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Indice
Voci
Odoacre
Ostrogoti
Teodorico il Grande
16
21
Regno ostrogoto
27
Atalarico
37
Teodato
38
Vitige
39
Ildibaldo
40
Erarico
41
Totila
41
Teia (re)
44
46
Longobardi
69
Regno longobardo
97
Fara (Longobardi)
115
Societ longobarda
118
Diritto longobardo
124
Alboino
128
Clefi
134
Autari
135
Agilulfo
138
Adaloaldo
143
Arioaldo
145
Rotari
146
Rodoaldo
150
Pertarito
151
Godeperto
153
Grimoaldo
155
Garibaldo (re)
158
Cuniperto
159
Liutperto
162
Ragimperto
163
Ariperto II
164
Ansprando
166
Liutprando
168
Rinascenza liutprandea
175
Ildebrando
176
Rachis
178
Astolfo (re)
181
Desiderio (re)
185
Ducato di Benevento
189
Langobardia Minor
195
Carlo Magno
200
Pipino d'Italia
220
Bernardo d'Italia
225
229
234
245
Carlo il Calvo
253
Carlomanno di Baviera
263
270
278
Guido II di Spoleto
281
Lamberto da Spoleto
284
Arnolfo di Carinzia
285
293
Rodolfo II di Borgogna
299
Ugo di Provenza
305
Lotario II d'Italia
314
Berengario II d'Ivrea
318
Arduino d'Ivrea
320
Note
Fonti e autori delle voci
326
329
334
Odoacre
Odoacre
Odoacre
Moneta di Odoacre, coniata a Ravenna nel 477. Notare i baffi "barbarici" del re germanico.
Re d'Italia
In carica
476
493
Predecessore
Romolo Augustolo
Successore
Teodorico il Grande
Nascita
433
Morte
Flavio Odoacre (o Flavius Odovacer; 433[1] Ravenna, 15 marzo 493) fu un generale di origine germanica che nel
476 divenne il primo Re d'Italia (rex Italiae). Il suo regno viene solitamente usato dagli storici per segnare il termine
dell'Impero Romano d'Occidente.[2] Nonostante egli esercitasse de facto il suo potere sull'Italia, Odoacre si present
prima come cliente del legittimo imperatore d'Occidente Giulio Nepote e poi, dopo la morte di questi nel 480, come
rappresentante dell'Impero Romano d'Oriente. Odoacre viene indicato come re (Latino rex) in numerosi documenti
ed egli stesso utilizz questo titolo almeno una volta, mentre in un'altra occasione venne cos indicato dal console
Basilio.[3] Odoacre introdusse alcuni importanti cambiamenti nel sistema amministrativo dell'Italia; ebbe il supporto
del senato romano e fu in grado di distribuire terre fra i suoi seguaci senza incontrare molta opposizione. Eccezion
fatta per isolati atti di violenza nel 477-478 da parte di alcuni suoi soldati insoddisfatti, il regno di Odoacre fu
relativamente tranquillo e pacifico sul fronte interno. Pur professando fede ariana, egli non interfer quasi mai negli
affari della Chiesa Cattolica di Roma.
Di probabile discendenza sciriana, Odoacre era un comandante militare stanziato in Italia che guid la rivolta di
Eruli, Rugi e Sciri che il 4 settembre 476 port alle deposizione dell'imperatore Romolo Augustolo. Nel 480 Odoacre
invase la Dalmazia (odierna Croazia) e nel giro di due anni conquist l'intera regione. Quando Illo, generale ribelle
dell'Impero d'Oriente, chiese l'aiuto di Odoacre nella sua lotta per deporre Zenone, Odoacre invase le province
occidentali bizantine. L'imperatore d'Oriente rispose incitando i Rugi, stanziati in un'area corrispondente alla
moderna Austria, ad invadere la penisola italiana. Nell'inverno 487-488 Odoacre attravers il Danubio e sconfisse i
Rugi nel loro stesso territorio. Nel 488 il re ostrogoto Teodorico fu incaricato da Zenone di invadere l'Italia e deporre
Odoacre. Gli Ostrogoti invasero la penisola nel 489 ed entro un anno posero sotto il loro controllo gran parte
dell'Italia, costringendo Odoacre ad asserragliarsi nella capitale Ravenna. La citt, dopo un lungo assedio, si arrese il
5 marzo 493; Teodorico invit Odoacre ad un banchetto per sancire la pace fra i due sovrani, ma lo uccise nel corso
dello stesso.
Odoacre il primo dominatore d'Italia di cui sia sopravvissuto fino ai giorni nostri il documento autografo di un suo
atto di governo: trattasi di un atto ufficiale col quale Odoacre concedeva al proprio comes domesticorum romano
Odoacre
Pierius alcune propriet in Sicilia e nell'isola di Meleda.
Biografia
Origini
Se si eccettua il fatto che non fosse
considerato
"romano",
sappiamo
relativamente poco sulle origini e la figura
di Odoacre. Gli Annales Valesiani e
Giovanni di Antiochia sostengono che il
padre si chiamasse Edicone, da molti
identificato con il principe sciro di nome
Solido coniato da Odoacre, ma recante il nome dell'imperatore Zenone, cui
Edicone annoverato da Prisco di Panion fra i
[4]
Odoacre era ufficialmente sottomesso.
generali di Attila, re degli Unni . L'ipotesi
che Odoacre appartenesse a una famiglia
principesca contrasta tuttavia con la povert materiale di Odoacre in giovent, testimoniata da Eugippio, il biografo
di San Severino contemporaneo di entrambi. Il giovane Odoacre stato infatti descritto da Eugippio come un
adolescente di alta statura che, coperto di misere pelli, si sarebbe recato dal santo eremita il quale lo avrebbe
benedetto e invitato a recarsi in Italia. L in futuro sarebbe assurto a un potere tale da permettergli di concedere doni
preziosi a molti[5].
Non nota con certezza neanche la nazione di origine di Odoacre. La maggior parte degli storici lo ritiene sciro, a
causa della probabile discendenza da Edicone; Procopio di Cesarea[6] ed Eugippio lo dicevano natione Rugus,
nonostante la feroce lotta condotta da Odoacre contro i Rugi; altri lo chiamavano turcilingio, erulo o unno[7], mentre
Teofane lo diceva di stirpe gotica[8], ma probabilmente senza validi motivi.
Gli storici Reynolds e Lopez esplorarono la possibilit che Odoacre non fosse di origine germanica in un articolo
pubblicato dalla rivista American Historical Review nel 1946. Attraverso alcune solide argomentazioni, i due
suggerirono che le sue origini fossero da ricercare altrove. Una delle basi della loro teoria era legata al nome
"Odoacre", per il quale non stata ancora trovata una convincente etimologia nelle lingue germaniche. Fu suggerita
anche una possibile origine turca, ad esempio dal termine "Ot-toghar" ("nato dal fuoco" o "nato dal pascolo"), o la
forma ridotta "Ot-ghar" ("pastore"). "Se Ratchis pot diventare Radagaisus, perch Ot-toghar o Ot-ghar non pu
essere diveuto Odoacre o Odovacer?" chiesero Reynolds e Lopez.[9] Altre fonti suggeriscono che il nome Odoacre
derivi dal germanico "Audawakrs", ossia "guardiano del benessere" o "guardiano della ricchezza".[10]
Alla met del XX secolo l'origine unna di Odoacre era sostenuta da un certo numero di autorevoli ricercatori, come
Edward Arthur Thompson e J. M. Wallace-Hadrill, nonostante il ragionevole dubbio espresso da Otto J.
Maenchen-Helfen secondo cui l'analisi dei nomi personali non era una prova infallibile nell'indagine
sull'appartenenza etnica di un personaggio storico.[11] Successivamente, nel 1983, durante un'analisi delle fonti
primarie, Bruce MacBain evidenzi diversi e fastidiosi "silenzi" nelle testimonianze storiche a noi disponibili e
ritenne possibile che la madre fosse scira e il padre turingio, ma che di certo Odoacre non era di origine unna.[12]
Al di l di queste ipotesi, attualmente la maggior parte dei ricercatori propende per un'origine germanica.[13][14][15]
Odoacre
L'ascesa al potere
Non sappiamo quando Odoacre inizi il suo servizio nell'esercito romano. Nel 472, all'epoca della lotta finale fra
l'imperatore Antemio e Ricimero, era gi membro della guardia pretoriana; pi tardi (473/474) divenne comes
domesticorum di Glicerio, l'imperatore eletto dal patricius burgundo Gundobado. Nel 474 la corte dell'impero
romano d'oriente, al cui soglio era intanto asceso Zenone, scelse come imperatore d'occidente il magister militum
della Dalmazia, Giulio Nepote. A questa nomina si ribell il generale romano Flavio Oreste, il quale riusc a
prevalere su Giulio Nepote soprattutto grazie all'appoggio militare di Odoacre, capo di una milizia di mercenari eruli,
sciri, rugi e turcilingi[16][17][8]. Flavio Oreste non assunse tuttavia il potere imperiale, preferendo che il titolo di
imperatore andasse al figlio tredicenne Romolo Augusto (ottobre 475) riservando a s, col titolo di "patrizio", il
potere effettivo.
Come capo delle trib germaniche che costituivano le truppe imperiali, Odoacre aveva chiesto a Oreste, quale
compenso del servizio, un terzo delle terre in Italia a titolo di hospitalitas[18]. Il rifiuto di Oreste scaten la reazione
delle truppe mercenarie, che si rivolsero ad Odoacre come loro guida. Oreste fu ucciso a Piacenza e suo fratello
Paulus fuori da Ravenna. I foederati germanici acclamarono quindi Odoacre come rex Italiae o rex gentium. Nel
476 Odoacre avanz su Ravenna e prese la citt, costringendo il giovane Romolo Augusto ad abdicare (4 settembre).
Secondo gli Annali Valesiani Odoacre, colpito dalla bellezza e dalla giovane et del deposto imperatore, non solo gli
risparmi la vita, ma gli riconobbe anche una pensione di 6.000 solidi e lo mand in Campania a vivere con i suoi
parenti.[19]
Invece di nominare a sua volta un imperatore fantoccio, come avevano fatto prima di lui i generali germanici
Ricimero e Gundobado, Odoacre decise di inviare le insegne imperiali (cio diadema, scettro, toga ricamata in oro,
spada e paludamentum porpora[20]) all'imperatore d'Oriente Zenone, chiedendo per s il solo titolo di patrizio.
L'impero romano d'occidente "cadde" quindi per un colpo di stato militare di mercenari germanici[21]; questa caduta,
che per i moderni costituisce lo spartiacque fra la storia antica e quella medievale, non sembra abbia suscitato
eccessivo interesse negli storici dell'epoca, probabilmente perch, essendo ancora in vita nel 476 Giulio Nepote ,
ufficialmente il legittimo imperatore d'occidente (morir nel 480), la portata dell'evento venne sottostimata[22].
Il regno
La posizione istituzionale di Odoacre
non era ben chiara. Il suo potere era
fondato sulla forza dei soldati, il cui
appoggio, secondo Procopio, era stato
ottenuto con la promessa della
hospitalitas
negata
da
Flavio
[23]
Oreste.
Il comportamento della
corte orientale nei confronti di Odoacre
fu ambiguo: alla richiesta del titolo di
"patrizio" fatta da Odoacre, Zenone
rispose che la concessione era
Il regno di Odoacre nel 480.
competenza di Giulio Nepote, ma in
una lettera privata a Odoacre lo stesso
Zenone gli si rivolgeva chiamandolo proprio "patrizio"[16]. L'invio delle insegne imperiali a Costantinopoli era
tuttavia un messaggio chiaro: l'Occidente non aveva pi bisogno di un imperatore separato, poich "un monarca era
sufficiente per governare il mondo". In risposta, Zenone accett i doni osservando che "...i Romani d'Occidente
hanno ricevuto due uomini dall'Impero d'Oriente, cacciandone uno e uccidendo l'altro, Antemio". Zenone quindi
Odoacre
riconobbe a Odoacre l'autorit legale per governare in Italia: gli sugger per di riaccogliere Giulio Nepote come
imperatore dell'Occidente "se davvero desiderava agire secondo giustizia".[24] Odoacre tuttavia non invit mai Giulio
Nepote a rientrare in Italia, e questi rimase in Dalmazia fino alla morte. Odoacre rispett solamente le formalit
richieste dal caso, sostenendo di agire su autorit di Giulio Nepote e coniando monete in suo nome. Dopo la morte di
Nepote, Zenone assunse, a livello formale, il ruolo di unico imperatore d'Oriente e d'Occidente.
Lo status regale, l'appoggio dell'esercito, il rispetto mostrato da Odoacre per le istituzioni (l'impero di Costantinopoli,
il Senato di Roma, e la Chiesa Cattolica) e, di converso, l'apparente mancanza di ostilit da parte di queste istituzioni,
aumentarono il prestigio di Odoacre e gli permisero la collaborazione della classe dirigente latina[16]. Il senato
riguadagn notevole prestigio e influenza a livello politico dopo che la creazione del Dominato aveva pressoch
azzerato le sue capacit nel tardo impero. Per la prima volta dal III secolo furono emesse monete in rame con incisa
nella parte posteriore la sigla SC (Senatus Consulto). Lo storico Jones rilev che queste "belle, massicce" monete di
rame avevano una qualit di gran lunga superiore al misero nummus emesso nel basso impero, tanto che ne vennero
coniate di simili dai Vandali e Anastasio I le prese come modello per la riforma monetaria bizantina di fine V secolo.
I principali atti di Odoacre sono stati registrati anche nei Consularia Italica.[25] Egli govern in maniera molto pi
attiva e decisa rispetto agli ultimi imperatori d'Occidente: represse ribellioni interne giustiziandone i capi, per es.
Brachila nel 477[17] e Adarico, nell'anno successivo[26] e ottenne importanti risultati anche in politica estera: gi nel
476-477, attraverso il pagamento di un tributo, acquis il controllo della Sicilia centro-orientale dai Vandali di
Genserico (successivamente fu annessa con la forza anche la parte occidentale dell'isola); vista la palese inferiorit
delle sue truppe, che secondo Paolo Diacono contavano ancora un certo numero di effettivi italici, deline le Alpi
come confine naturale rispetto al regno dei Visigoti nella Gallia meridionale; nel 481-482 occup la Dalmazia dopo
aver sconfitto e ucciso Ovida, l'assassino di Giulio Nepote[27]; nel 487 mosse guerra contro i Rugi, catturando il loro
re, Feleteo.[28][29][30] I danni subiti dal Norico - teatro dei combattimenti - e il concreto pericolo di incursioni dei
Bavarii furono tali che i superstiti latini preferirono riparare in Italia sotto la scorta di Onulfo e Pierio.[31] I rimanenti
Rugi trovarono invece rifugio presso gli Ostrogoti. Il Norico fu quindi occupato dai Longobardi, che ne fecero la
loro base di operazioni fino alla met del VI secolo.[32]
Pur professando fede ariana, i rapporti di Odoadre con la Chiesa Cattolica furono particolarmente buoni. Come nota
G.M. Cook nella sua introduzione alla "Vita di San Epifanio" di Magno Felice Ennodio, Odoacre mostr grande
stima per Epifanio di Pavia: in risposta ad una petizione del vescovo, il re germanico riconobbe agli abitanti della
Liguria e di Pavia cinque anni di esenzione fiscale. Grazie a questi provvedimenti Pavia pot riprendersi in tempi
piuttosto brevi dagli effetti della scorreria compiuta da Odoacre durante la guerra con Oreste. Sempre in risposta ad
un appello di Epifanio, pose fine agli abusi del prefetto pretoriano della Liguria Pelagio.[33] La biografia di papa
Felice III contenuta nel Liber Pontificalis riporta apertamente che il pontefice amministr la Chiesa durante il regno
di Odoacre e che non vi furono contrasti col re germanico.[34]
La caduta
Per approfondire, vedi Conquista dell'Italia di Teodorico.
Odoacre rimase al potere fino al 493. Tuttavia, gi da diversi anni i successi ottenuti dal re germanico avevano
iniziato a preoccupare l'imperatore Zenone, che sempre pi vedeva in lui un fastidioso rivale. Secondo Giovanni di
Antiochia Odoacre scambi diversi messaggi con il generale Illo, che dal 484 era entrato in aperta rivolta contro
Zenone.[35] I rapporti del re germanico con Costantinopoli ne furono irrimediabilmente danneggiati: nel 488 Zenone
offr a Teodorico, re degli Ostrogoti, la possibilit di insediarsi in Italia se egli fosse riuscito a rimuovere Odoacre.
Come evidenziato da Herwig Wolfram e Peter Heather, Teodorico aveva i suoi motivi per accettare questa offerta:
"Teodorico possedeva sufficiente esperienza per comprendere (o almeno sospettare) che Zenone non avrebbe mai
tollerato a lungo il suo potere indipendente. Quando Teodorico si ribell nel 485, ci viene detto che egli aveva in
mente il trattamento riservato da Zenone ad Armazio. Nel 476 Armazio aveva disertato Basilisco per passare dalla
Odoacre
parte di Zenone e fu da questi nominato magister militum praesentialis a vita. Entro un anno, Zenone lo fece
assassinare".[36] Nel 489 Teodorico guid gli Ostrogoti in Italia attraverso le Alpi Giulie. Il 28 agosto Odoacre gli
diede battaglia presso l'Isonzo, ma fu sconfitto. Si ritir quindi a Verona, raggiunta il 27 settembre, dove innalz
immediatamente un campo fortificato. Teodorico lo insegu, sconfiggendolo una seconda volta tre giorni dopo.[37]
Odoacre si rifugi allora a Ravenna; ma invece di inseguirlo, Teodorico procedette verso Mediolanum, dove la
maggior parte dell'esercito di Odoacre - incluso il suo generale, Tufa - gli si arrese.[38] Teodorico non aveva motivo
di dubitare la lealt di Tufa e invi il suo nuovo generale a Ravenna con un manipolo dei suoi soldati migliori.
Herwig Wolfram osserva: "ma Tufa cambi sponda, il contingente gotico posto al suo comando fu distrutto e
Teodorico sub la sua prima seria sconfitta sul suolo italiano".[39] Teodorico ripar a Ticinum (Pavia): Odoacre allora
emerse da Ravenna e inizi ad assediare il suo rivale. Intanto i Burgundi approfittavano dell'occasione per
saccheggiare e devastare la Liguria: molti degli abitanti furono presi come prigionieri e tali rimasero fino a quando
Teodorico non li riscatt tre anni dopo.[39]
L'estate successiva, il re visigoto Alarico II dimostr quello che Wolfram definisce "uno dei rari esempi di solidariet
gotica" inviando aiuti militari al re ostrogoto, costringendo Odoacre ad abbandonare l'assedio. Teodorico lasci
Pavia e l'11 agosto 490 i due eserciti si scontrarono presso l'Adda: anche questa volta furono gli Ostrogoti a
prevalere e Odoacre fu costretto a ritirarsi nuovamente a Ravenna. I ruoli si invertirono e ora tocc a Teodorico
assediare il rivale. Ravenna si dimostr inespugnabile, circondata com'era da paludi ed estuari ed essendo
costantemente rifornita da piccole imbarcazioni provenienti dall'entroterra (come successivamente indicato da
Procopio). Inoltre, Tufa rimaneva attivo nella strategica valle dell'Adige, vicino a Trento, e ricevette rinforzi
inaspettati quando si verificarono alcune diserzioni tra le fila di Teodorico.[40] Quello stesso anno, i Vandali colsero
anch'essi l'occasione per intervenire in Italia ed invasero la Sicilia. Intanto Fredericus, re dei Rugi e alleato di
Teodorico, rimasto a proteggere Pavia, inizi ad opprimerne gli abitanti. Quando Teodorico intervenne di persona
nel tardo agosto del 491, i suoi atti punitivi spinsero Fredericus a passare dalla parte di Tufa. Successivamente per i
due entrarono in disaccordo e si combatterono in una battaglia nella quale entrambi persero la vita.[41]
A questo punto Odoacre aveva ormai perso ogni speranza di vittoria. Una sortita su larga scala appena fuori
Ravenna, nella notte tra il 9 e il 10 luglio 491, si rivel un completo fallimento, con la morte del suo generale Livilia
assieme ai migliori soldati eruli. Nella tarda estate del 492 gli Ostrogoti ultimarono l'assemblaggio di una flotta
presso Rimini con la quale iniziare un blocco marittimo di Ravenna. Nonostante questo, la guerra si protrasse fino al
25 febbraio 493 quando Giovanni, vescovo di Ravenna, riusc a negoziare un accordo tra le due parti: Odoacre e
Teodorico avrebbero regnato insieme. Cos, dopo un assedio durato tre anni, il 5 marzo Teodorico fece il suo
ingresso nella citt. Dieci giorni dopo, venendo meno ai patti presi, Teodorico uccise Odoacre con la sua stessa spada
durante un banchetto.[42] Il re ostrogoto aveva gi cospirato con alcuni suoi seguaci per uccidere Odoacre mentre i
due banchettavano assieme in un palazzo chiamato Ad Laurentum; quando questa congiura fall, Teodorico prese la
sua spada e colp Odoacre alla clavicola. Pare che, in risposta alla domanda del morente Odoacre, "Dov' Dio?", il re
ostrogoto abbia risposto: "Questo quel che hai fatto ai miei amici".[43]
Secondo una fonte, "quello stesso giorno, l'intero esercito di Odoacre, ovunque si trovasse, fu ucciso per ordine di
Teodorico, cos come i suoi familiari.[44] Sunigilda, moglie di Odoacre, fu lapidata a morte; suo fratello Onoulfo
venne ucciso da degli arcieri mentre tentava di rifugiarsi in una chiesa; Thela, figlio di Odoacre, fu esiliato in Gallia,
ma quando questi tent di rientrare in in Italia, Teodorico lo fece uccidere.[45]
Donazione di Odoacre
Odoacre il primo sovrano d'Italia del quale sia sopravvissuto fino ai giorni nostri un atto ufficiale. In esso Odoacre
riconosce al proprio comes domesticorum romano Pierius diverse propriet in Sicilia, per la precisione vicino a
Siracusa, e sull'isola di Meleda in Dalmazia, del valore complessivo di 690 solidi. La donazione fu fatta il 18 marzo
488 e il documento, scritto su papiro, fu preparato poco pi tardi. La sezione d'apertura risulta mancante e il testo
divisio in due parti: una si trova presso la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III a Napoli, mentre l'altra alla
Odoacre
Biblioteca Nazionale Austriaca di Vienna. Sopravvive il corpo principale del documento, incluse le firme dei
testimoni e degli ufficiali.[46]
Giudizio storico
L'amministrazione di Odoacre non fu certo quella tipica di un sovrano sovvertitore dell'ordine: cambi solo
parzialmente la posizione dei consociati, in particolare per quanto riguardava la gestione dell'esercito, composto
ormai interamente da elementi germanici. Le truppe vennero mantenute tramite il pagamento di un salario su parte
dell'erario, ma queste provvidero anche autonomamente ed arbitrariamente alla realizzazione dei propri desideri
materiali tramite la costituzione (da parte del prefetto del pretorio Felice Liberio) di un istituto di esazione abusiva
che and molto diffondendosi in quel periodo: il salgamum, strumento tipico della mentalit germanica. Esso
consisteva nella suddivisione delle villae dei ricchi latifondisti in tre parti: il proprietario aveva diritto di scelta per la
parte di suo uso, i capi militari sceglievano quella che serviva per l'acquartieramento e l'ultima era destinata ai coloni
che mantenevano Germani e Romani. In generale si ebbe un trasferimento e un accentramento di competenze tra i
militari, lasciando ai latini la possibilit di mantenere l'esercizio delle cariche minori e la professione libera del
cristianesimo.
Note
[1] The Prosopography of the Later Roman Empire, Vol. 2, s.v. Odovacer, pp. 791 793
[2] "Odoacer was the first barbarian who reigned over Italy, over a people who had once asserted their just superiority above the rest of
mankind." Edward Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, Chapter XXXVI
[3] Marcellino, Cassiodoro e alcuni documenti papali fanno riferimento ad Odoacre come rex. Giordane ad un certo punto si riferisce a lui come
Gothorum Romanorumque regnator: dominatore dei Goti e dei Romani. Procopio lo descrive come un autokrator (autocrate) e un "tyrannos"
(usurpatore, tiranno) nel suo Bellum Gothicum. La sola citazione di Odoacre come "Re d'Italia" la si trova in Vittore Vitense: Odouacro Italiae
regi.
[4] Priscus, Ambasceria di Teodosio il Giovane ad Attila re degli Unni, descritta dall'istorico Prisco; ora per la prima volta dal greco in italiano
recata da Pietro Manzi. Roma: per la Societ tipografica, 1827
[5] Eugippius, Vita Sancti Severini, "Commemoratorium", VII. P. Knoell edidit, Vienna: CSEL, 1886 ( on-line) (http:/ / www. thelatinlibrary.
com/ eugippius. html)
[6] Corpus Scriptorum Historiae Byzantinae. Editio emendatior et copiosior, Consilio B. G. Niebuhrii C. F. Institut A, Auctoritate Academiae
Litterarum Regiae Borussicae Continuata. Pars II. Procopius. Volumen III. p. 493 ( (http:/ / books. google. it/ books?id=-yEAAAAAYAAJ&
pg=PA493& dq="natione+ rugus")).
[7] Robert L. Reynolds e Robert S. Lopez (1946). "Odoacer: German or Hun?" The American Historical Review, 52:1 (Oct.), pp. 3653 ( on-line
(http:/ / www. kroraina. com/ varia/ pdfs/ reynolds& lopez_Odoacer - German or Hun. pdf))
[8] Ludovico Antonio Muratori, Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750, Monaco: Stamperia di Agostino Olzati, 1762,
Tomo Terzo (Dall'anno 401 dell'era volgare fino all'anno 600), pp. 123-4 ( on-line (http:/ / books. google. it/ books?id=j0wOAAAAQAAJ&
pg=RA1-PA124& lr=& as_drrb_is=q& as_minm_is=0& as_miny_is=& as_maxm_is=0& as_maxy_is=& as_brr=0& as_pt=ALLTYPES))
[9] Robert L. Reynolds and Robert S. Lopez, "Odoacer: German or Hun?" American Historical Review (http:/ / www. jstor. org/ stable/
1845067), 52 (1946), p. 45
[11] "Communications", American Historical Review (http:/ / www. jstor. org/ stable/ 1842348), 53 (1947), p. 836
[12] Bruce Macbain, "Odovacer the Hun?," Classical Philology (http:/ / www. jstor. org/ stable/ 269961), 78 (1983), pp. 323-327
[13] http:/ / www. britannica. com/ EBchecked/ topic/ 425187/ Odoacer
[14] http:/ / ancienthistory. about. com/ od/ fallofrome/ a/ EndofRome. htm
[15] http:/ / www. historyfiles. co. uk/ KingListsEurope/ BarbarianScirii. htm
[16] Maria Cesa, "Odoacre nelle fonti letterarie dei secoli V e VI". In: Paolo Delogu (a cura di), Le invasioni barbariche nel meridione
dell'impero: Visigoti, Vandali, Ostrogoti, atti del convegno svoltosi alla Casa delle culture di Cosenza dal 24 al 26 luglio 1998. Soveria
Mannelli: Rubbettino Editore srl, 2001, ISBN 88-498-0064-9, ISBN 978-88-498-0064-7, pp. 41-59 ( on-line (http:/ / books. google. it/
books?id=FRRC377jbV8C& printsec=frontcover& source=gbs_summary_r& cad=0#PPA41,M1))
[17] Giordane, De origine actibusque Getarum, XLVI, 242
[18] Arnaldo Marcone, "I regni romano-barbarici: dall'insediamento all'organizzazione statale". In: Cinzia Bearzot, Franca Landucci Gattinoni,
Franca Landucci, Giuseppe Zecchini (a cura di), Gli stati territoriali nel mondo antico, Milano: Vita e Pensiero, 2003, pp. 135-155 ( on-line
(http:/ / books. google. it/ books?id=FNIiTnT_FUoC& pg=PA143& dq=procopio+ odoacre+ hospitalitas))
[19] Annales Valesiani, 8.38
[20] Aurelio Bernardi, "La fine dell'impero d'occidente". In: Aurelio Bernardi et al. (a cura di), La Storia: 4. Dall'impero romano a Carlo Magno.
Milano: Mondadori, 2004
Odoacre
[21] "Origini germaniche del medioevo". In: Annamaria Ambrosioni e Pietro Zerbi (a cura di),Problemi di storia medioevale. Milano: Vita e
Pensiero, 1988, ISBN 88-343-7593-9, ISBN 978-88-343-7593-8, p. 29 ( (http:/ / books. google. it/ books?id=N4iEHNdsyUEC& pg=PA29&
as_brr=3#PPA29,M))
[22] Giuseppe Zecchini, "Il 476 nella storiografia tardoantica". In: Giuseppe Zecchini, Ricerche di storiografia latina tardoantica. Roma: L'Erma
di Bretschneider, 1993, ISBN 88-7062-822-1, ISBN 978-88-7062-822-7, p. 65 ( (http:/ / books. google. it/ books?id=p-bp2Vb4owMC&
pg=PA81& dq=odoacre+ rex& as_brr=3#PPA65,M1))
[23] Procopio di Cesarea, De bello Gothico I, 1
[24] Malco di Filadelfia, frammento 10
[25] I Consularia Italica sono la cronaca ufficiale della redatta dalla cancelleria imperiale di Ravenna, il cui contenuto ricostruibile soprattutto
in base a compilazioni pi tarde, come i Fasti Vindobonenses priores e l UNIQ-nowiki-0-3cd61f4f6b33dec4-QINU Auctarium Havniense
[26] Auctarium Havniense ordo prior, 478
[27] Auctarium Havniense ordo prior, 482
[28] Auctarium Havniense ordo prior, 487, 1
[29] Fasti Vindobonenses priores, 635
[30] Ludovico Antonio Muratori, Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750, Prato: Giachetti, 1867, Vol. II, p. 303 ( (http:/
/ books. google. it/ books?id=8gVbAAAAQAAJ& pg=PA303& dq=rugi))
[31] Eugippius, Commemoratorium Severinus, chapter 44
[32] Paolo Diacono, Historia Langobardorum, 1.19
[33] Sr. Genevieve Marie Cook, The Life of Saint Epiphanius by Ennodius: A translation with an introduction and commentary (Washington:
Catholic University of America, 1942), pp. 12f
[34] Tradotto da Raymond Davis, The Book of Pontiffs (Liber Pontificalis) (Liverpool: University Press, 1989), pp. 41f
[35] Giovanni di Antiochia, frammento 214
[36] Peter Heather, The Goths (Oxford: Blackwell, 1996), p. 217
[37] Annales Valesiani, 11.50f
[38] Annales Valesiani, 11.52
[39] Wolfram, History of the Goths, tradotto da Thomas J. Dunlap (Berkeley: University of California, 1988), p. 281
[40] Heather, The Goths, p. 219
[41] Wolfram, History of the Goths, p. 282
[42] Wolfram, History of the Goths, p. 283
[43] Giovanni di Antiochia, frammento 214a; tradotto da C. D. Gordon, Age of Attila, pp. 182f. Sia gli Annali Valesiani (11.55) che Andreas
Agnellus (Liber pontificalis ecclesiae Ravennatis, ch. 39) pongono l'assassinio nel palazzo Ad Laurentum. Herwig Wolfram spiega il
riferimento di Teodorico ai suoi "amici" come vendetta personale per l'uccisione della coppia reale dei Rugi, configurando quindi l'assassinio
di Odoacre come atto di giustizia in accordo con le tradizioni germaniche -- "apparentemente non importava il fatto che il figlio dei sovrani
rugi fosse in quel momento in aperta ribellione contro Teodorico" (Wolfram, History of the Goths, p. 283)
[44] Annali Valesiani 11.56
[45] Giovanni di Antiochia, frammento 214a. Wolfram tuttavia sostiene che Sunigilda fu lasciata morir di inedia. (History of the Goths, p. 283)
[46] Jan-Olof Tjder, Die Nichtliterarischen Lateinischen Papyri Italiens aus der Zeit (Lund: Gleerup, 1955), vol. 1 pp.279-293. Una traduzione
in inglese del documento stata fatta da Thomas Hodgkin nel suo Italy and her Invaders (Oxford, 18801899), vol. 3 pp. 150-154.
Altri progetti
Collegamenti esterni
Biografia di Odoacre (http://www.treccani.it/Portale/elements/categoriesItems.jsp?pathFile=/sites/default/
BancaDati/Enciclopedia_online/O/BIOGRAFIE_-_EDICOLA_O_148503.xml) nell'Enciclopedia Biografica
Universale Treccani
(EN) NNDB, Biografia di Odoacre (http://www.nndb.com/people/033/000102724/)
Predecessore
Re d'Italia
Successore
476 - 493
Teodorico il Grande
Odoacre
Controllo di autorit VIAF: 62343931 (http:/ / viaf. org/ viaf/ 62343931) LCCN: n84095996 (http:/ / id. loc. gov/
authorities/names/n84095996)
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Portale Medioevo
Ostrogoti
Gli Ostrogoti (in latino Ostrogothi o
Austrogothi) erano il ramo orientale
dei Goti, una trib germanica che
influenz gli eventi politici del tardo
Impero Romano.
Sconfissero Odoacre, che aveva
deposto Romolo Augustolo, ultimo
Imperatore Romano d'Occidente, e si
insediarono in Italia. Furono poi
sconfitti dai Bizantini.
Ostrogoti
molti odierni studiosi, non universalmente condivisa. La nomenclatura di Grutungi e Tervingi cadde in disuso poco
dopo il 400.[1] In generale, la terminologia di una trib gotica divisa dagli altri scomparve gradatamente dopo
l'assorbimento fatto dall'impero romano.[3]
Peter Heather ritiene invece che l'identificazione tradizionale degli Ostrogoti con i Greutungi sia errata. Secondo
Heather gli Ostrogoti nacquero solo nella seconda met del V secolo dalla coalizione tra i Goti Amal in Pannonia (ex
sudditi degli Unni) e i Goti foederati dell'Impero in Tracia.[7] I Greutungi che nel 382 si stanziarono all'interno
dell'Impero come foederati, secondo Heather, non erano lo stesso popolo che fond un regno romano-barbarico in
Italia negli ultimi anni del V secolo sotto Teodorico il Grande, ma i progenitori (insieme ai Tervingi e ai goti
superstiti dell'armata di Radagaiso) dei Visigoti. Secondo Heather, i Visigoti nacquero agli inizi del V secolo dalla
coalizione, sotto Alarico, di tre gruppi gotici:[8]
1. Tervingi (stanziati come foederati nei Balcani nel 382 e poi uniti sotto la guida di Alarico)
2. Grutungi (stanziati come foederati nei Balcani nel 382 e poi uniti sotto la guida di Alarico)
3. Goti di Radagaiso (invasa l'Italia nel 405, vennero sconfitti da Stilicone e arruolati nell'esercito romano; dopo
l'uccisione di Stilicone, vi fu un'ondata repressiva da parte dell'Impero contro i soldati di origine barbarica, che
decisero dunque di unirsi ad Alarico)
Secondo Heather, dunque, i Grutungi erano i progenitori dei Visigoti, non Ostrogoti.
Storia
Dal III al V secolo
Secondo le loro stesse tradizioni erano originari dell'attuale isola svedese di Gotland e la regione di Gtaland.
Nel 250 si divisero dai Goti e nacque appunto il regno ostrogoto. Il primo re si chiamava Ostrogota ed era della
stirpe degli Amali. Wikipedia:Uso delle fonti
Nel 251 gli Ostrogoti uccisero l'imperatore Decio, pi tardi saccheggiarono alcune isole dell'Egeo e conquistarono la
Tracia e la Mesia.
La prima menzione di Ostrogoti si ha nel 269, quando l'imperatore Claudio II li riconobbe fra i barbari sciti. In
quell'anno Claudio II riusc a fermare l'avanzata degli Ostrogoti.
Nelle prime fasi della loro migrazione dalla Scandinavia, gli Ostrogoti, o goti d'Oriente fondarono un regno a nord
del Mar Nero, dal III al IV secolo (Cultura di ernjachov).
Ma nel 340 ricominciarono le scorrerie e conquistarono il regno vandalo (che prima della conquista del nord Africa
si trovava in Dacia) e presero questa popolosa regione. Dopo queste vittorie assoggettarono popoli slavi ed
arrivarono fino al Baltico, ed alcuni storici paragonarono le loro imprese a quelle di Alessandro Magno, perch
avevano creato un regno che partiva dalla Grecia ed arrivava fino al mar Baltico.
Ostrogoti
10
Regno in Italia
Per approfondire, vedi Regno ostrogoto e Teodorico il Grande.
Il periodo compreso tra il 477 ed il 483 vide una lotta a tre tra
Teodorico Amal, che successe al padre nel 474, Teodorico Strabone e
l'imperatore Zenone. Nel corso di questo conflitto le alleanze
cambiarono pi volte, e buona parte dei Balcani vennero devastati.
Alla fine, dopo la morte di Strabone avvenuta nel 481, Zenone scese a
patti con Teodorico. Parte della Mesia e della Dacia vennero cedute ai
Estensione del Regno degli Ostrogoti
Goti, e Teodorico venne nominato magister militum praesentalis e
Console nel 484.[11] Solo un anno dopo Teodorico e Zenone ripresero
il loro conflitto, e di nuovo Teodorico invase la Tracia saccheggiandola. Fu allora che Zenone pens di prendere due
piccioni con una fava, ed aizz Teodorico contro un altro vicino nemico dell'Impero, il regno italiano di Odoacre.
In numero forse di 250.000 tra uomini, donne e bambini[12], da Nouae risalirono la Sava condotti da Teodorico loro
re, si scontrarono con Odoacre ad Aquileia e lo batterono a Verona (489). Odoacre scese invano nell'Italia centrale
per ottenere aiuti da Roma. Riguadagnata Ravenna riusc a battere l'avversario e a chiuderlo in Pavia: ma i Visigoti,
giunti dalla Spagna in aiuto dei loro consanguinei, ruppero il blocco. La guerra continu un altro anno finch l'11
agosto 490 Odoacre fu sconfitto definitivamente sull'Adda[13] e venne costretto a rifugiarsi a Ravenna. Dopo un
lungo assedio a Ravenna, nel febbraio 493 Odoacre si arrese a Teodorico con la promessa di aver salva la vita; ma
Teodorico, violando i patti, uccise Odoacre a tradimento durante un banchetto, con le proprie mani, e ne fece
uccidere i parenti e i seguaci[14].
Gli Ostrogoti costituirono un nuovo regno romano-barbarico in Italia, che si estendeva fino alla Pannonia a nord est e
alla Prouincia (l'odierna Provenza) a nord ovest. Come Odoacre, anche Teodorico poteva vantare il titolo di patrizio
e rispondeva all'imperatore di Costantinopoli con la qualifica di vicer d'Italia, titolo riconosciuto dall'imperatore
Anastasio nel 497.
Il regno sopravvisse fino all'intervento diretto in Italia dell'imperatore d'Oriente Giustiniano I e alla susseguente
guerra goto-bizantina.
Ostrogoti
11
La caduta
Per approfondire, vedi Guerra gotica (535-553).
Impero di Teodorico - La mappa mostra i regni germanici nel 526, l'anno in cui mor
Teodorico. Oltre all'Italia, la Dalmazia e la Provenza, regn anche sui Visigoti
Ostrogoti
12
Ostrogoti
13
Cultura
Architettura
A causa della breve storia del regno, l'arte di Ostrogoti e Romani
non sub una fusione. Sotto il patrocinio di Teodorico ed
Amalasunta, comunque, vennero svolti numerosi restauri di edifici
dell'antica Roma. A Ravenna vennero costruite nuove chiese ed
edifici monumentali, molti dei quali sono tuttora in piedi. La
Basilica di Sant'Apollinare Nuovo, il suo battistero, e la Cappella
Arcivescovile seguono uno stile architettonico tardo romanico,
mentre il Mausoleo di Teodorico mostra elementi puramente
gotici, tipo il mancato uso di mattoni a cui vennero preferiti
blocchi di calcare istriano, o il tetto in monoblocco di pietra da 300
tonnellate.
Letteratura
Orecchini ostrogoti in stile policromo, Metropolitan
Museum of Art, New York
Re ostrogoti
Per approfondire, vedi Sovrani ostrogoti.
Ostrogoti
14
Re successivi
Vitige 536-540
Ildibaldo 540-541
Erarico 541
Totila 541-552 (anche conosciuto come Baduela)
Teia 552-553
Note
[1] Herwig Wolfram, Storia dei Goti, Roma, Salerno editrice, 1985 (orig. ted. 1979), p. 24.
[2] Wolfram, 387 n52.
[3] Herwig Wolfram, p. 25
[4] Thomas S. Burns, A History of the Ostrogoths (Bloomington: Indiana University Press, 1984), p. 44.
[5] Wolfram, 387 n57.
[6] Heather, Peter, 1998, The Goths, Blackwell, Malden, 52 - 57, 300 - 301.
[7] Heather 2005, p. 543.
[8] Heather 2005, p. 542.
[9] Wolfram, pp. 81-82.
[10] Giordane, Getica, 271
[11] Bury (1923), Cap. XII, pp. 413-421
[13]
[14]
[15]
[16]
[17]
Aldo A. Settia (1999), "Il fiume in guerra. L'Adda come ostacolo militare (V-XIV secolo)", Studi storici, XL(2): 487-512
Gabriele Pepe, Il Medio Evo barbarico d'Italia. Torino: Giulio Einaudi, 1959, p. 31
Bury (1923), Cap. XVIII, p. 161
John Bagnell Bury (1923), History of the Later Roman Empire Vols. I & II., Cap. XVIII, pp. 159-160
Procopio di Cesarea, De Bello Gothico I, 5.1
Bibliografia
Fonti primarie
Procopio di Cesarea, De Bello Gothico, Volumi I-IV
Giordane, De origine actibusque Getarum ("Origine e azioni dei Goti"). traduzione di Charles C. Mierow (http://
www.ucalgary.ca/~vandersp/Courses/texts/jordgeti.html)
Cassiodoro, Chronica
Cassiodoro, Varia epistolae (http://www.gutenberg.org/etext/18590) ("Lettere"), presso il Progetto Gutenberg
Anonymus Valesianus, Excerpta, Par. II (http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/
Excerpta_Valesiana/2*.html)
Fonti secondarie
In inglese
Edward Gibbon, History of the Decline and Fall of the Roman Empire Vol. IV, Capitoli 41 (http://www.
worldwideschool.org/library/books/hst/roman/TheDeclineandFallofTheRomanEmpire-4/chap9.html) e 43
(http://www.worldwideschool.org/library/books/hst/roman/TheDeclineandFallofTheRomanEmpire-4/
chap19.html)
Thomas S. Burns, A History of the Ostrogoths, Boomington, 1984.
John Bagnell Bury, History of the Later Roman Empire Vol. I & II (http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/
Roman/Texts/secondary/BURLAT/home.html), Macmillan & Co., Ltd., 1923.
Peter Heather, The Goths (http://books.google.com/books?id=eCf0Tjg0BukC&printsec=frontcover&
dq=Goths&hl=en&ei=rcN7Te3lOYnUgQe_-NzbBw&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&
ved=0CC0Q6AEwAA#v=onepage&q&f=false), Blackwell Publishers, 1996. ISBN 0-631-16536-3
Herwig Wolfram, Storia dei Goti, Roma, Salerno editrice, 1985 (orig. ted. 1979), pp. 431 ss.
Ostrogoti
15
Patrick Amory, People and Identity in Ostrogothic Italy, 489554, Cambridge 1997
In italiano
Voci correlate
Goti
Sovrani ostrogoti
Regno ostrogoto
Lingua gotica
Teodorico il Grande
Grutungi
Altri progetti
Portale Storia
Teodorico il Grande
16
Teodorico il Grande
Teodorico
474
526
Incoronazione
478
Predecessore
Teodemiro
Successore
Atalarico
Re d'Italia
In carica
493
526
Predecessore
Odoacre
Successore
Atalarico
Nascita
Pannonia, 454
Morte
Ravenna, 526
Sepoltura
Ravenna
Padre
Teodemiro
Madre
Ereleuva
Figli
Amalasunta
Religione
Arianesimo
Teodorico, detto il Grande, pi correttamente Teoderico, dal goto iudareiks (Pannonia, 12 maggio 454
Ravenna, 5 aprile 526), fu re degli Ostrogoti dal 474 e re d'Italia dal 493 al 526, secondo dei re barbari di Roma.
L'attivit
Teodorico era un uomo di grande distinzione e di buona volont verso tutti e govern per trentatr anni. Per trent'anni
l'Italia godette di tale buona fortuna che i suoi successori ereditarono la pace, poich qualunque cosa facesse era buona. Egli
govern cos due stirpi, i romani e i goti, e- sebbene fosse un ariano- non attacc mai la religione cattolica, organizz giochi
nel circo e nell'anfiteatro, sicch infine dai romani fu chiamato Traiano o Valentiniano, i cui tempi prese a modello; e dai
goti, per il suo editto col quale stabiliva la giustizia, egli fu considerato sotto ogni punto di vista il loro re migliore
(Uno storico latino)
Teodorico il Grande
17
Teoderico (il cui nome in norreno e islandese irik af Bern, mentre
in tedesco Dietrich von Bern, dove Bern il nome di Verona nel
tedesco altomedioevale) nacque in Pannonia, fra le attuali Ungheria e
Austria.
La successione
Teodorico succede al trono degli Ostrogoti dopo la morte del padre (474) e prosegue la politica di alleanza con il
vicino Impero, dal quale otteneva compensi per i servigi di protezione dei confini. L'imperatore bizantino, alleandosi
con Teoderico, sperava che questi riuscisse a porre sotto il controllo ostrogoto le nuove popolazioni barbariche che
spingevano ai confini dell'Impero, assicurando cos a Bisanzio una zona di influenza che fungesse da cuscinetto tra
l'Impero e le popolazioni barbariche.
I successi di Teoderico portarono l'imperatore Zenone a riconoscere al re ostrogoto lo stato di federato romano e di
eleggerlo a console nell'anno 484 (alcuni anni dopo gli fu anche eretta una statua equestre a Costantinopoli),
ufficializzando in questo modo il predominio ostrogoto sull'area balcanica.
La presenza di Teoderico stava diventando per sempre pi ingombrante per Zenone e nel contempo Odoacre in
Italia stava allargando la sua zona di influenza minacciando gli interessi di Bisanzio. Zenone pens di risolvere i suoi
problemi mettendo l'uno contro l'altro i due re barbari, per cui, con l'aiuto di Bisanzio, nel 488 Teoderico prepar la
spedizione verso l'Italia, intrapresa nell'autunno dello stesso anno.
La spedizione in Italia
Per approfondire, vedi Regno ostrogoto#La conquista dell'Italia da parte dei Goti.
Teoderico varc le Alpi orientali nel 489 con al seguito un esercito di circa 100.000 Ostrogoti e condusse le sue genti
in una serie di cruenti scontri contro gli Eruli, scontri che terminarono dopo cinque anni (493), quando Teoderico
fece uccidere a tradimento il suo rivale Odoacre e tutta la sua corte durante un banchetto che avrebbe dovuto sancire
la pace tra i due re. L'eliminazione di Odoacre, che pare volesse a sua volta insidiare la vita di Teoderico, segn
l'inizio del dominio degli Ostrogoti in Italia, dominio che rappresent un lungo periodo di pace e stabilit per molti
anni.
Teodorico il Grande
18
Opere pubbliche
Teodorico si distinse anche per l'esecuzione e il ripristino di opere
pubbliche, come la ristrutturazione dell'acquedotto costruito da
Traiano che dall'Appennino, attraverso la localit di Galeata (dove
sono stati recentemente ritrovati i quartieri termali di un palazzo
da caccia appartenuto a Teodorico), scende verso Forl e Ravenna.
L'importanza di tale opera pubblica testimoniata anche dalla
attuale presenza di toponimi come quello della Pieve di Santa
Maria in Acquedotto, presso il casello autostradale di Forl. Queste
e altre misure permisero all'economia italica di riprendersi dal
lungo ristagno a cui era stata soggetta.
Il Mausoleo di Teodorico a Ravenna
Si ha notizia di almeno altri due Palazzi di Teodorico: il pi noto e
del quale rimane forse qualche resto a Ravenna; un secondo
Palazzo di Teodorico fu fatto erigere dal re ostrogoto a Monza.
Teodorico fece costruire, inoltre, il Mausoleo destinato a custodire le sue spoglie. Il Mausoleo formato da due
ambienti sovrapposti, con una pesantissima copertura monolitica a calotta in pietra d'Istria che non ha eguali
nell'architettura tardoantica e bizantina. Questo enigmatico edificio, infatti, si inserisce nella tradizione dei
monumenti imperiali. Molti edifici e acquedotti di Roma furono pure soggetti ad accurata riparazione dei danni
subiti a causa dei terremoti e dei saccheggi del secolo precedente.
Dispute religiose
Anche in ambito religioso Teodorico, bench seguace del Cristianesimo ariano, non perseguit la fede cattolica,
seguendo anche in questo l'esempio di Odoacre.
Il nuovo imperatore Giustino I, che ambiva a un nuovo ruolo dell'Impero anche in relazione alle questioni religiose
che agitavano il cristianesimo, dette inizio alla sua personale crociata contro l'arianesimo, visto come fede
inconciliabile e soprattutto pericolosa per il crescente potere della Chiesa cattolica. Fedele a questa sua linea di
ostilit nei confronti dell'eresia ariana, nel 524 decret che i luoghi di culto ariani venissero consegnati alla Chiesa
cattolica.
Teodorico il Grande
Teodorico, convinto che ci fosse un'intesa segreta tra l'impero di Costantinopoli e gli abitanti romani d'Italia, reag
con violenza: fece uccidere alcuni dei suoi pi preziosi collaboratori, tra cui Severino Boezio. In seguito Teodorico
costrinse papa Giovanni I a recarsi a Costantinopoli per chiedere la revoca del decreto a Giustino I e chiedere per
giunta che gli ariani convertiti forzatamente al cattolicesimo potessero riabbracciare la fede ariana. Il Papa ottenne la
revoca dell'ordine, ma si rifiut anche solo di chiedere all'imperatore il permesso per gli ariani convertiti al
cattolicesimo di tornare all'arianesimo. Cos, quando torn a Roma, Giovanni I fu imprigionato e lasciato morire in
carcere nel 526 da Teodorico.
Teodorico, sconvolto dagli avvenimenti degli ultimi mesi e ormai vecchio, mor nello stesso 526 lasciando l'Italia,
pacificata, al nipote Atalarico sotto la reggenza della figlia Amalasunta.
La leggenda
Teoderico fu protagonista di numerose leggende. Una leggenda romantica sulla morte vuole che a Teoderico sia
giunta un giorno la notizia che era stata avvistata nei boschi una cerva dalle corna d'oro. Armatosi di arco e frecce, il
sovrano s'incammin alla sua ricerca, ma improvvisamente il cavallo che lo trasportava, imbizzarritosi, cominci a
correre senza fermarsi, fino ad arrivare (scavalcando lo Stretto di Messina con un salto spettacolare) al cratere
dell'Etna, dentro al quale si gett con il re in groppa. La leggenda stata ripresa con qualche variante dal Carducci,
che ne scrisse un poemetto in versi a quartina doppia: La leggenda di Teoderico, nella raccolta pubblicata con il
titolo Rime nuove.
Una variante di questa leggenda quella che narra che Teoderico avesse paura dei fulmini e un giorno, durante un
temporale, avesse deciso di fare un bagno nella vasca del suo mausoleo per essere al sicuro. Cadde tuttavia un grosso
fulmine sul mausoleo, che ne spacc la volta creando una crepa a forma di croce e uccidendo Teoderico. Poi dal
cielo scese un cavallo nero che lo caric in groppa e and a gettarlo nel cratere dell'Etna.Wikipedia:Uso delle fonti
Un altro episodio d una versione "leggendaria" dell'uccisione del rivale Odoacre il quale, dopo essere stato sconfitto
da Teoderico in battaglia, sarebbe stato invitato amichevolmente a cena da quest'ultimo che, approfittando del fatto
che erano soli, lo avrebbe fatto uccidere a tradimento da un servo con una pugnalata alle spalle. Da quest'episodio
sarebbe derivato il celebre proverbio: A tavola non si invecchia.[1]
Nel folklore delle popolazioni alpine vi sono numerose leggende che menzionano Teodorico di Verona.
A Brescia, invece, una delle leggende sorte attorno al Mostas dle Cosre, rilievo in pietra dalle dubbie origini, vi
vedrebbe un ritratto abbozzato di Teodorico, scolpito sul posto[2], mentre a Bolzano si trova un imponente ciclo
pittorico dedicato alla leggenda di Re Laurino, eseguito nel 1911 dall'artista Bruno Goldschmitt di Monaco di
Baviera. La scultura in marmo bianco raffigura il re degli Ostrogoti Teodorico il Grande (Dietrich von Bern nella
irekssaga), che sottomette il re del popolo delle Dolomiti, re Laurino.
Note
[1] Menzionato in Dai barbari ai capitani di ventura, Arnoldo Mondadori, Milano, 1978, 1996, primo volume del progetto Storia d'Italia a
fumetti di Enzo Biagi.
[2] Braga, Simonetto, p. 56-57
Bibliografia
AA. VV., Teoderico il grande e i Goti d'Italia. Atti del XIII Congresso internazionale di studi sull'Alto Medioevo
(Milano, 2-6 novembre 1992), CISAM, Spoleto 1993.
Marina Braga, Roberta Simonetto, Il quartiere Carmine in Brescia citt museo, Brescia 2004
G. Garollo, Teoderico re dei Goti e degl'Italiani, Tip. Gazzetta dItalia, Firenze 1879.
W. Ensslin, Theoderich der Grosse, B. F. Bruckmann, Mnchen 1947.
P. Lamma, Teoderico, La Scuola Editrice, Brescia 1951.
J. Moorhead, Theoderic in Italy, Oxford University Press, Oxford 1992.
19
Teodorico il Grande
20
P. Amory, People and identity in Ostrogothic Italy, 489-554, Cambridge University Press, Cambridge 1997.
A. Giovanditto, Teodorico e i suoi goti in Italia (454-526), Jaca Book, Milano 1998.
B. Saitta, La civilitas di Teoderico: rigore amministrativo, tolleranza religiosa e recupero dell'antico
nell'Italia ostrogota, L'Erma di Bretschneider, Roma 1999.
Voci correlate
Regisole
Altri progetti
Re degli Ostrogoti
Successore
Teodemiro
474-526
Atalarico
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Odoacre
493 - 526
Atalarico
Controllo di autorit VIAF: 27864382 (http:/ / viaf. org/ viaf/ 27864382) LCCN: n80060662 (http:/ / id. loc. gov/
authorities/names/n80060662)
Portale Antica Roma
Portale Biografie
Portale Medioevo
21
488 - 493
Luogo
Italia
Esito
Ostrogoti
Visigoti
(solo dal 490 al
491)
Rugi
(fino al 492)
Eruli
Sciri
Gepidi dell'esercito del Re d'Italia Odoacre
Comandanti
Teodorico il Grande
Tufa* (solo nel 489)
Federico* (solo nel
490-1)
Alarico II
Odoacre
Tufa (dal 490 al 492)
Federico (solo nel
492)
Pierio
Tuldila
Effettivi
20.000 Ostrogoti
25.000 Eruli
5.000 Rugi (solo nel 491)
10.000 Gepido (solo nel 488)
10.000 Visigoti (solo nel 490)
Perdite
22
Ingenti
Ingenti
forse tra 6.000 - 8.000 forse tra 8.000 - 10.000
* Tufa e Federico cambiarono pi volte schieramento fino a uccidersi a vicenda in una sanguinosa battaglia.
Voci di battaglie presenti su Wikipedia
La Conquista dell'Italia di Teodorico fu una delle guerre pi decisive della storia dei regni romano-barbarici, visto
che decise il distacco definitivo dell'Italia dall'Impero romano d'Oriente, di cui Odoacre si era dichiarato vicario. La
guerra vide inoltre come protagonisti due dei pi abili comandanti di tutti i tempi, Odoacre e Teodorico. Entrambi
dimostrarono una grande tenacia, tanto che tutte le battaglie campali sarebbero state vinte dal primo senza il coraggio
del secondo, che combatteva in prima fila incitando i guerrieri a combattere pi valorosamente. La guerra riveste una
grande importanza anche perch vide la nascita del Regno ostrogoto, che fu per rapidamente conquistato come era
stato rapidamente eretto, nel 553, quando gli ultimi Goti vennero sconfitti dai Bizantini, che come gli Ostrogoti non
poterono stabilire il loro potere stabilmente a causa dei Longobardi.
Contesto Storico
Odoacre e l'Impero Romano d'Oriente
Quando, nel 476 l'ultimo imperatore romano, Romolo Augusto fu deposto, Odoacre, il capo delle genti germaniche
all'interno dell'Esercito Romano, in prevalenza Eruli e Gepidi, decise, per non inimicarsi la nobilt senatoria dell'ex
impero e guadagnarsi la fiducia dell'impero Orientale, decise di dichiararsi Vicario o "Patricius" dell'Impero Romano
D'Oriente, mantenendo cos buoni rapportoi con la nobilt senatoria e assumere agli occhi dei Romani non la figura
del sovvertitore ma quella del restauratore. Ma l'imperatore D'Oriente, Zenone sopportava a malapena l'idea di un re
barbaro in Italia, e fin dall'inizio i rapporti tra lui e Odoacre si guastarono, anche per l'autonomia che Odoacre
esercit in politica estera. Infatti Odoacre cominci una politica estera aggressiva contro i popoli ai confini del suo
dominio come i Gepidi e i Rugi. All'interno Odoacre stabil una buona politica che gli ingrazi il senato e per il fatto
che rispett le regople dell'esercito barbarico stabilite nel 398. L'obiettivo era infatti non spaventare i senatori con il
miraggio di saccheggi e distruzioni da parte delle truppe barbariche, che dovettero come sempre restare negli
acquartieramenti in terra italica. La politica religiosa fu ancora pi prudente: egli infatti cominci una politica di
tolleranza religiosa, ma ci furono dei guai quando il vescovo di Roma Simplicio mor, e si vociferava di colpi di stato
a favore dei Bizantini, e Odoacre decise di mettere una legge che vietava al neoeletto di alienare i beni ecclesiastici
che potevano servire per finanziare una politica contrapposta alla sua. Odoacre decise inoltre di dare il proprio aiuto
al vescovo di Pavia Epifanio, che chiedeva tasse pi basse e che venne accontentato con l'esenzione da tributi per
cinque anni.
Un altro modo di mettersi in mostra fu di
intervenire contro il prefetto ligure Pelagio,
reo di aver imposto tasse sui beni
ecclesiastici di Epifanio. Il funzionario
venne arrestato. Anche con altri ecclesiastici
venne raggiunto un accordo con Severino,
vescovo del Norico. In politica estera
Odoacre oper, tra il 486 e il 488 contro i
Rugi, Nella campagna, Odoacre decise di
dare un aiuto a un tale Illio, o almeno
Possedimenti di Odoacre nel 488
La guerra
Scontri sul Danubio
Secondo le diverse fonti che trattano della guerra l'esercito di Teodorico era composto da almeno 20.000 guerrieri
Goti e da alcuni contingenti di natura diversa, probabilmente Rugi. La marcia del popolo ostrogoto (almeno 100.000
uomini, donne e bambini), cominci a Sirmiun, da dove percorsero la Slovenia per attaccare Odoacre nella pianura
padana. Purtroppo per i Gepidi, un popolo che viveva in quelle zone aveva creato un lungo sbarramento sul fiume
Vuka, vicino all'odierna Vukovar. Gli storici discutono molto su questo fatto. Non ci sono certezze su ci, ma a
causa dei pessimi rapporti tra i due popoli improbabile che i due fossero alleati: semplicemente i Gepidi erano ostili
ad un'invasione di Teodorico, e che il loro sbarramento non fosse legato per niente a Odoacre.
Teodorico cominci a prepararsi per la battaglia. La battaglia cominci con un attacco sanguinoso da parte dei Goti
che per vennero messi in difficolt in una sanguinosa mischia, ma Teodorico, che era rimasto in posizione arretrata
con un contingente di soldati attacc con grande valore il centro del nemico mettendolo in fuga mentre i soldati dei
lati si slanciarono sulle ali dei Gepidi che rimasero senza speranza di fuggire, e che furono sterminati senza piet dai
vincitori. A questa vittoria, probabilmente seguirono numerose scaramucce, ma le fonti non ne riportano traccia, e
probabilmente non ci furono grandi battaglie campali. Intanto, Odoacre si trovava in difficolt: infatti, nonostante la
politica moderata non era benvisto, in quanto barbaro, dalla classe senatoria, che quindi, col sopraggiungere di un
esercito forte guuidato da un re forte e valoroso, peraltro sostenuto da Costantinopoli, cominciarono le prime
defezioni, ma Odoacre non si fece scoraggiare e con il suo nuovo magister militum, Tufa si port a ridosso delle
Alpi, proprio quando nel 489 gli Ostrogoti attraversarono le Alpi e si trovarono in Italia
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Tufa
Proprio quando Odoacre aveva pi bisogno di uomini avvenne un fatto imprevisto: il magister militum , infatti,
defezion, e cpn molti soldati abbandon Odoacre per passare ai Goti. La fonte principale di questo evento,
Anomino Valesiano, non d spiegazioni credibili all'evento. Non da escludere che la mossa di Tufa servisse a
ritardare l'attacco finale a Odoacre(infatti Tufa avrebbe potuto chiedere piet per il proprio generale), ma l'ipotesi
poco credibile, in quanto Teodorico era un personaggio spietato e ambizioso. Teodorico, allora, decise di affidare a
Tufa la conduzione delle operazioni a Ravenna, dove per un'altra sorpresa avvenne. Infatti qui pass nuovamente
dalla parte di Odoacre, e fece massacrare i Goti che erano con lui.
Non improbabile che in verit Tufa fosse d'accordo con Odoacre fin dall'inizio, esercitando una specie di
doppiogioco, per imbrogliare Teodorico e indurlo a fidarsi di colui che lo avrebbe tradito. In effetti il risultato fu
brillante: un intero esercito Ostrogoto era stato distrutto e ora Odoacre poteva riprendere l'iniziativa contro il nemico.
Le truppe di Odoacre marciarono allora verso Milano dove Teodorico ordin alle truppe di ritirarsi. Milano venne
quindi saccheggiata barbaramente, mentre Teodorico, assediato a Pavia era sotto pressione nemica. Fu allora che
Odoacre commise due gravi errori politici: il primo fu saccheggiare Milano perdendo il favore della popolazione, e il
secondo fu dichiararsi Augusto e mettere il figlio Tela come Cesare. La classe senatoria non la prese bene, e l'intera
Italia Meridionale si ribell: Cassiodoro e l'intera Sicilia si staccarono da Odoacre e si offrirono a Teodorico, che ora
poteva dichiararsi salvato da una sconfitta.
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Tufa e Federico
Fu cos che Federico e i suoi Rugi si unirono al magister militum Tufa. Si tratt di una defezione grave per gli
Ostrogoti, che si trovarono con ben 5.000 nuovi nemici. Odoacre, assediato a Ravenna, esult per la notizia, e si
prepar per una sortita al di fuori della citt, che intanto era stata messa sotto assedio. Infatti Teodorico aveva deciso
di circondare Ravenna sulla terra, senza per lanciare degli attacchi troppo rischiosi per i suoi Goti, famosi per la
loro incapacit negli assedi, mentre attaccava Rimini e Cesena, gli ultimi due centri a favore di Odoacre oltre a
Ravenna. Soprattutto su Rimini si concentravano gli sforzi di Teodorico, che aveva bisogno della piazzaforte per far
partire un blocco a Ravenna anche sul mare. Intanto, Tufa e Federico avevano deciso di attaccare gli Ostrogoti a
Pavia, ma secondo le fonti, i due non andavano affatto d'accordo, forse a causa della diffidenza tra i Rugi e gli Eruli
che tante volte si erano fatta la guerra. Forse altri disaccordi derivavano dal carattere di Federico, un sovrano crudele,
che forse ambiva addirittura a diventare re d'Italia aspettando che Teodorico e Odoacre si distruggessero a vicenda.
Ma le fonti dicono che i due litigassero peri i bottini di guerra, e forse pi probabile ci: in ogni caso si arriv allo
scontro, avvenuto tra Trento e Verona.
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La fine di Ravenna
Presa di Rimini e sortite di Odoacre
Nel 492, Teodorico si era sbarazzato di Tufa, e poteva occuparsi di Odoacre e di Ravenna, che ormai erano
praticamente isolate. Il re goto, per, prima si occup di Rimini, la cui presa era necessaria per bloccare i
rifornimenti a Ravenna. Mentre intensificava gli sforzi, Odoacre stava preparando i piani per delle sortite. Infatti il
suo prestigio, dall'inizio delle guerra era crollato per via delle continue sconfitte in campo aperto, e doveva, per
recuperare l'immagine del conquistatore e del condottiero, condurre delle offensive al di fuori di Ravenna. Anche per
Teodorico, la presa della citt era di priorit, visto che il suo grande prestigio non doveva crollare, e anche per
consolidare il suo dominio in Italia. Infatti il Sud e il Centro si erano arresi, ma c'era il pericolo di rivolte, e per
evitare ci, decise di inviare una carica a Costantinopoli per legalizzarla. In questo modo sarebbe apparso come un
sovrano legittimo.
Intanto, Odoacre aveva nominato un nuovo magister militum, un barbaro di nome Tuldila, forse un soldato
particolarmente valoroso (le fonti, a parte Tufa, sono piuttosto vaghe sulla personalit e la provenienza dei vice di
Odoacre. Tuldila propose allora uno sfondamento su due direttrici: una su Ponte Candiano, e sulla Pineta Classe.
Sortita a Classe
Oodacre e Tuldila decisero di attaccare la notte il 15 luglio 492, e il primo attacco fu diretto verso la Pineta Classe,
guidata da Oodacre, che sconfisse i Goti costringendoli a fuggire, ma Teodorico decise di formare una seconda linea,
dove Odoacre fu costretto ad arretrare. Su Ponte Candiano, Tuldila riusc ad avanzare, ma Teoodrico lanci i suoi
contro Oodacre, che fugg addosso a Tuldila. I due eserciti alleati cozzarono contro, e Teodorico attacc il ponte, che
croll portandosi via Tuldila che mor affogato nel fiume Ronco. L'ennesima vittoria di Teodorico segn la fine di
Oodacre, e in un certo senso, anche delle invasioni barbariche del V secolo. Oodacre decise di fortificarsi all'interno
dell'imprendibile Ravenna, ma all'improvviso, Rimini, stremata dalla fame, si arrese, dando a Teodorico un porto da
dove far partire il blocco a Ravenna.
Odoacre sconfitto
Ormai la fortuna aveva definitivamente voltato le spalle a Odoacre, che da quel momento si trov rinchiuso a
Ravenna di cui Teodorico fece bloccare il porto con una grande flotta. Un altro incarico, oltre a impedire l'arrivo dei
rifornimenti via mare, aveva anche il compito di sorvegliare Odoacre ed impedirne una fuga improbabile ma non
impossibile. Odoacre, rinchiuso all'interno della citt, si trov di colpo senza cibo, anzi, a causa della sua sicurezza
della continuit dei rifornimenti via mare, non aveva provveduto a far riempire i magazzini anche se le fonti non
parlano per di rivolte della popolazione contro Odoacre. Teodorico, intanto si trovava davanti diverse situazioni da
risolvere: l'imperatore bizantino Anastasio aveva cominciato a guardarlo con crescente ostilit, mentre i Rugi e i
Gepidi, oltre ovviamente ai Burgundi e ai Franchi, minacciavano le frontiere e in alcune zone i latini si stavano
ribellando.
Per questi motivi Teodorico decise di affrettare le operazioni militari: Cesena cedette per fame, e Odoacre si trov
confinato a Ravenna. Qui, ormai, io cibo era ridotto all'osso, e ormai erano finite le scorte di grano. Molti morivano
per fame, e i soldati si aggredivano tra di loro per pochi grammi di cibo. Nonostante ci, sapeva che il rivale non si
trovava comunque in una buona posizione.
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Intanto Teodorico stava gestendo l'assedio con sempre meno interesse, visto che doveva occuparsi di altre faccende,
e decise di stipulare una tregua con Odoacre. In quello stesso momento gli giunse notizia che alcuni Gepidi avevano
attraversato le Alpi. Dopo averli sconfitti, Teodorico strinse con loro una pace, e torn a Ravenna. Secondo le fonti
Teodorico offr al proprio mortale nemico un accordo di pace, che venne stipulato il 5 marzo. Ma per quali motivi lo
fece? Odoacre era ormai allo stremo, e sarebbe stata solo questione dei tempo che Ravenna cadesse. Forse, il vero
motivo stava nella minaccia che gli Eruli e gli Sciri, insieme ai Rugi minacciavano di attaccarlo insieme ai Bizantini
per proteggere Odoacre. Quindi si pu ipotizzare che Teodorico volesse togliere ai Bizantini e agli altri barbari ogni
pretesto per attaccarlo.
Qualunque fosse il patto, Odoacre decise di accettarlo, e lui, insieme al figlio Tela furono dichiarati Cesari del re
d'Italia Teodorico. Ma quest'ultimo non era incline ad accettare di governare con Odoacre, e il 15 marzo lo invit al
suo palazzo per pranzare. Odoacre venne con una guardia del corpo composta da bucellari (ossia soldati barbarici.).
Ma Teodorico fece scattare la trappola. Un centinaio di guerrieri circondarono la guardia di Odoacre, ma nessuno
osava colpirlo. Allora Teodorico, che intendeva dimostrare di essere superiore ai suoi soldati, afferr una spada e lo
trafisse allo stomaco, infierendo poi sul corpo. Sembra che in quell'occasione abbia detto "Sembra che costui non
abbia ossa". Da quest'omicidio deriva il proverbio "A tavola non si invecchia"Wikipedia:Uso delle fonti.
Portale Guerra
Regno ostrogoto
Regno ostrogoto
Dati amministrativi
Nome completo
Regno ostrogoto
Lingue parlate
Latino - Gotico
Capitale
Dipendente da
[1]
Forma di governo
Re d'Italia
Organi deliberativi
Monarchia ereditaria
elenco
Senato romano
Nascita
Causa
Battaglia dell'Isonzo
(dal 540)
Regno ostrogoto
28
Fine
Causa
Territorio originale Italia, Illirico, Noricum, Pannonia e parte della Gallia Narbonensis
Religione e societ
Religioni preminenti Arianesimo (Goti), Chiesa romana (Romani)
Evoluzione storica
Preceduto da
Succeduto da
Il Regno ostrogoto venne stabilito dagli Ostrogoti in Italia e nelle zone confinanti tra il 493 ed il 553. In Italia gli
Ostrogoti rimpiazzarono Odoacre, il padrone de facto dell'Italia che aveva deposto l'ultimo imperatore dell'Impero
romano d'Occidente nel 476. La penisola venne divisa quindi in 17 distretti con a capo dei governatori che avevano
ampi poteri fiscali, giuridici e civili. Tutti costoro rispondevano del proprio operato direttamente al prefetto del
pretorio che risiedeva a Ravenna ed era di nomina regia.
Storia
Contesto storico
Gli Ostrogoti
Per approfondire, vedi Ostrogoti.
Gli Ostrogoti erano la branca orientale dei Goti. Si insediarono in Dacia dove stabilirono un potente stato, ma
durante il IV secolo caddero sotto il dominio degli Unni. Dopo il collasso dell'Impero degli Unni nel 454, molti
Ostrogoti vennero spostati dall'imperatore Marciano in Pannonia con la qualifica di foederati. Nel 460, durante il
regno di Leone I, dal momento che l'impero romano smise di pagare la quota annuale, devastarono l'Illiria. Venne
firmata la pace nel 461 in seguito alla quale il giovane Teodorico Amalo, figlio di Teodemiro della dinastia Amali,
venne mandato a Costantinopoli come ostaggio, dove ricevette un'educazione romana.[2] Negli anni precedenti molti
Goti, guidati prima da Ardaburio Aspare e poi da Teodorico Strabone, prestarono servizio nell'esercito romano
diventando figure di primo piano in campo politico e militare alla corte di Costantinopoli. Il periodo compreso tra il
477 ed il 483 vide una lotta a tre tra Teodorico Amal, che successe al padre nel 474, Teodorico Strabone ed il nuovo
imperatore bizantino Zenone. Nel corso di questo conflitto le alleanze cambiarono pi volte, e buona parte dei
Balcani vennero devastati. Alla fine, dopo la morte di Strabone avvenuta nel 481, Zenone scese a patti con
Teodorico. Parte della Mesia e della Dacia vennero cedute ai Goti, e Teodorico venne nominato magister militum
praesentalis e Console nel 484.[3] Solo un anno dopo Teodorico e Zenone ripresero il loro conflitto, e di nuovo
Teodorico invase la Tracia saccheggiandola. Fu allora che Zenone pens di prendere due piccioni con una fava, ed
aizz Teodorico contro un altro vicino nemico dell'Impero, il regno italiano di Odoacre.
Regno ostrogoto
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Il regno di Odoacre
Per approfondire, vedi Odoacre.
Nel 476 Odoacre, un magister militum germanico, depose l'imperatore romano Romolo Augusto autoincoronandosi
rex Italiae ("Re d'Italia"), mentre restava ufficialmente sotto la sovranit dell'impero bizantino. Questo fatto venne
riconosciuto da Zenone nel 477 quando insign Odoacre del rango di Patrizio. Odoacre mantenne inalterato il sistema
amministrativo, cooperando attivamente con il Senato romano, ed il suo governo fu efficiente. Elimin i Vandali
della Sicilia tra il 477 e il 485 prima per vie diplomatiche poi con le armi, e nel 480 conquist la Dalmazia in seguito
alla morte di Giulio Nepote.[4][5]
Regno ostrogoto
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Essendo un regnante subordinato, Teodorico non aveva il diritto di emanare proprie leggi (leges) nel sistema del
diritto romano, ma solo editti (edicta), o precisazioni di alcuni dettagli.[9] La continuit dell'amministrazione
dimostrata dal fatto che molti ministri esperti di Odoacre, come Liberio e Cassiodoro, vennero tenuti al vertice delle
istituzioni nel nuovo impero.[10]
La stretta cooperazione tra Teodorico e la classe dirigente romana inizi ad entrare in crisi negli anni seguenti,
soprattutto dopo la ricomposizione della frattura ecclesiastica tra Roma e Costantinopoli, quando alcuni importanti
senatori cospirarono contro l'imperatore. Questo port all'arresto ed all'esecuzione del magister officiorum Boezio e
del fratellastro Simmaco nel 524.[11]
Il governo di Teodorico
Teodorico fu un uomo di grandi qualit e altruismo, e govern per trent'anni. Durante il suo regno l'Italia per 35 anni
ebbe buone fortune ed i suoi successori ereditarono la pace. Tutto quello che fece fu buono. Govern due razze
contemporaneamente, Romani e Goti, e nonostante fosse egli stesso ariano non attacc la religione cattolica;
organizz giochi nel circo e nell'anfiteatro, tanto che dai Romani venne chiamato Traiano o Valentiniano, due
imperatori da cui aveva tratto l'ispirazione; e dai Goti, a causa dell'editto in cui defin la legge, venne giudicato degno
dei migliori re.
Anonimoymus Valesianus, Excerpta II 59-60
D'altra parte, l'esercito e tutti gli ufficiali militari rimasero ad appannaggio dei Goti. I Goti erano insediati soprattutto
in Italia settentrionale, e si tennero distanti dai Romani, tendenza rafforzata dai loro differenti destini: i Goti erano
soprattutto ariani, mentre le persone che comandavano erano principalmente Calcedoniani. Nondimeno, e a
differenza di Visigoti e Vandali, esisteva un'ampia tolleranza religiosa, che venne estesa anche agli ebrei.[12] La
diplomazia di Teodorico viene ben dimostrata dalle sue lettere agli ebrei genovesi: "Il vero segno della civilitas
l'osservanza della legge. questo che rende possibile la convivenza comunitaria, e che separa gli uomini dai bruti.
Siamo lieti di accettare le vostre richieste di rinnovo dei privilegi garantiti a voi in precedenza..."[13] e "Non
possiamo imporre una religione, perch nessuno pu essere obbligato a credere contro la propria volont".[14]
L'editto di Teodorico
Nel 500 lo stesso Teodorico eman un editto nominato Edictum
Theodorici Regis composto da 154 articoli. Lo spirito alla sua base era
di origine romana, cos come le normative che lo componevano. Ad
esempio erano di estrazione latina quelle disposizioni che delegavano
ai tribunali civili le cause di natura economico-sociale, e a quelli
militari le cause in campo bellico. Solitamente, i primi erano retti da
magistrati romani e i secondi da generali goti. Difficilmente un romano
Il 30 settembre 489 Teodorico sconfigge Odoacre
compariva
davanti ad un giudice goto, a meno che l'altro contendente
(Antica pergamena)
non fosse goto. In questi casi al magistrato di estrazione gota ne veniva
affiancato un altro di origine romana. Il codice di leggi promulgate da Teodorico, quindi, si basava essenzialmente
sulla personalizzazione del diritto, ovvero: la legge applicata cambiava a seconda dell'appartenenza etnica.
I goti, secondo le leggi dell'hospitalitas reclamarono un terzo dei territori di cui rivendicavano il possesso essendone
rimasti gli unici difensori. Il sovrano era anche comandante supremo dell'esercito e lo richiamava alla mobilitazione
generale, che avveniva solitamente nel distretto immediatamente pi vicino al teatro bellico. I cittadini goti
provvedevano personalmente al loro equipaggiamento, ed i romani avevano l'obbligo di fornire ai militari di
passaggio vitto e alloggio gratuito.
Il senato romano mantenne le prerogative "puramente onorifiche" attribuitegli verso la fine dell'impero. Aveva
l'obbligo di offrire aiuto e sussidi alla plebe mediante distribuzioni settimanali di grano, ed i due consoli davano il
nome all'anno in corso. I senatori, in linea teorica, rappresentavano ancora il massimo organismo civile della citt,
ma in realt Teodorico li mise sotto tutela del praefectus urbi (a sua volta dipendente dal prefetto del pretorio di
Regno ostrogoto
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nomina regia) che estendeva la sua legislazione anche sulla composizione del senato.
Relazioni con gli stati germanici occidentali
Fu in politica estera, piuttosto che in
quella interna, che Teodorico apparve
come un governatore autonomo.
Attraverso alleanze strette grazie ai
matrimoni, tent di guadagnarsi una
posizione di primo piano tra gli stati
germanici occidentali. Come disse
Giordane: "...non vi fu razza tra i regni
occidentali con cui Teodorico non
abbia stretto amicizia o sottomesso
durante la sua vita".[15] Questo fu in
parte dovuto ad una cautela difensiva,
ed in parte per controbilanciare
l'influenza dell'Impero. Le figlie
vennero sposate al re Visigoto Alarico
II
ed
al
principe
Burgunde
[16]
Sigismondo,
la sorella Amalfrida
Impero di Teodorico - La mappa mostra i regni germanici nel 526, l'anno in cui mor
[17]
Teodorico. Oltre all'Italia, la Dalmazia e la Provenza, regn anche sui Visigoti
spos il re Vandalo Trasamondo,
mentre egli stesso prese in moglie
Audofleda, sorella del re Franco Clodoveo I.[18]
Queste politiche non furono sempre coronate dalla pace: Teodorico si trov in guerra contro Clodoveo quando
quest'ultimo attacc i domini dei Visigoti in Gallia nel 506. I Franchi vinsero in breve tempo, uccidendo Alarico
durante la battaglia di Vouill e sottomettendo l'Aquitania nel 507. A partire dal 508 Teodorico diede il via alle
campagne in Gallia, riuscendo a salvare la Settimania per conto dei Visigoti, estendendo il dominio ostrogoto nella
Gallia meridionale (Provenza) a spese dei Burgundi. Qui Teodorico ristabil l'antica Prefettura del pretorio delle
Gallie. Ora Teodorico aveva un confine condiviso con il regno visigoto dove, dopo la morte di Alarico, egli
governava in qualit di tutore del nipote neonato Amalarico.[19]
I legami familiari servirono a poco anche con Sigismondo che, essendo un seguace della chiesa Calcedoniana,
coltivava stretti legami con Costantinopoli. Teodorico giudic la cosa come una minaccia, e gli dichiar guerra, ma i
Franchi fecero la prima mossa invadendo la Burgundia nel 523, sottomettendola in poco tempo. Teodorico pot
reagire solo espandendo i suoi domini in Provenza a nord del fiume Durance, fino all'Isre.
La pace con i Vandali, assicurata nel 500 grazie al matrimonio con Trasamondo, ed i comuni interessi ariani contro
Costantinopoli, collass dopo la morte di Trasamondo avvenuta nel 523. Il suo successore, Ilderico, mostr di
preferire i cattolici di Nicea e, quando Amalfrida protest, Ilderico fece uccidere lei e la sua corte. Teodorico stava
preparando una spedizione vendicativa quando mor.[20]
Relazioni con l'impero
I rapporti con l'impero
Regno ostrogoto
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Sta a noi, clemente imperatore, cercare la pace, visto che non ci sono motivi per odiarci. [...] La nostra regalit
un'imitazione della vostra, modellata sui vostri buoni propositi, una copia dell'unico impero; e dal momento che vi
seguiamo, eccelliamo sulle altre nazioni. Spesso mi avete costretto ad amare il Senato, per accettare cordialmente le
leggi dei passati imperatori, per fonderci in una cosa unica con tutto il resto d'Italia. [...] C' qualcosa oltre ai nobili
sentimenti, all'amore per la citt di Roma, per cui due principi, che entrambi governano in suo nome, non dovrebbero
essere divisi.
