra la testa, e ha cominciato a
zampettarti in mezzo ai capelli, con quel misto di solletico e di unghie
conficcate dentro la pelle. Quando eri piccola dicevi a tua madre che avere un
ristorante per te sarebbe stata la gioia pi grande. Le dicevi anche che tra le

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gioie pi grandi ci sarebbe stata quella di averla seduta da qualche parte a
mangiare. Una cliente qualunque, dicevi, da trattare come si trattano gli altri.
Per con tutta la complicit, e il segreto, di sapere che non lo era affatto, una
cliente come tutti gli altri.
Da tre settimane ogni giorno c una ragazza che arriva, allora di pranzo.
lei che se n andata via poco fa, che ha fatto i riccioli allaria che lha
lasciata passare. Avr poco pi di ventanni. alta, sar quasi uno e ottanta,
capelli biondi lasciati cadere e degli occhi azzurri che fanno quasi male a
starci davanti. Si siede sempre nello stesso tavolo, e non apre nemmeno la
lista. Non ne ha bisogno, o non ha tempo. Non lhai ancora capito. Prende il
risotto alla pescatora e un bicchiere di acqua frizzante. Se domenica il vino
e la macedonia alla fine. Per il resto sta l, non legge n manda messaggi sul
cellulare, che sono le occupazioni di chi va nei ristoranti da solo. E a ventanni
sono pochi e nessuno lha mai fatto da solo quelli che vengono a
mangiare da te. Lei invece sta l, semplicemente. Sta seduta, con uno
sguardo sereno, la bocca socchiusa e ti guarda mentre lavori. Non lo fa
aggrappandosi a te, ed per questo che tu lasci che faccia. Non ti spaventa,
non ti induce a toglierti il suo sguardo di dosso come si toglie la polvere da
sopra la giacca. Lei ti guarda, come un uccello sta fermo su un ramo. E lo fa
con dolcezza infinita, e un sorriso appena accennato che resta uguale anche
quando incrocia il tuo sguardo.
Poi a un certo punto si alza e ti raggiunge al bancone. Lo fa sempre, e
anche oggi ha attraversato il locale con quei passi sicuri, come se calcassero
orme gi aperte da qualcuno per terra. Ti raggiunge e anche oggi ti ha
raggiunto perch il caff lo prende sempre al bancone. Ti chiede un
espresso, e ti posa gli occhi sopra come una foglia caduta sulla testa di un
bambino che passava di l. Soffia dentro la tazzina, ci appoggia sopra le
labbra, e il caff in due o tre sorsi finito. Quindi paga anche oggi ha pagato
si abbottona la giacca e se ne va via. Mai una volta che abbia provato a dirti
qualcosa. Mai una volta che si sia sottratta alla ripetizione di tutti quei gesti. La
sedia, il tavolo, il risotto alla pescatora, il caff. E quel modo struggente di non
chiedere niente, di stare dentro un punto di silenzio che lontano e al tempo
stesso molto vicino. Quando esce, tu ogni volta le fissi la schiena e la guardi
con gli occhi, oltre la vetrina, attraversare la strada. Anche oggi lhai fatto, e
poi ti sei messa seduta. l che la nostalgia ti ha raggiunto. E ti sei passata la
mano sulla testa per sentire se era rimasta una foglia, perch ne sei certa e
nessuno ti convincer mai del contrario che quella ragazza tua madre,
tornata tra i vivi quando manca poco a Natale.

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Il corso preparto
Ilaria Bernardini
Non mi andava di passare per una di quelle che durante la gravidanza
iniziano a portare le scarpe basse e tengono sempre la coda. Cos al primo
giorno di corso mi sono messa gli stivali coi tacchi, una gonna a cerchio fino al
ginocchio e il dolcevita aderente. Ho tenuto i capelli sciolti, li ho pettinati e mi
sono data il mascara, cosa che tra laltro da non incinta, non faccio
praticamente mai. Mio marito, come tutti i giorni da quando aspettavo il
bambino, mi ha detto sei bellissima e quando abbiamo preso la macchina
fuori pioveva. Una volta arrivati al numero civico 23 di quella via in super
centro che quasi si passava sopra al Duomo per arrivarci, siamo saliti al terzo
piano e io ho subito notato i colori accoglienti e i biscotti sul tavolo. Biscotti
svedesi, di quelli che sanno di zenzero e cannella e pensi subito al Natale. E
subito dopo io ho pensato anche non per niente triste il Natale, perch se ne
parla tanto male? Mio marito ne ha presi due e ci siamo sporti per vedere la
stanza dove si teneva il corso. Erano sedute una decina di donne e neanche
un uomo. Mio marito scoppiato a ridere.
- Scusami, avevano chiesto di portare i mariti, ho detto con voce
supplichevole.
- Non importa, ha risposto lui.
- Vuoi andare via?
- Ah no. Adesso rimango.
- No, dai vai. Muoio dallimbarazzo.
Abbiamo riso ancora e siamo entrati. Io ho detto ciao e anche lui ha detto
ciao. Le panciute hanno aggiunto te lo invidiamo e io ho stretto la sua mano.
Avevano ragione. Mio marito era lunico che era venuto e stava anche
ridendo. E non era venuto perch era scemo o preoccupato, era venuto
perch era simpatico e perch in quelle settimane faceva tutto quello che gli
chiedevo. Gli avevo per esempio chiesto di ridipingere una libreria e lui laveva
subito fatto e da quando gli avevo detto che la sera volevo mangiare proteine
lui si era sempre occupato di comperare la carne e il pesce. Mi
accompagnava a tutte le visite e mi massaggiava la schiena quando ero
stanca. Insomma, era un momento bello per noi due e forse era soprattutto

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merito suo. Certo io gli dicevo sempre che stavo costruendo delle mani e dei
piedi ma a volte era chiaro che quello che faceva pi fatica e si accollava pi
doveri era lui.
Durante la prima lezione ci hanno spiegato gli ospedali e ci hanno
consigliato di andare pi o meno in tutti tranne che alla Mangiagalli, che ci
sono sei settemila parti allanno e certo che sono bravi ma la cura e la poesia
diciamo che un po se la dimenticano e poi hanno sempre fretta e i box parto
sono tristi e dal travaglio in camera poi devi scendere nei sotterranei per tirare
fuori il bambino e insomma un po un peccato. Quindi se la gravidanza
fisiologica, se tutto va bene e se voi state bene, la Mangiagalli proprio no
ragazze.
Abbiamo parlato di cosa ci aspettava al corso e mentre cominciavamo a
leggere la brochure con il nome di ogni lezione arrivato un altro uomo, di
circa trentanni, vestito elegante, tipo avvocato e con il casco in mano. Si
sporto, ha guardato tutte noi e si reso conto che la sua donna incinta non
cera. Abbiamo tutti riso intuendo il suo imbarazzo, mentre lui abbozzava e si
attaccava al cellulare. Ma dove sei, ha sussurrato e poi si allontanato.
- Non sei pi solo, ho detto a mio marito.
- Per di pi questo mi batte. venuto addirittura senza avere una donna
incinta.
Abbiamo riso e continuato ad ascoltare le questioni relative alle scelte del
parto, a come si possa essere attivi o passivi e che non si sbaglia comunque
mai, non c da giudicare. Poi arrivata la fidanzata dellavvocato e tutti e due
si sono seduti. Lei ha detto ciao e noi labbiamo salutata. Era giovane e
pallida. Forse non le erano ancora passate le nausee o forse era un po di
anemia. Erano carini insieme e lui come del resto mio marito faceva con me,
si occupava di accarezzarla di continuo e si poteva leggergli dritto negli occhi
che sapeva che sua moglie stava facendo una grande fatica e che insomma
vedersi cambiare cos non facile, che ne sar della mia vita, ci ameremo
ancora, ci ameremo nella stessa maniera, io ci sar sempre per te. Io mi sono
commossa e ho baciato mio marito e quando la lezione finita ero di ottimo
umore e sulle scale ho continuato a dargli i pizzicotti e anche i baci e una volta
in macchina ci siamo abbracciati e gli ho detto ti amo.
Per qualche lezione ci siamo incontrate solo fra donne. Facevamo unora
di ginnastica e unora di corso teorico. Le cose che ci dicevano e che
dicevamo noi erano banali, niente di straordinario n di nuovo. Le smagliature.
Il dolore. La pip cos spesso. La ginnastica del pavimento pelvico e quelle
cose l. Non si scopriva mai niente insomma, ma il fatto di essere in gruppo ci
tranquillizzava e rendeva un po pi normale questa condizione che ci

