Professional Documents
Culture Documents
nellalto medioevo
Dal canto cristiano a Guido monaco
Coordinate temporali
313 editto di Milano = libert di culto per i cristiani
325 primo Concilio ecumenico della Cristianit a Nicea
325 e 330: vengono istituite le feste di Pasqua (la prima domenica dopo lequinozio primaverile) e di
Natale
1) Canto del rito bizantino (IV-VII sec.) a Bisanzio erano in uso otto tipi di scala
(echoi) e tre stili di canto: hirmologico (sillabico) sticheratico (melismatico)
asmatico (con lunghi canti ricchi di melismi affidati a un solista).
2) Canto del rito gallicano (VI sec.) si sviluppa nelle gallie; le prime fonti di
informazione risalgono agli scritti di S.Germano di Parigi e Cesario vescovo di Arles.
Il repertorio pi antico in notazione presenta melodie assai melismatiche.
3) Canto del rito mozarabico (VI-VII sec.) si sviluppa nella Spagna visigotica, praticato
fino al 1085 dai cristiani rimasti in minoranza dopo linvasione araba (inizio del
dominio 711 d.C.). I momenti della liturgia pi caratterizzati dal punto di vista
musicale erano lalleluja (versetto dapprima sillabico poi melismatico), lo
psallendum brano solistico, il clamor caratterizzato da acclamazioni dellassemblea.
4) Canto del rito beneventano (VI-VII sec.) si sviluppa a Benevento, ducato
longobardo, fino al 1058 (soppressione ad opera di Papa Stefano IX); le melodie
sono ornate, non sillabiche e giocate su coppie di note congiunte ascendenti e
moduli melodici condivisi da diversi brani.
5) Canto del rito romano (VII sec.) creazione della schola cantorum di Roma,
caratterizzato da melodie a gradi congiunti con largo uso dei microtoni. Si estinse
allinizio del XIV sec.
6) Canto del rito ambrosiano (VIII sec.) si sviluppa a Milano; melodie ampie e
sillabiche desunte da repertorio extraliturgico (caratteristico di questa liturgia fu
linnodia) La tradizione ininterrotta.
Linnodia ambrosiana
L'Inno una nuova tipologia di canto cristiano strofico,
con metro poetico, intonato su melodia suadente di
tipo sillabico, collocato nella liturgia delle ore solo
dal XII sec. La tradizione innodica, di origine siriaca,
introdotta da SantEfrem (306-373) fior a Milano
con SantAmbrogio poi con San Benedetto (480547). Inni ambrosiani: Aeterne rerum Conditor; Deus
Creator omnium; Iam surgit hora tertia; e Veni
Redemptor gentium
Veni creator spiritus (840 d.C. sei quartine in dimetri
giambici cantate sulla stessa melodia).
Kyrie = formula greca (signore piet) diffusa in oriente e poi nel VI sec. a
Roma (risposta corale della litania introduttiva alla Messa). Nel IX sec.
acquist una triplice struttura tripartita quale simbologia trinitaria.
Gloria = dossologia in uso nel II sec. nella Chiesa greca. Dapprima inserito
nella liturgia delle ore al posto di un salmo, fu adottato nella messa nel VI
sec. Hymnus angelicus era il suo nome (lincipit in Luca 2.14 era
pronunciato dagli angeli la notte di Natale) e come il Te Deum rientrava
negli psalmi idiotici una tradizione letteraria modellata sul Salterio.
Credo = il testo in prosa si divide in 23 versetti; lo stile si mantiene sillabico
funzionale a una migliore percezione delle verit di Fede. Introdotto a
Costantinopoli nel 500, entr ufficialmente in uso solo nel 1014 per volere
dellimperatore Enrico II.
Sanctus = canto di gloria che introduce il Canone, la parte pi importante
della Messa. Lingresso ufficiale fu sancito dal concilio di Vaison nel 529
(quando si complet con la dossologia Osanna di derivazione ebraica).
Agnus Dei = tripartito in stile semiornato o melismatico sulla parola Dei
(introdotto da Sergio I nel 701)
Proprium
Per Tolomeo i gradi di trasposizione dovevano per partire non dal teleion
bens dallottava aurea del modo dorico, quella di Mi (formata dai
tetracordi disgiunti con semitono al grave, quelli di base per la musica
greca, meson mi-fa,sol-la e diezeugmenon si-do-re-mi) con mese (la) e
paramese (si) a distanza di quinta o di quarta dalle estremit della scala (i
due mi):
.