Lettera di Teodorico ad Anastasio
Cassiodorus, Variae I.1
I rapporti di Teodorico con chi gli garantiva la nomina di reggente, l'impero romano d'Oriente, furono sempre tesi,
sia in senso politico sia per ragioni religiose. Soprattutto durante il regno di Anastasio, questi problemi portarono a
numerosi scontri, nessuno dei quali si trasform in guerra. Nel 504-505 le forze di Teodorico lanciarono una
campagna per riconquistare la Pannonia e la strategica citt di Sirmio, in precedenza parte della Prefettura del
pretorio d'Italia, occupata in quel periodo dai Gepidi. La campagna ebbe successo, ma port anche ad un breve
conflitto con le truppe imperiali vinto dai Goti e dai loro alleati. Lo scisma acaciano intercorso tra i patriarcati di
Roma e Costantinopoli, causato dal supporto dell'impero all'Enotico e dalle credenze monofisiche di Anastasio,
aiutarono Teodorico, visto che il clero e l'aristocrazia romana dell'Italia, guidata da Papa Simmaco, li contrast con
vigore. Per un certo periodo Teodorico non pot contare sul loro supporto. La guerra tra Franchi e Visigoti port a
nuove frizioni tra Teodorico e l'imperatore, visto che Clodoveo si present come campione della Chiesa Cattolica
che combatteva contro gli "eretici" Goti ariani. Alla fine questo caus una spedizione navale ordinata da Anastasio
nel 508, che devast le coste dell'Apulia.[21]
Con la salita al potere di Giustino I nel 518, vennero intraprese relazioni pi armoniose. Eutarico, genero di
Teodorico e successore designato, venne nominato Console nel 519, mentre nel 522, per celebrare la ricomposizione
dello scisma acaciano, Giustino permise ad entrambi i consoli di essere nominati da Teodorico.[22] In breve tempo,
un rinnovato clima di tensione port ad una legislazione Giustina contro l'arianesimo, ed aumentarono le tensioni tra
i Goti ed il Senato i cui membri, come i Calcedoniani, divennero fedeli all'imperatore. I sospetti di Teodorico
vennero confermati con l'intercettazione di un epistolario compromettente tra i principali senatori e Costantinopoli.
In seguito a questo fatto venne imprigionato ed ucciso Boezio nel 524. Papa Giovanni I venne mandato a
Costantinopoli per mediare per conto degli ariani e, nonostante riusc nella sua missione, al suo ritorno venne
imprigionato e mor poco dopo. Questi eventi acuirono ulteriormente le tensioni del popolo contro i Goti.[23]
Regno ostrogoto
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[Amalasunta] temeva di essere detronizzata dai Goti a causa della debolezza del suo sesso. Cos dopo averci pensato a
lungo decise [...] di chiamare il cugino Teodato di Tuscia, dove si era ritirato a vita privata, e lasciare che questi
prendesse le redini del popolo. Ma egli non si ricord della parentela e, dopo poco tempo, la fece trasferire da Ravenna
ad un'isola nel lago di Bolsena dove visse in esilio. Dopo aver passato molti giorni di dolore, venne strangolata in
bagno dai suoi domestici.
Giordane, Getica 306
Venne creata una cospirazione tra i Goti con il fine di detronizzarla. Amalasunta decise di muovere battaglia contro
di loro ma, per precauzione, prepar anche la fuga a Costantinopoli, e scrisse a Giustiniano chiedendo protezione.
Decise di giustiziare i tre cospiratori, e la sua posizione rimase sicura finch, nel 533, la salute di Atalarico inizi a
peggiorare seriamente. Amalasunta si rivolse all'unico parente rimastole, il cugino Teodato, in cerca di aiuto. Nel
frattempo mand ambasciatori da Giustiniano proponendo di cedergli l'Italia. Giustiniano invi uno dei suoi pi abili
agenti, Pietro di Tessalonica, per svolgere le negoziazioni, ma prima che questi entrasse in Italia Atalarico mor (il 2
ottobre 534), ed Amalasunta dovete incoronare Teodato nel tentativo di assicurarsi la sua protezione, ma ottenendo
di venire da lui deposta ed imprigionata. Teodato, uomo pacifico, invi subito dei messaggeri da Giustiniano per
comunicargli la sua ascensione al trono, e per rassicurarlo riguardo alla salute di Amalasunta.[26]
Giustiniano reag offrendo il suo aiuto alla regina deposta, ma all'inizio di maggio del 535 venne giustiziata.[27]
Questo crimine fu un ottimo pretesto per Giustiniano, fresco della vittoria sui Vandali, per poter invadere il regno
ostrogoto.[28] Teodato tent di evitare la guerra, spedendo messaggeri a Costantinopoli, ma Giustiniano era gi
pronto a reclamare l'Italia. Solo la rinuncia al trono di Teodato, e la consegna del suo regno all'impero, avrebbero
evitato la guerra.
L'esilio e l'assassino di Amalasunta fu il casus belli che permise a Giustiniano di invadere l'Italia. Il generale
incaricato di dirigere le operazioni fu Belisario, che da poco aveva combattuto con successo contro i Vandali. Per
assolvere il nuovo incarico, Belisario chiese proprio a costoro di appoggiarlo nell'imminente guerra contro gli
Ostrogoti.
Il generale bizantino conquist velocemente la Sicilia, per poi occupare Rhegium (Reggio Calabria) e Napoli prima
del novembre 536. A dicembre era a Roma, costringendo alla fuga il nuovo Re dei Goti Vitige che da poco era stato
chiamato a sostituire Teodato.
Rimase fermo a lungo a Roma poi, grazie a rinforzi giunti da Costantinopoli, il generale sped Narsete a liberare
Ariminum (Rimini), e Mundila a conquistare Mediolanum (Milano). I conflitti interni fra Narsete e Belisario fecero
s che Milano, assediata, dovette capitolare per fame venendo saccheggiata da 30.000 Goti che, guidati da Uraia,
trucidarono gli abitanti (539).
Nel frattempo erano arrivati in Italia anche i Franchi ed i Burgundi, discesi nella Pianura Padana al comando di
Teodeberto. Belisario riusc ad espugnare Ravenna, capitale degli Ostrogoti e a catturare Vitige. Anche la presa di
Ravenna fu violenta e distruttiva. I Goti tentarono di comprare Belisario offrendogli la corona, ma egli rifiut.
Giustiniano, spaventato, richiam in patria Belisario lasciando campo libero ai Goti. Nel 541 sal al potere Totila,
che si fece amici gli italiani grazie ad una politica agraria di eguaglianza, riconquistando l'Italia settentrionale. Totila
arriv fino a Roma assediandola e conquistandola; per la sua difesa venne richiamato Belisario che la riprese nel
547. Giustiniano, dopo aver richiamato Belisario, lanci nel 549 una nuova campagna di conquista dell'Italia, con a
capo Germano. Durante la riconquista di Roma guidata da Narsete, Totila venne ferito e mor poco dopo. Il
successore di Totila fu Teia che, sconfitto velocemente (553), fu anche l'ultimo re dei Goti.
La Prammatica Sanzione del 554 ricondusse tutti i territori dell'Italia sotto la legislazione dell'Impero bizantino, e
reintegr tutti i proprietari terrieri delle terre alienate dall'"immondo" Totila a favore dei contadini.
Regno ostrogoto
Cultura
Architettura
A causa della breve storia del regno, l'arte
dei due popoli non sub una fusione. Sotto il
patrocinio di Teodorico ed Amalasunta,
comunque, vennero svolti numerosi restauri
di edifici dell'antica Roma. A Ravenna
vennero costruite nuove chiese ed edifici
monumentali, molti dei quali sono tuttora in
piedi. La Basilica di Sant'Apollinare Nuovo,
il suo battistero, e la Cappella Arcivescovile
Il palazzo di Teodorico, rappresentato sulle mura di Sant'Apollinare Nuovo. Le
seguono uno stile architettonico tardo
figure tra le colonne, rappresentanti Teodorico e la sua corte, vennero rimosse dopo
la riconquista dell'impero bizantino
romanico, mentre il Mausoleo di Teodorico
mostra elementi puramente gotici, tipo il
mancato uso di mattoni a cui vennero preferiti blocchi di calcare istriano, o il tetto in monoblocco di pietra da 300
tonnellate.
Letteratura
Buona parte dei lavori di letteratura gotica (redatti durante il regno ostrogoto) sono in lingua latina, nonostante alcuni
dei pi vecchi siano stati tradotti in greco ed in gotico (ad esempio il Codex Argenteus). Cassiodoro, provenendo da
un contesto diverso, ed esso stesso incaricato di compiti importanti nelle istituzioni (console e magister officiorum),
rappresenta la classe dirigente romana. Come molti altri con le stesse origini, serv lealmente Teodorico ed i suoi
eredi, come descritto nelle sue opere del tempo. Il suo Chronica, usato in seguito da Giordane per il proprio Getica,
ed altri panegirici scritti da lui e da altri romani per i re Goti del tempo, vennero redatti sotto alla protezione dei
signori Goti stessi. La sua posizione privilegiata gli permise di compilare il Variae Epistolae, un epistolario di
comunicazioni di stato, che ci permette un'ottima conoscenza della diplomazia gotica del tempo. Boezio un'altra
importante figura del tempo. Ben educato e proveniente da una famiglia aristocratica, scrisse di matematica, musica
e filosofia. Il suo lavoro pi famoso, il De consolatione philosophiae, venne scritto mentre si trovava imprigionato
con l'accusa di tradimento.
34
Regno ostrogoto
Note
[1]
[2]
[3]
[4]
[5]
[6]
Herwig Wolfram, History of the Goths, p. 289. University of California Press, 1990.
Giordane, Getica, 271
Bury (1923), Cap. XII, pp. 413-421
"In quel tempo, Odovacar sconfisse ed uccise Odiva in Dalmatia", Cassiodoro, Chronica 1309, s.a.481
Bury (1923), Cap. XII, pp. 406-412
Bury (1923), Cap. XII, p. 422
35
Regno ostrogoto
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Fonti
Fonti primarie
Procopio, De Bello Gothico, Volumi I-IV
Giordane, De origine actibusque Getarum ("Origine e azioni dei Goti"). traduzione di Charles C. Mierow (http://
www.ucalgary.ca/~vandersp/Courses/texts/jordgeti.html)
Cassiodoro, Chronica
Cassiodoro, Varia epistolae (http://www.gutenberg.org/etext/18590) ("Lettere"), presso il Progetto Gutenberg
Anonymus Valesianus, Excerpta, Par. II (http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/
Excerpta_Valesiana/2*.html)
Fonti secondarie
Edward Gibbon, History of the Decline and Fall of the Roman Empire Vol. IV, Capitoli 41 (http://www.
worldwideschool.org/library/books/hst/roman/TheDeclineandFallofTheRomanEmpire-4/chap9.html) e 43
(http://www.worldwideschool.org/library/books/hst/roman/TheDeclineandFallofTheRomanEmpire-4/
chap19.html)
Thomas S. Burns, A History of the Ostrogoths, Boomington, 1984.
John Bagnell Bury, History of the Later Roman Empire Vol. I & II (http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/
Roman/Texts/secondary/BURLAT/home.html), Macmillan & Co., Ltd., 1923.
Altri progetti
Collegamenti esterni
Rubrica di storia e cultura degli Ostrogoti in Italia (http://italia-ostrogota.ilcannocchiale.it)
Portale Antica Roma
Portale Germani
Atalarico
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Atalarico
Atalarico, in gotico Aalareiks e in tedesco Athalaric (516 2 ottobre 534) fu re degli Ostrogoti e re d'Italia dal 526
al 534.
Biografia
Atalarico, figlio di Eutarico (morto nel 522) e di Amalasunta, figlia di Teodorico, nacque nel 516[1]
Fu designato suo successore dal nonno Teodorico ma Amalasunta, essendo il figlio molto giovane, tenne le vere
redini del potere. Non sopportando la reggenza di una donna, n l'educazione romana impartita al ragazzo, n i
rapporti ossequiosi di Amalasunta verso Bisanzio e neppure il suo spirito conciliante verso i romani, la nobilt gota
riusc a strapparle il figlio e a educarlo secondo le usanze del suo popolo.
Il giovane, per, non resistette a ci e mor. Allora Amalasunta, che voleva mantenere il potere, spos Teodato, duca
di Tuscia e uno dei capi del partito nazionale. Costui, per, la releg in un'isola del lago di Bolsena, dove poi la fece
uccidere da un suo sicario nel 535.
Note
[1] Jordanes, nel De origine actibusque Getarum, LIX, 304 scrive che alla morte di Teodorico, nel 526, aveva dieci anni: Athalaricum
infantulum adhuc vix decennem, e nel De origine actibus gentis Romanorum, 367, afferma che Atalarico regn otto anni fino alla morte
avvenuta nel 534: octo annos quamvis pueriliter vivens matre tamen regente Amalasuentha degebat.
Predecessore
Re degli Ostrogoti
Successore
Teodorico
526-534
Teodato
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Teodorico
526-534
Teodato
Portale Germani
Portale Medioevo
Teodato
38
Teodato
Teodato (Tauresio, 482 536) fu re degli Ostrogoti, Duca di Tuscia e re d'Italia dal 534 al 536.
Teodato
534
536
Predecessore Atalarico
Successore
Vitige
Nascita
Morte
536
Nato a Tauresium, vicino all'odierna Skopje (in Macedonia), Teodato (Thiudahad nelle lingue germaniche) fu Duca
di Tuscia e nipote di Teodorico, in quanto nato dalla sorella Amalafrida, venne associato al trono dalla cugina
Amalasunta. Dopo averla esiliata e fatta uccidere sul lago di Bolsena, tent inutilmente di contrastare la reazione di
Giustiniano. Dopo che il generale bizantino Belisario ebbe conquistato Napoli nel 536, Teodato fu rovesciato dagli
stessi goti, che elessero Vitige come suo successore.
Fuggito precipitosamente verso Ravenna con l'intenzione d'imbarcarsi successivamente verso Costantinopoli, venne
fatto inseguire dall'appena eletto Vitige che non poteva permettersi di lasciare Teodato libero di agire. Raggiunto dai
sicari del nuovo re e prima che potesse rifugiarsi a Ravenna, fu scannato sul posto.
Procopio di Cesarea ci ha lasciato un ritratto di Teodato profondamente negativo: esso viene descritto come un
principe avido e codardo, e che era impopolare sia tra l'elemento romano che tra quello goto.
Altri progetti
Re degli Ostrogoti
Successore
Atalarico
534-536
Vitige
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Atalarico
534 - 536
Vitige
Portale Biografie
Portale Medioevo
Teodato
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Note
[1] http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Pagina_principale?uselang=it
[2] http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Category:Theodahad?uselang=it
Vitige
Vitige (... Costantinopoli, 540) fu re degli Ostrogoti e re d'Italia dal 536 al 540.
Biografia
L'ascesa al trono
Vitige non era di famiglia nobile. Generale dell'esercito ostrogoto, fu eletto re al posto di Teodato (534), lo fece
eliminare (sulla strada tra Roma e Ravenna) e poi ne prese il posto a Ravenna. Spos l'unica figlia della regina
Amalasunta, Matasunta (536), creando cos un legame con la famiglia di Teodorico.
Guerra gotica
Nel 535 l'esercito di Giustiniano I aveva conquistato la Sicilia e sotto il comando di Belisario in quel momento si
trovava nel sud dell'Italia. Vitige riorganizz l'esercito e nel 537 assedi Roma facendo tagliare tutti gli acquedotti
cha portavano l'acqua alla citt. Nel marzo del 538 fu costretto ad interrompere l'assedio per riprendere le operazioni
militari nel nord Italia, dove il generale Giovanni stava rapidamente avvicinandosi a Ravenna.
Nel 540 Belisario attacc la capitale degli Ostrogoti. Vitige fu preso prigioniero e fu portato assieme alla moglie a
Costantinopoli dove mor senza eredi. La sua successione era destinata al nipote Uraia, che tuttavia prefer cedere il
posto a Ildibaldo[1].
Dopo la sua morte Matasunta spos Germano Giustino, un cugino dell'imperatore.
Note
Predecessore
Re degli Ostrogoti
Successore
Teodato
536-540
Ildibaldo
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Teodato
536 - 540
Ildibaldo
Portale Biografie
Portale Medioevo
Ildibaldo
40
Ildibaldo
Ildibaldo, detto anche Ildibad o Hildebad o Heldebadus (... 541), fu re degli Ostrogoti e re d'Italia dal 540 al
541.
Biografia
Ildibaldo era in realt un visigoto nipote del re dei visigoti di Spagna, Teudi.
Fu scelto da Uraia (originale erede al trono)[1] per sostituire Vitige che era stato coinvolto da Belisario in complicati
intrighi di corte ed aveva dovuto lasciare Ravenna.
Regn solo per circa un anno prima di essere ucciso nel 541 da un gepido durante un banchetto di corte. Gli
succedette per un breve periodo Erarico e quindi il nipote Totila.
Note
Predecessore
Re degli Ostrogoti
Successore
Vitige
540-541
Erarico
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Vitige
540 - 541
Erarico
Portale Biografie
Portale Germani
Portale Medioevo
Erarico
41
Erarico
Erarico (Heraric, Ariaric) (... novembre 541) fu re degli Ostrogoti e re d'Italia nel 541.
Fu eletto re degli Ostrogoti dai Rugi nel giugno del 541, dopo l'assassinio di Ildibaldo. I Goti, per, stanchi e irritati
dalla sua inettitudine e credendo che avesse stretto accordi segreti con i Bizantini, offrirono la corona al nipote
Totila. Dopo cinque mesi di regno, Erarico fu eliminato da una congiura.
Predecessore
Re degli Ostrogoti
Successore
Ildibaldo
541
Totila
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Ildibaldo
541
Totila
Portale Biografie
Portale Germani
Portale Medioevo
Portale Storia
Totila
Totila, attestato anche come Baduila[1] (... loc. Caprara di Gualdo
Tadino, luglio 552), fu re degli Ostrogoti e re d'Italia dal 541 al 552.
Biografia
Totila ("l'immortale" in lingua gota) sal al trono dopo la morte di suo
zio Ildibaldo e l'assassinio di suo cugino Erarico. Dopo le pesanti
sconfitte subite contro il generale Belisario e dopo la conseguente
cattura di Vitige nel 540, gli Ostrogoti riuscirono faticosamente a
tenere in vita uno stato a nord del fiume Po. Totila era il comandante
della truppe gote presso Treviso e fu probabilmente nominato re
intorno alla met del 541.
Totila
Totila
42
Totila
Narsete si dispose ad "arco", con la fanteria formata dai longobardi e dagli eruli nel centro e ai lati gli arcieri con alle
spalle la cavalleria. Totila dispose i suoi arcieri di fronte con la cavalleria alle spalle. Inizialmente, un gruppo di
disertori bizantini si un agli ostrogoti e iniziarono un combattimento corpo a corpo, ma furono sconfitti, a questo
punto comparve Totila che esegu una danza di guerra o un esercizio equestre (le testimonianze sono vaghe su questo
punto). Dopo che furono arrivati in rinforzo a Totila 2000 cavalieri, tutta l'armata ostrogota pranz, infatti il re
voleva provocare un crollo di morale nell'esercito bizantino. Ovviamente Narsete era pronto a questo e mosse i suoi
arcieri e fece attaccare la cavalleria sui lati dello schieramento avversario, provocando enormi perdite. Nel primo
pomeriggio gli ostrogoti erano completamente disorganizzati e quando Narsete ordin un'avanzata generale,
scapparono e si dispersero. Gli ostrogoti subirono un totale di 6000 vittime.
Lo stesso Totila fu ferito dalle frecce dei tiratori dell'esercito bizantino e con pochi fedeli seguaci fugg verso Caprae
(Caprara di Gualdo Tadino) dove mor per le ferite riportate in battaglia; gli Ostrogoti si riunirono sotto l'ultimo re
Teia. Tuttavia, a causa della perdita della maggior parte della cavalleria che non pot pi offrire una resistenza
adeguata, il sogno degli Ostrogoti di un'affermazione in Italia ebbe fine, mentre Totila continu a vivere da figura
eroica.
La probabile tomba di Totila stata rinvenuta nel XVIII secolo a Matelica, presso il Piano dei cavalieri, chiamato in
origine Piano delle tombe o delle capre. L'identificazione avvenuta tramite il percorso e la descrizione della
battaglia fornita dal cronista Procopio di Cesarea. Nella cripta, di chiara origine gota, fu ritrovato un cadavere
tumulato secondo le usanze dei nobili goti, con un anello d'oro al dito, quattro corpi di soldati di guardia e una spada.
Note
[1] Sebbene Totila sia quello pi usato dagli storici, in realt Baduila (o anche Badunila, Baduela) il nome pi corretto essendo attestato nella
monetazione dell'epoca. La questione dei due nomi non ha ancora trovato una spiegazione esauriente (qualcuno ha ipotizzato una ragione
"fonetica").
[2] C.Fleury,Storia Ecclesiastica,t.IV,p.189,Genova,1749.
Fonte
Procopio di Cesarea, La guerra gotica
Bibliografia
Thomas Hodgkin, La battaglia degli Appennini fra Totila e Narsete (a.D. 552), (Trad. di C. Santi Catoni), in "Atti
e mem. della R. Dep. di st. patria per le prov. di Romagna", 3. ser., vol. 2 (1883/1884), pp. 35-70.
Thomas Hodgkin, Italy and her invaders, 3: Book 4: The Ostrogothic invasion: 476-535, 2. ed., Clarendon press,
Oxford 1896.
Gino Sigismondi, La battaglia tra Narsete e Totila nel 552 d.C. in Procopio, in "Bollettino della deputazione di
storia patria per l'Umbria", vol. 65, 1968,
Valerio Anderlini, La battaglia di Tagina in Procopio e nella toponomastica locale, Gualdo Tadino 1985
Herwig Wolfram, Die Goten: von den Anfangen bis zur Mitte des sechsten Jahrhunderts Entwurf einer
historischen Ethnographie, Beck, Munchen 1990'. Ed. it.: Storia dei Goti, (Biblioteca storica; 2) Salerno ed.,
Roma 1985. ISBN - 88-85026-70-2.
Mauro Ambrosi, Perch Tagina? dalla 'Guerra gotica' di Procopio alla ricerca del sito in cui Narsete ha
sconfitto Totila (552 d.C.), Sassoferrato 1999
Marisa Padoan - Franco Borella, Busta Gallorum: la battaglia tra Totila e Narsete del 552 d.C.: i cronisti,
l'ambiente, la vicenda, 2 voll. , Mestre-Venezia 2002
43
Totila
44
Altri progetti
Collegamenti esterni
Le sepolture regie del regno italico (secoli VI-X) - Totila (541-552) (http://sepolture.storia.unipd.it/index.
php?page=scheda&id=8)
Totila durante la battaglia finale a Gualdo Tadino (http://www.ilpalo.com/libri-scientifici-interessanti/libri/
Procopio-di-Cesarea-La-Guerra-gotica.htm)
Predecessore
Re degli Ostrogoti
Successore
Erarico
541-552
Teia
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Erarico
541 - 552
Teia
Portale Biografie
Portale Germani
Portale Medioevo
Teia (re)
Teia (Teja, Theia, Thila, Thela o Teias; ... presso Nuceria Alfaterna, 553) fu l'ultimo re degli Ostrogoti in Italia dal
552 al 553.
Biografia
Sembra che fosse un ufficiale che serv sotto Totila e che venisse poi scelto come suo successore dopo che Totila era
stato ucciso nella battaglia di Tagina (battaglia di Busta Gallorum). Si rec in Italia meridionale, dove ottenne il
supporto di importanti personaggi quali Scipuar, Gundulf (Indulf), Gibal e Ragnaris con l'intento di chiudere la
partita con i bizantini del generale Narsete. Si accamp sulle rive del Sarno. I due eserciti si scontrarono ai Monti
Lattari, a sud di Napoli, presso Angri o Sant'Antonio Abate, nell'ottobre del 552 o agli inizi del 553. Lo scontro
definitivo avvenne nella valle del Sarno, a qualche chilometro da Pompei. L'armata ostrogota fu sconfitta di nuovo e
Teia fu ucciso nelle prime fasi della battaglia, colpito da un giavellotto ben mirato, mentre il fratello Aligerno si
arrese al nemico. Anche Scipuar e Gibal furono probabilmente uccisi. Gundulf e Ragnaris, invece, riuscirono a
scappare, ma il secondo dei due fu ferito a morte da un sicario di Narsete.
Procopio narra che quando il cadavere di Teia venne riconosciuto fu decapitato e la sua testa innalzata su un'asta
affinch i due eserciti la vedessero. In questo modo i Bizantini sarebbero stati incitati a combattere, mentre gli
Ostrogoti, alla vista del proprio sovrano morto, si sarebbero convinti ad arrendersi. Tuttavia ci non accadde e la
battaglia continu a protrarsi fino al tramonto del giorno dopo quando i pochi superstiti decisero di negoziare.
Firmarono un trattato di pace con il quale accettavano di abbandonare l'Italia e si impegnavano a non fare mai pi
guerra all'Impero. La disperata battaglia sotto il Vesuvio segn la loro sconfitta definitiva. L'ambizione di
Giustiniano di riappropriarsi dell'Italia si era realizzata.
Teia (re)
45
Bibliografia
Agnello Ravennate, Liber pontificalis Ecclesiae Ravennatis, 79, p. 331
Procopio di Cesarea, La guerra gotica, IV 35
John Julius Norwich, "BISANZIO" Splendore e decadenza di un Impero, pagg. 91 e 92
Voci correlate
Storia d'Italia
Guerra Gotica
Battaglia dei Monti Lattari
Predecessore
Re degli Ostrogoti
Successore
Totila
552-553
titolo soppresso
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Totila
552 - 553
Portale Biografie
Portale Medioevo
46
535 - 553
Luogo
Italia, Dalmazia
Esito
Vittoria bizantina
Schieramenti
Ostrogoti
Impero romano d'Oriente Franchi
Alemanni
Comandanti
La guerra gotica (535-553) fu un lungo conflitto che contrappose l'Impero bizantino agli Ostrogoti nella contesa di
parte dei territori che fino al secolo precedente erano parte dell'Impero romano d'Occidente. La guerra fu il risultato
della politica dell'imperatore bizantino Giustiniano I, gi messa in atto precedentemente con la riconquista
dell'Africa contro i Vandali, mirante a riconquistare all'impero le province italiane e altre regioni limitrofe
conquistate da Odoacre prima e dagli Ostrogoti (Goti orientali) di Teodorico il Grande alcuni decenni prima.
Il conflitto ebbe inizio nel 535 con lo sbarco in Sicilia di un esercito bizantino sotto il generale Belisario; risalendo la
penisola le forze di Belisario ebbero ragione delle truppe gote dei re Teodato prima e di Vitige poi, conquistando
molte importanti citt tra cui le stesse Roma e Ravenna. L'ascesa al trono goto di Totila ed il richiamo di Belisario a
Costantinopoli portarono alla riconquista da parte dei Goti di molte delle posizioni perdute; solo con l'arrivo di una
nuova armata sotto il generale Narsete le forze imperiali poterono riprendersi, e dopo la morte in battaglia di Totila e
del suo successore Teia la guerra si concluse nel 553 con una completa vittoria per i Bizantini.
Contesto storico
Nel 476 Odoacre, il generale delle truppe mercenarie barbariche dell'esercito romano d'Occidente in Italia, depose
l'ultimo imperatore romano d'Occidente, Romolo Augusto, assumendo il governo dell'Italia nominalmente sotto
l'autorit dell'Imperatore d'Oriente Zenone ma di fatto governando autonomamente; durante il suo regno Odoacre
difese con successo l'Italia dai Visigoti e dai Vandali, recuperando la Sicilia. Contrasti con Zenone convinsero
tuttavia quest'ultimo a spingere il re degli Ostrogoti Teodorico, che stava devastando le province balcaniche
dell'Impero, a invadere l'Italia e porre fine al regime di Odoacre. Nel 489 Teodorico invase l'Italia con circa
100.000-125.000 goti di cui 25.000 guerrieri e, dopo una guerra di cinque anni, conquist interamente la penisola
rovesciando Odoacre. Il regno ostrogoto in Italia fu caratterizzato da molti risultati positivi, come il ristabilimento di
parte dell'antica prosperit dell'Italia e la conquista di vari territori dell'ex Impero romano d'Occidente, come la
Provenza, il Norico e la Pannonia. Il sistema statale tardo-romano non venne abolito: le cariche civili (come i
governatori civili delle province, i vicari delle diocesi e il prefetto del pretorio) continuarono ad essere esercitate da
cittadini romani, sebbene la loro autonomia fosse limitata da un funzionario goto detto "conte". Teodorico,
nonostante fosse di fede ariana, come del resto il suo popolo, si dimostr tollerante nei confronti dei suoi sudditi
romani e cattolici.
Deceduto Teodorico (526), il trono fu ereditato dal nipote Atalarico
sotto la reggenza della madre Amalasunta; perito anche Atalarico in
tenera et, Amalasunta fu costretta a condividere il trono con Teodato
(534).[1] Nel frattempo (527) era asceso sul trono dell'Impero romano
d'Oriente un nuovo ambizioso imperatore, Giustiniano I, che ambiva
alla riconquista dei territori che un tempo appartenevano alla pars
occidentis. Conclusa una pace con la Persia (532), Giustiniano decise
di riconquistare l'Africa, finita in mano ai Vandali: la spedizione,
affidata al generale Belisario, si risolse con un successo e con
l'annessione dell'Africa vandalica all'Impero. Nel frattempo
Giustiniano strinse relazioni amichevoli con Amalasunta, con cui
sembra avesse avviato trattative per la cessione dell'Italia all'Impero.[]
Teodato (qui raffigurato in una moneta antica)
Le tendenze filo-bizantine di Amalasunta erano per osteggiate da
depose la reggente ostrogota Amalasunta, alleata
di Giustiniano che ebbe cos un pretesto per
parte dei Goti e nel 535 Teodato, messosi d'accordo con la frangia
dichiarare guerra al nuovo re ostrogoto.
anti-bizantina dei Goti, organizz un colpo di stato con cui rovesci ed
esili Amalasunta in un'isola del Lago di Bolsena; quest'ultima venne
poi strangolata per ordine di Teodato quello stesso anno.[] Giustiniano, alleato di Amalasunta, colse il pretesto per
dichiarare guerra ai Goti.
Forze in campo
47
Regno ostrogoto
Il regno ostrogoto nel 537 poteva contare probabilmente su 30.000 soldati, stima degli studiosi moderni che hanno
ritenuto non credibile ed esagerata la cifra di 150.000 soldati fornita da Procopio.[] A causa delle sconfitte subite, il
numero si assottigli a circa 1.000 soldati nel 540.[] L'ascesa di Totila e la discordia tra i generali imperiali in seguito
alla partenza di Belisario risollev l'esercito goto, che gi nel 542 poteva contare su 5.000 soldati.[] A causa della
politica di affrancamento dei servi (che poi venivano arruolati nell'esercito goto) attuata da Totila e dell'accoglimento
dei disertori imperiali, l'esercito ostrogoto si accrebbe di molto, fino a raggiungere i 15.000 soldati nel 552.[] Le
sconfitte inflitte da Narsete nel 552 portarono tuttavia alla rapida disgregazione dell'esercito goto. Si ignora il vero
numero delle armate franco-alemanne che nel 553-554 invasero la Penisola accorrendo in soccorso delle ultime
sacche di resistenza ostrogota: Agazia riporta la non attendibile cifra di 75.000 guerrieri, una cifra troppo alta per
essere reputata credibile.[5]
L'esercito goto era costituito prevalentemente da cavalieri, anche se esistevano alcuni reggimenti di fanteria; la loro
cavalleria era corazzata e usava come armi da combattimento spada e lancia.[6] L'esercito goto era relativamente
inferiore a quello bizantino, soprattutto per quanto riguarda la flotta e le tattiche negli assedi. Nella prima fase del
conflitto i Goti mostrarono pi volte di non padroneggiare appieno le macchine e le tattiche di assedio, errori che
spesso risultarono in insuccessi e in perdite consistenti. Nonostante l'iniziale superiorit numerica dei Goti sui
Bizantini, l'uso sapiente dei centri fortificati da parte di questi ultimi, oltre alla loro abilit nello scagliare frecce da
cavallo, permise loro di logorare le forze assedianti gotiche, che subivano perdite consistenti negli assalti e in piccoli
scontri fuori le mura.[7] Per quanto riguarda la flotta, quella ostrogota era molto inferiore rispetto a quella imperiale e
nella prima fase del conflitto non pot impedire a quest'ultima di rifornire i soldati e le citt assediate. Totila, quando
ascese al trono nel 541, comprese gli errori tattici dei suoi predecessori e cerc di non ripeterli, evitando per quanto
48
49
possibile gli assalti alle mura e costringendo le citt alla resa per fame. Inoltre, una volta conquistata una citt, ne
abbatteva le mura, per evitare di doverla assediare di nuovo se i Bizantini se ne fossero nuovamente impadroniti e
per costringere il nemico alla battaglia campale;[8] inoltre, compresa l'importanza della flotta (che i suoi predecessori
avevano trascurato), la potenzi al punto che inizi ad essere una seria minaccia per quella imperiale.[9] La flotta
ostrogota fu determinante negli assedi di Napoli e di Roma e nella conquista ostrogota di Sicilia, Sardegna e Corsica,
e inizi persino a compiere incursioni piratesche nell'Illirico e in Dalmazia, anche se si dimostr ancora inferiore a
quella imperiale in una battaglia navale al largo di Senigallia, dove sub pesanti perdite.
Belisario, dopo aver sottomesso la Sicilia, si prepar a invadere anche la penisola italica. Salpando da Messina, fece
rotta verso Reggio Calabria dove era pronto ad attenderlo un esercito goto sotto il comando di Ebermore, il genero di
Teodato; tuttavia Ebermore non oppose resistenza e disert.[15][16] Belisario si diresse poi verso Napoli, non
trovando quasi alcuna opposizione durante il suo tragitto: gli abitanti della Calabria, scontenti del malgoverno goto,
si arresero facilmente ai Bizantini, adducendo come pretesto il cattivo stato delle mura.[15][16]
Durante lassedio di Napoli Belisario diede udienza ai deputati del popolo, che lo esortarono a cercare il re goto,
vincerlo e rivendicare come propria Napoli e le altre citt, invece di perdere tempo ad assediarla.[] La citt resistette
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all'assedio per pi di 20 giorni e capitol solo grazie alla scoperta, ad opera di un isaurico facente parte dellesercito
bizantino, di un acquedotto da cui si poteva aprire un passaggio per entrare in citt; la notte dopo dunque 400 soldati
bizantini entrarono nel cuore della citt attraverso lacquedotto e riuscirono nellimpresa di aprire le porte ai loro
compagni.[17] Il saccheggio fu per limitato per volont di Belisario, che ferm i suoi soldati mentre stavano
massacrando la popolazione, dicendo loro di fare incetta di oro e argento, premio per il loro valore, ma di risparmiare
gli abitanti, che erano cristiani come loro.[17]
Nel frattempo Teodato, a causa della sua inazione, venne ucciso e gli succedette Vitige.[18] Belisario, dopo aver fatto
fortificare Cuma e Napoli,[19] si diresse verso Roma dove, nel 536, venne acclamato come un liberatore, e gli furono
aperte le porte nonostante la presenza delle guarnigioni di Ostrogoti in citt.[] Il capitano della guarnigione gota,
Leutari, venne inviato a Costantinopoli per consegnare le chiavi della Citt Eterna a Giustiniano.[] La liberazione di
Roma dai barbari venne festeggiata con i Saturnali, e Belisario decise di marciare oltre sottomettendo anche citt
come Narni, Perugia e Spoleto.[]
Vitige non era comunque disposto ad arrendersi e preparava la riconquista di Roma: a due miglia dalla citt Bizantini
e Goti combatterono una battaglia che vide prevalere i primi, i quali uccisero pi di mille nemici e li costrinsero alla
fuga.[20] Si diffuse il timore, poi rivelatosi infondato, che Belisario fosse morto in battaglia:[20] in realt il generale
era stato solo ferito.[20] Tuttavia i Goti non si arresero e tornarono ad assediare la citt: lassedio dur per un anno ma
fall,[21] ed i Goti furono costretti a ritirarsi con gravi perdite (si dice che circa 1/3 dellesercito goto and distrutto).[]
Essendo in inferiorit numerica (5.000 bizantini contro 30.000 goti), Belisario decise di attuare la sua tattica
preferita, ovvero evitare di affrontare per quanto possibile in uno scontro aperto il nemico ma piuttosto rinserrarsi in
una fortezza ben protetta e logorare il nemico assediante conducendo azioni di guerriglia.[22] La tattica funzion e
nel 18 giorno di assedio un assalto alle mura da parte dei Goti fu respinto infliggendo al nemico pesanti perdite; da
quel momento in poi i Goti non osarono pi assaltare le mura, preferendo piuttosto cercare di spingere il nemico alla
resa per fame, bloccando i rifornimenti alla citt assediata con l'occupazione di Porto (il porto di Roma). La
superiorit della flotta imperiale su quella gota permise comunque alla citt di ricevere rinforzi e rifornimenti anche
nei momenti peggiori.[22]
Durante lassedio della citt il popolo pat la fame e la carestia per il progressivo esaurirsi delle riserve di cibo;
Belisario cerc di fare quello che pot per soddisfare i bisogni dei Romani ma rigett con disdegno la proposta di
capitolare al nemico.[23] Prese delle severe precauzioni per assicurarsi la fedelt dei suoi uomini: cambiava due volte
al mese gli ufficiali posti a custodia delle porte della citt,[23] ed essi venivano sorvegliati da cani e da altre guardie
per prevenire un eventuale tradimento.[][24] Quando venne intercettata una lettera che assicurava al re dei Goti che la
Porta Asinaria sarebbe stata segretamente aperta alle sue truppe,[] Belisario band numerosi senatori e convoc nel
suo ufficio (Palazzo Pinciano) papa Silverio e gli comunic che per decreto imperiale non era pi Papa e che era
stato condannato allesilio in Oriente.[25][24] Al posto di Silverio venne nominato papa Vigilio, che aveva comprato
la nomina a Papa per 200 libbre doro.[25] Belisario nel fare ci obbediva agli ordini dellimperatrice Teodora che
voleva un Papa contrario alle tesi propugnate al Concilio di Calcedonia.[25]
Belisario chiese urgentemente all'Imperatore nuovi rinforzi in quanto le truppe che aveva non erano sufficienti per
soggiogare l'Italia:[][26]
Secondo i vostri ordini, sono entrato nei domini dei Goti, e ho ridotto alla vostra obbedienza lItalia, la Campania, e la citt
di Roma. [] Fin qui abbiamo combattuto contro sciami di barbari, ma la loro moltitudine pu alla fine prevalere. []
Permettetemi di parlarvi con libert: se volete, che viviamo, mandateci viveri, se desiderate, che facciamo conquiste,
mandateci armi, cavalli e uomini. [] Quanto a me la mia vita consacrata al vostro servizio: a voi tocca a riflettere, se []
la mia morte contribuir alla gloria e alla prosperit del vostro regno.
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(Belisario)
Giustiniano rispose alle richieste del suo generale inviando in Italia 1.600 mercenari tra slavi e unni, sotto il
comando dei generali Martino e Valente; in seguito vennero inviati anche 3.000 isauri e pi di 2.000 cavalli[], e tutti
questi rinforzi si riunirono a Roma. Sentendosi pi sicuro, Belisario continu ad attuare la sua tattica di logoramento,
inviando di volta in volta piccoli reggimenti di arcieri a cavallo fuori le mura a combattere brevi scontri contro il
nemico, raccomandando loro di tenersi a distanza dal nemico usando solo frecce e di tornare dentro le mura non
appena queste fossero finite. Grazie alla superiorit degli arcieri a cavallo bizantini, contro i quali i mal equipaggiati
e appiedati arcieri goti non potevano competere, i Bizantini uscirono complessivamente vincitori nei 69
combattimenti svoltisi fuori le mura nel corso dell'assedio.[27]
I Goti, successivamente, tentarono di bloccare l'arrivo di rifornimenti alla citt assediata bloccando la via Appia e la
via Latina; nonostante i Romani, oppressi dalla fame, pregassero il generale di affrontare i Goti in campo aperto per
porre fine all'assedio e, con esso, alle loro sofferenze, Belisario decise di non tentare azioni rischiose, essendo
conscio che ben presto sarebbero giunti da Bisanzio nuovi rinforzi; per risolvere il problema del cibo, invi il suo
segretario Procopio a Napoli con l'incarico di procurarsi alimenti da trasportare nella Citt Eterna, missione che ebbe
successo e non fu ostacolata dai Goti. La mancata opposizione dei Goti fece comprendere a Belisario che anch'essi
erano esausti per il lungo assedio, per cui decise di adoperare una nuova tattica: diede ad alcuni suoi soldati il
compito di assalire i convogli dei Goti e prese altre misure per fare in modo che credessero di essere assediati non
meno dei loro nemici.[28] Ben presto anche i Goti soffrirono la fame e furono colpiti da una carestia. Nel frattempo
ulteriori rinforzi raggiunsero Roma, ingrossando le fila dell'esercito di Belisario.
I Goti decisero di negoziare allora la pace, proponendo ai Bizantini la cessione della Sicilia in cambio della fine delle
ostilit.[29] Belisario, pur rifiutando le offerte dei Goti, permise ai loro ambasciatori di parlare con Giustiniano, che
concesse una tregua di tre mesi durata poi per tutto linverno.[]
Durante la tregua, Belisario decise di creare un diversivo in modo che i Goti levassero l'assedio:[30] egli infatti ordin
a Giovanni, nipote di Vitaliano, di conquistare il Piceno, provincia che conteneva molte ricchezze e che era stata
sguarnita dai Goti per tentare la presa di Roma.[31] Vitige, venuto a conoscenza che Giovanni aveva conquistato il
Piceno e concentrato le sue ricchezze nelle mura di Rimini, decise di togliere l'assedio. Dopo un anno e nove giorni
di assedio, i Goti si ritirarono quindi dalle mura della Citt Eterna.[30]
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Ascesa di Totila
L'assenza di Belisario dall'Italia e i dissensi fra i vari generali bizantini permisero ai Goti di riorganizzare le loro
forze in Italia settentrionale, sulla scia del successo avuto a Milano. Essi nel 541 acclamarono Badila (passato alle
cronache come Totila, "l'immortale"), capo della guarnigione di Treviso, come loro nuovo condottiero, dopo che
questi aveva assassinato il predecessore, Erario, reo di aver avviato dei negoziati con l'Impero.[34] Totila cap subito
gli errori commessi da Vitige ed evit di impegnarsi in estenuanti assedi, in cui i Bizantini potevano avere la meglio.
Anche per questo motivo, quando conquistava delle citt, ne abbatteva le mura, per evitare che i Bizantini, nel caso
fossero riusciti a riconquistarle, si rinserrassero dentro di esse costringendo il re goto a un altro assedio.[35] Inoltre,
resosi conto che con una flotta avrebbe avuto maggiori possibilit di vittoria, allest una potente flotta in grado di
intercettare le navi nemiche e saccheggiare i territori dell'Impero.[]
Il re goto si rese poi conto che la guerra non poteva essere vinta senza l'appoggio delle genti italiche, che erano in
massima parte favorevoli ai Bizantini: non potendo per avere il sostegno dei latifondisti e dei patrizi locali (in gran
parte legati all'Impero), cerc e in parte ottenne l'appoggio delle popolazioni rurali, impegnandosi in una riforma
agraria di stampo egualitaristico in base alla quale i grandi latifondisti venivano espropriati dei loro terreni e i servi
venivano affrancati per entrare in massa nell'esercito di Totila.[] Per lo stesso scopo cerc di essere il meno brutale
possibile con le popolazioni civili sottomesse.[]
Nel frattempo, su pressioni di Giustiniano, i comandanti imperiali
decisero di sferrare l'offensiva finale al regno goto: il loro piano era
quello di espugnare Verona e poi affrontare in battaglia Totila per
vincerlo; in un primo momento i Bizantini ebbero successo,
conquistando Verona, ma i Goti contrattaccarono e riuscirono a
sconfiggere il nemico che fu costretto ad evacuare la citt e a ritirarsi a
Faenza.[36] Totila, dopo questo successo, and ad affrontare i Bizantini
presso Faenza dove ottenne, nonostante l'inferiorit numerica, un'altra
vittoria; rinvigorito dal successo, il re goto tent l'assedio di Firenze
Giustiniano, mosaico nella chiesa di San Vitale a
Ravenna.
ma alla notizia dell'arrivo di un forte esercito imperiale, prese la
decisione di abbandonare l'assalto della citt e di dirigersi nella valle
del Mugello dove si scontr con l'esercito imperiale. La scarsa coordinazione tra i comandanti imperiali, unita alla
falsa notizia diffusasi tra i Bizantini che il loro generale Giovanni era morto, favor una nuova vittoria di Totila, che
in estate si impadron di Cesena, Rocca Pertusa, Urbino e San Leo, mentre i comandanti sconfitti nella battaglia del
Mugello si rinserrarono nelle loro rispettive fortezze timorosi di affrontarlo.[37] Il re goto scese quindi lungo la
Flaminia (pur lasciando in mano bizantina alcune roccaforti come Spoleto e Perugia) ed, evitando Roma, riusc ad
espugnare Napoli (543).
Totila, re di un popolo ariano, rapido nelle decisioni, audace e nemico dei proprietari terrieri (fra cui molti
ecclesiastici) fu dipinto a tinte fosche dai membri della Chiesa in Italia, guidata all'epoca da un papa, Vigilio, legato
strettamente a Giustiniano che lo aveva posto al soglio pontificio. Papa Gregorio I descrisse poi Totila come un
anticristo, e lo stesso San Benedetto (che secondo la leggenda ricevette a Montecassino la visita del re goto poco
prima della conquista di Napoli) gli predisse il successo, la conquista di Roma, ma poi la rovina se non si fosse
redento dai suoi "propositi delittuosi".[38]
Giustiniano non stette con le mani in mano. Mentre Totila assediava Napoli, l'Imperatore invi il neoeletto prefetto
del pretorio d'Italia Massimino in soccorso della citt partenopea, ma quest'ultimo, essendo inesperto negli affari
militari e timoroso di affrontare il nemico, si attard prima nell'Epiro e poi in Sicilia, inviando soccorsi alla citt solo
dopo molte pressioni e con molti mesi di ritardo; il risultato fu che Totila riusc a vincere la flotta bizantina e a
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costringere la citt alla resa per fame.[39] Totila fu clemente con i vinti: dopo aver abbattuto le mura della citt,
risparmi e sfam la popolazione e scort il presidio bizantino con cavalli e uomini fino a Roma. La situazione per
l'Impero era ora disperata: Totila, oltre a Napoli, aveva sottomesso molte regioni del sud Italia e aveva inoltre
l'appoggio della popolazione, inasprita dall'eccessivo fiscalismo bizantino (Giustiniano aveva inviato in Italia,
immediatamente dopo la partenza di Belisario, un esattore (logoteta) rapace di nome Alessandro detto Forficula
("forbicella").[40]
Con questa lettera Belisario invi a Giustiniano Giovanni; quest'ultimo, tuttavia, invece di tornare subito con i
rinforzi, si ferm nella capitale per alcuni mesi sposando la figlia di Germano, un patrizio bizantino.[44] Nel
frattempo Totila stava soggiogando la Toscana e il Piceno.
Verso la fine del 545 Belisario lasci Ravenna e si diresse a Durazzo dove invi all'Imperatore richieste di
rinforzi,[45] e venne qui raggiunto dai generali Giovanni e Isacco intorno al 546; Belisario decise quindi di spingersi
via mare a Roma mentre Giovanni sarebbe sbarcato in Calabria e lo avrebbe raggiunto nella citt via terra. Giunto a
Porto, Belisario rimase l in attesa di Giovanni ma quest'ultimo, dopo aver soggiogato Puglia, Calabria, Lucania e
Bruzio, decise di non spingersi fino a Roma per la presenza dei Goti a Capua. Secondo la Storia segreta di Procopio
il rifiuto di Giovanni di raggiungere Belisario a Roma sarebbe dovuto ai suoi timori di venire assassinato da
Antonina, moglie di Belisario ed amica dell'imperatrice Teodora, a sua volta ostile allo stesso Giovanni.[46]
Nel mentre il re ostrogoto pose l'assedio a Roma dopo aver espugnato Assisi e Spoleto; Roma era difesa dal generale
Bessa, il quale per si arricchiva a spese della popolazione vendendo le scorte di cibo a carissimo prezzo: di
conseguenza molti Romani soffrirono la fame e molti, per la disperazione, abbandonarono la citt.[47] Belisario,
giunto a Porto, a pochi passi da Roma, tent di portare provviste in citt cercando di superare con uno stratagemma
ingegnoso gli sbarramenti goti piazzati sul fiume Tevere, ma proprio quando il suo piano stava per funzionare al
generale giunse la notizia che Isace, a cui era stata affidata la difesa di Porto, era stato vinto dai Goti: temendo che a
causa della sconfitta di Isace Porto, importantissima strategicamente come punto di riparo, fosse stata occupata dai
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Presa di Roma
Approfittando dell'assenza di Belisario, Totila assedi nuovamente
Roma, difesa da Diogene: questi garant agli abitanti della citt il
rifornimento di grano, che venne fatto seminare all'interno delle mura
in modo che non soffrissero la fame neanche quando i Goti
conquistarono Porto.[] Tuttavia il tradimento dei malpagati soldati
isaurici segn per l'ennesima volta la capitolazione della citt: il 16
gennaio 550 Totila, messosi d'accordo con essi, ordin a parte dei suoi
di suonare le trombe mentre il resto dell'esercito fu posto in prossimit
della Porta San Paolo; quando i Bizantini udirono suonare le trombe,
Porta San Paolo nel XVIII secolo. Da qui nel 550
Totila entr in Roma occupando la citt.
accorsero subito verso la zona da dove veniva il suono pensando che i
Goti stessero attaccato l, mentre i traditori indisturbati aprirono la
porta San Paolo ai Goti di Totila.[] Pochi sopravvissero al massacro dei Goti, anche se parte dei soldati bizantini
riuscirono a rinserrarsi nel mausoleo di Adriano, dove resistettero all'assalto goto per due giorni; Totila propose ai
soldati bizantini o di andarsene indenni senza armi e cavalli dalla citt oppure di entrare nel suo esercito: i soldati,
tranne il loro comandante, optarono per la seconda opzione.[]
Totila, insediatosi a Roma, cerc di non comportarsi da nemico vittorioso dandosi da fare per ripopolarla e portarla
all'antico splendore;[] tuttavia la guerra aveva inferto colpi mortali alla citt, con la distruzione di statue e monumenti
(utilizzati per gettarli dalle mura contro i nemici oppure per la ricostruzione di chiese o per rinforzare le porte) e il
crollo demografico della popolazione (passata da 100.000 abitanti di inizio VI secolo a non pi di 30.000 alla fine
della guerra gotica).[56] Totila tent quindi di negoziare la pace con Giustiniano, inviando un messo romano di nome
Stefano a Costantinopoli, ma l'Imperatore rifiut;[] il re goto decise quindi di stringere alle strette il nemico,
espugnando dapprima Civitavecchia e successivamente Taranto e Rimini.[]
Giustiniano fu costretto pertanto a lanciare in quello stesso anno (549) una nuova campagna di conquista dell'Italia;
era per indeciso se affidare il comando della spedizione a Liberio o a Germano, suo nipote. Nel frattempo la guerra
si faceva sempre pi difficile per Bisanzio e sempre pi vittoriosa per i Goti: questi infatti nel maggio del 550, dopo
aver rinunciato all'espugnazione di Reggio, invasero e saccheggiarono la Sicilia. Giustiniano invi in un primo
momento Liberio a cacciare dall'isola i Goti, ma poi ci ripens e affid il comando della spedizione in Sicilia ad
Artabane.[] Nel frattempo nomin Germano generalissimo (stratgos autokratr), affidandogli uomini e mezzi
sufficienti per ottenere una vittoria definitiva su Totila; Germano, per legittimare di fronte ai Goti la restaurazione
imperiale, spos la vedova di Vitige Matasunta, ma per prima ancora di giungere in Italia.[] Il comando dell'esercito
venne momentaneamente affidato a Giovanni, e Totila decise di abbandonare per il momento la Sicilia per andare ad
affrontarlo, lasciando sull'isola solo quattro presidi goti che vennero poi abbandonati verso la fine del 550.[]
Nel 551 Narsete ottenne di nuovo il comando delle operazioni in Italia:[57] radun un esercito imponente, senza farsi
molti scrupoli di arruolare con generosi donativi barbari Unni, Gepidi, Eruli, Longobardi e Persiani fra le sue
schiere;[] l'esercito di Narsete radunatosi a Salona arriv quindi a comprendere all'incirca 30.000 uomini.[] Totila
reag ai preparativi di Narsete ripopolando Roma con una parte dei cittadini e dei senatori tenuti in cattivit in
Campania e affidando agli stessi senatori il compito di provvedere alla difesa della citt;[][58] successivamente ordin
alla flotta gota (di 300 navi) di saccheggiare la Grecia e Corf, intercettando in questo modo alcuni dei rifornimenti
destinati all'esercito di Narsete.[][58] Infine decise di conquistare la strategicamente importante citt di Ancona: in
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questo per egli fall perch la flotta gota che assediava la citt insieme all'esercito terrestre, a causa della relativa
inesperienza dei Goti nella guerra in mare rispetto agli imperiali, sub una completa disfatta in una battaglia navale
presso Sena Gallica; non pi supportati dalla propria flotta, i Goti dovettero quindi levare l'assedio.[][59] Totila,
contrario ad ogni resa, ordin allora l'invasione della Sardegna e della Corsica, che ebbe buon esito in quanto la flotta
bizantina inviata dall'Africa venne sconfitta dai Goti presso Cagliari.[][60]
Questi furono per gli ultimi successi per i Goti, che iniziavano a mostrare segni di declino: infatti in quello stesso
anno il generale bizantino Artabane riusc a cacciarli dalla Sicilia,[60] mentre l'assedio goto di Crotone fall per
l'arrivo di truppe bizantine provenienti dalle Termopili.[][61] Totila invi degli ambasciatori alla corte di Giustiniano,
facendogli notare che una consistente parte dell'Italia era in mano ai Franchi, mentre il resto era desolato a causa
della lunghissima guerra; proponeva quindi all'Imperatore la pace in cambio della cessione della Sicilia e della
Dalmazia all'Impero e di un tributo annuale.[60] Giustiniano, tuttavia, rifiut le proposte di pace provenienti da
Totila, e invi un ambasciatore, Leonzio, presso i Franchi al fine di persuaderli ad allearsi con l'Impero contro i Goti,
ma senza esito positivo.[60]
552: campagne di Narsete e uccisione di Totila e Teia
Per approfondire, vedi Battaglia di Tagina e Battaglia dei Monti Lattari.
Terminati i preparativi nella primavera del 552 Narsete da Salona part per l'Italia, cercando di raggiungerla via terra
non avendo abbastanza navi a disposizione per giungervi via mare;[] il rifiuto dei Franchi stanziatisi nelle Venezie di
concedere il passaggio nei loro territori agli imperiali costrinse Narsete a raggiungere Ravenna passando per le
lagune, allora disabitate, su cui poi sorger Venezia.[][62] Non potendo attraversare la via Flaminia da Fano, perch la
roccaforte della gola del Furlo era ben presidiata, Narsete probabilmente prese la via di Sassoferrato e Fabriano,
evitando di attardarsi in assedi in quanto li riteneva una perdita di tempo; la tattica di Narsete dava infatti la priorit
all'annientamento del nemico attraverso rischiose battaglie campali, a cui seguiva solo successivamente la cattura
delle fortezze che rifiutavano la resa.[63] Gli eserciti di Totila e Narsete si scontrarono in campo aperto nella battaglia
di Tagina (Gualdo Tadino), detta dei Busta Gallorum: dopo un'accesissima battaglia gli imperiali, sfruttando un
attacco imprudente dei Goti (che li espose ai dardi degli arcieri imperiali), ebbero nettamente la meglio sul nemico,
infliggendogli gravissime perdite; Totila riusc a fuggire ferito, ma mor nelle immediate vicinanze in un luogo
chiamato Caprae, corrispondente all'attuale frazione di Caprara, dove tuttora esiste un sito chiamato "Sepolcro di
Totila".[64]
Dopo la battaglia decisiva, Narsete conged i guerrieri mercenari longobardi al suo seguito, perch si
abbandonavano al saccheggio delle citt (al punto di "violare le donne nei templi"), affrettandosi quindi a rispedirli
alle loro sedi (anche se Paolo Diacono, egli stesso appartenente a tale stirpe, nella sua Historia Langobardorum, non
fa menzione dell'episodio pur essendo un religioso).[65] Affid quindi i Longobardi al generale Valeriano e al nipote
di lui Damiano, ordinando loro di vigilare affinch, durante il loro ritorno in Pannonia, non commettessero atti
iniqui.[65] Mentre Valeriano, fatti ritornare i Longobardi nelle proprie terre, tent di espugnare Verona invano a
causa dell'opposizione delle truppe franche a presidio delle Venezie, e gli Ostrogoti eleggevano a Pavia un nuovo re,
Teia, gli imperiali si reimpadronivano di Narni, Perugia e Spoleto, giungendo infine ad assediare Roma:[65] grazie a
una sortita di Dagisteo, i Bizantini riuscirono infine a costringere alla resa i Goti che ancora occupavano la citt.[65]
Qui si inserisce il celebre commento di Procopio, che mise in evidenza come la vittoria bizantina si rivelasse invece
un'ulteriore disgrazia per gli abitanti di Roma: i barbari arruolati nelle file di Narsete si abbandonarono al saccheggio
e al massacro, e lo stesso fecero i fuggitivi Ostrogoti mentre si apprestavano a lasciare dalla citt; inoltre il nuovo re
goto Teia, alla notizia della caduta della citt in mano imperiale, per rappresaglia fece giustiziare diversi figli di
patrizi in sua mano.[66]
L'invasione franco-alemanna
553: l'assedio di Cuma e l'invasione di Butilino e Leutari
Tuttavia la guerra non era ancora finita del tutto: non solo alcune fortezze gote sparse per la penisola, infatti, ancora
rifiutavano la resa, ma gli Ostrogoti che avevano rifiutato di abbassare le armi avevano inviato un'ambasceria al re
dei Franchi Teodobaldo, chiedendogli sostegno militare contro i Bizantini;[68] il re dei Franchi, tuttavia, rifiut di
intervenire direttamente nel conflitto pur non impedendo a due comandanti alemanni del suo esercito, Butilino e
Leutari, di invadere la penisola alla testa di un'orda franco-alemanna comprendente, secondo almeno Agazia, ben
75.000 guerrieri (cifra che sembra comunque esagerata).[][69] Narsete ricevette la notizia dell'invasione
franco-alemanna mentre era alle prese con l'assedio di Cuma, che gli stava provocando diversi problemi, e reag
lasciando una piccola parte dell'esercito a continuare l'assedio della citt mentre egli con il grosso dell'esercito si
diresse verso nord, non solo per respingere la nuova minaccia ma anche per sottomettere le fortezze gote che ancora
resistevano nella Tuscia.[] La sottomissione della Tuscia fu raggiunta senza incontrare resistenza, fatta eccezione per
la fortezza di Lucca che continu a resistere sperando nel soccorso franco-alemanno;[] Lucca si arrese poi a
dicembre, dopo tre mesi di assedio, mentre quasi contemporaneamente nel sud anche Cuma capitol.[] Durante
l'assedio, Narsete invi anche una parte consistente della sua armata a sorvegliare il Po, nel tentativo di contrastare
l'invasione franco-alemanna.[70]
Le misure prese da Narsete non furono per sufficienti per arginare tale invasione: nel corso dell'assedio di Lucca gli
giunse, infatti, la notizia che l'esercito che aveva inviato nel nord Italia per fermare i Franco-alemanni si era ritirato
da Parma verso Faenza, segno che la sua strategia era fallita e ora era esposto a un attacco nemico. Invi, allora, il
suo sottoposto Stefano a Faenza per intimare all'esercito di ritornare a Parma: la missione di Stefano fu coronata dal
successo e Narsete pot riprendere l'assedio di Lucca con una certa tranquillit; dopo tre mesi di assedio la citt si
arrese a condizione di non subire rappresaglie.[71] Lasciata una forte guarnigione a Lucca, Narsete ordin ai suoi
soldati di ritirarsi nei propri quartieri invernali per poi ricongiungersi a Roma nella primavera successiva, e si diresse
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a Ravenna dove risiedette a Classe;[72] qui ricevette la notizia della resa di Cuma e della conquista del tesoro dei
Goti,[73] ed invi quindi il goto Aligerno presso i franco-alemanni per informarli che ora esso era in mano bizantina,
sperando che, visto sfumare il sogno di impadronirsene, si sarebbero cos ritirati: tale tentativo, per, non ebbe esito
favorevole.[73] In seguito Narsete si diresse a Rimini, dove strinse un'alleanza con Teodobaldo, comandante dei
Varni.
554: la battaglia del Volturno e la sconfitta di Butilino
Per approfondire, vedi Battaglia del Volturno (554).
Butilino, speranzoso di diventare re dei Goti una volta vinti i Bizantini, giunto
allo Stretto di Messina decise di dirigersi in Campania per affrontare Narsete;
accampatosi a Capua, Butilino, forte di 30.000 uomini seppur in parte colpiti dalla dissenteria, si prepar allo scontro
con Narsete: i due eserciti si scontrarono dunque nella battaglia del Volturno in cui ebbe la meglio il generale
bizantino, che distrusse l'esercito franco costringendolo al ritiro.[] Questa vittoria, che pose fine alle grandi
operazioni militari della guerra gotica, venne celebrata da Narsete a Roma.[]
555-562: le ultime sacche di resistenza
Alcune citt rimanevano tuttavia ancora in mano gota e franca; deciso a conquistarle, Narsete si diresse in direzione
di Conza, ultima fortezza a sud del Po ancora in mano gota, per assediarla: nonostante la strenua resistenza della
guarnigione gota, essa fu costretta a capitolare (555).[] Negli anni successivi Narsete procedette alla sottomissione
delle restanti fortezze a nord del Po ancora in mano gota e franca: queste campagne, iniziate probabilmente nel 556,
portarono a buoni risultati e gi nello stesso anno, se prestiamo fede al cronista Mario Aventicense (non sempre
esatto nelle date), i Franchi furono almeno temporaneamente espulsi dallItalia.[76] Tre anni dopo, nel 559, Milano e
gran parte delle Venezie erano di nuovo in mano imperiale.[]
Rimanevano per alcune sacche di resistenza, come Brescia e Verona, che continuavano a resistere sembra sotto la
guida del nobile goto Widin, che nella sua rivolta aveva ricevuto il sostegno del comandante dell'esercito franco
nelle Venezie, Amingo. Narsete, dirigendosi verso Verona e Brescia per riconquistarle, tent di oltrepassare il fiume
Adige, venendo per impedito in ci dal condottiero Amingo che alla guida di un numeroso esercito si era posto
sulla riva opposta del fiume: un'ambasceria inviata dal generale bizantino per convincerlo con la diplomazia a
concedergli il passaggio del fiume non ebbe successo,[77] e Narsete fu costretto ad affrontare gli eserciti di Amingo e
Widin in battaglia. Tale scontro fu vittorioso per i Bizantini: Amingo venne ucciso dalla spada di Narsete mentre
Widin, catturato, venne inviato in esilio a Costantinopoli.[78] Sconfitti gli eserciti ribelli in battaglia, Narsete
procedette cos all'assedio delle due citt: Verona fu espugnata il 20 luglio 561, mentre Brescia si arrese nel
60
medesimo anno o al pi tardi nell'anno successivo.[79][] Sottomesse ormai le ultime sacche di resistenza, il generale
bizantino inform Costantinopoli degli ultimi trionfi: la notizia della resa delle due fortezze arriv nel novembre
562.[80]
Conseguenze
Reazioni immediate
Il 13 agosto 554, con la promulgazione a Costantinopoli da parte di Giustiniano
di una pragmatica sanctio pro petitione Vigilii ("Prammatica sanzione sulle
richieste di papa Vigilio"), l'Italia veniva fatta rientrare, sebbene non ancora del
tutto pacificata, nel dominio "romano";[81] con essa Giustiniano estese la
legislazione dell'Impero all'Italia, riconoscendo le concessioni attuate dai re goti
fatta eccezione per l'"immondo" Totila (la cui politica sociale fu quindi annullata
portando alla restaurazione dell'aristocrazia senatoriale e costringendo i servi
affrancati da Totila a ritornare a servire i loro padroni), e promise fondi per
ricostruire le opere pubbliche distrutte o danneggiate dalla guerra, garantendo
inoltre che sarebbero stati corretti gli abusi nella riscossione delle tasse e
sarebbero stati forniti fondi per promuovere la rifioritura della cultura.[82]
La prefettura del pretorio d'Italia,
Pass il tempo e venne di nuovo l'estate. Nei campi il grano maturava, ma non pi abbondante come negli anni precedenti.
Non era stato seminato in solchi ben tracciati dagli aratri e lavorati dalla mano dell'uomo, ma sparso solo sulla superficie, e
perci la terra aveva potuto farne germogliare soltanto una piccola parte; siccome poi nessuno lo aveva mietuto, giunto a
maturazione, era caduto a terra, e non era pi nato niente. Questo era accaduto anche in Emilia; perci gli abitanti di quella
regione avevano lasciato le loro case ed erano trasmigrati nel Piceno, pensando che, siccome quella terra era sul mare, non
dovesse soffrire una totale mancanza di viveri. Anche i tusci erano angustiati per la fame... e molti di essi, che vivevano sui
monti, macinavano le ghiande delle querce come se fosse frumento, e mangiavano le pagnotte fatte con quella farina.
Naturalmente moltissimi caddero vittime di ogni specie di malattie... Nel Piceno, si parla di non meno di 50.000 tra i
contadini, che perirono di fame, e molti di pi ancora furono nelle regioni a nord del golfo Ionico... Taluni, forzati dalla
fame, si cibarono di carne umana. Si dice che due donne, in una localit di campagna sopra la citt di Rimini, mangiarono 17
uomini... Molte persone erano cos indebolite dalla fame, che... si gettavano su di essa [sull'erba] con bramosia, chinandosi
per strapparla da terra; ma siccome non riuscivano perch le forze le avevano completamente abbandonate, cadevano
sull'erba con le mani tese, e l perirono... non si accostava neppure un avvoltoio, perch non offrivano nulla di cui essi
potevano cibarsi. Infatti tutta la carne... era stata ormai consumata dal digiuno. Cos stavano le cose in conseguenza della
carestia.
(Procopio, La Guerra Gotica, II,20.)
Se alcune fonti propagandistiche parlano di un Italia florida e rinata dopo la conclusione del conflitto,[88] la realt
doveva essere ben diversa.[] I tentativi di Giustiniano di combattere gli abusi fiscali in Italia risultarono vani e,
nonostante Narsete e i suoi sottoposti avessero ricostruito, in tutto o in parte, numerose citt distrutte dai Goti,[89]
l'Italia non riusc a recuperare la sua antica prosperit.[] Nel 556 papa Pelagio si lament in una lettera al vescovo di
Arelate delle condizioni delle campagne, cos desolate che nessuno in grado di recuperare;[] proprio a causa della
situazione critica in cui versava lItalia, Pelagio fu costretto a chiedere al vescovo in questione di inviargli i raccolti
dei patrimoni pontefici nella Gallia meridionale, oltre a una fornitura di vesti, per i poveri della citt di Roma.[90] A
peggiorare le condizioni del paese, gi provato dal fiscalismo bizantino, contribu inoltre un'epidemia di peste che
spopol l'Italia dal 559 al 562; ad essa, inoltre, fece poi seguito anche una carestia.[91]
Anche Roma fatic, nonostante i fondi promessi, a riprendersi dalla guerra e l'unica opera pubblica riparata nella
citt di cui si ha notizia il ponte Salario, distrutto da Totila e ricostruito nel 565.[] La guerra rese Roma una citt
spopolata e in rovina: molti monumenti si deteriorarono e dei 14 acquedotti che prima della guerra fornivano acqua
alla citt ora solo uno, secondo gli storici, rimase in funzione, l'Aqua Traiana fatto riparare da Belisario.[] Anche per
il senato romano inizi un irreversibile processo di declino che si concluse con il suo scioglimento verso l'inizio del
VII secolo: molti senatori si trasferirono a Bisanzio o vennero massacrati nel corso della guerra.[][86] Roma, alla fine
della guerra, contava non pi di 30.000 abitanti (contro i 100.000 di inizio secolo) e si avviava alla completa
ruralizzazione, avendo perduto molti dei suoi artigiani e commercianti e avendo accolto al contempo numerosi
profughi provenienti dalle campagne.[86] Il declino non coinvolse, tuttavia, tutte le regioni: quelle meno colpite dalla
guerra, come la Sicilia o Ravenna, non sembrano aver risentito in misura rilevante degli effetti devastanti del
conflitto, mantenendo la propria prosperit.[86]
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Cera per questo di meraviglioso nel regno dei Longobardi: non cerano violenze, non si tramavano insidie; nessuno
opprimeva gli altri ingiustamente, nessuno depredava; non cerano furti, non cerano rapine; ognuno andava dove voleva,
sicuro e senza alcun timore.
(Paolo Diacono, Historia Langobardorum, III,16.)
Il suo successore Agilulfo avvi la conversione al cattolicesimo del suo popolo e, su richiesta di papa Gregorio
Magno, firm nel 598 una tregua con Bisanzio che, salvo alcune sporadiche guerre (601-603; 605; 617-619;
639-643; 663), fu rinnovata quasi ogni anno e port la pace in Italia per quasi tutto il VII secolo, consentendole una
graduale ripresa. Nell'VIII secolo, ai tempi del re longobardo Liutprando, i Longobardi erano in gran parte
romanicizzati, abbandonando molti dei loro costumi adottando invece quelli romanici, e si verific una relativa
ripresa demografica ed economica, con l'espandersi del commercio, che provoc a sua volta un'espansione
dell'economia monetaria; anche se non si raggiunse mai una completa parificazione sociale, le condizioni dei
Romanici migliorarono al punto che alcuni di essi riuscirono, in virt delle loro capacit e di un po' di fortuna, a
ricoprire posizioni di un certo rilievo nella societ longobarda.[105] La completa ripresa economica dell'Italia, in ogni
modo, potr dirsi conclusa non prima della nascita e dello sviluppo dei primi comuni (XI secolo).[]
Conquista effimera: l'invasione longobarda e la perdita dell'unione politica
Per approfondire, vedi Regno longobardo e Esarcato d'Italia.
Fonti storiografiche
La gran parte delle informazioni oggi disponibili sulla guerra gotica sono state tramandate da Procopio di Cesarea,
segretario di Belisario, in 4 degli 8 libri che formano la sua Storia delle guerre di Giustiniano. Procopio partecip
direttamente alle prime fasi del conflitto, in particolare durante il primo assedio di Roma (537-538); lo storico, per,
non era favorevole a Giustiniano e per tale ragione, secondo alcuni studiosi, le sue affermazioni e valutazioni non
sono sempre attendibili. Non vanno dimenticate le Storie di Agazia, continuatore di Procopio, che narr la campagna
di Narsete contro i Franchi e gli Alemanni (553-554).
Un'altra fonte per la conoscenza del popolo dei Goti offerta dal De Bello Gothico ("La guerra gotica"), un
panegirico composto da Claudio Claudiano dove per in realt si celebra un episodio delle invasioni barbariche
accaduto pi di 150 anni prima, in particolare la battaglia di Pollenzo e la cacciata di Alarico dall'Italia. La storia
raccontata dal punto di vista di Flavio Stilicone, generale dell'Impero Romano d'Occidente, che Claudiano definisce
come "il restauratore della gloria della civilt".
Infine, una testimonianza importante fornita dalla opera De origine actibusque Getarum dello storico Giordane,
meglio nota come Getica: Giordane, essendo di origine gotica, fornisce una visione complementare di molti fatti
testimoniati da Procopio.
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Il letterato vicentino Gian Giorgio Trissino (1478-1550) dedic alla guerra gotica addirittura un poema epico,
L'Italia liberata dai Goti, definito da alcuni critici letterari come il poema pi noioso della letteratura italiana.[113]
Il poema in questione, in 27 canti e in endecasillabi sciolti, dedicato all'Imperatore mecenate Carlo V del Sacro
Romano Impero:[113] esso inizia con Giustiniano che riceve da un angelo che gli appare in sogno la missione di
liberare l'Italia dalla tirannia degli eretici Ostrogoti (di fede ariana);[113] Giustiniano affida quindi la missione a
Belisario ma, dopo alcuni iniziali successi, la profanazione di un altare da parte di un soldato greco fa s che la
Vergine Maria inizi a favorire gli Ostrogoti, con il risultato che Belisario viene sconfitto.[113] La guerra comunque
volge in favore di Bisanzio grazie all'arrivo di una nuova armata condotta da Narsete che, dopo aver vinto il re goto
Vitige in una disfida tra 12 guerrieri greci e 12 guerrieri ostrogoti, lo fa catturare e sottomette tutta l'Italia a Bisanzio,
riunendola all'Impero.[113]
Nel 1876 il letterato tedesco Felix Dahn scrisse il romanzo storico Ein Kampf um Rom (traduzione letterale: Guerra
per Roma), ispirato liberamente all'opera di Procopio di Cesarea. Esso narra la lotta tra Bizantini e Ostrogoti per il
possesso di Roma e dell'Italia, ma inserisce anche una terza fazione, quella capeggiata dal senatore romano fittizio
Cetego, il quale vorrebbe restaurare l'Impero romano d'Occidente, cacciando sia i Greci che gli Ostrogoti dalla
penisola; alla fine del romanzo il re ostrogoto Teia viene sconfitto dal generale Narsete, portando alla rovina della
nazione ostrogota, sottomessa a Bisanzio. Per questi motivi, il romanzo stato interpretato a posteriori come una
predizione della caduta dell'Impero tedesco (Secondo Reich) al termine della prima guerra mondiale. Per
l'inserimento nel romanzo di diversi atti di sacrificio eroici, il romanzo venne a lungo considerato "per ragazzi",
venendo letto da generazioni di adolescenti tedeschi.
Nel 1968 e nel 1969 usc anche un adattamento cinematografico in due parti dell'opera di Dahn, Kampf um Rom I e
Kampf um Rom II - Der Verrat. Il film, a cui prese parte persino Orson Welles, usc anche in Italia con il titolo La
calata dei Barbari, ma in versione rimaneggiata: per ridurre le due parti del film in una sola, furono tagliate diverse
scene, con il risultato che la versione italiana dura solo 89 minuti contro i 189 minuti della versione originale.[114]
Note
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Procopio, De Bello Gothico, I, 5
Procopio, De Bello Gothico, I, 6
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Procopio, De Bello Gothico, I, 7
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Procopio, De Bello Gothico, I, 8
Procopio, De bello Gothico, I, 10
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Bibliografia
Fonti primarie
Procopio di Cesarea, La Guerra Gotica, 4 libri
Procopio di Cesarea, Storia segreta
Agazia Scolastico, Storie (Libri I-II)
Studi
Mischa Meier, Giustiniano, Bologna, Il Mulino, 2007 pp. 57-64 (ed. orig.: Justinian, Herrschaft, Reich und
Religion, Mnchen, Bech, 2004. ISBN 978-88-15-11552-2)
67
68
Giovanni Tabacco, La Storia politica e sociale, dal tramonto dell'Impero romano alle prime formazioni di Stati
regionali, in: Storia d'Italia, vol. I, Einaudi, Torino 1974
Franco Cardini, Cassiodoro il Grande. Roma, i barbari e il monachesimo, Jaca Book, Milano 2009.
Tamassia, Storia del regno dei Goti e dei Longobardi in Italia, Vol. II.
Giorgio Ravegnani, I Bizantini in Italia, Il Mulino, Bologna, 2004.
Giorgio Ravegnani, Soldati e guerre a Bisanzio. Il secolo di Giustiniano, Il Mulino, Bologna, 2009.
Warren Treadgold, Storia di Bisanzio, Il Mulino, Bologna, 2005.
Edward Luttwak, La grande strategia dell'Impero bizantino, Rizzoli, Milano, 2009.
Eliodoro Savino, Campania tardo-antica: 284-604, Edipuglia srl, 2005.
Voci correlate
Restauratio imperii
Battaglia di Tagina, luglio 552
Battaglia dei Monti Lattari, Ottobre 553
Battaglia del Volturno, Ottobre 554
Altri progetti
Collegamenti esterni
Estratti dal libro La Guerra Gotica (http://www.ilpalo.com/libri-scientifici-interessanti/libri/
Procopio-di-Cesarea-La-Guerra-gotica.htm)
La battaglia dei Busta Gallorum (http://www.fabrianostorica.it/contributi/altomedioevo/bustagallorum.htm)
Portale Bisanzio
Portale Guerra
Portale Germani
Portale Medioevo
Longobardi
Longobardi
I Longobardi furono una popolazione germanica,
protagonista tra il II e il VI secolo di una lunga
migrazione che la port dal basso corso dell'Elba
fino all'Italia. Il movimento migratorio ebbe inizio
nel II secolo, ma soltanto nel IV l'intero popolo
avrebbe lasciato il basso Elba; durante lo
spostamento, avvenuto risalendo il corso del fiume,
i Longobardi approdarono prima al medio corso del
Danubio (fine V secolo), poi in Pannonia (V
secolo), dove consolidarono le proprie strutture
politiche e sociali, si convertirono - solo
parzialmente - al cristianesimo ariano e inglobarono
elementi etnici di varia origine, germanici per la
massima parte.
Entrati a contatto con il mondo bizantino e la
politica dell'area mediterranea, nel 568, guidati da
Alboino, si insediarono in Italia, dove diedero vita a
un regno indipendente che estese progressivamente
il proprio dominio sulla massima parte del territorio
italiano continentale e peninsulare. Il dominio
longobardo fu articolato in numerosi ducati, che
godevano di una marcata autonomia rispetto al
Fonte battesimale del patriarca Callisto, 730-740. Cividale del Friuli,
potere centrale dei sovrani insediati a Pavia; nel
Museo Cristiano.
corso dei secoli, tuttavia, grandi figure di sovrani
come Autari, Agilulfo (VI secolo), Rotari,
Grimoaldo (VII secolo), Liutprando, Astolfo e Desiderio (VIII secolo) estesero progressivamente l'autorit del re,
conseguendo progressivamente un rafforzamento delle prerogative regie e della coesione interna del regno. Il Regno
longobardo, che tra il VII e l'inizio dell'VIII secolo era arrivato a rappresentare una potenza di rilievo europeo, cess
di essere un organismo autonomo nel 774, a seguito della sconfitta subita a opera dei Franchi guidati da Carlo
Magno.
Nel corso dei secoli, i Longobardi, inizialmente casta militare rigidamente separata dalla massa della popolazione
romanica, si integrarono progressivamente con il tessuto sociale italiano, grazie all'emanazione di leggi scritte in
latino (Editto di Rotari, 643), alla conversione al cattolicesimo (fine VII secolo) e allo sviluppo, anche artistico, di
rapporti sempre pi stretti con le altre componenti socio-politiche della Penisola (bizantine e romane). La contrastata
fusione tra l'elemento germanico longobardo e quello romanico pose le basi, secondo il modello comune alla
maggior parte dei regni latino-germanici altomedievali, per la nascita e lo sviluppo della societ italiana dei secoli
successivi.
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Longobardi
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Etnonimo
lo stesso Paolo Diacono, che con la sua Historia Langobardorum
("Storia dei Longobardi") la principale fonte di conoscenza della
storia longobarda[1], a fornire l'etimologia dell'etnonimo "Longobardi"
(Langbrte in antico germanico, latinizzato in Langobardi):
(LA)
Ab intactae ferro barbae longitudine [...] ita postmodum
appellatos. Nam iuxta illorum linguam "lang" longam,
"bart" barbam significat.
(IT)
Furono chiamati cos [...] in un secondo tempo per la
lunghezza della barba mai toccata dal rasoio. Infatti nella loro
lingua lang significa lunga e bart barba.
Paolo Diacono, che riporta la tradizionale spiegazione mitica di questo appellativo, rileva come sia anche congruente
con l'acconciatura tipica dei Longobardi, caratterizzata in effetti dalle lunghe barbe che li differenziano, per esempio,
dai Franchi accuratamente rasati. L'etimologia proposta dallo storico stata accolta anche dalla moderna ricerca, che
conferma come l'acconciatura tradizionale fosse a sua volta avvalorata da una forma rituale di culto al dio Odino. Al
contrario, la storiografia ha ormai abbandonato l'ipotesi alternativa che spiegava l'etnonimo come popolo "dalle
lunghe lance", dall'alto tedesco antico "barta" ("lancia")[2].