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rendeva, nelle nostre case e insonni magari la notte, spaventate e fragili. Ci
ricordavamo che era una cosa che si era sempre fatta, che la facevano tutte e
non era unemergenza o una cosa di cui avere troppa paura o per cui fare
chiss quali storie. Sarebbe successa, sarebbe passata e avrebbe portato
tutto quello che doveva portare. Io cercavo di chiacchierare tanto, di essere
gentile ed ero diventata abbastanza amica della fidanzata dellavvocato, che
era la pi giovane e forse la pi simpatica. Aveva le idee confuse su dove
avrebbe partorito e come me non era capace a contare le settimane e i mesi
della gravidanza.
- Che ci sar di cos difficile non so, mi sussurrava, ma ancora non riesco
a decidere niente.
- A chi lo dici. Io non so nemmeno con quale dei miei due ginecologi
partorire!
- Anche tu ne hai due? Io non lavevo confessato a nessuno.
Alla decima lezione abbiamo di nuovo invitato gli uomini e mio marito in
macchina non la smetteva pi con le battute. Rideva delle ostetriche svedesi,
sognava i biscotti da sbocconcellare durante le simulazioni e diceva di sperare
di essere di nuovo lunico maschio. Io invece speravo che ci fossero anche
tutti gli altri uomini, perch ero davvero curiosa di vedere i compagni di quelle
donne che avevo imparato a conoscere, di cui sapevo dettagli piuttosto intimi
come la loro storia ginecologica ad esempio o i problemi tipo vene varicose e
pressione bassa, alta, mutevole. Per gli uomini mi ero quindi vestita ancora
una volta meglio del solito, fingendo che fosse quasi un avvenimento
mondano e non la solita solfa del corso preparto e avevo messo quindi la
gonna e le cose pi carine. Niente a che vedere con quando eravamo solo fra
noi femmine e ci toccava la tuta per muovere avanti e indietro il bacino e
basculare con le gambe per non essere magari rigide la notte del travaglio.
Avrei davvero voluto evitare di parlare di parto e dolore, almeno per una sera,
e magari bere il vino invece dellacqua, fumare sigarette al posto di respirare
con il basso ventre. Ma a quanto pareva era impossibile. Eravamo tutti
impegnati a fare soltanto questo e intanto chiss dovera finito il resto di noi,
che doveva per forza essere esistito prima della fecondazione e delle tette
grosse. Io per esempio, a che cosa pensavo prima? E di cosa avevo paura
prima?
I maschi mi sono subito sembrati brutti. Pi grassi, pi vecchi e meno
languidi delle loro donne. Uno aveva anche laria sporca e sua moglie aveva
invece le trecce lucide e le gote rosa e credo lavessi anche eletta a pi carina
del gruppo. Sembrava una fatina. Certo a rivederla in coppia cera da farsi
qualche domanda. Forse lui molto ricco, ho pensato. O forse lei si eccita a
essere toccata dagli orchi. Gli unici belli erano mio marito e lavvocato, con il

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suo casco e la cravatta sottile. Avevano anche qualcosa di simile, la barba
non proprio rasata, una certa magrezza e quellaria da cattivi della classe.
Quando abbiamo provato le posizioni del travaglio i mariti ci
supportavano in posizioni da lottatori di sumo. Poi siamo passati alle posizioni
dei massaggi per rilassare, per drenare e per aiutare durante il dolore.
Abbiamo anche respirato con loro che ci tenevano da dietro e io con la mia
gonna non mi riuscivo a concentrare per niente e riuscivo solo a pensare che
forse mi si vedevano le mutande. Intanto guardavo diritta davanti a me,
lavvocato che stringeva la sua donna e sorrideva. Simulavano tutti e due un
movimento che li aiutasse a superare la dilatazione che anche virtualmente
non arrivava e per finta annaspavano, sibilavano e mugugnavano. Lei aveva
le guance rubizze e lui le strizzava le mani, la conteneva tra le sue cosce. Mio
marito ogni tanto mi dava i baci e io ridevo e dicevo concentrati cavoli, non
essere lultimo della classe!
Non eravamo mai stati cos vicini e la cosa mi turbava. Mi stavo
abituando allamore incondizionato e continuo, ai suoi occhi sulla mia pancia
cos tesa e sulle mie tette e non sapevo se avrei pi potuto farne a meno.
Avrebbe amato anche la mia pancia molle? Le tette sgonfie? Gli ho stretto la
coscia e ho cominciato a sibilare ah ah. Ah! Ah! E mi contorcevo come se
stessi proprio male.
-

Sei la pi brava a soffrire.


Lo so, amore.
Mi sta venendo duro.
Lo so.

Alla fine della lezione eravamo andati a mangiare al cinese e io mi ero


sporcata con la soia del piatto di pesce. Avevamo bevuto birra ghiacciata e
fatto finta di litigare per i nomi. I miei sembravano troppo strani. I suoi erano
orribili. Avevamo mangiato il gelato fritto e bevuto il t e anche un alcolico
amarissimo ed eravamo tornati a casa stanchi come avessimo camminato
ore. Ci eravamo lavati i denti e subito addormentati. Io avevo sognato una
serie di pertugi e strettoie dove passare mi era impossibile e poi lavvocato e
sua moglie, grande come una mongolfiera. Nella realt era invece rimasta
piuttosto magra e anzi un poco la invidiavo, perch aveva detto ho preso gi
cinque chili e io invece ne avevo presi otto. Al mattino avevo svegliato mio
marito con il caff e lui mi aveva chiesto se fuori nevicava e io avevo risposto
te lo faccio spessissimo il caff, scemo. Lui aveva detto non vero e io avevo
detto sai cosa? non te lo faccio mai pi e basta.
Il corso mi teneva lontana dallansia e mi dava una visione un poco
universale delle cose che stavano succedendo. Approfondire mi sollevava dai
pensieri e dalle paure che avevo di notte e anche se mi chiedevo se quel

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movimento del bacino e quella posizione indiana della ghirlanda servissero
davvero, ero sicura che andarci mi faceva comunque bene. Ingrassavo
insieme alle altre, mi affaticavo come le altre e perdevo lucidit come loro. Mi
si gonfiavano i piedi e in me non cera niente di speciale. Mi sanguinavano le
gengive e non cera niente di speciale. Mi faceva male losso sacro e non
cera niente di speciale. Quasi speravo di partorire assieme a tutte le altre cos
che in qualche maniera le mie urla si sarebbero perse e la mia storia confusa
alle loro. Lavevo anche detto alla moglie dellavvocato, mentre ci strizzavamo
nelle nostre magliette.
- Mi sa che hai ragione, ha risposto lei.
- Senti usciamo a berci qualcosa insieme? Avremo bisogno di amici nei
casini come noi, una volta che li avremo tirati fuori, no?
- Facciamo dopo la prossima lezione?
La settimana era passata veloce e io ci avevo dato dentro con il lavoro.
Avevo anche finito coi ritocchi nella cameretta e preparato il fasciatoio, i
pannolini e insomma tutto quello che al corso avevano detto di comperare e
organizzare io lavevo comperato e organizzato. Una volta tornate non avrete
la forza di farlo, ci avevano assicurato, quindi fatelo ora.
- Fate ora tutto quello che potete, se volete preparate anche delle belle
scorte di cibo in freezer.
Scorte di cibo? In freezer? La cosa mi aveva spaventato pi dellidea del
parto. Era come prepararsi a una guerra. Saremmo stati rinchiusi e sfiniti e
cos stanchi da non riuscire neanche a mettere sul fuoco una pasta? In ogni
caso avevo cercato di essere pratica e non troppo emotiva, cos avevo messo
le suocere al lavoro e a ognuna avevo commissionato tre cene. Dopo sei
giorni avremmo dovuto farcela per conto nostro.
Mio marito aveva fatto un po di storie per via della birra da bere al bar, con
i nuovi amici incinti. Io avevo cos provato con il muso e le moine che avevano
subito funzionato. Alla fine venuto a prendermi alluscita e quando io e la
moglie dellavvocato siamo scese, ha sorriso. Lei gli ha stretto la mano e gli
ha detto che si chiamava Tamara. Lui ha risposto Carlo. Dopo due minuti
arrivato lavvocato e Tamara ha detto e lui Simone.
- un avvocato, ho detto io.
- Non vero, ha riso lui, insegno Economia Politica allUniversit.
Simone ha legato la moto e ci ha poi salutate con un bacio anche se
quando mi si avvicinato mi sembrato imbarazzato. Non sapeva il mio
nome. Ho riso e detto sono Cecilia e lui ha detto Simone. Abbiamo camminato
ognuna vicino al proprio marito e li abbiamo fatti ridere raccontando la lezione
sullallattamento e gli esercizi per aprire la gola e quindi lutero. Mio marito ha
detto andiamo allenoteca? E io ho pensato che uno dei motivi per cui lo