Per accogliere una melodia dorica, la pi comoda per la voce e per gli
strumenti, su altre coppie di tetracordi (ad es. meson e hypaton) Tolomeo
pens di far slittare mese e paramese sui gradi dellottava, i cui estremi
(mi-Mi) restavano fissi, al fine di esaurire tutte le species:
.
Specie TONO
Specie MODO
[sol]
II
ipofrigio
TTsTTsT
VII
Misolidio
[fa]
III
ipolidio
TTTsTTs
VI
lidio
[mi]
IV
Dorico
sTTTsTT
frigio
[re]
Frigio
TsTTTst
IV
Dorico
[do]
VI
lidio
TTsTTTs
III
Ipolidio
[si]
VII
Misolidio
sTTsTTT
II
Ipofrigio
[la]
ipodorico
TsTTsTT
Ipodorico
Teoria musicale
medievale
echoi
[re]
ananeanes
Protos
Dorico
Protus
[mi]
Neanes
Deuteros
Frigio
Deuterus
[fa]
Aneanes
Tritos
Lidio
Tritus
[sol]
Hagia
Tetartos
Misolidio
tetrardus
Aneanes
Plagios
Protus
neanes
Plagios
deuteros
Anes
Barys
Nehagie
Plagios
tetartos
Con ladozione del sistema modale dalla prassi spar il cromatismo poich non
era contemplato l'uso di alterazioni, con leccezione del si bemolle ad evitare
il tritono col fa. Linstabilit di tale nota indusse il tenor ad evitarla, slittando
a do (o a fa nel IV modo). Un ulteriore riordino dei modi liturgici stabil un
raggruppamento per finalis e la nuova definitiva numerazione nel XI secolo:
.
Le differentiae
Assenza di tenor
I neumi
Notazione milanese
notazione aquitana
notazione nonantolana
notazione paleofranca
notazione beneventana
notazione sangallese
V. INTERPRETARE IL GREGORIANO
Le possibili interpretazioni esecutive del canto gregoriano:
[a] Stile dei monaci di Solesmes: nato in piena cultura tardoromantica poi revisionato dal monaco, Eugmne Cardine intorno
al 1950 era mirato alla restituzione delle nuances.
[b] Stile di bordone: una nota pedale conferisce maggior risonanza
al canto. Luso di voci d'accompagnamento testimoniato a
Roma sin dal sec. VII e probabilmente riprende una pi antica
tradizione eterofonica conosciuta anche in ambito ebraico.
[c] Stile mediterraneo: si rif a tradizioni orali prediligendo
un'emissione alterata della voce con tendenza alla nasalizzazione
e agli intervalli strascicati.
[d] Stile note cardine: sono ben scandite soltanto poche note
strutturali, mentre le altre sono prese di sfuggita e trattate come
mera ornamentazione.
Tropo di complemento
Le sequenze
La sequenza una forma di tropo che sapplica al prolungamento (detto
sequela da cui deriva il termine) dello jubilus posto a chiusura dellAlleluja
e si svilupp in tre fasi secondo tre modelli principali:
1) IX-X sec modello notkeriano. In occasioni solenni lultimo Alleluja
prolungava lo jubilus con una melodia (sequela) che riprendeva il
materiale dellAlleluja e che si divideva in alcune sezioni ripetute due
volte (ad eccezione di quelle estreme). Alleluja completo:
jubilus
Sequela (qui in 9 parti, inizio e fine cantate una sola volta (xemel = X)
Psallat ecclesiae
Alla sequela si applicava poi un testo (detto prosa, altro nome antico delle
sequenze) la cui versificazione combaciava con laccentuazione della musica.
Le parole si raggruppavano per neuma con un singolo accento:
Dies irae
3) XII sec. modello vittorino
(Adam di San Vittore).
Allinizio del 1100 labbazia
parigina di San Vittore
propag un tipo di sequenza
privo di ogni collegamento con
lAlleluja e dotato di un
preciso schema metrico e di
un gioco di rime finali. Il gusto
per il ritmo accentuativo ben
cadenzato e per la regolarit
strofica evidente nelle
terzine a rime baciate in
dimetri trocaici acatalettici del
Dies irae (attribuita a
Tommaso da Celano 11901260)