Storia
Origini
Mito
Secondo le loro tradizioni, riportate nell'Origo gentis Langobardorum[3] e riprese da Paolo Diacono nella sua
Historia Langobardorum (dove tuttavia lo storico rigetta la leggenda, qualificandola come ridiculam fabulam,
"fiaba ridicola", e bollando i fatti narrati come risu digna et pro nihilo habenda, "degni di riso e privi di qualsiasi
valore")[4], i Longobardi in origine si chiamavano Winnili e abitavano la Scania. Sotto la guida dei fratelli Ibor e
Aio, figli di Gambara, migrarono verso sud, sulle coste meridionali del Mar Baltico, e si stabilirono nella regione
chiamata "Scoringa". Presto vennero in conflitto con i vicini Vandali, anch'essi Germani, e si trovarono in difficolt
poich il loro valore non bastava a compensare l'esiguit numerica.
Longobardi
71
Narra la leggenda che i capi dei Vandali pregarono Odino di concedere
loro la vittoria, ma il dio supremo disse che avrebbe decretato il
successo al popolo che, il mattino della battaglia, avrebbe visto per
primo. Gambara e i figli invece ricorsero alla moglie di Odino, Frigg,
che diede loro il consiglio di presentarsi sul campo di battaglia al
sorgere del sole: uomini e donne insieme, queste con i capelli sciolti fin
sotto il mento come fossero barbe. Al sorgere del sole Frigg fece s che
Odino si girasse dalla parte dei Winnili e il dio, quando li vide, chiese:
Chi sono quelli con le lunghe barbe?. Al che la dea rispose: Poich
hai dato loro un nome, dai loro anche la vittoria[4].
Longobardi
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[14]
Longobardi
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[23]
I popoli germanici nel I secolo, secondo la Germania di Tacito
.I
Longobardi erano stanziati presso il basso e medio Elba, in
prossimit dei Popoli germanici occidentali (tanto da essere dallo
stesso Tacito inseriti tra gli Herminones, appunto Germani
occidentali).
Un'alleanza con Bisanzio e i Franchi permise a re Vacone di mettere a frutto le convulsioni che scossero il regno
ostrogoto dopo la morte del re Teodorico nel 526: sottomise cos gli Svevi presenti nella regione[39] e occup la
Pannonia I e Valeria (l'attuale Ungheria a ovest e a sud del Danubio)[40][41]. Alla sua morte (540) il figlio Valtari era
minorenne; quando, pochi anni dopo, mor, il suo reggente Audoino usurp il trono[42] e modific il quadro delle
alleanze del predecessore, accordandosi (nel 547 o nel 548) con L'imperatore bizantino Giustiniano I[42] per
occupare, in Pannonia, la provincia Savense (il territorio che si stende fra i fiumi Drava e Sava) e parte del Norico, in
modo da schierarsi nuovamente contro i vecchi alleati Franchi e Gepidi e consentire a Giustiniano di disporre di rotte
Longobardi
di comunicazione sicure con l'Italia[43][44].
Grazie anche al contributo militare di un modesto contingente bizantino e, soprattutto, dei cavalieri avari[12], i
Longobardi affrontarono i Gepidi e li vinsero (551)[45], mettendo fine alla lotta per la supremazia nell'area
norico-pannonica. In quella battaglia si distinse il figlio di Audoino, Alboino. Ma uno strapotere dei Longobardi in
quella zona non serviva gli interessi di Giustiniano[46][47] e quest'ultimo, pur servendosi di contingenti longobardi
anche molto consistenti contro Totila e perfino contro i Persiani[48], cominci a favorire nuovamente i Gepidi[46][47].
Quando Audoino mor, il suo successore Alboino dovette stipulare un'alleanza con gli Avari, che per prevedeva in
caso di vittoria sui Gepidi che tutto il territorio occupato dai Longobardi andasse agli Avari[47]. Nel 567 un doppio
attacco ai Gepidi (i Longobardi da ovest, gli Avari da est) si concluse con due cruente battaglie, entrambe fatali ai
Gepidi, che scomparivano cos dalla storia; i pochi superstiti vennero assorbiti dagli stessi Longobardi[49][50]. Gli
Avari si impossessavano di quasi tutto il loro territorio, salvo Sirmio e il litorale dalmata che tornarono ai
Bizantini[50][51].
Invasione dell'Italia
Sconfitti i Gepidi, la situazione era cambiata assai poco per Alboino, che al loro posto aveva dovuto lasciar insediare
i non meno pericolosi Avari; decise quindi di lanciarsi verso le pianure dell'Italia, appena devastate dalla sanguinosa
Guerra gotica. Nel 568 i Longobardi invasero l'Italia attraversando l'Isonzo[52]. Insieme a loro c'erano contingenti di
altri popoli[53]. Jrg Jarnut, e con lui la maggior parte degli autori, stima la consistenza numerica totale dei popoli in
migrazione tra i cento e i centocinquantamila fra guerrieri, donne e non combattenti[52]; non esiste tuttavia pieno
accordo tra gli storici a proposito del loro reale numero[54].
La resistenza bizantina fu debole; le ragioni della facilit con la quale i Longobardi sottomisero l'Italia sono tuttora
oggetto di dibattito storico[55]. All'epoca la consistenza numerica della popolazione era al suo minimo storico, dopo
le devastazioni seguite alla Guerra gotica[55]; inoltre i Bizantini, che dopo la resa di Teia, l'ultimo re degli Ostrogoti,
avevano ritirato le migliori truppe e i migliori comandanti[55] dall'Italia perch impegnati contemporaneamente anche
contro Avari e Persiani, si difesero solo nelle grandi citt fortificate[52]. Gli Ostrogoti che erano rimasti in Italia
verosimilmente non opposero strenua resistenza, vista la scelta fra cadere in mano ai Longobardi, dopotutto Germani
come loro, o restare in quelle dei Bizantini.[55]
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Longobardi
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Inizialmente il dominio longobardo fu molto duro, animato da spirito di conquista e saccheggio: un atteggiamento
ben diverso, quindi, da quello comunemente adottato dai barbari foederati, per pi lungo tempo esposti all'influenza
latina[55]. Se nei primi tempi si registrarono numerose violenze, gi verso la fine del VI secolo l'atteggiamento dei
Longobardi si addolc[60], anche in seguito all'avvio del processo di conversione dall'arianesimo al credo niceno della
Chiesa di Roma[61].
Regno longobardo
Per approfondire, vedi Regno longobardo.
Longobardi
76
VI secolo
Pi tardi nello stesso anno i duchi acclamarono re Clefi. Il nuovo sovrano estese i confini del regno, completando la
conquista della Tuscia, e tent di continuare coerentemente la politica di Alboino, eliminando l'antica aristocrazia
latina per acquisirne terre e patrimoni. Clefi fu ucciso, forse su istigazione dei Bizantini, nel 574[64]; i duchi non
nominarono un altro re e per un decennio regnarono da sovrani assoluti nei rispettivi ducati (Periodo dei Duchi)[65].
Commenta Machiavelli:
Questo Clefi fu in modo crudele, non solo contro agli esterni, ma ancora contro ai suoi Longobardi, che quegli, sbigottiti
della potest regia, non vollono rifare pi re; ma feciono intra loro trenta duchi, che governassero gli altri. Il quale consiglio
fu cagione che i Longobardi non occupassero mai tutta Italia, e che il regno loro non passasse Benevento, e che Roma,
Ravenna, Cremona, Mantova, Padova, Monselice, Parma, Bologna, Faenza, Furl, Cesena, parte si difendessero un tempo,
parte non fussero mai da loro occupate
(Niccol Machiavelli, Istorie fiorentine, I, 8)
Nel 584 i duchi, davanti alla chiara necessit di una forte monarchia
centralizzata per far fronte alla pressione dei Franchi e dei Bizantini,
incoronarono re Autari e gli consegnarono met dei loro beni[66][67].
Autari riorganizz i Longobardi e il loro insediamento in forma stabile
in Italia e assunse il titolo di Flavio, con il quale intendeva proclamarsi
anche protettore di tutti i romani[66]. Nel 585 respinse, nell'attuale
Piemonte, i Franchi e indusse i Bizantini a chiedere, per la prima volta,
una tregua. Nel 590 spos la principessa bavara Teodolinda, di sangue
letingio.
Autari mor in quello stesso 590 e a succedergli fu chiamato il duca di
Torino, Agilulfo, che spos a sua volta Teodolinda; a sceglierlo come
nuovo marito e sovrano, secondo la leggenda, fu la stessa giovane
vedova[68]. L'influenza della regina sulla politica di Agilulfo fu
notevole e le decisioni principali vengono attribuite a entrambi[69].
Longobardi
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(LA)
Erat hoc mirabile in regno Langobardorum: nulla erat
violentia, nullae struebantur insidiae; nemo aliquem
iniuste angariabat, nemo spoliabat; non erant furta, non
latrocinia; unusquisque quo libebat securus sine timore.
(IT)
C'era questo di meraviglioso nel regno dei Longobardi: non
c'erano violenze, non si tramavano insidie; nessuno opprimeva
gli altri ingiustamente, nessuno depredava; non c'erano furti,
non c'erano rapine; ognuno andava dove voleva, sicuro e senza
alcun timore.
VII secolo
Alla morte di Agilulfo, nel 616, il trono pass al figlio minorenne Adaloaldo. Teodolinda, reggente e detentrice
effettiva del potere anche dopo l'uscita dalla minorit del figlio, prosegu la sua politica filo-cattolica e di
pacificazione con i Bizantini, suscitando per una sempre pi decisa opposizione tra i Longobardi; il conflitto
esplose nel 624 e fu capeggiato da Arioaldo, che nel 625 depose Adaloaldo e si insedi al suo posto[73][74]. Il "colpo
di Stato" apr una stagione di conflitti tra le due componenti religiose maggioritarie nel regno, dietro alle quali si
celava l'opposizione tra i fautori di una politica di pacificazione con i Bizantini e di integrazione con i "Romanici"
(Bavaresi) e i propugnatori di una politica pi aggressiva ed espansionista (nobilt ariana)[74]. Il regno di Arioaldo fu
travagliato da questi contrasti, oltre che dalle minacce esterne.
Longobardi
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La morte di Cuniperto, nel 700, apr di una grave crisi dinastica, con scontri civili, reggenze effimere e ribellioni;
solo nel 702 Ariperto II riusc a sconfiggere Ansprando e Rotarit, che gli si opponevano, e pot sviluppare una
politica di pacificazione. Nel 712 Ansprando, rientrato dall'esilio, spodest Ariperto, ma mor dopo appena tre mesi
di regno.
Longobardi
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(LA)
Fuit vir multae sapientiae, consilio sagax, pius
admodum et pacis amator, belli praepotens,
delinquentibus clemens, castus, pudicus, orator pervigil,
elemosinis largus, litterarum quidem ignarus, sed
philosophis aequandus, nutritor gentis, legum
augmentator.
(IT)
Fu uomo di molta saggezza, accorto nel consiglio, di grande
piet e amante della pace, fortissimo in guerra, clemente verso i
colpevoli, casto, virtuoso, instancabile nel pregare, largo nelle
elemosine, ignaro s di lettere ma degno di essere paragonato ai
filosofi, padre della nazione, accrescitore delle leggi.
Liutprando si alle con i Franchi, attraverso un patto coronato dalla simbolica adozione del giovane Pipino il
Breve[85], e con gli Avari, ai confini orientali: una doppia garanzia contro i potenziali nemici esterni che gli consent
di avere le mani libere nello scacchiere italiano[86]. Nel 726 si impadron di molte citt dell'Esarcato e della
Pentapoli, atteggiandosi a protettore dei cattolici; per non inimicarsi il papa, tuttavia, rinunci all'occupazione di
Sutri[87], che restitu non all'imperatore ma agli apostoli Pietro e Paolo[88]. Questa donazione, nota come
Donazione di Sutri, forn il precedente legale per attribuire un potere temporale al papato, che avrebbe infine
prodotto lo Stato della Chiesa[87]. Un momento di forte tensione si ebbe quando Liutprando mise l'assedio a Roma: il
papa chiese aiuto a Carlo Martello che, intervenendo diplomaticamente, riusc a far desistere il sovrano longobardo
(739). Negli anni successivi Liutprando port anche i ducati di Spoleto e di Benevento sotto la sua autorit: mai
nessun re longobardo aveva ottenuto simili risultati[89]. La solidit del suo potere si fondava, oltre che sul carisma
personale, anche sulla riorganizzazione delle strutture del regno che aveva intrapreso fin dai primi anni[90]. Il nuovo
papa Zaccaria ottenne nuove cessioni territoriali da Liutprando, che nel 742 trasfer al pontefice diverse terre dell'ex
"Ducato romano"[91].
Dopo la morte di Liutprando (744) una rivolta destitu suo nipote Ildebrando e insedi al suo posto il duca del Friuli,
Rachis, che tuttavia si dimostr un sovrano debole. Cerc sostegno presso la piccola nobilt e i Romanici[92],
inimicandosi la base dei Longobardi che lo costrinse presto a tornare all'offensiva e ad attaccare la Pentapoli. Il papa
lo convinse a desistere e il suo prestigio croll; i duchi elessero come nuovo re suo fratello, Astolfo, e Rachis si ritir
a Montecassino[93].
Longobardi
80
Nel 771 la morte del fratello Carlomanno lasci mano libera a Carlo Magno che, ormai saldo sul trono, ripudi la
figlia di Desiderio. L'anno successivo un nuovo papa, Adriano I, del partito avverso a Desiderio, pretese la consegna
di alcuni territori promessi e mai ceduti da Desiderio e portandolo cos a riprendere la guerra contro le citt della
Romagna. Carlo Magno venne in aiuto del papa e tra il 773 e il 774 scese in Italia e conquist la capitale del regno,
Pavia. Il figlio di Desiderio, Adelchi, trov rifugio presso i Bizantini; Desiderio e la moglie furono condotti in
Francia e chiusi in un monastero. Carlo si fece chiamare da allora Gratia Dei rex Francorum et Langobardorum,
realizzando un'unione personale dei due regni, mantenendo le Leges Langobardorum ma riorganizzando il regno sul
modello franco, con conti al posto dei duchi[97].
Longobardi
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Cos fin lItalia longobarda, e nessuno pu dire se fu, per il nostro Paese, una fortuna o una disgrazia. Alboino e i suoi
successori erano stati degli scomodi padroni, pi scomodi di Teodorico, finch erano rimasti dei barbari accampati su un
territorio di conquista. Ma oramai si stavano assimilando allItalia e avrebbero potuto trasformarla in una Nazione, come i
Franchi stavano facendo in Francia.
Ma in Francia non cera il Papa. In Italia, s.
(Indro Montanelli - Roberto Gervaso, L'Italia dei secoli bui)
La persistenza di Stati autonomi permise ai Longobardi di salvaguardare una propria identit culturale e mantenne
gran parte dell'Italia del Sud nell'orbita culturale occidentale, anzich in quella bizantina[98].
Longobardi
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Societ
Per approfondire, vedi Fara (Longobardi) e Societ longobarda.
Anche una volta insediati in Italia, i Longobardi conservarono il valore attribuito all'assemblea del popolo in armi, il
"Gairethinx", che decideva l'elezione del re e deliberava sulle scelte politiche, diplomatiche, legislative e giudiziarie
pi importanti. Con il radicarsi dell'insediamento in Italia, il potere divenne territoriale, articolato in (ducati). Gli
sculdasci governavano i centri pi piccoli, mentre i gastaldi di nomina regia amministravano la porzione dei beni dei
longobardi assegnati, a partire dall'elezione di Autari (584) al sovrano[62].
Una volta stabilizzata la presenza in Italia, nella struttura sociale del popolo iniziarono a manifestarsi segnali di
evoluzione, registrati soprattutto nell'Editto di Rotari (643). L'impronta guerriera, che portava con s elementi di
collettivismo militaresco, lasci progressivamente il passo a una societ differenziata, con una gerarchia legata anche
Longobardi
alla maggiore o minore ampiezza delle propriet fondiarie. L'Editto lascia intendere che, anzich in fortificazioni pi
o meno provvisorie, i Longobardi vivessero ormai nelle citt, nei villaggi o - caso forse pi frequente - in fattorie
indipendenti (curtis). Con il passare del tempo anche i tratti segregazionisti andarono stemperandosi, soprattutto con
il processo di conversione al cattolicesimo avviato dalla dinastia Bavarese[108]. Il VII secolo fu segnato da questo
progressivo avvicinamento, parallelo a un pi ampio rimescolamento delle gerarchie sociali. Tra i Longobardi vi fu
chi discese fino ai gradini pi bassi della scala economico-sociale, mentre al tempo stesso cresceva il numero dei
Romanici capaci di conquistare posizioni di prestigio. A conferma della rapidit del processo c' anche l'uso
esclusivo della lingua latina in ogni scritto[109].
Sebbene le leggi rotariane proibissero, in linea di principio, i matrimoni misti, era tuttavia possibile per un
longobardo sposare una schiava, anche romanica, purch emancipata prima delle nozze[110]. Gli ultimi re longobardi,
come Liutprando o Rachis, intensificarono gli sforzi d'integrazione, presentandosi sempre pi come re d'Italia
anzich re dei Longobardi. Le novit legislative introdotte dallo stesso Liutprando mostrano anche il ruolo sempre
pi rilevante rivestito da nuove categorie, come quelle dei mercanti e degli artigiani. Con l'VIII secolo, i Longobardi
erano in tutto adattati agli usi e ai costumi della maggioranza della popolazione del loro regno[111].
Religione
Gli indizi contenuti nel mito[3] lasciano intuire che
inizialmente, prima del passaggio dalla Scandinavia
alla costa meridionale del Mar Baltico, i Longobardi
veneravano gli dei della stirpe Vanir; in seguito, a
contatto con altre popolazione germaniche, adottarono
il culto degli sir: un'evoluzione che segnava il
passaggio dall'adorazione di divinit femminili, legate
alla fertilit e alla terra, al culto di dei maschili di
ispirazione guerriera[6][112]. In seguito, durante lo
stanziamento tra Norico e Pannonia, si avvi il
processo di conversione al cristianesimo. L'adesione
alla nuova religione fu, almeno inizialmente, spesso
Maestro di Castelseprio, Sogno di Giuseppe, affresco del ciclo della
superficiale (tracce dei culti pagani sopravvissero a
chiesa di Santa Maria Foris Portas, VIII-IX secolo. Castelseprio.
lungo) se non strumentale. Ai tempi di Vacone (intorno
agli anni quaranta del VI secolo), alleato dei Bizantini
cattolici, ci fu un avvicinamento al cattolicesimo; appena un paio di decenni dopo Alboino, progettando la calata in
Italia, scelse invece l'arianesimo, al fine di ottenere l'appoggio dei Goti ariani contro gli stessi Bizantini. Queste
conversioni "politiche" riguardavano esclusivamente il sovrano e pochi altri esponenti dell'aristocrazia; la massa del
popolo rimaneva fedele agli antichi culti pagani[113].
In Pannonia i Longobardi vennero in contatto con altri popoli nomadi e guerrieri, tra i quali i Sarmati; questa stirpe,
indoeuropea di lingua iranica, aveva subito influssi culturali di origine orientale. Da loro i Longobardi trassero, in
ambito simbolico-religioso, l'usanza delle "perticae": lunghe aste sormontate da figure di uccelli (particolarmente
frequente la colomba), derivate dalle insegne portate in battaglia. I Longobardi ne fecero un uso funerario: quando
una persona moriva lontano da casa o risultava dispersa in battaglia, la famiglia compensava l'impossibilit di
celebrarne i funerali piantando nel terreno una di queste aste, con il becco dell'uccello orientato verso il punto in cui
si credeva fosse morto il familiare[114].
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Longobardi
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Conversione al cattolicesimo
Giunti in Italia, il processo di conversione al cattolicesimo si intensific
al punto da indurre Autari a vietare espressamente ai Longobardi di far
battezzare con rito cattolico i propri figli. Anche in questo caso, pi che
mossa da interessi spirituali, la misura mirava evitare spaccature politiche
tra i Longobardi e a scongiurare i pericoli di assimilazione da parte dei
Romanici. Gi con il suo successore Agilulfo, tuttavia, l'opposizione al
cattolicesimo si fece meno radicale, soprattutto per influsso di
Teodolinda, cattolica. Dopo un iniziale appoggio allo Scisma
tricapitolino, la regina (che era in corrispondenza con papa Gregorio
Magno) favor sempre pi l'ortodossia cattolica[113]. Un segnale decisivo
fu il battesimo cattolico impartito, nel 603, all'erede al trono
Adaloaldo[115].
Rimaneva comunque costante lo scarso coinvolgimento spirituale di gran
parte dei Longobardi nelle controversie religiose, tanto che la
contrapposizione tra cattolici, da un lato, e pagani, ariani e tricapitolini,
dall'altro, assunse ben presto valenze politiche. I sostenitori
dell'ortodossia romana, capeggiati dalla dinastia Bavarese, erano
politicamente i fautori di una maggior integrazione con i Romanici,
accompagnata da una strategia di conservazione dello status quo con i
Bizantini. Ariani, pagani e tricapitolini, radicati soprattutto nelle regioni
nord-orientali del regno ("Austria"), si facevano invece interpreti della
Croce di Agilulfo, inizio VII secolo, 22,5x15
conservazione dello spirito guerriero e aggressivo del popolo. Cos, alla
cm. Monza, Museo e tesoro del Duomo.
fase "filo-cattolica" di Agilulfo, Teodolinda ed Adaloaldo segu, dal 626
(ascesa al trono di Arioaldo) al 690 (sconfitta definitiva dell'antire Alachis), una lunga fase di ripresa dell'arianesimo,
incarnato da sovrani militarmente aggressivi come Rotari e Grimoaldo. Tuttavia la tolleranza verso i cattolici non
venne mai messa in discussione dai vari re, salvaguardata anche dall'influente apporto delle rispettive regine (in gran
parte scelte, per motivi di legittimazione dinastica, tra le principesse cattoliche della dinastia Bavarese)[81].
Con il progredire dell'integrazione con i Romanici, il processo di conversione al cattolicesimo divenne di massa,
soprattutto grazie alla sempre pi stabile convivenza sullo stesso territorio e, al tempo stesso, del progressivo
allontanamento delle province italiane dall'Impero bizantino (veniva cos meno uno dei principali motivi
politico-diplomatici di avversione al cattolicesimo). Ancora nel VII secolo, nel ducato di Benevento, si ha
notizia[116] di una diffusione ancora molto ampia, almeno nell'ambito aristocratico - nominalmente convertito - di riti
che comprendevano sacrifici animali o idolatria (per lo pi di vipere) e competizioni rituali di carattere chiaramente
germanico, che venivano praticati in piccoli boschi sacri che daranno origine alle leggende sul noce di
Benevento[117].
L'intero popolo divenne, almeno nominalmente, cattolico sul finire del regno di Cuniperto (morto nel 700), e i suoi
successori (su tutti, Liutprando) fecero coscientemente leva sull'unit religiosa (cattolica) di Longobardi e Romanici
per ribadire il loro ruolo di rex totius Italiae[118]. All'interno del ceto guerriero, particolarmente diffusa era la
devozione all'arcangelo Michele, il "guerriero di Dio", al quale furono intitolate numerose chiese[119].
Longobardi
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Diritto
Per approfondire, vedi Diritto longobardo.
Economia
Durante la lunga fase nomade, l'economia dei Longobardi si basava su rudimentali forme di allevamento e
agricoltura, senza che fossero presenti differenziazioni di ceto significative. La continua conflittualit con altri popoli
vicini aggiungeva poi le risorse derivanti dalle razzie[123].
Il processo di crescita del rilievo economico e sociale dei guerrieri crebbe considerevolmente durante le ultime fasi
della migrazione, con lo stanziamento in Rugilandia, nel Feld e soprattutto in Pannonia: le necropoli di questo
periodo attestano infatti la presenza di ricchi corredi funebri composti soprattutto di armi e di oggetti d'oreficeria. I
Longobardi inglobarono le popolazioni romanizzate della Pannonia e ne assimilarono quindi anche le pratiche
economiche, con un'agricoltura stanziale e sviluppata. Diversi guerrieri servirono, in qualit di mercenari, l'Impero
bizantino[124]
In Italia, i Longobardi si imposero in un primo momento come casta dominante al posto di quella di ascendenza
romana preesistente, soppressa o scacciata. I prodotti della terra venivano ripartiti con i sudditi romanici che la
lavoravano, riservando ai Longobardi un terzo (tertia) dei raccolti. I proventi non andavano a singoli individui, ma
alle fare, che li amministravano nelle sale. Il sistema economico della tarda antichit, imperniato su grandi latifondi
lavorati da contadini in condizione semi-servile, non fu rivoluzionato, ma solo modificato affinch avvantaggiasse i
nuovi dominatori[125].
Longobardi
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Lingua
Per approfondire, vedi Lingua longobarda.
I Longobardi parlavano originariamente una lingua germanica; probabilmente apparteneva al gruppo orientale ed era
affine al gotico. Non esistono testimonianze scritte del longobardo, se non alcune parole sporadicamente contenute in
testi giuridici, come l'Editto di Rotari, o storici (soprattutto l'Historia Langobardorum di Paolo Diacono)[128].
L'uso del longobardo declin rapidamente dopo l'insediamento in Italia, soppiantato fin dai primi documenti ufficiali
dal latino. Anche nell'uso quotidiano l'idioma germanico, parlato da un'esigua minoranza della popolazione italiana
dell'epoca, si perse nel volgere di pochi decenni[110]. Non si tratt tuttavia di una dissoluzione nel nulla; anzi,
l'influsso germanico ha significativamente contribuito, soprattutto nel lessico, al passaggio dal latino volgare ai vari
volgari italiani, che si sarebbero poi evoluti nei vari dialetti e nella stessa lingua italiana. La prima attestazione del
volgare italiano, l'Indovinello veronese, risale alla fine dell'VIII secolo.
Longobardi
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Cultura
Letteratura
Non ci sono pervenute testimonianze originali della cultura letteraria
germanica, propria dei Longobardi. Il patrimonio delle saghe,
tramandato oralmente, andato perduto, eccezion fatta per quanto
conservato nel testo, redatto in latino, della Origo gentis
Langobardorum, conservato in alcuni manoscritti delle Leges
Langobardorum e quanto tramandato in forma di aneddoti, o
addirittura ridicolizzato come ridiculam fabulam[4], da Paolo
Diacono[129].
In seguito all'integrazione tra Longobardi e Romanici, avviata con
decisione a partire dagli inizi del VII secolo, risulta difficile isolare i
Paolo Diacono effigiato in un manoscritto
altomedievale.
contributi propri dell'una o dell'altra tradizione nella produzione
letteraria dell'Alto Medioevo italiano (inclusi gli anni successivi alla
caduta del Regno longobardo, nel 774, che non comport la sparizione del popolo)[130]. Esemplare di questa
commistione la pi alta figura della cultura longobarda: Paolo Diacono. Originario del Ducato del Friuli,
orgogliosamente longobardo, adott tuttavia nelle sue opere (su tutte, la capitale Historia Langobardorum) la lingua
latina.
Arte
Per approfondire, vedi Arte longobarda.
Durante la lunga fase nomade (I-VI secolo), i Longobardi svilupparono un linguaggio artistico che aveva molti tratti
in comune con quello delle altre popolazioni germaniche dell'Europa centro-settentrionale. Popolo nomade e
guerriero, non pot dedicarsi allo sviluppo di tecniche artistiche che presupponessero un insediamento stanziale e
l'uso di materiali di difficile trasporto. Nelle loro tombe troviamo quasi solo armi e gioielli, che rappresentano
l'essenza della creazione artistica materialmente eseguita da artefici longobardi[123]. La situazione si modific con
l'insediamento in Pannonia[123] prima e, soprattutto, in Italia poi, quando i Longobardi vennero a contatto con
l'influsso classico e si avvalsero di maestranze romaniche, quando non addirittura di artisti bizantini. Il risultato, al di
l dell'appartenenza etnica degli artisti, stata comunque una produzione artistica per molti versi di sintesi,
sviluppata con tratti anche originali durante l'epoca del regno longobardo lungo l'intera Penisola[131][132].
Longobardi
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Architettura
Per approfondire, vedi Architettura longobarda.
Longobardi
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Tra le opere scultoree sopravvissute fino ai nostri giorni, spicca, nel Tempietto longobardo di Cividale del Friuli,
l'Altare di Rachis, tipico esempio artistico della "Rinascenza liutprandea": la tendenza, nota appunto a partire dal
regno di Liutprando, volta a integrare l'arte longobarda con gli influssi romani[134]. L'altare, realizzato nella prima
met dell'VIII secolo, decorato da alcuni pannelli scolpiti a bassorilievo che riportano scene della vita di Ges
Cristo. Sempre a Cividale conservato, presso il Museo archeologico nazionale, il Fonte battesimale del patriarca
Callisto, anch'esso risalente all'VIII secolo; ottagonale, reca alcuni eleganti bassorilievi nella parte inferiore (la
Croce, i simboli degli evangelisti) ed sormontato da un tegurio. Anch'esso ottagonale, questo sostenuto da
colonne corinzie ed scandito da ampi archi a tutto sesto, a loro volta adornati da iscrizioni e da motivi vegetali,
animali e geometrici[135].
Pittura
Per approfondire, vedi Pittura longobarda.
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Oreficeria
Per approfondire, vedi Oreficeria longobarda.
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Miniatura
Per approfondire, vedi Scuola beneventana.
La miniatura in et longobarda conobbe, soprattutto all'interno dei monasteri, un particolare sviluppo, tanto che
definita Scuola longobarda (o "franco-longobarda") una peculiare tradizione decorativistica. Questa espressione
artistica raggiunse la pi alta espressione nei codici redatti monasteri dalla seconda met dell'VIII secolo[142], mentre
nel Ducato di Benevento la Scuola beneventana svilupp caratteri propri, visibili anche in varie opere pittoriche
dell'epoca.
Note
[1] Sergio Rovagnati, I Longobardi, p. 5.
[2] Lida Capo, Commento a Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, p. 380.
[3] Origo gentis Langobardorum, 1.
[4] Paolo Diacono, Historia Langobardorum, I, 8.
[5] Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, p. 6.
[6] Rovagnati, p. 99.
[7] Capo, p. 379.
[8] Giordane, De origine actibusque Getarum, III, 23.
[9] Ernesto Sestan, La storiografia dell'Italia longobarda: Paolo Diacono, p. 373.
[10] Capo, p. 371.
[11] Jarnut, p. 4; Rovagnati, pp. 11-13.
[12] Franco Cardini e Marina Montesano, Storia medievale, p. 80.
[13] Rovagnati, p. 12.
[14] Capo, cartina 1, pp. LII-LIII.
[15] Jarnut, p. 5.
[16] Rovagnati, p. 13.
[17] Paolo Diacono, I, 11-13.
[18] Jarnut, pp. 7-8; Rovagnati, pp. 14-15.
[19] Velleio Patercolo, Historiae romanae ad M. Vinicium libri duo, II, 106.2.
[20] Jarnut, p. 8.
[21] Capo, pp. 383-384.
[22] Publio Cornelio Tacito, Germania, XL.
[23] Tacito, Germania, XL.
[24] Cassiodoro, Chronica.
[25] Dione Cassio, Historia Romana, LXXII, 1a.
[26] Rovagnati, p. 17.
[27] Origo gentis Langobardorum, 2.
[28] Capo, pp. 384-385.
[29] Jarnut, p. 12; Rovagnati, pp. 17-18.
[30] Jarnut, p. 13.
[31] Rovagnati, p. 18.
[32] Paolo Diacono, I, 14.
[33] Paolo Diacono, I, 16.
[34] Jarnut, pp. 24-26; Rovagnati, pp. 18-19.
[35] Jarnut, p. 14.
[36] Rovagnati, p. 22.
[37] Paolo Diacono, I, 19.
[38] Jarnut, p. 15.
[39] Paolo Diacono, I, 21.
[40] Rovagnati, p. 24.
[41] Jarnut, p. 17.
[42] Paolo Diacono, I, 22.
[43] Rovagnati, p. 27.
[44] Jarnut, p. 19.
[45] Paolo Diacono, I, 23.
Longobardi
[46] Jarnut, p. 21.
[47] Rovagnati, p. 30.
[48] Procopio, De bello Gothico, IV, 26.
[49] Paolo Diacono, I, 27.
[50] Rovagnati, p. 31.
[51] Jarnut, p. 22.
[52] Jarnut, p. 30.
[53] Paolo Diacono, II, 26.
[54] Per Giorgio Ruffolo, per esempio, i Longobardi che invasero l'Italia erano circa trecentomila (Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una
superpotenza, p. 175).
[55] Jarnut, p. 31.
[56] Capo, p. LVI.
[57] Paolo Diacono, II, 14.
[58] Paolo Diacono, II, 25-26.
[59] Jarnut, p. 34.
[60] Jarnut, p. 33.
[61] Cardini-Montesano, p. 81.
[62] Jarnut, pp. 48-50.
[63] Paolo Diacono, II, 28.
[64] Paolo Diacono, II, 29.
[65] Paolo Diacono, II, 30.
[66] Paolo Diacono, III, 16.
[67] Jarnut, p. 37.
[68] Paolo Diacono, III, 35.
[69] Jarnut, p.44.
[70] Jarnut, p. 42.
[71] Jarnut, p. 43.
[72] Paolo Diacono, IV, 9.
[73] Paolo Diacono, IV, 41.
[74] Jarnut, pp. 54-55.
[75] Paolo Diacono, IV, 42.
[76] Paolo Diacono, IV, 45.
[77] Jarnut, pp. 71-72
[78] Jarnut, p. 57.
[79] Jarnut, p. 59.
[80] Paolo Diacono, V, 36.
[81] Jarnut, pp. 61-62.
[82] Paolo Diacono, V, 38-41.
[83] Jarnut, p. 80.
[84] Jarnut, p. 97.
[85] Paolo Diacono, VI, 58.
[86] Rovagnati, p. 69.
[87] Jarnut, pp. 88-89.
[88] Liber pontificalis, "Gregorio II", 18, 21.
[89] Jarnut, p. 94.
[90] Jarnut, p. 82; Rovagnati, pp. 75-76.
[91] Liber pontificalis, "Zaccaria", 6-11.
[92] Jarnut, pp. 108-109.
[93] Jarnut, p. 110.
[94] Jarnut, pp. 112-113.
[95] Jarnut, p. 117.
[96] Jarnut, pp. 118-123.
[97] Jarnut, pp. 123-127.
[98] Rovagnati, pp. 92-93.
[99] Leges Langobardorum, "Edictus Rothari", prologo.
[100] Jarnut, pp. 22-24.
[101] Jarnut, pp. 24-26.
[102] Cardini-Montesano, p. 82.
[103] Paolo Diacono, II, 9.
92
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[104]
[105]
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95
Longobardi
96
Voci correlate
Contesto storico generale
Alto Medioevo
Franchi
Germani
Esarcato d'Italia
Impero bizantino
Invasioni barbariche
Italia medievale
Regni latino-germanici
Stato Pontificio
Arte longobarda
Duca (Longobardi)
Ducati longobardi
Longobardi in Italia: i luoghi del potere
Migrazione longobarda
Monetazione longobarda
Regno longobardo
Societ longobarda
Sovrani longobardi
Diritto longobardo
Altri progetti
Collegamenti esterni
(LA) Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum saec. VIIX in Monumenta Germaniae Historica (http://
mdz10.bib-bvb.de/~db/bsb00000858/images/index.html?id=00000858&fip=81.208.40.195&no=16&
seite=2)
Longobardi in Italia: i luoghi del potere:
Il sito ufficiale della candidatura (http://www.italialangobardorum.it/index.asp?).URL consultato in data 26
giugno 2011.
(EN) La candidatura sul sito dell'Unesco (http://whc.unesco.org/en/tentativelists/333).URL consultato in data
26 giugno 2011.
Longobardi (http://www.hls-dhs-dss.ch/textes/i/I8029.php) in Dizionario storico della Svizzera
L'arte dei Longobardi
Longobardi
97
Regno longobardo
Regno longobardo
(dettagli)
Dati amministrativi
Nome completo
Regno longobardo
Regno dei Longobardi
Regno d'Italia
Nome ufficiale
Regnum Langobardorum
Regnum totius Italiae
Lingue ufficiali
Latino
Lingue parlate
Capitale
Altre capitali
Pavia
Monza, Milano
Politica
Forma di governo
Monarchia elettiva
Nascita
Causa
Fine
Causa
Regno longobardo
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Territorio e popolazione
Bacino geografico
Massima estensione
Italia
Italia continentale eccetto Venezia, Ducato romano, Napoli, Salento, Calabria nel 753 (conquiste di Astolfo)
Economia
Valuta
Tremisse
Religione e societ
Preceduto da
Impero bizantino
Succeduto da
Impero carolingio
Ducato di Benevento
Ducato di Spoleto
Stato pontificio
Il Regno longobardo o Regno dei Longobardi (Regnum Langobardorum in latino, Langbardland in antico
germanico) fu l'entit statale costituita in Italia dai Longobardi tra il 568-569 (invasione dell'Italia) e il 774 (caduta
del regno a opera dei Franchi di Carlo Magno), con capitale Pavia. L'effettivo controllo dei sovrani sulle due grandi
aree che costituivano il regno, la Langobardia Maior nel centro-nord (a sua volta ripartita in un'area occidentale, o
Neustria, e in una orientale, o Austria) e la Langobardia Minor nel centro-sud, non fu costante nel corso dei due
secoli di durata del regno; da un'iniziale fase di forte autonomia dei numerosi ducati che lo componevano, si svilupp
con il tempo una sempre maggior autorit del sovrano, anche se le pulsioni autonomiste dei duchi non furono mai del
tutto imbrigliate.
Il VI secolo
Regno longobardo
99
L'irruzione dei Longobardi pose fine all'effimera riconquista bizantina di Giustiniano e, per la prima volta dai tempi
della conquista romana (III-II secolo a.C.), ruppe l'unit politica della penisola italiana che si trov infatti divisa tra i
Longobardi e i Bizantini, secondo confini soggetti a variabilit nel corso del tempo date le caratteristiche
dell'insediamento longobardo e le oscillazioni dei rapporti di forza.
I nuovi venuti si ripartirono tra Langobardia Maior (l'Italia settentrionale gravitante intorno alla capitale del regno,
Ticinum - oggi Pavia -; da qui il nome dell'odierna regione Lombardia) e Langobardia Minor (i ducati di Spoleto e
Benevento), mentre i territori rimasti sotto controllo bizantino erano chiamati "Romnia" (da qui il nome dell'odierna
regione Romagna) e avevano come fulcro l'Esarcato di Ravenna.
All'ingresso in Italia, Alboino affid il controllo delle
Alpi orientali a uno dei suoi pi fidi luogotenenti,
Gisulfo, che divenne il primo duca del Friuli. Il ducato,
con sede a Cividale del Friuli (allora Forum Iulii),
sempre in lotta con le popolazioni straniere che si
affacciavano dalla Soglia di Gorizia,[1] avrebbe
mantenuto fino al regno di Liutprando una maggiore
autonomia nei confronti degli altri ducati della
Langobardia Maior, giustificata dai suoi eccezionali
bisogni militari.
In seguito altri ducati furono creati nelle principali citt
del regno: la soluzione fu dettata da esigenze in primo
luogo militari (i duchi erano prima di tutto comandanti,
con il compito di completare il controllo del territorio e
tutelarlo da possibili contrattacchi), ma gett il seme
della strutturale debolezza del potere regio
longobardo.[2]
Nel 572, dopo la capitolazione di Pavia e la sua
elevazione a capitale del regno, Alboino cadde vittima
di una congiura ordita a Verona dalla moglie
Rosmunda, in combutta con alcuni guerrieri gepidi e longobardi. L'aristocrazia longobarda, comunque, non avall il
regicidio e costrinse Rosmunda alla fuga presso i Bizantini, a Ravenna.
I domini longobardi alla morte di Alboino (572)
Pi tardi, in quello stesso 572, i trentacinque duchi riuniti in assemblea a Pavia acclamarono re Clefi. Il nuovo
sovrano estese i confini del regno, completando la conquista della Tuscia e cingendo d'assedio Ravenna. Clefi tent
di portare avanti coerentemente la politica di Alboino, che mirava a spezzare istituti giuridico-amministrativi ormai
consolidati durante il dominio ostrogoto e bizantino, eliminando buona parte dellaristocrazia latina, occupandone le
terre e acquisendone i patrimoni. Anch'egli, per, nel 574 cadde vittima di un regicidio, sgozzato da un uomo del suo
seguito forse istigato dai Bizantini.
Regno longobardo
100
In Italia i Longobardi si imposero quindi in un primo momento come casta dominante al posto di quella preesistente,
soppressa o scacciata. I prodotti della terra venivano ripartiti con i sudditi romanici che la lavoravano, riservando ai
Longobardi un terzo (tertia) dei raccolti. I proventi non andavano a singoli individui, ma alle fare, che li
amministravano nelle sale (termine che ricorre tuttora nella toponomastica italiana). Il sistema economico della tarda
antichit, imperniato su grandi latifondi lavorati da contadini in condizione semi-servile, non fu rivoluzionato, ma
solo modificato affinch avvantaggiasse i nuovi dominatori[4].
Regno longobardo
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(IT)
C'era questo di meraviglioso nel regno dei Longobardi: non
c'erano violenze, non si tramavano insidie; nessuno opprimeva
gli altri ingiustamente, nessuno depredava; non c'erano furti,
non c'erano rapine; ognuno andava dove voleva, sicuro e senza
alcun timore
Autari mor in quello stesso 590, probabilmente avvelenato in una congiura di palazzo e, stando alla leggenda
riportata da Paolo Diacono,[7] la successione al trono fu decisa in maniera romanzesca. Fu la giovane regina vedova
Teodolinda, bavara ma portatrice del sangue dei Letingi, a scegliere l'erede al trono e suo nuovo marito: il duca di
Torino, Agilulfo. L'anno successivo (591) Agilulfo ricevette l'investitura ufficiale da parte dell'assemblea dei
Longobardi, riunita a Milano. L'influenza della regina sulla politica di Agilulfo fu notevole e le decisioni principali
vengono attribuite a entrambi.[8]
Regno longobardo
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Stroncata nel 594 la ribellione di alcuni duchi, Agilulfo
e Teodolinda svilupparono una politica di
rafforzamento in Italia, garantendo i confini attraverso
trattati di pace con Franchi e Avari. Le tregue con i
Bizantini furono sistematicamente violate e il decennio
fino al 603 fu segnato da una marcata ripresa
dell'avanzata longobarda. Nel nord Agilulfo occup, tra
le varie citt, anche Parma, Piacenza, Padova,
Monselice, Este, Cremona e Mantova, mentre anche a
sud i duchi di Spoleto e Benevento ampliavano i
domini longobardi.
Anche l'arte visse, con Agilulfo e Teodolinda, una stagione fiorente. In architettura Teodolinda fond la Basilica di
San Giovanni e il Palazzo Reale di Monza, mentre dell'oreficeria sono arrivati fino a noi capolavori quali la Croce di
Regno longobardo
103
Il VII secolo
La ripresa degli ariani: Arioaldo, Rotari
Per approfondire, vedi Diritto longobardo e Editto di Rotari.
Alla morte di Agilulfo, nel 616, il trono pass al figlio minorenne Adaloaldo. La reggenza (che di fatto prosegu
anche dopo l'uscita del re dalla minorit[11]) fu esercitata dalla regina madre Teodolinda, che affid il comando
militare al duca Sundarit. Teodolinda prosegu la sua politica filo-cattolica e di pacificazione con i Bizantini,
suscitando per una sempre pi decisa opposizione da parte della componente ariana e guerriera dei Longobardi. Il
conflitto esplose nel 624 e fu capeggiato da Arioaldo, duca di Torino e cognato di Adaloaldo (aveva sposato sua
sorella Gundeperga). Adaloaldo fu deposto nel 625 e al suo posto si insedi Arioaldo.
Il "colpo di Stato" ai danni della dinastia Bavarese di
Adaloaldo e Teodolinda, che port al trono Arioaldo,
apr una stagione di conflitti tra le due componenti
religiose del regno. Dietro o accanto alle scelte di fede,
tuttavia, la contrapposizione aveva coloriture politiche,
in quanto opponeva i fautori di una politica di
pacificazione con i Bizantini e con il Papato e di
integrazione con i Romanici (Bavaresi) ai propugnatori
di una politica pi aggressiva ed espansionista (nobilt
ariana).[12] Il regno di Arioaldo (626-636), che riport
la capitale a Pavia, fu travagliato da questi contrasti,
oltre che dalle minacce esterne; il re riusc a respingere
in Friuli un attacco degli Avari, ma non a limitare il
crescere dell'influenza dei Franchi nel regno. Alla sua
morte la leggenda narra che, con procedura identica a
quella seguita con sua madre Teodolinda, la regina
Gundeperga ebbe il privilegio di scegliersi il nuovo
sposo e re.[13] La scelta cadde su Rotari, duca di
Brescia e anch'egli ariano.
I domini longobardi alla morte di Rotari (652)
Regno longobardo
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La dinastia bavarese
Per approfondire, vedi Dinastia Bavarese.
Regno longobardo
Alachis torn a sollevarsi, coalizzando intorno a s gli oppositori alla politica filo-cattolica dei Bavaresi, alla morte
di Pertarito, nel 688. Il suo figlio e successore Cuniperto fu inizialmente sconfitto e costretto a rifugiarsi sull'Isola
Comacina; soltanto nel 689 riusc a venire a capo della ribellione, sconfiggendo e uccidendo Alachis nella battaglia
di Coronate, presso l'Adda. La crisi derivava dalla divergenza che vedeva contrapposte le due regioni della
Langobardia Maior: da un lato le regioni occidentali (Neustria), fedeli ai sovrani Bavaresi, filo-cattoliche e
sostenitrici della politica di pacificazione con Bisanzio e Roma; dall'altra le regioni orientali (Austria), legate alla
tradizione longobarda che, dietro all'adesione a paganesimo e arianesimo, non si rassegnava a una mitigazione del
carattere guerriero del popolo. La fronda dei duchi d'Austria contestava la crescente "latinizzazione" di costumi,
pratiche di corte, diritto e religione, che accelerava la disgregazione e la perdita d'identit germanica della gente
longobarda.[18] La vittoria consent tuttavia a Cuniperto, gi da tempo associato al trono dal padre e attore non
secondario della sua politica, di proseguire nell'opera di pacificazione del regno, sempre in chiave filo-cattolica. Un
sinodo, convocato a Pavia nel 698, sanc il riassorbimento dello Scisma tricapitolino, con il ritorno degli scismatici
all'obbedienza romana.
L'VIII secolo
La crisi dinastica
La morte di Cuniperto, nel 700, segn l'apertura di una grave crisi dinastica. L'ascesa al trono del figlio minorenne di
Cuniperto, Liutperto, fu immediatamente contestata dal duca di Torino, Ragimperto, anche lui esponente del casato
Bavarese. Ragimperto sconfisse a Novara i sostenitori di Liutperto (il suo tutore Ansprando, duca di Asti, e il duca di
Bergamo, Rotarit) e, agli inizi del 701, sal al trono. Mor tuttavia dopo appena otto mesi lasciando il trono al figlio
Ariperto II; Ansprando e Rotarit reagirono immediatamente e imprigionarono Ariperto, restituendo il trono a
Liutperto. Ariperto, a sua volta, riusc a fuggire e a scontrarsi con i tutori del suo antagonista. Nel 702 li sconfisse a
Pavia, imprigion Liutperto e occup il trono. Poco dopo stronc definitivamente l'opposizione: uccise Rotarit,
soppresse il suo ducato e fece affogare Liutperto. Solo Ansprando riusc a sfuggire, rifugiandosi in Baviera. Poco pi
tardi Ariperto stronc una nuova ribellione, quella del duca del Friuli Corvolo, e pot sviluppare una politica di
pacificazione, sempre favorendo l'elemento cattolico del regno.
Nel 712 Ansprando torn in Italia con un esercito raccolto in Baviera e si scontr con Ariperto; la battaglia fu
incerta, ma il re diede prova di vilt e fu abbandonato dai suoi sostenitori.[19] Mor mentre tentava la fuga verso il
regno dei Franchi, affogato nel Ticino dove sprofond a causa del peso dell'oro che portava con s.[20] Con lui ebbe
termine la presenza della dinastia Bavarese sul trono dei Longobardi.
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Regno longobardo
Gli ultimi re
Il regno di Ildebrando dur solo pochi mesi, poi venne rovesciato
da una rivolta capeggiata dal duca Rachis. I contorni dell'episodio
non sono chiari, essendo la fondamentale testimonianza di Paolo
Diacono terminata con un panegirico in morte di Liutprando.
Ildebrando era stato consacrato re nel 737, durante una grave
malattia di Liutprando (che non grad affatto: "Non aequo animo
accepit", scrisse Paolo Diacono[25]), anche se una volta
ristabilitosi accett la scelta. Il nuovo re, quindi, almeno
inizialmente godette del sostegno della maggior parte
dell'aristocrazia, se non di quella del grande monarca. Rachis, il
duca del Friuli che sal al trono al suo posto, proveniva da una
famiglia con una lunga tradizione di ribellioni al potere centrale e
di rivalit con la famiglia reale, ma d'altro canto doveva la vita e il
titolo ducale a Liutprando, che lo aveva perdonato dopo aver
scoperto un complotto capeggiato da suo padre Pemmone.
Rachis in una miniatura
Rachis fu un sovrano debole: dovette da una parte concedere
maggior libert d'azione agli altri duchi, dall'altra prestare estrema
attenzione a non esasperare i Franchi e, soprattutto, il loro maggiordomo di palazzo e re de facto Pipino il Breve,
figlio adottivo del re di cui aveva spodestato il nipote. Non potendo fidarsi delle tradizionali strutture d'appoggio alla
monarchia longobarda, cerc sostegno presso i gasindi, cio la piccola nobilt legata al re da patti di protezione[26] e
soprattutto presso i Romanici, cio i sudditi non longobardi. Queste sue innovazioni dell'antico costume, accanto ad
atteggiamenti pubblici filo-latini (si spos con una donna romana, Tassia, e con rito romano; adott il titolo di
princeps al posto del tradizionale rex Langobardorum) gli inimicarono sempre pi la base dei Longobardi, che lo
costrinse a cercare un totale rovesciamento di fronte, con un attacco improvviso alle citt della Pentapoli. Il papa,
per, lo convinse a rinunciare all'assedio di Perugia. Dopo questo fallimento il prestigio di Rachis croll e i duchi
elessero come nuovo re suo fratello Astolfo, che gi gli era succeduto come duca a Cividale e che ora, dopo una
breve lotta, lo costrinse a rifugiarsi a Roma e infine a farsi monaco a Montecassino.
Astolfo fu espressione della corrente pi aggressiva dei duchi, che rifiutava un ruolo attivo alla componente
romanica della popolazione. Per la sua politica espansionistica per dovette riorganizzare l'esercito in modo da
includervi, seppur nella posizione subalterna di fanteria leggera, tutte le componenti etniche del regno. Ad essere
soggetti agli obblighi di leva erano tutti i liberi del regno, sia quelli di origine romanica sia quelli di origine
longobarda; le norme militari emanate da Astolfo citano pi volte i mercanti, indice di come ormai la classe fosse
divenuta rilevante.[27]
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Inizialmente Astolfo colse notevoli successi, culminati
nella conquista di Ravenna (751); qui il re, risiedendo
nel Palazzo dell'esarca e battendo moneta di tipo
bizantino, espose il suo programma: raccogliere sotto il
suo potere tutti i Romanici fino ad allora soggetti
all'imperatore, senza necessariamente fonderli con i
Longobardi. L'Esarcato non fu omologato agli altri
possedimenti longobardi in Italia (non fu cio eretto a
ducato), ma mantenne la sua specificit come sedes
imperii: in questo modo Astolfo si proclamava erede
diretto, agli occhi dei Romanici italiani, dell'imperatore
bizantino e dell'esarca, suo rappresentante.[28] Le sue
campagne portarono i Longobardi a un dominio quasi
completo dell'Italia, con l'occupazione (750-751) anche
dell'Istria, di Ferrara, di Comacchio e di tutti i territori a
sud di Ravenna fino a Perugia. Con l'occupazione della
roccaforte di Ceccano accentu la pressione sui territori
controllati dal papa Stefano II, mentre nella
Langobardia Minor riusc a imporre il suo potere anche
a Spoleto e, indirettamente, a Benevento.
Proprio nel momento in cui Astolfo pareva ormai
avviato a vincere tutte le opposizioni sul suolo italiano,
nelle Gallie Pipino il Breve, vecchio nemico degli
usurpatori della famiglia di Liutprando, riusc a
rovesciare definitivamente la dinastia merovingia
deponendo Childerico III e divenendo re anche de jure;
decisivi furono l'appoggio del Papato, nonostante
fossero in corso anche trattative (presto fallite) tra
Astolfo e il papa, e il tentativo di indebolire Pipino
incitandogli contro il fratello Carlomanno.
Regno longobardo
Il fratello Rachis usc dal monastero e tent, inizialmente con qualche successo, di ritornare sul trono. Si oppose
Desiderio, messo da Astolfo a capo del Ducato di Tuscia con sede a Lucca; non apparteneva alla dinastia friulana,
malvista dal papa e dai Franchi, e riusc ad ottenere il loro appoggio. I Longobardi gli si sottomisero per evitare
un'altra discesa dei Franchi e Rachis fu convinto dal papa a ritornare a Montecassino.
Desiderio con un'abile e discreta politica riafferm poco a poco il controllo longobardo sul territorio facendo di
nuovo leva sui Romanici, creando una rete di monasteri governati da aristocratici longobardi (sua figlia Anselperga
fu creata badessa di San Salvatore a Brescia), trattando col successore di papa Stefano II, Paolo I, e riconoscendone il
dominio nominale su molti territori in realt in suo potere, come i riconquistati ducati meridionali. Inoltre attu una
disinvolta politica matrimoniale, dando in moglie sua figlia Liutperga al duca di Baviera, Tassilone (763), avversario
storico dei Franchi e, alla morte di Pipino il Breve, facendo sposare l'altra figlia Desiderata (che nella tragedia
Adelchi Alessandro Manzoni immortal dandole il nome di Ermengarda) al futuro Carlo Magno, offrendogli un utile
appoggio nella lotta contro il fratello Carlomanno.
Nonostante le alterne fortune del potere politico centrale, l'VIII secolo rappresent l'apogeo del regno, periodo di
benessere anche economico. L'antica societ di guerrieri e sudditi si era trasformata in una vivace articolazione di
ceti e classi, con proprietari fondiari, artigiani, contadini, mercanti, giuristi; conobbero grande sviluppo, anche
economico, le abbazie, soprattutto benedettine, e si espanse l'economia monetaria, con la consuegente creazione di
un ceto bancario[29]. Dopo un primo periodo durante il quale la monetazione longobarda coniava esclusivamente
monete bizantine d'imitazione, i re di Pavia svilupparono una monetazione autonoma, aurea e argentee. Il ducato di
Benevento, il pi indipendente dei ducati, ebbe anche una propria monetazione autonoma.
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Giudizi storiografici
L'et del regno longobardo stata, soprattutto in Italia, a lungo svalutata come regno delle barbarie[31] nel pieno dei
"Secoli bui". Un periodo di confusione e dispersione, segnato dalle abbandonate vestigia di un glorioso passato e
ancora in cerca di nuova identit; lo testimoniano, per esempio, i versi dell'Adelchi manzoniano:
L'economista Giorgio Ruffolo, riprendendo il giudizio sui Longobardi di Gabriele Pepe[32], ne parla in termini assai
poco lusinghieri: Diciamo la verit: all'Italia, forse per una oscura legge di contrappasso, sono toccati, in definitiva,
i barbari meno intelligenti e pi grossolani d'Europa. Totalmente incapaci di fondersi con il popolo vinto, allevatori
di maiali e cacciatori forsennati, totalmente incapaci di lavoro produttivo, gente rozza senza idealit, senza poesia,
senza leggi, senza ricchezza, senza patria (si scannavano tra loro, tradendosi continuamente), sono stati per l'Italia
una vera maledizione. Hanno segnato il secolo pi infelice della nostra storia[33].
Sergio Rovagnati arriva a definire il perdurante pregiudizio negativo sui Longobardi una sorta di damnatio
memoriae, comune a quella spesso riservata a tutti i protagonisti delle Invasioni barbariche.[34] Gli orientamenti
storiografici pi recenti, tuttavia, hanno ampiamente rivalutato l'et longobarda della storia d'Italia. Lo storico
tedesco Jrg Jarnut ha puntualizzato[35] l'insieme degli elementi che costituiscono l'importanza storica del regno
longobardo. Alla separazione tra Langobardia Maior e Langobardia Minor risale la bipartizione storica dell'Italia che
ha, per secoli, fatto orientare il nord verso l'Europa centro-occidentale e il sud, invece, verso l'area mediterranea,
mentre il diritto longobardo condizion a lungo l'impianto giuridico italiano, tanto da non essere del tutto
abbandonato nemmeno dopo la riscoperta del diritto romano, tra XI e XII secolo. Ampio il contributo del
longobardo, lingua germanica, alla formazione della lingua italiana, che proprio nei secoli del regno longobardo
maturava il proprio distacco dal latino volgare per assumere forme autonome.
Per quanto concerne il ruolo ricoperto dai Longobardi in seno alla nascente Europa, Jarnut[36] evidenzia che, dopo il
declino del regno dei Visigoti e durante il periodo di debolezza del regno dei Franchi in epoca merovingia, Pavia era
stata sul punto di assumere una funzione guida per l'Occidente, dopo aver determinato, strappando gran parte
dell'Italia al dominio dei basileus, la definitiva linea di confine tra l'Occidente latino-germanico e l'Oriente
greco-bizantino; a spezzare bruscamente l'ascesa europea dei Longobardi intervenne per il rafforzamento del regno
franco sotto Carlo Magno, che inflisse agli ultimi sovrani longobardi le sconfitte decisive. Alla disfatta militare,
Regno longobardo
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tuttavia, non corrispose un annullamento dell'elemento longobardo: Claudio Azzara precisa che la stessa Italia
carolingia si configur, in realt, come un'Italia longobarda, nei meccanismi costitutivi della societ e nella
cultura.[37]
Cinema
Alessandro Manzoni in un
ritratto di Francesco Hayez
Ben tre sono state le pellicole ispirate dalle novelle di Croce e Banchieri e ambientate nel
periodo iniziale del regno longobardo (interpretato assai liberamente):
Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (1936), diretto da Giorgio Simonelli;
Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (1954), diretto da Mario Amendola e Ruggero Maccari;
Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (1984), diretto da Mario Monicelli.
Di gran lunga pi celebre l'ultima delle tre pellicole, che vantava un cast composto, tra gli altri, da Ugo Tognazzi
(Bertoldo), Maurizio Nichetti (Bertoldino), Alberto Sordi (fra Cipolla) e Lello Arena (re Alboino).
Regno longobardo
Note
[1] Cfr. Paolo Diacono, Historia Langobardorum, IV, 37; VI, 24-26 e 52.
[2] Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, pagg. 48-50.
[3] O dodici anni, secondo l'Origo gentis Langobardorum e Fredegario.
[4] Jarnut, pp. 46-48.
[5] Jarnut, cit., pag. 37.
[6] Paolo Diacono, cit., III, 16.
[7] Ivi, III, 35.
[8] Jarnut, cit., pag. 44.
[9] Ibidem.
[10] Ivi, pag. 43.
[11] Paolo Diacono, cit., IV, 41.
[12] Jarnut, cit., pag. 61.
[13] Ivi, pag. 56.
[14] Paolo Diacono, cit., IV, 45.
[15] A tal proposito si ricorda la partizione che Pipino il Breve fece del suo regno tra i due figli Carlomanno e Carlo (futuro Carlo Magno), e la
divisione predisposta dallo stesso Carlo Magno in favore dei tre eredi.
[16] Jarnut, cit., pag. 59.
[17] Paolo Diacono, cit., IV, 46.
[18] Franco Cardini e Marina Montesano, Storia medievale, pag. 86.
[19] Ivi, VI, 35.
[20]
[21]
[22]
[23]
[24]
[25]
[26]
[27]
[28]
[29]
[30]
[31]
[32]
[33]
[34]
[35]
[36]
[37]
Ibidem.
Jarnut, cit. pag. 97.
Paolo Diacono, cit., VI, 49.
Jrg Jarnut, cit., pag. 82; Sergio Rovagnati, I Longobardi, pagg. 75-76.
Jarnut, pp.98-101.
Paolo Diacono, cit., VI, 55.
Leges Langobardorum, Ratchis Leges, 14, 1-3.
Jarnut, cit., pag. 111.
Ivi, pag. 112.
Jarnut, p. 102.
Ivi, pag. 125.
cfr. Claudio Azzara, L'Italia dei barbari, pag. 135.
Gabriele Pepe, Il Medio Evo barbarico d'Italia.
Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza, p. 299.
Rovagnati, cit., pag. 1.
Jarnut, cit., pagg. 135-136.
Ivi, pagg. 136-137.
Azzara, cit., pag. 138.
Bibliografia
Fonti primarie
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Regno longobardo
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Voci correlate
Singoli aspetti dell'et longobarda
Arte longobarda
Duca (Longobardi)
Ducati longobardi
Sovrani longobardi
Societ longobarda
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Regno longobardo
115
Alto Medioevo
Esarcato d'Italia
Impero bizantino
Invasioni barbariche
Italia medievale
Migrazione longobarda
Regni latino-germanici
Stato Pontificio
Storia della Gallia tardo-antica e alto-medioevale
Collegamenti esterni
Ministero per i Beni e le attivit culturali, Italia Langobardorum. Centri di potere e di culto (568-774 d.C.),
candidatura alla Lista dei patrimoni dell'umanit Unesco, La storia del Longobardi in Italia (http://www.
beniculturali.it/pdf/2-LangobardorumSTORIA.pdf).URL consultato in data 03-10-2008..
Portale Longobardi
Fara (Longobardi)
La fara (plurale: fare in italiano, farae in latino) era l'unit fondamentale dell'organizzazione sociale e militare dei
Longobardi. Essa era costituita dall'aggregazione di un gruppo omogeneo e compatto di famiglie (originate dallo
stesso clan gentilizio) ed era in grado di organizzarsi in contingente con funzioni militari di esplorazione, di attacco e
di occupazione di territori durante le grandi migrazioni che condussero il popolo longobardo dall'area del Baltico,
alla Pannonia, fino in Italia.
Fara (Longobardi)
era assicurata dai legami famigliari che i membri di una fara ritenevano di avere gli uni con gli altri; durante il
ventennale stanziamento in Pannonia (547 circa-568), tuttavia, l'inevitabile nascita di differenze economiche
consent ai pi ricchi e potenti fra i duchi di accogliere all'interno della propria fara combattenti meno provvisti di
mezzi.
L'invasione dell'Italia, nel 568, fu organizzata da Alboino sulla base delle fare, che costituirono le unit, militari e
migratorie insieme, per mezzo delle quali i Longobardi penetrarono nella Penisola (ossia il populus congregatus in
armis).[2] Una volta giunti in un nuovo territorio, una fara veniva prescelta per essere insediata nel suo complesso in
un punto strategico, di norma appoggiandosi a strutture preesistenti. Ad esempio Gisulfo I del Friuli, il primo duca
longobardo insediatosi in Italia (e l'unico creato direttamente da Alboino), si stanzi con il suo seguito di arimanni
nella citt di Cividale (gi Forum Iulii).[2]
A conquista avvenuta, le fare conservarono ancora per alcuni anni i loro caratteri di mobilit e di provvisoriet, per
poi progressivamente evolversi in insediamenti stabili. L'autonomia di mobilit delle fare ancora ricordata dal cap.
177 dell'Editto di Rotari, che in caso di spostamento della fara da un territorio prevede la restituzione al duca delle
donazioni eventualmente fatte da questi al gruppo.[2] Esempi di costituzione spontanea di ducati ad opera delle fare
sono i ducati di Spoleto e di Benevento, isolati rispetto alla maggior parte dei ducati concentrati nel Nord Italia.[2]
Gli insediamenti
I luoghi dove si stabilirono le fare, ubicati spesso nelle zone di confine dell'espansione longobarda, divennero in
molti casi centri abitati permanenti dei quali rimasta traccia nella toponomastica.
La toponomastica
In Italia numerosi sono i paesi, le frazioni o le semplici localit che conservano nel proprio nome, in forme diverse,
traccia delle loro origini di fara, ovvero di antico insediamento longobardo; anche se sempre in epoca longobarda si
era diffuso il culto devozionale a santa Fara:
Fara Vetula, antico nome di Fallavecchia, localit nel comune di Morimondo (Mi)[]
Fara Vicentino (Vi)
116
Fara (Longobardi)
Note
[1]
[2]
[3]
[4]
Bibliografia
Adriano Cavanna, Fara, sala, arimannia nella storia di un vico longobardo, Milano, 1967
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002. ISBN 8846440854
Voci correlate
Duca (Longobardi)
Longobardi
Societ longobarda
Portale Longobardi: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di Longobardi
117
Societ longobarda
118
Societ longobarda
La societ longobarda costitu la struttura sociale del popolo longobardo, durante la lunga fase migratoria dal basso
Elba fino all'Italia (I-VI secolo), e in seguito quella del Regno longobardo (568-774). Nel corso dei secoli, la societ
longobarda si caratterizz per continui processi di inclusione: prima, durante la fase nomade, dei vari popoli
(principalmente germanici, ma anche di altra origine linguistica) incontrati lungo la migrazione; poi, all'interno del
loro regno, con i Romanici di cultura latina.
Evoluzione storica
La fase nomade
Fin dalle fonti pi antiche, i Longobardi si sono sempre definiti gens Langobardorum: una gens, quindi, ovvero un
gruppo di individui che aveva ben chiara la consapevolezza di formare una comunit e convinto di condividere
un'ascendenza comune. Questo, tuttavia, non significava che i Longobardi fossero un gruppo etnicamente omogeneo;
durante il processo migratorio inclusero al loro interno individui isolati o frammenti di popoli incontrati durante i
loro spostamenti, soprattutto attraverso l'inserimento di guerrieri. Per accrescere il numero di uomini in armi
ricorsero spesso all'affrancamento degli schiavi, per lo pi provenienti da altri popoli. La maggior parte degli
individui via via inclusi era probabilmente composta da elementi germanici, ma non mancavano origini etniche
diverse (per esempio, Avari del ceppo turco). Durante la permanenza alle foci dell'Elba i Longobardi vennero in
contatto con altre popolazioni di Germani occidentali, quali Sassoni e Frisoni. Da queste popolazioni, che a lungo
erano state in contatto con i Celti (soprattutto i Sassoni), appresero un'organizzazione sociale in caste, raramente
presente in altre popolazioni germaniche[1].
Il processo di aggregazione con altri popoli and
intensificandosi via via che la potenza del popolo cresceva,
soprattutto a partire dagli anni dell'insediamento in
Pannonia (VI secolo). Entrare nella gens significava
condividere le aspettative di gloria guerriera e di bottino dei
Longobardi, affrancandosi dalle proprie origini sociali e
cogliendo opportunit di carriera. Dopo la decisiva vittoria
sui Gepidi (567) l'esercito longobardo, che si apprestava
ormai a invadere l'Italia, includeva certamente anche
Gepidi, Unni, Sarmati, Sassoni, Svevi e perfino Romani del
Norico e della Pannonia.
I Longobardi erano un popolo in armi guidato da
un'aristocrazia di cavalieri e da un re guerriero.
L'importanza della funzione militare per i Longobardi era
pi marcata di quella, per esempio, dei Sassoni[2]. La lancia, arma tipica dei cavalieri, era il simbolo della sua
regalit. Quando un guerriero moriva veniva tumulato con il suo equipaggiamento in sepolcreti appartati rispetto a
quelli del resto della popolazione. Il titolo non era dinastico ma elettivo. L'elezione si svolgeva nell'ambito
dell'esercito, che fungeva da assemblea; l'uomo libero, detto arimanno (cfr il tedesco Heer, esercito, e Mann, uomo),
era colui che portava le armi e formava l'esercito. L'assemblea era quindi appropriatamente detta Gairethinx
(assemblea delle lance). Alla base della piramide sociale c'erano i servi a cui venivano affidati i lavori di pastorizia e
agricoltura che vivevano in condizioni di schiavit.
Umbone longobardo
A livello inferiore si trovavano invece gli aldii, dotati di una certa autonomia in ambito economico, ma di una
limitata libert, molto pi vicini alla condizione degli schiavi rispetto a classi analoghe come i liti dei sassoni[3].
Societ longobarda
119
Al momento dell'invasione dell'Italia, il popolo era suddiviso in varie fare, raggruppamenti familiari con funzioni
militari che ne garantivano la coesione durante i grandi spostamenti. A capo delle fare erano i duchi, che facevano da
intermediari tra il re e i liberi. A partire dal momento dell'insediamento in Pannonia (prima met del VI secolo), i
Longobardi erano entrati in diretto contatto con istituzioni romane. Le fare si insediarono sul territorio ripartendosi
tra gli insediamenti fortificati gi esistenti e abbozzarono un sistema di esazione delle imposte dalle popolazioni
romane sottomesse. Si trattava di un embrione di organizzazione territoriale che poi, una volta giunti in Italia, i
Longobardi avrebbero evoluto nella rete dei loro ducati.
L'insediamento in Italia
Giunti in Italia, i Longobardi in una prima fase respinsero ogni commistione con la massa della popolazione di
origine latina (i Romanici, secondo il lessico del tempo) e si arroccarono a difesa dei propri privilegi. Nettamente in
minoranza, coltivarono i tratti che li distinguevano sia dai loro avversari Bizantini sia dai Romanici: la lingua
germanica, la religione pagana o ariana, il monopolio del potere politico e militare. Il loro insediamento stravolse
profondamente gli assetti fondiari della penisola, poich numerosi latifondi furono confiscati per essere redistribuiti
tra i nobili e gli arimanni longobardi.
L'irruzione dei Longobardi sulla scena italiana, gi profondamente segnata dalla Guerra gotica, sconvolse i rapporti
sociali della Penisola. La maggior parte del ceto dirigente latino (i nobiles) fu uccisa o scacciata, mentre i pochi
scampati dovettero cedere ai nuovi padroni un terzo dei loro beni; il procedimento, noto come hospitalitas, non era
un'innovazione introdotta dai Longobardi, ma un modello ampiamente diffuso in et tardo-antica, che costituiva uno
schema di coesistenza sullo stesso territorio di due popolazioni che rimanevano indipendenti l'una dall'altra. I vinti
perdevano l'antico privilegio della totale esenzione fiscale, tuttavia mantenevano il diritto di propriet, sia pur
decurtata. Se il sistema socio-economico ereditato dall'Impero romano rimaneva in gran parte operante, nel VI secolo
al vertice si poneva per la ristretta aristocrazia guerriera longobarda, che ripart le terre e i raccolti tra le proprie
fare.
Anche una volta insediati in Italia, i Longobardi conservarono il valore attribuito all'assemblea del popolo in armi. Il
Gairethinx decideva l'elezione del re e deliberava sulle scelte politiche, diplomatiche, legislative e giudiziarie pi
importanti; depositaria delle Cawarfidae, le norme tradizionali del popolo, non era tuttavia tanto un'arena
pienamente democratica, assimilabile a un moderno parlamento, quanto il luogo nel quale i duchi e i capi delle fare
facevano valere la propria prominenza. Con il radicarsi dell'insediamento in Italia, il potere assunse, nelle sue varie
articolazioni, aspetti sempre pi marcatamente territoriali; le citt dove si erano insediato un duca divennero il centro
(politico, amministrativo e militare) del territorio (ducato) nel quale si erano insediate le fare che ne riconoscevano la
supremazia. Allo stesso modo, gli sculdasci governavano i centri pi piccoli, mentre i gastaldi di nomina regia
amministravano la porzione dei beni dei Longobardi assegnati, a partire dall'elezione di Autari (584) al sovrano.
Societ longobarda
120
Vale la pena di ricordare come la religiosit dei guerrieri longobardi si sia appropriata di San Michele Arcangelo il
guerriero di Dio, rappresentato sempre con la spada sguainata, nel quale identificavano l'antico dio pagano Odino,
adottandolo come Santo Patrono della nazione longobarda. Moltissime delle chiese costruite in territorio longobardo
portano ii suo nome, cos come molti degli insediamenti urbani di fondazione longobarda, in cima ai campanili dei
quali, anche se connessi a chiese dedicate ad altri santi svettava, e in molti casi ancora svetta, l'Angelo con la spada e
le ali semiaperte. Talvolta anemostato. Anche l'Arcibasilica Reale di Pavia, dove venivano incoronati i re longobardi
e che custodiva la Corona Ferrea gli dedicata. E importantissimo era il santuario di San Michele a Monte
Sant'Angelo sul Gargano, nel luogo dov'Egli era apparso, come pure la Sacra di San Michele, alla cui protezione era
affidato il sistema difensivo delle Chiuse (del Valico del Moncenisio) in Val di Susa, fatalmente aggirate da Carlo
Magno. Questi due santuari (il primo dei quali fa ora parte del sito seriale Longobardi in Italia: i luoghi del potere,
inserito nella Lista dei patrimoni dell'umanit dell'Unesco nel giugno 2011), erano parte di un cammino di
pellegrinaggio che si estendeva fino a Mont Saint-Michel in Normandia, tratto della Via Francigena che collegava i
tre principali luoghi dedicati all'Arcangelo. Fu infine papa Gregorio Magno, lo stesso che aveva donato a
Teodolinda, che tanto si prodig per la conversione dei longobardi, il chiodo della Vera Croce con cui fu composta la
Corona Ferrea, a ribattezzare la Mole Adriana Castel Sant'Angelo, ponendovi sopra la notissima statua nella quale
San Michele diplomaticamente rappresentato nell'atto di ringuainare la spada.
La differenziazione sociale
Una volta stabilizzata la presenza longobarda in Italia, nella struttura sociale del popolo iniziarono a manifestarsi
segnali di evoluzione, registrati soprattutto nell'Editto di Rotari. L'impronta guerriera, che portava con s elementi di
collettivismo militaresco, lasci progressivamente il passo a una societ differenziata, con una gerarchia legata anche
alla maggiore o minore ampiezza delle propriet fondiarie.
Se il VI secolo vide ancora i Longobardi come elementi sostanzialmente estranei, dal punto di vista sociale, al loro
nuovo territorio, nel VII i rapporti con i Romanici iniziarono a diventare regolari e organici. L'Editto lascia intendere
che, anzich in fortificazioni pi o meno provvisorie come quelle in cui si erano acquartierate le fare al tempo della
conquista, gi una cinquantina di anni dopo (l'Editto del 643) i Longobardi vivessero per lo pi nelle citt, nei
villaggi o - caso forse pi frequente - in fattorie indipendenti[8]. Parallelamente, da collettiva che era (assegnata alle
fare), la propriet delle terre divenne individuale, trasmessa ereditariamente e tutelata dalle leggi.
La fine del nomadismo intensific la differenziazione economica e sociale tra i Longobardi[9]. La stratificazione
sociale era riconosciuta dal sistema del guidrigildo, che calcolava l'ammontare dei risarcimenti alle persone offese
seguendo un complesso sistema di valutazione della dignit individuale delle vittime. La distinzione fondamentale,
Societ longobarda
comunque, restava quella tra i liberi (i Longobardi di ogni ceto sociale) e i non liberi; marginale, sostanzialmente, il
ruolo dei semiliberi (gli aldii). Nell'Editto di Rotari si equiparavano gli aldii e i servi ministeriales riguardo al danno
ricevuto, mentre erano considerati superiori ai servi rustici. Nel campo matrimoniale un aldio poteva sposare una
donna libera, sebbene secondo alcune determinate condizioni, mentre era proibito l'opposto, comunemente con tutte
le legislazione germaniche. L'emancipazione, comunque, era possibile e anzi con il tempo divenne un fondamentale
processo di incanalamento e di regolamentazione della mobilit sociale. Esponenti degli strati gerarchici inferiori
potevano, con atto pubblico, essere "liberati" e considerati da quel momento in poi longobardi a tutti gli effetti, quale
che fosse la loro origine etnica[10].
121
Societ longobarda
122
numerosi elementi; proprio a questo innesto, anzi, possibile far risalire la nascita del volgare italiano (la sua prima
attestazione, l' Indovinello veronese, risale alla fine dell'VIII secolo). Allo stesso modo, anche i nomi propri persero
connatazioni etniche e tanto quelli di origine germanica quanto quelli di origine latina venivano imposti,
indifferentemente, ai nuovi nati di una societ ormai in gran parte omogenea. Soltanto ai vertici della nobilt
longobarda si conserv una certa identit di gens (bench perfino l'ultimo re longobardo, Desiderio, avesse un nome
latino), che si sarebbe preservata ancora per decenni dopo la caduta del regno (774) e l'immissione della Langobardia
Maior nell'Impero carolingio.
L'alimentazione
Tacito, nel suo saggio Germania, informa che i Longobardi erano devoti alla dea Nerthus e al culto della fertilit[18],
il che fa pensare[19] ad un'attivit agricola che affiancasse quelle tipicamente barbariche (caccia, pastorizia raccolta
di frutti spontanei). Durante l'epoca delle migrazioni comunque impensabile un'attivit agricola, infatti le analisi
sui ritrovamenti archeologici in Pannonia hanno evidenziato[20] una dieta a base di latte, burro, grasso e carne.
Anche nell'Editto di Rotari si trovano poche norme dedicate all'attivit agricola e sono per lo pi spiegate come un
adattamento alla situazione italica preesistente[21].
Societ longobarda
Fonti
Paolo Diacono, Historia Langobardorum (Storia dei Longobardi, Lorenzo Valla/Mondadori, Milano 1992)
Origo gentis Langobardorum, ed. G. Waitz in Monumenta Germaniae Historica SS rer. Lang.
Leges Langobardorum (643-866), ed. F. Beyerle, Witzenhausen 1962
Tacito, De Origine et situ Germanorum, XL.
Note
[1] Cardini-Montesano, cit., pag. 82.
[2] ibidem
[3]
[4]
[5]
[6]
123
Societ longobarda
Bibliografia
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Amelio Tagliaferri, I longobardi nella civilt e nell'economia italiana del primo medioevo, Milano, 1969.
Voci correlate
Italia medievale
Longobardi
Migrazione longobarda
Regno longobardo
Portale Longobardi: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di Longobardi
Diritto longobardo
Un diritto longobardo vero e proprio comincia a sorgere dopo l'ascesa al trono di Autari nel 584, dopo dieci anni di
anarchia durante i quali parecchi potenti longobardi avevano giurato nuovamente fedelt a Costantinopoli, in
concomitanza col programma di restaurazione del nuovo re di un potere germanico indipendente ed unitario.
Nato come diritto consuetudinario, la prima raccolta normativa di diritto longobardo venne alla luce nel 643 sotto
Rotari, il quale redasse il celebre Codice (o Editto). Particolare curioso riguardante la promulgazione di tale Editto,
fu il fatto che Rotari lo scrisse con il consenso dei primati iudices (maggiorenti) e dell'esercito vittorioso, fatto unico
e insolito della storia germanica. In seguito il corpus legislativo delle Leges Langobardorum venne raccolto nel
Liber legis Longobardorum.
124
Diritto longobardo
125
Goti che ai Romani), l'Editto di Rotari era personale e veniva applicato in base allappartenenza etnica, nel senso
che le norme giuridiche seguivano la popolazione nel corso dei suoi spostamenti e non tenevano conto del
contingente stanziamento geografico, tant' vero che la giustizia veniva amministrata tramite l'assemblea
(itinerante) dei guerrieri, detta gairethinx.
Diritto civile
Il mundio
Uno degli istituti pi noti del diritto civile longobardo fu il mundio. Supremo mundialdo era il re; il figlio maschio,
raggiunta l'et per portare armi, poteva uscire dalla tutela paterna e costituire unaltra famiglia. Chi invece non poteva
liberarsi dal mundio era la donna.
Da notare che, nonostante soggetta al mundio per tutta la vita, una donna poteva ereditare l'impero, perch il diritto
longobardo non riconosceva la legge salica. La donna non poteva alienare o donare alcun bene senza l'autorizzazione
del mundio. Il mundio contiene aspetti potestativi, protettivi e patrimoniali.
Il thinx
Il thinx o gairenthix un atto mortis causa, con cui si dispone del patrimonio a favore di estranei, che ricalca le
forme del testamentum per aes et libram dei Romani, effettuato mediante mancipatio. Il thinx utilizzato anche per
laffrancazione dei servi, secondo uno schema molto simile allemancipazione romana. Entrambi i casi confermano
che il thinx altro non che la germanizzazione della mancipatio.
Il launechild
Per approfondire, vedi Launegildo.
Come tutti i popoli germanici, i Longobardi non concepivano la concessione a titolo gratuito di beni o diritti n la
donazione sic et simpliciter, in quanto erano atti dispositivi che "diminuivano il patrimonio". Il launechild o
launegild (it. launegildo), istituto di diritto consuetudinario, ristabiliva una certa bilateralit nello spostamento di
ricchezze, cui dava anche una certa stabilit, e consisteva nella dazione di un oggetto come controprestazione, anche
simbolica, di una donazione.
Il launechild un'usanza che si ritrova a distanza di molti secoli (dall'Editto di Rotari) in alcuni documenti datati
intorno al 1095, dove, a fronte di un atto di liberalit, oltre ad un oggetto (generalmente un capo di vestiario), era
data anche una controprestazione in denaro.
Col tempo, il launegildo divent una forma di pagamento finalizzata a convalidare una donazione tra vivi, ma non
era previsto per le donazioni nei confronti di monasteri e abbazie.
Nelle leggi di Liutprando del 728, vi anche un elenco di oggetti che possono essere dati come launechild: cavallus
vel boves, aurum velargentum, vestimenta, aeramenta, ferramenta aut animalia minuta.