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amavo che quasi tutti gli altri uomini del mondo non sanno mai dove portarti
e fanno scegliere a te. Lui invece aveva sempre voglia di vedere un sacco di
posti, sceglieva i ristoranti e mi portava a visitare i quartieri della mia citt che
se anche ci abitavo da tutta la vita alcuni ancora non li avevo mai visti.
Abbiamo ordinato tartine, i quadretti di polenta al forno con il formaggio e il
vino rosso. Lenoteca aveva le luci perfette e latmosfera stata subito
rilassata. Simone e Carlo si sono messi anche a ridere come pazzi per certe
battute di un vicino di tavolo sullarte contemporanea e io e Tamara
sorridevamo felici.
- stata una buona idea uscire, ho sussurrato. Pensavo che da qui in poi
si sarebbe solo trattato di imparare i programmi di Sky a memoria.
Lei ha detto mi sa che io li so gi e mi ha versato altro vino. Ho notato che
aveva le mani sgonfie, anche se ormai eravamo alla fine dei mesi e lho presa
come una rivelazione sulla sua delicatezza. Mi piaceva proprio Tamara.
- Con tutto questo vino non mi sento pi le gambe, ha aggiunto.
- Potrebbe essere una buona cosa per il parto no?
Tamara ha annuito, si girata verso Simone e lo ha baciato, di un bacio
vero, come fossero soli. Io ho abbassato lo sguardo anche se avrei voluto
guardarli. Gli estrogeni e il progesterone mi avevano gi fatto immaginare
almeno dieci situazioni perverse. Li avevo immaginati nudi e cattivi, violenti,
poi lascivi e liquidi. Simone ha detto amore datti un contegno e poi ha riso. Io
mi sentivo in colpa perch sapevo che altre donne durante la gravidanza
facevano molto lamore. Io invece mi sentivo strana e il pi delle volte non
avevo nessuna voglia di essere toccata. Avevo le tette immense e mi
facevano male. Mi sembrava di avere le gambe di un elefante e di essere
seducente come un camion. Per di pi ogni volta che mi dovevo muovere
ansimavo e mugugnavo di fatica. Questa sera per ero eccitata e mi sentivo
carina, forse era il vino, forse vedere loro due che erano belli e complici, forse
Carlo che mi guardava e che aveva scelto questo posto perfetto e che diceva
a Simone, anche tu trovi irresistibile tua moglie in questo periodo? Io non lho
mai vista cos bella. Anzi non ho mai visto niente di cos bello in tutta la vita.
- La trovo bellissima, s, aveva risposto Simone.
- Anche se sembro una palla, aveva riso Tamara, anzi nei giorni in cui pi
mi sento palla, lui mi ripete ancora di pi sei bellissima sei bellissima sei
bellissima.

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- Secondo me centra Darwin, avevo detto io, non siamo bellissime, ma
per via di quella cosa della specie, qualcosa vi fa credere che lo siamo.
- Eh no, aveva detto Simone, perch allora dovrei trovare bellissima solo
Tamara e invece lo penso anche di te.
- Urca, anche io di Tamara allora, si era affrettato ad aggiungere Carlo.
- B meglio cos, aveva detto Tamara, e si vede che allora centrano in
generale gli ormoni di tutte quelle incinte che vi si infilano nel naso e dalle
altre parti.
Ho pensato che forse stavamo tutti correndo e tutti stavamo esagerando,
perch ci sembrava che ci mancasse il tempo. E forse volevamo anche
sperare che le cose non stessero cambiando troppo. Avremmo ancora flirtato.
Saremmo ancora stati donne e uomini e non solo mamme e pap. Avremmo
scopato, avremmo goduto, ci saremmo traditi e avremmo sperato nei baci e
nelle mani di moltissime persone. Noi femmine avremmo riavuto la pancia
piatta, le tette non si sarebbero rovinate troppo e qualcuno avrebbe ancora
voluto succhiarle e leccarle, senza pensare queste sono tette vecchie, tette
usate. Queste sono le tette di una mamma. Insomma forse eravamo cos per
farci coraggio e per ricordarci che il sesso era stato un gran divertimento e
non centrava soltanto con tutte quelle parole che invece ascoltavamo e
pronunciavamo da mesi, tipo utero, ovaie, fecondare, sperma e che insomma
avevano preso il posto dei soliti figa, cazzo eccetera.
Le cose avevano cambiato nome e funzione, funzione e quindi nome ma
noi eravamo ancora affezionati ai significati e alle funzioni che tanto ci
avevano intrattenuto, legato e motivato prima. Prima di tutto questo e di quello
che ancora ci aspettava. E sapevamo bene che ci aspettava il peggio e con
peggio non pensavo solo per dire ai punti dellepisiotomia o al prolasso
vaginale, alla prolattina che inibiva la libido e laumento di peso che spaccava
la pelle, pensavo anche allo scarso erotismo di certe notti passate in piedi ad
addormentare qualcuno, alle stanze disordinate con gli oggetti di plastica da
quattro soldi a forma di papera, al contatto quotidiano con la cacca di
qualcuno e tutti i suoi bisogni da soddisfare. Erano bisogni poco interessanti,
poco creativi e cos semplici. Avrei avuto spesso i capelli sporchi e fra noi ci
saremmo rinfacciati le ore passate in piedi. Mi sarei sentita pronunciare
rivendicazioni gi ascoltate e gi dette da altre, mille altre volte e a lui sarebbe
venuta la claustrofobia, si sarebbe sentito incapace perch io lo avrei fatto
sentire incapace, e inutile perch io gli avrei detto sei inutile. Se poi devo
chiedere per ogni cosa, allora faccio meno fatica a farmelo da me. Possibile
che io faccia le cose senza che tu me le chieda e invece a te va richiesta ogni
singola prestazione? Possibile che cazzo non alzi mai il culo per pulire la
merda di tua spontanea volont? Perch cazzo hai rotto i coglioni per secoli
per fare questo bambino, eh? Sei il solito maschilista di merda. Sei una
delusione. Ti odio. Vattene fuori da questa casa dalla mia vita dalla nostra

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vita.
Per fortuna Tamara mi riporta a noi mentre si passa il lucido sulla bocca e
mi fa locchiolino. Ordina ancora vino e dice chemmifrega se influisce sul
sistema nervoso. Vorr dire che sar un bambino pi tranquillo, no? Io la
imito e mi produco in quello che forse non sembra proprio un occhiolino ma un
tic nervoso e ordino lo stesso che ordina lei. I maschi iniziano a parlare di
Francia e America, qualcosa di politica e poi forse economia e noi proviamo a
inserirci nella conversazione. Per ci interrompono e Tamara non sembra
molto pi preparata di me, cos ci confrontiamo sui passeggini scelti, gli ovetti
per il trasporto in macchina e le tutine da comprare mai del mese zero, che
tanto durano pochissimo e quindi tanto vale passare subito a quelle da tre
mesi che allinizio saranno larghe ma che ci vuoi fare. Mi spiega che hanno
cambiato la cabina armadio e lhanno fatta diventare la stanza del pupo. Era
una stanza prima di diventare una cabina armadio, non che lo abbiamo
messo in uno sgabuzzino eh. Io le racconto degli animali che ho appeso alle
pareti, della lampada coniglio e della culla che era la mia e delle mie sorelle,
quando eravamo piccole. A ogni nascita la si dipingeva di nuovo e io avevo
scelto il giallo.
- Da fuori dobbiamo sembrare noiosissime no?, le dico poi.
- Ero sicura che non ci sarei cascata.
- Sembrano davvero interessanti queste cose invece, una volta che ci sei
dentro. Cio com che mi appassiono al tiralatte elettrico adesso?
- E io so tutto sulle ragadi alle tette e anche sugli omega tre. davvero un
miracolo la maternit. Tipo che ti cambia i neuroni e la maniera di pensare.
- Perch tu credi di stare pensando?
Ci mettiamo a ridere e mi accorgo che devo fare immediatamente la pip.
Cos vado in bagno e conto 12 secondi di pip. una cosa che devo fare
sempre e credo da sempre. Contare quanto mi dura la pip. Non che poi me
lo ricordo n che tengo una statistica. Per contare, quello devo. Mi pulisco,
esco dalla toilette e mi guardo allo specchio. Mi tiro meglio su le mutande da
mamma con il rinforzo e alte fin sotto le tette e mi faccio un po pena in questo
movimento spastico che quasi mi fa venire i crampi alle mani. Mi avvicino e mi
guardo meglio e sono meno bella di quanto non mi sentissi e anche il colore
della pelle non poi cos grandioso. Ho voglia di essere magra. Ho voglia di
vedere cosa si sente davvero quando si partorisce e di sapere gi adesso se
me la caver anche dopo, con lorganizzazione e tutte le cose che neanche
ancora mi immagino. E in questo momento ho anche tantissima voglia di
scopare.
Torno dal bagno e da lontano li vedo ridere e Tamara mi sembra languida
e sono sicura che le stanno facendo la corte e le dicono cose che la fanno
sentire bella. Mi siedo e lei dice tocca a me. Cos si alza e va verso il bagno.