La wadia
Il wadia (lat. guadium) era una garanzia consistente nel dare in pegno i propri beni.
Secondo gli studi di G. Astuti (I contratti obbligatori nella storia del diritto italiano, I, Milano, 1952), la wadiatio
un contratto formale, o pi esattamente una forma negoziale capace di qualsiasi contenuto obbligatorio, e quindi
mezzo per attuare o rafforzare la tutela giuridica dei pi svariati rapporti.
La finalit generica era quella di impegnarsi ad assolvere agli impegni assunti; la wadia poteva perci essere:
prestata dal debitore a garanzia della sua presenza nel placito (cio in giudizio);
per assicurare l'esecuzione di atti processuali;
Diritto longobardo
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data come garanzia di un negozio reale, a mo' di cauzione per evitare eventuali future controversie, oppure come
garanzia nel caso di differimento del pagamento del prezzo (vendita consensuale);
come garanzia della propria presenza in un futuro duello.
Il formalismo del diritto longobardo imponeva che il debitore prestasse la wadia in forma orale al fideiussore (non
gi al creditore) in presenza di testimoni. Pochissime le testimonianze di una wadia scritta su chartula, come quella
aggiunta in calce ad una chartula promissionis di prestazioni d'opera a Chiusi, risalente al 765.
Il faderfio e il morgengabio
Nel campo del diritto matrimoniale, era noto il faderfio, la cd. "dote paterna", ossia il dono nuziale che il padre dava
alla figlia in occasione delle nozze, a titolo di anticipata successione: la donna, infatti, era esclusa dall'eredit; solo in
un secondo momento il diritto longobardo la legittima ad entrare nel patrimonio ereditario qualora la donna non sia
sposata (se sposata non ne ha diritto perch ha goduto del faderfio) e non vi siano fratelli maschi.
Il morgengabio un dono fatto dallo sposo alla sposa, la mattina dopo la prima notte di nozze, come premio per
l'accertata verginit.
Diritto penale
Il guidrigildo
Per approfondire, vedi Guidrigildo.
In materia penale, i Longobardi preferivano comminare pene pecuniarie piuttosto che sanzionare i reati con la pena
capitale.
Reati gravi erano ritenuti la profanazione delle tombe, la spoliazione e l'occultamento di cadavere, l'oltraggio, lo
sbarramento della via, il disarcionamento di un cavaliere, la violenza perpetrata ai danni di una donna, l'irruzione con
la forza in casa altrui. In questi casi, il diritto longobardo prevedeva il pagamento del guidrigildo, una sorta di
compenso ritenuto idoneo a risarcire il danneggiato e i suoi parenti, commisurato a seconda del valore sociale del
danneggiato. Ad esempio, i capitoli 53, 54 e 55 dell'Editto di Rotari, cos recitavano:
52. Dei denti della mascella. Se qualcuno fa cadere ad un altro uno o pi denti della mascella, paghi per un dente una
composizione di 8 solidi.
53. Dell'orecchio tagliato. Se qualcuno taglia un orecchio ad un altro, gli paghi una composizione pari alla quarta parte del
suo valore.
54. Della ferita al volto. Se qualcuno provoca una ferita al volto ad un altro, gli paghi una composizione di 16 solidi.
La pena di morte era applicata solo per ipotesi criminose ritenute di estrema gravit: ad es. per i regicidi e chi
congiurava contro il sovrano, per sedizione e altri delitti contro la sicurezza del popolo, per tradimento e diserzione
in battaglia, e per uxoricidio (uccisione della moglie da parte del marito).
Pene severe erano previste anche per chi catturava e uccideva una donna, accusandola di stregoneria: oltre al
guidrigildo, era comminata la confisca dei beni del reo.
Diritto longobardo
127
Voci correlate
Cawarfidae
Diritto medievale
Longobardi
Bibliografia
Paolo Grossi, L'ordine giuridico medievale, Roma - Bari 1995 (prima edizione).
Collegamenti esterni
Note
[1]
[2]
[3]
[4]
[5]
[6]
Portale Longobardi
Alboino
128
Alboino
Alboino
560-572
Incoronazione
circa 560
Predecessore
Audoino
Successore
Clefi
Nascita
circa 530
Morte
Padre
Audoino
Madre
Rodelinda
Alboino (circa 530 Verona, 28 giugno 572) fu re dei Longobardi dal 560 circa e re d'Italia dal 568 al 572. Nel 568
guid il suo popolo alla conquista dell'Italia.
Alboino, il re dei Longobardi che riesce nella impresa che tutti i Germani avevano sognato farsi padrone
dell'Italia , diviene un personaggio leggendario. Esistevano diversi canti epici longobardi sulle sue imprese; Paolo
Diacono vi si ispira per numerosi episodi da lui narrati nella sua Historia Langobardorum[1].Tali tradizioni,
sovrappostesi alle cronache storiche, rendono arduo definire con precisione la reale figura del personaggio.
Biografia
I primi anni
Alboino era figlio di Audoino, reggente (540) e, successivamente re (546) dei Longobardi, e di Rodelinda.[2]
Sappiamo da Procopio che Audoino spos una principessa ostrogota, pronipote di Teodorico il Grande, re degli
Ostrogoti) e appartenente alla stirpe dei Gausi, ma ci avvenne dopo il 540, per cui improbabile che tale
principessa fosse RodelindaWikipedia:Uso delle fonti. Alboino, infatti, nacque prima, tra il 510 e il 540, in
Pannonia, dove all'epoca i Longobardi erano stanziati. Guerriero, prese certamente parte alle vicende belliche del
tempo. Paolo Diacono racconta le sue imprese in una battaglia, identificata in quella combattuta nel 551 contro i
Gepidi, in cui avrebbe ucciso Torrismondo, figlio del re Turisindo.[3] Racconta Paolo che la sera della battaglia, il
padre Audoino rifiuta di ricompensarlo con il posto d'onore al banchetto, poich secondo "il costume del suo popolo"
non poteva riconoscerne lo status in quanto non era stato armato da un principe straniero (probabile allusione alla
pratica germanica del fosterage, l'educazione di giovani di sangue reale presso un'altra famiglia). Allora Alboino con
quaranta giovani si reca dal re dei Gepidi Torisindo, di cui aveva ucciso il figlio, a chiedergli di ricevere da lui le
Alboino
armi. Ricevuto con onore, si siede al posto del giovane appena morto. Ma il rammarico del padre esplode e i principi
dei Gepidi iniziano a provocare i Longobardi; questi ultimi rispondono con alterigia e solo l'intervento del re
Torisindo riesce ad evitare che l'ospite venga ucciso nella stessa tenda del re. Torisindo alla fine del banchetto dona
ad Alboino le armi del figlio morto e lo rimanda a suo padre incolume. Cos Alboino pu a buon diritto partecipare
dei piaceri della tavola del re, mentre i Longobardi lodano la perfetta lealt del re dei Gepidi. Tale racconto deriva
certamente da una canzone epica fiorita intorno alla figura di Alboino e il suo fondamento storico va considerato con
cautela.
Sal al trono alla morte del padre, nel 560 o poco dopo, e dovette subito affrontare nuovi scontri con i Gepidi, ora
guidati da Cunimondo. Nel 565 i Gepidi, sostenuti dai bizantini (preoccupati per il potere che i Longobardi stavano
conquistando), inflissero una sconfitta ad Alboino, che l'anno successivo cerc a sua volta un'alleanza. Strinse cos
un patto con gli Avari, stanziati a est dei Gepidi. I termini dell'accordo prevedevano che, in caso di vittoria, i
Longobardi avrebbero lasciato agli Avari le terre occupate dai Gepidi in Pannonia. Nel 567 Longobardi e Avari
attaccarono contemporaneamente, da nordovest e da nordest, i Gepidi. La vittoria and ad Alboino, che uccise lo
stesso re Cunimondo. Alboino, in seguito alla sua vittoria definitiva sui Gepidi, aveva ucciso il loro re Cunimondo e
sposato sua figlia Rosmunda.[4] Del cranio di Cunimondo aveva fatto una coppa. Sul preciso significato di questa
abitudine, abbastanza diffusa fra i Germani, non vi accordo fra gli studiosi, ma si trattava ovviamente di un oggetto
potentemente simbolico.Wikipedia:Uso delle fonti
Alboino ebbe due mogli. Intorno al 555 suo padre Audoino l'aveva sposato a Clodosvinta, figlia del re dei Franchi
Clotario I;[5] sopravvissuta una lettera del vescovo Nicezio di Treviri a Clodosvinta, nella quale l'ecclesiastico
chiede alla regina di allontanare Alboino dall'eresia ariana.[6] Dopo la sconfitta dei Gepidi, probabilmente per
aggregare ai Longobardi i guerrieri superstiti di quel popolo, spos Rosmunda, figlia di Cunimondo, in base al
concetto della trasmissione del carisma regale per via femminile, accettato dalla cultura longobarda. Dalla prima
moglie ebbe una figlia, Alpsuinda, morta a Costantinopoli in data ignota.
129
Alboino
La conquista dell'Italia
La vittoria sui Gepidi rafforz il prestigio e
il potere di Alboino, ma al tempo stesso gli
cre non poche difficolt: la voglia di
bottino dei suoi guerrieri, esaltati dalle
vittorie; l'accresciuta consistenza numerica
del suo popolo, che ormai includeva una
vasta schiera di alleati e tributari (Avari e
Gepidi, ma anche Sarmati, Turingi, Rugi,
Sassoni, Alani, Eruli, Unni); la pressione
degli stessi alleati Avari. Il re usc dalla
stretta
progettando
una
nuova
migrazione-conquista: questa volta verso
l'Italia appena tornata sotto controllo
bizantino che, seppure impoverita dalla
lunga Guerra gotica, prometteva ricchezze e
preda.[7] Non da escludere che il
trasferimento in Italia fosse stato concordato
con le autorit bizantine, che avrebbero
chiesto ai Longobardi di stanziarsi in Italia
settentrionale come foederati per contenere
gli attacchi franchi.[8] La teoria, gi avanzata
in passato, stata ripresa di recente, per
I domini longobardi alla morte di Alboino (572)
esempio da Neil Christie e da Werner Pohl,
pur essendo una congettura non supportata
dalle fonti. Per garantirsi le spalle, Alboino strinse un nuovo accordo con gli Avari offrendo loro le terre fin l
occupate in Pannonia; tuttavia, se l'invasione fosse fallita, i Longobardi avrebbero riottenuto la Pannonia.[9]
Stretta l'alleanza, Alboino convoc per il giorno di Pasqua del 568 l'assemblea del popolo in armi, che deliber la
partenza. Nel maggio dello stesso anno la massa part, composta da centomila-centocinquantamila persone (le stime
sono molto incerte); i guerrieri erano una minoranza (circa 30000), perch il grosso era costituito dalle loro famiglie;
alla spedizione parteciparono anche guerrieri sassoni.[10] Pi che strettamente militare, l'esodo aveva quindi
caratteristiche migratorie, con masserizie e mandrie di bestiame al seguito.
Il percorso seguito dall'orda incerto, ma probabilmente sfrutt le strade romane che dalla Pannonia la port a
varcare l'Isonzo. Una leggenda narra che, prima di entrare in Italia, Alboino sal su un monte, il Matajur, che da lui
avrebbe preso il nome ("Monte Re").[11] Il monte si trova sulla valle del fiume Natisone, tuttavia pi probabile che
i Longobardi abbiano percorso la comoda strada romana che da Emona (l'odierna Lubiana) scendeva ad Aquileia,
lungo la valle del fiume Vipacco.
I Bizantini non offrirono resistenza, rinchiudendosi nelle loro citt fortificate, il che potrebbe avvalorare la teoria di
un trasferimento concordato, anche se pu spiegarsi altrimenti con la tattica usuale dell'esercito bizantino, che,
piuttosto che affrontare l'invasore in una battaglia con il rischio di farsi annientare l'esercito, preferiva attendere che
l'invasore si ritirasse con il bottino, cosa che i Longobardi non fecero, occupando invece permanentemente le terre
invase.[8] La prima citt di rilievo a cadere nelle mani di Alboino, all'inizio del 569, fu Forum Iulii (Cividale del
Friuli), che il re assegn al nipote Gisulfo, che divenne cos il primo duca di Cividale con il compito di difendere
l'avanzata longobarda da eventuali attacchi da est e di garantire una via di fuga.[12]
130
Alboino
La conquista delle principali citt dell'Italia nordorientale procedette con rapidit nell'estate-autunno 569; caddero
Aquileia, Vicenza e Verona, dove Alboino stabil il suo primo quartier generale.[13] La presa di Milano, il 3
settembre[14], concluse la migrazione. I Longobardi si erano stanziati nella fascia pedemontana fra le Alpi e il Po,
quasi a protezione del resto della penisola, ancora sotto governo bizantino. Paolo Diacono riferisce che solo Pavia si
oppose ai nuovi venuti. L'assedio della citt sul Ticino si sarebbe protratto per tre anni.[15] Lo storico Aldo Settia ha
peraltro messo in dubbio la realt storica di tale assedio.[16]
La morte
Narra Paolo Diacono, nel secondo libro della sua
Historia Langobardorum, che Alboino fu ucciso in
seguito ad una congiura organizzata dalla moglie
Rosmunda e da un nobile del suo seguito, Elmichi.
Riferisce Paolo Diacono[17] che Alboino, ormai
saldamente re d'Italia, durante un banchetto a
Verona offr il teschio del suocero alla moglie,
perch vi bevesse. Anche qui possibile
interpretare il gesto in modo simbolico (alcuni vi
riconoscono addirittura una sorta di gesto di
pacificazione), ma gi per Paolo, che scrive circa
duecento anni dopo i fatti, si trattava solo di una
terribile
provocazione,
forse
causata
dall'ubriachezza del re. La regina decise di
vendicarsi dell'affronto e si accord col suo
L'assassinio di Alboino, re dei Longobardi di Charles Landseer (1856)
(probabile) amante Elmichi, fratello di latte di
Alboino, e Peredeo, fortissimo guerriero gepido,
forse appartenente al seguito di Rosmunda. Paolo, che guarda Peredeo con simpatia, riferisce che, per coinvolgerlo
nonostante il suo rifiuto, Rosmunda con un inganno lo attir nel suo letto e lo ricatt con la minaccia di denunciarlo
al re. Organizzata cos la congiura, Rosmunda leg la spada di Alboino alla testata del letto, in modo che il re non
potesse sfoderarla, e introdusse l'assassino, Elmichi secondo alcuni, Peredeo secondo altri, nella camera. Alboino,
afferrato uno sgabello, si difese come gli fu possibile prima di soccombere. I congiurati, che si aspettavano di
mantenere il potere nelle loro mani, furono costretti a fuggire dalla furiosa opposizione dei Longobardi, fedelissimi
al grande condottiero, e fuggirono a Ravenna col tesoro del re. Poco dopo, in mezzo alle manovre del prefetto di
Ravenna, Longino, che cerc di sfruttarli come elemento di divisione tra gli invasori, tutti e tre i congiurati trovarono
la morte, in circostanze che Paolo Diacono riferisce in forma epicamente romanzata.[18]
Il racconto deriva da una saga epica, ancora diffusa ai tempi di Paolo Diacono e ripresa anche da Agnello Ravennate.
Pi prosaicamente, dietro alla leggenda Jrg Jarnut legge l'episodio come un tentativo di usurpazione da parte di
Elmichi, appoggiato dalla regina, da alcuni guerrieri longobardi e gepidi aggregati all'esercito e appoggiato da
Bisanzio. Il tentativo fall per la resistenza della maggior parte del popolo longobardo; Rosmunda fugg con Elmichi
e la figlia di Alboino, Alpsuinda, a Ravenna e i Longobardi elessero re Clefi. L'ipotesi plausibile, ma lo
altrettanto quella di una morte naturale di Alboino. Secondo una prassi che si ripeter ancora con Teodolinda e con
Gundeperga, la regina vedova sceglieva il nuovo re, con l'assenso dell'aristocrazia, e lo legittimava sposandolo. La
scelta di Elmichi, sostenuta, forse, solo dai Gepidi e dalla fazione favorevole a un accordo con i bizantini, non
incontr il consenso generale. Un'assemblea dei guerrieri fu radunata a Pavia e fu contrapposto Clefi ad Elmichi.
Dopo la vittoria di Clefi, fu elaborata la saga poetica per condannare la memoria di Rosmunda.Wikipedia:Uso delle
fonti
131
Alboino
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Note
[1] Cfr. I, 23, 24, 27; II, 28.
[2] Origo gentis langobardis, 5; Paolo Diacono, I,23 e I,27.
[3] Paolo Diacono, I,23-24.
[4] Paolo Diacono, I,27.
[5] Gregorio di Tours, IV,41; Paolo Diacono, I,27.
[6] Ep. Austr.,8. (Monumenta Germaniae Historica, Epp. III, p. 119.)
[7] Mario Aventicense, anno 569; Gregorio di Tours, IV,41; Origo Gentis Langobardorum, 5.
[8] Ravegnani, I Bizantini in Italia, p. 73.
[9] Paolo Diacono, II,7.
[10] Paolo Diacono, II,6.
[11] Paolo Diacono, II,8.
[12] Paolo Diacono, II,9.
[13] Paolo Diacono, II,14.
[14] Paolo Diacono, II,25.
[15] Paolo Diacono, II,26-27.
[16] Aldo Settia, "Aureliano Imperatore e il cavallo di re Alboino", "Bollettino della Societ Pavese di Storia Patria", Anno C, 2000.
[17] Historia Langobardorum, II, 28.
[18] Paolo Diacono, II,29-30.
[19] Scheda del film Rosmunda e Alboino su mymovies.it (http:/ / www. mymovies. it/ dizionario/ recensione. asp?id=21236)
Alboino
133
Bibliografia
Fonti primarie
Paolo Diacono, Historia Langobardorum (Storia dei Longobardi, Lorenzo Valla/Mondadori, Milano, 1992)
Origo gentis Langobardorum, ed. G. Waitz in Monumenta Germaniae Historica SS rer. Lang.
Gregorio di Tours, Historia Francorum
Mario Aventicense, Cronaca
Letteratura storiografica
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002, ISBN 8846440854
Alberto Magnani, "Re Alboino fuori dalla leggenda", "Bollettino della Societ Pavese di Storia Patria", Anno CX,
2010.
Walter Pohl, "Le origini etniche dell'Europa", Roma, Viella, 2000.
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003
Aldo Settia, "Aureliano Imperatore e il cavallo di re Alboino", "Bollettino della Societ Pavese di Storia Patria",
Anno C, 2000.
Altri progetti
Re dei Longobardi
Successore
Audoino
Clefi
Predecessore
Re d'Italia
Successore
568 - 572
Clefi
Controllo di autorit VIAF: 80322103 (http:/ / viaf. org/ viaf/ 80322103) LCCN: no94016040 (http:/ / id. loc. gov/
authorities/names/no94016040)
Portale Biografie
Portale Longobardi
Clefi
134
Clefi
Clefi (... 574) fu re dei Longobardi e re d'Italia dal 572 al 574.
Dopo la morte di Alboino, ucciso nel 572 nella congiura ordita dalla moglie Rosmunda, i trentacinque duchi
longobardi riuniti a Pavia, appena conquistata ed elevata a capitale del regno longobardo, elessero Clefi come suo
successore, secondo re longobardo d'Italia. La sua ascesa al trono segn l'interruzione della dinastia dei Gausi,
poich Clefi apparteneva alla stirpe dei Beleos.
Clefi estese le conquiste longobarde a nuovi territori continuando l'avanzata di Alboino con la conquista della Tuscia
e cingendo d'assedio Ravenna. Perseguit i nobili romani e bizantini nel tentativo di continuare coerentemente la
politica di Alboino che mirava a spezzare gli istituti giuridico-amministrativi gi consolidati durante il precedente
dominio ostrogoto e bizantino, eliminando buona parte dellaristocrazia latina, occupandone le terre e acquisendone i
patrimoni.
Il suo regno dur poco, appena 18 mesi: nel 574 fu sgozzato con una spada da una guardia del corpo, assieme alla
moglie Masane, secondo quanto riporta Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum (libro II, capitolo 31).
L'aggressione al re fu guidata da alcuni duchi o forse dall'esarca di Ravenna. In seguito alla sua morte, i Longobardi
rinunciarono all'elezione di un successore e si costituirono in 36 ducati separati, sostanzialmente indipendenti tra loro
(Periodo dei Duchi).
Bibliografia
Paolo Diacono, Historia Langobardorum (Storia dei Longobardi, Lorenzo Valla/Mondadori, Milano 1992)
Origo gentis Langobardorum, ed. G. Waitz in Monumenta Germaniae Historica SS rer. Lang.
Jrg Jarnut. Storia dei Longobardi. Torino, Einaudi, 2002. ISBN 8846440854
Sergio Rovagnati, I Longobardi (Milano, Xenia 2003)
Predecessore
Re dei Longobardi
Successore
Alboino
572 - 574
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Alboino
572 - 574
Portale Biografie
Portale Longobardi
Autari
135
Autari
(LA)
Erat hoc mirabile in regno Langobardorum: nulla erat
violentia, nullae struebantur insidiae; nemo aliquem
iniuste angariabat, nemo spoliabat; non erant furta, non
latrocinia; unusquisque quo libebat securus sine timore
(IT)
C'era questo di meraviglioso nel regno dei Longobardi: non
c'erano violenze, non si tramavano insidie; nessuno opprimeva
gli altri ingiustamente, nessuno depredava; non c'erano furti,
non c'erano rapine; ognuno andava dove voleva, sicuro e senza
alcun timore
L'elezione e la politica
Figlio di Clefi, il sovrano ucciso nel 574 e al quale i duchi longobardi
per un decennio non diedero un successore (Periodo dei Duchi), Autari
fu eletto re dagli stessi duchi nel 584, quando si resero conto che
l'assenza di un potere centrale minacciava l'esistenza stessa del popolo
longobardo nell'Italia recentemente conquistata. Autari ascese al trono
in un contesto di forte frammentazione del dominio longobardo,
sottoposto alla duplice pressione dei Franchi e dei Bizantini, eppure
ottenne un deciso sostegno dai duchi, che gli assegnarono un tesoro
pari alla met dei propri beni.
Autari in una miniatura delle Cronache di
Autari
136
Autari
137
Bibliografia
Paolo Diacono, Historia Langobardorum (Storia dei Longobardi, Lorenzo Valla/Mondadori, Milano 1992)
Felice Bonalumi, Teodolinda. Una regina per l'Europa (Torino, San Paolo 2006)
Jrg Jarnut. Storia dei Longobardi. Torino, Einaudi, 2002. ISBN 88-464-4085-4
Alberto Magnani-Yolanda Godoy, "Teodolinda la Longobarda", Milano, Jaca Book, 1998, pp. 31-37.
Sergio Rovagnati, I Longobardi (Milano, Xenia 2003)
Predecessore
Re dei Longobardi
Successore
584 - 590
Agilulfo
Predecessore
Re d'Italia
Successore
584 - 590
Agilulfo
Portale Longobardi
Autari
138
Note
[1] http:/ / viaf. org/ viaf/ 90823517
Agilulfo
Agilulfo (... Milano, 616) fu re dei Longobardi e re d'Italia dal 591 al
616.
L'ascesa al trono
Agilulfo, lontano parente del suo predecessore Autari, era di
origine turingia e apparteneva al clan degli Anawas. Paolo
Diacono nella sua Historia Langobardorum[1] descrive in forma
romanzesca l'investitura di Agilulfo. Nell'autunno del 590, poco
dopo la morte improvvisa di Autari, i duchi longobardi diedero
alla regina Teodolinda, rimasta vedova dopo poco pi di un anno
dalle nozze con Autari, il mandato di scegliere il nuovo re.
Agilulfo, allora duca di Torino, and a rendere omaggio alla
regina e ne baci la mano in segno di rispetto. Teodolinda gli
La Corona Ferrea, VI secolo, Monza, Duomo
chiese il motivo per cui lui le baciasse la mano, quando aveva il
diritto di baciarle la bocca. In questo modo, lo invest del diritto di essere re e contestualmente suo sposo. Si
sposarono nel novembre di quello stesso 590.
Pi verosimilmente, l'intera operazione fu orchestrata dallo stesso Agilulfo, che nel maggio dell'anno successivo 591
ottenne l'investitura ufficiale da parte del suo popolo, riunito a Milano (proprio Milano sar, insieme con la residenza
estiva di Monza, la nuova capitale di Agilulfo e Teodolinda, al posto di Pavia).
In ogni caso, fu di primissimo piano l'influenza esercitata dalla moglie nella politica del nuovo sovrano, tanto che
generalmente gli storici attribuiscono a entrambi le decisioni principali del loro lungo regno. Il matrimonio con
Teodolinda rappresent per Agilulfo, anche a prescindere dal "romanzo", un forte fattore di legittimazione, e non
Agilulfo
139
soltanto perch si trattava gi della regina. Teodolinda, infatti, era figlia del duca dei Bavari Garibaldo e, soprattutto,
discendeva per parte di madre dal re longobardo Vacone, appartenuto alla prestigiosa dinastia dei Letingi.
Alcuni duchi, soprattutto tra quelli che nel 590 avevano disertato il campo longobardo per unirsi a Franchi e
Bizantini, non lo accettarono subito come re, ed Agilulfo fu costretto a conquistarsi con le armi la fedelt. La
ribellione di alcuni duchi, tra i quali spiccava Gaidulfo di Bergamo dur fino al 594, quando Agilulfo sconfisse e
condann al patibolo come traditori molti dei duchi ribelli.
La politica
Agilulfo prosegu le linee guida politiche del
suo predecessore, Autari. Per liberarsi del
pericolo di una guerra da combattere su due
fronti, contro i Franchi e contro i Bizantini,
concluse una pace con i Franchi di Austrasia
che, in cambio della sicurezza del confine
nord-occidentale, impose ai Longobardi una
sudditanza e un tributo ai vicini. A met
degli anni novanta Agilulfo concluse anche
un'alleanza con gli Avari, garantendosi il
confine orientale.
La sicurezza esterna consent ad Agilulfo di
riprendere in forze la pressione contro i
Bizantini, impegnati in quegli anni anche
contro i Persiani. Tra il 590 e il 603 si
registr una decisa avanzata longobarda
nella Penisola, nonostante le tregue
ripetutamente firmate con i Bizantini a
partire dal 598, quando, con la sostituzione
dell'esarca di Ravenna Romano con il pi
politico Callinico, nacque un accordo a tre
(che includeva anche papa Gregorio Magno)
I domini longobardi dopo le conquiste di Agilulfo
per un equilibrio nel centro-nord Italia. Al
sud, invece, furono anni di notevoli
progressi militari, guidati dai duchi Arechi di Benevento e Ariulfo di Spoleto. Agilulfo stesso procedette alla
riconquista di Parma e Piacenza e arriv, nel 593, a minacciare la stessa Roma. Papa Gregorio I, per evitare il sacco
della citt, nel 593, dovette versare ad Agilulfo, Re dei Longobardi e Capo della Chiesa Cristiano Ariana, 500 libbre
d'oro. [2].
Nel 601-602 la tregua fu spezzata e alcuni duchi del nord si ribellarono al re. Spalleggiati dai Bizantini, a Parma
fecero prigionieri il duca Godescalco e sua moglie, figlia di Agilulfo. La reazione di Agilulfo fu durissima; sconfisse
e uccise i ribelli e successivamente conquist, per la prima volta per i Longobardi, Padova. Successivamente entr a
Este, Abano e Monselice, territori soggetti a Ravenna ma con forte autonomia, e infine a Cremona e Mantova. I
Bizantini furono costretti, nel 603, a restituire i prigionieri e a chiedere una nuova tregua.
Rafforzato ulteriormente da tanti successi, nel 604 si associ al trono il figlio Adaloaldo, di appena due anni. La
cerimonia si svolse con un rito di ispirazione bizantina, a esplicito rafforzamento dell'intento di Agilulfo di
presentarsi come re di tutta l'Italia e non solo dei Longobardi: scelse per questo l'antica metropoli di Milano tanto per
l'incoronazione quanto come sua capitale (la residenza estiva era nella vicina Monza) e si design, secondo quanto
Agilulfo
iscritto su una corona votiva, Gratia Dei rex totius Italiae. Accanto alla rivendicazione dell'unit tra Longobardi e
Latini, per la prima volta nella storia longobarda compariva un riferimento alla volont divina nella legittimazione
del re.
Negli ultimi anni di regno prosegu l'opera di integrazione tra le due stirpi sotto il suo scettro e rafforz la sicurezza
dei confini rinnovando i trattati con Franchi e Avari. Con l'appoggio di questi ultimi stronc la ribellione del duca del
Friuli, Gisulfo II.
Agilulfo mor a Milano nel 616, dopo 25 anni di regno, primo re longobardo in Italia a morire di morte naturale.
140
Agilulfo
141
Con Agilulfo e Teodolinda vi furono interessanti produzioni artistiche, sia coeve sia successive e legate ai loro
personaggi.
Il nome di Agilulfo legato ad un gioiello detto Croce di Agilulfo. La croce votiva era probabilmente appesa al
centro della sua corona regale. a forma di croce latina, con i bracci che si intersecano nelle reciproche met. I
bracci sono svasati verso le estremit, in oro tempestato di pietre preziose.
I Longobardi, come tutte le popolazioni barbariche, raramente raffiguravano figure umane o animali. Un'eccezione
data dalla Chioccia con i pulcini, scultura in argento dorato e lavorata a sbalzo, raffigurante una chioccia con i suoi
sette pulcini. Le otto piccole sculture sono poste su di un piatto base di rame che sostituisce l'originale che era in
argento. Fu probabilmente fatto eseguire da Teodolinda, ed riprodotto nella lunetta del Duomo di Monza come uno
dei doni offerti dalla regina a San Giovanni Battista.
L'Evangeliario di Teodolinda, a suo volta, sfoggia un'elegante custodia in oro, decorata con pietre preziose, ed un
capolavoro dell'antica oreficeria cristiana.
Altro gioiello risalente a quel periodo la Corona Ferrea. strutturata in sei placche rettangolari di oro legate fra
loro da cerniere e vincolate da un anello di ferro interno. La tradizione narra che il ferro fu ricavato da un chiodo con
cui fu crocefisso Ges Cristo e da qui ne discende il nome. Le placche sono decorate da gemme, smalti e rosette
d'oro che creano un delicato insieme floreale. Il valore della Corona Ferrea fortemente simbolico: la corona con
Agilulfo
142
Note
[1] Paolo Diacono, Historia Langobardorum, III, 35.
[2] Bibliotheca Sanctorum, Roma, 1966, V.VII, p.244
Bibliografia
Paolo Diacono, Historia Langobardorum (Storia dei Longobardi, Lorenzo Valla/Mondadori, Milano 1992)
Felice Bonalumi, Teodolinda. Una regina per l'Europa, Torino, San Paolo, 2006.
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002. ISBN 8846440854
Alberto Magnani-Yolanda Godoy, Teodolinda la longobarda, Milano, Jaca Book, 1998.
Carlo Guido Mor, San Colombano e la politica ecclesiastica di Agilulfo, Piacenza, 1933.
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003. ISBN 8872734843
Voci correlate
Duomo di Monza
Lamina di re Agilulfo
Arte longobarda
Collegamenti esterni
Pagina con immagini dei capolavori orafi (http://www.marcopolovr.it/progetti/barbari/Arte2.htm)
Il sito del Museo del Duomo di Monza (http://www.duomomonza.it//index.php?option=com_content&
task=category§ionid=5&id=14&Itemid=31)
Predecessore
Re dei Longobardi
Successore
Autari
591 - 616
Adaloaldo
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Autari
591 - 616
Adaloaldo
Portale Longobardi
Adaloaldo
Adaloaldo
Adaloaldo (Monza, 602 o 603 Ravenna, 626) fu re dei Longobardi e re d'Italia dal 616 al 625 (dal 604 associato al
trono dal padre Agilulfo).
Biografia
Figlio di Agilulfo e di Teodolinda, fu il primo sovrano longobardo a essere battezzato secondo il rito cattolico nel
603, un anno dopo la sua nascita, avvenuta nel Palazzo Reale di Monza (eretto a residenza estiva della coppia reale).
Bench all'epoca il cattolicesimo fosse ancora minoritario tra i Longobardi, che contavano anche pagani, ariani e
aderenti allo Scisma tricapitolino (che contrapponeva Roma al Patriarcato di Aquileia), la scelta dell'ariano Agilulfo
e della cattolica Teodolinda segn in modo decisivo l'evoluzione del popolo longobardo.
Adaloaldo fu battezzato la vigilia di Pasqua del 603, il 6 aprile, da Secondo di Non, monaco ascoltato a corte[1].
Nel 604, Adaloaldo fu associato al trono con una incoronazione avvenuta nell'Ippodromo romano di Milano, a
imitazione del cerimoniale bizantino. Agilulfo, infatti, mirava a creare una monarchia romanizzante e una propria
dinastia. Alla morte di Agilulfo, Adaloaldo divenne unico re, ma, essendo ancora minorenne, fu affiancato dalla
madre Teodolinda, che esercit la reggenza per alcuni anni e conserv una posizione autorevole anche in seguito.
L'esercito fu affidato al comando del duca Sundrarit, gi comandante militare e uomo di fiducia di Agilulfo. Poco
dopo l'ascesa al trono di Adaloaldo, Sundrarit inflisse una dura sconfitta all'esarca Eleuterio, imponendo ai Bizantini
un tributo. Pi tardi, verso il 616-617, i Longobardi si emanciparono anche dal vassallaggio verso i Franchi, ai quali
fino ad allora dovevano versare tributi periodici.
Decisivo, in quegli anni, era il versante della politica religiosa. L'Italia era divisa, sia nell'elemento latino che in
quello germanico, dallo Scisma tricapitolino che contrapponeva il papa di Roma al patriarca di Aquileia; tra i
Longobardi, inoltre, si contavano anche numerosi pagani e ariani. Teodolinda, di origine bavara, seppur nipote del re
longobardo Vacone, era stata seguace dello Scisma tricapitolino, ma fin per assumere posizioni sempre pi
filocattoliche.
Tra il 615 e il 620, il re dei Visigoti Sisebuto, fervente cattolico, scrisse una lettera alla corte longobarda, elogiando
Teodolinda e mostrandosi preoccupato circa le sorti del cattolicesimo in Italia. Ci rispecchia, forse, un
atteggiamento favorevole all'arianesimo da parte del giovane Adaloaldo. Questi, comunque, quando assunse i pieni
poteri riprese la politica filocattolica e filoromana. Nonostante la debolezza dei Bizantini, impegnati in quegli anni
contro gli Avari e i Persiani, Adaloaldo punt piuttosto a una generale pacificazione con Ravenna e con Roma: un
comportamento incomprensibile per i duchi longobardi, tutti di cultura militare, che accusarono il re di essere pazzo.
A capo della fronda si pose il cognato Arioaldo, marito della sorella del re Gundeperga. Il conflitto esplose nel 624, e
l'anno seguente il trono di Adaloaldo fu occupato da Arioaldo.
Adaloaldo mor nel 626, forse avvelenato. Al suo nome Adaloaldo associata la Croce di Adaloaldo, secondo la
tradizione donata dal papa Gregorio Magno per il suo battesimo e che custodita nel Museo del Duomo di Monza.
143
Adaloaldo
144
Note
[1] L'abate Secondo, citato da Paolo Diacono come consigliere spirituale della regina Teodolinda e padrino di battesimo del principe ereditario
Adaloaldo, secondo il Daquino altri non sarebbe che il vescovo Astese Secondo.
Il Diacono nella sua cronaca parla anche del battesimo di Agilulfo, che sarebbe avvenuto per opera del vescovo di
Trento Secondo, notizia, questa, considerata per improbabile. Per il Vergano ed il Cipolla, infatti, questo non
sarebbe stato possibile perch collocano in quel periodo a capo della diocesi di Trento il vescovo Agnello.
Bibliografia
Fonti primarie
(LA) Paolo Diacono, Historia Langobardorum, in Georg Waitz (a cura di), Monumenta Germaniae Historica,
Hannover, 1878, Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum saec. VIIX, 12219.. Trad .it: Paolo Diacono,
Lidia Capo (a cura di), Storia dei Longobardi, Milano, Lorenzo Valla/Mondadori, 1992. ISBN 8804330104 Testo
disponibile su Wikisource (http:/ / la. wikisource. org/ wiki/ Historia_Langobardorum).
MGH, Epistolarum tomus III, Epistolae Wisigothicae, IX [lettera di Sisebuto]
"Chronicum" di Fredegario, in "Patrologia Latina", LXXI.
Letteratura storiografica
Lidia Capo, Commento in Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, Milano, Lorenzo Valla/Mondadori, 1992. ISBN
8804330104
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002. ISBN 8846440854
Alberto Magnani-Yolanda Godoy, "Teodolinda la longobarda", 1998, Jaca Book, Milano, pp. 103-116.
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003. ISBN 8872734843
Voci correlate
Croce di Teodolinda (o di Adaloaldo)
Predecessore
Re dei Longobardi
Successore
Agilulfo
616 - 625
Arioaldo
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Agilulfo
616 - 625
Arioaldo
Portale Biografie
Portale Longobardi
Arioaldo
145
Arioaldo
Arioaldo
Re dei Longobardi
In carica
626 - 636
Predecessore Adaloaldo
Successore
Rotari
Re d'Italia
In carica
626 - 636
Predecessore Adaloaldo
Successore
Morte
Rotari
636
Arioaldo (o Ariovaldo) (... 636) fu re dei Longobardi e re d'Italia dal 626 al 636.
Duca di Torino della stirpe dei Caupu, ariano, Arioaldo fu marito di Gundeperga, figlia di Teodolinda e del re
Agilulfo.
Non ci sono pervenute informazioni sulla vita di Arioaldo prima dell'ascesa al trono. Si ha notizia di un suo primo
matrimonio, ma niente si sa della moglie, n di un'eventuale discendenza. Presumibilmente era uomo di fiducia di
Agilulfo, cui succedette nel Ducato di Torino e di cui spos la figlia Gundeperga. Durante gli ultimi anni di regno
del predecessore Adaloaldo, suo cognato (figlio di Agilulfo e di Teodolinda, era fratello di Gundeperga), guid la
fronda ariana ai tentativi di cattolicizzazione dei Longobardi condotti dalla regina madre Teodolinda,
congiuntamente al figlio. Pi che da motivazioni religiose, l'opposizione alla politica di Teodolinda derivava dalla
conseguente rinuncia a ulteriori espansioni territoriali nelle aree italiane rimaste sotto controllo bizantino e
rappresentate dal papa.
La rivolta esplose apertamente nel 624 e condusse rapidamente, tra il 625 e il 626, all'affermazione di Arioaldo, che
fece tornare il regno sotto controllo ariano. Ci provoc la preoccupazione di papa Onorio, che sollecit un
intervento dell'esarca bizantino contro il nuovo re. Di fatto, prese forma una congiura di palazzo, in cui era in
qualche modo coinvolta la regina Gundeperga, appoggiata dal duca del Friuli Taso. Arioaldo svent la congiura e
releg per qualche tempo la moglie lontano da Pavia, forse a Lomello.
In seguito, per, fece richiamare Gundeperga a corte e la reintegr nella sua dignit. Ci corrispondeva alla politica
conciliante avviata da Arioaldo, che ristabil relazioni amichevoli con papa Onorio e mantenne un atteggiamento di
equilibrio fra cattolici ed ariani. Giona, autore di una biografia di San Colombano, narra (II, 24) che Arioaldo era
rimasto tanto colpito dalla dignit dell'abate Bertulfo dell'Abbazia di Bobbio da rinunciare, dopo l'incontro, a una
rivalsa ariana verso i cattolici. Si tratta di un'interpretazione in chiave miracolistica della politica adottata dal re.
Arioaldo riport la capitale a Pavia e blocc una invasione degli Avari in Friuli. Durante il suo regno crebbe
l'influenza del vicino regno dei Franchi su quello longobardo. Il suo governo assicur un periodo di tranquillit e
consolidamento al regno, durato un decennio. Arioaldo mor nel 636.
Arioaldo
146
Bibliografia
Paolo Diacono, Historia Langobardorum (Storia dei Longobardi, Lorenzo Valla/Mondadori, Milano 1992)
Stefano Gasparri, "I duchi longobardi", Roma, ISIM, 1978, p. 51.
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002, pp. 54-55. ISBN 8846440854
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003. ISBN 8872734843
Predecessore
Re dei Longobardi
Successore
Adaloaldo
626 - 636
Rotari
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Adaloaldo
626 - 636
Rotari
Portale Longobardi
Portale Biografie
Rotari
Rotari
Re dei Longobardi
In carica
636 - 652
Predecessore Arioaldo
Successore
Rodoaldo
Re d'Italia
In carica
636 - 652
Predecessore Arioaldo
Successore
Rodoaldo
Nascita
Brescia, 606
Morte
652
Rotari
147
Biografia
Per approfondire, vedi Editto di Rotari.
Gi duca di Brescia, ariano, apparteneva alla stirpe degli Arodingi, termine che potrebbe indicare la discendenza da
una popolazione, gli Arudi, anticamente stanziata nello Jutland. Ascese al trono nel 636 alla morte di Arioaldo, del
quale spos la vedova Gundeperga, cattolica e portatrice del carisma dell'antica dinastia dei Letingi ereditato dalla
madre Teodolinda.
Secondo la tradizione, alla morte di Arioaldo i duchi longobardi avrebbero incaricato Gundeperga di scegliere il
nuovo re e sposo, secondo una modalit gi applicata dalla monarchia longobarda con Rosmunda (che scelse
Elmichi, peraltro rifiutato dalla maggioranza dei duchi) e Teodolinda (che scelse Agilulfo, questa volta con largo
consenso). Anche la scelta di Gundeperga - presumibilmente pilotata dai duchi - ebbe successo. Rotari rinnov
pertanto la formula di un re ariano affiancato da una regina cattolica, che, dai tempi di Teodolinda, assicurava un
sostanziale equilibrio nel Regno e una politica di tolleranza.
Rotari
148
Rotari condusse numerose campagne militari, che portarono quasi
tutta l'Italia settentrionale sotto il dominio del regno longobardo.
Ci fu possibile in quanto l'Impero Bizantino attraversava una
grave crisi interna, che lo distoglieva dall'Occidente. Rotari,
pertanto, conquist (642) la Liguria (compresi il capoluogo
Genova e Luni) e Oderzo. Tuttavia, neppure la schiacciante
vittoria ottenuta sull'esarca bizantino di Ravenna, sconfitto e
ucciso insieme a ottomila suoi uomini presso il fiume Panaro, fu
sufficiente a sottomettere l'Esarcato.
Govern con energia e colp con durezza i duchi che gli si opponevano, facendone eliminare molti; questo tuttavia
non gli alien il sostegno e l'affetto del suo popolo, che in lui ammirava il legislatore e, soprattutto, il guerriero.
Anche il Ducato di Benevento, che durante il suo regno espanse a sua volta il suo dominio conquistando la Puglia e
la citt di Salerno, riconobbe l'autorit del re; il duca Arechi invi alla corte di Milano il proprio figlio ed erede
Aione.
Rotari mor nel 652 e venne sepolto a Pavia, nella basilica di San Giovanni Battista[1]. Gli successe il figlio
Rodoaldo.
Note
[1] L'identificazione della basilica di San Giovanni Battista ricordata da Paolo Diacono (IV, 47) discussa: vi chi la identifica con la chiesa
omonima di Monza e chi, invece, pone la sepoltura a Pavia, capitale del Regno, nella basilica fondata dalla figlia di Agilulfo e Teodolinda e
moglie di Rotari, Gundeperga. Cfr. Lida Capo, Commento a Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, p. 526.
Bibliografia
Fonti primarie
Paolo Diacono, Historia Langobardorum (Storia dei Longobardi, cura e commento di Lidia Capo, Lorenzo
Valla/Mondadori, Milano 1992), IV, 42-45.
Origo Gentis Langobardorum, VI.
Fredegario, Chronicarum Libri, IV, 70.
Rotari
149
Letteratura storiografica
Lidia Capo. Commento a Paolo Diacono, Lidia Capo (a cura di), Storia dei Longobardi, Milano, Lorenzo
Valla/Mondadori, 1992. ISBN 8804330104
Paolo Delogu,Il Regno Longobardo, in Storia d'Italia, Torino 1980, vol. I, pp.5455.
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002. ISBN 8846440854
Alberto Magnani, Gundeperga. Una regina longobarda a Pavia, in "Bollettino della Societ Pavese di Storia
Patria", 2004.
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003. ISBN 8872734843
Voci correlate
Diritto longobardo
Editto di Rotari
Longobardi
Storia di Brescia
Predecessore
Re dei Longobardi
Successore
Arioaldo
636 - 652
Rodoaldo
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Arioaldo
636 - 652
Rodoaldo
Portale Biografie
Portale Longobardi
Rodoaldo
150
Rodoaldo
Rodoaldo (... 653) fu re dei Longobardi e re d'Italia dal 652 al 653.
Biografia
Salito al trono alla morte del padre Rotari e come lui ariano della stirpe degli Arodingi, Rodoaldo lo conserv appena
per pochi mesi, senza lasciare tracce significative del suo governo. Pare che, circa sei mesi dopo la sua elezione, sia
stato ucciso da un longobardo, del quale aveva insidiato la moglie. Al suo posto i duchi longobardi elessero Ariperto
I, riportando cos al trono un cattolico della dinastia bavarese.
Bibliografia
Paolo Diacono, Historia Langobardorum (Storia dei Longobardi, Lorenzo Valla/Mondadori, Milano 1992)
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002. ISBN 8846440854
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003. ISBN 8872734843
Predecessore
Re dei Longobardi
Successore
Rotari
652 - 653
Ariperto I
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Rotari
652 - 653
Ariperto I
Portale Biografie
Portale Longobardi
Pertarito
151
Pertarito
Pertarito
Re d'Italia
In carica
Incoronazione
661
Predecessore
Ariperto I (1)
Garibaldo (2)
Successore
Grimoaldo (1)
Cuniperto (2)
Rex Langobardaorum
Rex totius Italiae
Nascita
?, 645 circa
Morte
Sepoltura
[1]
Dinastia
Bavarese
Padre
Ariperto I
Consorte
Rodelinda
Figli
Cuniperto, Vigilinda
Pertarito, o Bertarido (645 circa Pavia?, 688), fu re dei Longobardi e re d'Italia dal 661 al 662 e, in una seconda
fase, dal 671 al 688.
Il primo regno
Nel 661, alla morte di Ariperto I e secondo la sua volont, i suoi due figli Godeperto e Pertarito furono nominati
successori congiunti sul trono longobardo. Il regno fu bipartito (procedimento rimasto unico nella storia dei
Longobardi ma frequente, per esempio, tra i vicini Franchi); Pertarito elesse a sua capitale Milano, mentre il fratello
si insedi a Pavia.
Tra i due fratelli si apr immediatamente un conflitto civile e Godeperto invoc l'aiuto del duca di Benevento,
Grimoaldo. Il duca accorse insieme a consistenti forze militari ma, giunto a Pavia, uccise Godeperto e ne occup il
trono (662). Pertarito, consapevole della sua evidente inferiorit, abbandon a sua volta il regno e ripar presso gli
Avari. In seguito sembra che l'usurpatore, che aveva sposato la sorella di Pertarito e Godeperto, tent una
riconciliazione con il cognato invitandolo a Pavia. Preoccupato per dall'appoggio di cui il sovrano detronizzato
godeva ancora tra i Longobardi, Grimoaldo progett anche la sua eliminazione. Avvertito per tempo, Pertarito
scamp presso i Franchi di Neustria.
possibile che lo scontro dinastico fosse il riflesso dell'interferenza politica franca sul regno longobardo: Grimoaldo
era alleato del suo omonimo maggiordomo di palazzo dell'Austrasia (Grimoaldo I, antenato dei Carolingi), mentre
Pertarito era sostenuto dalla regina di Neustria, Balthid. Da questo contrasto discesa la spedizione dei Franchi di
Neustria in Italia: lo scontro con Grimoaldo avvenne nel 663 a Refrancore, presso Asti, dove l'usurpatore ottenne una
schiacciante vittoria; Pertarito rimase in esilio in Neustria.
Pertarito
Il secondo regno
L'ascesa al trono
Alla morte di Grimoaldo il trono pass a suo figlio Garibaldo, che tuttavia vi sedette per poche settimane: Pertarito
rientr infatti immediatamente dall'esilio e scalz il figlio dell'usurpatore. Secondo la leggenda, al momento della
morte di Grimoaldo Pertarito, ancora esule in Francia, era sul punto di salpare verso la Britannia anglosassone a
causa di un'alleanza tra il re dei Franchi, Dagoberto II, e Grimoaldo. Un simile accordo avrebbe reso insicuro il suo
esilio ma, all'ultimo minuto, una voce divina l'avrebbe trattenuto, informandolo che il suo nemico era morto da tre
giorni. A quel punto rientr a Pavia, depose Garibaldo e si fece nuovamente eleggere re dall'assemblea del popolo in
armi. L'elezione fu probabilmente un tentativo della nobilt longobarda di riaffermare la propria tutela sul sovrano,
dopo il regno fortemente accentratore di Grimoaldo.
Pertarito raggiunse subito un'intesa con il duca di Benevento, Romualdo I, che era il figlio maggiore di Grimoaldo.
In cambio del riconoscimento della sua autonomia, il duca consent alla moglie e al figlio del re suoi ostaggi,
Rodelinda e Cuniperto, di rientrare a Pavia.
La politica
Pertarito diede un forte sostegno alla Chiesa cattolica, favorendone l'opera evangelizzatrice nei confronti dei
Longobardi e dei Romanici ariani, pagani o scismatici. Esort i vescovi cattolici a rientrare nelle diocesi che avevano
abbandonato a causa delle pressioni longobarde, edific chiese e monasteri in tutto il regno e consent all'arcivescovo
di Milano, Mansueto, di convocare un grande sinodo provinciale.
Nel 680 associ al trono il figlio Cuniperto, che ben presto assunse un'ampia influenza sulla politica del regno, e
concluse una "pace eterna" con i Bizantini che ratificava la divisione dell'Italia tra le due potenze. Il trattato fu
ratificato nel 680-681 a Costantinopoli dagli ambasciatori longobardi che presero parte al concilio che condann il
monotelismo. La firma per i Bizantini fu il riconoscimento formale della sovranit longobarda su gran parte
dell'Italia, in cambio della rinuncia a ulteriori attacchi nei territori (Ravenna, Esarcato, Pentapoli, ufficialmente anche
Roma) rimasti sotto sovranit bizantina.
La ribellione di Alachis
Il successo della politica di pacificazione di Pertarito suscitarono malcontento in alcune aree del regno. A capitanare
l'opposizione furono le regioni nord-orientali, dove si contavano ancora numerosi sostenitori dello Scisma
tricapitolino, dell'arianesimo o del paganesimo. Gli oppositori si sentivano al tempo stesso minacciati nella loro
esistenza e privati della prospettiva, tradizionalmente imperante tra i Longobardi, di ulteriori operazioni militari di
conquista; si coalizzarono quindi contro Pertarito, troppo sbilanciato secondo il loro sentire "guerriero" verso il
cattolicesimo e verso la pace. A loro capo elessero il duca di Trento, Alachis.
A far deflagrare il conflitto fu, probabilmente, l'associazione di Cuniperto al trono, che indicava nuovamente la
volont di prediligere la via dinastica a quella elettiva nella successione al trono. Pertarito tent di arginare la
ribellione ricorrendo al sostegno dei suoi alleati: invoc l'aiuto dei Bavari, ai quali era legato anche dinasticamente,
che calarono in Trentino e si scontrarono con Alachis. Il ribelle, tuttavia, ebbe la meglio e riusc a trincerarsi nella
sua Trento, cinta immediatamente d'assedio dallo stesso re. Una sortita di Alachis riusc a ricacciare Pertarito, che
affid i successivi negoziati a Cuniperto, in passato amico di Alachis. La pacificazione, provvisoria (lo scontro si
sarebbe riacceso alla morte di Pertarito, nel 688), fu ottenuta a prezzo di una dura cessione territoriale - il ducato di
Brescia - a favore di Alachis.
152
Pertarito
153
Note
Bibliografia
Paolo Diacono, Historia Langobardorum (Storia dei Longobardi, Lorenzo Valla/Mondadori, Milano 1992)
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002. ISBN 88-464-4085-4
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003. ISBN 88-7273-484-3
Predecessore
Duca di Asti
Successore
Ariperto I
Cuniperto
Predecessore
Re dei Longobardi
Successore
Ariperto I
Grimoaldo
Garibaldo
671 - 688
Cuniperto
II
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Ariperto I
Grimoaldo
Garibaldo
671 - 688
Cuniperto
II
Portale Longobardi
Portale Biografie
Godeperto
Godeperto
Re d'Italia
In carica
Incoronazione
661
Predecessore
Ariperto I
Successore
Grimoaldo
Rex Langobardaorum
Rex totius Italiae
Nascita
?, 645 circa
Morte
[1]
Dinastia
Bavarese
Padre
Ariperto I
Figli
, 662
Ragimperto
Godeperto (o Godeberto; 645 circa Pavia, 662) fu re dei Longobardi e re d'Italia dal 661 al 662.
Godeperto
154
Biografia
Nel 661, alla morte di Ariperto I e secondo la sua volont, i suoi due figli Godeperto e Pertarito furono nominati
successori congiunti sul trono longobardo. Il regno fu bipartito (procedimento rimasto unico nella storia dei
Longobardi ma frequente, per esempio, tra i vicini Franchi); Godeperto elesse a sua capitale Pavia, mentre il fratello
si insedi a Milano.
Tra i due fratelli si apr immediatamente un conflitto civile; Godeperto invoc, tramite il duca di Torino Garibaldo,
l'aiuto del duca di Benevento, Grimoaldo, che accorse con truppe provenienti, oltre che sal suo ducato, anche da
quelli di Spoleto e di Tuscia (662). Giunto a Pavia, il duca, istigato da Garibaldo, uccise il sovrano e ne occup il
trono.
Note
[1] Paolo Diacono, Historia Langobardorum, IV, 51.
Bibliografia
Fonti primarie
(LA) Paolo Diacono, Historia Langobardorum, in Georg Waitz (a cura di), Monumenta Germaniae Historica,
Hannover, 1878, Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum saec. VIIX, 12219.. Trad .it: Paolo Diacono,
Lidia Capo (a cura di), Storia dei Longobardi, Milano, Lorenzo Valla/Mondadori, 1992. ISBN 8804330104 Testo
disponibile su Wikisource (http:/ / la. wikisource. org/ wiki/ Historia_Langobardorum).
Letteratura storiografica
Lidia Capo, Commento in Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, Milano, Lorenzo Valla/Mondadori, 1992. ISBN
8804330104
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002. ISBN 8846440854
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003. ISBN 8872734843
Predecessore
Duca di Asti
Successore
Ariperto I
Cuniperto
Predecessore
Re dei Longobardi
Successore
Ariperto I
Grimoaldo
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Ariperto I
Grimoaldo
Portale Biografie
Portale Longobardi
Grimoaldo
155
Grimoaldo
Grimoaldo
Re d'Italia
In carica
662-671
Incoronazione
662
Predecessore
Godeperto e Pertarito
Successore
Garibaldo
Rex Langobardorum
Rex totius Italiae
Nascita
Morte
Sepoltura
Pavia, Sant'Ambrogio
[1]
[1][2]
Padre
Madre
Romilda
Consorte
Figli
, 671
Grimoaldo (Cividale del Friuli, 600 circa 671) fu re dei Longobardi e re d'Italia dal 662 al 671.
Biografia
I primi anni
Per approfondire, vedi la voce Storia di Oderzo.
Figlio minore del duca del Friuli Gisulfo II e di Romilda, nel 610 fu fatto prigioniero insieme ai fratelli (Caco,
Tasone e Radoaldo) dagli Avari che progettarono di sterminarli dopo averne ucciso il padre. I fratelli maggiori
pianificarono la fuga e, secondo la leggenda riportata da Paolo Diacono[3], uno dei fratelli, ritenendo che fosse
troppo piccolo per reggersi su un cavallo in corsa, "pens che era meglio per lui morire di spada che sopportare il
giogo della prigionia e decise di ucciderlo". Grimoaldo per l'implor in lacrime di risparmiarlo e di metterlo alla
prova; il fratello acconsent e il bambino dimostr di saper tenere le redini e seguire i fratelli nella fuga. Era tuttavia
pi lento di loro, tanto che un avaro lo raggiunse e lo cattur; non lo uccise, ritenendolo troppo giovane per essere
pericoloso, e pens di tenerselo come servo. Grimoaldo tuttavia
(LA)
(IT)
Ingentes animos angusto in pectore versans Agitando grande animo in piccolo petto
(Paolo Diacono, Historia Langobardorum, IV, 37)
sguain la sua piccola spada e abbatt con un fendente l'avaro seduto in sella davanti a lui; quindi si impadron del
cavallo, riprese la fuga e raggiunse i fratelli.
Grimoaldo
Dopo l'uccisione a Oderzo, per mano bizantina, dei suoi fratelli maggiori, Caco e Tasone, coreggenti del trono
ducale, divenne duca il loro zio Grasulfo II. Non volendo sottostare al parente, Grimoaldo e il suo terzo fratello
maggiore Radoaldo ripararono a Benevento presso il duca Arechi, che li accolse come figli. Alla morte di Arechi il
ducato di Benevento pass prima a suo figlio Aione e poi, dopo che quest'ultimo cadde in combattimento per mano
dei pirati slavi sbarcati a Siponto, a Radoaldo.
L'usurpazione
Succeduto, nel 651, come duca di Benevento al fratello Radoaldo, nel 662 intervenne nella lotta per la successione
scatenatasi tra Godeperto e Pertarito, i due figli di Ariperto I tra i quali il testamento del sovrano aveva ripartito il
regno. Grimoaldo, nel tentativo di imporsi su entrambi e salire al trono, approfitt della richiesta di aiuto rivoltagli da
Godeperto, che gli offr la sorella in moglie. Sentendosi legittimato nella sua pretesa proprio in virt di questo
matrimonio, affid al figlio Romualdo il ducato e marci verso nord con truppe, oltre che del suo ducato, anche di
quelli di Spoleto e della Tuscia. Giunto a Pavia, eletta da Godeperto a capitale della sua porzione di regno, uccise il
sovrano legittimo; a Milano Pertarito, consapevole della sua evidente inferiorit, abbandon a sua volta il regno e
ripar presso gli Avari.
Un'assemblea nazionale legittim l'usurpazione, ma i seguaci della dinastia Bavarese si riunirono ad Asti e Torino,
da dove intrapresero contatti con la Franconia contro Grimoaldo. Il nuovo re minacci allora gli Avari con la guerra
se non gli avessero consegnato Pertarito, che si vide quindi costretto a tornare in Italia e a sottomettersi al re.
Pertarito, pur avendo ricevuto una rendita e una residenza, costituiva tuttavia un pericolo costante come pretendente
al trono; Grimoaldo progett allora anche la sua eliminazione ma, avvertito per tempo, Pertarito riusc a scampare
presso i Franchi di Neustria.
possibile che lo scontro dinastico fosse il riflesso dell'interferenza politica franca sul regno longobardo: Grimoaldo
era alleato del suo omonimo maggiordomo di palazzo dell'Austrasia (Grimoaldo I, antenato dei Carolingi), mentre
Pertarito era sostenuto dalla regina di Neustria, Balthid. Da questo contrasto discese la spedizione dei Franchi di
Neustria in Italia: lo scontro con Grimoaldo avvenne nel 663 a Refrancore, presso Asti, dove l'usurpatore ottenne una
schiacciante vittoria; Pertarito rimase in esilio in Neustria.
Il regno
Nello stesso 663 Grimoaldo ottenne anche un'importante vittoria contro i Bizantini. L'imperatore Costante II tent di
riconquistare l'intera Italia e sbarc con forti contingenti militari nel Meridione; irruppe nei territori della Puglia
sottomessi al ducato di Benevento, ottenne alcuni successi su Romualdo e cinse d'assedio la stessa Benevento.
L'intervento in forze di Grimoaldo costrinse tuttavia l'imperatore a ritirarsi a Napoli, dopo aver subito gravi perdite.
La vittoria rafforz la posizione del re, ancora precaria. In seguito suo figlio Romualdo pass all'offensiva e occup
l'intera Puglia, con la sola eccezione di Otranto.
Grimoaldo esercit i poteri sovrani con una pienezza fino ad allora mai raggiunta dai suoi predecessori. Rafforz
ulteriormente il controllo dell'Italia centro-meridionale assoldando un contingente di Bulgari che avevano disertato le
file bizantine e insediandolo nel poco popolato territorio compreso tra Sepino, Boiano e Isernia in un gastaldato
creato ad hoc. Sempre nel 663 promosse a duca di Spoleto il genero Trasmondo, gi conte di Capua.
Anche nella Langobardia Maior la struttura del potere venne riorganizzata. Nel Friuli minacciato da Avari e Slavi
sostitu il duca Lupo, che durante la campagna contro Costante era stato reggente per l'Italia settentrionale e che
aveva dato scarsa prova di fedelt, con il pi affidabile Vectari. La sua opera di rafforzamento del potere regio,
avviata fin dal momento della sua scesa al trono attraverso l'assegnazione ai suoi fedeli beneventani di ampie
propriet in Val Padana, prosegu favorendo l'opera di integrazione tra le diverse componenti del regno. Offr ai suoi
sudditi un'immagine in continuit con quella del suo predecessore Rotari, al tempo stesso saggio legislatore
(aggiunse nuove leggi all'Editto), mecenate (eresse a Pavia una chiesa intitolata a Sant'Ambrogio) e valente
guerriero. Mor nel 671 a causa delle complicazioni seguite a un salasso. Corse voce che i medici, nel tamponare la
156
Grimoaldo
157
(IT)
Fu gagliardo di corpo, primo fra tutti per audacia, dalla
testa calva, dalla lunga barba, ornato di saggezza non meno
che di forza
Note
[1] Paolo Diacono, Historia Langobardorum, V, 33.
[3] Paolo Diacono, IV, 37.
[4] Luigi Bossi, Della istoria d'Italia antica e moderna Libro III, Cap. XXIV, Vol. XII, pag. 530, Editori Giegler-Bianchi e C., Milano, 1820
Bibliografia
Fonti primarie
(LA) Paolo Diacono, Historia Langobardorum, in Georg Waitz (a cura di), Monumenta Germaniae Historica,
Hannover, 1878, Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum saec. VIIX, 12219.. Trad.it: Paolo Diacono,
Lidia Capo (a cura di), Storia dei Longobardi, Milano, Lorenzo Valla/Mondadori, 1992. ISBN 8804330104 Testo
disponibile su Wikisource (http:/ / la. wikisource. org/ wiki/ Historia_Langobardorum).
Letteratura storiografica
Lidia Capo, Commento in Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, Milano, Lorenzo Valla/Mondadori, 1992. ISBN
8804330104
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002. ISBN 8846440854
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003. ISBN 8872734843
Predecessore
Duca di Benevento
Successore
Radoaldo di Benevento
651 - 671
Romualdo I di Benevento
Predecessore
Re dei Longobardi
Successore
Pertarito e Godeperto
662 - 671
Garibaldo
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Pertarito e Godeperto
662 - 671
Garibaldo
Grimoaldo
158
Portale Biografie
Portale Longobardi
Garibaldo (re)
Garibaldo
Re d'Italia
In carica
Predecessore
Successore
671
Grimoaldo
Pertarito
Rex Langobardaorum
Rex totius Italiae
Nascita
?, 665 circa
Morte
?, ?
Padre
Grimoaldo
Madre
Garibaldo (o GariboldoWikipedia:Uso delle fonti; 665 circa ...) fu re dei Longobardi e re d'Italia nel 671.
Biografia
Figlio di Grimoaldo e della sorella di Godeperto e Pertarito, TeodotaWikipedia:Uso delle fonti, eredit il trono alla
morte del padre nel 671, quando era ancora bambino. Il suo regno dur poche settimane: saputo della morte di
Grimoaldo, Pertarito, deposto dallo stesso Grimoaldo nel 662, rientr dal suo esilio nel Regno franco e subentr al
nipote. La deposizione fu sancita dall'assemblea del popolo longobardo[1].
La deposizione di Garibaldo fu favorita, oltre che dalla giovane et del sovrano (puerulo, lo definisce Paolo
Diacono[1]), anche dalle scelte dei duchi longobardi, che in questo modo si opposero al principio dinastico e
riaffermarono quello elettivo nell'ascesa al trono longobardo (sebbene lo stesso Pertarito fosse a sua volta il figlio di
re Ariperto I)[2]. Della vita di Garibaldo dopo la detronizzazione non si sa pi nulla, tanto che nel XX secolo
trovarono spazio fantasiose leggende su una sua fuga in Liguria; probabile che sia stato ridotto a vita privata[3].
Note
[1] Paolo Diacono, Historia Langobardorum, V, 33.
[2] Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, p. 60.
[3] Lida Capo, Commento a Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, p. 553.
Bibliografia
Fonti primarie
(LA) Paolo Diacono, Historia Langobardorum, in Georg Waitz (a cura di), Monumenta Germaniae Historica,
Hannover, 1878, Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum saec. VIIX, 12219.. Trad .it: Paolo Diacono,
Lidia Capo (a cura di), Storia dei Longobardi, Milano, Lorenzo Valla/Mondadori, 1992. ISBN 8804330104 Testo
disponibile su Wikisource (http:/ / la. wikisource. org/ wiki/ Historia_Langobardorum).
Garibaldo (re)
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Letteratura storiografica
Lidia Capo, Commento in Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, Milano, Lorenzo Valla/Mondadori, 1992. ISBN
8804330104
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002. ISBN 8846440854
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003. ISBN 8872734843
Voci correlate
Grimoaldo
Pertarito
Regno longobardo
Predecessore
Re dei Longobardi
Successore
Grimoaldo
671
Pertarito
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Grimoaldo
671
Pertarito
Portale Biografie
Portale Longobardi
Cuniperto
Cuniperto
Tremisse di Cuniperto
Re d'Italia
In carica
688-700
Incoronazione
Predecessore
Pertarito
Successore
Liutperto
Rex Langobardaorum
Rex totius Italiae
Nascita
?, 660 circa
Morte
Sepoltura
Dinastia
[1]
Cuniperto
160
Padre
Pertarito
Madre
Rodelinda
Consorte
Ermelinda
Figli
Liutperto
Cuniperto, conosciuto anche come Cuniperto il Pio o Cunimperto o Cuniberto (660 circa Pavia?, 700), fu re
dei Longobardi e re d'Italia dal 688 al 700.
L'associazione al trono
Cuniperto nacque (forse a Pavia, forse a Milano, intorno al 660: quando nel 662 suo padre Pertarito fugg presso gli
Avari perch insidiato da Grimoaldo, infatti, Cuniperto era molto piccolo, secondo quanto riferito da Paolo Diacono
(IV, 51).
Associato al trono dal padre Pertarito, reinsediato, nel 680, fin dai primi anni di coreggenza esercit un notevole
influsso sulla politica del regno. Nel 680-681 sottoscrisse insieme al padre il trattato di pace con l'Impero bizantino
che, in cambio della rinuncia a ulteriori espansioni territoriali, sanciva il riconoscimento formale del dominio
longobardo da parte di Bisanzio.
La cooptazione al trono fu probabilmente la miccia che fece divampare la rivolta dei duchi delle regioni
nord-orientali del regno (Austria, secondo la denominazione del tempo), che opponevano le istanze guerriere e
religiose di una parte ancora consistente dei Longobardi (pagani, ariani o aderenti allo Scisma tricapitolino) alla
politica dinastica, filo-cattolica e di pacificazione portata avanti dalla dinastia Bavarese incarnata da Pertarito e
Cuniperto. La rivolta fu guidata dal duca di Trento Alachis, amico di Cuniperto; proprio in virt del loro legame, il
coreggente riusc a ottenere una provvisoria riappacificazione, dopo che il ribelle aveva ricacciato tanto l'attacco
degli alleati Bavari di Pertarito, quanto un assedio condotto dallo stesso sovrano. Prezzo dell'accordo fu la cessione
ad Alachis del Ducato di Brescia.
Il regno
Le ribellioni
Subentrato al padre nel 688, subito dovette affrontare una nuova ribellione di Alachis che, in quello stesso anno,
riusc a scacciare il re dalla capitale Pavia e a costringerlo a rifugiarsi sull'Isola Comacina. Nel 689, grazie al
sostegno della popolazione e del clero cattolici, fu in grado di allestire un esercito con il quale affront l'usurpatore
nella battaglia di Coronate, lungo l'Adda che segnava il confine tra Austria e Neustria. La battaglia, nella quale
Alachis cadde, si concluse con la vittoria del legittimo sovrano.
Pochi anni dopo, sempre in Austria, scoppi una nuova ribellione. A guidarla fu il comandante della fortificazione di
Ragogna, presso Udine, Ansfrido. Dopo aver usurpato il trono del ducato del Friuli, retto da Rodoaldo, il ribelle
tent di occupare anche quello di Pavia ma, nel 698, Cuniperto riusc a prenderlo prigioniero a Verona e a
condannarlo all'accecamento e all'esilio. Al suo posto insedi un fratello di Rodoaldo a lui fedele, Adone, ottenendo
la pacificazione dell'Austria.
Cuniperto
161
La politica religiosa
Cuniperto continu la politica filocattolica della dinastia Bavarese, fondando alcuni monasteri e pose fine allo
Scisma tricapitolino convocando (d'intesa con papa Sergio I) a Pavia un sinodo che, nel 698, sanc il ritorno
all'obbedienza romana delle ultime roccaforti ribelli (Como e alcune diocesi suffraganee di Aquileia.
Durante il regno di Cuniperto si complet la conversione dei Longobardi al cattolicesimo, salvo elementi isolati, e
quindi crebbe la coesione del regno (anche se i ducati centro-meridionali riguadagnarono parte della loro autonomia,
che Grimoaldo aveva limitato). Mor nel 700 rimpianto dal suo popolo, che ne aveva amato lo spirito guerriero.
Note
Bibliografia
Paolo Diacono, Historia Langobardorum (Storia dei Longobardi, Lorenzo Valla/Mondadori, Milano 1992)
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002. ISBN 88-464-4085-4
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003. ISBN 88-7273-484-3
Predecessore
Duca di Asti
Successore
Pertarito
671 - 688
Ansprando
Predecessore
Re dei Longobardi
Successore
Pertarito
688 - 700
Liutperto
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Pertarito
688 - 700
Liutperto
Portale Biografie
Portale Longobardi
Liutperto
162
Liutperto
Liutperto
Re d'Italia
In carica
Incoronazione
700
Predecessore
Cuniperto (1)
Ragimperto (2)
Successore
Ragimperto (1)
Ariperto II (2)
Rex
Langobardaorum
Rex totius Italiae
Nascita
Pavia?
Morte
Pavia?, 702
Dinastia
Bavarese
Padre
Cuniperto
Madre
Ermelinda
Liutperto (o Liutberto; Pavia?, ... Pavia?, 702) fu re dei Longobardi e re d'Italia dal 700 al 701 e, in una seconda
fase, dal 701 al 702.
Biografia
Il primo regno
Ancora minorenne alla morte del padre Cuniperto (700), quando sal al trono fu affiancato dal tutore Ansprando,
duca di Asti. Immediatamente insorse Ragimperto, duca di Torino e anche lui esponente della dinastia Bavarese, che
affront presso Novara le truppe di Ansprando e del suo alleato Rotarit, duca di Bergamo. Ragimperto vinse e
depose Liutperto, dopo appena otto mesi di regno, agli inizi del 701.
Il secondo regno
Ragimperto mor alla fine di quello stesso 701 lasciando il trono al figlio Ariperto II, che aveva gi associato.
Ansprando e Rotarit reagirono immediatamente e imprigionarono Ariperto, restituendo il trono a Liutperto. Ariperto,
tuttavia, riusc a fuggire e a scontrarsi con i tutori del suo antagonista. Nel 702 li sconfisse a Pavia, imprigion
Liutperto e occup il trono. Poco dopo stronc definitivamente l'opposizione di Rotarit e fece uccidere Liutperto,
affogato durante un bagno.
Liutperto
163
Bibliografia
Paolo Diacono, Historia Langobardorum (Storia dei Longobardi, Lorenzo Valla/Mondadori, Milano 1992)
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002. ISBN 88-464-4085-4
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003. ISBN 88-7273-484-3
Predecessore
Duca di Asti
Successore
Ansprando
701
Teodone
Predecessore
Re dei Longobardi
Successore
Cuniperto
700 - 701
Ragimperto
Ragimperto
701 - 702
Ariperto II
II
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Cuniperto
700 - 701
Ragimperto
Ragimperto
701 - 702
Ariperto II
II
Portale Biografie
Portale Longobardi
Ragimperto
Ragimperto
Re d'Italia
In carica
701
Incoronazione
701
Predecessore
Liutperto
Successore
Liutperto
Rex Langobardaorum
Rex totius Italiae
Nascita
?, ante 662
Morte
?, 701
Dinastia
Bavarese
Padre
Godeperto
Figli
Ariperto II
Ragimperto (o Rangiperto o Regimberto; ante 662 701) fu re dei Longobardi e re d'Italia nel 701.
Ragimperto
164
Biografia
Duca di Torino, era figlio di Godeperto e nipote di Ariperto I: un esponente, quindi, della dinastia bavarese. Alla
morte di Cuniperto, nel 700, il trono pass a suo figlio Liutperto, ma Ragimperto si ribell e reclam per s il titolo
regio. Lo scontro si risolse con una battaglia, combattuta a Novara agli inizi del 701, che lo vide vincitore sul tutore
di Liutperto, Ansprando, e sul suo alleato Rotarit, duca di Bergamo. Ragimperto depose Liutperto e si fece
proclamare re, associando immediatamente al trono suo figlio Ariperto. Mor poco dopo, ancora nel 701.
Bibliografia
Paolo Diacono, Historia Langobardorum (Storia dei Longobardi, Lorenzo Valla/Mondadori, Milano 1992)
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002. ISBN 88-464-4085-4
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003. ISBN 88-7273-484-3
Predecessore
Re dei Longobardi
Successore
Liutperto
700 - 701
Liutperto
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Liutperto
700 - 701
Liutperto
Portale Biografie
Portale Longobardi
Ariperto II
Ariperto II
Re d'Italia
In carica
702-712
Incoronazione
702
Predecessore
Liutperto
Successore
Ansprando
Rex Langobardaorum
Rex totius Italiae
Nascita
Morte
Dinastia
Padre
Bavarese
Ragimperto
Ariperto II o Ariberto (... Pavia, marzo 712) fu re dei Longobardi e re d'Italia dal 702 al 712.
Ariperto II
Biografia
Figlio del duca di Torino Ragimperto, nel 700 sostenne il padre nella sua ascesa al trono contro il figlio del defunto
Cuniperto, Liutperto. Il tentativo riusc grazie al sostegno dei Longobardi di Neustria (come all'epoca era chiamata la
regione nord-occidentale del regno) e Ragimperto associ il figlio al trono (701), ma pochi mesi dopo mor; Ariperto
venne imprigionato dai sostenitori di Liuperto, il reggente Ansprando e il duca di Bergamo Rotarit, che riportarono
sul trono il giovane figlio di Cuniperto.
Ariperto riusc a fuggire e l'anno successivo 702 sconfisse a Pavia i protettori di Liutperto; depose e fece
imprigionare il giovane re e si incoron al suo posto. Rotarit, a Bergamo, persever nella sua opposizione e si
proclam a sua volta re; Ariperto marci contro di lui, lo sconfisse dopo un sanguinoso assedio e, dopo avergli fatto
rasare il capo e la barba in segno di disprezzo (era il trattamento applicato a schiavi e prigionieri di guerra), lo releg
a Torino dove lo fece uccidere. Anche Liutperto venne soppresso, affogato durante un bagno. Sfugg alla cattura
Ansprando, che ripar prima sull'Isola Comacina, poi presso il duca di Baviera. Ariperto imprigion per i suoi
famigliari (la moglie e i figli), che fece orribilmente mutilare; si salv soltanto il giovanissimo figlio minore,
Liutprando, che venne restituito al padre.
Ridusse, subito dopo, il ducato di Bergamo a gastaldato per controllare direttamente, attraverso suoi uomini di
fiducia, il gruppo di potere che si era costituito a Bergamo divenuta, fin dalla morte di Clefi, uno dei pi forti ducati
longobardi. Un nuovo tentativo di rivolta fu ordito, poco dopo, dal duca del Friuli, Corvolo; Ariperto lo sconfisse, lo
fece accecare e lo sostitu con il fedele Pemmone.
Prosegu la politica filocattolica della dinastia bavarese, cui apparteneva, restituendo al papa i territori sulle Alpi
Cozie occupate dai suoi predecessori[1] e cercando l'amicizia tanto del pontefice quanto dei Bizantini, senza
approfittare dalla crisi che in quel momento colpiva l'Impero e che stava portando le sue province italiane a sempre
maggiori distacco e autonomia.
Superate le tensioni iniziali, il regno di Ariperto fu pacifico e prosperoso ma, stando a Paolo Diacono, il re matur
con il tempo una crescente e profonda diffidenza verso tutti, rasentando la mania di persecuzione. Si travestiva per
poter ascoltare in incognito ci che si pensava di lui nella corte e tra il popolo di Pavia. Leggendaria era anche la sua
avarizia: quando riceveva un ambasciatore straniero, si presentava in abiti grossolani e dimessi, per non incoraggiare
la voglia di bottino degli altri sovrani.
All'inizio del 712 Ansprando riusc a raccogliere un esercito in Baviera e cal in Italia; lo scontro, protratto fino al
calar delle tenebre, avvenne a marzo ed ebbe un esito incerto. Ariperto sembrava avere la meglio, tanto che i Bavari
erano sul punto di abbandonare il campo, ma commise il grave errore di rientrare immediatamente a Pavia. I suoi
soldati, offesi da quello che ritennero un atto di vilt, lo abbandonarono. Ariperto tent di eclissarsi abbandonando la
capitale per rifugiarsi presso i Franchi, mentre fuggivano anche suo fratello e suo figlio. Ariperto anneg nel Ticino,
appesantito dal tesoro con cui stava cercando di fuggire, e dopo di lui nessun altro esponente della dinastia bavarese
sarebbe ritornato sul trono longobardo.
165
Ariperto II
166
Note
[1] Cf. O. Bertolini, "Le origini del potere temporale e del dominio temporale dei Papi", in I problemi dell'Occidente nel secolo VIII, Settimane di
studio del Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo, Spoleto 1973, p. 247.
Bibliografia
Paolo Diacono, Historia Langobardorum (Storia dei Longobardi, Lorenzo Valla/Mondadori, Milano 1992)
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002. ISBN 88-464-4085-4
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003. ISBN 88-7273-484-3
Predecessore
Re dei Longobardi
Successore
Liutperto
702 - 712
Ansprando
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Liutperto
702 - 712
Ansprando
Portale Biografie
Portale Longobardi
Ansprando
Ansprando
Re d'Italia
In carica
marzo-luglio 712
Incoronazione
712
Predecessore
Ariperto II
Successore
Liutprando
Rex Langobardaorum
Rex totius Italiae
Nascita
?, 657 circa
Morte
Sepoltura
Consorte
Teodorada
Figli
Ansprando (657 circa Pavia?, luglio 712) fu re dei Longobardi e re d'Italia nel 712. Dal 688 al 701 era stato duca
di Asti.
Ansprando
167
Biografia
Duca di Asti dal 688, alla morte di Cuniperto assunse la reggenza per il figlio minorenne del re appena scomparso,
Liutperto. Dovette fronteggiare l'immediata ribellione del duca di Torino, Ragimperto, che lo affront presso Novara
agli inizi del 701 e lo sconfisse, nonostante il sostegno del duca di Bergamo, Rotarit. Alla morte di Ragimperto,
ancora nel 701, Ansprando e Rotarit tentarono nuovamente di insediare Liutperto e riuscirono a sconfiggere e a fare
prigioniero il figlio e successore di Ragimperto, Ariperto II. Dopo breve tempo, tuttavia, Ariperto fugg e affront in
battaglia i tutori di Liutperto, sconfiggendoli a Pavia (702). Ansprando ripar prima sull'Isola Comacina, poi presso
il duca di Baviera. Ariperto imprigion i suoi famigliari (la moglie e i figli), che fece orribilmente mutilare; si salv
soltanto il giovanissimo figlio minore, Liutprando, che venne restituito al padre.
All'inizio del 712 riusc a raccogliere un esercito in Baviera e cal in Italia; lo scontro, protratto fino al calar delle
tenebre, avvenne a marzo ed ebbe un esito incerto. Ariperto sembrava avere la meglio, tanto che i Bavari erano sul
punto di abbandonare il campo, ma commise il grave errore di rientrare immediatamente a Pavia. I suoi soldati,
offesi da quello che ritennero un atto di vilt, lo abbandonarono e Ariperto mor mentre tentava la fuga. Ansprando
fu allora acclamato re, forte sia del sostegno di quanti non avevano gradito l'usurpazione di Ragimperto e Ariperto II
ai danni di Liutperto, sia di quello degli stessi partigiani di Ariperto, conquistati dal suo carisma. Immediatamente
associ al trono il figlio Liutprando che gli successe quando mor, appena tre mesi pi tardi.
Bibliografia
Paolo Diacono, Historia Langobardorum (Storia dei Longobardi, Lorenzo Valla/Mondadori, Milano 1992)
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002. ISBN 88-464-4085-4
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003. ISBN 88-7273-484-3
Predecessore
Duca di Asti
Successore
Cuniperto
688 - 701
Liutperto
Predecessore
Re dei Longobardi
Successore
Ariperto II
712
Liutprando
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Ariperto II
712
Liutprando
Portale Biografie
Portale Longobardi
Liutprando
168
Liutprando
(LA)
Fuit vir multae sapientiae, consilio sagax, pius
admodum et pacis amator, belli praepotens,
delinquentibus clemens, castus, pudicus, orator pervigil,
elemosinis largus, litterarum quidem ignarus, sed
philosophis aequandus, nutritor gentis, legum
augmentator
(IT)
Fu uomo di molta saggezza, accorto nel consiglio, di grande
piet e amante della pace, fortissimo in guerra, clemente verso i
colpevoli, casto, virtuoso, instancabile nel pregare, largo nelle
elemosine, ignaro s di lettere ma degno di essere paragonato ai
filosofi, padre della nazione, accrescitore delle leggi
712-744
Incoronazione
712
Predecessore
Ansprando
Successore
Ildebrando
Nome completo
Altri titoli
Nascita
?, 690 circa
Morte
Sepoltura
Padre
Ansprando
Madre
Teodorada
Consorte
Guntrude
Liutprando (690 circa Pavia?, gennaio 744) fu re dei Longobardi e re d'Italia dal 712 al 744.
Tra i pi grandi sovrani longobardi, cattolico, fu "litterarum quidem ignarus" ("alquanto ignorante nelle lettere",
secondo quanto dice Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum), ma intelligente, energico ed ambizioso. La
sua volont di potere derivava dalla consapevolezza di essere stato oggetto di una speciale scelta divina, come
annuncia lui stesso nel prologo alle Liutprandi Leges. Fu amato e temuto dal suo popolo, che ammirava la saggezza
del legislatore, l'efficacia del comandante militare e anche il coraggio personale - manifestato per esempio quando
sfid a duello, solo, due guerrieri che architettavano un attentato contro di lui.
Accentr il governo del regno longobardo nelle sue mani, limitando fortemente l'autonomia dei duchi, arricchendo la
legislazione e portando avanti con decisione l'integrazione tra la cultura germanica e quella latina in Italia. Accrebbe
i possedimenti del regno, contenne il potere del papato e svolse una politica di respiro europeo. Fu, accanto a
Liutprando
Grimoaldo, il sovrano longobardo che pi si avvicin al progetto di divenire nei fatti ci che tutti i re di Pavia
proclamavano di essere: rex totius Italiae.
Biografia
I primi anni
Figlio di Ansprando, scamp in giovanissima et alla vendetta di Ariperto II, che fece imprigionare e mutilare la
madre e i fratelli; Liutprando fu invece riconsegnato al padre, esule in Baviera. Rientr in Italia nel 712, quando il
padre sconfisse e subentr ad Ariperto, e venne immediatamente associato al trono. Ansprando mor dopo appena tre
mesi, lasciando Liutprando unico re.
Il regno
L'organizzazione del potere
Rafforz la struttura del palazzo reale di Pavia trasformandolo nel vero centro politico del regno, ampliando la
cancelleria (equivalente medievale del moderno governo) in modo da poter sostenere le esigenze di un regno sempre
pi basato sull'uso di documenti scritti. Nucleo dell'attivit di palazzo erano il maresciallo (strator o marphais), lo
scudiero regio (spatharius), il tesoriere (vesterarius) e il maggiordomo di palazzo, capo dell'amministrazione.
Accentu il carattere sacro del Palazzo regio (sacrum palatium) e la centralit della capitale. Pavia, sede del re, della
corte e dell'annuale assemblea del popolo, venne arricchita da costruzioni adatte a sottolinearne la funzione. Gi i re
della dinastia Bavarese avevano eretto edifici di rappresentanza; Liutprando diede ulteriore impulso all'attivit,
facendo di Pavia anche la capitale architettonica del regno.
Ristruttur con leggi apposite le cariche dei funzionari regionali, definendone la gerarchia e le funzioni per ottenere
una pi equa amministrazione della giustizia, una pi completa registrazione degli obblighi militari e una pi stabile
sicurezza interna. Lo sculdascio amministrava la giustizia in un villaggio; i decani e i saltarii erano responsabili di
un distretto rurale e i sindaci di una citt. Entrambi erano sottoposti agli iudices, ovvero duchi e gastaldi che
esercitavano il dominio su una civitas (citt sede vescovile) e sul suo contado. Gli iudices rispondevano direttamente
al re, vertice dell'intero sistema. Il potere di Liutprando si fond anche sul rafforzamento del demanio regio, fonte di
sostentamento per la corte e per l'intera struttura amministrativa che da essa dipendeva.
La sua personalit e l'organizzazione che diede al regno segnarono un periodo aureo dell'Italia longobarda, evidente
anche ai contemporanei che potevano paragonare la solidit del dominio di Liutprando ai conflitti che avevano
caratterizzato gli anni precedenti. Tale istanza di stabilit venne ribadita da Liutprando anche quando accett
l'associazione al trono di suo nipote Ildebrando, nel 737. L'iniziativa fu presa dalla nobilt longobarda in occasione
di una grave malattia del re, che aveva sposato Guntruda, figlia del duca di Baviera Teodeberto (l'antico protettore di
suo padre Ansprando), ma non aveva avuto figli maschi. Secondo quanto riferisce Paolo Diacono, Liutprando reag
dapprima infuriandosi, ma poi riconoscendo la necessit di quell'atto per garantire una successione pacifica.
L'attivit legislativa
Fin dal suo primo anno di regno intervenne sul corpus legislativo longobardo, emanando sei norme giuridiche di
integrazione all'Editto di Rotari. Tra il 713 e il 735 promulg altre centocinquantatr leggi, divenendo dopo Rotari il
pi attivo legislatore longobardo. Introdusse riforme legali ispirate al diritto romano e le nuove leggi erano contenute
in dodici volumi. Rese efficienti i tribunali (Corti di giustizia) e modific la tradizione longobarda del guidrigildo,
ovvero del denaro dato in risarcimento per offese o omicidi, aggiungendo alla pena pecuniaria anche la confisca dei
beni del reo (di cui una met andava ai parenti della vittima, l'altra met nelle casse reali).
I numerosi provvedimenti miravano sia a rimediare a carenze del diritto longobardo, sia a realizzare quella che
considerava una sua funzione primaria: adempiere alla volont divina. Secondo le sue parole, "le leggi che un
169
Liutprando
170
principe cristiano e cattolico ha deciso di stabilire e valutare con saggezza non le ha concepite nell'animo, ponderate
nella mente e rese proficuamente compiute con le opere per la propria previdenza, ma per volont e ispirazione di
Dio, perch il cuore del re nelle mani di Dio" (prologo alle Liutprandi Leges raccolte nelle Leges Langobardorum).
L'attivit di redazione e di promulgazione delle nuove leggi erano eventi che rafforzavano l'unit dei Longobardi,
poich avvenivano in occasione dell'assemblea del popolo che si teneva ogni anno a Pavia il primo marzo.
Liutprando presentava le nuove leggi come frutto di un accordo con i duchi e i gastaldi e si mostrava all'assemblea
dei suoi guerrieri come il saggio signore, guidato da Dio, di un regno saldo e coeso.
Obiettivo generale dell'attivit legislativa fu garantire la certezza del diritto, per ridurre i rischi di conflitti interni.
Oper quindi in particolare negli ambiti pi frequentemente forieri di contrapposizioni: il diritto di famiglia, la
compravendita e l'abigeato, la validit dei documenti, il diritto di pegno. Favor l'attivit dei giudici per ottenere
sentenze rapide e si prodig per i deboli, senza limitarsi ad affermazioni di principio: tutel dal rischio di perdita di
beni i minorenni e le donne libere, difese i debitori dagli interventi troppo brutali dei creditori, proib la vendita di ex
liberi come schiavi al di fuori dell'Italia, difese l'integrit del matrimonio tra i membri delle classi inferiori (aldii e
schiavi).
Tutel la Chiesa cattolica, nella quale ormai si riconosceva la stragrande maggioranza dei Longobardi, riconoscendo
tra l'altro alle chiese l'inviolabilit, ponendo le monache sotto la sua diretta e particolare protezione, vietando alcune
pratiche pagane e introducendo nel diritto matrimoniale longobardo le prescrizioni del diritto canonico.
Per rafforzare la tutela del demanio regio, eman norme che impedivano ai gastaldi e agli altri amministratori
l'alienazione di beni pubblici senza la sua esplicita autorizzazione.
Le campagne militari
Insediatosi dopo un periodo di guerre civili,
in un primo momento persegu una politica
di pacificazione con l'Impero bizantino e
con Roma, tanto da costringere il duca di
Spoleto, Faroaldo II, a restituire ai bizantini
il porto ravennate di Classe (712-713).
Ancora nel 715 sembr voler rimanere nel
solco del trattato di pace siglato nel 680 con
Bisanzio da Pertarito e Cuniperto: come atto
di amicizia e di devozione verso il nuovo
papa, Gregorio II, gli restitu il patrimonio
delle Alpi Cozie, che era stato nuovamente
confiscato dopo la morte di Ariperto II.
Liutprando
171
stessa del colpo di mano su Classe aveva dimostrato come la situazione fosse favorevole a una ripresa
dell'espansione ai danni dei domini bizantini in Italia. Nel 717 quindi, sfrutt l'attacco degli Arabi all'impero per
attaccare a sua volta Ravenna e saccheggiare Classe. Contemporaneamente, e con un'azione concertata con lui, il
Ducato di Spoleto occup Narni e il Ducato di Benevento si impadron di Cuma. I colpi di mano portarono
all'interruzione dei contatti tra Roma e gli altri possedimenti bizantini in Italia, ma gli esiti furono di breve durata:
presto Liutprando si ritir a nord, mentre il duca bizantino di Napoli, Giovanni I, riconquist Cuma.
In seguito (726) Liutprando sfrutt le agitazioni causate dalla politica iconoclasta dell'imperatore bizantino Leone III
per intraprendere una nuova campagna. Bisanzio appesant la pressione fiscale anche sull'Esarcato d'Italia. Per
reazione, divamparono rivolte contro l'Impero bizantino in diverse citt. Liutprando, approfittando del clima
infuocato, attravers il fiume Po ed invase l'Esarcato occupando Bologna e minacciando Ravenna. Tra il 727 e il 728
si sottomisero a Liutprando diverse localit fortificate dell'milia (Frignano, Monteveglio, Busseto, Persiceto)
nonch Osimo, nella Pentapoli.
Nell'Italia centro-meridionale si era intanto rafforzato il legame tra il Papato e i ducati di Spoleto e di Benevento, che
cercavano nel papa un appoggio alle loro ambizioni di indipendenza da Pavia. Nel 729, con un rovesciamento di
alleanze, Liutprando scese a patti con l'esarca, Eutichio: un accordo rivolto, nella prospettiva del re, contro i duchi
autonomisti e, in quella dell'esarca, contro il papa "ribelle" a Bisanzio. Liutprando marci su Spoleto e ottenne la
sottomissione dei duchi Trasmondo di Spoleto e Romualdo II di Benevento, che gli giurarono fedelt e gli offrirono
ostaggi come pegno. Poi si port sotto le mura di Roma, per poter trattare da una posizione di forza con il papa.
Incontr Gregorio II, al quale attest la sua devozione, e si rec in preghiera sulla Tomba di Pietro. Orchestr poi la
riappacificazione tra il papa e l'esarca, sancendo cos un dominio senza precedenti nella storia del regno longobardo:
non soltanto esercitava un effettivo potere su tutti i ducati longobardi, ma era anche arbitro delle poche e divise aree
bizantine rimaste in Italia (l'Esarcato di Ravenna e Roma), cadute in una condizione di confusione.
Intorno al 732, mentre Liutprando si trovava a Benevento per riaffermare l'autorit del potere centrale sul riottoso
ducato, suo nipote Ildebrando e il duca di Vicenza Peredeo riuscirono a espugnare la stessa Ravenna. La conquista,
che sembrava preludere all'unificazione dell'intera Italia sotto la corona longobarda, si rivel per per il momento
effimera: dopo breve tempo la flotta di Venezia, chiamata in aiuto dal nuovo papa Gregorio III, riport la capitale
dell'Esarcato sotto l'autorit bizantina. Peredeo cadde e Ildebrando fu fatto prigioniero, ridando slancio ai bizantini; il
duca bizantino di Perugia, Agatone, tent la riconquista di Bologna, ma venne duramente sconfitto dall'esercito
longobardo (bench Liutprando fosse ancora a Benevento).
Con la nomina a papa di Zaccaria Liutprando torn a cercare il consenso pontificio: i due si incontrarono, nel 743, a
Terni dove il re longobardo fece atto di rinuncia al possesso di alcune citt umbre occupate nel 742, allorch aveva
annesso i ducati di Spoleto e di Benevento, donando al ducato romano Narni, Blera, Orte, Bomarzo e Terni. Per la
seconda volta il pontefice il rappresentante supremo degli ex-territori bizantini nel Lazio[1]
(LA)
Veniens itaque ad civitatem Interamnis, ubi tunc dictus rex
cum suis exercitibus erat, cum rex audiret eius adventum,
omnes duces exercituum suorum maiores usque ad octo
miliaria misit obviam illi. Sed et ipse rex usque ad medium
miliare processit obvia Zachariae summo pontifice,
illumque cum gaudio magno et summa reverentia intra
civitatem suscepit. Cumque in ecclesia beati valentini ambo
consedissent.....huius autem sanctis persuasionibus
compunctus rex langobardus, ad mandatum pontificis
civitates, quas Romanis abstulerat, restituit.
(IT)
Mentre, cos, stava giungendo [papa Zaccaria] nella citt di
Interamna, dove il re si era gi attestato con tutto il suo
esercito, il re, che era venuto a sapere del suo arrivo, mand
tutti i suoi comandanti di grado pi alto fino all'ottavo miglio
per accoglierlo. Ma lo stesso re procedette incontro al sommo
pontefice Zaccaria e lo accompagn all'interno della citt con
grande gioia e massimo rispetto. Dopo essersi assisi ambedue
nella chiesa del Beato Valentino.....colpito dalle sante parole
persuasive di costui [papa Zaccaria] il re longobardo restitu al
pontefice le citt che aveva tolto ai Romani
Invase quindi l'Esarcato, occup Cesena e assedi Ravenna. Zaccaria intervenne tuttavia come mediatore e,
appellandosi alla religiosit del sovrano, indusse Liutprando a conservare lo status quo.
Liutprando
L'opposizione interna
Nonostante il largo seguito di cui godeva tra il suo popolo, Liutprando fu oggetto di diversi attacchi personali.
All'inizio del suo regno scamp miracolosamente a un attentato ordito da un suo parente, Rotari.
Nel 732, dopo la morte del duca di Benevento Romualdo II (sposato ad una nipote di Liutprando, dalla quale aveva
avuto un figlio, Gisulfo, ancora minorenne), dovette fronteggiare l'opposizione della fazione autonomista, capeggiata
dal gastaldo Audelais. Liutprando depose l'usurpatore e insedi come duca, in attesa della maggiore et di Gisulfo,
un altro suo nipote (Gregorio, gi duca di Chiusi), riportando il ducato sotto il suo pieno controllo.
Altre minacce alla sua opera di consolidamento del potere centrale gli vennero dal potente duca del Friuli, Pemmone.
Negli anni Trenta sfrutt una contesa che opponeva il duca al patriarca di Aquileia Callisto, per deporre Pemmone e
sostituirlo con il fedele Rachis, nipote del re (737).
Nel 739, un'altra rivolta del duca di Spoleto, Trasmondo, compromise la pace; Liutprando marci su Spoleto e
insedi come duca un suo fedele, Ilderico, mentre Trasmondo cerc rifugio a Roma, presso papa Gregorio III. Il papa
non consegn l'alleato al re, che cinse d'assedio Roma, saccheggi il suo contado e fece rasare e vestire i nobili
romani secondo l'uso longobardo, chiaro segnale della sua volont di farne suoi sudditi. Prima di rientrare a Pavia, in
agosto, occup le roccaforti di Amelia, Orte, Bomarzo e Blera. Il papa chiese aiuto al maggiordomo di palazzo
franco, Carlo Martello, e riprese l'iniziativa non appena Liutprando si fu allontanato: affid un esercito a Trasmondo,
che in dicembre rioccup Spoleto ed elimin Ilderico. Contemporaneamente moriva a Benevento il fedele Gregorio e
il partito autonomista, sostenuto dal papa, elesse al suo posto Godescalco (740).
Liutprando non accett un simile ridimensionamento della sua opera unificatrice e torn ad attaccare Ravenna,
devastando l'Esarcato e il ducato romano. Nel 741, quando preparava un nuovo attacco a Roma, papa Gregorio III
mor e il suo successore, Zaccaria, abbandon Trasmondo in cambio della restituzione delle quattro roccaforti. Nel
742 Liutprando marci verso sud e affront in battaglia l'esercito bizantino-spoletino tra Fano e Fossombrone. Nello
scontro si distinsero i figli del duca del Friuli, Rachis e Astolfo. Liutprando entr a Spoleto, imprigion e fece
rinchiudere in convento Trasmondo e lo sostitu con il nipote Agilprando, gi duca di Chiusi. Cal quindi su
Benevento; Godescalco fu ucciso mentre tentava la fuga e sul trono ducale sal finalmente Gisulfo, ora maggiorenne.
La politica religiosa e la Donazione di Sutri
Definiva se stesso re cattolico e i Longobardi popolo cattolico e si adoper per il rafforzamento della Chiesa.
Accanto all'attivit legislativa, favor il consolidamento delle strutture ecclesiastiche. Istitu la diocesi di Ceneda
trasferendola da Oderzo e si propose come mediatore nei conflitti che opponevano, in Toscana, quella di Siena ad
Arezzo e quella di Lucca a Pistoia.
Fu il primo re longobardo ad avere una cappella palatina, dove ogni giorno veniva tenuto il servizio divino. Istitu
chiese e monasteri; fond quello di San Pietro in Ciel d'Oro a Pavia e sostenne quello del Monte Bardone. La
religione cattolica divenne un nuovo elemento di coesione del regno, essendo ormai la fede comune tanto dei
dominatori longobardi quanto dei sudditi romanici.
Nel 728, nel quadro della sua campagna espansionista ai danni dei domini bizantini, occup le fortificazioni di Sutri,
nella parte settentrionale del ducato romano. Dopo cinque mesi, e in seguito alle pressanti insistenze del Papa
Gregorio II, don il borgo e alcuni castelli "agli apostoli Pietro e Paolo". Si trattava del primo nucleo del potere
territoriale della Chiesa cattolica, passato alla storia come Donazione di Sutri.
La politica estera
Dopo la morte di Pertarito i sovrani longobardi avevano dedicato scarse attenzioni alle relazioni con gli altri regni
europei. Liutprando, al contrario, gi prima di salire al trono aveva maturato ampia esperienza sia del Ducato di
Baviera, sia del regno franco. Una volta salito sul trono, intervenne - unico tra i sovrani longobardi - pi volte nelle
vicende politiche europee, mirando soprattutto a mantenere un equilibrio di pace - ma che lo vedeva comunque
protagonista - con i popoli confinanti (Franchi e Avari).
172
Liutprando
173
Nel 717 intervenne nei contrasti interni della Baviera, sostenendo il fratello di sua moglie Guntrude, Ucberto, anche
occupando alcune fortificazioni di confine nel territorio di Merano.
Con il regno dei Franchi, nominalmente governato dai Merovingi ma di fatto dai maggiordomi di palazzo Carolingi,
i rapporti furono inizialmente tesi, a causa della tradizionale ostilit tra questi e i Bavari alleati di Liutprando. La
situazione mut quando Carlo Martello, nel 725, intervenne a sua volta nei conflitti interni bavaresi e spos una
nipote di Guntrude. Tra il maggiordomo di palazzo franco e Liutprando prese forma uno stretto legame che si
consolid, intorno al 730, in un'alleanza formale (amicitia).
Il legame con Carlo Martello venne rafforzato nel 737, quando il sovrano de facto dei Franchi invi a Pavia suo
figlio Pipino affinch Liutprando lo adottasse. Il re lo accolse benevolmente, lo fece rasare all'uso longobardo e lo
rimand al padre con ricchi doni. L'episodio rappresent un passaggio fondamentale nella storia dei Franchi:
attraverso quell'adozione Pipino divenne figlio di re e quindi legittimato, nell'ottica del tempo, ad assumere
formalmente il trono a danno della dinastia Merovingia (cosa che fece nel 751).
Nel 738 Liutprando sostenne nuovamente Carlo Martello che, impegnato in quel momento a nord contro i Sassoni,
non poteva far fronte al contemporaneo attacco degli Arabi che, a sud, avevano invaso il territorio di Arles.
Liutprando mobilit il suo esercito, penetr in Provenza e volse in fuga gli invasori. La vittoria sugli "infedeli"
rafforz anche le sue vesti di difensore della cristianit, gi messe in luce quando, pochi anni prima, aveva messo in
salvo dalla Sardegna (minacciata sempre dagli Arabi) quelle che si supponeva fossero le reliquie di sant'Agostino
d'Ippona.
I vantaggi dell'alleanza con i Carolingi, allora in
piena ascesa, si videro immediatamente: nel 739,
nel quadro delle azioni di Liutprando per affermare
il proprio potere anche nel centro Italia, l'esercito
longobardo saccheggi il ducato romano e occup
varie roccaforti. Papa Gregorio III invoc l'aiuto di
Carlo Martello offrendogli la sovranit sui domini
bizantini in Italia, che avrebbe dichiarato decaduti.
Ma il maggiordomo di palazzo franco non rispose
all'appello.
Il mecenatismo
Per approfondire, vedi Rinascenza liutprandea.
Legato al suo nome il cosiddetto periodo della "Rinascenza liutprandea", momento di confronto dell'arte
longobarda con i modelli classici romani, che produsse alcuni capolavori; per esempio, a Cividale del Friuli, il
Tempietto Longobardo.
Liutprando
174
La morte
Mor nel gennaio 744 e il suo corpo oggi conservato - insieme a quello di suo padre Ansprando - nella basilica di
San Pietro in Ciel d'Oro, a Pavia, accanto al monastero che fu fatto costruire per custodirvi le reliquie di
sant'Agostino, prese in Sardegna nel 723 per evitare il pericolo di profanazione da parte dei pirati saraceni e donate
alla citt di Pavia.
Note
[1] Sull'importanza storica dei contenuti dell'incontro si pu vedere un vecchio saggio ancora molto importante come quello di Oreste Bertolini,
Il problema delle origini del potere temporale dei papi nei suoi presupposti teoretici iniziali: il concetto di 'restitutio' nelle prime cessioni
territoriali alla chiesa di Roma in Scritti scelti di storia medievale, vol II, 'Il Telegrafo', Livorno 1968, pp. 487-550
Bibliografia
Paolo Diacono, Historia Langobardorum (Storia dei Longobardi, Lorenzo Valla/Mondadori, Milano 1992)
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002. ISBN 88-464-4085-4
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003. ISBN 88-7273-484-3
Altri progetti
Collegamenti esterni
La leggenda (http://www.liutprand.it/liutprando.htm)
Biografia di Liutprando (http://www.roth37.it/COINS/Longo/liutprando.html)
Il riscatto delle reliquie di S. Agostino (http://www.30giorni.it/it/supplemento_articolo.asp?id=9935)
Predecessore
Re dei Longobardi
Successore
Ansprando
712 - 744
Ildebrando
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Ansprando
712 - 744
Ildebrando
Portale Longobardi
Rinascenza liutprandea
175
Rinascenza liutprandea
La cosiddetta Rinascenza liutprandea un periodo della storia
dell'arte longobarda situato all'inizio dell'VIII secolo, in particolare
nel decennio 730-740 circa.
Venne cos chiamata la tendenza, nota appunto a partire dal regno
di Liutprando, volta ad introdurre nell'arte longobarda influssi
dell'arte romana. Questo recupero di forme e stili antichi, pur
sempre interpretati secondo la sensibilit "nordica" dei longobardi,
si inser a pieno titolo nel filone che segna la continuit dell'arte
classica anche nell'alto medioevo, che prosegu con l'arte
carolingia e ottoniana, grazie anche alla presenza di artisti di
formazione longobarda nei grandi cantieri dell'VIII e IX secolo.
La "rinascenza" ebbe come centro la citt di Cividale del Friuli,
dove resta il capolavoro architettonico di questa epoca, il
cosiddetto Tempietto longobardo, che ancora conserva gran parte
della decorazione originale dell'VIII secolo.
Note
[1] Ragni, Morandini, Tabaglio, Leonardis, p. 47
Bibliografia
Pierluigi De Vecchi, Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 1, Bompiani, Milano 1999.
Elena Lucchesi Ragni, Francesca Morandini, Piera Tabaglio, Francesco de Leonardis (a cura di), I tesori di Santa
Giulia museo della citt, volume II, Grafo, Brescia 2011
Voci correlate
Liutprando
Longobardi
L'arte dei Longobardi
Rinascenza liutprandea
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Ildebrando
Ildebrando
Re d'Italia
In carica
gennaio-agosto 744
Incoronazione
Predecessore
Liutprando
Successore
Rachis
Padre
Rex Langobardaorum
Rex totius Italiae
Sigiprando
Ildebrando (o Ildeprando o Ilprando[1][2]; ... post 744) fu re dei Longobardi e re d'Italia nel 744.
Ildebrando
177
Note
[1] Universit di Siena, Dipartimento di storia (http:/ / www. storia. unisi. it/ index. php?id=441)
[2] Lodovico Antonio Muratori. Annali d'Italia: dal principio dell'era vulgare sino all'anno 1749, Volume 6. 1753. p.139 (http:/ / books. google.
com/ books?id=uGEPAAAAQAAJ& pg=PA139& lpg=PA139& source=bl& ots=UeNoMcFK3-& sig=2mCnkJYzsKy_H_Xy4rUvyewoegk&
hl=it& ei=noFQS4-1NsOY_Qaq3ZycCg& sa=X& oi=book_result& ct=result& resnum=1& ved=0CAcQ6AEwAA#v=onepage& q=&
f=false)
Bibliografia
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002. ISBN 8846440854
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003. ISBN 8872734843
Predecessore
Re dei Longobardi
Successore
Liutprando
744
Rachis
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Liutprando
744
Rachis
Portale Biografie
Portale Longobardi
Rachis
178
Rachis
Rachis
744-749
756-757 (trono conteso a Desiderio)
Incoronazione
744
Predecessore
Ildebrando
Successore
Astolfo
Rex Langobardorum
Rex totius Italiae
Nascita
Cividale (?)
Morte
Montecassino (?)
Padre
Pemmone
Madre
Ratperga
Consorte
Figli
[]
Tassia
Rattruda
Rachis (o Ratchis, raramente italianizzato in RachiWikipedia:Uso delle fonti; Cividale?, ... Montecassino?, post
757) fu re dei Longobardi e re d'Italia dal 744 al 749 e dal 756 al 757.
Biografia
Il Ducato del Friuli
Nipote di re Liutprando, nel 737 fu nominato duca del Friuli. A insediarlo fu lo stesso sovrano, che lo considerava
fedele nonostante fosse figlio di Pemmone, il duca deposto da Liutprando a causa delle tendenze autonomiste
manifestate contrastando duramente il patriarca di Aquileia, Callisto. La casata del Friuli si era trovata in contrasto
con quella di Liutprando gi ai tempi di suo padre Ansprando, eppure il sovrano manifest ampiamente la sua fiducia
in Rachis, concedendogli anche la grazia per il padre. Narra Paolo Diacono[1] che tale fiducia fu immediatamente
ripagata: quando Liutprando, sedendo in giudizio a Pavia, ordin l'arresto di tutti i sostenitori di Pemmone (fatti salvi
appunto il duca deposto e i suoi figli, ai quali era stata concessa l'immunit), il fratello minore di Rachis, Astolfo,
minacci di sguainare la spada seduta stante e uccidere il re. A impedirglielo fu lo stesso Rachis.
Rachis
Rientrato a Cividale, condusse una spedizione in Carniola contro gli Slavi, costante minaccia da Oriente contro il
regno longobardo, eliminandone un gran numero e devastandone il territorio. In quell'occasione si distinse per un
atto di eroismo militare: attaccato dai nemici quando ancora non aveva potuto impugnare la sua lancia, riusc tuttavia
ad abbattere lo slavo che lo stava affrontando con la sola clava che aveva in mano.
Il primo regno
L'ascesa al trono
A elevarlo al trono di Pavia nel 744, deponendo Ildebrando, fu probabilmente la corrente pi autonomista dei duchi,
che da un esponente della famiglia di Pemmone si attendeva maggiori concessioni di autogoverno. Rachis, tuttavia,
cerc di legittimare la propria usurpazione presentandosi come erede e continuatore della politica di Liutprando.
Nonostante il prestigio militare che aveva conquistato in precedenza si trov quindi presto a dover bilanciare una
difficile mediazione tra istanze opposte, senza possedere le doti politiche e diplomatiche di Liutprando.
La politica
La sua debolezza politica si manifest in un governo stabile e pacifico in politica estera, ma turbolento e segnato da
profondi contrasti all'interno. Testimonianza di ci sono le leggi emanate da Rachis, dalle severe punizioni
comminate ai giudici che trascuravano i propri doveri agli sforzi per contenere l'insubordinazione e lo spionaggio a
danno dei duchi e della corte. Queste e altre norme (in particolare quelle volte a controllare il movimento degli
stranieri in Italia e a limitare gli espatri) lasciano intendere il timore di rivolte sostenute da altre potenze europee, in
particolare da quei Franchi il cui maggiordomo di palazzo, Pipino il Breve (re de facto prima ancora di esserlo de
iure dal 751), era figlio adottivo di Liutprando, e dunque potenzialmente ostile all'usurpatore del legittimo successore
del grande re al quale, tra l'altro, doveva gran parte della sua legittimazione a regnare.
Per rafforzare la propria posizione, scarsamente sorretta dalla grande aristocrazia guerriera longobarda, si prodig
per sostenere la piccola nobilt dei "gasindi", i liberi che si stavano impoverendo e la massa della popolazione
romanica. Lui stesso spos una donna romana, Tassia, e lo fece seguendo il rito romano anzich quello tradizionale
longobardo. A partire dal 746 si attribu, al posto del tradizionale titolo di re dei Longobardi, quello romaneggiante
di princeps: chiara manisfestazione della sua volont di porsi, sulla scorta degli imperatori romani, al di sopra delle
diverse etnie che abitavano il suo regno.
La deposizione
Queste scelte politiche, rafforzate dall'ammissione a corte di caratteristiche filo-romane, suscitarono la reazione dei
tradizionalisti longobardi, irritati anche dal fatto che il re cercasse una pace duratura con Roma e i Bizantini. Per
rispondere al crescere di queste pressioni invert la rotta della sua politica nel 749, invadendo la Pentapoli e cingendo
d'assedio Perugia, nodo cruciale sulla via di collegamento tra Roma e l'Esarcato. Un intervento di papa Zaccaria lo
convinse tuttavia a togliere l'assedio; il prestigio di Rachis tra i suoi uomini sub cos un colpo decisivo.
Nel luglio di quello stesso 749 l'assemblea dei Longobardi, riunita a Milano, lo dichiar decaduto e insedi al suo
posto il fratello Astolfo. Rachis tent di opporsi alla deposizione, ma presto fu costretto a rifugiarsi a Roma, dove
prese i voti insieme a tutta la sua famiglia. Con i figli maschi si ritir quindi a Montecassino, mentre Tassia e la figlia
Rottudra entrarono nel convento di Plumbariola. La scelta di Rachis, accreditata come puramente spirituale dalle
fonti ecclesiastiche, era comunque l'unica alternativa all'eliminazione fisica per un re spodestato. La ricerca storica,
tuttavia, non esclude del tutto la possibilit di un reale conflitto interiore; in Rachis come in altri sovrani longobardi
(incluso suo fratello e successore Astolfo) emerge l'insanabile contrasto tra la coscienza cattolica individuale e le
esigenze di opposizione al Papato dettate dalla politica di unificazione dell'Italia condotta dal re. Una leggenda
attribuisce a Rachis la fondazione dell'Abbazia del Santissimo Salvatore, alle pendici orientali del Monte Amiata. Il
re, secondo la tradizione, vide la Trinit stagliarsi sopra le chiome della selva amiatina e ci lo indusse a disporre la
costruzione, nel punto dell'apparizione, di un monastero dedicato al Salvatore.
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Rachis
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Il secondo regno
Alla morte di Astolfo, nel 756, lasci Montecassino e tent di riprendere il trono; raggiunse Pavia e si impadron del
palazzo regio, raccogliendo vasti consensi nell'Italia settentrionale. Dalla Toscana per mosse il duca di Tuscia,
Desiderio, che reclam per s il trono e raccolse il sostegno di tutti gli oppositori al casato friulano di Rachis e
Astolfo. Il pretendente ottenne anche l'appoggio di papa Stefano II e dei Franchi di Pipino il Breve, che gli misero a
disposizione delle truppe. Il papa esercit poi pressioni dirette sul "re monaco", che si mostrava esitante ed era
ulteriormente indebolito dalla defezione di quanti, tra i suoi sostenitori, temevano un nuovo intervento franco. Nel
marzo del 757 rientr allora in monastero e intraprese opere di evangelizzazione nella Terra di San Benedetto. Nello
stesso anno si ritir nell'abbazia di Montecassino[] oppure nei pressi di Cervaro dove diede vita ad una comunit
monastica ispirata al culto mariano; oggi l un monte prende il nome da luiWikipedia:Uso delle fonti.
Note
[1] Paolo Diacono, Historia Langobardorum, VI, 51.
Bibliografia
Paolo Diacono, Historia Langobardorum (Storia dei Longobardi, Lorenzo Valla/Mondadori, Milano 1992).
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002. ISBN 8846440854
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003. ISBN 8872734843
Altri progetti
Successore
Pemmone
737 - 744
Astolfo
Predecessore
Re dei Longobardi
Successore
Ildebrando
744 - 749
Astolfo
Astolfo
756 - 757
Desiderio
II
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Ildebrando
744 - 749
Astolfo
Astolfo
756 - 757
Desiderio
II
Portale Longobardi
Astolfo (re)
181
Astolfo (re)
Astolfo
Follis di Astolfo
Re d'Italia
In carica
749-756
Incoronazione
749
Predecessore
Rachis
Successore
Desiderio
Nome completo
Altri titoli
Rex Langobardaorum
Rex totius Italiae
Nascita
Cividale (?)
Morte
Padre
Pemmone
Madre
Ratperga
Astolfo (Cividale del Friuli, ... Pavia, dicembre 756) fu re dei Longobardi e re d'Italia dal 749 al 756.
La figura
Figlio del duca del Friuli Pemmone e fratello di Rachis, divenne a sua volta duca del Friuli nel 744, quando suo
fratello fu elevato al trono dei Longobardi, e mantenne la carica fino a quando, nel 749, fu chiamato ancora a
sostituire il fratello, questa volta sul trono di Pavia. Figura nettamente pi carismatica di quella di Rachis, ribalt
l'atteggiamento del fratello, che si era prodigato nel favorire l'elemento romanico al fine garantire, attraverso una
maggior coesione, pi stabilit al regno. Un simile atteggiamento filo-romano provoc la reazione dei tradizionalisti
longobardi, che si rivolsero ad Astolfo. Divenuto re, esalt quindi l'elemento longobardo; fin dal suo primo anno di
regno si defin nuovamente rex gentis Langobardorum ed esplicit il suo programma espansionista precisando, nel
prologo alle leggi da lui emanate: "Assegnatoci dal Signore il popolo dei Romani".
Agli inizi degli anni cinquanta dell'VIII secolo raggiunse una posizione di potere sull'Italia pari, se non superiore, a
quella dei suoi grandi predecessori Grimoaldo e Liutprando, tanto da sfiorare la piena unificazione della Penisola
sotto il suo scettro. L'intervento dei Franchi di Pipino il Breve, invocati dai papi, ridimension tuttavia rapidamente
la potenza del regno, riportandolo al rango di un potentato regionale.
Astolfo (re)
182
Il regno
La riorganizzazione dell'esercito
Divenuto re, per conseguire l'obiettivo di portare sotto il suo dominio l'intera Italia, si dedic fin da principio alla
riorganizzazione e al rafforzamento dell'esercito. Disciplin il servizio militare, commisurando gli obblighi alle
disponibilit economiche degli uomini soggetti alla leva. I latifondisti e i mercanti agiati erano tenuti a prestare
servizio con corazza e cavallo; i medi proprietari e mercanti dovevano presentarsi con cavallo, scudo e lancia. I pi
poveri dovevano essere dotati di scudo, arco e frecce.
Ad essere soggetti agli obblighi di leva erano tutti gli uomini liberi del regno; dalle norme, inoltre, emerge come a
met dell'VIII secolo le differenze economiche tra i liberi si fossero approfondite e come la classe mercantile fosse
divenuta rilevante. Accanto a queste indicazioni, Astolfo eman anche leggi relative alla disciplina dei comandanti,
soprattutto contro quelli che esentavano i ricchi dalla leva.
Temendo attacchi esteri, soprattutto franchi, ripristin e rafforz le difese sulle Alpi e regolament severamente il
flusso di merci e persone. I commerci con l'estero divennero possibili solo previa autorizzazione regia.
Astolfo (re)
183
Le conquiste
Riorganizzato e rafforzato l'esercito, Astolfo pass
immediatamente all'offensiva contro i territori italiani
ancora soggetti (anche se pi di nome che di fatto)
all'Impero bizantino.
Nel 750 invase da nord l'Esarcato occupando Comacchio e
Ferrara; nell'estate del 751 riusc a conquistare l'Istria e poi
la stessa Ravenna, capitale e simbolo del potere bizantino in
Italia. Si install nel palazzo dell'esarca, che venne
parificato al palazzo regio di Pavia come centro del regno
longobardo.
Nel 752 diede seguito a questa sua concezione del proprio ruolo ponendo richieste in termini ultimativi al nuovo
papa Stefano II. Chiese al pontefice un tributo di un soldo d'oro per ogni abitante del Ducato romano e il
riconoscimento della sua sovranit sull'intero territorio. Il papa rifiut le richieste, reiterate in lunghe trattative.
Astolfo, per ribadire la propria superiorit militare, comp numerose scorrerie entro il Ducato, occupando anche la
roccaforte di Ceccano (753); tuttavia, comprendendo come i suoi predecessori l'importanza di apparire re cattolico,
esitava ad attaccare direttamente Roma.
La minaccia di Astolfo sul Ducato romano era rafforzata dal controllo che aveva acquisito anche sui ducati dell'Italia
centro-meridionale, Spoleto e Benevento. Nel 751 a Spoleto aveva rimosso il duca Lupo, fedele al deposto Rachis, e
aveva assunto direttamente il controllo del ducato; a Benevento si assicur la fedelt di Scauniperga, reggente a
partire dalla met del 751 (momento della morte del duca Gisulfo II) per il figlio minorenne Liutprando.
Astolfo (re)
184
Per sventare la minaccia, Astolfo si accord con il fratello di Pipino, Carlomanno, che nel 747 si era ritirato a
Montecassino. Carlomanno rientr in Francia, dove capeggi l'opposizione al re, ma presto (753) fu internato in un
monastero a Vienne dove l'anno seguente mor.
Nell'agosto del 754 Pipino mosse contro Astolfo, lo affront in battaglia alle chiuse (fortificazioni di confine) della
Val di Susa e gli inflisse una dura sconfitta. Il re longobardo fugg a Pavia, che venne assediata da Pipino. Tuttavia
riusc a ottenere l'appoggio della nobilt franca che si opponeva a Pipino e, quindi, a spuntare condizioni di pace
relativamente miti: riconobbe (anche di fronte a Bisanzio) la superiorit franca, consegn alcuni ostaggi e promise di
cedere i territori che aveva strappato al Papa.
Seconda fase (756)
Poco dopo il ritiro dell'esercito franco Astolfo torn all'offensiva, assediando nuovamente Roma (756). Si ripet
quando accaduto due anni prima: Pipino torn con il suo esercit in Italia, sconfisse Astolfo alle chiuse valsusine e lo
cinse d'assedio a Pavia. Astolfo capitol e dovette subire condizioni di pace ancora pi dure: la consegna di un terzo
del tesoro longobardo, il versamento di un tributo annuale a Pipino e la cessione al papa della citt di Ravenna e
delle altre citt dell'Esarcato che aveva occupato in precedenza.
La vittoria franca, netta sul piano militare, non fu tuttavia tale da consentire a Pipino la piena attuazione del suo
progetto iniziale, che prevedeva l'attribuzione alla sovranit papale dell'intera Italia centro-meridionale, inclusa
l'attuale Romagna. Il regno longobardo perse parte della sua autonomia e dei territori pi recentemente conquistati,
ma conserv l'indipendenza. Astolfo mor poco dopo, sempre nel 756, in seguito a una caduta da cavallo[1].
Note
[1] Le sepolture regie del regno italico (secoli VI-X) - Astolfo (749-756) (http:/ / sepolture. storia. unipd. it/ index. php?page=scheda& id=34)
Bibliografia
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002. ISBN 88-464-4085-4
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003. ISBN 88-7273-484-3
Ottorino Bertolini (1892-1977), Astolfo, pp. 246/247.
Altri progetti
Successore
Rachis
744 - 749
Anselmo e Pietro
Predecessore
Re dei Longobardi
Successore
Rachis
749 - 756
Rachis e Desiderio
(trono conteso)
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Rachis
749 - 756
Rachis e Desiderio
(trono conteso)
Astolfo (re)
185
Portale Biografie
Portale Longobardi
Desiderio (re)
Desiderio
Re d'Italia
In carica
756-774
Incoronazione
757
Predecessore
Astolfo
Successore
Carlo Magno
Rex Langobardaorum
Rex totius Italiae
Nascita
Brescia
Morte
Liegi (?)
Consorte
Figli
Ansa
Adelchi, "Ermengarda", Gerberga, Adelperga, Liutperga, Anselperga
Desiderio, noto anche come Daufer, Dauferius, Didier, in francese, e Desiderius, in latino (Brescia, ... Liegi?,
post 774), fu re dei Longobardi e re d'Italia dal 756 al 774.
L'ascesa al trono
Originario di Brescia, fu creato da Astolfo duca di Tuscia. Alla morte di Astolfo aspir al trono longobardo in
opposizione al fratello e predecessore del defunto, Rachis, che aveva abbandonato il monastero di Montecassino
dove si era ritirato ed era ritornato a Pavia, occupando il palazzo regio. Rachis raccolse inizialmente vasti consensi
nell'Italia settentrionale, mentre tutti gli oppositori del casato friulano di Rachis e Astolfo sostennero Desiderio, che
si guadagn anche l'appoggio di papa Stefano II e del re dei Franchi, Pipino il Breve, grazie alla promessa di
rispettare le condizioni di pace accettate da Astolfo dopo la sua sconfitta e di ritirarsi dai territori bizantini occupati
da Liutprando (alcune citt dell'Esarcato e della Pentapoli). Il papa esercit pressioni dirette sul "re monaco", che si
mostrava esitante ed era ulteriormente indebolito dalla defezione di quanti, tra i suoi sostenitori, temevano un nuovo
intervento franco. Nel marzo del 757 Rachis rientr in monastero, spianando la strada all'incoronazione di Desiderio.
Fin dall'inizio cerc di consolidare il potere del regno, in opposizione ai duchi di Spoleto e di Benevento, e di
arginare l'influenza dei Franchi sul papato. I due ducati si appoggiarono allora, per riconquistare la propria
autonomia, al papato. Spoleto, da Astolfo amministrata direttamente, nomin un nuovo duca, Alboino, sostenuto dal
papa e dai Franchi; a Benevento il nuovo reggente Giovanni si schier, in nome dell'ancora minorenne duca
Liutprando, dalla parte di Stefano e Pipino.
Desiderio (re)
Il regno
La politica espansionistica
Alla morte di papa Stefano II (aprile 757), Desiderio non mantenne le promesse fatte, sfruttando un momento
turbolento nella vita della Chiesa (la successione al soglio del fratello di Stefano, papa Paolo I, fu aspramente
contrastata). Non soltanto non consegn a Roma i territori conquistati da Liutprando, ma nel 758 si assicur
l'appoggio diplomatico dell'Impero bizantino per estendere nuovamente i suoi domini.
Attraverso la Pentapoli penetr nel Ducato di Spoleto e imprigion il duca Alboino; poi prosegu verso Benevento,
da dove cacci Liutprando e il reggente Giovanni, insediando come duca il proprio genero Arechi. Nel 759 nomin
un nuovo duca di Spoleto, che fino a quell'anno aveva amministrato direttamente (come gi Astolfo): Gisulfo. In
questo modo ripristin il controllo regio, gravemente compromesso durante gli ultimi anni del regno di Astolfo,
sull'intera Italia longobarda. L'opera di rafforzamento del potere regio di Desiderio culmin, nel 759, con
l'associazione al trono del figlio Adelchi.
Anche la rete dei monasteri italiani divenne strumento di dominio. Nel 753 con sua moglie Ansa fond a Brescia, la
sua citt natale, il monastero di San Salvatore, dotato di un'eccezionale ricchezza e affidato come badessa alla figlia
Anselperga. Alla giurisdizione di San Salvatore sottomise un'intera rete di complessi monastici tra Lombardia,
Emilia e Toscana, creando una federazione da lui direttamente controllata. Un altro monastero da lui fondato in terra
bresciana fu la Badia Leonense, terminata di costruire nel 758 e guidata da monaci Benedettini giunti alla Badia
situata a Leno direttamente dal monastero di Montecassino creato da Benedetto da Norcia nel 529.
Gli attriti con la Chiesa furono appianati solo nel 763, grazie ad appositi accordi. Memore del precedente di Astolfo,
ritenne di poter evitare nuovi interventi dei Franchi a sostegno del papato attraverso una politica di piccole
concessioni al pontefice. Nel 757 consegn al Papa Ferrara, Faenza e alcuni possedimenti nella Pentapoli, ma
conserv la maggior parte dei territori a suo tempo promessi a papa Stefano II. In quel momento, tuttavia, Pipino il
Breve era costretto da problemi interni al suo regno a non impegnarsi nuovamente in Italia, cos papa Paolo I
sottoscrisse un accordo che accettava la situazione che si era venuta a creare. A suggello dell'intesa, Desiderio si rec
a Roma, preg sulla Tomba di Pietro e garant i diritti del papa; Paolo, in cambio, avvert Pipino che Desiderio era il
suo difensore contro gli intrighi dei bizantini.
Desiderio intervenne attivamente negli scontri per la successione di papa Paolo I, morto nel giugno del 767. Dal
Ducato di Spoleto invi un esercito a Roma, guidato dal prete Valdiperto, che il 31 luglio riusc a far elevare al
soglio il cappellano Filippo che tuttavia rinunci il giorno stesso. Divenne cos papa, contro la volont di Desiderio,
Stefano III, il candidato della curia romana guidata dal primicerio Cristoforo.[1]
La politica dinastica
Desiserio dopo la morte di Pipino il Breve nel 768 riusc ad imparentarsi con uno dei figli, Carlo Magno, dandogli in
sposa la figlia, Desiderata.[2] In questo modo riusc a interferire con la politica interna del regno franco, in crisi per
una contrapposizione tra i due fratelli che si sarebbe conclusa soltanto nel 771, con la morte di Carlomanno. Questa
politica di alleanze matrimoniali, destinata a fallire, trovava fin dall'inizio l'opposizione del papa Stefano III, che si
opponeva al matrimonio della cosiddetta "Ermengarda" con Carlo Magno[3] in quanto l'alleanza tra franchi e
longobardi gli avrebbe impedito di utilizzare gli uni o gli altri a seconda del suo vantaggio. Nel 769 Desiderio, con la
scusa di un pellegrinaggio a Roma, entr nei territori della Chiesa accompagnato da un esercito. Accampatosi nei
pressi di San Pietro, appoggi il partito longobardo capeggiato da Paolo Afiarta e condann a morte il capo del
partito opposto, il primicerio Cristoforo, pare con la tacita approvazione di papa Stefano III che si era visto
abbandonato dal suo antico sostenitore.[4] Grazie anche alle divisioni interne del regno dei Franchi, Desiderio riusc
cos ad assurgere a un ruolo di primo piano nella politica europea del tempo ma, in reazione alla sua politica
aggressiva, Carlo Magno, rimasto unico re dei Franchi, ripudi Ermengarda; e questo fu il colpo definitivo che
mand a monte la sua politica di alleanze dinastiche.
186
Desiderio (re)
Matrimonio e discendenza
Desiderio spos Ansa (o Ansia) dalla quale ebbe :
Desiderata (o Berterada)[5] andata sposa nel 770 a Carlo Magno e da questi ripudiata l'anno successivo
Adalgiso (o Adelchi), associato al trono dal 759 al 774 dal padre Desiderio, fu sconfitto da Carlo Magno nel 774 e
si rifugi a Bisanzio
Liutberga, andata sposa a Tassilone III di Baviera
Adelperga, della quale era stato precettore Paolo Diacono, che and sposa ad Arechi II, duca di Benevento
187
Desiderio (re)
188
Note
[1] Claudio Rendina, I papi, Roma, Ed. Newton Compton, 1990. pp. 231-232
[2] Nel 769 Carlomanno, fratello di Carlo Magno, spos Gerberga, una nobile franca, che alcuni storici accreditano come figlia di Desiderio per
il fatto che, nel 772, dopo che i figli avuti da Carlomanno erano stati spodestati da Carlo Magno, trov rifugio alla corte del re Desiderio e poi,
dopo la vittoria dei Franchi, nel 773, si rifugi nella fortezza di Verona assieme ad Adelchi, che pare che messo sotto assedio dai Franchi,
avesse consegnato Gerberga e i due figli a Carlo, che chiuse i due bimbi in convento, mentre di Gerberga non si hanno pi notizie.
[3] John N.D. Kelly, Gran Dizionario Illustrato dei Papi, Casale Monferrato (AL), Edizioni Piemme S.p.A., 1989, ISBN 88-384-1326-6. p. 261
[4] Claudio Rendina, I papi, Roma, Ed. Newton Compton, 1990. pp. 232-233
[5] Il nome della prima figlia di Desiderio e sposa di Carlo Magno non sicuro: indicato dagli storici con Desiderata e poi dal cronista del IX
secolo, Andrea da Bergamo, con Berterada, venne "inventato" da Alessandro Manzoni in Ermengarda.
Bibliografia
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002. ISBN 88-464-4085-4
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003. ISBN 88-7273-484-3
Franca d' Amico Sinatti, Il mistero del silenzio, il ritorno di un re longobardo, Rimini, Rafaelli Editore, 2005.
ISBN 88-89642-02-5
Altri progetti
Re dei Longobardi
Successore
Astolfo
756 - 774
Carlo Magno
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Astolfo
756 - 774
Carlo Magno
Portale Biografie
Portale Longobardi
Ducato di Benevento
189
Ducato di Benevento
Ducato di Benevento
Dati amministrativi
Nome completo
Ducato di Benevento
Lingue parlate
Capitale
Benevento
Dipendente da
Regno Longobardo
Politica
Forma di governo
Duca
Nascita
Fine
monarchia assoluta
elenco
570 con Zottone
1077 con Landolfo VI
Territorio e popolazione
Religione e societ
Religioni preminenti Cattolicesimo
Evoluzione storica
Preceduto da
Succeduto da
Regno Longobardo
Ducato di Puglia, Calabria e Sicilia
Il Ducato di Benevento costitu l'estrema propaggine meridionale del dominio longobardo in Italia ed insieme al
Ducato di Spoleto costituirono quella che venne chiamata Langobardia Minor.
Formalmente soggetta al dominio dei pontefici romani (Ducato romano), che con i loro possedimenti nelle regioni
centrali la tagliavano fuori dal resto dell'Italia longobarda, Benevento fu sostanzialmente indipendente fin dal
principio della fondazione del ducato. I suoi destini furono strettamente legati alla corona reale longobarda solo
durante il regno di Grimoaldo e dei sovrani succeduti a Liutprando. Dopo la caduta del regno, tuttavia, il dominio
beneventano rimase l'unico dei territori longobardi a mantenere de facto la propria indipendenza per quasi trecento
anni, malgrado la divisione dei suoi territori subita nell'851.
Ducato di Benevento
190
Ducato di Benevento
191
Nel 662 il duca Grimoaldo (al potere dal 647) si rec nel regno del nord in appoggio al re Godeberto, in lotta con il
fratello Bertarido, suo co-reggente. Grimoaldo comprese bene quale occasione gli si offriva e abbandonando i patti e
le alleanze uccise entrambi i fratelli e conquist Pavia, diventando re dei longobardi. In questi anni tent di riportare
in auge l'arianesimo a danno del cattolicesimo, diffuso dall'ultimo re Ariperto I. Ma l'arianesimo stava ormai
scomparendo anche nel suo ducato, perdendo cos quella caratteristica di tratto distintivo fra la minoranza etnica
longobarda e la popolazione di lingua latina. Il cattolicesimo favor invece la fusione delle due componenti e la
formazione di una coscienza nazionale unica.
Nel 663 la stessa Benevento fu messa sotto assedio dai bizantini. Questi, guidati da Costante II, erano sbarcati a
Taranto nel tentativo di recuperare i domini perduti e ristabilire l'autorit dell'Impero sul meridione d'Italia. Il duca
Romualdo I difese coraggiosamente la citt e spinse l'imperatore, che da parte sua temeva l'arrivo del padre del duca,
re Grimoaldo, a ritirarsi a Napoli. Romualdo intercett parte dell'esercito bizantino a Forino, tra Avellino e Salerno, e
lo annient. La pace fra il ducato e l'Impero d'Oriente fu siglata solo nel 680.
Nei decenni successivi, Benevento riusc a strappare ai bizantini diversi territori. Ma a questo punto, il principale
nemico del ducato era diventato lo stesso regno longobardo del nord Italia. Re Liutprando intervenne pi volte nelle
vicende beneventane, tentando di imporre propri candidati al trono ducale. Il suo successore, Rachis, dichiar i
ducati di Benevento e Spoleto territori stranieri, nei quali era proibito circolare senza un regolare permesso reale.
Ducato di Benevento
192
Ducato di Benevento
Il capitolare dell'851
Lo scontro si concluse solo dopo dieci anni
di lotte con la divisione del principato,
sancita dallo stesso imperatore Ludovico II
con il capitolare dell'851. Dalla divisione
nacque il Principato di Salerno, mentre al
Principato di Benevento, ridotto nella sua
estensione territoriale, rimasero il Sannio, il
Molise e la Puglia a nord di Taranto.
Molti dei gastaldi e dei conti della zona,
come quelli di Capua, approfittarono di
questa situazione di caos per dichiararsi
indipendenti da entrambe le signorie.
Una crisi aggravata dall'arrivo delle
Il Principato di Salerno nell'851, sancito dal Capitolare dell'851 e retto da Pietro di
Salerno
invasioni saracene, che per la prima volta
erano stati chiamati in Italia dallo stesso
Radelchi e poi da Siconolfo durante la pi che decennale guerra per la successione a Sicardo. Non di rado, infatti, i
mercenari musulmani venivano spronati all'intervento armato in Europa dagli stessi governanti cristiani in guerra fra
loro.
Napoli, Salerno e Benevento subirono in questo periodo violenti saccheggi e devastazioni. La colonia saracena
costituita nel sud del Lazio fu annientata solo nel 915, dopo la battaglia del Garigliano. Nello stesso tempo, l'Impero
bizantino tornava alla carica riconquistando gran parte della Puglia e riducendo il gi declinante potere di Benevento.
193
Ducato di Benevento
194
Voci correlate
Ducati longobardi
Ducato di Spoleto
Elenco dei duchi e principi di Benevento
Langobardia Minor
Longobardi
Monetazione longobarda di Benevento
Principato di Salerno
Normanni
Signoria di Capua
Stato della Chiesa
Storia di Benevento
Altri progetti
Collegamenti esterni
Il Ducato e il Principato di Benevento [2] - I.D.I.S. (Istituto per la Dottrina e l'Informazione sociale)
I Longobardi del Sud [3]
Portale Benevento
Portale Longobardi
Ducato di Benevento
Note
[1] http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Category:Duchy_of_Benevento?uselang=it
[2] http:/ / www. alleanzacattolica. org/ idis_dpf/ voci/ b_ducato_benevento. htm
[3] http:/ / www. longobardidelsud. it/
Langobardia Minor
Langobardia Minor era il nome che, in et altomedievale, veniva dato ai domini longobardi dell'Italia
centro-meridionale, corrispondente ai ducati di Spoleto e di Benevento. Dopo la conquista del regno longobardo da
parte di Carlo Magno, nel 774, rimase ancora a lungo sotto controllo longobardo.
Territorio
Entrati in Italia attraverso il Friuli nel 568, i
Longobardi strapparono ai Bizantini una
larga parte del territorio continentale a sud
delle Alpi, senza tuttavia poter costituire,
almeno inizialmente, un dominio omogeneo
e contiguo. Le terre sottomesse vennero
raggruppate, nella terminologia dell'epoca,
in due grandi aree: la Langobardia Maior,
dalle Alpi all'odierna Toscana, e la
Langobardia Minor che includeva i territori
posti a sud dei possedimenti bizantini (che
in quell'ultimo scorcio del VI secolo si
stendevano da Roma a Ravenna attraverso le
attuali Umbria e Marche). L'Esarcato di
Ravenna era collegato a Roma mediante il
cosiddetto "corridoio bizantino", che
passava per Orvieto, Chiusi e Perugia e
separava la Langobardia Minor dalla Maior.
Mentre la Langobardia Maior fu spezzettata
in numerosi e mutevoli ducati e gastaldati, la
Minor conserv per l'intera durata del regno
longobardo (568-774) una notevole stabilit
I domini longobardi alla morte di Agilulfo (616)
istituzionale, rimanendo sempre articolata
nei due ducati di Spoleto e di Benevento. Furono costituiti immediatamente dopo la penetrazione longobarda
nell'area, negli anni Settanta del VI secolo, e i primi duchi furono Faroaldo a Spoleto e Zottone a Benevento.
Territorialmente inclusero inizialmente soltanto le aree interne, lasciando ai Bizantini il controllo delle fasce costiere;
soltanto in un secondo momento (in particolare in corrispondenza al regno di Agilulfo, 591-616) i possessi
longobardi si estesero anche alle coste. Divenne cos soggetto ai due ducati l'intero versante adriatico compreso tra i
capisaldi bizantini di Ancona, a nord, e Otranto, a sud; quello ionico e quello tirrenico, invece, solo parzialmente
ricaddero sotto l'autorit del duca di Benevento, che non riusc mai a occupare stabilmente Napoli, il Salento e
l'estremit della Calabria (a sud di Cosenza e Crotone), oltre che, naturalmente, Roma con il suo contado.
195
Langobardia Minor
Storia
Nel regno longobardo (568-774)
Bench strutturalmente legati al regno longobardo di Pavia, i ducati di Spoleto e di Benevento conservarono per
lunghi periodi un'ampia autonomia (durante il Periodo dei Duchi, tra il 574 e il 584, anche una piena indipendenza)
rispetto al governo centrale. Tra i due, quello nettamente pi rilevante sulla scena politica italiana del tempo fu
quello di Benevento, che per lunghi tratti della sua storia riusc a sviluppare un principio di successione ereditaria. La
sottomissione al re di Pavia era spesso soltanto formale, e anzi con Grimoaldo (originario del Ducato del Friuli ma
adottato dal beneventano Arechi I) un duca di Benevento riusc addirittura a imporre la propria persona come re di
tutti i longobardi (662). Fu proprio il suo regno, per, a sancire una prima organica sottomissione della Langobardia
Minor al potere centrale. Se prima di lui, salvo episodi sporadici come l'atto di omaggio di Arechi I a Rotari,
l'autonomia era stata pressoch totale, con Grimoaldo l'intervento di Pavia sui Longobardi del sud divenne pi
incisivo. Non soltanto il re conserv anche il titolo ducale beneventano, ma impose il genero Trasamondo I come
duca di Spoleto e cre un nuovo gastaldato nel poco popolato territorio compreso tra Sepino, Boiano e Isernia, dove
insedi i Bulgari che avevano disertato le file bizantine per sottomettersi al re longobardo. Lo stesso Grimoaldo,
tuttavia, conserv nel suo testamento la separazione tra Pavia e Benevento, lasciando i due troni a due diversi suoi
figli.
Il nuovo duca di Benevento, Romualdo I, si trov subito in una posizione di forza, tanto che Pertarito, il re
spodestato da Grimoaldo e che ora ritornava sul trono, dovette scendere a patti con lui, riconoscendone l'autonomia.
L'allontanamento di Spoleto e Benevento dalla Langobardia Maior crebbe durante i contrastati regni di Pertarito e
Cuniperto e giunse al culmine nei primi anni dell'VIII secolo, quando colpi di Stato, usurpazioni e guerre civili
travagliarono il regno longobardo. L'ascesa al trono di Liutprando (712), tuttavia, segn una netta inversione di
tendenza: il pi potente dei sovrani longobardi riusc a riportare stabilmente i ducati di Spoleto e di Benevento sotto
il suo controllo, sia ottenendo con le armi la sottomissione dei rispettivi duchi, sia sostituendoli con uomini a lui
fedeli.
Gli ultimi anni del regno longobardo, dalla morte di Liutprando (744) all'invasione dei Franchi (774), furono anche
quelli durante i quali il controllo dei re sull'intero territorio sottomesso fu maggiormente effettivo. Dopo la
deposizione di Rachis, che aveva dovuto scendere a patti con la corrente pi autonomista dei duchi, i regni dei suoi
successori Astolfo e Desiderio segnarono non soltanto la riaffermazione del potere reale, ma anche la ripresa di
un'offensiva militare sui territori non ancora sottomessi; soltanto l'intervento dei Franchi di Carlo Magno, invocato
dal papa, imped ai due sovrani di arrivare alla completa unificazione dell'Italia. La Langobardia Minor fu comunque
ampiamente ricondotta sotto il potere centrale, anche attraverso le temporanee soppressioni delle sedi ducali e
l'amministrazione diretta di Spoleto da parte dei due re (Astolfo nel 751-756, Desiderio nel 758-759). Le espansioni
territoriali di questi anni, anche quelle in aree prossime al territorio dei ducati (Perugia, la Pentapoli, diverse
roccaforti del Ducato romano) non vennero integrate nella struttura dei ducati longobardi, ma vennero anch'esse
assoggettate direttamente all'autorit dei re.
I sempre pi pesanti interventi franchi in Italia sancirono una nuova situazione, che coinvolse anche i ducati
meridionali. Accordandosi con papa Stefano II, nel 754, Pipino il Breve progett di assegnare al pontefice, in caso di
una sua vittoria su Astolfo, l'intera Italia centro-meridionale, inclusi quindi non soltanto gli ex domini bizantini, ma
anche i ducati di Tuscia, Spoleto e Benevento. Il piano fall poich Astolfo, sia pur sconfitto in due occasioni (754 e
756), riusc a non capitolare completamente a Pipino. Il regno longobardo cadde definitivamente nel 774, per opera
di Carlo Magno.
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Langobardia Minor
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Langobardia Minor
La decadenza del Principato di Benevento acceler all'inizio dell'XI secolo: nel 1022 l'imperatore Enrico II espugn
la capitale, anche se dovette presto far precipitorso ritorno in Germania. Poco pi tardi fu l'arrivo dei Normanni a
sancire la fine del ducato: Roberto il Guiscardo conquist Benevento nel 1053 e ne dichiar la sudditanza allo Stato
Pontificio. Il pontefice nomin alcuni principi a lui soggetti, fino alla soppressione definitiva del ducato nel 1081[1].
Il Principato di Salerno conserv pi a lungo un ruolo maggiormente attivo. Guaimario IV, principe dal 1027 al
1052, espanse notevolmente i confini del principato, che arriv a includere Amalfi, Sorrento, Gaeta e gran parte di
Puglia e Calabria. Presto tuttavia anche Salerno dovette confrontarsi con i Normanni, che con Roberto il Guiscardo
assediarono la capitale nel 1076. Espugnata, divenne nel 1078 sede dei domini normanni; l'ultimo duca longobardo,
Gisulfo II, prese la via dell'esilio.
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Langobardia Minor
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Arte
Alcune straordinarie testimonianze di pittura si trovano in alcuni
monasteri della Langobardia Minor, in particolare negli odierni Molise,
Campania e Puglia. Queste testimonianze risalgono soprattutto tra la
fine dell'VIII e il IX secolo. Tra centri monastici pi importanti vi
furono il santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano (fondato nel
VI secolo), la potente abbazia di Montecassino (fondata nel 529 e
molto attiva nel periodo dell'abate longobardo Gisulfo, 797-817), San
Vincenzo al Volturno (fondato alla fine dell'VIII secolo).
Nella cripta di San Vincenzo si conservato un importante ciclo di
pitture del tempo dell'abate Epifanio (797-817), con uno stile legato
alla coeva scuola di miniatura beneventana, con colori luminosi e
ricchi di lumeggiature, dal disegno piuttosto sciolto.
Altri esempi di pittura nell'area beneventana si trovano nella chiesa di
san Biagio a Castellammare di Stabia, nella chiesa dei Santi Rufo e
Carponio a Capua, ma i resti pi importanti si trovano nella chiesa di
Santa Sofia a Benevento, fondata nel 760 da Arechi II. Caratterizzata
da una pianta centrale, con un'originale struttura con nicchie stellari,
possiede tre absidi e notevoli resti di affreschi sulle pareti. Nel
salernitano si ricordano la Grotta di San Michele a Olevano sul
Tusciano e la Chiesa di Santa Maria de Lama a Salerno.
Note
[1] Il titolo di principe di Benevento venne rispolverato soltanto nel 1806 da Napoleone Bonaparte, che ne insign Charles Maurice de
Talleyrand-Prigord. L'assegnazione, puramente nominale, decadde con la sconfitta di Napoleone del 1815.
Fonti
Paolo Diacono, Historia Langobardorum (Storia dei Longobardi, Lorenzo Valla/Mondadori, Milano 1992)
Bibliografia
Jrg Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino, Einaudi, 2002. ISBN 88-464-4085-4
Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003. ISBN 88-7273-484-3
Paolo Peduto, Materiali per l'Archeologia Medievale, Pietro Laveglia editore, 2003. ISBN 88-88773-22-3
Voci correlate
Ducati longobardi
Ducato di Benevento
Ducato di Spoleto
Longobardi
Langobardia Maior
Principato di Salerno
Regno longobardo
Signoria di Capua
Langobardia Minor
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Collegamenti esterni
I longobardi del Sud (http://www.longobardidelsud.it/)
Portale Longobardi
Portale Medioevo
Carlo Magno
Carlo Magno
Incoronazione
Predecessore
Pipino il Breve
Successore
Ludovico il Pio
Nascita
Morte
Casa reale
Dinastia carolingia
Padre
Pipino il Breve
Madre
Bertrada di Laon
Consorte
Figli
Firma
Carlo, detto Magno, o Carlomagno, in tedesco Karl der Groe, in francese Charlemagne, in latino Carolus
Magnus (2 aprile 742 Aquisgrana, 28 gennaio 814), fu re dei Franchi e dei Longobardi e imperatore del Sacro
Romano Impero. L'appellativo Magno (in latino Magnus, "grande") gli fu dato dal suo biografo Eginardo, che
Carlo Magno
201
Giovinezza
Carlo nacque tradizionalmente il 2 aprile 742, primogenito di Pipino il
Breve (714 - 768), primo dei re Carolingi.
Alla morte di Pipino il Breve nel 768, i suoi due figli Carlo Magno e Carlomanno si spartirono l'eredit. Al primo
andarono l'Austrasia, gran parte della Neustria e la met nord-occidentale dell'Aquitania, con capitale Aquisgrana
(ossia il nord e l'occidente della Francia pi la bassa valle del Reno), mentre al secondo spettarono la Borgogna, la
Provenza, la Gotia, l'Alsazia, l'Alamagna, e la parte sud-orientale dell'Aquitania, con capitale Samoussy (cio il sud e
l'Oriente della Francia pi l'alta valle del Reno). Quando Carlomanno mor nel 4 dicembre 771, all'et di soli 20 anni,
Carlo Magno si ritrov a governare il regno dei franchi unificato. L'incoronazione avvenne nella cittadina di Noyon,
la stessa che vide l'incoronazione del padre.
Carlo Magno
202
Campagne militari
Dinastia carolingia
Pipinidi
Arnolfingi
Arnolfo di Metz ( 640)
Clodolfo di Metz ( 696)
Ansegiso ( 679 circa)
Pipino di Herstal ( 714)
Drogone di Champagne ( 708)
Grimoaldo II ( 714)
Teodoaldo ( 714)
Carolingi
La prima fase del regno di Carlo Magno fu volta alle continue campagne militari, intraprese per affermare la sua
autorit innanzitutto all'interno del regno dei Franchi stessi, tra i suoi familiari e le voci dissidenti.
Una volta stabilizzato il fronte interno inizi una serie di campagne al di fuori dei confini del regno, per assoggettare
i popoli vicini e per aiutare la Chiesa di Roma, stringendo con essa un rapporto ancora pi stretto di quello di suo
padre Pipino il Breve. Dal rapporto col papa e la Chiesa, intesa ormai come diretta erede dell'Impero romano
d'Occidente, Carlo ottenne l'autenticazione del potere che trascendeva ormai l'Imperatore di Bisanzio, lontano e
incapace di far valere i propri diritti soprattutto in un momento di debolezza e di dubbia legittimit del regno
dell'imperatrice Irene.
Premesse
Il successo di Carlo Magno nel fondare il Sacro Romano Impero non pu essere spiegato senza tener conto di alcuni
processi che erano in corso dai secoli precedenti. Nei decenni precedenti l'ascesa di Carlo la popolazione degli Avari
si era sedentarizzata e non costituiva pi una minaccia, le migrazioni dei popoli Germanici e Slavi si erano fermate
quasi del tutto; a occidente si era esaurita la forza espansionistica degli arabi grazie alle battaglie combattute da
Carlo martello, inoltre a causa di rivalit personali e contrasti religiosi la Spagna mussulmana era divisa da lotte
intestine.
Secondo una tesi molto famosa (ma ridimensionata da studi pi recenti) dello storico belga Henri Pirenne c'era stato
uno spostamento del baricentro del mondo occidentale verso nord dopo la perdita di importanza dei traffici nel
Mediterraneo causato dalla conquista musulmana dell'Africa del Nord e del Vicino Oriente,
Carlo Magno
203
Inoltre si deve tener conto della fondamentale opera di evangelizzazione nei territori della Germania orientale e
meridionale da parte dei monaci benedettini provenienti dall'Inghilterra e guidati da san Bonifacio tra il 720 e il 750
circa, che aveva dato una prima struttura e organizzazione a territori fino ad allora dominati da trib
fondamentalmente ancora barbare e pagane.
Adriano I invit gli ambasciatori nella Laterano e poi, davanti a tutta la curia, accus il loro re di tradire i patti a
causa della mancata consegna dei territori promessi ai predecessori del pontefice. Desiderio pass quindi
all'offensiva invadendo l'Esarcato di Ravenna e la Pentapoli. Carlo Magno, impegnato in quel momento contro i
Sassoni, cerc di riappacificare la situazione donando numerosi tesori a Desiderio e sperando di riottenerne in
cambio i territori strappati al papa. Il re longobardo rifiut lo scambio e Carlo, che non poteva permettere che fosse
appannato il suo prestigio come protettore del papato, mosse guerra ai Longobardi e invase l'Italia nel 773.
Il grosso dell'esercito, comandato dal sovrano stesso, super il passo del Moncenisio e attacc le armate di Desiderio
presso la citt di Susa, nella battaglia delle Chiuse longobarde. Il re longobardo riusc ad arginare l'invasione, ma
Carlo Magno
intanto un'altra armata franca, guidata dallo zio di Carlo, Bernardo, attravers il Gran San Bernardo e ridiscese la
Valle d'Aosta, puntando contro il secondo troncone dell'esercito longobardo, affidato ad Adelchi. Quest'ultimo fu
sbaragliato e dovette ritirarsi a marce forzate mentre Desiderio si rinserrava nella capitale del suo regno, Pavia. I
Franchi posero l'assedio alla citt dall'ottobre del 773 sino all'inizio dell'anno successivo.
Carlo Magno si diresse a Roma per incontrare Adriano. Giunto in San Pietro, venne incoronato re dei Franchi e il
pontefice ottenne in cambio la riconferma dei territori attribuiti in precedenza alla Chiesa dai re longobardi. Nel 774,
alla capitolazione di Pavia e di tutto il Regno longobardo, Desiderio fu rinchiuso in un monastero, mentre il figlio
Adelchi ripar presso la corte dell'imperatore bizantino Costantino V di Bisanzio. Conquistata l'Italia, il 10 luglio
774 il re carolingio fu incoronato Gratia Dei Rex Francorum et Langobardorum a Pavia con la Corona ferrea[1],
mantenne le istituzioni, le leggi longobarde e conferm i possedimenti ai duchi che avevano servito il precedente re:
il ducato di Benevento rimase indipendente ma tributario a Carlo Magno.
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Carlo Magno
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Campagna di Baviera
Nel 780 la Baviera, una delle regioni pi civili
d'Europa, assunse al rango di ducato. A capo di questo
dipartimento c'era il cugino di Carlo Magno, Tassilone.
Nello stesso anno della spedizione franca in Spagna,
per sostenere la rivolta del governatore della Marca
Superiore, Abd al-Ramn, contro l'emiro di Cordova,
Tassilone si associ il figlio con il medesimo titolo di
duca. Carlo Magno, momentaneamente impegnato, fece
finta di nulla ma nel 781 pretese dal cugino il rinnovo
del giuramento di fedelt a Worms. Vedendosi sempre
pi pressato dalle ingerenze di Carlo, il duca di Baviera
chiese nel 787 la protezione di Papa Adriano I. Costui,
non solo rifiut un accordo, ma ribad le pretese del re.
Regno di Carlo, dopo la sconfitta degli Avari (791)
Carlo Magno
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Carlo Magno, nonostante le ripetute rivolte protrattesi negli anni, non torn mai personalmente nell'area, delegando
il figlio Pipino a svolgere le operazioni militari.
L'intervento di Carlo Magno nella Penisola iberica fu tutt'altro che trionfale, e non privo di momenti dolorosi e gravi
rovesci. Innanzi tutto Carlo cerc di inserirsi quale mediatore tra i vari emiri aragonesi in lotta tra loro nel 778. Si
ebbe la morte di uno dei due figli gemelli nell'accampamento reale nei pressi di Saragozza, dai cui cristiani, per
colmo d'ironia, non ricevette alcun aiuto, palese o segreto, vista l'assai maggior convenienza di costoro di rimanere
sotto la sovranit islamica[2] anzich cadere sotto il dominio del sovrano franco, la cui totale obbedienza al Papa
romano metteva a rischio l'autonomia della Chiesa mozaraba, imponendo anche altri obblighi di non piccolo conto.[3]
Celeberrimo , poi, l'episodio della rotta di Roncisvalle, dove la retroguardia franca sub un'imboscata da parte di
popolazioni barbariche, da tempo cristianizzate ma spesso ribelli ai Franchi e gelose della loro autonomia, in seguito
alla quale mor il conte Rolando (conosciuto anche con il nome di Orlando), suo conte palatino e duca della Marca di
Bretagna e forse parente. L'episodio ebbe sicuramente una maggior valenza letteraria che storico-militare, ispirando
uno dei passi pi noti della successiva Chanson de Roland, uno dei testi epici fondamentale della letteratura
medievale europea.
La sconfitta di Roncisvalle non fece diminuire l'impegno di Carlo nella difesa del confine iberico, di fondamentale
importanza per impedire che le armate arabe dilagassero in Francia. Pertanto, per pacificare l'Aquitania, la trasform
nel 781 in un regno autonomo, al cui vertice pose il figlio Ludovico, di appena tre anni. Dopo la morte dell'emiro di
Cordova(797) fu proprio Ludovico, su ordine del padre, ad adoperarsi per estendere il dominio franco oltre confine e
rendere sicuro il confine iberico, che successivamente raggiunse il fiume Ebro.Fu creata allora la Marca Hispanica,
riconoscibile nell'odierna Catalogna, con capitale Barcellona: uno Stato-cuscinetto, dotato di una relativa autonomia,
posto a difesa dei confini meridionali della Francia da eventuali attacchi musulmani. All'inizio del IX secolo dunque,
i Franchi controllavano un regno compreso tra Barcellona(a occidente), la Bretagna e la Danimarca(a nord), l'Italia
centrale(a sud), la Germania(a est): il domino europeo pi ampio dai tempi dell'antico impero romano d'Occidente.
Carlo Magno
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Carlo Magno
Incoronazione imperiale
Nella messa di Natale del 25 dicembre 800 a Roma,
nella basilica di san Pietro papa Leone III incoron
Carlo imperatore, titolo mai pi usato in Occidente
dopo la destituzione di Romolo (detto Augustolo) nel
476, dato che Odoacre, il generale romano, di probabile
origine scira, che depose l'ultimo Imperatore
d'Occidente, restitu le insegne imperiali, di cui si era
impossessato, a Bisanzio, governando l'Italia con il
titolo bizantino di "Praefectus Italiae".
Esistono alcune fonti che parlano di questa
incoronazione. In questo caso ne citiamo due: gli
Annales e la Vita Karoli. La prima dice che Carlo
venne incoronato imperatore seguendo il rituale degli
antichi imperatori romani, gli venne revocato il titolo di
patrizio ed acquis il titolo di Augusto. La seconda dice
che se quella sera Carlo avesse saputo delle intenzioni
Carlo Magno incoronato imperatore da papa Leone III
del papa, anche se era una festivit importante, non
sarebbe entrato in chiesa. Quindi, secondo questo
documento, Carlo venne incoronato imperatore contro la sua volont.
La Vita Karoli racconta di come Carlo non intendesse assumere il titolo di Imperatore dei Romani per non entrare in
contrasto con l'Impero Romano d'Oriente, il cui sovrano deteneva dall'epoca di Romolo Augusto il legittimo titolo di
Imperatore dei Romani: quando Odoacre aveva deposto l'ultimo Imperatore d'Occidente le insegne imperiali erano
state rimesse a Bisanzio, sancendo in tal modo la fine dell'Impero d'Occidente. Dunque, per nessun motivo i
Bizantini avrebbero riconosciuto ad un sovrano franco il titolo di Imperatore. Carlo avrebbe avuto gi abbastanza
nemici (Sassoni e Arabi, per esempio) per mettersi in urto con l'Impero Bizantino.
Sulla questione autorevoli studiosi, in primis Federico Chabod, hanno ricostruito magistralmente la vicenda,
dimostrando come la versione di Eginardo rispondesse a precise esigenze di ordine politico, ben successive
all'accaduto, e come essa fosse stata artatamente costruita per le esigenze che s'erano venute affermando. L'opera del
biografo di Carlo fu infatti redatta fra l'814 e l'830, notevolmente in ritardo rispetto alle contestate modalit
dell'incoronazione.
Inizialmente le cronache coeve concordavano sul fatto che Carlo fosse tutt'altro che sorpreso e contrario alla
cerimonia. Sia gli Annales regni Francorum[4] (o Annales Laurissenses maiores), sia il Liber Pontificalis riportano la
cerimonia, parlando apertamente di festa, massimo consenso popolare ed evidente cordialit fra Carlo e Leone III,
con ricchi doni portati dal sovrano franco alla Chiesa romana (tra cui una "mensa d'argento").
Solo pi tardi, verso l'811, nel tentativo di attenuare l'irritazione bizantina per il titolo imperiale concesso (che
Costantinopoli giudicava usurpazione inaccettabile), i testi franchi (gli Annales Maximiani[5]) introdussero
quell'elemento di "rivisitazione del passato" che fece parlare della sorpresa e dell'irritazione di Carlo per una
cerimonia d'incoronazione cui egli non aveva dato alcun'autorizzazione preventiva al Papa che a ci l'aveva
indirettamente forzato.
Il giorno della sua incoronazione, Carlo Magno si present in San Pietro tra due ali di folla, abbigliato alla romana
(abbandonando il consueto costume franco che prevedeva di norma braghe di lino, mantello di pelliccia e stivali
annodati a stringhe), con tanto di tunica bianca, e i calzari ai piedi.
Secondo il suo biografo Eginardo, papa Leone III, dopo aver incoronato Carlo, si sarebbe prostrato a terra - secondo
l'uso bizantino della proskynesis - quasi in segno di adorazione (riferita ovviamente alla carica che l'imperatore
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Carlo Magno
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rappresentava).
Per altri testimoni che si proclamarono oculari (ma sui quali sono stati avanzati parecchi logici dubbi), il pontefice,
prima di porgli la corona sul capo, lo avrebbe denudato e unto con olio santo dalla testa ai piedi. L'acclamazione
popolare (elemento non presente su tutte le fonti e forse spurio) sottoline comunque l'antico diritto formale del
popolo romano di eleggere l'imperatore. La cosa irrit non poco la nobilt franca, che vide il "popolus Romanum"
prevaricare le proprie prerogative, acclamando Carlo come "Carlo Augusto, grande e pacifico Imperatore dei
Romani".
Occorre tuttavia ricordare come l'incoronazione a imperatore fosse per pi d'un verso riconducibile alla volont
franca (gi espressa all'epoca di Pipino) di riconoscere reale la falsa donazione di Costantino. In tale ottica,
l'incoronazione del re franco a Imperatore sarebbe stato il corrispettivo per la legittimazione del potere temporale
della Chiesa. Secondo alcuni storici, in effetti Carlo voleva il titolo imperiale, ma avrebbe preferito auto-incoronarsi,
perch l'incoronazione da parte del papa rappresentava simbolicamente la subordinazione del potere imperiale a
quello spirituale.