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Far le stesse cose che ho fatto io. Penser gli stessi pensieri? Carlo e
Simone ridono di tutte le soste al bagno che gli abbiamo imposto, dei tragitti in
autostrada sincopati, dei film visti a singhiozzo e di tutte le volte che si
svegliano a sentirci di notte andare al bagno. Fidatevi che pi comodo
quello che tocca a voi, squittisco io. Adorerei svegliarmi perch qualcun altro
deve alzarsi. E alzarsi con sedici chili in pi, vi assicuro non scontato.
Verso la una chiudono lenoteca e io mi sento bene. Ci infiliamo i cappotti
e i mariti ci sorreggono come possono. Diciamo le ultime battute con un ritmo
forsennato, forse per lasciare una grande impressione gli uni sugli altri. Poi ci
baciamo sotto il portone del corso preparto, dove le cose erano cominciate e
dove naturalmente ci era venuto di finirle e ci avviamo ognuno verso la sua
macchina. Carlo dice sono simpatici. Io dico vero, meno male. Per non so
se possiamo frequentarli, lei un po troppo carina ed anche ingrassata
meno di me. E poi lo bacio con la lingua e lo tocco. Ci infiliamo nellabitacolo
e continuo ad accarezzarlo, lui mette la radio e ascoltiamo qualcosa di lirica
che non conosco.
La citt vuota, i lampioni sembrano stelle ordinate e i semafori iniziano
a lampeggiare quando siamo sulla circonvallazione. Io sono fiera di me e di
noi. E poi anche da incinti siamo sexy. Lui guida senza distrarsi e a me eccita
pensare che sa fare finta di niente, che un uomo e che sta anche guardando
la notte l fuori. Saliamo le scale e ci spogliamo subito dietro la porta. Io
ringrazio il buio che mi fa quasi dimenticare le mutande grandi e ringrazio
anche i rami degli alberi davanti a casa che si vedono sui muri nel chiarore
della notte. Scopiamo subito e lui mi succhia le tette.
- Sei meravigliosa, sussurra lui.
- Anche tu.
Io mi giro da dietro e penso a Simone e Tamara. Li immagino baciarsi
romantici e vengo mentre vedo lei che sorride. Sorride da nuda e anche lei ha
i capezzoli scuri e anche lei il sedere sodo di ciccia e anche lei contenta di
pensare a me.
Il corso prosegue e si vede che siamo proprio alla fine. Anche solo arrivarci
mi richiede uno sforzo disumano e quasi ogni volta penso di saltare. Ma ho
paura di non essere abbastanza preparata e quindi cedo sempre. Per mi
manca proprio il respiro, ho le gambe gonfie e non ne posso pi di essere
grande cos. Le lezioni ormai sono sullallattamento e il puerperio. Incontriamo
uno psicologo e anche una massaggiatrice esperta in craniosacrale sui nuovi
nati. Facciamo le prove coi bambolotti e avvolgiamo i corpicini di plastica nelle
copertine, nei lenzuoli consumati del consultorio. Stiamo tutte con le gambe
allins e non parliamo pi di parto. tutto troppo vicino per affrontare davvero

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la paura. Cos pensiamo a come sar una volta finito tutto, o cominciato tutto,
e saltiamo il problema della dilatazione e del bacino che deve aprirsi. Ormai
non possiamo pi farci niente e tanto vale abituarsi allidea e bon. Un paio di
ragazze partoriscono in anticipo e il racconto delle loro esperienze
traumatico e liberatorio. Godiamo dei dettagli pi truci e per quasi ci sembra
che se gi successo a loro, la statistica delle fatiche e delle complicazioni
inizia a stare dalla nostra parte. E comunque sono ancora vive no? Ci arrivano
da loro vari sms di novit e aggiornamenti e arrivano a tutte come fossero
notizie Ansa a cui siamo abbonate. Quelle che invece hanno sentito le
primipare per viva voce, diventano molto popolari e tengono banco. Pare che
entrambe abbiano anche problemi con lallattamento. Noi annuiamo severe, ci
tocchiamo le tette mentre ascoltiamo e ripassiamo i compiti per una brava
mammella da latte. Intanto organizziamo la festa di fine corso e ognuna si
segna per portare qualcosa. Io scelgo di portare la pasta fredda. Invitate
anche i mariti, ci dicono e io sbuffo come per tutte le cose di questo mese.
La sera della festa mi vesto come meglio riesco. Metto una camicia di lino
di Carlo aperta e una maglietta nera. Infilo una gonna bianca e i sandali. I miei
piedi sembrano guance e cosce. Sembrano pieni di ciccia e io me li guardo
come si guarda la grassa della classe. Penso ma non pu mangiare di meno?
Ma che schifo essere cos! Mi metto il kajal azzurro, gli orecchini e faccio la
treccia. Ho caldo e i capelli sul collo mi danno fastidio anche cos. Ci ripenso e
mi faccio lo chignon. Carlo arriva tardi e io lo aspetto coi piedi allins e il tg3
che sta per cominciare.
-

Mi faccio una doccia di trenta secondi e ci sono.


Ok, dico io, per tardi.
Dammi solo due minuti.
Ho solo detto che tardi. Non che un problema il fatto che lo sia.
Amore. Dammi un secondo di tregua, puoi?
Cosa dovrei darti scusa?

Guardo i titoli e i primi servizi. Mi alzo, bevo la limonata con la menta e mi


sdraio di nuovo. Quando Carlo compare quasi applaudo. bellissimo e le
camicie chiare gli stanno cos bene. Lui mi aiuta ad alzarmi e mi soffia sul
collo per rinfrescarmi. Io gli do un bacio e dico scusa se sono faticosa. che
sono stanca e non ne posso pi. Lui prende la pasta dal frigo e ce ne andiamo
veloci, sulle scale, in macchina, per strada e al terzo piano del palazzo del
consultorio. Andiamo veloci come se dovesse partire un treno, come se
qualcuno stesse aspettando proprio noi. Apriamo la porta e la musica come
al solito quella degli anni settanta. Le luci sono pi basse del solito e si
sentono un sacco di parole mischiate a risate mischiate a sorsi bevuti e
posate sbattute. Quando entriamo sorridiamo e appoggiamo la pasta sul

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grande tavolo. Subito mi chiedo chi sia stata cos brava da fare le torte salate.
E davvero qualcuna si dedicata a una parmigiana di melanzane? Certa
gente sa cucinare davvero. Sar una pessima madre. Sar un disastro. Poi mi
volto e cerco Simone e Tamara con lo sguardo. Non li vedo.
- Tamara non c?, chiedo allostetrica.
- Forse sta partorendo!, mi dice lei, non mi ero resa conto che non ci
fosse. Ragazze, MANCA TAMARA!
Le ragazze si producono in vari versi e commenti. Io provo una fitta di
angoscia. E forse di gelosia. Non giusto che loro non siano qui! E non
giusto che Tamara partorisca prima di me! Sento il panico salirmi per le
gambe e non so neanche che panico sia, da dove arrivi e perch. Intanto
vado verso Carlo che sta parlando con una delle psicologhe e un altro padre e
gli stringo la mano. La tengo stretta, come se dovessi dirgli qualcosa. E lui
infatti mi chiede che c e io vorrei dirgli andiamocene via, ma non ne ho il
coraggio.
Cerco di distrarmi e guardo le pance delle altre ragazze, le loro braccia
grosse, le tette immense e provo a pensarle tutte in travaglio, a urlare, a
pecorina, in piedi, sdraiate. Le immagino con le gambe aperte. E le vedo con
le bocche strizzate, spalancate, storte. Le vedo animaletti. Le vedo sudare e
piangere. Finalmente la porta si apre ed entra Tamara. Ha un bellissimo
vestito di lino bianco, lungo fino ai piedi e Simone, dietro di lei, ha in mano una
grande teglia dacciaio. Anche a lui stanno bene le camice chiare e quando mi
vede strizza locchio e io penso deve essere una cosa di questa coppia,
strizzare locchio.
- Le patate non si cuocevano mai, mi dice lei.
- Ti sei cambiata sette volte, ride Simone, le patate non centrano.
- Che odio i mariti, mai che ti reggano il gioco, cazzo.
Entriamo nella grande stanza, Simone appoggia le patate al rosmarino e
tutti urlano TAMARA! E varie ragazze le si avvicinano, dicono pensavamo
stessi partorendo, pensavamo che eri gi in ospedale, pensavamo che ti
avremmo rivista senza pancia. Simone mi posa una mano sulla spalla e io
divento rossa. E improvvisamente mi sento come quando allultimo giorno di
scuola pensavi di poter finalmente provare a farti baciare da quello che ti
piaceva perch tanto non lavresti pi visto. Nel caso fosse andata male la
brutta figura si sarebbe persa con lestate e tutti gli altri baci di luglio e agosto.
Quindi Simone mi piaceva? Pensavo mi piacesse di pi Tamara. Carlo nel
frattempo si avvicina e stringe la mano a Simone. Anche Carlo mi piace tanto.
E anzi, forse mi piacciono tutti. Forse solo tutta questa pressione che sento
sul basso ventre. Sono tutta compressa, umida. Mi batte forte il cuore e ogni

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tanto sollevo lo sguardo e guardo Tamara, lontana, che mi guarda anche lei e
ci raggiunge. Saluta Carlo e ci dice laltra volta sono tornata a casa
completamente ubriaca. Siete due traviatori. Noi ridiamo e diciamo anche
noi eravamo ubriachi e ci eravamo dati la spiegazione che la colpa fosse
vostra.
Ogni volta che posso incrocio lo sguardo di Simone e forse dopo dieci
sguardi anche lui capisce che c qualcosa che in questo momento ci rende
diversi da tutti gli altri in questa stanza. Forse sono io che lo convinco con un
sorriso e poi con un altro. Forse quando mi passo la lingua sulle labbra per via
delle goccine di acqua che mi sono rimaste attorno alla bocca o forse gli
piacevo gi prima. Forse anzi solo uno stronzo traditore a prescindere e
tutte le prede gli vanno sempre bene. Cos lo guardo mangiare la mia pasta
fredda e me lo ricordo quando simulava la respirazione con Tamara, ah ah ah,
e mi immagino di poterli avere tutti e due. Li vedo respirare forte, ah ah ah,
incastrati uno nellaltra ed come vedere il migliore dei film porno del pianeta.
La cosa pi sexy che abbia mai potuto immaginare. Potrei quasi mettermi ad
ansimare. Potrei farmi bastare un loro rantolo, ora.
Perdo completamente la concentrazione e non riesco pi ad ascoltare
Carlo, Simone e Tamara. Cos dico scusate, lancio unultima occhiata a
Simone e vado in bagno. Mi guardo allo specchio e cerco di tornare in me, di
aspettare che passi il desiderio come mi sono abituata a far passare il
nervoso. E per dopo qualche minuto, forse di meno, forse solo secondi, entra
Simone. Io non gli sorrido pi. Lui anche sembra molto serio e mi tocca subito
la bocca, poi le tette, la pancia grossissima. Ha le mani da femmina, molto
curate e mi solleva la gonna e mi infila le dita dentro. Non so se ci sia ancora
spazio l, perch a me sembra tutto molto pieno. Io lo bacio e gli succhio la
bocca, le orecchie, gli infilo la lingua da tutte le parti, gli lecco il collo. Non
sono mai stata cos eccitata in vita mia. Non ho mai provato niente di simile.
Vengo subito e sento pulsare ogni parte di me. Mi viene da sorridere e quasi
mi vergogno poi sento che mi pulsano anche le unghie e mi dico che ne vale
la pena. Che questa cosa davvero speciale e tutto il resto non importa.
Voglio dire, le UNGHIE MI PULSANO! Lui mi gira da dietro e sono contenta
che sappia gi come muoversi su un corpo di donna gravida, mi apre le
natiche, forse le studia, mi lecca e poi iniziamo a scopare e io ogni tanto
storco il collo e lo bacio. Fa forte. Fa molto forte e a me piace e vengo di
nuovo e lui continua e io penso che sono fatta di acqua, sono cos bagnata
che sono un liquido, mi scioglier tutta, per terra e non mi troveranno mai pi.
Lui dice quanto sei fica e lo dice di nuovo, ripete quanto sei fica eh? Ma non
credo che voglia una risposta mentre continua a scoparmi e mi graffia la
schiena con le mani, mi tira i capelli e mi entra cos dentro che quasi lo sento
sulle costole, sul petto, lo sento in faccia, dietro i denti. E quando anche lui
viene sento addirittura lo schizzo, cos netto e potente che sembrano dita e io

AAVV / VERTIGINI / 16
vengo di nuovo e non mi trattengo e mi viene da urlare e lui mi tappa la bocca
e dice shh. Taci. Shh. E penso che forse ci scopriranno e che questa cosa
cos sbagliata che quasi fa ridere. comica, forse goffa.
Immagino la porta spalancata e tutte quelle pance davanti a me, gli occhi
sbarrati a vedere di che cosa siamo capaci noi esseri umani e quanto siamo
malvagi. Quanto siamo comunque malvagi. Saprebbero anche quanto
poetica e romantica una donna alla scadenza della quarantesima settimana. E
quanto siano false tutte le cose delluniverso davanti ai primi tre orgasmi
consecutivi della mia vita. Restiamo immobili, lui dentro di me e lo sento
respirare, sopra la mia schiena. Si alza e si abbassa e inizio a pensare
dovremmo sbrigarci. Sbrighiamoci Simone. Poi prima che io possa aprire
bocca, lo sento dire ma che cazzo. E allora so che qualcosa non va. Ci hanno
scoperto davvero? Le nostre vite stanno per cambiare davvero? Perch non ti
ho detto sbrighiamoci?
Lui si sfila da me in un secondo e io guardo la porta ancora chiusa e non
capisco.
-

Che c?, mormoro.


Ti si sono rotte le acque.
Sono venuta tre volte. Non sono le acque.
Fidati.

Allora mi guardo e vedo la pozzanghera. Continua a ingrandirsi e lacqua


limpida e tantissima. Possibile che non abbia sentito niente? Possibile che
esca cos tanta roba? Non pu che essere vero. Mi si sono rotte le acque.
Simone mi ha rotto le acque? Mi sciacquo veloce e anche lui si sciacqua
veloce e si sistema i capelli e poi spalanca la porta ancora prima di dirmi il suo
piano.
- Ehi! Qui sta succedendo qualcosa!, dice.
- Che cazzo fai? , digrigno io.
Le persone arrivano in pochi secondi. Neanche il tempo di riprendermi e
legarmi di nuovo i capelli. Simone intanto si sta arrotolando le maniche e io
vedo Carlo e Tamara arrivare. Simone sta raccontando che era entrato per
fare pip e mi ha trovata cos con le acque che mi uscivano e che mi guardavo
allo specchio. Non si era resa conto, capite? Mi sta dipingendo come
unebete? Carlo mi si avvicina e anche se la faccia tradisce qualche dubbio,
qualche domanda su me e Simone in bagno e una gelosia che per neanche
riesce a permettersi, mi dice amore mio, come stai?