In ogni caso Carlo si trov su un piano moralmente superiore di autorit su tutto l'Occidente, che nessun re
germanico aveva mai avuto fino ad allora.
L'Impero
Per approfondire, vedi Impero carolingio.
Carlo aveva unificato quasi tutto quello che restava del mondo civilizzato accanto ai grandi imperi arabo e bizantino
ed ai possedimenti della Chiesa, con l'esclusione delle isole britanniche e di pochi altri territori.
Dopo essersi garantito la sicurezza dei confini, Carlo procedette alla riorganizzazione dell'Impero. In tutta la sua
estensione, l'Impero era suddiviso in circa 200 province e da un numero sensibilmente maggiore di vescovati. Ogni
singola provincia era governata da un conte, vero e proprio funzionario pubblico dell'Imperatore. La marca invece,
era la circoscrizione fondamentale ai confini dell'Impero che poteva comprendere al suo interno pi comitati. I pi
eruditi chiamavano queste circoscrizioni con la denominazione classica di limes, perci esistevano un limes
bavaricus, un limes avaricum e cos via.
A livello centrale l'istituzione fondamentale dello stato carolingio era l'Imperatore stesso, poich Carlo Magno era
sommo amministratore e legislatore che, governando il popolo cristiano per conto di Dio, poteva avere diritto di vita
o di morte su tutti i sudditi a lui sottoposti. Tutti erano sottoposti alla sua inappellabile volont, fossero anche
notabili di rango elevato come Conti, Vescovi, Abati e Vassalli Regi. Nel corso dei suoi spostamenti l'imperatore
Carlo Magno era solito indire importanti riunioni denominate placita nel corso delle quali amministrava direttamente
la giustizia giudicando le cause che gli venivano sottoposte. In base ai casi che gli venivano sottoposti poteva optare
per promulgare nuove leggi che andavano poi raccolte nei capitularia.[6]
Il governo centrale era costituito dal palatium. Sotto questa denominazione si designava il consiglio dei ministri alle
sue dipendenze. Organo puramente consultivo, era costituito da rappresentanti laici ed ecclesiastici che aiutavano il
sovrano nell'amministrazione centrale.
Carlo Magno
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Monetazione
Proseguendo le riforme iniziate dal padre,
Carlo, una volta sconfitti i Longobardi,
liquid il sistema monetario basato sul
solido d'oro dei romani. Egli e il re Offa di
Mercia ripresero il sistema creato da Pipino
e da Aethelberto II; Carlo (tra il 781 e il
794) estese nei suoi vasti domini un sistema
monetario basato sul monometallismo
argenteo: unica moneta coniata era il
"denaro". Non essendo prevista la
Denaro di Carlo Magno
coniazione di multipli, l'uso port
all'affermazione di due unit di conto: la libbra (pound, unit monetaria e ponderale allo stesso tempo) che valeva 20
solidi (come fu successivamente per lo scellino) o 240 denari (come per il penny).
Durante questo periodo la libbra ed il solido furono esclusivamente unit di conto, mentre solo il "denaro" fu moneta
reale, quindi coniata.
Carlo applic il nuovo sistema nella maggior parte dell'Europa continentale e lo standard di Offa fu volontariamente
adottato, dai Regni di Mercia e Kent, in quasi tutta l'Inghilterra.
Per oltre cento anni il denaro mantenne inalterato peso e lega. I primi slittamenti iniziarono nel X secolo. I primi
Ottoni (961-973 e 973-983) misero ordine nel sistema consacrando lo slittamento del denaro in termini di peso e di
fino: una "lira" (ossia 240 denari) pass da g 410 a g 330 di una lega argentea peggiore (da g 390 di argento fino a g
275).
Rinascita carolingia
Per approfondire, vedi Rinascita carolingia.
Spesso si parla a torto di Rinascita carolingia, volendo sottolineare la fioritura che innegabilmente si ebbe durante il
regno di Carlo Magno in ambito politico e culturale.
Ma il re franco, persegu piuttosto una riforma in tutti i campi per poter "correggere" delle inclinazioni che avevano
portato ad un decadimento generale in tutti e due i campi. Ma quando l'Imperatore pensava alla ristrutturazione e al
governo del suo regno, rivolgeva le sue attenzioni a quell'Impero Romano di cui si faceva prosecutore sia nel nome,
sia nella politica.
La riforma della Chiesa si attu tramite una serie di provvedimenti per poter elevare, sia a livello qualitativo sia a
livello comportamentale, il personale ecclesiastico operante nel regno. Carlo Magno era ossessionato dall'idea che un
insegnamento sbagliato dei testi sacri, non solo dal punto di vista teologico, ma anche da quello "grammaticale",
avrebbe portato alla perdizione dell'anima poich se nell'opera di copiatura o trascrizione di un testo sacro si fosse
inserito un errore grammaticale, si sarebbe pregato in modo non consono, dispiacendo cos a Dio. Venne istituito
quel motore propulsore dell'insegnamento che doveva diventare la scuola palatina, presso Aquisgrana. Sotto la
direzione di Alcuino di York, vennero redatti i testi, preparati i programmi scolastici ed impartite le lezioni per tutti i
chierici. In ogni angolo dell'Impero sorsero delle scuole vicino alle chiese ed alle abbazie. Carlo Magno pretese
anche di fissare e standardizzare la liturgia, i testi sacri, e perfino di perseguire uno stile di scrittura che riprendesse
la fluidit e l'esattezza lessicale e grammaticale del latino classico. Neanche la grafia venne risparmiata entrando in
uso corrente la minuscola carolina, la cui introduzione nei vari centri monastici ed episcopali si deve ad Alcuino,
intellettuale dell'Accademia Palatina.
Carlo Magno
La riforma della Giustizia si attu tramite il superamento del principio di personalit del diritto, vale a dire che ogni
uomo aveva diritto di essere giudicato secondo l'usanza del suo popolo, con la promulgazione dei capitolari, che
servivano ad integrare le leggi esistenti e che spesso sostituirono pezzi completamente mancanti dei vecchi codici.
Queste norme avevano valore di legge per tutto l'impero ed il Re volle farle sottoscrivere da tutti i liberi durante il
giuramento collettivo dell'806. Cercando di correggere i costumi ed elevando la preparazione professionale degli
operanti nella giustizia, Carlo Magno prima nella Admonitio Generalis e poi nell'809 cerc di promulgare dei
richiami che dovevano essere vincolanti per tutti. Si decise la diversa composizione delle giurie (che da ora in poi
dovevano essere costituite da professionisti e non giudici popolari) e che al dibattimento non partecipassero altre
persone se non il conte coadiuvato dagli avvocati, notai, scabini e quegli imputati che erano direttamente interessati
alla causa. Le procedure giudiziarie vennero standardizzate, modificate e semplificate.
La situazione culturale del regno sotto i merovingi e dei Pipinidi era pressoch tragica. Carlo Magno dette impulso
ad una vera e propria riforma in pi discipline: in architettura, nelle arti filosofiche, nella letteratura, nella poesia.
Carlo era un illetterato ma comprendeva l'importanza della cultura nel governo dell'impero. Sotto il suo regno la
grafia venne nuovamente unificata, prese forma la "minuscola carolina" (fino a quel momento si utilizzavano quasi
esclusivamente le maiuscole) e venne inventato un sistema di segni di punteggiatura per indicare le pause (e
collegare il testo scritto alla sua lettura ad alta voce).[7]
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Carlo Magno
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Ad Aquisgrana, l'Imperatore ospitava il regalo a cui teneva di pi: si trattava di un elefante, di nome Abul-Abbas,
donatogli (forse dietro sua stessa richiesta[9]) dallo stesso califfo abbaside. Carlo lo considerava come un ospite
straordinario, da trattare con tutti i riguardi: lo faceva tenere pulito, gli dava personalmente da mangiare e gli parlava.
Probabilmente il clima gelido in cui il pachiderma era costretto a vivere lo fece deperire fino a condurlo alla morte
per congestione. L'Imperatore ne pianse, ordinando tre giorni di lutto in tutto il regno.
Caratteristiche personali
L'aspetto fisico di Carlo Magno
Nelle riproduzioni equestri, notiamo un'imponenza fisica notevole
e lo stesso Eginardo ce lo descrive di corporatura imponente sin
dalla giovent (nonostante una tendenza alla pinguedine). Il suo
volto era incorniciato da una folta capigliatura che scendeva alle
sue spalle e da una barba contornata da grossi baffi che gli
spiovevano ai lati della bocca. Eginardo parla, oltre che della
possanza fisica, di un grande naso e di un collo tozzo.
Queste descrizioni ci vengono confermate dalla ricognizione nel
suo feretro del 1861. Secondo le misurazioni antropometriche
infatti, l'Imperatore sarebbe stato alto 192cm, praticamente un
gigante per gli standard dell'epoca. Peraltro, a fronte di questa
imponenza fisica, i biografi di corte descrivono il tono della sua
voce come decisamente stridula.
Carattere
Tra le tante affermazioni comunque ve ne sono alcune che, non inquadrabili in un contesto celebrativo, potrebbero
forse davvero costituire una testimonianza attendibile del carattere e delle abitudini di Carlo Magno: gran bevitore e
mangiatore, si dice che non rifuggisse l'adulterio ed ebbe numerose concubine, in un regime poligamico che era
abbastanza consueto tra i Germani, sebbene fossero formalmente cristianizzati .
Come tutti i signori dell'epoca, e anche di quelle successive, era un grandissimo amante della caccia. Era anche noto
per il suo amore per i cani: pare che nella sua reggia ne tenesse ben 24 esemplari.
Abitudini alimentari
La dieta di Carlo Magno era tutt'altro che vegetariana. Il sovrano era ghiotto soprattutto di carni rosse e di
selvaggina, come tutti gli altri Germani, i quali, tra l'altro, odiavano i bolliti e preferivano gli arrosti. I pasti caldi gli
venivano serviti di norma al tocco del vespro, da conti e marchesi in funzione di camerieri come segno di
sottomissione. Preferiva la carne di maiale a quella di manzo e poich era goloso di arrosti, i medici di corte gli
consigliarono, anche a causa della sua malattia (gotta) un'alimentazione pi equilibrata. Tuttavia, Carlo fu sempre
geloso della propria "libert alimentare", e rifiut sempre di cambiare dieta, fatto che lo condusse, probabilmente, a
una morte precoce.
Carlo Magno
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Spada
Altachiara era la spada di Carlo Magno, detta pure "la Gioiosa". Tuttavia lo stesso nome figura pure nei racconti
della Tavola Rotonda, attribuito alla spada di Lancillotto. L'origine del nome ignota.
Famiglia
Mogli e concubine
Carlo ebbe probabilmente sei mogli (o forse otto come sostengono
alcuni storici). Tuttavia, neppure Eginardo, biografo ufficiale e
consigliere del sovrano, pot ricordare il nome di tutte al momento
della redazione della sua opera.
Imiltrude, franca, sposata prima del 770 dalla quale aveva avuto,
prima del matrimonio Pipino il Gobbo e Alpaide.
Desiderata, conosciuta come Ermengarda,[10] figlia del re
longobardo Desiderio, sposata nel 770 e ripudiata nel 771
Ildegarda ( 783), sveva, figlia di Geroldo I di Vintzgau e di Emma
di Germania, dalla quale ebbe:
Carlo, futuro re dei Franchi ed imperatore
Adlade (774)
Rotrude, convivente di Rorgone, primo conte del Maine, dal
quale ebbe un figlio, Luigi, abate di Saint-Denis
Pipino, re d'Italia
Carlo Magno
Da una concubina ignota ebbe inoltre Rothaide (verso il 784 - dopo l'814)
Figli
Anche calcolando approssimativamente il numero di figli dell'Imperatore, non si otterr un numero estremamente
preciso. Si sa, per certo, che dalle sue cinque mogli ufficiali Carlo ebbe non meno di 10 maschi e 10 femmine, cui si
aggiunge la prole avuta dalle concubine. Non potendo assurgere a posti di potere nella famiglia imperiale, Carlo
diede loro in usufrutto dei benefici sottratti a quelle terre organizzate a regime fiscale. Il primogenito conosciuto
come Pipino il Gobbo ebbe vita pi sfortunata: nato dalla relazione prematrimoniale tra l'imperatore e Imiltrude, non
era riconosciuto come figlio legittimo di Carlo perch nato fuori dal matrimonio inoltre venne scoperta una congiura
nel 792 ordita dallo stesso a cui venne comminata la pena capitale, permutata in seguito in un esilio forzato in
monastero mediante tonsura e l'obbligo del silenzio.
Figlie
difficile comprendere l'atteggiamento di Carlo verso le figlie. Nessuna di esse contrasse infatti un matrimonio
regolare. Questo pu essere stato un tentativo di controllare il numero delle potenziali alleanze ma occorre ricordare
anche che il suo affetto paterno era talmente possessivo che egli non se ne separava mai, portandole con s anche nei
suoi numerosi spostamenti.
Dopo la sua morte le figlie superstiti vennero allontanate dalla corte da Ludovico il Pio ed entrarono, o furono
costrette a entrare, in monastero.
Successione
Carlo Magno, seguendo la tradizione franca, non riteneva n fattibile n opportuno tenere unito un regno cos vasto,
per questo aveva previsto la spartizione del regno tra i suoi figli maschi alcuni anni prima della morte. I confini
spettanti a ciascuno dei suoi tre figli legittimi dovevano essere i seguenti:
a Carlo la Neustria, l'Austrasia e parti della Baviera;
a Ludovico l'Aquitania, la Borgogna pi la Linguadoca.
a Pipino il Regno d'Italia e la Provenza.
Sfortunatamente, Carlo e Pipino morirono improvvisamente. L'Imperatore dovette affiancare Ludovico al governo
del regno nel 811, nominandolo unico erede.
214
Carlo Magno
215
Vecchiaia e morte
Negli ultimi anni di vita Carlo Magno aveva ormai perso il vigore della giovinezza e, stanco nel fisico e nello spirito,
si era votato alle pratiche religiose. Questa svolta sembr poi segnare l'esperienza al governo di suo figlio Ludovico,
detto appunto "il Pio". Mentre sembrava che l'impero stesse fallendo per via della debolezza centrale e dell'arroganza
dell'aristocrazia franca, Carlo mor, il 28 gennaio dell'814 ad Aquisgrana. Venne sepolto nella cattedrale di
Aquisgrana.
Canonizzazione
L'8 gennaio 1166 Carlo Magno venne canonizzato in Aquisgrana
dall'antipapa Pasquale III su ordine dell'imperatore Federico
Barbarossa. Ci fu imbarazzo per questa canonizzazione in ambito
cristiano a causa della vita privata non irreprensibile dell'imperatore. Il
Concilio Lateranense III, nel marzo 1179, dichiar nulli tutti gli atti
compiuti dall'antipapa Pasquale III, ivi compresa la canonizzazione di
Carlo Magno. Ad oggi, il culto viene celebrato nella diocesi di
Aquisgrana e ne viene tollerata la celebrazione nei Grigioni.[11]
Immediatamente verso la fine del XIX secolo, e durante tutta la prima met del XX, il problema veniva posto in
termini prettamente nazionalisti: in particolar modo, storici francesi e tedeschi si disputavano la primogenitura del
Sacro Romano Impero. Oggi acclarato che rivisitazioni di natura nazionalistica non hanno fondamento preciso,
tanto pi che Carlo Magno non poteva essere considerato n francese n tedesco poich i due popoli non si erano
ancora formati. pur vero che il re franco governava su di un regno dove la frattura etnica tra germani e latini aveva
lasciato una forte impronta geografica nell'area. All'epoca per quando ci si rifaceva all'appartenenza ad una certa
etnia, non si prendeva in considerazione la lingua di ciascuno popolo come aspetto fondamentale di demarcazione. I
franchi ad esempio, specialmente in Neustria ed Aquitania, costituivano un'infima minoranza rispetto ai residenti di
origine gallo-romana e quindi, pur essendo un popolo di origine germanica parlavano la lingua romanza degli
abitanti della zona. Oltre la Senna, in special modo in Neustria continuavano a tramandarsi la lingua dei padri che
poteva essere assimilata ad altre lingue teutoniche parlate da Sassoni e Turingi. Semmai quindi, queste popolazioni
avevano una comunanza e si rifacevano ad un'etnia ben precisa, dal ricordo delle invasioni. Bisogna capire che questi
popoli, ancorch all'epoca di Carlo Magno, avevano ben presente la distinzione tra "Romano" e "Germanico". Nella
prima met del XX secolo, verso la fine degli anni trenta, l'analisi venne indirizzata in altri metodi; soprattutto grazie
all'opera dello storico belga Henri Pirenne che analizzava gli avvenimenti storici secondo un'altra prospettiva.
L'Impero governato dal re dei Franchi doveva essere studiato secondo la sua posizione
politico-economico-amministrativa rispetto a quell'Impero Romano di cui portava avanti se non l'eredit, almeno il
Carlo Magno
nome.
Henri Pirenne[12] affermava che, dal punto di vista sociale, le invasioni barbariche non comportarono grandi
mutamenti e per questo si pu benissimo parlare di et tardo-antica almeno sino all'avvento di Maometto e alla
conseguente espansione araba. Espansione che costrinse l'Europa a precludersi quegli spazi commerciali con il
Mediterraneo che erano stati alla base della ricchezza degli imperatori romani. Di conseguenza, tutto il continente si
ripieg su s stesso contraendo il volume dei commerci, ed infeudandosi a livello territoriale.
Questa visione stata contestata da molti studiosi i quali, al giorno d'oggi, hanno potuto collocare con precisione
temporale l'inizio della cosiddetta epoca tardo-antica; vale a dire immediatamente dopo le riforme di Diocleziano e
Costantino. Inoltre l'abbandono dei traffici mediterranei, il decadimento della vita urbana e l'abbandono quasi totale
del sistema monetario come unit di conto, possono essere fatti risalire chiaramente al periodo tardo-romano o tutt'al
pi alle disastrose campagne militari dell'Imperatore Giustiniano. Possiamo suddividere cos l'analisi storica in due
grandi correnti: quella della continuit e quella della discontinuit. Al momento attuale sembrano prevalere le ragioni
degli storici appartenenti alla prima corrente. Fatto salvo che, evidentemente, non si ha una frattura tra
l'espansionismo arabo e l'inizio dell'epoca medievale, non si pu neanche affermare che l'Impero carolingio fosse
diretto continuatore a livello amministrativo e politico ed economico degli ultimi cesari. innegabile il fatto che il
Regnum Francorum si stanziava su un territorio prevalentemente isolato, a livello economico-commerciale dal
bacino mediterraneo. Senza dimenticare l'asse portante su cui si muovevano le merci e dove circolavano le monete,
che era quello del Reno.
La teoria della continuit con l'epoca antica, si suddivide a sua volta in altre categorie: quella degli "iper-romanisti" o
fiscalisti, e quella degli analisti del sistema sociale e produttivo. I primi, affermano che in un certo senso, un
embrione amministrativo, dominate nell'economia europea, non si era affatto disgregato dopo le invasioni barbariche
. A sostegno dell'ipotesi, gli storici pretendono di ritrovare nella documentazione carolingia delle disposizioni che
rimandino alla politica fiscale dei romani. L'imposta fondiaria ad esempio, non scomparse del tutto ma dovette essere
percepita dalle popolazioni come una specie di tassa, senza un uso specifico, che andava a confluire nelle casse regie.
Gli altri analisti invece sostengono che il problema debba essere analizzato dal punto di vista sociale e produttivo: la
condizione sociale dei contadini (coloni, servi, liberti o schiavi casati) che lavoravano nei fondi fiscali non si
discostava troppo dalla posizione giuridica che avevano gli schiavi dell'antica Roma. Anche questa teoria stata
quasi completamente smantellata anche perch si visto che dal punto di vista sociale, i lavoratori avevano fatto
considerevoli passi avanti (seppur pochi). Sotto il regno di Carlo Magno, questi lavoratori (servi della gleba)
rimanevano, s, incorporati al possedimento terriero da essi lavorato in precaria, ma potevano addirittura contrarre
matrimonio e il loro signore era tenuto a rispettarne la decisione. Infine possedevano una propria abitazione nella
quale venivano spesso accolte diverse famiglie contadine. Oltretutto la religione incoraggiava alla liberazione degli
schiavi, esortando i padroni a compiere quest'atto di clemenza che veniva riconosciuto a livello giuridico con la
denominazione di "manipolazione". Insomma lampante che l'Impero carolingio conservasse sotto alcuni aspetti,
elementi continuativi con l'et tardo-romana (pi evidenti peraltro ai contemporanei) ma altrettanto pacifico che il
processo di trasformazione del continente europeo era gi partito proprio dal progressivo disgregamento della
finanza pubblica e dell'amministrazione a seguito della calata dei barbari.
In definitiva, il continente governato da Carlo Magno, agli occhi del cittadino moderno appare straordinariamente
familiare: un continente dove abbiamo un settentrione italiano pi integrato del sud italico al mondo carolingio. Una
regione, la Catalogna, pi "europea" nei confronti del resto della Spagna e una Francia dominante insieme alla
Germania, con le isole britanniche sostanzialmente estranee alle tribolazioni delle istituzioni centrali comunitarie.
Questa tesi, di recente, stata sostenuta anche dallo storico italiano Alessandro Barbero.[13]. Sfugge per con ogni
evidenza a questa ipotesi il sud bizantino e, particolarmente, la Sicilia, che a partire dall'827 comincer a entrare
corposamente nell'area d'espressione culturale, istituzionale, economica e linguistica dell'Islam.
216
Carlo Magno
Filmografia
Carlo Magno (Charlemagne, le prince cheval), miniserie televisiva del 1994 in tre puntate sulla vita del re,
prodotta da Francia e Italia, con la regia di Clive Donner. Carlo Magno interpretato dall'attore Christian Brendel.
SuperQuark. Carlo Magno: la Corona e la Spada, documentario sulla vita del personaggio a cura di Piero
Angela, per la serie degli Speciali di Superquark, andato in onda 14 dicembre 2005.
Note
[1] Claudio Rendina, I papi.
[2] Pur con alcuni limiti e discriminazioni, i musulmani di al-Andalus avevano garantito ai cristiani e agli ebrei piena libert di fede e (per i
cristiani mozarabi) libert di liturgia. Inoltre era assicurata piena libert di esercizio delle professioni liberali, in cambio del pagamento (non
troppo gravoso) dell'imposta personale chiamata jizya.
[3] Basterebbe ricordare come i cristiani adulti dovessero esser sempre disponibili a rispondere al bannum - vale a dire alla chiamata generale alle
armi - laddove dall'obbligo militare essi erano totalmente esonerati dalle diffidenti autorit islamiche andaluse.
[4] Ed. E. Kurze, in: Scriptores rerum Germanicarum in usum Scholarum, Hannover, 1895, p. 112.
[5] Annales Maximiani, ed. G. H. Perz, in: Monumenta Germaniae Historica, III, Hannover, 1839, p. 23.
[6] Franco Cardini e Marina Montesano, Storia Medievale, Firenze, Le Monnier Universit/Storia, 2006, p. 151-152 "L'imperatore poi, anch'egli
spostandosi si pu dire di continuo da un punto all'altro del suo impero, indiceva continuamente grandi riunioni (placita) durante le quali
giudicava delle cause che venivano portate dinanzi a lui, e pubblicava nuove leggi attraverso speciali raccolte normative chiamate capitularia.
I capitularia, appunto, ci consentono di vedere in dettaglio come funzionava il sistema politico ed economico concepito da Carlo."
[8] S. Katz, The Jews in the Visigothic and Frankish kingdoms of Spain and Gaul, Cambridge, Mass., The Mediaeval Academy of America,
1937, p. 133.
[9] Cfr. Giosu Musca, Carlo Magno ed Harun al Rashid, Bari, Dedalo, 1963, pp. 21-22.
[10] Ermengarda fu il nome che le attribu Alessandro Manzoni nella sua tragedia Adelchi
[11] Bibliotheca Sanctorum, Vol. III.
[12] Maometto e Carlo Magno, Roma-Bari, Laterza, 19733, passim. (Opera lasciata incompiuta nel 1935, completata dal figlio Jacques Pirenne e
pubblicata postuma: 1e dition Bruxelles, 1937)
[13] vedi: Alessandro Barbero, Carlo Magno: un padre dell'Europa, Roma-Bari, Laterza, 2006.
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978-88-06-19077-4
Voci correlate
Carolingi
Impero Carolingio
Rinascita carolingia
Arte carolingia
Sacro Romano Imperatore
Imperatori del Sacro Romano Impero
Pax Nicephori
218
Carlo Magno
219
Altri progetti
Collegamenti esterni
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Successioni
Predecessore
Re dei Franchi
Successore
Pipino il Breve
768 - 814
Coreggenza di Carlomanno fino al 771
Coreggenza di Carlo il Giovane dall'800 all'811
Ludovico il Pio
Predecessore
Re dei Longobardi
Successore
Desiderio
774 - 814
Coreggenza di Pipino Carlomanno dal 781 all'810
Coreggenza di Bernardo di Vermandois dall'810
Ludovico il Pio
Predecessore
Successore
800 - 814
Ludovico il Pio
che lui incorona nell'813
Predecessore
Successore
Hunaldo II
768781
Coreggenza di Carlomanno I fino al 771
Ludovico il Pio
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Desiderio
774 - 814
Pipino d'Italia
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Portale Biografie
Portale Medioevo
Pipino d'Italia
220
Pipino d'Italia
Pipino
Re d'Italia
Rex Longobardorum
In carica
Predecessore
781
810
Italia
Carlomagno
Erede
Bernardo d'Italia
Successore
Bernardo d'Italia
[1]
[2]
Nascita
Aprile 773
Morte
o 777
carolingia
Padre
Carlomagno
Madre
Ildegarda
Figli
Religione
Bernardo
Adelaide (o Aeda)
Adele (o Adula)
Gudrada
Bertaide e
Theodrada, illegittimi
cattolica
Carlomanno ribattezzato Pipino al momento dell'incoronazione a Re d'Italia (Rex Longobardorum) (Aprile 773[1] o
777[2] 8 luglio 810) fu re dei Longobardi sotto la sovranit del re dei Franchi e poi imperatore, suo padre Carlo
Magno dal 781 fino alla morte.
Origine
Secondo il Pauli Gesta Episcop. Mettensium Carlomanno era il secondo figlio maschio del re dei Franchi e Re dei
Longobardi, poi imperatore, Carlomagno e di Ildegarda[3] (758 Thionville, 30 aprile 783), che, secondo la Vita
Hludowici Imperatoris[4], era di origine sveva, discendente, da parte di madre, da Goffredo, duca degli Alemanni[5],
essendo figlia di Emma di Alamania, figlia di Hnabi, Duca di Alamania[6], mentre secondo il Codex Laureshamensis
il padre di Ildegarda e marito di Emma era il conte Geroldo di Vinzgouw[7].
Biografia
Alla nascita gli era stato imposto il nome Carlomanno, ma, prima di essere unto re d'Italia, fu ribattezzato col nome
reale Pipino (secondo la storica, Sandrine Vassileff, perch il nome Carlomanno era legato negativamente all'Italia,
sia per lo zio, che per il fratello, di suo padre Carlomagno[8]), anche perch il suo fratellastro Pipino il Gobbo, pur
vivendo a corte, era stato diseredato, in quanto dichiarato illegittimo e forse anche perch malformato. Secondo la
Pauli Continuatio Romana, Carlomanno, nel 781, fu ribattezzato Pipino da Papa Adriano I[9] e, dallo stesso fu unto
"re d'Italia" (regem super Italiam), mentre il fratello minore, Ludovico fu unto re d'Aquitania[10], a Roma, il giorno
di Pasqua, il 15 aprile[11] dopo che suo padre, nel 773, aveva soggiogato i Longobardi e conquistato il loro regno[10].
Pipino d'Italia
221
Dinastia carolingia
Pipinidi
Arnolfingi
Carolingi
Pipino sotto la tutela del cugino di suo padre, Adelardo di Corbie, dopo aver cinto la Corona Ferrea, risiedette a
Pavia[11].
Fu assai attivo in Italia per espandere l'Impero franco. Nel 788-789 inizi la conquista dell'Istria, e nel 791 condusse
il suo esercito nella valle della Drava e saccheggi la Pannonia, mentre il padre marciava, seguendo il corso del
Danubio, nel territorio degli Avari. Carlo Magno fu poi costretto ad abbandonare l'impresa per affrontare
l'insurrezione sassone del 792.
Nel 793, Pipino invase il Ducato di Benevento[11], ancora sotto il dominio dei Longobardi.
Il margravio Enrico del Friuli ed il principe slavo Voinimiro, nel 795, attraversarono il Danubio ed attaccarono le
fortificazioni degli Avari costruite a forma di anello, riuscendo a conquistare, secondo gli Annales Fuldenses, il
grande Anello degli Avari, la fortezza principale[12]. Pipino, l'anno successivo complet l'opera, distruggendo il Ring
dopo averlo espugnato per la seconda volta[12], sottomettendo definitivamente gli Avari[10]. Il bottino fu immenso e
fu inviato a Carlo Magno ad Aquisgrana[12] e distribuito a tutti i suoi seguaci e persino a governanti stranieri,
compreso il re Offa di Mercia.
Per la vittoria sugli Avari fu composto un poema in onore di Pipino: De Pippini Regis Victoria Avarica[13].
Nell'806, a Thionville, suo padre Carlomagno redasse un progetto di divisione dell'impero in tre parti[11], una a
ciascun figlio, senza menzionare chi gli sarebbe successo sul trono imperiale ed invi il documento al Papa Leone
III: a Pipino sarebbe toccato l'Italia, la Baviera, parte della Carinzia e l'Alemannia[11]. Esistono tuttavia du versioni
differenti riguardo alla sconfitta dei Franchi.
Secondo lo storico francese Christian Settipani, esperto di genealogie, Pipino, nell'810, occup l'Istria e la laguna
veneta[14].
Nell'ambito di queste imprese di Pipino da ricordare anche il disastroso attacco alla laguna di Venezia, allora
Pipino d'Italia
territorio bizantino ma di fatto indipendente.
Secondo la storiografia veneziana, Pipino, occupato il porto di Albiola, organizz una flotta per conquistare la laguna
(allora ancora non esisteva la vera Venezia), ma gli assediati, ritiratosi nelle isole pi interne, come Rialto,
aspettarono che le grandi navi franche si arenassero nelle secche lagunari per poi attaccarle con piccole e leggere
imbarcazioni, bruciando la flotta e massacrando l'esercito nemico - da cui il toponimo canale dell'Orfano.
Secondo la versione francese, Pipino si sarebbe a quel punto mosso verso la Dalmazia, ma l'arrivo di una flotta
bizantina al comando di Paolo prefetto di Cefalonia lo dissuase dal procedere nelle operazioni militari. L'imperatore
bizantino Niceforo, frattanto, volle chiudere i conti in sospeso con i Carolingi e riapr le trattative, inviando un
ambasciatore a Pipino.
Pipino si ammal poco dopo per l'insalubrit delle paludi e e mor. Una tradizione locale racconta che il decesso
avvenne a Pietrasecca, dove in precedenza aveva fondato un castello.
A seguito della morte di Pipino e della riapertura dei negoziati tra Carlo Magno e Bisanzio, in virt dei quali il
sovrano franco, finalmente riconosciuto dalla controparte come imperatore, rinunciava a ogni pretesa sul Veneto e
sulla Dalmazia. Limportanza della conquista di Venezia si misura non tanto, quindi, sul piano politico-militare ma
su quello diplomatico: convinse Bisanzio a rinunciare al suo oltranzismo nei confronti di Carlo Magno, visti peraltro
i pericoli che limpero dOriente paventava sul fronte bulgaro e sul fronte islamico.
La morte di Pipino ci viene confermata sia dagli Annales Fuldenses che dagli Annales Sancti Emmerammi
Ratsponensis Maiores e avvenne l'8 luglio 810[15][16], a Milano[11], e fu tumulato a Verona, nella chiesa di San Zeno
Maggiore[11].
Dopo la sua morte suo padre, Carlomagno, pur riconoscendo al figlio illegittimo, Bernardo, il diritto di succedere a
Pipino, sino all'et di 15 anni lo invi nel monastero di Fulda[17].
Bernardo, secondo Eginardo, fu inviato ufficialmente in Italia (col titolo di Rex Logobardorum) dall'imperatore
nell'812[18].
Matrimonio e discendenza
Di una eventuale moglie di Pipino non si hanno notizie, mentre, secondo la Vita Hludowici Imperatoris[4], ebbe
almeno un'amante[19], che secondo alcune fonti fu una delle figlie di Guglielmo di Gellone oppure una delle figlie
del conte Bernardo, figlio di Carlo Martello, oppure entrambe. Da una o forse due amanti, Pipino ebbe sei figli (le
figlie sono confermate da Eginardo[11]):
Bernardo[19] (797-818), re d'Italia
Adelaide o Aeda (798- dopo l'810), alla corte imperiale nell'807[11], spos il principe sassone Billung da cui ebbe
una figlia, Oda, citata coi genitori nel Carmen de Primordiid Coenobii Gandesheimensis[20]
Adula o Adele (800/810- dopo l'810), alla corte imperiale prima dell'814[11]. Forse moglie del conte Lamberto I di
Nantes, futuro duca di Spoleto[21]
Gontrada (800/810- dopo l'810), alla corte imperiale prima dell'814[11]. Forse moglie del conte Lamberto I di
Nantes, futuro duca di Spoleto[21]
Bertaide (800/810- dopo l'810), alla corte imperiale prima dell'814[11]. Forse moglie del conte Lamberto I di
Nantes, futuro duca di Spoleto[21]
Theodrada (800/810- dopo l'810), alla corte imperiale prima dell'814[11]. Forse moglie del conte Lamberto I di
Nantes, futuro duca di Spoleto[21].
222
Pipino d'Italia
Note
[1] #ES Genealogy : Carolingi - Pepin I (http:/ / genealogy. euweb. cz/ carolin/ carolin1. html#IR)
[2] #ES Foundation for Medieval Genealogy : Carolingi - CARLOMAN (Pepin) (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ CAROLINGIANS.
htm#Rotruddied810)
[3] Monumenta Germaniae Historica, tomus II: Pauli Gesta Episcop. Mettensium, pag. 265 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/
bsb00000869. html?pageNo=265& sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES)
[4] La Vita Hludowici Imperatoris sono due biografie, dalla nascita all'840, dell'imperatore Ludovico il Pio, scritte, in latino, da due monaci, uno
anonimo, conosciuto come "l'Astronomo", mentre del secondo si conosce il nome: Thegano.
[5] Monumenta Germaniae Historica, tomus II: Thegani Vita Hludovici Imperatoris, pag. 590, par. 2 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000869_00614. html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00& zoom=0. 50#ES)
[6] Monumenta Germaniae Historica, tomus II: Thegani Vita Hludovici Imperatoris, pag. 591, par. 2 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000869_00615. html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00& zoom=0. 50#ES)
[7] Codex Laureshamensis, tomus II: MDCCCLXXX, Donatio Geroldi, p. 475 (http:/ / www. literature. at/ viewer. alo?objid=18718&
viewmode=fullscreen& scale=3. 33& rotate=& page=478#ES)
[8] Sandrine Vassileff#ES La place du nom Carloman dans le systme anthroponymique de la famille carolingienne (http:/ / www2. univ-mlv. fr/
fr/ intranetumlv/ telechargeable/ dir. recherche/ pj00236. pdf)
[9] Claudio Rendina, I papi. Storia e segreti.
[10] Monumenta Germaniae Historica, Scriptores Rerum Longobardicarum et Italicarum saec. VI-IX, Pauli Continuatio Romana, pag. 202 (http:/
/ www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/ bsb00000858_00214. html?sortIndex=010:030:0001:010:00:00#ES)
[11] #ES Foundation for Medieval Genealogy : Re d'Italia - CARLOMAN (Pepin) (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ ITALY, Kings to 962.
htm#PepinIItalyB)
[12] Monumenta Germaniae Historica, tomus I: Enhardi Fuldensis Annales, pag. 351, anno 796 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000868. html?pageNo=351& sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[13] Monumenta Germaniae Historica, Poetarum Latinorum Medii Aevi, tomus I: De Pippini Regis Victoria Avarica, pagg. 116 e 117 (http:/ /
www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/ bsb00000831. html?pageNo=116& sortIndex=050:010:0001:010:00:00#ES)
[14] Settipani (1993), pag 211
[15] Monumenta Germaniae Historica, tomus I: Enhardi Fuldensis Annales, pag. 355, anno 810 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000868_00390. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[16] Monumenta Germaniae Historica, tomus I: Annales Sancti Emmerammi Ratsponensis Maiores, pag. 93, anno 810 (http:/ / www. dmgh. de/
de/ fs1/ object/ goToPage/ bsb00000868. html?pageNo=93& sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[17] #ES Foundation for Medieval Genealogy : Re d'Italia-BERNARD (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ ITALY, Kings to 962.
htm#BernardIitalyB)
[18] Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, tomus I: Einhardi Annales, anno 812, Pag 199 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000868. html?pageNo=199& sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[19] Monumenta Germaniae Historica, tomus II: Thegani Vita Hludovici Imperatoris, pag. 596, par. 22 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000869. html?pageNo=596& sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES)
[20] Monumenta Germaniae Historica, tomus IV: Hrotsuithae Carmina, pag. 306 e seguenti (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/
bsb00000871. html?pageNo=306& sortIndex=010:050:0004:010:00:00#ES)
[21] Solo una delle quattro sorelle, ma non se ne conosce il nome, spos il conte Lamberto I di Nantes, futuro duca di Spoleto, da cui discesero
sia i conti di Nantes che i duchi di Spoleto.
Bibliografia
Fonti primarie
(LA) Monumenta Germaniae Historica, Scriptores Rerum Longobardicarum et Italicarum (http://www.dmgh.
de/de/fs1/object/display/bsb00000858_meta:titlePage.html?sortIndex=010:030:0001:010:00:00).
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(LA) Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, tomus I (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000868_00003.html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00l).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, Poetarum Latinorum Medii Aevi, tomus I (http://www.dmgh.de/de/
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(LA) Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, tomus IV (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000871_00003.html?sortIndex=010:050:0004:010:00:00l).
223
Pipino d'Italia
224
Letteratura storiografica
Gerhard Seeliger, Conquiste e incoronazione a imperatore di Carlomagno, in Storia del mondo medievale, vol.
II, 1999, pp. 358-396
(FR) Sandrine Vassileff La place du nom Carloman dans le systme anthroponymique de la famille carolingienne
(http://www2.univ-mlv.fr/fr/intranetumlv/telechargeable/dir.recherche/pj00236.pdf)
Voci correlate
Collegamenti esterni
(EN) Foundation for Medieval Genealogy : Carolingi - CARLOMAN (Pepin) (http://fmg.ac/Projects/
MedLands/CAROLINGIANS.htm#Rotruddied810).
(EN) Foundation for Medieval Genealogy : Re d'Italia - CARLOMAN (Pepin) (http://fmg.ac/Projects/
MedLands/ITALY, Kings to 962.htm#_Toc203638189).
(EN) Foundation for Medieval Genealogy : Re d'Italia - CARLOMAN (Pepin) (http://fmg.ac/Projects/
MedLands/ITALY, Kings to 962.htm#PepinIItalyB).
(EN) Genealogy : Carolingi - Pepin I (http://genealogy.euweb.cz/carolin/carolin1.html#IR).
(EN) Geni : Ppin Carloman, rex Itali (http://www.geni.com/people/Carloman-Ppin-roi-d-Italie/
6000000003962328571).
Predecessore
Re d'Italia
Rex Longobardorum
Successore
Carlo Magno
781 - 810
Sotto la sovranit del padre, l'imperatore Carlo
Magno
Bernardo
Sotto la sovranit del nonno, l'imperatore Carlo
Magno
Portale Medioevo
Portale Storia
Bernardo d'Italia
225
Bernardo d'Italia
Bernardo
Re d'Italia
Rex Longobardorum
In carica
810
818
Italia
Predecessore
Pipino
Erede
Pipino I di Vermandois
Successore
Lotario I
Nascita
797
Morte
carolingia
Padre
Pipino d'Italia
Consorte
Cunegonda di Laon
Figli
Pipino I di Vermandois
Religione
cattolica
Origine
Secondo la Vita Hludowici Imperatoris[1] Bernardo era figlio del re d'Italia, Pipino I[2][3] (a sua volta secondo figlio
maschio dell'imperatore Carlo Magno e dalla terza moglie, Ildegarda (758-783), figlia del Conte Gerold di Vinzgouw
e Emma di Alamania, figlia di Hnabi, Duca di Alamania) e di una sua concubina[4]. Anche lo storico francese
Christian Settipani, esperto di genealogie, citando una litania di San Gallo che elenca Bernardo tra i Carolingi di
nascita illegittima[5], conferma la illegittimit di Bernardo[6].
Biografia
Dinastia carolingia
Pipinidi
Arnolfingi
Bernardo d'Italia
226
Carolingi
Bernardo rimase orfano all'et di circa tredici anni, infatti suo padre, Pipino mor nell'810[7], per una malattia
contratta all'assedio di Venezia. Il nonno Carlomagno, pur riconoscendogli il diritto di succedere al padre, sino all'et
di 15 anni lo invi nel monastero di Fulda[6].
Bernardo, secondo Eginardo, fu inviato ufficialmente in Italia (col titolo di Rex Logobardorum) dall'imperatore
nell'812[8]. Il nuovo Re venne accettato e rispettato dai nobili italiani, anche se il suo potere era caratterizzato da una
forte dipendenza e un controllo continuo da parte di Carlo Magno, che, per questo motivo, aveva inviato in Italia,
assieme a Bernardo, suo cugino Wala[8], il figlio di suo zio Bernardo.
Bernardo fu solennemente confermato, ad Aquisgrana, l'11 settembre 813, come vassallo di suo nonno, l'imperatore,
Carlomagno[6].
La situazione non cambi neanche quando l'imperatore mor (gennaio 814) e il suo posto venne preso da suo figlio
Ludovico il Pio. Nonostante ci, Bernardo e Ludovico avevano un buon rapporto. Nel novembre 816, Ludovico
descrive Bernardo in un documento ufficiale come dilectus filius noster.
I problemi politici tra i due regnanti nacquero nell'817, alla dieta di Aquisgrana, con l'emissione dell'Ordinatio
Imperii (Ordinamento dell'impero: Provvedimento emanato per regolare la successione):
al suo primogenito, Lotario, concesse il titolo imperiale[9], e con l'incoronazione a imperatore aggiunto, fu sancita la
sua superiorit sui fratelli[10], mentre al secondogenito, Pipino, concesse la sovranit, col titolo di re, sull'Aquitania,
il tolosano e la Settimania[11], che gi governava, e al terzogenito, Ludovico, che sar detto il Germanico, concesse
la sovranit, col titolo di re, sulla Baviera, la Carinzia e la Boemia[12].
Nel documento, di Bernardo, non veniva fatta parola. Dell'Italia veniva detto solo che sarebbe passata alle
dipendenze del nuovo imperatore, come il resto dell'impero. I motivi che spinsero Ludovico a prendere questa
decisione sono tutt'oggi poco chiari perch Bernardo non aveva mai ostacolato l'imperatore ma anzi gli aveva sempre
giurato fedelt. Probabilmente per, era stato convinto da sua moglie, l'imperatrice Ermengarda de Hesbaye, la quale
aveva una grande influenza sul marito, e voleva favorire i propri figli.
Bernardo, temendo di perdere il potere, influenzato da alcuni ecclesiastici (il vescovo di Milano, Anselmo e quello di
Orleans, Teodulfo[4]) e nobili del suo regno (il ciambellano Raniero ed il conte Egidio[4]), progett un tentativo di
ribellione[13], che, secondo il cronista Thegano, avrebbe dovuto usurpare il trono imperiale[4] e occup con le sue
truppe i principali passi delle alpi occidentali senza per mai sembrare intenzionato ad attaccare. Si tratt pi che
altro di una mossa di carattere difensivo anche perch Bernardo era ben consapevole di essere militarmente inferiore
alle forze imperiali. L'imperatore, dopo essere stato informatosugli avvenimentiin corso[4], dal vescovo di Verona,
Ratoldo e dal conte di Brescia, Suppone, lasciata Aquisgrana, si mise a capo del suo esercito presso
Chalon-sur-Sane (Francia)[4], dove, per prepararsi ad un eventuale conflitto armato, aveva radunato il suo esercito
composto da truppe provenienti da tutte la parti del regno. Bernardo, si spavent e valutando di non poter affrontare
lo zio, assieme ai suoi seguaci pi fedeli, si rec a Chalon, onde poter incontrare lo zio[6]. Bernardo si present[4],
ma con l'inganno[6] fu messo sotto custodia, coi suoi fedeli[4].
Bernardo d'Italia
227
Nella primavera dell'anno successivo (818), ad
Aquisgrana (Germania), si tenne una dieta e ci fu il
processo contro il re d'Italia ed i suoi alleati[4]. Gli
ecclesiastici vennero privati delle loro cariche[4]
(Teodulfo fu privato della carica di vescovo di
Orleans[14]) e mandati in esilio o condannati alla
clausura monastica, mentre Bernardo e gli altri
complici laici vennero condannati a morte[4], per alto
tradimento. Ludovico per, dopo un ripensamento, fece
grazia di vita ai ribelli e tramut la pena in condanna
all'accecamento[4].
L'esecuzione, avvenne nell'agosto 818[14].
Matrimonio e discendenza
Bernardo, nell'813, spos Cunegonda[6] (ca.800- dopo l'835), che secondo lo storico francese Christian Settipani,
esperto di genealogie, era la figlia di Heriberto[16] (ca. 785-843), a sua volta figlio di Guglielmo di Gellone[17], che
gli diede un figlio[6][18]:
Pipino[3] (ca. 815 dopo l'850), Conte di Vermandois.
Note
[1] La Vita Hludowici Imperatoris sono due biografie, dalla nascita all'840, dell'imperatore Ludovico il Pio, scritte, in latino, da due monaci, uno
anonimo, conosciuto come "l'Astronomo", mentre del secondo si conosce il nome: Thegano.
[2] Monumenta Germaniae Historica, tomus II: Einhardii Vita Karoli Magni, pag. 454, par. 19 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000869. html?pageNo=454& sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES)
[3] Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, tomus I: Reginonis Chronicon, anno 818, Pag 567 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000868. html?pageNo=567& sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[4] Monumenta Germaniae Historica, tomus II: Thegani Vita Hludovici Imperatoris, pag. 596, par. 22 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000869. html?pageNo=596& sortIndex=010:050:0002:010:00:00& zoom=0. 50#ES)
[5] Settipani (1993), pag 211, nota 142.
[6] #ES Foundation for Medieval Genealogy : Re d'Italia-BERNARD (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ ITALY, Kings to 962.
htm#BernardIitalyB)
[7] Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, tomus I: Einhardi Fuldensis Annales, anno 810, Pag 355 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/
object/ goToPage/ bsb00000868. html?pageNo=355& sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[8] Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, tomus I: Einhardi Annales, anno 812, Pag 199 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000868. html?pageNo=199& sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[9] Monumenta Germanica Historica, tomus I: Einhardi Annales, pag. 204 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000868_00238. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[10] Monumenta Germanica Historica, Leges, Capitularia Regum Francorum, tomus I: Ludovici I, pag. 198 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/
object/ display/ bsb00000868_00238. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[11] Monumenta Germanica Historica, Leges, Capitularia Regum Francorum, tomus I: Ludovici I, pag. 198 par. 1 e 3 (http:/ / www. dmgh. de/
de/ fs1/ object/ display/ bsb00000868_00238. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
Bernardo d'Italia
[12] Monumenta Germanica Historica, Leges, Capitularia Regum Francorum, tomus I: Ludovici I, pag. 198 par. 2 e 3 (http:/ / www. dmgh. de/
de/ fs1/ object/ display/ bsb00000868_00238. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[13] Monumenta Germanica Historica, tomus I: Annales Xantenses, anno 817, pag. 224 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/
bsb00000869. html?pageNo=224& sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES)
[14] Monumenta Germanica Historica, tomus I: Annales Xantenses, anno 818, pag. 224 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/
bsb00000869. html?pageNo=224& sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES)
[15] Monumenta Germaniae Historica, tomus II: Thegani Vita Hludovici Imperatoris, pag. 596, par. 23 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000869. html?pageNo=596& sortIndex=010:050:0002:010:00:00& zoom=0. 50#ES)
[16] Settipani (1993), pag 213
[17] Nobilt carolingia - Guglielmo (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ FRANKISH NOBILITY. htm#_Toc169575363#ES)
[18] #ES Genealogy : Carolingi-Bernard I (http:/ / genealogy. euweb. cz/ carolin/ carolin1. html#IR)
Bibliografia
Fonti primarie
(LA) Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, tomus I (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000868_00003.html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, tomus II (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000869_00002.html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, , Leges, Capitularia Regum Francorum, tomus I (http://www.dmgh.de/
de/fs1/object/display/bsb00000876_00003.html?sortIndex=020:010:0001:010:00:00).
Letteratura storiografica
Ren Poupardin, Ludovico il Pio, in Storia del mondo medievale, vol. II, 1999, pp. 558-582
Ren Poupardin, I regni carolingi (840-918), in Storia del mondo medievale, vol. II, 1999, pp. 583-635
(DE) Joerg Jarnut, Kaiser Ludwig der Fromme und Koenig Bernhard von Italien. Der Versuch einer
Rehabilitierung, in: Studi medievali 30 (1989), pag. 637 - 648.
Voci correlate
Collegamenti esterni
(EN) Foundation for Medieval Genealogy : Re d'Italia-BERNARD (http://fmg.ac/Projects/MedLands/ITALY,
Kings to 962.htm#BernardItalyA).
(EN) Foundation for Medieval Genealogy : Re d'Italia-BERNARD (http://fmg.ac/Projects/MedLands/ITALY,
Kings to 962.htm#BernardIitalyB).
(EN) Genealogy : Carolingi-Bernard I (http://genealogy.euweb.cz/carolin/carolin1.html#IR)
228
Bernardo d'Italia
229
Altri progetti
Re d'Italia
Rex Longobardorum
Successore
810 - 818
Sotto la sovranit dell'imperatore (Carlo Magno, poi Ludovico il
Pio
Ludovico il
Pio
Portale Medioevo
Portale Storia
Incoronazione 13 settembre 813, dal padre Carlo Magno presso Aquisgrana; 5 ottobre 816, da papa Stefano IV presso la cattedrale di Reims.
Predecessore
Successore
Nome
completo
Carlo Magno
Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico come re di Francia; Lotario I come Sacro Romano Imperatore; Pipino I d'Aquitania come
re d'Aquitania.
Ludovico
Nascita
Morte
Casa reale
Dinastia carolingia
Padre
Carlo Magno
Madre
Ildegarda
Consorte
Figli
Biografia
Ludovico nacque a Casseuil-sur-Garonne, nell'attuale Gironda, in Francia, quarto figlio legittimo di Carlo Magno.
Fin dall'infanzia, raccontano i biografi, fu molto religioso[1] Ludovico fu incoronato re di Aquitania, ancora bambino,
nel 781, e l inviato con un reggente e una corte per governare la regione, reprimere le ribellioni delle popolazioni
sottomesse e cercare altres di estendere il regno oltre i Pirenei.
Nel 793, fu inviato in Italia in appoggio del fratello Pipino in lotta contro il duca di Benevento. Tornato in Aquitania,
spos Ermengarda, figlia del conte Ingram, che gli dar sei figli.
Attacc la Spagna nel 799 distruggendo Lerida: Dopo questo e dopo che le restanti citt furono saccheggiate e
incendiate, Ludovico avanz fino a Huesca. Il territorio della citt, ricco di frutteti, fu falciato dalle soldatesche,
devastato e bruciato.[2] Accompagn il padre nell'800 in una delle sue numerose spedizioni contro i Sassoni.[3] Gli
attacchi militari nella Spagna dei Mori si susseguirono negli anni successivi: nell'804 fu la volta di Barcellona a
essere cinta d'assedio e presa per fame: Ludovico festeggi con un Te Deum di ringraziamento nella citt
conquistata.[4] Nell'806 Tortosa e la provincia di Valencia sono devastate in una incursione[5] e la spedizione viene
ripetuta l'anno dopo con successo e grande gioia per il bottino guadagnato.[6] D'altra parte, Ludovico non era in
grado di controllare il territorio e quelle imprese si risolvevano in pure scorrerie.
L'incoronazione imperiale
Alla morte del padre nell'814, eredit l'intero Impero carolingio e tutti i suoi possessi. Fu incoronato imperatore da
papa Stefano IV nella Cattedrale di Reims con l'olio santo contenuto nella santa Ampolla nell'816. Ludovico si
avvalse di Benedetto d'Aniane, un nobile visigoto originario della Settimania e fondatore di monasteri per essere
aiutato a riformare la chiesa franca.
Lo stato religioso
Ludovico, probabilmente influenzato dalle pratiche religiose della vecchiaia di suo padre Carlo e da Benedetto di
Aniane, vide come soluzione alla debolezza del potere centrale, che faticava a imporre la sua autorit nel vastissimo
impero, la riforma innanzitutto spirituale, con la promulgazione di un impero cristiano ordinato e sereno, coeso non
tanto dall'aderenza giuridica a determinate leggi ma da una profonda consapevolezza religiosa.
Una delle riforme primarie fu accertarsi che tutte le case religiose nel regno di Ludovico aderissero alla Regola di
San Benedetto.
230
231
Durante un concilio ad Aquisgrana stabil una prima riforma ecclesiastica, che aveva come principio la separazione
tra potere spirituale e potere temporale. Nella pratica il principio era impossibile da applicare, poich lo stesso Carlo
Magno si era servito dell'organizzazione ecclesiastica come base per quella amministrativa e lo status quo, con
vescovi e abati spesso appartenenti alla migliore aristocrazia franca, non poteva essere ribaltato facilmente. Esisteva
inoltre il fenomeno delle cosiddette Chiese private, con luoghi di culto tenuti in propriet privata sia da ecclesiastici
che da laici, che li gestivano liberamente sfruttandone le rendite (diremmo oggi una Chiesa "imprenditoriale").
La debolezza dell'Imperatore
Ludovico fu consigliato da Benedetto d'Aniane fino all'821, anno della sua morte. Dopo di lui fu sorretto da
Adalardo, suo congiunto, e dal vescovo di Lione Agobardo, una figura dotta ed energica.
Queste figure per erano interessate soprattutto al futuro della Chiesa ed alle cose spirituali piuttosto che temporali,
per questo il paese era soggetto sempre pi liberamente all'aristocrazia locale che ormai spadroneggiava.[7].
Nell'anno 817, Ludovico emise la Ordinatio imperii, un decreto che esponeva i programmi per una ordinata
successione dividendo l'impero fra i tre figli avuti dalla sua prima unione con Ermengarda de Hesbaye: Lotario (che
era stato incoronato re d'Italia e co-imperatore), Pipino di Aquitania (re di Aquitania) e Ludovico II il Germanico (re
di Baviera). Il meccanismo prevedeva poi che l'Impero non fosse diviso formalmente, affidandone la corona
Matrimoni e discendenza
Dalla prima moglie, Ermengarda di Hesbaye (sposata fra il 794 ed il 798), Ludovico ebbe tre figli e tre figlie:
232
233
Note
[1]
[2]
[3]
[4]
[5]
[6]
[7]
Thegan, Gesta Hludowici imperatoris, 3: "semper ab infantia sua timere Deum et amare didicerat".
Astronomus, Vita Hludowici imperatoris, 1995, p. 310.
Ivi, p. 312.
Ivi, p. 318.
"Christo iuvante, laeti ad praedas quas relinquerant redierunt", ivi, p. 324.
"Magno cum gaudio et opibus", ivi, p. 328.
Franco Cardini Marina Montesano, Storia Medievale, Firenze, Le Monnier Universit/Storia, 2006, pag. 155 "Dato il suo temperamento
esitante, Ludovico aveva bisogno di forti consiglieri. Benedetto d'Aniane lo sorresse fino alla morte, nel'821; il suo posto fu poi preso da un
congiunto, Adalardo, e da un dotto ed energico vescovo, Agobardo di Lione. Ma entrambi pensavano pi allo spirito e al futuro della Chiesa
che non al governo temporale."
[8] Histoire des vques de lglise de Metz, Meurisse, Metz, 1634
Bibliografia
Astronomo, Vita Hludowici imperatoris, Hannover 1995
Thegan, Gesta Hludowici imperatoris, Hannover 1995
Franco Cardini e Marina Montesano, Storia medievale, Firenze, Le Monnier Universit, 2006 ISBN 8800204740
Voci correlate
Impero carolingio
Elenco di re franchi
Carolingi
Elenco di duchi d'Aquitania
Altri progetti
Collegamenti esterni
(DE) Onlineversion (http://ri-regesten.adwmainz.de) dei Regesta Imperii
Predecessore
Successore
Carlo Magno
che lo incorona nell'813
814 - 840
Lotario I
che lui incorona nell'817
Predecessore
Re dei Franchi
Successore
Carlo Magno
814 - 840
Coreggenza dei suoi figli dall'817
Predecessore
Re dei Lombardi
Successore
Bernardo
234
818 - 822
Coreggenza di Bernardo dall'814 all'818
Lotario I
Predecessore
Successore
Carlo Magno
781817
Pipino I di Aquitania
Controllo di autorit VIAF: 71534431 (http:/ / viaf. org/ viaf/ 71534431) LCCN: nr89010247 (http:/ / id. loc. gov/
authorities/names/nr89010247)
Portale Biografie
Portale Medioevo
Portale Storia
840-855
Ludovico il Pio
Successore
Ludovico il Giovane
Altri titoli
re d'Italia,
re di Lotaringia e
re di Provenza
Nascita
795
Morte
carolingi
Padre
Ludovico il Pio
Madre
Ermengarda di Hesbaye
Consorte
Ermengarda di Tours
235
Figli
Ludovico II
Elletrud (Hiltrud)
Bertha
Ermengarda (Irmgard)
Gisela
Lotario II
Rotrud e
Carlo di Provenza, legittimi
Carlomanno, illegittimo
Lotario I (795 Prm, 29 settembre 855) fu re d'Italia dall'822 all'850, poi re di Lotaringia e imperatore del Sacro
Romano Impero dall'840 alla sua morte.
Riconosciuto venerabile, per la sua condotta a favore della Chiesa, fu
iniziato un processo di beatificazione, che non fu portato a termine.
Origine
Secondo la Vita Hludowici Imperatoris[1], era il figlio primogenito del
re d'Aquitania e futuro imperatore Ludovico il Pio e da Ermengarda[2]
(780-818), figlia del conte di Hesbaye[3], Ingramm (o Ingerman o
Enguerrand, nipote di Rotrude, moglie di Carlo Martello) e di Edvige
di Baviera.
Biografia
Si sa poco dei primi anni della sua vita, che trascorse probabilmente
alla corte di suo nonno Carlo Magno e, dopo la morte del nonno (814),
nell'815, il padre Ludovico lo invi a governare la Baviera[4],
affiancato da alcuni funzionari franchi.
Nell'817, alla dieta di Aquisgrana, l'imperatore, Ludovico il Pio, con la
Divisio Imperii al suo primogenito, Lotario, concesse il titolo
[5]
imperiale , e con l'incoronazione a imperatore aggiunto, fu sancita la
sua superiorit sui fratelli[6], mentre al secondogenito, Pipino, concesse
la sovranit, col titolo di re, sull'Aquitania, il tolosano e la
Settimania[7], che gi governava, e al terzogenito, Ludovico, che sar
Lotario I; vetrata della Cattedrale di Notre-Dame
detto il Germanico, concesse la sovranit, col titolo di re, sulla Baviera,
di Strasburgo.
la Carinzia e la Boemia[7]. Questa suddivisione conosciuta anche come
Ordinatio Imperi fu ratificata dall'imperatore a Nimega, nell'819.
Lotario Nell'821, secondo gli Annales Xantenses, Lotario spos Ermengarda ( 20 marzo 851), figlia di Ugo, conte
di Tours[8], che secondo il cronista Thegano era discendente dalla famiglia degli Eticonidi[9] e di Ava o Bava.
Nell'822, sempre secondo gli Annales Xantenses, Lotario venne inviato dal padre a prendere possesso dell'Italia
(regnum longobardorum)[10], e, secondo Eginardo, Lotario fu affiancato da alcuni dignitari di fiducia di suo padre, il
monaco Wala, l'abate Adalardo e il comandante delle truppe, Gerungo, per consigliarlo ed aiutarlo nelle trattative[10],
specialmente per garantire la giurisdizione imperiale nei territori governati da Papa Pasquale I, che, il 5 aprile 823, a
Roma incoron Lotario imperatore[11].
236
Co-imperatore
Nell'823, era nato il suo fratellastro, Carlo, figlio di Ludovico il
Pio e della sua seconda moglie (sposata nell'819, dopo circa un
anno di vedovanza), Giuditta dei Welf (Guelfi)[12], creando
notevoli problemi nella successione a Ludovico come era stata
prevista nella Ordinatio Imperi dell'817. L'Imperatore cerc di
assegnare territori anche al figlio appena nato, ma dato che
l'ordinatio non prevedeva un caso del genere, incontr notevoli
resistenze da parte dei figli Lotario (Imperatore e Re d'Italia),
Pipino (Re di Aquitania) e Ludovico (Re di Baviera), per cui parve
Arnolfingi
Carolingi
Nell'agosto dell'829, a sostituire Lotario nella custodia del fratello Carlo, fu chiamato a corte Bernardo di
Settimania[16], conte di Barcellona, che era stato insignito del titolo di ciambellano e aveva ricevuto il feudo della
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Imperatore
Quando Ludovico I stava per morire nell'840, mand le insegne
imperiali a Lotario, che, disconoscendo le varie divisioni, in
applicazione dell'Ordinatio Imperi dell'817 pretese di avere
giurisdizione su tutto l'impero, riconoscendo i due fratelli come re
suoi vassalli. Cos, alla morte di Ludovico il Pio, avvenuta,
secondo gli Annales Fuldenses, dopo una breve malattia, il 20
giugno 840, su un'isola del fiume Reno[25], Lotario prima stipul
una tregua con il fratello Ludovico II il Germanico che aveva
occupato tutti i territori alla destra del Reno, quindi attacc il
fratellastro Carlo il Calvo, che prefer non combattere, accettando
la riduzione del suo regno alla sola Aquitania pi la Provenza;
quindi fiss un incontro, nella primavera successiva, ad Attigny, a
cui doveva partecipare anche Ludovico, dando il tempo ai fratelli
Denaro di Lotario I (840-855).
di cercare alleanze ed armarsi.
Ad Attigny, nella pimavera dell'841, Lotario non si present,
permettendo a Carlo, che era il pi debole[26] di allearsi con il fratellastro Ludovico, ed i loro eserciti si incontrarono
a Chlons sur Marne, mentre Lotario aveva radunato le sue truppe nelle vicinanze di Auxerre, in attesa dei Guasconi
del nipote, Pipino II, che si era alleato con lui.
Il 24 giugno, all'arrivo di Pipino II, l'imperatore ritenne di essere abbastanza forte da poter dare battaglia, che inizi il
mattino seguente a Fontaney[27], nelle vicinanze di Auxerre, dove le truppe di Ludovico II il Germanico ebbero la
meglio sull'esercito imperiale, nonostante che i Guasconi di Pipino II avessero battuto il contingente di Carlo il
Calvo, costringendo Lotario a fuggire[28], per ritirarsi ad Aquisgrana. Secondo i cronisti dell'epoca fu un
massacro[27], ed il cronista Reginone nota che anche i vincitori ebbero gravi perdite[29].
La guerra civile continu con alterne fortune, con Lotario che attaccava ora un'ora l'altro dei fratelli, sinch, nel
febbraio 842, vi fu un rinnovo dell'alleanza dei fratelli pi giovani contro Lotario (Giuramento di Strasburgo[30]). Le
forze unite dei fratelli erano troppo forti per l'esercito di Lotario, che, in primavera, a Coblenza, fugg senza
combattere. Allora, prendendo con s tutto ci che era in grado di raccogliere, dovette abbandonare la sua capitale,
Aquisgrana, per ritirarsi verso sud, inseguito dai fratelli. Arrivato sul Rodano, invi messaggeri ai fratelli
riconoscendo il suo torto e chiedendo di dividere l'impero in tre parti[31].
L'incontro preliminare tra i tre fratelli avvenne, nel giugno 842, nei pressi di Macon, su un'isola della Saona[31], dove
fu stabilita una tregua e si stabil di formare una commissione di 120 membri (40 per ogni fratello), che avrebbe
dovuto definire la ripartizione[32]. La commissione si riun nel castello di Coblenza, senza riuscire a concludere il
lavoro[32]. Nel mese di novembre, vi fu un altro incontro e la tregua fu rinnovata[33].
238
239
Divisione dell'Impero
Infine, dopo molte difficolt e ritardi, la spartizione fu definita, col
Trattato di Verdun, firmato nell'agosto 843[34].
La divisione ci descritta dal cronista, Reginone[29]:
a Carlo spett tutta la parte occidentale del regno dei Franchi
dall'oceano al fiume Mosa
a Ludovico spett tutta la parte orientale del regno dei Franchi
sino al fiume Reno, pi alcune zone, ricche di vino, sulla riva
sinistra del Reno e
a Lotario, in quanto primogenito, il titolo imperiale, i territori
compresi tra i regni dei suoi due fratelli, la Provenza.
240
a Carlo (ca. 845 863), terzogenito, tocc la Provenza, Lione e la Borgogna Transgiurana, col titolo di Re di
Provenza
Lotario, dopo 6 giorni, che si trovava nell'Abbazia di Prm, mor[46] nella notte tra il 28 ed il 29 settembre[47]e, come
da sua richiesta fu seppellito nell'abbazia stessa[46].
I suoi resti furono perduti, dopo la ricostruzione dell'abbazia, nel 1721, Le sue spoglie furono petr ritrovate nel
1860. Nel 1871, il Kaiser, Guglielmo I di Germania, finanzi la costruzione della nuova attuale tomba.
Matrimonio e discendenza
Da Ermengarda Lotario ebbe otto figli:
Ludovico II[43] (ca. 825 12 agosto 875), re d'Italia e co-imperatore, poi imperatore;
Elletrud (Hiltrud) (ca. 826 dopo l'867), spos il conte Berengario ( 867/6), come si pu leggere in una lettera,
dell'867, di papa Nicola I indirizzata a Carlo il Calvo[48];
Ermengarda (Irmgard) (826/30-dopo l'847[34]), andata sposa, dopo essere stata rapita[32] da Giselberto[49] (ca. 825
- dopo l'877), conte di Maasgau, nella bassa Mosa. Fu la madre di Reginare;
Bertha (ca. 830 dopo l'852 forse l'877), prima dell'847 badessa di Avenay[50], a cui fu dedicato un
componimento di Sedulio Scoto[51]. Da un altro componimento si deduce che Berta era sposata[52]; a questo
matrimonio accennano anche gli Annales Fuldenses[53]. Forse Berta fu badessa di Faremoutiers, dall'852 alla
morte[11];
Gisela (ca. 830860), dall'851 all'860 badessa di San Salvatore in Brescia, come risulta da un documento del
fratello, Ludovico, che ne ricorda la presenza in monastero e la morte[6];
Lotario II[43] (835 8 agosto 869), re di Lorena, spos nell'855 Teutberga, figlia del conte Bosone il Vecchio;
Rotrude (Pavia, 835/40), andata sposa verso l'850/1, il conte di Nantes, Lamberto II ( 852), come risulta da una
lettera del figlio, Witberto, dell'870 circa[54];
Carlo di Provenza[43] (845 25 gennaio 863), re di Provenza.
Da una concubina di nome Doda[55], di cui non si conoscono gli ascendenti, Lotario ebbe un figlio:
Carlomanno (nato nell'853[55]), di cui non si hanno altre notizie.
Note
[1] La Vita Hludowici Imperatoris sono due biografie, dalla nascita all'840, dell'imperatore Ludovico il Pio, scritte, in latino, da due monaci, uno
anonimo, conosciuto come "l'Astronomo", mentre del secondo si conosce il nome: Thegano.
[2] Monumenta Germaniae Historica, tomus II: Thegani Vita Hludovici Imperatoris , pag. 591 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000869. html?pageNo=591& sortIndex=010:050:0002:010:00:00& zoom=0. 50#ES)
[3] L'Hesbaye era un'antica regione del Belgio, che comprendeva l'attuale provincia di Liegi e parte del Brabante Vallone, del Brabante
Fiammingo, del Limburgo e di Namur.
[4] Nithardus, Historiae, liber I: par. 3 (http:/ / www. thelatinlibrary. com/ nithardus1. html#ES)
[5] Monumenta Germanica Historica, tomus I: Einhardi Annales, pag. 204 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000868_00238. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[6] Monumenta Germanica Historica, Leges, Capitularia Regum Francorum, tomus I: Ludovici I, pag. 198 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/
object/ display/ bsb00000868_00238. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[7] Monumenta Germanica Historica, Leges, Capitularia Regum Francorum, tomus I: Ludovici I, pag. 198 par. 1 e 3 (http:/ / www. dmgh. de/ de/
fs1/ object/ display/ bsb00000868_00238. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[8] Monumenta Germaniae Historica, tomus II: Annales Xantenses, anno 821, Pag 224 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/
bsb00000869. html?pageNo=224& sortIndex=010:050:0002:010:00:00& zoom=0. 50#ES)
[9] Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, tomus II, Thegani Vita Hludovici Imperatoris, pag. 597, par. 28 (http:/ / www. dmgh. de/ de/
fs1/ object/ goToPage/ bsb00000869. html?pageNo=597& sortIndex=010:050:0002:010:00:00& zoom=0. 50#ES)
[10] Monumenta Germaniae Historica, tomus II: Annales Xantenses, anno 822, pag. 224 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/
bsb00000869. html?pageNo=224& sortIndex=010:050:0002:010:00:00& zoom=0. 50#ES)
[11] Foundation for Medieval Genealogy :LOTHARINGIA - LOTHAIRE (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ LOTHARINGIA.
htm#LothaireIEmperorB#ES)
[12] Monumenta Germanica Historica, tomus II: Thegani Vita Hludowici Imperatoris, pag. 597, par. 35 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000869_00621. html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES)
[13] Monumenta Germanica Historica, tomus II: Thegani Vita Hludowici Imperatoris, pag. 597, par. 30 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000869_00621. html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES)
[14] Monumenta Germanica Historica, tomus II: Thegani Vita Hludowici Imperatoris, pag. 597, par. 35 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000869_00621. html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES)
[15] Monumenta Germanica Historica, tomus I: Einhardi Fuldensis Annales, pag. 360 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000868_00395. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00|+ Monumenta+ Germaniae+ historica:+ Cronicon+ Mossiacensis#ES)
[16] Monumenta Germanica Historica, tomus II: Thegani Vita Hludowici Imperatoris, pag. 597, par. 36 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000869_00621. html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES)
[17] Annales de Saint-Bertin, pag. 1 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f23. image#ES)
[18] Monumenta Germaniae Historica, tomus II: Vita Hludovici imperatoris, pag. 633 (http:/ / books. google. com/
books?id=WW-NO0RSd4AC& pg=PA260& dq=Catalogus+ Episcoporum+ Mettensium+ Monumenta+ Germani+ historica& hl=it&
ei=iu2mTuHwMY-5hAemuIDzDQ& sa=X& oi=book_result& ct=result& resnum=4& sqi=2& ved=0CDsQ6AEwAw#v=onepage& q&
f=false#ES)
[19] Da allora la piana di Rothfeld fu denominata Lugenfeld (Campo delle menzogne).
[20] Monumenta Germanica Historica, tomus II: Thegani Vita Hludowici Imperatoris, pag. 598, par. 42 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000869_00621. html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES)
[21] Monumenta Germaniae Historica, tomus II: Vita Hludovici imperatoris, pag. 636, par. 48 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000869_00660. html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES)
[22] Monumenta Germaniae Historica, tomus II: Vita Hludovici imperatoris, pag. 638, par. 52 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000869_00662. html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES)
[23] Monumenta Germanica Historica, tomus II: Thegani Vita Hludowici Imperatoris, pag. 602, par. 55 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000869_00621. html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES)
[24] Monumenta Germaniae Historica, tomus II: Vita Hludovici imperatoris, pag. 644, par. 60 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000869_00662. html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES)
[25] Monumenta Germaniae Historica, tomus I: Ruodolfi Fuldensis Annales , Pag 362 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000868_00397. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[26] La Bretagna era ormai, di fatto, indipendente, l'Aquitania riconosceva come re, Pipino II, la massima parte dell'alto clero e parte della nobilt
di Neustria e Borgogna, parteggiava per Lotario I.
[27] Monumenta Germanica Historica, tomus I: Ruodolfi Fuldensis Annales, anno 841, pag. 363 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000868_00398. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00& zoom=0. 50#ES)
[28] Nithardus, Historiae, liber II: par. 10 (http:/ / www. thelatinlibrary. com/ nithardus2. html#ES)
[29] ES Monumenta Germaniae Historica, tomus primus: Reginonis Chronicon, anno 841, pag 568 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000868_00604. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00#)
[30] Nithardus, Historiae, liber III: par. 5 (http:/ / www. thelatinlibrary. com/ nithardus3. html#ES)
241
242
Bibliografia
Fonti primarie
(LA) Monumenta Germaniae Historica, tomus primus (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000868_00003.html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00|).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, tomus secundus (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000869_00002.html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00&zoom=0.50).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, tomus XIII (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000875_00003.html?sortIndex=010:050:0013:010:00:00).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, , Leges, Capitularia Regum Francorum, tomus I (http://www.dmgh.de/
de/fs1/object/display/bsb00000876_00003.html?sortIndex=020:010:0001:010:00:00).
(LA) Annales Bertiniani (http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k215043h/f1.image).
(LA) Nithardus, Historiae (http://www.thelatinlibrary.com/nithardus.html).
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(LA) Monumenta Germaniae Historica, Poetarum Latinorum Medii Aevi, Poetae Latini Aevi Carolini, tomus III
(http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/bsb00000833_meta:titlePage.html?zoom=0.50&
sortIndex=050:010:0003:010:00:00).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, Diplomata Karolinorum, tomus IV, Ludovici II Diplomata (http://www.
dmgh.de/de/fs1/object/display/bsb00000360_meta:titlePage.html?sortIndex=030:020:0004:010:00:00).
(LA) Histoire de labbaye royale et de la ville de Tournus (Dijon) (http://books.google.it/
books?id=pE4PAAAAQAAJ&pg=PR99&lpg=PR99&dq=Histoire+de+l'abbaye+royale+et+de+la+ville+
de+Tournus+(Dijon)&source=bl&ots=MTwgIcMQEr&sig=N1gdpHGfcZT_RlCYxKeVRa-lRIw&hl=it&
sa=X&ei=xvunUKvfF8TBswbyyYGIDw&ved=0CFgQ6AEwCA#v=onepage&q=Histoire de l'abbaye royale et
de la ville de Tournus (Dijon)&f=false).
Letteratura storiografica
Ren Poupardin, Ludovico il Pio, cap. XVIII, vol. II (L'espansione islamica e la nascita dell'Europa feudale)
della Storia del Mondo Medievale, pp. 558-582
Ren Poupardin, I regni carolingi (840-918), in Storia del mondo medievale, vol. II, 1999, pp.583635
Allen Mayer, I vichinghi, in Storia del mondo medievale, vol. II, 1999, pp.734769
Nithard, Annales Fuldenses e Historiarum Libri, entrambi in Monumenta Germaniae Historica. Scriptores, Bnde
i. and ii. (Hanover e Berlino, 1826 e seguenti)
E. Mhlbacher, Die Regesten des Kaiserreichs unter den Karolingern (Innsbruck, 1881)
E. Dummle, Geschichte des ostfrnkischen Reichs (Leipzig, 1887-1888)
B. Simson, Jahrbcher des deutschen Reiches unter Ludwig dem Frommen (Leipzig, 1874-1876)
Voci correlate
Elenco di re franchi
Storia della Francia
Carolingi
Lotaringia
Elenco di duchi, re e conti di Provenza
Elenco di monarchi italiani
Imperatori del Sacro Romano Impero
243
244
Altri progetti
Collegamenti esterni
(EN) Foundation for Medieval Genealogy :LOTHARINGIA - LOTHAIRE (http://fmg.ac/Projects/MedLands/
LOTHARINGIA.htm#LothaireIEmperorB)
(EN) Foundation for Medieval Genealogy :CAROLINGIANS - LOTHAIRE (http://fmg.ac/Projects/MedLands/
CAROLINGIANS.htm#LothaireIEmperorA)
(EN) Genealogy: Carolingi - Lothar I (http://genealogy.euweb.cz/carolin/carolin1.html#AH4)
(DE) Onlineversion (http://ri-regesten.adwmainz.de) dei Regesta Imperii
Predecessore
Successore
Ludovico il Pio
che lo associa nell'823
840 - 855
Ludovico II
che il papa incorona nell'850
Predecessore
Re di Lotaringia
includeva anche la Provenza
Successore
Ludovico il Pio
840 - 855
Lotario II (Lotaringia)
Carlo (Provenza)
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Ludovico il Pio
822 - 850
Ludovico II
Controllo di autorit VIAF: 47557969 (http:/ / viaf. org/ viaf/ 47557969) LCCN: n84075764 (http:/ / id. loc. gov/
authorities/names/n84075764)
Portale Biografie
Portale Medioevo
Portale Storia
245
855-875
Incoronazione
Aprile 850
Predecessore
Lotario I
Successore
Nome completo
Altri titoli
Carlo il Calvo
Ludovico II il Giovane
re d'Italia
re di Provenza
Nascita
825
Morte
carolingia
Padre
Lotario I
Madre
Ermengarda di Tours
Figli
Gisela
Ermengarda d'Italia
Ludovico II, detto il Giovane oppure Luigi II il Giovane (825 Ghedi, 12 agosto 875), fu Re d'Italia dall'850
(associato alla corona gi dall'844), Imperatore del Sacro Romano Impero dall'855 (era co-imperatore dall'850) ed
anche re di Provenza dall'863, alla sua morte.
246
Origine
Era il figlio primogenito del re d'Italia (822-850), poi Imperatore d'Occidente e re di Lotaringia (840-855), Lotario I
(795- 855) e di Ermengarda di Tours[1] (?- 851), figlia di Ugo di Tours, membro della famiglia degli Eticonidi,
che vantavano la loro discendenza dai re merovingi. Ludovico II era nipote quindi di Ludovico il Pio (778- 840,
imperatore d'Occidente dal 814) e di Ermengarda de Hesbaye (780- 818).
Biografia
Denaro
Nell'842, secondo lo storico francese esperto di genealogie, Christian Settipani, Ludovico fu fidanzato con una delle
figlie di Teodora, la vedova dell'imperatore, Teofilo[2], madre e reggente del nuovo imperatore, Michele III. Il
fidanzamento fu rotto l'anno successivo[2].
Designato Re d'Italia nell'839, nell'844, secondo gli Annales Bertiniani, fu inviato dal padre in Italia[3], con il
compito di restaurare l'autorit imperiale a Roma e in quella citt fu incoronato da Papa Sergio II[3], il 15 giugno
844.
I Saraceni, in Italia Meridionale, con i loro attacchi, nell'846, erano giunti a minacciare Roma, ma, pur non entrando
dentro le mura, nel mese di agosto, avevano saccheggiato la basilica di San Pietro che si trovava fuori le mura,
profanando la tomba del primo apostolo[4]. Ludovico intervenne, ma fu sconfitto dai Saraceni e a stento riusc a
raggiungere Roma[5].
I saraceni, secondo una leggenda, riportata negli Annales Bertiniani, nell'847, perirono tutti, a seguito di un naufragio
ed il loro bottino, disperso in mare, in parte fu ritrovato sul litorale e riconsegnato a San Pietro[6].
Nell'847 il padre Lotario ide una spedizione contro i Saraceni, che avevano occupato il Beneventano, avvicinandosi
nuovamente a Roma[7]. Egli pose Ludovico al comando della stessa che riusc, nell'848 a sconfiggere i saraceni e a
liberare Benevento[8].
Dopo aver ottenuto la riappacificazione dei principi longobardi di Salerno e Benevento, nell'850, Ludovico, da Papa
Leone IV, venne unto[9] e incoronato co-Imperatore.
Sempre in quell'anno, suo padre, Lotario, ritiratosi nel suo regno di Lotaringa, rinunci alla corona d'Italia e
Ludovico, unico re, dovette tenere a bada i Saraceni).
247
. Secondo il cronista Reginone, nell'851, mor Ermengarda di Tours, la
madre di Ludovico[1].
Sempre nell'851, Ludovico si era fidanzato con Engelberga o
Angilberga, di cui non si conoscono gli ascendenti[2]; ma, secondo
alcuni storici, Engelberga era probabilmente la figlia di Adelchi I conte
di Parma e duca di Spoleto[2]. Il matrimonio fu celebrato l'anno
successivo; comunque da un documento di una donazione dell'860,
Angilberga risulta essere la moglie dell' augusto imperatore Ludovico
II[10]
Dinastia carolingia
Pipinidi
Arnolfingi
Carolingi
248
Negli anni 851 e 852, Ludovico II intervenne nuovamente a Benevento
liberandola da un corpo di Saraceni che vi si erano insediati. Poi si
diresse in Puglia dove non riusc a liberare Bari[11]. Dopo il suo rientro
al nord i saraceni ripresero le scorrerie che portarono al saccheggio
dell'abbazia di Montecassino.
Nell'855, il padre, Lotario I si ammal seriamente e, disperando della
guarigione, rinunci al trono, e si fece monaco nell'Abbazia di Prm[12]
e prima di morire, secondo Reginone, con la Ripartizione di Prm,
divise il suo regno, la Lotaringia, tra i tre figli[13]:
Ma dopo che era sorto il problema del divorzio tra suo fratello Lotario
II e Teoberga (o Teutberga), Ludovico si riconcili col fratello,
appoggiando l'annullamento del matrimonio di quest'ultimo da
Teutberga, convinto di poter influenzare Papa Nicola I, dopo che,
nell'858, ne aveva favorito l'elezione.
Nell'859, Ludovico ottenne da Lotario le citt di Ginevra, Losanna e
Sion[17]. Nell'862, con l'appoggio di Ludovico II e dello zio Ludovico
il Germanico, Lotario II convoc un secondo concilio ad Aquisgrana,
dove il sinodo dei vescovi annull il matrimonio con Teoberga, per cui
Lotario fu finalmente libero di sposare la sua concubina, Waldrada. Il
matrimonio fu celebrato nello stesso anno (862).
Carlo, oppresso dalla malattia, mor nell'863[14], senza eredi, rendendo vacante il trono di Provenza, che secondo
l'accordo,
dell'858,
tra
Carlo
249
Discendenza
Ludovico II da Engelberga (830-ca. 890) ebbe due figlie:
Gisela (852/5- prima del 28 aprile 868), badessa di San Salvatore di Brescia[27]
Ermengarda d'Italia (852/5-896), definita nipote (neptam nostram Hermingardam) da Carlo il Grosso[28], fu prima
fidanzata col figlio dell'Imperatore Romano d'Oriente (Basileus) Basilio I, il co-imperatore, Symbatios[21],
nell'876, poi spos il conte di Vienne Bosone, reggente di Provenza, che, nell'879, fu eletto Re di Provenza.
Note
[1] Monumenta Germaniae Historica, tomus I: Reginonis Chronicon, Pag 568 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/ bsb00000868.
html?pageNo=568& sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[2] Foundation for Medieval Genealogy: Re d'Italia - LOUIS (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ ITALY, Kings to 962.
htm#LouisIIEmperorItalydied875#ES)
[3] Annales Bertiniani, anno 844, Pag 57 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f79. image#ES)
[4] Annales Bertiniani, anno 846, Pag 64 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f86. image#ES)
[5] Annales Bertiniani, anno 846, Pag 65 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f87. image#ES)
[6] Annales Bertiniani, anno 847, Pag 66 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f88. image#ES)
[7] Annales Bertiniani, anno 847, Pag 67 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f89. image#ES)
[8] Annales Bertiniani, anno 848, Pag 67 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f89. image#ES)
[9] Annales Bertiniani, anno 850, Pag 72 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f94. image#ES)
[10] Monumenta Germaniae Historica, Diplomata Karolinorum, tomus IV, Pag 126 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000360_00135. html?sortIndex=030:020:0004:010:00:00& zoom=0. 75#ES)
[11] Annales Bertiniani, anno 852, Pag 79 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f101. image#ES)
[12] Monumenta Germanica Historica, tomus I: Ruodolfi Fuldensis Annales, anno 855, pag. 369 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000868_00404. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00& zoom=0. 50#ES)
[13] Monumenta Germaniae Historica, tomus I: Reginonis Chronicon, anno 855, Pag 569 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000868_00605. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[14] Annales Bertiniani, anno 863, Pag 118 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f140. image#ES)
[15] Annales Bertiniani, anno 856, Pag 90 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f112. image#ES)
[16] La reggenza fu affidata al conte di Vienne, Gerardo.
[17] Annales Bertiniani, anno 858, Pag 95 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f117. image#ES)
[18] Nell'863, per volere del papa, fu convocato, a Metz, un sinodo di vescovi Franchi che avrebbero dovuto venire dalla Lotaringia, dalla
Provenza, dal regno dei Franchi occidentali e da quello dei Franchi orientali, ma i legati papali furono corrotti e convocarono solo vescovi
lotaringi e pochi altri; in tale sinodo fu confermata la validit del matrimonio tra Lotario e Waldrada, basandosi su un preteso matrimonio,
precedente all'unione di Lotario con Teoberga.
[19] Papa Nicola I poteva permettersi di opporsi all'imperatore Ludovico II, perch in effetti quest'ultimo era militarmente debole ed anche
povero finanziariamente.
[20] Nell'867, Ludovico aveva posto l'assedio a Bari, senza ottenere alcun risultato, non avendo la flotta per bloccare gli accessi dal mare.
[21] Symbatios, rinominato Costantino (ca. 865 879). Co-imperatore a Basilio dal 6 gennaio 868 fino alla sua morte. Secondo lo storico,
George Alexandrovi Ostrogorsky, Costantino fu promesso nell'869 ad Ermengarda di Provenza, figlia dell'imperatore Ludovico II e di
250
Bibliografia
Fonti primarie
(LA) Monumenta Germanica Historica, tomus primus (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000868_00003.html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00|+Monumenta+Germaniae+historica:+
Cronicon+Mossiacensis|).
(LA) Annales Bertiniani (http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k215043h/f1.image|).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, Diplomata Karolinorum, tomus IV (http://www.dmgh.de/de/fs1/
object/display/bsb00000360_meta:titlePage.html?zoom=0.75&sortIndex=030:020:0004:010:00:00|).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, Diplomata Regum Germaniae ex Stirpe Karolinorum, tomus II (http://
www.dmgh.de/de/fs1/object/display/bsb00000434_00002.html?sortIndex=030:030:0002:010:00:00&
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Letteratura storiografica
M. Canard, Bisanzio e il mondo musulmano alla met dell'XI secolo, in Storia del mondo medievale, vol. II,
1999, pp. 273-312
F. Dvornik, Costantinopoli e Roma, in Storia del mondo medievale, vol. II, 1999, pp. 516-557
Ren Poupardin, I regni carolingi (840-918), in Storia del mondo medievale, vol. II, 1999, pp. 583-635
Louis Halphen, Il regno di Borgogna, in Storia del mondo medievale, vol. II, 1999, pp. 807-821
Voci correlate
Carolingi
Sovrani franchi
Storia della Gallia tardo-antica e alto-medioevale
Franchi (storia dei regni Franchi)
Imperatori del Sacro Romano Impero
Elenco di monarchi italiani
Elenco di duchi, re e conti di Provenza
251
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Altri progetti
Collegamenti esterni
(EN) Foundation for Medieval Genealogy: Re d'Italia - LOUIS (http://fmg.ac/Projects/MedLands/ITALY,
Kings to 962.htm#LouisIIEmperorItalydied875)
(EN) Foundation for Medieval Genealogy: Re e duchi di Lotaringia - LOUIS (http://fmg.ac/Projects/
MedLands/LOTHARINGIA.htm#LothaireIEmperorB)
(EN) Genealogy: Carolingi - Louis II (http://genealogy.euweb.cz/carolin/carolin1.html#Lo1)
(DE) Onlineversion (http://ri-regesten.adwmainz.de) dei Regesta Imperii
Predecessore
Successore
Lotario I
cui il papa l'associa nell'850
855 - 875
Carlo il Calvo
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Lotario I
che lo associa nell'844
850 - 875
Carlo il Calvo
Predecessore
Re di Provenza
Successore
Carlo
863 - 875
Carlo il Calvo
Controllo di autorit VIAF: 88074684 (http:/ / viaf. org/ viaf/ 88074684) LCCN: nr96010944 (http:/ / id. loc. gov/
authorities/names/nr96010944)
Portale Biografie
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Carlo il Calvo
253
Carlo il Calvo
Carlo II
875-877
Ludovico II
Carlo III il Grosso
Nascita
Morte
Dinastia
Carolingi
Padre
Ludovico I il Pio
Madre
Coniugi
Ermentrude
Richilde
Figli
Giuditta
Luigi (o Ludovico) il Balbo
Carlo il Bambino
Lotario
Carlomanno
Rotrude
Ermetrude
Hildegarda e
Gisella, di primo letto
Rotilde
Drogone
Pipino
un figlio e
Carlo, di secondo letto
Carlo II, detto il Calvo (Francoforte sul Meno, 13 giugno 823 Brides-les-Bains, 6 ottobre 877), fu re dei Franchi
occidentali (840-877), re di Aquitania, nominale dall'838, ma effettivo tra l'852 e l'855, re di Lotaringia (869-877),
Carlo il Calvo
imperatore del Sacro Romano Impero (875-877) e Re d'Italia e re di Provenza (875-877).
Origini
Quarto figlio dell'Imperatore d'Occidente (814-840) Ludovico I il Pio e della sua seconda moglie Giuditta dei Welf
(Guelfi)[2], figlia di Guelfo I di Baviera (?-820), conte di Altdorf e di Edvige di Sassonia.
Biografia
Giovinezza
La sua nascita cre notevoli problemi nella successione a Ludovico come era stata prevista nella Ordinatio Imperi
dell'817, ratificata dall'imperatore a Nimega, nell'819. L'Imperatore cerc di assegnare territori anche al figlio appena
nato, ma dato che l'ordinatio non prevedeva un caso del genere, incontr notevoli resistenze da parte dei figli Lotario
(Imperatore e Re d'Italia), Pipino (Re di Aquitania) e Ludovico (Re di Baviera), per cui parve che le decisioni
dell'817 seguissero il loro corso
Ma, nel 829, alla Dieta di Worms, Ludovico diede a Carlo col titolo di Duca parte dell'Alemannia (o Svevia),
l'Alsazia, la Rezia e parte della Borgogna, tutti territori tolti a Lotario. Questi, pur essendo il padrino di Carlo, si
risent ed il padre per allontanarlo dalla corte lo invi in Italia, vietandogli di far uso del titolo imperiale. Nell'agosto
dell'829, a sostituire Lotario nella custodia del fratello Carlo, fu chiamato a corte Bernardo di Settimania, conte di
Barcellona, che era stato insignito del titolo di ciambellano e aveva ricevuto il feudo della marca di Spagna. Nel
decennio successivo, Carlo dovette seguire le vicissitudini paterne nella guerra civile, perdendo il formale possesso
dei suoi territori o espandendoli, arrivando, in alcune occasioni ad ottenere temporaneamente, la dignit regale
d'Aquitania, tra l'832 (dopo che il suo fratellastro, Pipino I, re d'Aquitania, che si era ribellato al padre, l'imperatore,
Ludovico il Pio, era stato sconfitto e imprigionato, secondo la Vita Hludowici Imperatoris[3], il regno di Aquitania
era stato diviso tra Carlo ed il fratellastro, Lotario I[4] dal padre imperatore) e l'834 (Pipino I, che era fuggito dalla
prigionia e, di fatto, governava l'Aquitania, si era riavvicinato al padre, facilitando il suo ritorno sul trono imperiale,
sempre secondo la Vita Hludowici Imperatoris[3] venne reintegrato come re di Aquitania[5].
Nell'838, alla morte di, Pipino I, secondo lo storico esperto di genealogie, Christian Settipani, l'imperatore, Ludovico
il Pio, avoc a s il regno d'Aquitania per assegnarlo al suo quarto figlio, Carlo il Calvo.
Ma i nobili di Aquitania, che volevano mantenere l'indipendenza dall'impero, proclamarono re il figlio di Pipino I,
Pipino il Giovane che dal Nitardo viene citato come figlio maggiore di Pipino I[6]. Secondo il monaco e storico,
Ademaro di Chabannes, il conte di Poitiers, Emenone, che aveva approvato l'elezione a re d'Aquitania di Pipino II,
opponendosi cos al volere dell'imperatore, fu scacciato dalla contea da Ludovico il Pio, dopo aver invaso il
Poitou[7].
Nell'839, alla dieta di Worms[8], l'imperatore Ludovico disered Pipino II (che non venne pi menzionato anche
nelle due successive spartizioni dell'impero) e chiese agli Aquitani di inviarlo ad Aquisgrana, presso la corte
imperiale, ad imparare l'arte del buon governo; gli Aquitani rifiutarono, cos Pipino il Giovane mantenne il controllo
dell'Aquitania, mentre Carlo continu ad essere solo il re nominale.
254
Carlo il Calvo
255
Arnolfingi
Carolingi
Il 13 dicembre dell'842, secondo gli Annales Bertiniani, Carlo, nel Carisiacum palatium di Quierzy, spos la nipote
di Adalardo il Siniscalco, Ermentrude[10] (?-869), figlia del conte di Orleans, Oddone (o Eudes) I e d'Engeltrude di
Fzensac (sorella di Adalardo), forse discendente di Carlo Martello; dopo la separazione, avvenuta venticinque anni
Carlo il Calvo
256
Carlo il Calvo
a rientrare in Bordeaux, dopo che era stata conquistata ancora una volta da una banda di Normanni, che non erano
suoi alleati, ed a liberare il conte di Tolosa Guglielmo di Settimania, che era loro prigioniero.
Pipino e Guglielmo, allora, si recarono in Settimania per farla sollevare contro Carlo il Calvo, ma, nell'849, Carlo il
Calvo ritorn in Aquitania ed approfittando dell'assenza del conte Guglielmo di Settimania, Fredelone di Rouergue
apr le porte di Tolosa a Carlo, che lo premi confermandolo nel titolo di conte di Tolosa; e mentre Pipino portava la
guerra in Settimania, secondo gli Annales Bertiniani, Guglielmo entr in Barcellona, senza difficolt, probabilmente
per la morte del conte Sunifredo. Guglielmo fece valere i suoi diritti (di conquista) su Barcellona. Secondo il
Fragmentum Chronici Fontanellensium, Guglielmo conquist Barcellona, con l'inganno, nell'849, dopo aver
sconfitto e cacciato Alerano, a cui era stata affidata la ben munita citt di Barcellona e la marca di Spagna[18].
Ma dopo la sconfitta e l'esecuzione di Guglielmo a Barcellona[19], Pipino II, tra l'851 e l'852 venne fatto prigioniero
da Sancho II di Guascogna, che lo consegn a Carlo il Calvo che lo premi trasformando il suo titolo da conte di
Guascogna Citeriore a duca di Guascogna, mentre Pipino II fu costretto a farsi monaco e, nell'852, fu rinchiuso nel
monastero di san Medardo a Soissons[15].
Nell'854 Ludovico il Giovane, figlio di Ludovico II il Germanico, con l'appoggio dei nobili aquitani, attacc[20]
Carlo il Calvo ed arriv sino a Limoges, mentre i Normanni si erano stabiliti nella Valle della Loira devastando
Poitiers, Angouleme, Prigueux, Limoges, Clermont e Bourges. Pipino II ne approfitt per lasciare il monastero in
cui era stato rinchiuso e raccogliere intorno a s molti nobili che, alla notizia della sua fuga, avevano abbandonato
Ludovico il Giovane, che dovette rientrare in Baviera[10]. Pipino II attacc ancora una volta Carlo, riuscendo a
tenerlo impegnato e per pochi mesi ebbe il controllo dell'Aquitania[15].
In quello stesso anno Carlo il Calvo recuper diversi territori e fece incoronare re d'Aquitania, a Limoges, suo figlio,
Carlo III il Bambino; in pratica l'Aquitania era governata da due re, quello ufficiale, nel nord e Pipino II, nel sud.
257
Carlo il Calvo
258
Calvo, che aveva manifestato l'interesse di impadronirsi dei suoi territori, ma era stato sconfitto da Carlo di Provenza
gi tre anni prima, cerc di succedergli, ma venne impedito da un'azione del nipote, l'Imperatore Ludovico II, che,
per primo, era arrivato in Provenza, se ne era impadronito ed aveva ceduto alcuni territori al fratello Lotario II.
Nel 869 mor un altro dei figli di Lotario I, Lotario II, che aveva il dominio della Lotaringia. Approfittando che il
legittimo erede, Ludovico II, era impegnato in Italia, ma soprattutto non aveva un grosso seguito tra i nobili di
Lotaringia, Carlo cerc di entrarne in possesso e con il suo esercito e l'appoggio di una parte della nobilt di
Lotaringia, conquist Metz allo scopo di precedere il fratello Ludovico il Germanico, che a sua volta aveva
simpatizzanti in Lotaringia. Il 9 settembre 869 Carlo il Calvo incoronato re di Lotaringia dall'arcivescovo Incmaro
di Reims nella Cattedrale di Metz[24].
Ludovico il Germanico, invece di scatenare una guerra, prefer trovare un accordo col fratellastro, spartendosi il
territorio. L'anno seguente sancirono la spartizione col Trattato di Mersen (870), con il quale a Carlo spett la parte
occidentale della Lotaringia. I due fratelli ignorarono nella spartizione Ludovico II, il quale si rivolse al Papa
Adriano II per perorare la sua causa. Il pontefice mand due ambasciatori nelle corti di Carlo e Ludovico allo scopo
di far risolvere le questioni al vescovo di Reims Incmaro. Questi ignor il volere del Papa mostrandosi leale nei
confronti del suo sovrano Carlo, garantendo a lui e al fratello i territori che si erano divisi.
Carlo, rimasto vedovo (6 ottobre 869), si spos in seconde nozze con Richilde delle Ardenne (ca. 845-910), figlia del
conte Bivin di Vienne (822-877), gi sua concubina, per procura il 12 ottobre 869, poi di persona, ad Aquisgrana, il
22 gennaio 870[11].
Nell'agosto del 871, si era diffusa la notizia che l'imperatore Ludovico II fosse morto[25]; i suoi zii, Carlo il Calvo e
Ludovico II il Germanico, inviarono immediatamente truppe in Italia per impadronirsi del regno, ma trovando
Ludovico in buona salute dovettero rientrare[26].
Imperatore e re d'Italia
Ludovico II mor nel 875 senza eredi maschi, lasciando solo una figlia. In quel
momento Carlo il Calvo e Ludovico II il Germanico erano gli ultimi figli di
Ludovico il Pio ancora viventi e i pi alti in grado nella successione al trono
imperiale. Carlo il Calvo varc le Alpi con il suo esercito allo scopo di ottenere il
trono e il titolo imperiale. Il fratello, d'altra parte, voleva garantire la successione
imperiale al figlio Carlomanno il quale varc il Brennero deciso a contrastare lo
zio[10].
Carlo il Calvo
259
Inizi una disputa dove i grandi vassalli d'Italia parteggiarono per l'una
o l'altra fazione allo scopo secondario di rafforzare i propri poteri. Tra i
sostenitori di Carlomanno ci fu il futuro Imperatore Berengario, allora
Marchese del Friuli, che si distinse conquistando i territori
bergamaschi di un conte che appoggiava Carlo. Il Re dei Franchi
occidentali, Carlo, che aveva l'appoggio di papa Giovanni VIII, riusc
ad imporsi nella lotta e si fece incoronare imperatore il 29 dicembre
dell'875[27].
L'imperatore Carlo, lasciato in Italia il cognato Bosone, dopo averlo
nominato duca d'Italia e conte di Provenza, fu costretto per a rientrare
precipitosamente in Gallia, poich il fratello Ludovico aveva attaccato
Il regno di Carlo il Calvo dopo dopo la morte di
e devastato i territori occidentali. Il nuovo imperatore liber
Ludovico II (875)
Aquisgrana e poi Colonia, giungendo a minacciare la possibilit di
occupare i territori del fratello. Questi gli intim di non varcare il
Reno, ma dopo il fallimento delle trattative, fu Ludovico stesso a superarlo e ad impartire una sonora sconfitta a
Carlo[10].
Tuttavia Lodovico II il Germanico mor il 28 agosto dell'876. I figli Carlomanno, Ludovico il Giovane e Carlo il
Grosso si spartirono il regno orientale sulla base delle regole di successione che egli aveva stabilito quand'era in vita.
Spett al figlio Carlomanno, designato dal padre come Re di Baviera nonch come suo successore del titolo regale
dei Franchi orientali, a proseguire la guerra in Italia.
Nel corso dell'876, i Vichinghi avevano ripreso a risalire la Senna, minacciando la ricca abbazia di Saint-Denis,
facendo fuggire i monaci. Allora Carlo negozi nuovamente per un loro ritiro dalla Senna; lo ottenne per 5000 libbre
d'argento ed il 7 maggio 877, ordin la raccolta del tributo speciale, il Tributum Normanicum. Per ottenere
l'appoggio dei marchesi e dei grandi feudatari francesi ed affrontare Carlomanno in Italia, il 14 giugno 877 Carlo
proclam il cosiddetto Capitolare di Kierzy, nel quale riconobbe l'ereditariet dei grandi feudi.
Per approfondire, vedi Capitolare di Quierzy.
Morte
Carlo il Calvo, alla fine di giugno, accompagnato dalla moglie Richilde e da
una piccola parte dei suoi vassalli maggiori attravers le Alpi e, a Vercelli,
ricevette la visita del Papa Giovanni VIII che lo incit a continuare la guerra
contro i figli di Lodovico il Germanico. Carlomanno nel frattempo era sceso
in Italia con un imponente esercito, passando dal Brennero[28]. Temendo uno
scontro, e non essendo stato raggiunto dai suoi vassalli, tra cui Bosone, che
erano rimasti in Gallia, perch ritenevano il problema dei Vichinghi
prioritario rispetto al problema italiano, Carlo dovette abbandonare l'Italia[28],
cercando rifugio nella Moriana. Vi arriv malato per il viaggio lungo e
disagiato, morendo a Brides-les-Bains il 5 o il 6 ottobre 877.
Sul trono dei Franchi occidentali gli succedette il figlio Ludovico il Balbo,
mentre in Italia Carlomanno pot farsi eleggere Re d'Italia dalla dieta di
Pavia.
Carlo il Calvo in et avanzata; ritratto
della sua Bibbia
Carlo il Calvo
Discendenza
Carlo il Calvo da Ermentrude ebbe nove figli:
Giuditta (844870), spos, in prime nozze, Ethelwulf del Wessex, in seconde nozze, Ethelbald del Wessex (suo
figliastro) ed, in terze nozze, Baldovino I delle Fiandre
Luigi (o Ludovico) il Balbo (846879), re dei Franchi Occidentali, re d'Aquitania e re di Provenza
Carlo il Bambino (847866), re d'Aquitania
Lotario (848866[29]), monaco dall'861[10], abate di Saint-Germain
Carlomanno (849878), monaco, abate di san Medardo a Soissons.
Rotrude (852912), suora, badessa di Santa Redegonda[30]
Ermetrude[31] (854877), suora, badessa di Hasnon
Hildegarda[31] (856-?), morta giovane
Gisella[31] (857874).
Da Richilde ebbe cinque figli:
Rotilde (871928/9 citata da Flodoardo come morta di recente, all'inizio del 929[30]), spos, nell'890, il conte del
Maine, Ruggero ed ebbe come genero Ugo il Grande[30]. Dopo essere rimasta vedova si ritir nell'abbazia di
Chelles, dove divenne badessa; e quando, nel 922, suo nipote, il re di Francia Carlo il Semplice le tolse l'abbazia
per darla ad un certo Haganon, si innesc la rivolta che port sul trono Roberto, marchese di Neustria, padre di
suo genero, Ugo il Grande
Drogone (872/3873/4), gemello di Pipino, secondo il Chronico Floriacensi
Pipino (872/3873/4), gemello di Drogone, secondo il Chronico Floriacensi
un figlio (875-875), morto dopo essere stato battezzato[10]
Carlo (876877), sepolto a Saint Denis, come ricordato dagli Annales Bertiniani[10]
Note
[1] Monumenta Germanica Historica, tomus V: Annales S. Benigni Divisionensis, Pag 39, anno 824, nota 14 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/
object/ display/ bsb00000872_00047. html?sortIndex=010:050:0005:010:00:00#ES)
[2] Monumenta Germanica Historica, tomus II: Thegani Vita Hludowici Imperatoris, Pag 597, par. 35 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000869_00621. html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES)
[3] La Vita Hludowici Imperatoris sono due biografie, dalla nascita all'840, dell'imperatore Ludovico il Pio, scritte, in latino, da due monaci, uno
anonimo, conosciuto come "l'Astronomo", mentre del secondo si conosce il nome: Thegano.
[4] Monumenta Germaniae Historica, tomus II: Vita Hludovici imperatoris, Pag 635 par. 47 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000869_00659. html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES)
[5] Monumenta Germaniae Historica, tomus II: Vita Hludovici imperatoris, Pag 638 par. 52 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000869_00662. html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES))
[6] Nithardus, Historiae, liber I: par. 8 (http:/ / www. thelatinlibrary. com/ nithardus1. html#ES)
[7] Ademarus Engolismensis Historiarum, pagg 31 e 32 par 16 (http:/ / ebookbrowse. com/
0988-1034-ademarus-engolismensis-historiarum-libri-tres-mlt-pdf-d200595630#ES)
[8] A Worms, nell'839, Ludovico il Pio, oltre che ignorare completamente il nipote Pipino II, al figlio Ludovico assegn la sola Baviera, per cui
l'impero, alla sua morte sarebbe stato diviso praticamente in due parti, con la linea di demarcazione, da nord a sud, che correva lungo la Mosa,
sino alla Mosella, a Toul, poi attraversando la Borgogna ed il lago di Ginevra, arrivava alle Alpi, che seguiva sino al mar Mediterraneo.
Lotario I, che, oltre al titolo di imperatore, aveva il diritto di prelazione, scelse la parte orientale, e a Carlo il Calvo, tocc la parte occidentale.
[9] Monumenta Germaniae Historica, tomus I: Ruodolfi Fuldensis Annales, Pag 362 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000868_00397. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[10] Annales de Saint-Bertin, Pag 53 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f75. image#ES)
[11] Foundation for Medieval Genealogy: CAROLINGIANS - CHARLES (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ CAROLINGIANS.
htm#CharlesIIleChauveB#ES)
[12] Monumenta Germanica Historica, tomus I: Ruodolfi Fuldensis Annales, Pag 364 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000868_00399. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00|+ Monumenta+ Germaniae+ historica:+ Cronicon+ Mossiacensis#ES)
[13] Annales Xantenses, Pag 13 (http:/ / www. archive. org/ stream/ annalesxantenses00arrauoft#page/ n31/ mode/ 2up#ES)
[14] Nobilt carolingia - Guillaume (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ FRANKISH NOBILITY. htm#_Toc169575363#ES)
260
Carlo il Calvo
[15] Foundation for Medieval Genealogy: AQUITAINE - PEPIN (823) (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ AQUITAINE.
htm#_Toc276227855#ES)
[16] BRITTANY, DUKES & NOBILITY - Nomino (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ BRITTANY. htm#_Toc284059574#ES)
[17] Foundation for Medieval Genealogy :AQUITAINE - Charles (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ AQUITAINE.
htm#PippinIAquitaine#ES)
[18] Monumenta Germanica Historica, tomus II: Fragmentum Chronici Fontanellensium, Pag 302 (http:/ / books. google. it/
books?id=WW-NO0RSd4AC& pg=PA260& dq=Catalogus+ Episcoporum+ Mettensium+ Monumenta+ Germani+ historica& hl=it&
ei=iu2mTuHwMY-5hAemuIDzDQ& sa=X& oi=book_result& ct=result& sqi=2& redir_esc=y#v=onepage& q& f=false#ES)
[19] Monumenta Germanica Historica, tomus II: Fragmentum Chronici Fontanellensium, Pag 303 (http:/ / books. google. it/
books?id=WW-NO0RSd4AC& pg=PA260& dq=Catalogus+ Episcoporum+ Mettensium+ Monumenta+ Germani+ historica& hl=it&
ei=iu2mTuHwMY-5hAemuIDzDQ& sa=X& oi=book_result& ct=result& sqi=2& redir_esc=y#v=onepage& q& f=false#ES)
[20] Dopo l'853, i nobili aquitani, che non gradivano come re Carlo il Calvo, avevano inviato messaggeri a Ludovico il Germanico per offrirgli la
corona d'Aquitania, minacciando che se avesse rifiutato si sarebbero rivolti ai Vichinghi o ai Saraceni. Ludovico il Germanico invi il figlio,
Ludovico il Giovane.
[21] Carlo si dimostr attivo nella difesa dei territori, ma dovette subire una mancanza di collaborazione da parte di molti suoi feudatari con cui si
trovava in disaccordo
[22] Nell'855, Lotario I era morto ed i suoi territori erano stati divisi tra i figli:
Ludovico II, il primogenito, al quale vennero assegnati i territori dell'Italia, cui gi possedeva dignit regale, ed il titolo imperiale;
Lotario II, al quale spettarono la Frisia e i territori compresi tra il fiume Reno a est, il fiume Schelda ad ovest e i monti Giura e la Savoia,
inclusi, a sud; a questo territorio fu dato il nome di Lotaringia;
Carlo, il terzogenito, il quale ricevette la Provenza ed una parte di Borgogna ai confini della Savoia (parte della Borgogna Cisgiurana).
[23] Ci non imped ai Vichinghi di mettere a ferro e fuoco Parigi, nell'865 e Melun, nell'866, nonostante l'impegno profuso dal marchese
Roberto il Forte, sino alla sua morte alla battaglia di Brissarthe (866).
[24] Histoire de Metz, Franois-Yves Le Moigne (dir),1986
[25] Annales Bertiniani, anno 871, Pag 224 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f246. image#ES)
[26] Annales Bertiniani, anno 871, Pag 225 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f247. image#ES)
[27] Durante il banchetto che a Roma era stato imbandito in suo onore dopo l'incoronazione ad imperatore fu recitato un componimento in versi
del poeta romano Giovanni Immonide detto Giovanni Diacono, rifacimento satirico di una vecchia opera intitolata Coena Cypriani.
[28] Monumenta Germanica Historica, tomus V: Annales S. Benigni Divisionensis, Pag 39, anno 877 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000872_00047. html?sortIndex=010:050:0005:010:00:00#ES)
[29] Rerum Gallicarum et Francicarum Scriptores, tomus VII: Ex Diversis Cronicis, Pag 274 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k50125m/
f415. image#ES)
[30] Monumenta germanica Historica, tomus IX; Flodoardi Historia Remensis Ecclesiae, Pag 548 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000875_00561. html?sortIndex=010:050:0013:010:00:00#ES)
[31] Monumenta germanica Historica, tomus IX; Genealogiae Comitum Flandriae, Pag 303 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000841_00312. html?sortIndex=010:050:0009:010:00:00#ES)
Bibliografia
Fonti primarie
(LA) Monumenta Germanica Historica, tomus V (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000872_00003.html?sortIndex=010:050:0005:010:00:00|).
(LA) Monumenta Germanica Historica, tomus II (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000869_00002.html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00|).
(LA) Monumenta Germanica Historica, tomus I (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000868_00001.html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00|).
(LA) Monumenta Germanica Historica, tomus IX (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000841_00003.html?sortIndex=010:050:0009:010:00:000|).
(LA) Monumenta Germanica Historica, tomus XIII (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000875_meta:titlePage.html?sortIndex=010:050:0013:010:00:00|).
(LA) Monumenta Germanica Historica, tomus III (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000870_00003.html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00|).
(LA) Annales Bertiniani (http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k215043h/f1.image).
(LA) Nithardus, Historiae (http://www.thelatinlibrary.com/nithardus.html).
261
Carlo il Calvo
262
Letteratura storiografica
Ren Poupardin, Ludovico il Pio, in Storia del mondo medievale, vol. II, 1999, pp. 558-582
Ren Poupardin, I regni carolingi (840-918), in Storia del mondo medievale, vol. II, 1999, pp. 583-635
Allen Mawer, I vichinghi, in Storia del mondo medievale, vol. II, 1999, pp. 734-769
Louis Halphen, La chiesa da Carlomagno a Silvestro II, in Storia del mondo medievale, vol. IV, 1999, pp. 5-20
Montagues Rodhes James, Cultura e letteratura fino a papa Silvestro II, in Storia del mondo medievale, vol. IV,
1999, pp. 54-83
J.P. Wihitney, La riforma della chiesa, in Storia del mondo medievale, vol. IV, 1999, pp. 289-352
Voci correlate
Storia della Gallia tardo-antica e altomedievale
Altri progetti
Collegamenti esterni
(DE) Onlineversion (http://ri-regesten.adwmainz.de) dei Regesta Imperii
(EN) | Foundation for Medieval Genealogy: CAROLINGIANS - CHARLES (http://fmg.ac/Projects/MedLands/
CAROLINGIANS.htm#CharlesIIleChauveB)
(EN) | Foundation for Medieval Genealogy: AQUITAINE - CHARLES) (http://fmg.ac/Projects/MedLands/
AQUITAINE.htm#CharlesIIleChauveA)
(EN) Genealogy: Carolingi - Charles II "the Bald" (http://genealogy.euweb.cz/carolin/carolin1.html#C2)
Predecessore
Successore
Luigi I
840 - 877
Luigi II
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Ludovico II
875 - 877
Carlomanno
Carlo il Calvo
263
Predecessore
Successore
Ludovico II
875 - 877
Predecessore
Re di Provenza
Successore
Ludovico II
875 - 877
Luigi il Balbo
Predecessore
Re di Aquitania
Successore
Pipino II
852855
Predecessore
Re di Lotaringia
conteso con Ludovico il Germanico
Successore
Lotario II
869 - 877
Luigi il Balbo
Controllo di autorit VIAF: 54173190 (http:/ / viaf. org/ viaf/ 54173190) LCCN: n83800638 (http:/ / id. loc. gov/
authorities/names/n83800638)
Portale Biografie
Portale Medioevo
Portale Storia
Carlomanno di Baviera
Carlomanno
Miniatura francese del XIV secolo, con Carlomanno ed i due fratelli inginocchiati davanti al padre, Ludovico il Germanico,
rappresentato come re francese
Re dei Franchi orientali
In carica
Predecessore
Successore
Nome completo
Altri titoli
876-880
Ludovico II il Germanico
Ludovico III
Carlomanno di Baviera
Re di Baviera
Re d'Italia
Nascita
830
Morte
Carlomanno di Baviera
264
Luogo di sepoltura
Alttting
Dinastia
carolingi
Padre
Ludovico II il Germanico
Madre
Emma di Baviera
Coniuge
Figli
Carlomanno di Baviera (830 Alttting, 12 aprile 880) fu re di Baviera (865-880), re dei Franchi orientali
(876-880) e re d'Italia (877-879).
Origine
Figlio maschio primogenito del Re dei Franchi orientali e Re di
Lotaringia, Ludovico II detto il Germanico e della moglie, Emma
di Baviera[1], figlia di Guelfo I di Baviera (?-824/5), conte di
Altdorf ed altre contee in Bavtera e di Edvige di Sassonia[2].
Quindi come confermato dagli Annales Xantenses, Emma era la
sorella dell'imperatrice, Giuditta di Baviera[3].
Biografia
Carlomanno di Baviera
265
imporsi nella lotta e si fece incoronare imperatore.<br<Suo padre, Ludovico, accompagnato dal figlio, Ludovico il
Giovane, allora attacc Carlo sul Reno, lo costrinse a rientrare in patria e lo sconfisse[11].
Dinastia carolingia
(Sovrani dei Franchi dell'est)
Ludovico II il Germanico
Figli
Carlomanno di Baviera
Ludovico il Giovane
Carlo il Grosso
Carlomanno di Baviera
Figli
Arnolfo di Carinzia
Ludovico il Giovane
Carlo III il Grosso
Arnolfo di Carinzia
Figli
Ludovico il fanciullo
Sventibaldo,
re di Lotaringia
Ludovico IV il Fanciullo
Carlomanno di Baviera
266
Discendenza
Prima dell'861, Carlomanno aveva sposato la figlia (di cui non si conosce il nome) del conte nel Nordgau, Ernesto
I[5]. In un documento dell'8 luglio 879, Carlomanno parla di una moglie e un figlio[18]. Comunque Carlomanno non
ebbe eredi legittimi.
Carlomanno ebbe un'amante, Liutwwindis ( prima del 9 marzo 891)[19], di cui non si conoscono gli ascendenti.
Secondo alcuni storici era la stessa donna che poi aveva sposato, ma il figlio che gli diede, venne ritenuto illegittimo:
Arnolfo[1] (ca.850-899), Re dei Franchi orientali, re d'Italia e imperatore.
Carlomanno di Baviera
267
Antenati
Carlomanno di Baviera
Padre:
Nonno paterno:
Ludovico II il Germanico Ludovico I del Sacro Romano Impero
Bisnonno paterno:
Carlo Magno
Trisnonno
paterno:
Pipino il Breve
Trisnonna
paterna:
Bertrada di Laon
Bisnonna paterna:
Ildegarda
Trisnonno
paterno:
Geroldo di Vinzgau
Trisnonna
paterna:
Emma di Alemagna
Nonna paterna:
Ermengarda de Hesbaye
Bisnonno paterno:
Ingerman de Hesbaye
Trisnonno
paterno:
Rodberto
Bisnonna paterna:
Edvige di Baviera
Madre:
Emma di Baviera
Nonno materno:
Guelfo I di Baviera
Bisnonno materno:
Rotardo di Metz
Bisnonna materna:
Ermelinda
Nonna materna:
Edvige di Baviera
Bisnonno materno:
Isanbarto
Note
[1] Monumenta germaniae Historica, tomus IX; Genealogiae Comitum Flandriae , Pag 303 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000841_00312. html?sortIndex=010:050:0009:010:00:00#ES)
[2] Monumenta Germanica Historica, tomus II, Thegani Vita Hludovici Imperatoris, Pag 596, par. 26 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000869_00620. html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES)
[3] Monumenta germaniae Historica, tomus II; Annales Xantenses anno 827, pag 225 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000869_00246. html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES)
[4] Annales de Saint-Bertin , Pag 105 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f127. image#ES)
[5] Annales Bertiniani, pag 106 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f128. image#ES)
[6] Annales Bertiniani, pag 119 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f141. image#ES)
[7] Annales Bertiniani, pag 139 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f161. image#ES)
[8] | Foundation for Medieval Genealogy :GERMANY - KARLOMAN (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ GERMANY, Kings.
htm#Carlomandied880#ES)
[9] Annales Bertiniani, pag 142 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f164. image#ES)
[10] Annales Bertiniani, pag 218 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f240. image#ES)
[11] Annales Bertiniani, pag 241 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f263. image#ES)
[12] Monumenta Germaniae Historica, tomus II: Annales Necrologi Prumienses , pag. 219 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/
bsb00000875. html?pageNo=219& sortIndex=010:050:0013:010:00:00#ES)
[13] Annales Bertiniani, pag 257 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f279. image#ES)
[14] Annales Bertiniani, pag 258 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f280. image#ES)
[15] Annales Bertiniani, pag 259 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f281. image#ES)
[16] Monumenta Germaniae Historica, tomus I: Reginonis Chronicon, Pag 592 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/
bsb00000868. html?pageNo=592& sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[17] Monumenta Germaniae Historica, tomus I: Annalium Fuldensium Pars tertia, anno 882 , Pag 393 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000868. html?pageNo=393& sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
Carlomanno di Baviera
[18] Monumenta Germaniae Historica, Diplomata Regum Germaniae ex Stirpe Karolinorum, tomus I: Kaiserkunden Karlman n 26, pag. 324
(http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/ bsb00000362_00376. html?sortIndex=030:030:0001:010:00:00#ES)
[19] Monumenta Germaniae Historica, Diplomata Regum Germaniae ex Stirpe Karolinorum, tomus III: Kaiserkunden Arnolf n 87, pag. 129
(http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/ bsb00000435_00168. html?sortIndex=030:030:0003:010:00:00#ES)
Bibliografia
Fonti primarie
(LA) Monumenta Germaniae Historica, tomus IX (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000841_00003.html?sortIndex=010:050:0009:010:00:000|).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, tomus II (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000869_00002.html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00|).
(LA) Annales Bertiniani (http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k215043h/f1.image).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, tomus I (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000868_00001.html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00|).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, Diplomata Regum Germaniae ex Stirpe Karolinorum, tomus I (http://
www.dmgh.de/de/fs1/object/display/bsb00000362_meta:titlePage.
html?sortIndex=030:030:0001:010:00:00|).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, Diplomata Regum Germaniae ex Stirpe Karolinorum, tomus III (http://
www.dmgh.de/de/fs1/object/display/bsb00000435_meta:titlePage.
html?sortIndex=030:030:0003:010:00:00|).
Letteratura storiografica
Ren Poupardin, I regni carolingi (840-918), in Storia del mondo medievale, vol. II, 1999, pp. 583-635
Allen Mayer, I vichinghi, in Storia del mondo medievale, vol. II, 1999, pp. 734-769
Voci correlate
268
Carlomanno di Baviera
269
Altri progetti
Collegamenti esterni
(EN) | Foundation for Medieval Genealogy :GERMANY - KARLOMAN (http://fmg.ac/Projects/MedLands/
GERMANY, Kings.htm#Carlomandied880)
(EN) Genealogy: Carolingi - Karloman (http://genealogy.euweb.cz/carolin/carolin1.html#L2)
(DE) Onlineversion (http://ri-regesten.adwmainz.de) dei Regesta Imperii
Predecessore
Successore
Ludovico il Germanico
876 - 879
Predecessore
Re di Baviera
Successore
Ludovico II il Germanico
865 - 880
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Carlo il Calvo
877 - 879
Portale Biografie
Portale Medioevo
Portale Storia
270
Carlo il Grosso
Imperatore del Sacro Romano Impero
In carica
881-887
Predecessore
Carlo il Calvo
Erede
Bernardo poi
[1]
Ludovico
Successore
Nome completo
Altri titoli
Guido II di Spoleto
Carlo il Grosso
Re di Alemannia
Re d'Italia
Re dei Franchi orientali
Re dei Franchi occidentali
Re d'Aquitania
Re nominale di Provenza
Nascita
839
Morte
carolingi
Padre
Ludovico II il Germanico
Madre
Emma di Baviera
Coniuge
Riccarda di Svevia
Figli
Bernardo, illegittimo
Carlo III, detto il Grosso (839 Donaueschingen, 13 gennaio 888[3]), fu re di Alemannia (876-887), poi Re d'Italia
(879-887), Imperatore (881-887), Re dei Franchi orientali (882-887) e infine Re dei Franchi occidentali, re
d'Aquitania e re nominale di Provenza (884-887). Fu l'ultimo imperatore della (discendenza legittima) dinastia
carolingia ed anche l'ultimo imperatore a governare su tutti i regni dell'impero.
271
Origine
Figlio maschio terzogenito del re dei Franchi orientali e Re di
Lotaringia, Ludovico II detto il Germanico e della moglie, Emma
di Baviera[4], figlia di Guelfo I di Baviera (?-824/825|5), conte di
Altdorf ed altre contee in Baviera e di Edvige di Sassonia[5].
Quindi come confermato dagli Annales Xantenses, Emma era la
sorella dell'imperatrice, Giuditta di Baviera[6].
Biografia
Nell'862, il 1 agosto[7], secondo gli Annales Bertiniani, Carlo il
Grosso prese in moglie Riccarda di Svevia, figlia del conte palatino
Ercangero[8], della famiglia degli Ahalolfingi. Nell'865 il padre
assegn a Carlo il Grosso il governo dell'Alemannia, di cui divenne re
alla morte del genitore, nel 876.
Ludovico il Germanico mor il 28 agosto 876 e il regno dei Franchi orientali o di Germania fu diviso tra i suoi tre
figli:
Carlomanno ricevette la Baviera e il titolo di Re dei Franchi orientali o di Germania
Ludovico III il Nord: Franconia, Sassonia e Turingia
272
273
Dinastia carolingia
(Sovrani dei Franchi dell'est)
Ludovico II il Germanico
Figli
Carlomanno di Baviera
Ludovico il Giovane
Carlo il Grosso
Carlomanno di Baviera
Figli
Arnolfo di Carinzia
Ludovico il Giovane
Carlo III il Grosso
Arnolfo di Carinzia
Figli
Ludovico il fanciullo
Sventibaldo,
re di Lotaringia
Ludovico IV il Fanciullo
Discendenza
Dal matrimonio con Riccarda forse ebbe un figlio[15], in netto contrasto con le cronache, gli Annales Argentinenses
ed il Bernoldi Chronicon[12][13]:
Carlomanno (?- 876), morto giovane.
Carlo ebbe anche un figlio illegittimo, da una concubina di cui non si conosce il nome, n gli ascendenti:
Bernardo[16] (876-891), che Carlo - contro l'opinione dei maggiorenti dell'impero - avrebbe voluto legittimare con
l'appoggio di papa Adriano III[17], senza riuscirci, per la morte del papa[17]. Dopo la morte del padre, Carlo il
Grosso, Bernardo, dall'890 sino alla morte (891[16]), capeggi una ribellione contro il cugino, Arnolfo di Carinzia,
che era succeduto a Carlo il Grosso sul trono dei Franchi orientali.
274
275
Antenati
Carlo III il Grosso
Padre:
Nonno paterno:
Ludovico II il Germanico Ludovico I del Sacro Romano Impero
Bisnonno paterno:
Carlo Magno
Trisnonno
paterno:
Pipino il Breve
Trisnonna
paterna:
Bertrada di Laon
Bisnonna paterna:
Ildegarda
Trisnonno
paterno:
Geroldo di Vinzgau
Trisnonna
paterna:
Emma di Alemagna
Nonna paterna:
Ermengarda de Hesbaye
Bisnonno paterno:
Ingerman de Hesbaye
Trisnonno
paterno:
Rodberto
Bisnonna paterna:
Edvige di Baviera
Madre:
Emma di Baviera
Nonno materno:
Guelfo I di Baviera
Bisnonno materno:
Rotardo di Metz
Bisnonna materna:
Ermelinda
Nonna materna:
Edvige di Baviera
Bisnonno materno:
Isanbarto
Note
[1] non avendo potuto legittimare il figlio illegittimo, Bernardo
[2] Monumenta germaniae Historica, tomus VI: Analista Saxo, anno 888 , Pag 587 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/
bsb00001094. html?pageNo=587& sortIndex=010:050:0006:010:00:00#ES)
[3] allora il luogo era conosciuto come Neidingen
[4] Monumenta germaniae Historica, tomus IX; Genealogiae Comitum Flandriae , Pag 303 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000841_00312. html?sortIndex=010:050:0009:010:00:00#ES)
[5] Monumenta Germanica Historica, tomus II, Thegani Vita Hludovici Imperatoris, Pag 596, par. 26 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000869_00620. html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES)
[6] Monumenta germaniae Historica, tomus II; Annales Xantenses anno 827, pag 225 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000869_00246. html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES)
[7] Foundation for Medieval Genealogy :GERMANY - CHARLES (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ GERMANY, Kings.
htm#LudwigIIleGermaniqueB#ES)
[8] Annales Bertiniani anno 862, pag 115 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f137. image#ES)
[9] Monumenta Germanica Historica, tomus I, Annales Vedastini anno 884, pag 522 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/
bsb00000868. html?pageNo=522& sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[10] Ugo di Lotaringia aveva tentato diverse volte (per una quindicina d'anni) di recuperare il suo ducato d'Alsazia ed il regno di suo padre (di
Lotaringia), ma sempre senza successo, finch nell'884, dopo essersi alleato con Goffredo che aveva sposato sua sorella Gisella, parve che
potesse realizzare il suo obiettivo.
[11] Ad Amiens, nell'883 i Vichinghi avevano obbligato Carlomanno II, a venire a patti: i vichinghi si sarebbero ritirati e avrebbero lasciato il
suo regno in cambio di 12.000 libbre d'argento. L'accordo fu stipulato nell'884 e l'impegno fu mantenuto, la flotta fece rotta per le coste inglesi
e solo una parte di vichinghi o si stabil in Lorena o si accamp nei pressi di Lovanio.
[12] Monumenta germaniae Historica, tomus XVII; Annales Argentinenses , Pag 87 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/
bsb00000842. html?pageNo=87& sortIndex=010:050:0017:010:00:00#ES)
Bibliografia
Fonti primarie
(LA) Monumenta Germaniae Historica, tomus VI (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00001094_00003.html?sortIndex=010:050:0006:010:00:00|).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, tomus IX (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000841_00003.html?sortIndex=010:050:0009:010:00:000|).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, tomus II (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000869_00002.html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00|).
(LA) Annales Bertiniani (http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k215043h/f1.image).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, tomus I (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000868_00001.html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00|).
(LA) Rerum Gallicarum et Francicarum Scriptores, tomus IX (http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k501279/
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(LA) Monumenta Germaniae Historica, tomus XVII (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000842_meta:titlePage.html?sortIndex=010:050:0017:010:00:00|).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, tomus V (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000872_00003.html?sortIndex=010:050:0005:010:00:00|).
Letteratura storiografica
Ren Poupardin, I regni carolingi (840-918), in Storia del mondo medievale, vol. II, 1999, pp. 583-635
Allen Mayer, I vichinghi, in Storia del mondo medievale, vol. II, 1999, pp. 734-769
Voci correlate
Popoli barbari
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277
Altri progetti
Collegamenti esterni
(EN) | Foundation for Medieval Genealogy :GERMANY - CHARLES (http://fmg.ac/Projects/MedLands/
GERMANY, Kings.htm#LudwigIIleGermaniqueB)
(EN) Genealogy: Carolingi - Charles III "the Fat" (http://genealogy.euweb.cz/carolin/carolin1.html#C3)
(DE) Onlineversion (http://ri-regesten.adwmainz.de) dei Regesta Imperii
Predecessore
Re di Aquitania
Successore
Carlomanno
884 - 887
Ranulfo II
Predecessore
Re di Alemannia
Successore
Ludovico II il Germanico
876 - 887
Arnolfo di Carinzia
Predecessore
Successore
882 - 887
Arnolfo di Carinzia
Predecessore
Re di Lotaringia
Successore
882 - 887
Arnolfo di Carinzia
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Carlomanno di Baviera
879 - 887
Berengario I
Predecessore
Successore
Carlo il Calvo
ante vacanza quadriennale
881 - 887
Guido I
dopo vacanza quadriennale
Predecessore
Successore
Carlomanno
884 - 887
Oddone di Parigi
Controllo di autorit VIAF: 68302008 (http:/ / viaf. org/ viaf/ 68302008) LCCN: n2003037040 (http:/ / id. loc. gov/
authorities/names/n2003037040)
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Sfondo storico
Re d'Italia e Imperatore
Berengario cerc di stabilizzare la situazione distribuendo benefici e feudi e si rappacific con la Marca d'Ivrea,
dando in sposa al Marchese Adalberto la propria figlia Gisla. Il suo potere di fatto si estendeva solamente nel nord
d'Italia. I grandi margravi dell'Italia centrale, Adalberto II di Toscana e Alberico (marchese di Camerino) praticavano
politiche autonome. Non poteva quindi ambire al titolo imperiale la cui investitura era appannaggio del Papa.
L'occasione gli venne fornita da Papa Giovanni X deciso ad espellere una forte comunit musulmana posta presso il
Garigliano che minacciava la citt romana. Egli chiese a Berengario un appoggio militare, offrendogli in cambio il
titolo imperiale e questi accett, inviando una forza composta da feudatari dell'Italia settentrionale. Dopo la vittoria
delle forze cristiane nella Battaglia del Garigliano, scese a Roma ottenendo sia l'incoronazione imperiale, nel
dicembre del 915, sia l'omaggio feudale dei marchesi. Durante l'incoronazione di Berengario il popolo acclam
secondo le cronache il sovrano "nativa voce" ovvero in Italiano e questa una delle prime testimonianze della nostra
linguaWikipedia:Uso delle fonti.
Il periodo di pace ebbe termine nel 922, quando ci fu una congiura di conti lombardi e del Marchese d'Ivrea mirante
a portare il Re di Borgogna Rodolfo sul trono italiano. Questi scese in Italia, si fece eleggere Re a Pavia e affront
l'esercito di Berengario presso Fiorenzuola d'Arda (o presso Fidenza). Berengario fu sconfitto (scamp
miracolosamente alla morte, nascosto sotto uno scudo coperto di cadaveri) e dovette riconoscere il titolo regale
all'avversario.
Rientr a Verona, covando la vendetta. L'occasione gli fu offerta quando Rodolfo dovette rientrare in Borgogna per
fermare le mire del Duca Burcardo di Svevia sui suoi possedimenti. Lanci alla volta di Pavia un esercito mercenario
composto da 5000 ungheresi che sconfissero le truppe di Ugo di Provenza, deciso a farsi eleggere Re d'Italia in
assenza di Rodolfo, e che assediarono la citt. Quando questa si arrese, gli ungari la rasero al suolo, spianandone le
mura e compiendo una strage di civili, donne e bambini compresi. Il fatto venne esecrato dalla maggior parte dei
feudatari, che ordirono un complotto contro Berengario, reo di avere concesso mano libera alle truppe mercenarie.
Berengario fu ucciso a Verona nel 924, pugnalato alle spalle mentre pregava durante la messa.
279
280
Note
[1] Wido, quondam Francorum rex esse nequibat, frangere quod Berengario fecerat iusiurandum deliberat, collectoque prout potuit exercitu,
Italiamque concite ingressus, Berengario bellum parat (Liutprandi Antopodosis, I, 17, p. 281).
[2] Iuxta fluvium Trivium, qui quinque Placentia miliariis extat, () Berengarius fugam petiit, triumphum Wido obtinuit (ibidem, 18, p. 281)
[3] FASOLI, Re d'Italia, pp. 12-15
Bibliografia
G. Arnaldi, BERENGARIO I, duca-marchese del Friuli, re d'Italia, imperatore (http://www.treccani.it/
enciclopedia/berengario-i-duca-marchese-del-friuli-re-d-italia-imperatore_(Dizionario-Biografico)/). In:
Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. IX, Roma: Istituto della Enciclopedia italiana, 1967
Voci correlate
Carlo il Calvo
Carlomanno di Baviera
Gisalberto I Conte di Bergamo
Marca degli Anscarici
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Carlo III il
Grosso
888 - 924
(trono conteso in vari periodi da Guido II di Spoleto, Lamberto da Spoleto, Arnolfo di
Carinzia, Ludovico III il Cieco e Rodolfo II di Borgogna)
Rodolfo II di
Borgogna
e Ugo di
Provenza
(trono conteso)
Predecessore
Successore
915 - 924
interregnum
Controllo di autorit VIAF: 17603855 (http:/ / viaf. org/ viaf/ 17603855) LCCN: n2011038695 (http:/ / id. loc. gov/
authorities/names/n2011038695)
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Guido II di Spoleto
281
Guido II di Spoleto
Guido II di Spoleto
Padre
Guido I di Spoleto
Madre
Itta di Benevento
Consorte Ageltrude
Figli
Lamberto di Spoleto
Religione Cattolico
Motto
Guido da Spoleto (... 894) fu re di Italia (889-894) e imperatore del Sacro Romano Impero (891-894). tavolta
citato con altri numerali, in quanto fu primo imperatore e re d'Italia del suo nome, secondo della dinastia dei Guidoni
(e a quest'ordine fa riferimento il numerale qui usato) e terzo duca di Spoleto a nome Guido. La sua identit in
particolare confusa con quella di Guido III di Spoleto, suo nipote e predecessore al ducato.
Biografia
Giovent
Figlio secondogenito di Guido I, duca di Spoleto e Itta, figlia di Sicone, principe di Benevento, apparteneva al
potente lignaggio dei Guidoni, imparentati con la dinastia Caroligia tramite Adelaide di Lombardia, figlia di Pipino
d'Italia e nonna di Guido.
Guido pass la sua giovent accanto al fratello maggiore Lamberto II, che nel febbraio 860 aveva ereditato il Ducato
di Spoleto. Negli anni seguenti i fratelli furono protagonisti di numerosi atti di ribellione contro l'imperatore
Ludovico II d'Italia, che culminarono il 13 dicembre 867 con il saccheggio di Roma nel mezzo della consacrazione
pontificia di Adriano II. Perdonato numerose volte, Lamberto fu definitivamente deposto nell'871 e sostituito come
duca da Suppone III. Lamberto, e presumibilmente suo fratello Guido, si recarono a Benevento sotto la protezione
del principe Adelchi: fu probabilmente in questo periodo che Guido spos la sorella di Adelchi, Ageltrude.
Dopo la morte di Ludovico II, i fratelli Lamberto e Guido si recarono presso il suo successore Carlo il Calvo e
ottennero il perdono imperiale: Lamberto fu ricostituito come duca di Spoleto, e Guido ottenne il titolo di marchese
Guido II di Spoleto
di Camerino, governando un territorio che si estendeva ad est dell'Appennino, grossomodo tra Ancona e Chieti.
Re d'Italia e Imperatore
Alla deposizione di Carlo il Grosso da parte di Arnolfo (novembre 887),
nell'assenza di eredi legittimi, in virt del suo sangue carolingio fu invitato
in Francia occidentale da Folco il Venerabile, arcivescovo di Reims e suo
parente, perch reclamasse la corona di quel regno. Pare che Guido si
accordasse con Berengario del Friuli, lasciandogli la corona d'Italia in
un'alleanza contro Arnolfo: tuttavia Guido, incoronato a Langres nel marzo
888, si trov come avversario Oddone di Parigi e verso la fine dell'anno fu
costretto a ritirarsi con i suoi partigiani. Giunto in Italia, contest quindi la
corona a Berengario, supportato da Adalberto II, marchese di Tuscia e
marito di sua sorella Rotilde.
Gli eserciti dei due avversari si scontrarono presso Brescia alla fine dell'888
Sigillo di re Guido
e sul fiume Trebbia poco dopo l'Epifania dell'889, e Guido risult vincitore,
ricevendo la Corona Ferrea a Pavia il 16 febbraio 889. Non riusc tuttavia a
sconfiggere definitivamente Berengario, che rimase in possesso della marca del Friuli e cerc alleanza con Arnolfo.
In questo periodo egli restitu al nipote Guido IV, ormai maggiorenne, il Ducato di Spoleto che era stato di suo
padre.
Il 21 febbraio 891 Guido II fu incoronato imperatore a Roma da Stefano V: fu il primo imperatore non disceso
direttamente da Carlomagno. Come motto adott ""Renovatio Regni Francorum"", mirando a stabilire evidentemente
una nuova dinastia ed unire l'Impero sotto il suo potere. L'anno stesso tuttavia venne a morte Stefano V e gli venne
eletto come successore Formoso, suo avversario da molti anni e di simpatie germaniche. Formoso rifiut di
incoronare Lamberto, figlio di Guido II, imperatore al suo fianco ma venne obbligato dal sovrano. A questo punto il
papa, insieme a Berengario del Friuli, si impegn perch Arnolfo attraversasse le Alpi e abbattesse il potere di
Guido. Guido a sua volta tent, tramite Folco il Venerabile, un'alleanza con Carlo il Semplice di Francia occidentale,
che per non gli giov.
Una prima spedizione tedesca scese in Italia nell'estate dell'893, ma fall nel conquistare Pavia. Arnolfo quindi guid
personalmente una seconda spedizione all'inizio dell'894: la sua devastazione efferata di Bergamo gett nel panico le
282
Guido II di Spoleto
283
forze di Guido, che si ritir a Spoleto mentre Milano e Pavia si arrendevano all'invasore. Arnolfo e le sue forze,
minacciate dal cattivo tempo invernale che bloccava i passi montani, e non fidandosi di lasciarsi alle spalle
Berengario del Friuli, abbandonarono l'Italia dopo poche settimane e Guid riconquist rapidamente tutte le citt
perdute. Mor improvvisamente nel novembre di quell'anno sul fiume Taro, tra Piacenza e Parma.
Come erede gli successe il figlio Lamberto, gi incoronato re e imperatore, sotto la tutela della madre Ageltrude.
Predecessore
Re d'Italia
Successore
889 - 894
(trono conteso
a Berengario del Friuli)
Predecessore
Successore
891 - 894
Lamberto da Spoleto
Bibliografia
Portale Medioevo
Portale Storia
Lamberto da Spoleto
284
Lamberto da Spoleto
Lamberto II di Spoleto (880 ca. 898) fu imperatore del Sacro romano impero e re d'Italia (891-898).
Biografia
Figlio di Guido II di Spoleto e di Ageltrude, venne associato giovanissimo al trono dal padre, incoronato imperatore
nell'891 da papa Stefano V. Dopo la morte del papa in quello stesso anno, il suo successore, papa Formoso, fu
costretto ad incoronare Lamberto re di Italia. Il papa chiese tuttavia l'intervento di Arnolfo di Carinzia, che scese in
Italia settentrionale.
Alla morte del padre nell'894, Lamberto si rec a Roma per farsi riconoscere la corona imperiale da papa Formoso,
che tergiversando in attesa di Arnolfo venne imprigionato in Castel Sant'Angelo. Venne liberato nell'896 da Arnolfo
e lo incoron imperatore. Papa Formoso mor tuttavia poco dopo, mentre Arnolfo venne colpito da ictus e dovette
abbandonare la campagna militare.
Ageltrude ottenne dal papa Stefano VI, eletto con il suo appoggio, che venisse un processo contro il suo
predecessore nell'897: il cadavere di papa Formoso venne dunque riesumato, sottoposto a un macabro processo e
condannato e gettato nel Tevere. L'episodio noto nella storiografia come "il concilio del cadavere".
Nell'898 il papa Giovanni IX dichiar nulla l'incoronazione di Arnolfo e appoggi Lamberto, che tuttavia mor
improvvisamente in quello stesso anno durante una battuta di caccia.
Predecessore
Duca di Spoleto
Successore
Guido II di Spoleto
891 - 898
Guido IV di Spoleto
Predecessore
Re d'Italia
Successore
894 - 898
(trono conteso
con Berengario del Friuli
e Arnolfo di Carinzia)
Predecessore
Successore
Guido II di Spoleto
894 - 898
(trono conteso
con Arnolfo di Carinzia dall'896)
Arnolfo di Carinzia
Note
[1] http:/ / viaf. org/ viaf/ 15499148
Arnolfo di Carinzia
285
Arnolfo di Carinzia
Arnolfo
Predecessore
Successore
Nome completo
Altri titoli
896-899
in contesa contro Lamberto da Spoleto fino all'898
Lamberto di Spoleto
Ludovico III il Cieco
dopo vacanza biennale
Arnolfo di Carinzia
Re dei Franchi orientali
Re di Baviera
Re d'Italia
Nascita
ca. 850
Morte
carolingi
Padre
Carlomanno di Baviera
Madre
Liutwwindis
Coniuge
Figli
Oda
Ludovico il Fanciullo, legittimo
Sventibaldo
Ellinrat e
Ratoldo, illegittimi
Arnolfo di Carinzia (ca. 850 Ratisbona, 8 dicembre 899) fu re di Re di Baviera dall'887, Re dei Franchi orientali
dall'888, Re d'Italia dall'894 (perse il trono tra l'895 e l'896 ) e imperatore dall'896 alla sua morte.
Arnolfo di Carinzia
Origine
Figlio illegittimo[1] del futuro Re di Baviera, Re dei Franchi orientali e Re d'Italia, Carlomanno[2], e della sua
concubina[3], Liutwwindis ( prima del 9 marzo 891)[4], di cui non si conoscono gli ascendenti. Secondo alcuni
storici era la stessa donna che poi aveva sposato, ossia la figlia del conte nel Nordgau, Ernesto I[5], ma il figlio che
gli diede, venne ritenuto illegittimo.
Biografia
Arnolfo crebbe a Moosburg in Carinzia.
Giovent
Nell'870, ricevette dal padre, Carlomanno, che governava la Baviera, la marca orientale (Carinzia e Pannonia)[6]
Nell'876, alla morte del nonno, Ludovico II il Germanico, suo padre, Carlomanno, divenne Re dei Franchi orientali,
che un in realt era solo un titolo, in quanto ottenne il regno di Baviera che comprendeva oltre alla Baviera, la
Pannonia, la Carinzia, la Boemia e la Moravia, che suo padre gi governava dall'865, con annesso titolo regale[7], ma
non aveva la possibilit di intervenire nei regni che avevano ereditato i suoi due fratelli,fratelli, Ludovico, che regava
in Sassonia, che comprendeva oltre alla Sassonia, la Turingia, la Franconia e la Lotaringia orientale, e Carlo il
Grosso, che regava in Alemannia, che comprendeva oltre alla Alemannia, la Svevia e la Rezia. Il padre diede ad
Arnolfo l'incarico di difendere la frontiera orientale del regno, nominadolo "prefetto della marca orientale".
Nell'879, dopo aver averne conquistato la corona, suo padre, Carlomanno, colto da grave malore, dovette lasciare
l'Italia a suo fratello, Carlo il Grosso e non essendo pi in grado di seguire gli affari di stato affid ad Arnolfo, il
governo del regno di Baviera[6], ma, l'altro fratello, Ludovico, intervenne obbligando Arnolfo a consegnargli il
regno, che occup[8].
Alla sua morte, avvenuta nel mese di aprile 880[9][10], Carlomanno fu tumulato a Alttting[8] e Arnolfo ottenne il
ducato di Carinzia[6], mentre il fratello, Ludovico il giovane ottenne il suo titolo regale (Re dei Franchi orientali) ed
il regno di Baviera ed il terzo fratello, Carlo il Grosso ottenne il Regno d'Italia dove venne incoronato a Ravenna.
Nel maggio 882, quando suo zio Carlo il Grosso assunse formalmente il titolo di re dei Franchi orientali, Arnolfo fu
nominato duca di Baviera. Alla testa dell'esercito bavaro, combatt a lungo contro Svatopluk I (re di Moravia) e
contro i Normanni. Pochi mesi dopo la sua nomina Arnolfo venne coinvolto nella Guerra dei Guglielmidi, una
rivolta contro il marchese di Pannonia Aribone di Pannonia (genero di Gugliemo II di Pannonia), guidata da
Engelschalk II nipote del precedente marchese Guglielmo II di Pannonia. Furono i ribelli che, messi in difficolt
dall'intervento dei Moravi al fianco di Aribone, implorarono l'aiuto di Arnolfo eleggendolo loro re. Il duca di Baviera
si un quindi alla ribellione, che si concluse solo l'anno successivo per intervento di re Carlo: il marchese Aribone
mantenne la marca, il re Svatopluk I della Grande Moravia accett la sovranit di Carlo e il suo dominio venne
integrato nel regno di Germania, e Arnolfo fu perdonato, sottomettendosi allo zio ma conservando il titolo regale.
286
Arnolfo di Carinzia
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Dinastia carolingia
(Sovrani dei Franchi dell'est)
Ludovico II il Germanico
Figli
Carlomanno di Baviera
Ludovico il Giovane
Carlo il Grosso
Carlomanno di Baviera
Figli
Arnolfo di Carinzia
Ludovico il Giovane
Carlo III il Grosso
Arnolfo di Carinzia
Figli
Ludovico il fanciullo
Sventibaldo,
re di Lotaringia
Ludovico IV il Fanciullo
Arnolfo di Carinzia
La deposizione di Carlo il Grosso port allo smembramento dell'Impero Carolingio in vari regni minori: Oddone fu
proclamato re di Francia da una dieta svoltasi a Compigne[12]. In Italia, Berengario del Friuli e Guido II di Spoleto
finirono per contendersi la corona di re d'Italia.
Il 13 gennaio 888, alla morte di Carlo il Grosso, Arnolfo fu consacrato re dei Franchi Orientali[6] e come primo atto,
nel febbraio di quell'anno fece una donazione all'abbazia di Herrieden, in memoria del padre[4].
Come unico carolingio, seppur illegittimo, riusc ad avere una certa superiorit sugli altri regnanti e fu dominante
nella scena politica europea, estendendo il suo potere alla vecchia Lotaringia, contestatagli da Rodolfo I di
Borgogna, a cui riconobbe la sola Borgogna ed il titolo di re di Borgogna e investendo con la sua autorit Ludovico
figlio di Bosone come re di Provenza. Dopo l'elezione di Oddone a re dei Franchi occidentali, l'arcivescovo di
Reims, Folco, sfidando Oddone, offr tale corona ad Arnolfo[6], che rifiut, ottenendo in un incontro a Worms, una
parziale sottomissione di Oddone di Parigi. Nell'888 si rec in Italia dove era stato eletto re Berengario del Friuli, e
ricevette da questo formale sottomissione.
Arnolfo era nelle condizioni di reclamare la corona imperiale ma, trattenuto in Germania dalla pressione dei
Normanni, nelle regioni settentrionali del suo regno, perse l'occasione: nell'889 Guido II di Spoleto, gi avversario di
Oddone di Parigi come re di Francia occidentale, ottenne la corona d'Italia e il controllo di Roma dove, nel febbraio
891, si fece incoronare imperatore. Nello stesso periodo, Arnolfo, nell'889, aveva ricevuto una delegazione di
Vikinghi, ottenendo un accordo di pace, che ben presto fu infranto e i Vikinghi danesi, nell'891, avevano invaso la
Lotaringia, ottenendo una grande vittoria a La Gueule, dal conte di Lotaringia; ma prima che l'anno terminasse
Arnolfo intervenne e si prese la rivincita sulle sponde del Dyle (battaglia di Lovanio), facendo cessare le scorrerie
dei Vikinghi, nel suo regno[6].
Arnolfo intervenne nella lotta tra i re dei Franchi occidentali; approfittando dell'assenza di Oddone che era
impegnato in Aquitania, l'arcivescovo di Reims, Folco il Venerabile, ord una congiura che port Carlo il Semplice,
ultimo erede legittimo di Carlomagno ad essere incoronato come Carlo III re dei Franchi occidentali a Reims, il 28
gennaio 893[13] che si rec da Arnolfo di Carinzia, per ottenere il suo aiuto, ma, secondo Reginone, quando, Arnolfo,
che essendo un carolingio si era espresso a favore di Carlo, si rese conto che Oddone si preparava ad attaccare il suo
regno, prefer rimanere neutrale[14].
Spedizioni in Italia
Invocato da Berengario e da papa Formoso, nell'894 Arnolfo entr
in Italia e conquist Bergamo, Milano e la capitale Pavia, dove si
fece riconoscere re d'Italia, mentre Guido fuggiva nei suoi
possedimenti. Se la conquista era stata facile, il suo mantenimento
lo fu molto meno: Guido aspettava solo il ritiro di Arnolfo, la
fedelt dei vassalli italiani era mutevole, e persino Berengario, cui
era stata negata la corona, appariva ostile e sbarrava la via del
Sigilli di Arnolfo: uno dell'890, il secondo dell'896
Brennero percorsa all'andata. Arnolfo cerc di lasciare l'Italia per
il passo di Bard, ma si trov la strada sbarrata dalle forze di
Anscario I, marchese d'Ivrea, aiutato dal suo nemico Rodolfo di Borgogna, e solo a grande fatica riusc ad
abbandonare il Paese senza grosse perdite. Allora cerc di aggredire Rodolfo di Borgogna, che evit di combattere
ritirandosi sui monti. Diede incarico al figlio illegittimo, Sventibaldo, di combattere Rodolfo, ma senza esito.
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Arnolfo di Carinzia
Ultimi anni
Arnolfo pass gli anni seguenti in Germania senza intraprendere altre spedizioni di nota, a causa della salute
precaria, e fu assorbito dal tenere a bada vassalli ribelli e difendere i confini orientali del regno.
Carlo il Semplice, appena eletto re dei Franchi occidentali, nell'898, per portare i confini del suo regno sino alla riva
sinistra del Reno, aveva manifestato un interesse verso la Lotaringia, invadendola e arrivando sino ad Aquisgrana,
ma la reazione di Sventiboldo, re di Lotaringia dall'895, lo costrinse a ritirarsi.
Sempre nell'898 papa Giovanni IX invalid la sua incoronazione imperiale col pretesto che era stata estorta con la
forza.
Infine, nel giugno dell'899, secondo l'Herimanni Augensis Chronicon, sua moglie, la regina Oda fu diffamata di aver
compiuto adulterio con uno sconosciuto, ma fu assolta nel convento di Ratisbona, grazie al giuramento di 72
testimoni[15].
Poche settimane dopo tuttavia il re fu colto nuovamente da ictus: si parl di avvelenamento e molti supposti membri
di una congiura furono giustiziati.
Arnolfo tuttavia non si riprese, e l'8 dicembre di quell'anno, secondo gli Annales Necrologi Prumienses[10] mor a
Ratisbona, a 49 anni, ed il cronista Reginone ricorda fu sepolto nella benedettina Abbazia di Sant'Emmerano a
Alttting, accanto al padre Carlomanno[8].
Dopo la morte di Arnolfo, il figlio legittimo, Ludovico il Fanciullo, divenne Re dei Franchi orientali, mentre il figlio
illegittimo, Sventibaldo ricevette la Lotaringia, ed ad un certo Liutpoldo concesse il ducato di Baviera[3], mentre il
Regno d'Italia ed il titolo di imperatore sarebbero toccati l'anno dopo al re di Provenza, Ludovico.
Discendenza
Presumibilmente, nell'888, Arnolfo spos Oda[16]( dopo il 30 novembre 903), che secondo lo storico francese
Christian Settipani, esperto di genealogie era imparentata con la famiglia dei Corradiani[6], deducendolo dalla
Diplomata n 89, del 19 maggio 891, in cui Arnolfo, definendolo conte e nipote nostro, cita Corrado il Giovane[17]
( nel 918), figlio del conte Corrado il vecchio ( nel 906), che di Oda poteva essere fratello o cugino. Comunque
Arnolfo da Oda ebbe un figlio:
Ludovico il Fanciullo[18] (893 - 911), Re dei Franchi Orientali e poi re di Lotaringia.
289
Arnolfo di Carinzia
Arnolfo ebbe poi diverse amanti; una, verso l'870, fu Vinburga ( dopo il 18 maggio 898), che viene citata in due
Diplomata di Arnolfo, la n 160[19]e la N 162[20], in cui risulta che gli diede un figlio illegittimo:
Sventibaldo (870/1 - 900), che secondo gli Annales Vedastini divenne re di Lotaringia, nell'895[21];
una seconda amante, tra l'870 e l'875, fu Ellinrata ( dopo il 23 maggio 914), come ci viene confermato da una
Diplomata di Corrado il Giovane, re dei Franchi orientali[22], che gli diede una figlia:
Ellinrata ( dopo il 23 maggio 914), che citata nella stessa Diplomata n 20 di Corrado il Giovane, in cui citata
sua madre[22], e, secondo gli Annales Fuldenses venne rapita da Engelschalk II, Margravio della Marca Orientale,
che, nell'893, a Ratisbona venne accecato[23];
infine della terza amante di Arnolfo non si consce il nome e anche da questa ebbe un figlio:
Ratoldo (? - dopo l'896), citato con Sventibaldo nell'Herimanni Augensis Chronicon, e definiti figli di Arnolfo
nati da una concubina[24] e che secondo il Reuter fu nominato dal padre vice-re d'Italia, nell'896[6].
Note
[1] Rerum Gallicarum et Francicarum Scriptores, tomus IX; Chronologicus , Pag LXV (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k501279/ f70.
image#ES)
[2] Monumenta germaniae Historica, tomus IX; Genealogiae Comitum Flandriae , Pag 303 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000841_00312. html?sortIndex=010:050:0009:010:00:00#ES)
[3] Monumenta Germaniae Historica, tomus XVII: Annales Ducum Bavariae, Pag 366 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/
bsb00000842. html?pageNo=366& sortIndex=010:050:0017:010:00:00#ES)
[4] Monumenta Germaniae Historica, Diplomata Regum Germaniae ex Stirpe Karolinorum, tomus III: Kaiserkunden Arnolf n 87, pag. 129
(http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/ bsb00000435_00168. html?sortIndex=030:030:0003:010:00:00#ES)
[5] Annales Bertiniani, pag 106 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f128. image#ES)
[6] | Foundation for Medieval Genealogy :re di Germania - ARNULF (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ GERMANY, Kings.
htm#Arnulfdied899B#ES)
[7] Annales Bertiniani, pag 142 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f164. image#ES)
[8] Monumenta Germaniae Historica, tomus I: Reginonis Chronicon, Pag 592 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/ bsb00000868.
html?pageNo=592& sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[9] Monumenta Germaniae Historica, tomus I: Annalium Fuldensium Pars tertia, anno 882 , Pag 393 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000868. html?pageNo=393& sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[10] Monumenta Germaniae Historica, tomus XIII: Annales Necrologi Prumienses , pag. 219 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/
bsb00000875. html?pageNo=219& sortIndex=010:050:0013:010:00:00#ES)
[11] Foundation for Medieval Genealogy :GERMANY - CHARLES (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ GERMANY, Kings.
htm#LudwigIIleGermaniqueB#ES)
[12] Il legittimo erede al trono, della stirpe dei carolingi, Carlo, figlio postumo di Luigi il Balbo e fratellastro di Carlomanno era ancora un
bimbo. Per questo motivo, che il nuovo re non era un carolingio, le contee della marca di Spagna, guidate dalla contea di Barcellona, non
riconobbero Oddone come re, e cominciarono a guardare verso la penisola iberica e, di l a poco, iniziarono a prendere parte alla reconquista
della penisola contro i musulmani di al-Andalus
[13] Foundation for Medieval Genealogy : Re di Francia - CHARLES (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ CAROLINGIANS.
htm#CharlesIIIleSimpleFrancesB#ES)
[14] Monumenta Germaniae Historica,Scriptores, tomus I; Reginonis Chronicon anno 893, pag 605 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000868. html?pageNo=605& sortIndex=010:050:0001:010:00:00& zoom=0. 50#ES)
[15] Monumenta Germaniae Historica, tomus V: Herimanni Augensis Chronicon, Pag 111 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/
bsb00000872. html?pageNo=111& sortIndex=010:050:0005:010:00:00#ES)
[16] Monumenta Germaniae Historica, Diplomata Regum Germaniae ex Stirpe Karolinorum, tomus III: Kaiserkunden Arnolf n 44, pag. 63
(http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/ bsb00000435. html?pageNo=63& sortIndex=030:030:0003:010:00:00#ES)
[17] Monumenta Germaniae Historica, Diplomata Regum Germaniae ex Stirpe Karolinorum, tomus III: Kaiserkunden Arnolf n 89, pag. 131
(http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/ bsb00000435_00170. html?sortIndex=030:030:0003:010:00:00#ES)
[18] Monumenta Germaniae Historica, tomus I: Annalium Fuldensium Pars quinta, anno 893 , Pag 409 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000868_00444. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[19] Monumenta Germaniae Historica, Diplomata Regum Germaniae ex Stirpe Karolinorum, tomus III: Kaiserkunden Arnolf n 160, pag. 243
(http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/ bsb00000435_00282. html?sortIndex=030:030:0003:010:00:00#ES)
[20] Monumenta Germaniae Historica, Diplomata Regum Germaniae ex Stirpe Karolinorum, tomus III: Kaiserkunden Arnolf n 162, pag. 246
(http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/ bsb00000435_00285. html?sortIndex=030:030:0003:010:00:00#ES)
290
Arnolfo di Carinzia
[21] Monumenta Germaniae Historica, tomus II: Annales Vedastini, anno 895 , Pag 207 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/
bsb00000869. html?pageNo=207& sortIndex=010:050:0002:010:00:00#ES)
[22] Monumenta Germaniae Historica, Diplomata Regum et Imperatorum Germaniae, tomus I: Kaiserkunden Konrad I n 20, pag. 19 (http:/ /
www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/ bsb00000442. html?pageNo=19& sortIndex=030:040:0001:010:00:00#ES)
[23] Monumenta Germaniae Historica, tomus I: Annalium Fuldensium Pars quinta, anno 893 , Pag 408-409 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/
object/ display/ bsb00000868_00443. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[24] Monumenta Germaniae Historica, tomus V: Herimanni Augensis Chronicon, Pag 110 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/
bsb00000872. html?pageNo=110& sortIndex=010:050:0005:010:00:00#ES)
Bibliografia
Fonti primarie
(LA) Rerum Gallicarum et Francicarum Scriptores, tomus IX (http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k501279|).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, tomus IX (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
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(LA) Monumenta Germaniae Historica, Diplomata Regum Germaniae ex Stirpe Karolinorum, tomus III (http://
www.dmgh.de/de/fs1/object/display/bsb00000435_meta:titlePage.
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(LA) Annales Bertiniani (http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k215043h/f1.image).
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(LA) Monumenta Germaniae Historica, tomus I (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000868_00001.html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00|).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, tomus V (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000872_00003.html?sortIndex=010:050:0005:010:00:00|).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, tomus II (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000869_00002.html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00|)
(LA) Monumenta Germaniae Historica, Diplomata Regum et Imperatorum Germaniae, tomus I (http://www.
dmgh.de/de/fs1/object/display/bsb00000442_00002.html?sortIndex=030:040:0001:010:00:00|).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, tomus XIII (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000875_00003.html?sortIndex=010:050:0013:010:00:00&zoom=0.50|)
Letteratura storiografica
Ren Poupardin, I regni carolingi (840-918), in Storia del mondo medievale, vol. II, 1999, pp. 583-635
Allen Mayer, I vichinghi, in Storia del mondo medievale, vol. II, 1999, pp. 734-769
Louis Halphen, Il regno di Borgogna, in Storia del mondo medievale, vol. II, 1999, pp. 807-821
Voci correlate
291
Arnolfo di Carinzia
292
Altri progetti
Collegamenti esterni
(EN) | Foundation for Medieval Genealogy :re di Germania - ARNULF (http://fmg.ac/Projects/MedLands/
GERMANY, Kings.htm#Arnulfdied899B)
(EN) | Foundation for Medieval Genealogy :GERMANY - ARNULF (http://fmg.ac/Projects/MedLands/
GERMANY, Kings.htm#Arnulfdied899A)
(EN) Genealogy: Carolingi - Arnulf (http://genealogy.euweb.cz/carolin/carolin1.html#L2)
(DE) Onlineversion (http://ri-regesten.adwmainz.de) dei Regesta Imperii
Successioni
Predecessore
Successore
888 - 899
Ludovico IV il Fanciullo
Predecessore
Re d'Italia
Successore
896 - 899
(trono conteso con Berengario del Friuli
e Lamberto da Spoleto)
Predecessore
Successore
Lamberto di Spoleto
896 - 899
in contesa contro Lamberto da Spoleto fino all'898
Predecessore
Duca di Baviera
Successore
Carlo III
887-899
Ludovico IV
Controllo di autorit VIAF: 10639440 (http:/ / viaf. org/ viaf/ 10639440) LCCN: nb2004000816 (http:/ / id. loc. gov/
authorities/names/nb2004000816)
Portale Biografie
Portale Medioevo
Portale Storia
293
901-905
Predecessore
Arnolfo di Carinzia
dopo vacanza biennale
Successore
Altri titoli
Re d'Italia
(trono conteso
con Berengario del Friuli)
In carica
900
905
Re di Provenza
In carica
887
928
Predecessore Bosone I
Successore
Ugo I
ca. 882
Morte
Dinastia
Bosonidi
Padre
Bosone I di Provenza
Madre
Ermengarda d'Italia
Coniugi
Anna di Costantinopoli o
Macedonia
Adelaide di Borgogna
Figli
Ludovico di Provenza detto anche Luigi il Cieco (ca. 882 [[Arles[1]]], 28 giugno 928) , fu re di Provenza dall'887
alla sua morte, anche re d'Italia, dal 900 al 905 e imperatore d'Occidente, dal 901 al 905.