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- Eh? Come ti senti?
- Bene, mi sento bene, sorrido, non sento niente per ora.
- Le acque sono limpide, dice lostetrica, va benissimo.
- Dobbiamo andare ora?, le chiede Carlo.
- Se volete mettetevi un po nella stanza di l, cos ci calmiamo tutti e voi vi
prendete il vostro tempo. Non c nessuna fretta. Come ti senti piccola?
- Sto bene. Grazie, dico io e la odio per come dice piccola.
- Grazie, ripete Carlo.
Mi rifaccio la coda e usciamo dal bagno. Prendo un bicchiere dacqua dal
distributore e lo bevo tutto. Mi piace fare la calma. E mi piace fare vedere che
sono calma. Mi sento bene per davvero e Simone ha fatto proprio quello che
doveva. Le altre ragazze sono incredule, lo vedo nelle loro mascelle
spalancate. Nelle palpebre che smettono di battere e che guardano la mia
faccia, poi in bagno lacqua a terra, la mia gonna fradicia poi di nuovo la mia
faccia. Stanno vedendo dal vero quello che fino ad ora si sono solo potute
immaginare. E anche io, come loro, mi guardo da fuori e mi vedo con la gonna
stropicciata, i capelli caduti e le gambe bagnate. Non si chiedono come mai
ho laria cos trafelata? Non si capisce che ho appena fatto sesso? Visto che
nei film le partorienti sono sempre disordinate pensano che quello che mi
sconvolge gi laspetto? Guardo Tamara ed pallida ma mi sorride. Forse si
spaventata o forse ha capito. Le sorrido anche io e allargo le mani, come a
dire che vuoi farci, che come frase varrebbe in ognuno dei casi. Tamara
annuisce e io non so a che pensiero stia annuendo. In questo momento
neanche mi importa. Sto per partorire, sto per provare tutte le posizioni che ho
imparato in questi mesi, devo concentrarmi, devo tornare in me. Non posso
guardarmi da fuori come fanno le altre. Che mi prende?
Simone che spinge cos forte gi roba di secoli fa. Neanche quella ero io.
Anche l stavo solo guardando. E ora devo davvero impegnarmi, ora devo
essere io il centro di tutto e devo sentire e devo stare attenta e fare le cose
per bene. Devo ricordarmi le lezioni e godermi il momento che finalmente
arrivato. Non potr essere troppo difficile, giusto? Sar in ogni caso
unesperienza incredibile, giusto? Annuisco a Tamara, per rispondere in
qualche maniera al suo capo che scende e sale mentre Simone, di fianco a
lei, la prende sotto braccio e lei gli allontana la mano. Poi la riprende e si
stringe a lui. Si stringe davvero molto forte, come avesse freddo o paura. Io e
Carlo invece ci dirigiamo verso la stanza che ci stanno preparando e quando
finalmente sono l dentro e quando tutte le persone dietro di me stanno per
sparire, faccio per chiudere la porta. Poi mi volto, verso la platea e spingo
pianissimo la maniglia, quasi mi sentissi in colpa verso quelli che lascio fuori e
saluto unultima volta il gruppo, con la mano e con un sorriso, prima di sentire
il clack della serratura e prima di cominciare a respirare profondo.

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Tu quoque
Manfredi Giffone / Fabrizio Longo /
Alessandro Parodi

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Le voci del sacro


Paolo Rumiz
1) Figlio mio, ti scrivo da Gerusalemme. Sono arrivato alla fine del viaggio e
ho tanto da raccontare.
Ma prima devo dirti una cosa che ho appena visto e sentito. Voglio farlo
adesso, qui, in questa sera piena di rondini, finch tutto nitido nella
memoria.
Oggi alle cinque sono entrato in una yeshivah, unaccademia talmudica del
quartiere ortodosso di Mea Shearim. Uno di quei luoghi, sai, dove il libro viene
sfinito a furia di interpretazioni.
stato tutto strano dallinizio. Nessuno mi ha perquisito, non era come
attorno al Muro del Pianto dove hai soldati armati. L sono entrato come se
fossi invisibile. Non esistevo per loro. Ma ecco la visione.
Salgo per una scala a chiocciola, mi affaccio a una balaustra e vedo, di
sotto, un brulicare di nere palandrane mormoranti. Ebrei maschi che leggono
a coppie, allineati come rematori ai banchi di lettura.
Il bello che ogni coppia ha in mano un libro, e ognuna di queste coppie
legge un passo diverso delle Scritture.
Capisci? Ognuno per conto suo. Trecento uomini, che vuol dire
centocinquanta letture in collisione. Un agitarsi, un vociare, un concionare
come Wall Street al clou delle contrattazioni.
Uno spettacolo. C chi mormora, chi esulta, chi sarrabbia con se stesso
per non aver capito il testo. E persino chi farebbe il Libro a pezzi per lenigma
che non svela.
Insomma, la Parola tagliata a fette, processata, sfiancata in un corpo a
corpo tremendo privo di rispetto e reverenza. Sono al cospetto del popolo di
Abramo che rivendica fieramente il suo diritto a interpretarla come vuole.
Ma non questo che voglio dirti. Lo stupefacente altro ancora. che l,
su quella balaustra, non sento quello che dovrei. Il suono diverso dalla
visione.

Non affatto il frastuono di un mercato del pesce. Il mio orecchio capta


invece un rumore sinfonico e pulito come quello di un torrente. Ma succede di

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pi. Sento che, pur non facendo parte della trib, mi accamperei vicino alle
sue tende per accendere il mio fuoco.
Tra i banchi c chi dorme, reso esausto dalla Parola come un contadino
dallaratura. Ebbene, sento che anchio mi addormenterei l, cullato da quello
scorrere ipnotico come di fiume.
Lo sento come da dentro una placenta: un mormorio attutito che
protegge, calma, paralizza. Capisci? Per questo gli ebrei non hanno avuto
paura di me. Quel mormorio per loro scudo, baluardo, esorcismo.
Ora tutto finito. Sono appena uscito da l dentro, ti scrivo seduto a un
caff. Sono gonfio di cose da dire. quasi sera, c profumo di fiori di senape.
Fortissimo, viene dal Giordano, se lo porta il vento.
2) Ascoltami bene. Di questo viaggio porto grandi fotogrammi. Stelle
ardenti sul deserto, luci della Mesopotamia viste dai monti, fuochi di candele
attorno a santissime icone, un ballo sui carboni ardenti, un toro sgozzato che
piega le ginocchia, nubi dincenso tagliate da spade di luce nellalba.
Ma le immagini sono poca cosa in confronto ai suoni. Lho capito in quella
yeshivah, perch ho udito la voce del popolo del libro. Il sacro acustica,
credimi. Cassa armonica, parola nel vuoto e nellombra.
Se un giorno tu verrai per questa strada a Oriente di San Nicola di Bari,
attraverso i Balcani e lAnatolia, non portarti macchine fotografiche ma
qualcosa per fermare le voci.
Vento, mormorio, rimbombo, litania, questo che far unico il tuo viaggio.
Qui la matassa che riannoda i fili. Soprattutto il silenzio, il pi perfetto dei
suoni, quando la notte sveglia il profumo della senape nella valle del
Giordano.
3) Ci provo, ragazzo mio. Ci provo a ricordare. Cos come capita.
Lampi di suoni che tornano, dalla grande montagna di ghiaccio che
scricchiola nella notte, la parete Est del Rosa aperta come unantenna
parabolica verso lImmenso, fin qui, al vento del deserto del Negev.
Ecco. Una notte, verso le quattro, a Deani, un monastero ortodosso del
Kosovo, a mezza strada per la Turchia. Il vento porta profumo di fiori dalle
montagne. Ma nel silenzio un ticchettio fastidioso e implacabile mi sveglia.
TA ta ta ta TA ta ta ta TA ta TA ta TA ta ta ta
Aspetto che finisca ma non finisce. Il rumore viene dal cortile, accanto alla
chiesa. Non capisco cosa sia.
Guardo dalla finestra. C un monaco barbuto, lungo come un giocatore di
basket. Fa il giro della chiesa e batte un martelletto su una tavola di legno. Ha
movimenti meccanici. Sembra un soldatino a retrocarica.
Allora ricordo. il symandron. Me ne ha parlato un monaco biondo di
nome Sava. uno strumento antico per chiamare discretamente alla
preghiera. Lo hanno usato anche gli ebrei. il frutto del mimetismo millenario

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degli sconfitti; serve a non irritare i dominanti. E l i serbi hanno troppa paura
per suonare le campane. C un blindato italiano fuori, per proteggerli dagli
albanesi.
TA ta ta ta TA ta ta ta TA ta TA ta TA ta ta ta
la sveglia. Scalpiccio di piedi scalzi al piano di sopra. Sandali infilati in
fretta nei pianerottoli, discendere di scale, scricchiolio sulla ghiaia del cortile
tra le mura attorno alla chiesa.
Esco, affascinato dai suoni, li seguo quasi alla cieca, non vedo nemmeno
lo scintillio delle icone. Cantano pie donne, aspettano il bordone
dellarchimandrita, la risposta baritonale, il tuono sulla soglia delle porte regali.
Dietro quei varchi terribili delliconostasi si consuma il sacrificio del pane.
E l, tieniti forte: al primo chiarore dellalba, suono e luce diventano una
cosa sola. Non so se le mie parole bastano a spiegare. Un ventaglio di raggi
di luce dai finestroni dOriente taglia la nube dincenso e forma come un
pentagramma attorno al fiato dei monaci cantori, e quei fiati nella nube
azzurra, tu non mi crederai, hanno lasciato tracce di note, diesis e bemolle
sospesi sullabside.
il sole che svela questa meraviglia, tutto costruito per questo momento.
Ma stata la voce a chiamare la luce. Il suono che ha cercato il vuoto, per
abitarlo come un paguro la sua conchiglia, e ora sveglia la luce del giorno.
Ed solo linizio, prima che passeri, merli e cinciallegre cantino come pazzi
le lodi di Lui.
4) Quando si svegliarono i grilli, la foresta disse storie pi antiche di Cristo
e forse degli stessi dei olimpi. Parl la montagna. Parlarono alture i cui nomi di
santi Elia, Dionisio, Dimitri o Maria nascondevano a malapena il mistero
del fauno.
Questo sentii tra i ruderi del monastero di Agios Andrea, sullisola di Zante,
appeso ai faraglioni dello Jonio, preparando il mio bivacco.
Dietro Elia cera Elios, il sole. Dietro Maria cera infallibilmente lei, la
grande dea madre dei popoli mediterranei. E dietro il maschio Dimitri cera
Demetra, femmina, padrona delle messi.
La topografia attorno a me era piena di santuari e cappelle votive, segnata
dagli dei in ogni anfratto, ogni pietra, ogni altura.
Quella densit di santi svelava il politeismo e, dietro ad esso, la necessit
non solo di presidiare i luoghi ma anche di attutire i conflitti, accogliendo in un
pantheon gli dei altrui.
Preparai il sacco a pelo.
Non avrei mai pi visto una notte animata come quella.
Su un muretto, ai piedi di un affresco stinto di San Crisostomo, una
mantide e un geco si affrontarono per la vita e per la morte. Battendo poi
entrambi in ritirata.
Poi un ragno aggiust la sua tela.

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Un cane color del miele venne ad annusarmi e mi si mise vicino.
Una colonna di formiche illuminate dalla Luna form come un rigagnolo di
mercurio.
Le ultime tartarughe marine uscirono dalle uova sullisola di Marathonissi.
Un gallo rauco url dalla parte di Ker.
Poi il Pianeta color pergamena si inabiss nello Jonio.
5) Ali il matto un turco musulmano. Vive sotto un minareto che non gli d
pace, tanto forte grida il muezzin. Se fossi Dio brontola lui avrei
lemicrania a sentirmi pregare cinque volte al giorno.
La religione fa rumore, il sacro preferisce il silenzio. Era questo che voleva
farmi capire con quella frase. Sacro e religione non vanno sempre daccordo.
A volte si scontrano duramente.
Ali vive in Cappadocia, il labirinto delle chiese rupestri, e lo chiamano il
matto perch scrive poesie alla Luna. Una me lha recitata in uno di quei
santuari, nel momento in cui il suo astro preferito entrava da un buco a forma
di finestra per illuminare un altare di arenaria giallina in fondo a una caverna.
Disse: ascolta. Ma non pronunci parola. Invece di scandire dei versi
disegn in perfetto silenzio una spirale ascendente con la mano destra. Era
un endecasillabo fatto di sole pause. Una gigioneria magistrale.
Ero sgomento, il verso muto aveva creato una tensione spasmodica nei
confronti delle parole che sarebbero seguite.
E vennero, difatti, le parole. Lamore e la Luna si trasfigurarono in una
lingua puntuta di dieresi e consonanti, fatta per dire cose essenziali. E quella
lingua riemp il termitaio antico della fede nel cuore dellAnatolia.
Ma il bello venne dopo, quando cominciarono i galli. Il primo cant e altri
risposero nelle vallette vicine. Poi attaccarono i cani di Nevehir, e altri cani
fecero eco dai cocuzzoli vicini.
Per ultimi furono gli asini, quando il cielo divenne zafferano. Ragli strazianti
disegnarono con fedelt impressionante la topografia del luogo rifugio del
primo cristianesimo.
Solo un suono mancava. Quello delle campane. Le ultime avevano
suonato una sessantina danni prima, ma non lo diceva nessuno, nemmeno il
Vaticano, nemmeno i dpliant delle gite parrocchiali.
La fede che aveva cambiato il mondo si era estinta solo laltro ieri ma era
gi sentita come archeologia. PER QUESTO PERDEREMO
GERUSALEMME.
Oggi in Cappadocia regna solo il silenzio. O lurlo del muezzin sulla
bottega di Ali il matto.
6) E poi senti questa ragazzo mio. Sono a Mardin, alta sulla piana
dellEufrate e il confine iracheno. Mi accorgo di urla di bambini dietro la chiesa
siriaca di Kirklar, che ha mille anni pi di San Pietro.

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Vado a vedere. Nel cortile c una rissa per il pallone. Una mischia
selvaggia su un fuorigioco. Volano contumelie, ma per quanto faccia per
capire, la lingua mi sfugge. Non turco, e nemmeno arabo. Semmai c
qualcosa di ebraico. Chiedo al prete cosa stanno dicendo i ragazzi.
E lui: semplice, vuol dire puttana tua madre, sei pi deficiente di un
cammello, e altre amenit.
S, ma la lingua?
Aramaico.
Aramaico? La lingua di Ges?
Esattamente.
Sono sbalordito. Una rissa in aramaico. Si celebra anche cos la prima
lingua dei cristiani, che poi la stessa delle annotazioni del Talmud.
Qui, nellultima Turchia, la tengono in vita a tutti i costi. Ci danno dentro, i
bambini mandano a memoria il Libro, e maestri inflessibili li bacchettano, con
pi durezza degli imam nelle madrasse.
una lotta per la sopravvivenza. I siriaci sanno che senza quelle lezioni
larabo si mangerebbe la sua stessa lingua madre. E sanno che se sparisse
quella lingua, sparirebbero anche loro, i nipoti degli assiri della Mezzaluna
Fertile, gli abitanti pi antichi dellAnatolia.
Scende la notte, tace la contrada, i portali dellimmenso cielo si
spalancano. La percezione del sacro si dilata. Sento lAfghanistan, la Cina, la
Mesopotamia, il Nilo che spumeggia dallaltopiano etiope.
Lontano, le luci di un camion solitario. Segue curve invisibili sui monti,
verso il Lago di Van.
7) Ma a volte succede spesso nelle notti insonni i suoni si mettono in
fila come in una partitura, in una sequenza che ridisegna la mia strada.
Cerco di ricostruirla per te.
Il gocciolio regolare dei sotterranei della Biblioteca Ambrosiana, dove un
Carlo Borromeo prega ancora, solo nel buio, davanti a un Sepolcro.
E poi le laudi vespertine dei vecchi monaci dicamus laudes Domino
fervente prompti spiritu - sullisola di San Giorgio a Venezia, la voce che cerca
lOriente, si disperde nella Laguna tra gabbiani e motoscafi.
E poi la campana Marangona che, non ci crederai, chiama i muezzin di
Costantinopoli, li chiama davvero e loro rispondono, perch il Bosforo l lo
capisci solo la continuazione del Canal Grande.
E poi il coro stupendo delle badanti ucraine nella penombra della cripta di
San Nicola, mentre fuori squadriglie di rondini riempiono il cielo di Bari vecchia
in una luce accecante.
E poi la gaida solitaria di Macedonia che chiama come alla battaglia, dice
lineluttabilit dello scontro e del destino, apre la strada agli amanedes e al
rebetiko straziante di una Grecia perduta, quella di Efeso e Smirne.
E poi i lugubri tuoni dellAthos, il canto martellante dei Traci dopo il