294
Origine
Figlio del Re di Provenza, Bosone I (nel documento n 12 del Cartulaire de l'abbaye de Saint-Andr-le-Bas de
Vienne Ludovico si firma figlio di re Bosone[2]) e di Ermengarda d'Italia (come confermato in Herimanni
Augiensis Chronicon[3]), figlia del Re d'Italia, poi Imperatore del Sacro Romano Impero dall'855 ed anche re di
Provenza, Ludovico II il Giovane (per cui Ludovico, per parte di madre, un carolingio) e di Engelberga d'Alsazia,
di cui non si conoscono gli ascendenti[4], ma quasi certamente, da parte di padre, erano della famiglia dei Supponidi,
di origine longobarda e, secondo alcuni storici (vedi l'enciclopedia medievale tedesca, Lexikon des Mittelalters),
Engelberga era probabilmente la figlia di Adelchi I conte di Parma e duca di Spoleto e secondo lo storico francese
Christian Settipani, esperto di genealogie era cugina di Suppone III[4]; mentre la madre, secondo lo storico,
Jean-Nol Mathieu, poteva essere, Emma di Baviera, in quanto l'imperatore Carlo il Grosso la definisce sorella[5]
(dilectam sororem nostram)[6]. Bosone I era figlio del conte Bivin di Vienne (822-877)[2], (a sua volta figlio di
Riccardo II, conte di Amiens, e della moglie di cui non si conoscono, n il nome, n gli ascendenti[7]) e di Richilde,
figlia di Bosone il Vecchio (?-855), conte del Valais, conte di Arles ed anche conte in Italia, considerato il
capostipite della dinastia Bosonide.[8].
Dinastia bosonide
Bosone il Vecchio
Bivin di Vienne
Regno di Provenza
Bosone I
Ludovico III
Ducato di Borgogna
Riccardo
Rodolfo
Ugo
Gilberto
Oddone
Enrico I
295
Ottone I Guglielmo
Modifica
[9]
Suo padre, Bosone era inoltre il fratello di Riccardo detto il Giustiziere e di Richilde di Provenza ed erano suoi zii (o
da parte di padre oppure di madre), Teutberga (?-876), moglie del re di Lotaringia, Lotario II[10] e Uberto del Valais
(?-864), abate dell'abbazia di Saint Maurice-in-Valais[11].
Biografia
La data di nascita di Ludovico, nella seconda met dell'882 o dopo determinata dal fatto che quando la citt di
Vienne, che era stata posta sotto assedio dal re titolare di Provenza, re d'Aquitania e da poco pi di un mese anche re
dei Franchi occidentali, Carlomanno II, nell'882, era stata conquistata da suo zio (il fratello di suo padre Bosone), il
duca di Borgogna, Riccardo il Giustiziere che quando, secondo gli Annales Bertiniani, sua madre Ermengarda e la
sorellina, Engelberga (la parentela tra Ludovico ed Engelberga viene confermata dal documento n 205 dell'abbazia
di Cluny, datato gennaio 917, riferente di una donazione all'abbazia stessa[12]), furono condotte nella contea di
Autun, presso Riccardo il Giustiziere, di Ludovico non viene fatto alcun cenno[13].
Alla morte del padre, nel gennaio 887[14], la madre Ermengarda venne nominata reggente del regno con l'aiuto del
conte di Autun, Riccardo il Giustiziere, fratello di Bosone e futuro (888) duca di Borgogna. Nel maggio 887, la
madre, con Ludovico, si rec dall'imperatore Carlo III il Grosso[14], che, adott Ludovico, confermandolo re di
Provenza (secondo lo storico francese Christian Settipani, il fatto di essere stato adottato da Carlo il Grosso, permise
poi l'incoronazione di Ludovico a re di Provenza[1]).
Nel maggio 889 Ludovico si rec con la madre a fare atto di sottomissione al nuovo re dei Franchi orientali o re di
Germania Arnolfo di Carinzia. Atto ripetuto nel 894.
Nell'890, sempre secondo lo storico Settipani, l'alto clero ed i grandi feudatari, riuniti a Valence, con l'approvazione
di Arnolfo di Carinzia e del papa Stefano VI, incoronarono Ludovico re di Provenza e della Borgogna Cisgiurana (il
regno venne denominato indifferentemente di Provenza o di Borgogna Cisgiurana), con la reggenza della madre[1].
Nell'896 dovette combattere i Saraceni (che dall'889 avevano una base a Frassineto, Provenza) che devastavano la
Provenza. La sorella Engelberga spos (898) il duca Guglielmo il Pio, conte di Lione e di Mcon, come viene
confermato dal documento n 112 dell'abbazia di Cluny, dell'11 settembre 910[15].
Nel 900, i nobili dell'Italia del nord[16], che da due anni era devastata dalle scorrerie degli Ungari, fecero appello a
Ludovico, re di Provenza e nipote dell'imperatore Ludovico II, che, accett l'invito e, nel settembre del 900, giunse
in Italia, dove il re d'Italia Berengario del Friuli[17], abbandonato da tutti si dovette ritirare al di l del Mincio[18], per
cui Ludovico conquist Pavia, dove il 12 ottobre 900 fu incoronato re d'Italia[1]. Poi, accompagnato dai maggiorenti
del regno, prosegu per Roma, dove, nel febbraio del 901, il papa Benedetto IV lo cinse della corona imperiale[1].
Nel 902, Berengario del Friuli, che due anni prima era stato spodestato, marci su Pavia, con un grosso esercito (la
situazione, nell'arco di un anno era mutata (nel 901 il Nord Italia era stato devastato dagli Ungari, che aveva portato
distruzione e morte[19]) e molti nobili italiani erano tornati a schierarsi con Berengario.</ref>, dove lo assedi e, a
patto che Ludovico non tornasse pi in Italia, gli concedette il permesso di ritirarsi in Provenza, mantenendo il titolo
di imperatore[1].
Nel 905:
Ludovico, secondo le Europische Stammtafeln[20], vol II, 189 (non consultate), spos Anna di Constantinopoli o
Anna di Macedonia (890 - 912)[21], figlia dell'imperatore Bizantino Leone VI; secondo alcuni storici questo
matrimonio non fu mai celebrato (anche perch Anna non risulta citata in alcun documento di Ludovico) e Anna
non lasci mai Bisanzio, dove sarebbe morta verso il 904[1].
ritorn in Italia, chiamato dai feudatari[22], e Berengario, vedendosi in inferiorit, si ritir, ma non pot chiudersi
in Verona, sua principale roccaforte, perch il vescovo della citt aveva aperto le porte a Ludovico, che la
Discendenza
Ludovico ebbe un solo figlio da Anna:
Carlo Costantino[26] (905/10-963) conte di Vienne, avrebbe dovuto succedere al padre, ma siccome da alcuni era
ritenuto illegittimo, non fu mai incoronato re, e a parte la contea di Vienne non ebbe mai un effettivo potere sulla
Provenza.
Pare che Ludovico ebbe un solo figlio anche da Adelaide:
Rodolfo (?-dopo il 929) citato nel documento n 379 dell'abbazia di Cluny, come figlio di Ludovico ("Rodulfi filii
Ludowici imperatoris")[27].
Note
[1] #ES Foundation for Medieval Genealogy :re di Provenza - LOUIS (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ PROVENCE.
htm#LouisKingProvencedied928)
[2] Cartulaire de l'abbaye de Saint-Andr-le-Bas de Vienne, documento n 12, Pag 221 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k73396t/ f279.
image#ES)
[3] Monumenta Germaniae Historica, tomus V; Herimanni Augiensis Chronicon, anno 887, Pag 109 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000872. html?pageNo=109& sortIndex=010:050:0005:010:00:00#ES)
[4] Foundation for Medieval Genealogy : Nobilt dell'Italia centrale - Engelberga (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ CENTRAL ITALY.
htm#Engelbergadied896901#ES)
[5] Engelberga poteva essere sorella uterina di Carlo il Grosso, nata da un precedente matrimonio di Emma di Baviera
[6] Monumenta Germaniae Historica, Diplomata Regum Germaniae ex Stirpe Karolinorum, tomus II, Pag 37 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/
object/ display/ bsb00000434_00101. html?sortIndex=030:030:0002:010:00:00& zoom=0. 75#ES)
[7] #ES Foundation for Medieval Genealogy : Nobilt della provenza - BUVINUS (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ PROVENCE.
htm#Buvinusdied863)
[8] Per alcuni storici Bivin di Vienne non fu il genero ma il figlio di Bosone il Vecchio e di Richilde, di cui non si conosce la casata
[9] http:/ / it. wikipedia. org/ w/ index. php?title=Bosonide& action=edit
[10] Monumenta Germaniae Historica, tomus I: Reginonis Chronicon, pag. 572 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000868_00608. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00& zoom=0. 50#ES)
296
Bibliografia
Fonti primarie
(LA) Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, tomus V (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000872_00003.html?sortIndex=010:050:0005:010:00:00|).
(LA) Monumenta Germanica Historica, Scriptores, tomus I (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000868_00001.html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00|).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, Diplomata Regum Germaniae ex Stirpe Karolinorum, tomus II (http://
www.dmgh.de/de/fs1/object/display/bsb00000434_00002.html?sortIndex=030:030:0002:010:00:00&
zoom=0.75|).
(LA) Annales Bertiniani (http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k215043h/f1.image).
(LA) Cartulaire de l'abbaye de Saint-Andr-le-Bas de Vienne (http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k73396t).
(LA) Recueil des Chartes de l'Abbaye de Cluny, tome I (http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k28908j/f3.
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(LA) Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, tomus III (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000870_00003.html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00|).
297
298
Letteratura storiografica
Ren Poupardin, I regni carolingi (840-918), in Storia del mondo medievale, vol. II, 1999, pp. 583-635
C.W. Previt-Orton, L'Italia nel X secolo, in Storia del mondo medievale, vol. II, 1999, pp. 662-701
Louis Halphen, Il regno di Borgogna, in Storia del mondo medievale, vol. II, 1999, pp. 807-821
Voci correlate
Collegamenti esterni
(EN) | Foundation for Medieval Genealogy :re di Provenza - LOUIS (http://fmg.ac/Projects/MedLands/
PROVENCE.htm#LouisKingProvencedied928)
(EN) | Foundation for Medieval Genealogy : re d'Italia - LOUIS (http://fmg.ac/Projects/MedLands/
GERMANY, Kings.htm#Arnulfdied899A)
(EN) Genealogy: Bosonidi - Louis III "l'Aveugle" (http://genealogy.euweb.cz/french/boson.html#Lo3)
Successioni
Predecessore
Re di Provenza
Successore
Bosone
887 - 928
Ugo
Predecessore
Re d'Italia
Successore
900 - 905
(trono conteso
con Berengario del Friuli)
Predecessore
Successore
Arnolfo di Carinzia
ante vacanza biennale
901 - 905
Portale Medioevo
Portale Storia
Rodolfo II di Borgogna
299
Rodolfo II di Borgogna
Rodolfo II
Re di Arles o delle due Borgogne
In carica
933- 937
Predecessore
Successore
fu il primo
Corrado III di Borgogna
Altri titoli
Re di Borgogna Transgiurana
In carica
911
933
fu l'ultimo
Re d'Italia
In carica
[1]
922
933
Ugo di Provenza
Nascita
ca. 888
Morte
937
Padre
Rodolfo I di Borgogna
Madre
Willa di Provenza
Coniuge
Figli
Berta di Svevia
Giuditta
Corrado III di Borgogna
Burcardo
Adelaide di Borgogna e
Rodolfo
Rodolfo II di Borgogna (ca. 888 937) fu Re di Borgogna Transgiurana dal 911 al 933, poi re d'Italia dal 922 al
933 ed infine Re di Arles o delle due Borgogne dal 933 alla sua morte.
Origine
Figlio del conte e poi re di Borgogna Transgiurana, Rodolfo I (come ci conferma l'Herimanni Augiensis
Chronicon[3] e della moglie, Willa di Provenza (873-929, figlia del re di Provenza Bosone (che fosse la figlia di
Bosone confermato da due documenti dei Recueil des chartes de l'abbaye de Cluny, tomus I, n* 633 e 631
entrambi del 943, in cui il re di Arles, Corrado I, cita il nipote di Willa, Carlo Costantino, definendolo parente[4][5]) e
della sua prima moglie di cui non si conoscono n generalit n ascendenti (l'esistenza di questa[3] moglie
Rodolfo II di Borgogna
300
confermata dagli Annales Fuldenses, che affermano che il conte di Provenza, Bosone, avvelen la (prima) moglie[6]
e non (come erroneamente da alcuni viene sostenuto) di Ermengarda d'Italia, figlia dell'imperatore Luigi il Giovane e
di Engelberga d'Alsazia. Rodolfo I era figlio del conte di Auxerre e poi conte di Borgogna Transgiurana, Corrado
II[7] (ca. 835-876), e di Waldrada, come risulta dalle Mmoires concernant l'histoire civile et ecclsiastique
d'Auxerre et de son ancient diocese, in cui il nuovo re dei Franchi occidentali, Luigi il Balbo, dopo la morte del
marito, la conferma proprietaria dell'abbazia di Saint-Germain d'Auxerre[8], di cui non si conoscono gli ascendenti.
Biografia
Sempre secondo l'Herimanni Augiensis Chronicon, nel 912, alla
morte del padre, Rodolfo I, Rodolfo gli successe sul trono della
Borgogna Transgiurana[3], come Rodolfo II.
Rodolfo, appena salito al trono cerc di ampliare i territori del
regno a scapito dei vicini[9], ma, nel 919, poco dopo l'elezione a re
di Germania di Enrico I di Sassonia, fu sconfitto a Winterthur, dal
duca di Svevia, Burcardo II[10], riuscendo per a conservare le
contee di Argovia e Turgovia[9], a est del fiume Aar, appena
conquistate (secondo lo storico britannico, Austin Lane Poole,
Rodolfo ottenne i territori ad est del fiume Aar, in seguito al suo
matrimonio o addirittura dopo la morte del suocero[11]), in quanto
Burcardo dovette far fronte al nuovo re di Germania, Enrico I[10],
detto l'uccellatore.
Nel 922, sia per gli Annales Sangallenses Maiores che secondo il
cronista Liutprando, spos Berta di Svevia[12] (907- dopo l'8 aprile
962[13]), detta la Filandina, figlia del duca di Svevia e di Sassonia, Burcardo II[14], e pare che in questa occasione a
Rodolfo fu confermato il suo dominio sui territori a est del fiume Aar (sempre secondo lo storico britannico, Austin
Lane Poole, la conferma di tale cessione da parte di Enrico I si ebbe al concilio di Worms, nel novembre 926, in
cambio della Sacra Lancia, donata da rodolfo ad Enrico[11]).
Verso la fine del 921, una parte della nobilt italiana, guidata dal marchese Adalberto I di Ivrea (?-924)[15], aveva
offerto a Rodolfo II la corona d'Italia[16]. Rodolfo accett, attravers le Alpi, si diresse su Pavia, capitale del regno,
ed entrato in citt, dalla maggior parte dei notabili, fu eletto re d'Italia[16], in contrapposizione a Berengario del
Friuli, che oltre che re d'Italia era anche imperatore. Rodolfo, nel febbraio del 922, fu incoronato re d'Italia a
Pavia[16], mentre Berengario, accusato di vigliaccheria per aver lasciato entrare nella penisola i suoi alleati Ungari,
resisteva a Verona[17]. La guerra continu e nel 923, Berengario sconfitto, con pesanti perdite (ca. 1500 morti) da
Rodolfo, a Fiorenzuola d'Arda, vicino a Piacenza[16], si ritir nuovamente a Verona, dove, il 7 aprile 924, fu
assassinato[17] da un suo vassallo[18], mettendo fine cos alla guerra[16].
Rodolfo, quindi govern sia l'Italia che la Borgogna Transgiurana, risiedendo alternativamente in ambedue i regni.
In quello stesso 924 Rodolfo trov un accordo con Ugo di Provenza per combattere gli Ungari che erano penetrati in
Provenza, ed insieme li ricacciarono nella Gotia, al di l del Rodano[19].
Nello stesso anno per, mentre Rodolfo si trovava in Borgogna, l'Italia settentrionale fu attaccata dagli Ungari, che
devastarono la Lombardia e incendiarono Pavia; allora, nel corso del 925, la vedova di Adalberto I e sorellastra di
Ugo, Ermengarda si un al proprio fratello, Guido di Toscana e all'arcivescovo di Milano, Lamperto, si ribellarono a
Rodolfo[20], che tent di ritornare in italia dalla Borgogna, ma per due volte gli impedirono di rientrare nel regno
d'Italia[20]. Nel 926, Rodolfo fece un ultimo tentativo di rioccupare il regno d'Italia, chiedendo aiuto all duca di
Svevia, Burcardo II, suo suocero da alcuni anni, che per, nell'aprile di quello stesso anno, venne ucciso in
un'imboscata[16], presso Novara[21]. Dopo di che Rodolfo lasci l'Italia e, attraversate le Alpi, rientr in
Rodolfo II di Borgogna
Borgogna[16]. Dopo che Rodolfo aveva lasciato definitivamente l'Italia, i nobili che gli si erano ribellati contro, in
accordo con la nobilt che aveva appoggiato Berengario offrirono il trono ad Ugo[16], marchese di Provenza[22], che
l'accett e dopo essere sbarcato nei pressi di Pisa, proveniente dalla Provenza[23], il 6 luglio 926[20] fu incoronato a
Pavia[23].
Dopo i rovesci subiti da Ugo, nuovo re d'Italia in
contrapposizione a Rodolfo, negli ultimi anni (tra cui
un nuovo attacco degli Ungari ed una ribellione di
Pavia, del 931), i nobili italiani, nel 933 (secondo il
cronista Liutprando, l'accordo tra Ugo e Rodolfo fu
stipulato, nel 931[24]), si recarono in Borgogna per
richiamare il re Rodolfo in Italia[25]; ma, essendone
venuto a conoscenza, Ugo d'Arles invi i suoi
messaggeri a offrire al re di Borgogna, Rodolfo II, tutti
i territori che aveva governato in Provenza, a patto che
Rodolfo non rimettesse pi piede in Italia[24]. Rodolfo
accett[24] e cos, in quell'anno (933), dall'unione della
Borgogna Transgiurana e della Provenza (che
inccudeva anche la Borgogna Cisgiurana) ebbe origine
il regno di Arles o delle due Borgogne[25].
Secondo lo storico francese Paul Fournier il regno di
Arles era uno stato nato per volont politica. Le varie
popolazioni che si trovavano sul territorio non erano
unite da nessun saldo legame, la struttura del regno era
cos artificiale che ci volle del tempo, affinch il regno
stesso fosse accetto, anche nella sua denominazione.
Regno di Arles
Alla monarchia non mancava solo il titolo ma anche il
potere reale; il potere era nella mani delle signorie ecclesiastiche di Besanon, Lione e Vienne, poi, nelle contee di
Vienne, Moriana e Provenza ed infine, verso la fine del secolo anche nella contea di Borgogna (Franca Contea), e nel
marchesato di Provenza. Anche per la capitale non vi fu una residenza fissa: Arles era trascurata e i re preferirono
risiedere a Vienne, mentre quando si recavano in Borgogna risiedevano a volte a Basilea, ma preferivano i monasteri
e le abbazie come San Maurizio d'Agauno[26].
La Provenza comunque torn molto presto nelle mani di Ugo e quando Rodolfo mor, secondo il cronista Flodoardo
verso la fine del 937[27], lasciando il regno di Arles in eredit al figlio Corrado, ancora minorenne[27], che govern
sotto la custodia del nuovo re di Germania, Ottone I[28], l'unione dei due regni era solo teorica, almeno sino alla
morte di Ugo (947).
Dopo la morte di Rodolfo II, in quello stesso 937, il 12 dicembre, secondo Liutprando, la vedova, Berta di Svevia,
spos Ugo di Provenza[29], mentre Adelaide di Borgogna, la figlia di Rodolfo II e Berta, veniva fidanzata al figlio di
Ugo, Lotario[28].
301
Rodolfo II di Borgogna
Discendenza
Rodolfo e Berta ebbero quattro[30](o cinque[8]) figli:
Giuditta, citata, come testimone, in un documento del 14 luglio 929, in cui sua zia Adelaide, vedova del duca di
Borgogna, Riccardo il Giustiziere, dopo che si era ritirata nel monastero di Cluny, fece dono al monastero di
Cluny stesso, di un monastero con le sue appendici[13];
Corrado[2] detto il Pacifico (925-993), Re di Arles o delle due Borgogne;
Burcardo[31] (?- ca, 958), vescovo di Losanna e poi Arcivescovo di Lione;
Adelaide[29] ( ca. 931-999), vedova del re d'Italia, Lotario d'Arles (925-950), sposato nel 947, spos nel 951 il re
di Germania, Ottone I (912-973), futuro imperatore del Sacro Romano impero.
Rodolfo[31](?-dopo l'8 aprile 962, in cui citato in un documento del fratello, Corrado<[32]), ricevette il suo feudo
dal re di Germania Ottone I, col documento n 201 del 14 aprile 859[33].
Note
[1] Tra il 922 ed il 924 il trono gli fu conteso da Berengario del Friuli, nel 926 da Ugo di Provenza.
Dal 926 al 933 fu solo Re titolare
[2] Monumenta Germaniae Historica, tomus V, Herimanni Augiensis Chronicon, Pag 113 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000872_00122. html?sortIndex=010:050:0005:010:00:00#ES)
[3] Monumenta Germaniae Historica, tomus V, Herimanni Augiensis Chronicon, Pag 112 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000872_00121. html?sortIndex=010:050:0005:010:00:00#ES)
[4] Recueil des chartes de l'abbaye de Cluny, tomus I, doc. 622, Pag 579 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k28908j/ f635. image. r=cluny
bruel. langFR#ES)
[5] Recueil des chartes de l'abbaye de Cluny, tomus I, doc. 631, Pag 588 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k28908j/ f644. image. r=cluny
bruel. langFR#ES)
[6] Monumenta Germaniae Historica, tomus I: Annalium Fuldensium Pars Tertia , Pag 392 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000868_00427. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00& pageNo=392& zoom=0. 50#ES)
[7] Monumenta Germanica Historica, tomus II: Reginonis Chronicon, anno 888, pag. 598 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/
bsb00000868. html?pageNo=598& sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[8] #ES Foundation for Medieval Genealogy: re di Borgogna - CONRAD (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ BURGUNDY KINGS.
htm#ConradAuxerreMWaldrada)
[9] Louis Halphen, Il regno di Borgogna, pag. 808
[10] Austin Lane Poole, "Germania: Enrico I e Ottone il Grande", pag. 85
[11] Austin Lane Poole, "Germania: Enrico I e Ottone il Grande", pag. 85, nota
[12] Monumenta Germanica Historica, tomus I: Annales Sangallenses Maiores. anno 922, pag. 78 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000868. html?pageNo=78& sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[13] Recueil des Chartes de l'Abbaye de Cluny, tome II, documento 1127, Pag 217 e 218 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k28909w/
f221. image. r=cluny bruel. langFR#ES)
[14] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis II. par. 60, pag. 299 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000870. html?pageNo=299& sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[15] Adalberto I di Ivrea era il genero di Berta di Lotaringia, madre di Ugo di Provenza, reggente di Provenza col titolo di marchese.
[16] Louis Halphen, Il regno di Borgogna, pag. 809
[17] C. W. Previt-Orton, "L'Italia nel X secolo", pag. 668
[18] Secondo alcuni cronisti l'autore dell'omicidio di Berengario era stato istigato da Rodolfo.
[19] Louis Halphen, Il regno di Borgogna, pag. 811
[20] C. W. Previt-Orton, "L'Italia nel X secolo", pag. 669
[21] #ES Foundation for Medieval Genealogy : Nobilt Sveva - BERTA (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ SWABIA. htm#Bertadied961)
[22] Ugo d'Arles governava la Provenza per conto del re Ludovico III il Cieco,
[23] Louis Halphen, Il regno di Borgogna, pag. 812
[24] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis III. par. 47, pag. 314 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000870_00327. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[25] C. W. Previt-Orton, "L'Italia nel X secolo", pag. 672
[26] Paul Fournier, "Il regno di Borgogna o d'Arles dal XI al XV secolo", pagg. 385 e 386
[27] Monumenta Germaniae Historica, tomus III, Flodoardi Annales, Pagg. 384 e 385 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000870_00397. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[28] Louis Halphen, Il regno di Borgogna, pag. 813
302
Rodolfo II di Borgogna
[29] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis IV. par. 12, pag. 319 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000870. html?pageNo=319& sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[30] #ES Genealogy: Casato dei Guelfi -Rudolf II (http:/ / genealogy. euweb. cz/ welf/ welf1. html#R1)
[31] Rerum Gallicarum et Francicarum Scriptores, tomus IX: Diplomata Reginarum VI, Diploma Berth Regin Burgundi, pag. 667 (http:/ /
gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k501279/ f812. image#ES)
[32] Recueil des chartes de l'abbaye de Cluny, tomus II, doc. 1127, Pag 218 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k28909w/ f222. image.
r=cluny bruel. langFR#ES)
[33] Monumenta Germaniae Historica, Diplomata regum et imperatorum Germaniae, tomus I, Kaiserurkunden Otto I, doc 201, Pag 280 (http:/ /
www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/ bsb00000442. html?pageNo=280& sortIndex=030:040:0001:010:00:00#ES)
Bibliografia
Fonti primarie
(LA) Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, tomus II (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000869_00002.html?sortIndex=010:050:0002:010:00:00|).
(LA) Rerum Gallicarum et Francicarum Scriptores, tomus IX (http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k501279/
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(LA) Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, tomus I (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
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(LA) Monumenta Germaniae Historica, Diplomata regum Germaniae ex Stirpe Karolinorum, tomus I (http://
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(LA) Recueil des chartes de l'abbaye de Cluny, tomus I (http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k28908j/f3.
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(LA) Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, tomus V (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
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bsb00000870_00003.html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00|).
Letteratura storiografica
C. W. Previt-Orton, "L'Italia nel X secolo", cap. XXI, vol. II (L'espansione islamica e la nascita dell'Europa
feudale) della Storia del Mondo Medievale, 1999, pp. 662-701.
Louis Halphen, "Il regno di Borgogna", cap. XXV, vol. II (L'espansione islamica e la nascita dell'Europa
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Austin Lane Poole, "Germania: Enrico I e Ottone il Grande", cap. IV, vol. IV (La riforma della chiesa e la lotta
fra papi e imperatori) della Storia del Mondo Medievale, 1999, pp. 84-111.
Paul Fournier, "Il regno di Borgogna o d'Arles dal XI al XV secolo", cap. XI, vol. VII (L'autunno del medioevo e
la nascita del mondo moderno) della Storia del Mondo Medievale, 1999, pp. 383-410.
303
Rodolfo II di Borgogna
304
Voci correlate
Elenco di re di Borgogna
Elenco di re di Arles
Imperatori del Sacro Romano Impero
Elenco di duchi, re e conti di Provenza
Elenco di monarchi italiani
Collegamenti esterni
(EN) | Foundation for Medieval Genealogy: re di Borgogna - RUDOLF (http://fmg.ac/Projects/MedLands/
BURGUNDY KINGS.htm#RudolfIIdied937)
(EN) | Foundation for Medieval Genealogy: re di Borgogna - RUDOLF (http://fmg.ac/Projects/MedLands/
BURGUNDY KINGS.htm#RudolfIIdied937B)
(EN) | Foundation for Medieval Genealogy: re d'Italia - RUDOLF (http://fmg.ac/Projects/MedLands/ITALY,
Kings to 962.htm#RudolfIdied937)
(EN) | Genealogy: Casato dei Guelfi -Rudolf II (http://genealogy.euweb.cz/welf/welf1.html#R1)
Predecessore
Re di Borgogna
Successore
Rodolfo I
912933
fu l'ultimo
Predecessore
Re di Arles
Successore
fu il primo
933937
Corrado III
Predecessore
Re d'Italia
Successore
922 - 933
(solo titolare 926-933)
(trono conteso
con Berengario del Friuli
e Ugo di Provenza)
Ugo di Provenza
Portale Medioevo
Portale Storia
Ugo di Provenza
305
Ugo di Provenza
Ugo
Successore
926-947
Berengario del Friuli
e Rodolfo II di
Borgogna
(trono conteso)
Lotario II
Altri titoli
Marchese (Re) di Provenza
In carica
928
933
Predecessore Ludovico
Successore
Rodolfo
Nascita
880
Morte
10 aprile 947
Dinastia
bosonidi
Padre
Tebaldo d'Arles
Madre
Berta di Lotaringia
Coniugi
Willa di Provenza
Hilda o Ada
Marozia
Berta di Svevia
Figli
Alda e
Lotario, di secondo letto
Uberto
Berta
Bosone
Rotlinde
Tibaldo e
Goffredo, illegittimi
Ugo di Provenza
Ugo (in provenzale Hughes), detto anche Ugo d'Arles (880 Arles, 10 aprile 947) fu marchese del regno Provenza,
dal 911 e Re di Provenza, pur mantenendo il titolo di Marchese, dal 928 al 933, e re d'Italia dal 926 al 947.
Origine
Figlio primogenito del conte di Arles, Tebaldo[1] (ca 860-895) e di Berta di Lotaringia (863-925), figlia terzogenita
del re di Lotaringia Lotario II e della seconda moglie, Waldrada[2] (scomunicata in quanto considerata concubina, da
papa Nicola I), quindi nipote dell'imperatore Lotario I (Ugo menzion i propri genitori, Tebaldo e Berta nel
documento della fondazione del monastero di San Pietro, del 924[3] ed in una donazione dell'8 marzo 934[4]).
Tebaldo d'Arles era l'unico figlio del marchese della Borgogna Transgiurana e abate laico di San Maurizio d'Agauno
e dell'Abbazia di Lobbes, Uberto del Valais (?-866, come ci confermano gli Annales Vedastini[5], mentre della madre
non si conoscono n il nome n gli ascendenti[6].
Biografia
Nell'895, alla morte del padre gli subentr nel titolo di conte d'Arles.
Sua madre, Berta, rimasta vedova, tra l'887 e l'895[7], tra l'895 e l'898[7], spos, in seconde nozze, il marchese di
Toscana, Adalberto II Ricco[8](875-915), figlio del marchese Adalberto I e di Richilde di Spoleto.
Berta intervenne spesso nelle vicende e negli affari del regno d'Italia cosa che influenzer la vita futura di Ugo.
Nel 905, ricevuto il titolo di conte di Vienne[9], Ugo si trasfer a Vienne, divenendo aiutante del re di Provenza,
Ludovico, il quale, riconoscendo di non essere pi in grado di resistere alle pressioni dei suoi feudatari, per la sua
menomazione subita (Berengario del Friuli, contro il quale Ludovico III combatteva per avere la corona d'Italia lo
aveva sconfitto e fatto accecare[10]), secondo lo storico francese Christian Settipani, lo aveva designato come
aiutante[11].
Marchese di Provenza
Nel 911, Ugo venne nominato dal re di Provenza, Ludovico, che era suo cugino, reggente di Provenza col titolo di
marchese. Ugo spost la capitale del regno da Vienne ad Arles, da dove govern con la sua corte.
Nel 912 Ugo spos la sorellastra di Ludovico, Willa di Provenza[3] ( ca. 873- prima del 924), figlia del re di
Provenza Bosone e della sua prima moglie di cui non si conoscono n generalit n ascendenti (l'esistenza di questa
moglie confermata dagli Annales Fuldenses, che affermano che il conte di Provenza, Bosone, avvelen la (prima)
moglie[12] e non (come erroneamente da alcuni viene sostenuto) di Ermengarda d'Italia, figlia dell'imperatore Luigi il
Giovane e di Engelberga d'Alsazia. Willa era recente vedova del re di Borgogna Rodolfo I (859-912).
Ugo rimase vedovo verso il 924. La moglie, Willa mor, prima del 924, anno in cui Ugo nel documento della
fondazione del monastero di San Pietro, cit Willa di Provenza, come gi morta[3].
Rimasto vedovo, Ugo, come provato sempre dal documento della fondazione del monastero di San Pietro, si era
sposato, in seconde nozze, prima del 924, con Ada o Hilda (Ugo, nel succitato documento menzion le due mogli,
sia quella deceduta, Willa, che la nuova, Ada o Hilda[3]), di cui non si conoscono gli ascendenti, ma che, secondo il
cronista, Liutprando da Cremona, Vescovo di Cremona, era di origine germanica (ex Francorum genere
Teutonicorum uxore acceperat, nomine Aldam)[13].
Dopo che nel 920, la madre, Berta di Lotaringia aveva invano cercato di proporre Ugo come re d'Italia, nel 922, una
parte della nobilt italiana, guidata dal marchese Adalberto I di Ivrea (?-924), genero di Berta, aveva eletto re d'Italia
il re della Borgogna Transgiurana, Rodolfo II in contrapposizione a Berengario del Friuli, che oltre che re d'Italia era
anche imperatore, si innesc una guerra civile, in cui Ugo cerc di intervenire nel corso del 923[14], che termin il 7
aprile 924 con l'assassinio di Berengario.
In quello stesso 924 Ugo trov un accordo con Rodolfo per combattere gli Ungari che erano penetrati in Provenza,
ed insieme li ricacciarono nella Gotia, al di l del Rodano[15].
306
Ugo di Provenza
307
Nell'anno che segu per, mentre Rodolfo si trovava in Borgogna, l'Italia settentrionale fu attaccata dagli Ungari, che
devastarono la Lombardia e incendiarono Pavia; allora, nel corso del 925, la vedova di Adalberto I e sorellastra di
Ugo, Ermengarda si un al proprio fratello, Guido di Toscana e all'arcivescovo di Milano, Lamperto, ed insieme si
ribellarono a Rodolfo impedendogli di rientrare in Italia.Nel 926, Rodolfo fece un ultimo tentativo di rioccupare il
regno d'Italia, chiedendo aiuto all duca di Svevia, Burcardo II, suo suocero da alcuni anni, che per, nell'aprile di
quello stesso anno, venne ucciso in un'imboscata[16].. Dopo di che Rodolfo lasci l'Italia e, attraversate le Alpi,
rientr in Borgogna[16]. Dopo che Rodolfo aveva lasciato definitivamente l'Italia, i nobili che gli si erano ribellati
contro, in accordo con la nobilt che aveva appoggiato Berengario offrirono il trono ad Ugo[16], che l'accett e dopo
essere sbarcato nei pressi di Pisa, proveniente dalla Provenza[17], il 9 luglio 926 fu incoronato a Pavia[17].
Dinastia bosonide
Bosone il Vecchio
Bivin di Vienne
Regno di Provenza
Bosone I
Ludovico III
Ducato di Borgogna
Riccardo
Rodolfo
Ugo
Gilberto
Oddone
Enrico I
Ottone I Guglielmo
Modifica
[9]
Nel 926, o forse prima, Ugo aveva trasmesso la contea di Arles al fratello Bosone (ca. 885- dopo il 936)[18] e dopo
che Ugo aveva ricevuto la corona d'Italia, Bosone lo rilev come governatore (reggente del regno) della Provenza.
Ugo di Provenza
Re d'Italia
Alla morte di Ludovico il Cieco, nel 928, il figlio di Ludovico, Carlo Costantino (905-963), conte di Vienne, avrebbe
dovuto succedere al padre, ma siccome da alcuni era ritenuto illegittimo, non fu mai incoronato re, e a parte la contea
di Vienne non ebbe mai un effettivo potere sulla Provenza. Anche in assenza di un re[19], il potere effettivo sul regno
di Provenza e Borgogna Trangiurana, fu esercitato da Ugo, col titolo di marchese di Provenza, che affid la reggenza
della Provenza al fratello Bosone d'Arles.
Nel 928, la sua ambizione di diventare imperatore[20] sub un duro colpo per la caduta e incarcerazione di papa
Giovanni X, che poco dopo mor (molto probabilmente fu assassinato).
Nel 930 circa, secondo Liutprando da Cremona, Ugo diede la propria nipote (figlia di suo fratello Bosone) Willa III
in moglie al marchese d'Ivrea, Berengario II[21].
Nel 931, secondo il cronista Liutprando, influenzato dalla moglie di suo fratello Bosone, Willa II, Ugo concesse a
Bosone il marchesato di Toscana[22], dopo aver esautorato e imprigionato il loro fratellastro Lamberto[23], che da
Ugo era temuto[23] e che, in un secondo tempo, fece accecare[23]. Bosone, in quello stesso anno, aveva lasciato
l'incarico di reggente della Provenza al genero Bosone di Borgogna (895-935) (figlio di Riccardo il Giustiziere e
fratello del re di Francia Rodolfo), che lo manterr sino al 933, quando la Provenza passer al re di Borgogna
Transgiurana Rodolfo II di Borgogna.
Nel 932, molto probabilmente vedovo di Alda, Ugo si spos, in terze nozze, con Marozia, senatrice ed esponente
della potente famiglia di origine longobarda dei Tuscolo (secondo il cronista Liutprando, era figlia del senatore
romano Teofilattol[24] e di Teodora[25], ritenuta da alcuni sorella di Adalberto II di Toscana, ma molto pi
probabilmente di antica nobilt romana), che era al suo terzo matrimonio, infatti era vedova di Alberico I di Spoleto
( 926) e del marchese, Guido di Toscana[26]( 929), fratellastro di Ugo. Secondo il Benedicti Chronicon Marozia
aveva inviato i suoi messaggeri a Pavia, dove Ugo risiedeva, invitandolo a sposarla[27]. Ugo accett e furono uniti in
matrimonio[28], a Roma[27], dal papa Giovanni XI, figlio di Marozia e del defunto papa Sergio III. I due sposi
presero possesso di Castel Sant'Angelo[27] e posero il loro talamo nuziale presso la tomba dell'imperatore Adriano.
Nello stesso anno, prima che Ugo fosse incoronato imperatore, a causa della sfrenata ambizione di Ugo che anelava
di imporsi anche a Roma[27], il figlio di primo letto di Marozia, Alberico II di Spoleto, dopo aver sobillato il
popolino della citt a ribellarsi, mettendo paura sia al re che alla regina[27], costrinse Ugo a fuggire da Roma e a
riparare a Pavia[27], mentre Marozia (di cui non si hanno pi notizie) e Giovanni XI (910 circa- 935) furono
imprigionati (Marozia fu messa in convento, mentre Giovanni XI, ritiratosi in Laterano, sino alla sua morte, dovette
occuparsi solo dei problemi spirituali dei Romani).
Poco dopo (tra il 932 ed il 937) Ugo, rimase vedovo di Marozia, ricordata in un'epigrafe del Poetarum latinorum
Medii Aevi, tomus V, fasc. I in cui viene ricordato che Marozia mor in gennaio[29].
In quel periodo, Ugo si interess dell'Abbazia di Farfa, che era stata incendita e saccheggiata, agevolando il
reinserimento dei monaci nell'abbazia e cercando, inutilmente di far ripristinare la regola originaria del monastero.
Nel 933, Ugo pose sotto assedio la citt perduta, senza riuscire a conquistarla.
Dopo i rovesci degli ultimi due anni (tra cui un nuovo attacco degli Ungari ed una ribellione di Pavia, del 931), i
nobili italiani, nel 933, secondo il cronista Liutprando, si recarono in Borgogna per richiamare il re Rodolfo in
Italia[26], ma essendone venuto a conoscenza, Ugo d'Arles invi i suoi messaggeri a offrire al re di Borgogna,
Rodolfo II, tutti i territori che aveva posseduto in Provenza, a patto che non rimettesse pi piede in Italia[26]. Rodolfo
accett[26] e cos, in quell'anno (933), dall'unione della Borgogna Transgiurana e della Provenza (o Borgogna
Cisgiurana) ebbe origine il regno di Arles o delle due Borgogne[30].
Nel 936, Ugo ritent un nuovo assedio a Roma, ma, secondo Liutprando, dopo aver devastato le campagne intorno
alla cittt, dovette abbandonare l'impresa[31] e offrire ad Alberico II un trattato, che, nel tentativo di riconciliarsi col
figliastro, prevedeva le nozze tra la figlia di Ugo, Alda, avuta dal precedente matrimonio con Ada (o Hilda), e
Alberico II[32]. Ci fu il matrimonio ma non la riconciliazione, in quanto Ugo non essendo ben accetto in Roma, non
308
Ugo di Provenza
309
In quel periodo, Ugo ricevette una delegazione, inviatagli dall'imperatore d'oriente, Costantino VII Porfirogenito, che
gli chiedeva una fidanzata per il suo erede al trono, Romano II[44]. Dato che Ugo non aveva figlie legittime nubili,
propose alla delegazione Berta, sua figlia illegittima[44], che nel 944, poi spos il bambino Romano II[45].
I bizantini inviarono nuovamente una flotta contro i Saraceni, che Ugo riusc a circondare[46]. Ma anzich
distruggere Frassineto, Ugo, per paura di Berengario che stava raccogliendo un esercito di Svevi e Italiani, si alle
coi Saraceni[47].
Sempre in quel periodo riusc a dirottare gli Ungari, che periodicamente devastavano l'Italia e la Provenza, verso la
penisola iberica[48].
Ugo, nel 943, divise i vasti domini di Berengario tra i maggiori nobili, tra cui Arduino il Glabro, la marca di Torino,
Aleramo, la marca del Monferrato, e Oberto I, la contea di Luni con autorit su numerosi territori, tra cui Carrara e
sui suoi castelli, Tortona e la nascente Repubblica di Genova.
Nel 944, gli giunse la voce che i conti lombardi gli si stavano di nuovo sollevando contro[49], Ugo ritorn in Italia
col figlio. Ma, nel corso del 945, Berengario rientr in Italia, attraverso la Val Venosta dirigendosi su Verona[50],
governata dal conte Milone[51]. Il nipote di Ugo, Manasse di Arles, che reggeva l'arcivescovado di frontiera di
Trento, trad lo zio e pass a Berengario[50].
Allora, a cominciare dal conte Milone[51], ci fu una diserzione generale, guidata dall'arcivescovo di Milano, e Ugo,
Ugo di Provenza
che si trovava a Pavia, invi a Milano il figlio, Lotario II[52], a supplicare i ribelli, che commossi lo nominarono
unico re. Ma mentre Ugo, nel 946, cercava di rientrare in Provenza, il marchese d'Ivrea lo intercett e, per evitare
ancora di combattere, lo rimise sul trono, come co-reggente, mentre Berengario, deteneva realmente il potere[53].
Umiliato, stanco e malato, all'inizio del 947, Ugo ottenne il permesso di abdicare e, con il tesoro del regno d'Italia,
fece ritorno in Provenza[54], lasciando sul trono d'Italia il figlio Lotario II, ma il governo era gi retto da Berengario.
Mor ad Arles il 10 aprile 947[54], mentre stava riorganizzando un esercito per poter sconfiggere Berengario[54], dopo
il suo rientro in Italia[55].
Discendenza
Ugo, che ebbe quattro mogli ebbe due figli solo da Ada, la seconda moglie:
Alda[32] (924-?), spos, nel 936, Alberico II di Spoleto (911-954).
Lotario[13] (925-950), re d'Italia.
Ugo ebbe altri sei figli da diverse amanti:
da Wandelmoda, che ebbe prima di sposare Ada e che Liutprando definisce nobilissima[13], ebbe un figlio:
Uberto di Toscana[13] (ca.920-970), marchese di Toscana e duca di Spoleto;
da Pezola, che secondo Liutprando era di umilissime origini[56] ne ebbe due:
Berta (ca. 927-949), che, dopo essergli stata promessa[44], spos, nel 944, Romano il Giovane erede
dell'imperatore d'oriente, prese il nome di Eudocia e, nel 946, divenne co-imperatrice di Costantinopoli[45],
Bosone[56] (ca. 930-951), vescovo di Piacenza dal 941 alla sua morte[56];
da Rotrude (o Roza), figlia di Walperto[56] ebbe una figlia:
Rotlinde[57] (ca. 930-dopo il 1001[57]) che spos, prima, il conte Elisardo[9] e poi, il conte di Pavia, Bernardo[9];
da Stefania, di origine romana[56] ebbe un figlio:
Tibaldo, arcidiacono e poi arcivescovo vicario a Milano[56];
ed infine da un'amante di cui non si conoscono n il nome n gli ascendenti ebbe un figlio:
Goffredo, abate di Nonantola[9].
Note
[1] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis III. par. 46, pag. 313 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000870. html?pageNo=313& sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[2] Annales Bertiniani III, anno 862, Pag 284 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f306. image#ES)
[3] Rerum Gallicarum et Francicarum Scriptores, tomus IX, Diplomata Hugonis Comitis Provinci et Regis Itali I, anno 924, Pag 689 e 690
(http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k501279/ f834. image#ES)
[4] Recueil des Chartes de l'Abbaye de Cluny, tome I, documento 417, Pag 403 e 404 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k28908j/ f459.
image. r=cluny bruel. langFR#ES)
[5] Monumenta Germanica Historica, tomus I: Annales Vedastini, anno 880, pag. 518 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/
bsb00000868. html?pageNo=518& sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[6] #ES Foundation for Medieval Genealogy : Nobilt della provenza - HUBERT (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ PROVENCE.
htm#Hugbertdied864B)
[7] Foundation for Medieval Genealogy :LOTHARINGIA - BERTA (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ LOTHARINGIA.
htm#BertaM1ThibautArlesM2AdalbertIITuscany#ES)
[8] Monumenta Germaniae Historica, tomus III: Liutprandi Antapodosis Lib. III, Pag 306 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/
bsb00000870. html?pageNo=306& sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[9] #ES Foundation for Medieval Genealogy : re d'Italia - HUGUES (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ ITALY, Kings to 962.
htm#UgoKingItalyB)
[10] Monumenta Germaniae Historica, tomus I: Reginonis Chronicon, anno 905,Pag 611 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000868_00647. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[11] #ES Foundation for Medieval Genealogy :re di Provenza - LOUIS (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ PROVENCE.
htm#LouisKingProvencedied928)
310
Ugo di Provenza
[12] Monumenta Germaniae Historica, tomus I: Annalium Fuldensium Pars Tertia , Pag 392 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000868_00427. html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00& pageNo=392& zoom=0. 50#ES)
[13] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis III. par. 20, pag. 306 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000870. html?pageNo=306& sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[14] Ugo fu sconfitto da Berengario e dovette rientrare in Provenza con la promessa di non tornare in Italia.
[15] Louis Halphen, Il regno di Borgogna, pag. 811
[16] Louis Halphen, Il regno di Borgogna, pag. 809
[17] Louis Halphen, Il regno di Borgogna, pag. 812
[18] #ES Foundation for Medieval Genealogy :nobilt di Provenza - BOSO (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ PROVENCE.
htm#BosoAvignonVaisindied936)
[19] I documenti del regno in quel periodo o facevano riferimento all'anno di incoronazione di Ludovico o recavano la dicitura: <<Dio regnante
ed in attesa di un nuovo re>>
[20] Pare che a tal proposito Ugo avesse concluso un accordo a Mantova, nel 926, con papa Giovanni X.
[21] Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, tomus III, Liudprandi Antapodosis, liber IV, par. 7, Pag 317 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/
object/ display/ bsb00000870_00330. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[22] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis IV. par. 10, pag. 318 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000870_00331. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[23] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis III. par. 46, pag. 314 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000870_00327. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[24] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Benedicti Chronicon. par. 29, pag. 714 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000870_00729. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[25] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis II. par. 48, pag. 297 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000870_00324. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[26] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis III. par. 43, pag. 312 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000870_00325. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[27] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Benedicti Chronicon. par. 32, pag. 715 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/
bsb00000870. html?pageNo=715& sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[28] Per poter celebrare il matrimonio fece dichiarare che i suoi due fratellastri Guido (la legge di quel tempo non permetteva di sposare la
vedova del proprio fratellastro) e Lamberto non erano figli di Berta, la loro comune madre.
[29] Monumenta Germaniae Historica, Poetarum latinorum Medii Aevi, tomus V, fasc. I, Die Ottonenzeit, Maroza, Pag 343 (http:/ / www. dmgh.
de/ de/ fs1/ object/ display/ bsb00000836_00349. html?sortIndex=050:010:0005:010:01:00& pageNo=343& zoom=0. 75#ES)
[30] La Provenza comunque torn molto presto nelle mani di Ugo.
[31] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis IV. par. 2, pag. 316 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000870_00329. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[32] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis IV. par. 3, pag. 316 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000870_00329. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[33] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis IV. par. 11, pag. 318 e 319 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00331. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[34] #ES Foundation for Medieval Genealogy : Nobilt del nord Italia - UBERTO (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ NORTHERN ITALY
900-1100. htm#UbertoTuscanydied967B)
[35] Recueil des Chartes de l'Abbaye de Cluny, tome II, documento 1127, Pag 217 e 218 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k28909w/
f221. image. r=cluny bruel. langFR#ES)
[36] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis II. par. 60, pag. 299 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000870. html?pageNo=299& sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[37] Monumenta Germanica Historica, tomus I: Annales Sangallenses Maiores. anno 922, pag. 78 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000868. html?pageNo=78& sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[38] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 5, pag. 328 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00341. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[39] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 8, pag. 329 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00342. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[40] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 9, pag. 329 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00342. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[41] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 10, pag. 330 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00343. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[42] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 12, pag. 330 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00343. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[43] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 13, pag. 330 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00343. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
311
Ugo di Provenza
[44] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 14, pagg. 330 e 331 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/
object/ display/ bsb00000870_00343. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[45] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 20, pag. 332 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00345. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[46] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 16, pag. 331 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00344. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[47] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 17, pagg. 331 e 332 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/
object/ display/ bsb00000870_00344. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[48] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 19, pag. 332 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00345. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[49] Le scorrerie di saraceni e Ungari stavano mettendo in crisi l'Italia settentrionale e contribuivano a diminuire il prestigio di Ugo di fronte ai
suoi sudditi.
[50] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 26, pag. 334 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00347. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[51] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 27, pagg. 334 e 335 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/
object/ display/ bsb00000870_00347. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[52] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 28, pag. 335 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00348. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[53] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 30, pag. 335 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00348. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[54] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 31, pag. 336 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00349. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[55] Si narra che Ugo mor tra le braccia di una contadina dopo un'indigestione di fichi secchi
[56] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber IV. par. 13, pag. 319 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000870. html?pageNo=319& sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[57] Monumenta Germanica Historica, Diplomatum Regum et Imperatorum Germaniae, tomus II, Kaiserurkunden Otto III, doc 411, pag. 845
riga 12 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/ bsb00000443_00871. html?sortIndex=030:040:0002:010:00:00#ES)
Bibliografia
Fonti primarie
(LA) Monumenta Germanica Historica, Scriptores, tomus I (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000868_00001.html?sortIndex=010:050:0001:010:00:00|).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, Poetarum latinorum Medii Aevi, tomus V, fasc. I, Die Ottonenzeit (http://
www.dmgh.de/de/fs1/object/display/bsb00000836_00002.html?sortIndex=050:010:0005:010:01:00&
zoom=0.50|).
(LA) Annales Bertiniani (http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k215043h/f1.image).
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image.r=cluny bruel.langFR).
(LA) Recueil des Chartes de l'Abbaye de Cluny, tome II (http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k28909w.
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(LA) Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, tomus III (http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/
bsb00000870_00003.html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00|).
(LA) Monumenta Germaniae Historica, Diplomatum Regum et Imperatorum Germaniae, tomus II (http://www.
dmgh.de/de/fs1/object/display/bsb00000443_meta:titlePage.html?sortIndex=030:040:0002:010:00:00|).
312
Ugo di Provenza
313
Letteratura storiografica
C. W. Previt-Orton, "L'Italia nel X secolo", cap. XXI, vol. II (L'espansione islamica e la nascita dell'Europa
feudale) della Storia del Mondo Medievale, 1999, pp.662701.
Louis Halphen, "Il regno di Borgogna", cap. XXV, vol. II (L'espansione islamica e la nascita dell'Europa
feudale) della Storia del Mondo Medievale, 1999, pp.807821.
J.P. Whitney, "La riforma della chiesa", cap. XI, vol. IV (La riforma della chiesa e la lotta fra papi e imperatori)
della Storia del Mondo Medievale, 1999, pp.299352.
Voci correlate
Re di Borgogna
Sovrani di Provenza
Re d'Italia
Re di Arles
Imperatori del Sacro Romano Impero
Collegamenti esterni
(EN) | Foundation for Medieval Genealogy : Nobilt di Provenza - HUGUES (http://fmg.ac/Projects/
MedLands/PROVENCE.htm#UgoKingItalyA)
(EN) | Foundation for Medieval Genealogy : Nobilt di Borgogna - HUGUES (http://fmg.ac/Projects/
MedLands/BURGUNDY Kingdom.htm#UgoKingItalyB)
(EN) | Foundation for Medieval Genealogy : re d'Italia - HUGUES (http://fmg.ac/Projects/MedLands/ITALY,
Kings to 962.htm#UgoKingItalyB)
(EN) Genealogy: Bosonidi - Hugues (http://genealogy.euweb.cz/french/boson.html#TT)
(FR) Ugo di Provenza (http://correspondances.saint-chef.dauphine.pagesperso-orange.fr/HUGUES DE
PROVENCE.htm)
Predecessore
Marchese di Provenza
reggente di Provenza
Successore
Ludovico
928933
Rodolfo
Predecessore
Re d'Italia
Successore
924 - 947
(fino al 933 trono conteso
con Rodolfo II di Borgogna)
Lotario II
Portale Medioevo
Portale Storia
Lotario II d'Italia
314
Lotario II d'Italia
Lotario II
Re d'Italia
In carica
947-950
Berengario d'Ivrea
Nascita
ca. 925
Morte
Dinastia
bosonidi
Padre
Ugo di Provenza
Madre
Hilda o Ada
Coniuge
Figli
Adelaide
Emma
Lotario II, noto anche come Lotario di Arles (ca. 925 Torino, 22 novembre 950), fu Re d'Italia dal 947 al 950.
Origine
Unico legittimo figlio maschio del marchese del regno di Provenza e poi Re di Provenza, pur mantenendo il titolo di
Marchese e re d'Italia, Ugo d'Arles e di Ada o Hilda,di cui non si conoscono gli ascendenti, come ci conferma il
cronista, Liutprando da Cremona, Vescovo di Cremona[1], il quale per precisa che era di origine germanica (ex
Francorum genere Teutonicorum uxore acceperat, nomine Aldam)[1]. Il matrimonio dei suoi genitori confermato
anche nel documento della fondazione del monastero di San Pietro, del 924[2]. Ugo di Provenza o di Arles era il
figlio primogenito del conte di Arles, Tebaldo[3] (ca 860-895) e di Berta di Lotaringia (863-925), figlia terzogenita
del re di Lotaringia Lotario II e della seconda moglie, Waldrada[4] (scomunicata in quanto considerata concubina, da
papa Nicola I), quindi nipote dell'imperatore Lotario I (Ugo menzion i propri genitori, Tebaldo e Berta nel
documento della fondazione del monastero di San Pietro, del 924[2] ed in una donazione dell'8 marzo 934[5]).
Dinastia bosonide
Bosone il Vecchio
Bivin di Vienne
Regno di Provenza
Lotario II d'Italia
315
Bosone I
Ludovico III
Ducato di Borgogna
Riccardo
Rodolfo
Ugo
Gilberto
Oddone
Enrico I
Ottone I Guglielmo
Modifica
[9]
Biografia
Secondo il Regum Itali et Imperatorum Catalogi, ex codice Ambrosiano O. 53, Lotario era gi nato quando suo
padre, Ugo era divenuto re d'Italia e, sempre secondo tale fonte, Lotario fu associato al trono di suo padre da quello
stesso 926[6]. Secondo il cronista, Liutprando da Cremona, Lotario fu associato al trono nel 937[7].
In quell'anno (937), il 12 dicembre, secondo Liutprando, suo padre, Ugo aveva sposato Berta di Svevia[8] (907- dopo
il gennaio 966[9]), detta la Filandina, figlia del duca di Svevia e di Sassonia, Burcardo II[10] e vedova di Rodolfo II
di Borgogna, che aveva sposato nel 922[10] (confermato anche dagli Annales Sangallenses Maiores[11]; mentre il
figlio di Ugo, Lotario veniva fidanzato alla figlia di Berta e Rodolfo, Adelaide.
Nel 941, quando il pi grande feudatario del regno d'Italia era rimasto il marchese d'Ivrea, Berengario, che riuniva
tutta l'Italia nord-occidentale, suo padre, Ugo, torn in Lombardia e riusc a riappacificarsi con i conti che gli si
erano ribellati, con l'intento di catturare Berengario ed accecarlo[12]. Berengario che, secondo Liutprando, era stato
preavvertito dal co-reggente Lotario II[12], insieme al figlio Adalberto, riusc ad evitare la cattura[12] e, passando dal
Gran San Bernardo, a riparare in Germania, presso il duca di Svevia, Ermanno I[12], che lo condusse dal re di
Germania, Ottone I di Sassonia[13], che pur non facendo nulla per Berengario, rifiut di consegnarlo ad Ugo[14].
Nel 945, Berengario rientr in Italia, attraverso la Val Venosta dirigendosi su Verona[15], governata dal conte
Milone[16]. Il nipote di Ugo, Manasse di Arles, che reggeva l'arcivescovado di frontiera di Trento, trad lo zio e pass
Lotario II d'Italia
a Berengario[15].
Allora, a cominciare dal conte Milone[16], ci fu una diserzione generale, guidata dall'arcivescovo di Milano, e
Lotario II, da Pavia, dal padre Ugo, fu inviato a Milano[17], a supplicare i ribelli, che commossi lo nominarono unico
re. Ma poco dopo, nel 946, il marchese d'Ivrea, Berengaro, che aveva catturato suo padre Ugo, lo aveva rimesso sul
trono, come co-reggente, mentre lo stesso Berengario, con la carica di Sommo Consigliere, deteneva realmente il
potere[18].
Umiliato, stanco e malato, all'inizio del 947, suo padre Ugo, che sarebbe morto in quello stesso anno[19], ottenne il
permesso di abdicare e, lasciando il figlio, Lotario II, unico re d'Italia, fece ritorno in Provenza, con il tesoro del
regno d'Italia[19]. Il governo del regno d'Italia per era gi retto dal Sommo Consigliere, Berengario e secondo
Liutprando, Lotario era re solo di nome[20]
In quello stesso anno (947), nel tentativo di riappacificare l'Italia con lo stato confinante (il regno di Arles), Lotario,
dopo un fidanzamento di dieci anni, spos la sedicenne Adelaide, figlia di Rodolfo II di Borgogna e di Berta di
Svevia e sorella del re Corrado il pacifico.
Lotario mor, nel 950, probabilmente avvelenato da Berengario che gli successe sul trono, il 15 dicembre[21].
Berengario avrebbe voluto che Adelaide, la vedova di Lotario, si unisse in matrimonio con il suo figlio primogenito,
Adalberto; in particolare, la moglie di Berengario, Willa si sarebbe comportata con crudelt nei confronti di Adelaide
di Borgogna, vedova di Lotario II, che, fu imprigionata per volere di Willa stessa, nel 951, a Como[21]. Adelaide,
invece, fuggita dalla prigione, richiese la protezione del re di Germania, Ottone I con il quale, secondo il cronista,
Flodoardo, si spos, in seconde nozze, a Pavia, in quello stesso anno (951)[22]. Il re di Germania, tuttavia, riconobbe
la successione di Berengario sul trono d'Italia.
Discendenza
Lotario e Adelaide ebbero una figlia:
Emma (948- dopo il 988), la quale, secondo Flodoardo and in sposa nel 966 a Lotario IV di Francia[23], nel
tentativo di Ottone di legare a s il Regno di Francia.
Note
[1] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis III. par. 20, pag. 306 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000870. html?pageNo=306& sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[2] Rerum Gallicarum et Francicarum Scriptores, tomus IX, Diplomata Hugonis Comitis Provinci et Regis Itali I, anno 924, Pag 689 e 690
(http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k501279/ f834. image#ES)
[3] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis III. par. 46, pag. 313 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000870. html?pageNo=313& sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[4] Annales Bertiniani III, anno 862, Pag 284 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k215043h/ f306. image#ES)
[5] Recueil des Chartes de l'Abbaye de Cluny, tome I, documento 417, Pag 403 e 404 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k28908j/ f459.
image. r=cluny bruel. langFR#ES)
[6] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Regum Itali et Imperatorum Catalogi, ex codice Ambrosiano O. 53. riga 15, pag. 216 (http:/ /
www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/ bsb00000870. html?pageNo=216& sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[7] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis IV. par. 2, pag. 316 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000870_00329. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[8] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis IV. par. 12, pag. 319 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000870. html?pageNo=319& sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[9] Recueil des Chartes de l'Abbaye de Cluny, tome II, documento 1127, Pag 217 e 218 (http:/ / gallica. bnf. fr/ ark:/ 12148/ bpt6k28909w/ f221.
image. r=cluny bruel. langFR#ES)
[10] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis II. par. 60, pag. 299 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000870. html?pageNo=299& sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[11] Monumenta Germanica Historica, tomus I: Annales Sangallenses Maiores. anno 922, pag. 78 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
goToPage/ bsb00000868. html?pageNo=78& sortIndex=010:050:0001:010:00:00#ES)
[12] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 10, pag. 330 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00343. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
316
Lotario II d'Italia
[13] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 12, pag. 330 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00343. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[14] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 13, pag. 330 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00343. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[15] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 26, pag. 334 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00347. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[16] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 27, pagg. 334 e 335 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/
object/ display/ bsb00000870_00347. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[17] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 28, pag. 335 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00348. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[18] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 30, pag. 335 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00348. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[19] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber V. par. 31, pag. 336 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00349. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[20] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Liudprandi Antapodosis liber VI. par. 2, pag. 337 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/
display/ bsb00000870_00350. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[21] #ES Foundation for Medieval Genealogy : re d'Italia - LOTHAR) (http:/ / fmg. ac/ Projects/ MedLands/ ITALY, Kings to 962.
htm#LotharKingItalydied950)
[22] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Flodoardi Annales. anno 951, pag. 401 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ goToPage/
bsb00000870. html?pageNo=401& sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
[23] Monumenta Germanica Historica, tomus III: Flodoardi Annales. anno 966, pag. 407 (http:/ / www. dmgh. de/ de/ fs1/ object/ display/
bsb00000870_00420. html?sortIndex=010:050:0003:010:00:00#ES)
Bibliografia
Fonti primarie
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Letteratura storiografica
C. W. Previt-Orton, "L'Italia nel X secolo", cap. XXI, vol. II (L'espansione islamica e la nascita dell'Europa
feudale) della Storia del Mondo Medievale, 1999, pp.662701.
Louis Halphen, "Il regno di Borgogna", cap. XXV, vol. II (L'espansione islamica e la nascita dell'Europa
feudale) della Storia del Mondo Medievale, 1999, pp.807821.
Voci correlate
Sovrani di Provenza
Re d'Italia
Re di Arles
Imperatori del Sacro Romano Impero
317
Lotario II d'Italia
318
Collegamenti esterni
(EN) | Foundation for Medieval Genealogy : re d'Italia - LOTHAR (http://fmg.ac/Projects/MedLands/ITALY,
Kings to 962.htm#LotharKingItalydied950)
(EN) Genealogy: Bosonidi - Lothar II (http://genealogy.euweb.cz/french/boson.html#L3)
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Ugo di Provenza
947 - 950
Berengario d'Ivrea
Controllo di autorit VIAF: 5315625 (http:/ / viaf. org/ viaf/ 5315625) LCCN: n2009005403 (http:/ / id. loc. gov/
authorities/names/n2009005403)
Portale Biografie
Portale Medioevo
Portale Storia
Berengario II d'Ivrea
Berengario II (ca. 900 Bamberga, 6 luglio 966) fu marchese
d'Ivrea dal 928 al 950 e re d'Italia dal 950 al 961.
Biografia
Figlio di Adalberto I di Ivrea e di Gisla, quest'ultima figlia di
Berengario, re d'Italia e imperatore, Berengario II nel 950, alla
morte di Lotario II, ottenne per s e per il figlio Adalberto la
corona d'Italia. La loro posizione politica fu resa debole dal
sospetto che i due avessero avvelenato il loro predecessore, quindi
Con la sottomissione di Berengario d'Ivrea,
Berengario cerc di rafforzare la legittimit dell'investitura
l'imperatore Ottone I si impossess del Regno d'Italia.
costringendo la vedova di Lotario a sposare Adalberto. In
Manuscriptum Mediolanense, circa anno 1200
Germania vennero accusati di usurpazione e questo provoc
l'intervento dell'allora Re di Germania Ottone. Questi li costrinse alla fuga e assunse il titolo di Re dei Franchi e
degli Italici (951) preludio ad una sua richiesta di investitura formale del titolo regale italiano. I due marchesi
trovarono successivamente un accordo con Ottone che gli conferm la successione nel 952.
Marchesato d'IvreaDinastia degli Anscarici
Berengario II d'Ivrea
319
Guidone I
Anscario I
Adalberto I
Berengario II
Adalberto II
Guido d'Ivrea
Corrado d'Ivrea
Arduino I d'Ivrea
Arduino II d'Ivrea
Il loro atteggiamento e la loro azione politica provoc malcontento fra feudatari ed ecclesiastici i quali richiesero pi
volte un intervento del sovrano tedesco: evento che si realizz solamente nel 956-957, per mano del figlio di Ottone
Litolfo, e che termin con un accordo che confermava agli anscarici il titolo regale e il potere in Italia.
Successivamente, Berengario attu una politica aggressiva nei confronti del Papato che spinse Giovanni XII a
richiedere ad Ottone di scendere in Italia per la terza volta (961).
Le truppe di Berengario si rifiutarono di combattere, costringendo padre e figlio ad asserragliarsi presso la fortezza
di San Leo. Ottone li depose formalmente dal titolo regale e si fece incoronare Imperatore da Giovanni XII.
Caduta San Leo nel 963 Berengario fu arrestato ed esiliato a Bamberga assieme alla moglie Willa. Ebbero per figlia
la futura regina di Francia Rosala
Bibliografia
P. Delogu, BERENGARIO II, marchese d'Ivrea, re d'Italia [1]. In: Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. IX,
Roma: Istituto dell'Enciclopedia italiana, 1967
Voci correlate
Marca degli Anscarici
Obertenghi
Ottone I del Sacro Romano Impero
Collegamenti esterni
Lemma su [[Enciclopedia Treccani [2]]]
su [[Dizionario Biografico degli Italiani [3]]]
Predecessore
Marchese d'Ivrea
Successore
Adalberto I
928-950
Adalberto II d'Ivrea
Predecessore
Re d'Italia
Successore
Lotario II
950-963
(titolo nominale dal 953 in compartecipazione con Adalberto II d'Ivrea)
Ottone I
Portale Medioevo
Portale Storia
Berengario II d'Ivrea
320
Note
[1]
[2]
[3]
[4]
Arduino d'Ivrea
Marchesato d'IvreaDinastia degli Anscarici
Guidone I
Anscario I
Adalberto I
Berengario II
Adalberto II
Guido d'Ivrea
Corrado d'Ivrea
Arduino I d'Ivrea
Arduino II d'Ivrea
Arduino da Dadone, o Arduino da Pombia, conosciuto come Arduino d'Ivrea (Pombia, 955 Fruttuaria, 14
ottobre 1014[1]), fu re d'Italia dal 1004 al 1014.
La cultura e la storiografia romantica hanno reso popolare la figura di Arduino di Ivrea, vedendo in lui un
esponente precoce della lotta per la liberazione dell'Italia dalle catene della dominazione straniera, attribuendo un
significato simbolico alla sua nomina a re d'Italia.
Per contro, la Chiesa, memore delle sanguinarie scorribande di Arduino contro i vescovi di Ivrea e di Vercelli, aveva
teso in passato a ridimensionarne la statura politica e militare, vedendo nelle sue gesta la mera brama di potere e la
mancanza di rispetto per le prerogative ecclesiastiche. La figura di Arduino esce da tali opposte interpretazioni,
quando la si inquadra nel contesto storico del X-XI secolo e delle acerrime lotte per il potere che coinvolsero l'intera
struttura feudale ai tempi dell'impero romanico-germanico degli Ottoni.
Arduino d'Ivrea
321
Le origini
Nel 955 circa, a Pombia nacque Arduino, figlio di Dadone conte di
Pombia e da una figlia di Arduino il Glabro, conte di Torino. Spos in
una data non precisata Berta degli Obertenghi, probabilmente figlia di
Oberto II[1].
Marchese di Ivrea
Per approfondire, vedi Marca di Ivrea.
Il marchese d'Ivrea Corrado Conone, non avendo discendenza, individu in suo cugino Arduino il proprio successore
e, col bene placito dell'imperatore Ottone III, intorno al 989/990, Arduino fu eletto signore della Marca di Ivrea e nel
991 conte del Sacro Palazzo.[2].
La marca comprendeva i comitati di Ivrea, Vercelli, Novara, Vigevano, Pombia, Bulgaria e la zona pavese della
Lomellina.
Tra il 997 e il 999 Arduino ebbe forti contrasti con i vescovi di Ivrea e di Vercelli. Ai fini di limitare il potere dei
marchesi e di impedire che il loro titolo diventasse dinastico, gli imperatori del Sacro Romano Impero avevano
infatti da tempo imboccato la strada del conferimento di poteri secolari a vescovi da essi direttamente prescelti (lotta
per le investiture).
Venuto a guerra aperta nel febbraio del 997 con il vescovo di Vercelli Pietro, il marchese assedi la citt e infine
entr in Vercelli con i suoi vassalli minori, incendiando il Duomo e causando la morte del vescovo.
A Ivrea il vescovo Warmondo per due volte scomunic Arduino; vi furono tumulti, saccheggi e uccisioni. Nel 999 il
nuovo papa Silvestro II, appena salito al soglio pontificio per volere di Ottone III, convoc Arduino a Roma e lo
scomunic di fronte al Sinodo e allo stesso imperatore[1][3].
Tornato nella sua Marca, Arduino si strinse ai suoi vassalli, invest, probabilmente[3], il figlio Arduino II d'Ivrea
della carica di marchese e cacci dalle loro sedi i vescovi di Ivrea e Vercelli.
Ottone, che nel frattempo era giunto a Ravenna, si rec frettolosamente a Pavia convocando al suo cospetto il
marchese Arduino II. Egli, dopo essere giunto a Pavia, intu che la convocazione celava una trappola e con l'aiuto del
conte di Pavia e del conte del Sacro Palazzo riusc a fuggire e raggiungere Ivrea.Wikipedia:Uso delle fonti
L'imperatore, con l'intercessione del pontefice che scomunic i due marchesi, sollev dall'incarico Arduino II,
conferendo la reggenza della marca al cugino Olderico Manfredi, incaricato anche di sedare la ribellione anscarica
(detta anche Arduinica). Questa ulteriore scomunica non pose tuttavia fine alla lotta di Arduino.
Olderico non riusc nel suo intento, anzi, la ribellione dei conti italiani si allarg al punto che l'imperatore dovette
tornare in Italia per sedare la rivolta.
Arduino, sconfitto, si rifugi in Borgogna presso Ottone I Guglielmo, figlio di Adalberto IIWikipedia:Uso delle
fonti.
Arduino d'Ivrea
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Nel frattempo l'imperatore consegn con diploma del 9 luglio 1000 la carica comitale di Ivrea al vescovo Wermondo
ed alcune terre degli anscarici al vescovo Leone di Vercelli e al marchese Olderico Manfredi (Pavia, tolta ai
marchesi Obertenghi, la Contea di Asti ed Acqui, tolta agli Aleramici).
Re d'Italia
Nel 1002, approfittando della morte di Ottone III, un nutrito
gruppo di vassalli ostili al potere imperiale e contrari ad Olderico
Manfredi elesse Arduino re d'Italia nella basilica di San Michele
Maggiore a Pavia.
Il clero, nella figura di Arnolfo arcivescovo di Milano, temendo
nuovamente per il proprio potere, chiam in Italia Enrico II,
succeduto ad Ottone III, offrendogli la corona.
Enrico in un primo tempo invi truppe in Italia a capo del duca di
Carinzia Ottone per far deporre ad Arduino lo scettro, ma visto che
Arduino aveva ottenuto una serie di successi militari alle Chiuse
dell'Adige in Val Sugana contro le milizie dei vescovi e contro le
truppe imperiali (1003), nel 1004, cal in Italia con un poderoso
esercito.
Dopo aver sconfitto Arduino alle chiuse della Valsugana,
costringendolo a ripiegare nella sua Marca, l'imperatore gli tolse il
titolo regale, facendosi a sua volta incoronare a Pavia re d'Italia
nonostante le proteste violente della folla.
I pavesi, che non tolleravano il dominio tedesco, si ribellarono e
costrinsero l'imperatore a fuggire dalla citt.
Per dieci anni, tra il 1004 ed il 1014, Arduino cerc di mantenere
la corona d'Italia, ma la forte opposizione dei vescovi e di alcuni
conti e marchesi fedeli all'imperatore non gli permise di portare a
termine i propri piani.
Egli cerc anche di contrastare il potere dell'arcivescovo Arnolfo, caldeggiando la nomina all'episcopato di Asti del
fratello di Olderico, Alrico.
Nel 1007, attaccato nelle sue terre, Arduino resistette all'assedio delle milizie imperiali, rifugiandosi nella roccaforte
di Sparone, nell'Alto Canavese.
Nel 1014 Enrico II, sceso nuovamente in Italia, fu solennemente proclamato imperatore a Roma da papa Benedetto
VIII e riusc a domare le resistenze dei nobili romani suoi avversari (pertanto, alleati di Arduino).
Tornato in Germania Enrico II, Arduino riprese le armi e si mosse alla conquista di Vercelli, Novara e Pavia, ma la
forte opposizione del marchese Bonifacio di Toscana e dell'arcivescovo di Milano Arnolfo, unito ad una grave
infermit sopraggiunta, lo costrinsero a deporre le insegne reali ed a negoziare i possedimenti della contea di Pombia
per i suoi eredi.[4]
Si ritir nell'abbazia di Fruttuaria a San Benigno Canavese, costruita nei primi anni del secolo XI da Guglielmo da
Volpiano, alla quale era molto legato avendone appoggiato l'edificazione con un diploma del gennaio 1005[1].
Il 14 ottobre 1014[1] Arduino mor nell'abbazia di Fruttuaria e fu tumulato nell'altare maggiore della chiesa abbaziale,
ove per secoli fu venerato da monaci e pellegrini.
Arduino d'Ivrea
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Quest'ultimo fece allora esumare nuovamente le nobili spoglie ordinando di trasportarle nel suo castello di Agli ove
rimasero sin al 1764. In quell'anno il castello pass ai Savoia, ai quali nulla importava delle spoglie di Arduino. Ma
la sorte dispose che la marchesa Cristina di Saluzzo Miolans, moglie del marchese Giuseppe di San Martino, ex
proprietario del castello, fosse anche amante riamata del conte Francesco Valperga di Masino.
Racconta il Giacosa che:
...Al conte di Masino coceva il pensiero di quelle poche ceneri, gi tolte alla sacra volta e ai canti della chiesa, gi rapite
alla ferace terra di Fruttuaria, mal guardate e cadute ora... a tale padrone, cui non le consacrava nessun vincolo di sangue,
nessuna ragione n di nome n di memorie. Per le sue alte cariche non gli permettevano aperta dimostrazione, n la
remotissima agnazione potevagli attribuire il diritto di rivendicare le spoglie mortali del grande antenato. Chiudeva
nell'animo la pietosa ira, alla quale era conforto l'amore della marchesa e il sapernela partecipe. Ma la piet femminile
industre e temeraria...
Cristina, per amore di Francesco e per dispetto verso i Savoia, fece in modo di introdursi nel Castello Ducale di
Agli, trafugare la cassetta con i resti di Arduino e trasportarla al Castello di Masino, presso i suoi "legittimi"
discendenti.
Nella cappella di questo castello (ora di propriet del F.A.I.) le spoglie mortali di re Arduino riposano finalmente in
pace ancora oggi.
La storia si inserisce con evidenza nelle strategie di nobilitazione dinastica perseguite con frequenza nel passato e
testimonia la grande popolarit di cui ha continuato a godere in Canavese la figura di re Arduino, sospesa tra storia e
leggenda.
Arduino d'Ivrea
la Rievocazione Fructuariense a cura del gruppo storico [5] che si celebra nel luogo in cu venne sepolto a San
Benigno Canavese;
il Torneo di Maggio alla Corte di Re Arduino, istituito a Cuorgn con il proposito esplicito di celebrare la
leggenda di re Arduino;
le manifestazioni storiche di Sparone, celebrate ai piedi dei ruderi dell'antica roccaforte di Arduino.
la ricostruzione storica di Rocca Canavese, incentrata sulla figura del conte Emerico, e dei suoi legami con
Arduino.
Nel 2011 nasce il "Patto Arduinico", un progetto di ricostruzione storica promosso da Associazione Culturale
Speculum Historiae [6] di Torino, Gruppo Storico La Motta [7] di Sparone e Gruppo Storico Rievocando Fruttuaria [8]
di San Benigno Canavese al fine di rievocare ed approfondire le vicende della zona del canavese nel XI secolo,
incentrata sulla storia di Arduino e altri personaggi come Guglielmo da Volpiano e Libania di Busano.
Note
[1] Girolamo Arnaldi, ARDUINO, re d'Itala (http:/ / www. treccani. it/ enciclopedia/ re-d-italia-arduino_(Dizionario-Biografico)/ ), Dizionario
Biografico degli Italiani, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani
[2] Gabiani N., Asti nei principali suoi ricordi storici vol 1, 2,3. Tip. Vinassa 1927-1934, Volume I, pag 444
[3] AA.VV., Arduino re d'Italia (http:/ / www. treccani. it/ enciclopedia/ arduino-re-d-italia/ ), Enciclopedia biografica universale Treccani,
edizione 2006
[4]
[5]
[6]
[7]
[8]
Fascio V. Arduino d'Ivrea ed il regno italico (http:/ / www. mondimedievali. net/ pre-testi/ arduino. htm)
http:/ / www. rievocandofruttuaria. org
http:/ / speculumh. altervista. org/
http:/ / www. lamotta. it/
http:/ / www. rievocandofruttuaria. org/
Bibliografia
Girolamo Arnaldi, ARDUINO, re d'Itala (http://www.treccani.it/enciclopedia/
re-d-italia-arduino_(Dizionario-Biografico)/), Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell'Enciclopedia
italiana Treccani
AA.VV., Arduino re d'Italia (http://www.treccani.it/enciclopedia/arduino-re-d-italia/), Enciclopedia
biografica universale Treccani, edizione 2006.
Ludovico Antonio Muratori,Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750, Firenze 1827.
Tibone M.L., Cardino L.M., Il Canavese. Terra di storia e di arte, Torino, 1993.
Ramella P., Yporegia - Ivrea e Canavese nel Medioevo, Ivrea, 1997.
Gabiani N., Asti nei principali suoi ricordi storici vol 1, 2,3. Tip. Vinassa 1927-1934.
Fascio V., GialloBenigno ovvero enigma in luogo di Fruttuaria, Torino, 2005.
AA.VV., Arduino mille anni dopo. Un re tra mito e storia, pubblicazione a cura dell'Associazione di Storia e Arte
Canavesana, U. Allemandi & C., Torino, 2002
Cesare Violini, Arduino d'Ivrea, re d'Italia e il dramma del suo secolo, Torino, Societ Subalpina Editrice, 1942
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Arduino d'Ivrea
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Voci correlate
Beato Warmondo
Fruttuaria
Anscarici
Sparone
San Benigno Canavese
Collegamenti esterni
AA.VV. Arduino d'Ivrea (http://www.treccani.it/enciclopedia/arduino-re-d-italia) in Treccani.it - Enciclopedie on
line. Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 15 marzo 2011
Pombia e Arduino: un paese per un re, un re per l'Italia (http://www.viagginellastoria.it/arduino/entra.htm)
Altri progetti
Marchese d'Ivrea
Successore
Corrado d'Ivrea
990-999
Arduino II d'Ivrea
Predecessore
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Successore
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1002 - 1014
(trono conteso
con Enrico II)
Enrico II
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