AAVV / VERTIGINI / 27
sacrificio del toro, il ballo degli uomini abbracciati alle icone, linvocazione di
un Kostantinos che santo, guerriero e imperatore.
E poi dovresti sentire, figlio mio, il tuono planetario dei minareti, allora
della preghiera serale, a Istanbul, unonda che arriva dallAsia e annichilisce il
canto dei greci asserragliati nel patriarcato. I greci cui proibito suonar le
campane, i greci mormoranti parole antiche, Ourans, Ksmos, Angelos,
Anthropos.
E poi lansimare rauco, lorgasmo delle pellegrine velate davanti al
sarcofago di Mevlana, londeggiare dei sufi, il flauto di canna che canta lo
strazio della separazione e la dolcezza dellassenza.
E poi la tempesta, la tempesta inattesa delle lingue di Antiochia, dove gli
ebrei pregano in greco, i greci in arabo, i cattolici in turco, i siriaci in
aramaico... dove i turchi ascoltano larabo di un muezzin che non
comprendono e dove solo gli armeni parlano la lingua loro.
E poi, e poi... la polifonia di Aleppo, le chiese pi piene della mia vita, un
cristianesimo militante dove Dio chiamato Allah dai greci e dove i siriaci
intonano canti guerreschi, i pi antichi della nostra fede, i canti di Urfa,
cadenzati e di tenebra.
E poi lo scricchiolio del portone del monastero di Malula in Siria, che si
spalanca davanti a un pellegrino russo, un vecchio venerabile, che si china
fino a terra solo per dare inizio al pi fantastico e rotondo segno della croce
che abbia mai veduto.
Che altro pu esserci, dopo tutto questo, se non il silenzio?
Che altro se non il silenzio della notte a Jerushalaim, quando i monaci
etiopi, i pi poveri di tutti, accendono candele accanto allalbero del pepe e si
accucciano sopra il tetto del Sepolcro e il labirinto di moschee e sinagoghe.
Sono immobili nel loro saio nero. Fagotti sotto le stelle.
8) Che notte. Le stelle fanno una curva lunga sulla moschea della roccia,
luogo santissimo dellIslam, del giudaismo e della cristianit. Lombra della
cupola pare unastronave persa nelle galassie.
Nel quartiere musulmano la civetta ripete il suo grido metallico, quasi
ultraterreno.
La parte ebraica della citt vecchia tace.
E intanto nella cattedrale di San Giacomo si alza il canto tenebroso degli
armeni, in fuga da millenni con il Libro. Pregano come soldati in marcia e
intanto la Luna penetra dal lucernario, infilza con un raggio blu laria satura
dincenso.
Ora dormono tutti: anche i russi, i siriaci, i drusi, i maroniti, i copti.
Dorme lebreo hassid Gideon Lewensohn dopo essersi tolto il cappello di
pelliccia, aver recitato le ultime preghiere e messo a letto cinque dei suoi otto
figli.
Dorme esausto Awni Amarneh, custode musulmano di una sinagoga, pure

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lui padre di otto figli, che ogni giorno traversa paziente il check point per fare il
suo lavoro.
Dorme di sonno inquieto Ibrahim Igbaria, cristiano di rito greco che ha
sposato una donna di Ramallah ma non pu farla abitare in casa sua a
Gerusalemme perch la legge vieta limmigrazione dai Territori.
9) Unultima birra sulla terrazza dellhotel Mishkenot, da solo, davanti al
grande mare astemio dellIslam.
Qui, sotto le stelle del monte Sion, tutto si ricompone. Le bombe sullIraq,
le Torri gemelle, lincendio balcanico, il crollo del Muro.
Qui la matassa che riannoda i fili trovati sui monti della Cappadocia e nei
manoscritti della Biblioteca Ambrosiana a Milano, nei monasteri assediati del
Kosovo, sullisola degli Armeni a Venezia e persino qui, sulla tomba di
Schindler, verso la valle di Giosafat.
Una follia. Non so come definire altrimenti un viaggio come questo, col
taccuino a raccogliere briciole di Dio.
durato anni, non settimane. La febbre di Gerusalemme ha
unincubazione lunga. una malattia che sfianca, ti mangia, cresce per
contagio, si nutre avidamente di incontri, letture, sogni, coincidenze.
Questa cosa che ho in mano si chiama komboloi, un piccolo rosario
laico. Me lha regalato un greco sul traghetto per Samotracia.
Solo stanotte ho imparato a farlo volare nel modo giusto tra le dita.

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Biografie
Andrea Bajani nato nel 1975. Presso Einaudi ha pubblicato, tra gli altri
libri,Cordiali saluti(2005 e 2008),Se consideri le colpe(2007 e 2009 Premio
Super Mondello, Premio Recanati e Premio Brancati), Domani niente
scuola(2008),Ogni promessa(2010, Premio Bagutta 2011),eLa vita non in
ordine alfabetico(2014). Nel 2013 ha pubblicato per FeltrinelliMi riconosci, un
omaggio ad Antonio Tabucchi.Per il teatro coautore diMiserabili, uno
spettacolo di Marco Paolini e di 18mila giorni. Il pitone, con Giuseppe
Battiston e Gianmaria Testa. Collabora con il quotidiano la Repubblica e con il
supplemento domenicale de Il sole 24 ore. I suoi romanzi sono tradotti in
molte lingue.
Ilaria Bernardini nata nel 1977 a Milano. Scrive per il cinema, la tv,
Amica, Gq, il Post. Ha ideato Ginnaste-Vite Parallele e Ballerini. Ha pubblicato
Non niente (Baldini & Castoldi), La fine dell'amore (ISBN),I supereroi
(Bompiani),Corpo libero (Feltrinelli) e Domenica (Feltrinelli). Ha prodotto il film
Border, presentato quest'anno al Toronto Film Festival.
Manfredi Giffone nato a Torino nel 1977. Collabora a vario titolo con
diverse case editrici. Ha scritto il graphic novel Un fatto umano (Einaudi Stile
Libero) con Fabrizio Longo e Alessandro Parodi. Ha inoltre tradotto I tre Cristi
di Milton Rokeach e Il segnale e il rumore di Nate Silver, entrambi per
Fandango Libri.
Fabrizio Longo nato a Genova nel 1978, si diplomato al Liceo Artistico
Klee e alla Scuola Chiavarese del Fumetto, collabora come disegnatore per
vari editori di fumetti. Dal 2005 lavora inoltre nel Mon Ame Studio che ha
contribuito a fondare. Con Einaudi Stile Libero ha pubblicato Un fatto umano
(2011) con Manfredi Giffone e Alessandro Parodi, uscito anche in Francia per
Les Arnes con il titolo La Pieuvre (2012). Al momento sta lavorando
alladattamento a fumetti del libro Porci con le Ali di Lidia Ravera, per leditore
Bompiani.
Alessandro Parodi nato a Genova nel 1981, si diplomato alla Scuola
Chiavarese del Fumetto. Nel 2005 ha fondato il Mon Ame Studio, con cui

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realizza fumetti, illustrazioni e progetti grafici. Per Einaudi Stile Libero ha
pubblicato Un fatto umano (2011) con Fabrizio Longo e Manfredi Giffone,
uscito in Francia per Les Arnes con il titolo La Pieuvre (2012). Attualmente
sta lavorando alla graphic novel tratta dal romanzo Porci con le ali di Lidia
Ravera, per leditore Bompiani.
Paolo Rumiz giornalista per i quotidiani la Repubblica e Il Piccolo di
Trieste. Con Feltrinelli ha pubblicato La secessione leggera (2001), Tre uomini
in bicicletta (con Francesco Altan; 2002), Oriente (2003), La leggenda dei
monti naviganti (2007), Annibale (2008), LItalia in seconda classe. Con i
disegni di Altan e una Premessa del misterioso 740 (2009), La cotogna di
Istanbul (2010, nuova edizione 2012; versione Audiolibri - Emons Feltrinelli,
2011), Il bene ostinato (2011), la riedizione di Maschere per un massacro.
Quello che non abbiamo voluto sapere della guerra in Jugoslavia (2011), A
piedi (2012), Trans Europa Express (2012), Morimondo (2013) e, nella collana
digitale Zoom, La Padania (2011), Maledetta Cina (2012) e Il cappottone di
Antonio Pitacco (2013). I suoi libri sono tradotti in francese, spagnolo e
inglese.

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