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Musica e liturgia

nellalto medioevo
Dal canto cristiano a Guido monaco

Coordinate temporali
313 editto di Milano = libert di culto per i cristiani
325 primo Concilio ecumenico della Cristianit a Nicea
325 e 330: vengono istituite le feste di Pasqua (la prima domenica dopo lequinozio primaverile) e di
Natale

380 editto di Tessalonica = con Teodosio il cristianesimo religione di stato


382 La Vulgata di San Girolamo
374-397 Ambrogio vescovo di Milano
VI sec. Boezio, Cassiodoro e Isidoro di Siviglia rappresentano le chiavi di volta tra
teoria musicale greca e medievale.
590-604 = Gregorio Magno; primo rituale romano (sacramentario gelasiano)
690 = prima schola cantorum (Papa Sergio I)
VII sec. Ordo romanum I confezione dei sacramentari
IX sec. = nascita del canto franco-romano (gregoriano)
Met IX sec. = tropi e sequenze, prime notazioni e polifonie scritte
910 = il trattato Alia musica definisce il sistema modale
1026 = Guido dArezzo perfeziona la notazione diastematica e la mnemotecnica

I. IL CANTO DEL CRISTIANESIMO


La monodia liturgica cristiana delle origini si appropri delle
abitudini declamatorie delloratoria romana (per Cicerone la
parola declamata cantus obscurior) e di tre modalit
dintonazione dei salmi tipiche della tradizione giudaica:
1) La salmodia responsoriale = il salmo viene eseguito dal
solista cui risponde lassemblea con un versetto-ritornello
2) La salmodia alleluiatica = il salmo viene eseguito dal solista e
dopo ogni versetto lassemblea canta alleluia
3) La salmodia antifonica = il solista canta la prima parte di
ciascun versetto e lassemblea la seconda.
Dalla salmodia responsoriale e antifonica trassero origine le due
principali forme del canto liturgico cristiano:
responsorio e antifona

I canti liturgici delle comunit cristiane (IV-VIII sec.)


N.B. Le prime fonti scritte risalgono al XI-XII sec.

1) Canto del rito bizantino (IV-VII sec.) a Bisanzio erano in uso otto tipi di scala
(echoi) e tre stili di canto: hirmologico (sillabico) sticheratico (melismatico)
asmatico (con lunghi canti ricchi di melismi affidati a un solista).
2) Canto del rito gallicano (VI sec.) si sviluppa nelle gallie; le prime fonti di
informazione risalgono agli scritti di S.Germano di Parigi e Cesario vescovo di Arles.
Il repertorio pi antico in notazione presenta melodie assai melismatiche.
3) Canto del rito mozarabico (VI-VII sec.) si sviluppa nella Spagna visigotica, praticato
fino al 1085 dai cristiani rimasti in minoranza dopo linvasione araba (inizio del
dominio 711 d.C.). I momenti della liturgia pi caratterizzati dal punto di vista
musicale erano lalleluja (versetto dapprima sillabico poi melismatico), lo
psallendum brano solistico, il clamor caratterizzato da acclamazioni dellassemblea.
4) Canto del rito beneventano (VI-VII sec.) si sviluppa a Benevento, ducato
longobardo, fino al 1058 (soppressione ad opera di Papa Stefano IX); le melodie
sono ornate, non sillabiche e giocate su coppie di note congiunte ascendenti e
moduli melodici condivisi da diversi brani.
5) Canto del rito romano (VII sec.) creazione della schola cantorum di Roma,
caratterizzato da melodie a gradi congiunti con largo uso dei microtoni. Si estinse
allinizio del XIV sec.
6) Canto del rito ambrosiano (VIII sec.) si sviluppa a Milano; melodie ampie e
sillabiche desunte da repertorio extraliturgico (caratteristico di questa liturgia fu
linnodia) La tradizione ininterrotta.

Il papiro di Ossirinco n.1786


Unica fonte musicale superstite del canto
cristiano arcaico in lingua greca (sec. IIIIV; solo dopo il concilio di Laodicea (381)
si afferm il latino come lingua
liturgica).
Edita nel 1922, riporta un canto di lode in
monometri anapestici interpolati da due
dimetri.
Tra testo e musica, rispetto alla tradizione
greca classica, si formato uno iato: la
melodia si muove indipendente con
accenti percussivi sulla struttura del testo
poetico. Il melos non sgorga pi dal
logos. Larmonia frigia corrisponde qui al
terzo echos bizantino.
Vocalizzi risaltano le parole di maggior
pregnanza e gli amen conclusivi ( il
prodromo dellinnodia bizantina).

Linnodia ambrosiana
L'Inno una nuova tipologia di canto cristiano strofico,
con metro poetico, intonato su melodia suadente di
tipo sillabico, collocato nella liturgia delle ore solo
dal XII sec. La tradizione innodica, di origine siriaca,
introdotta da SantEfrem (306-373) fior a Milano
con SantAmbrogio poi con San Benedetto (480547). Inni ambrosiani: Aeterne rerum Conditor; Deus
Creator omnium; Iam surgit hora tertia; e Veni
Redemptor gentium
Veni creator spiritus (840 d.C. sei quartine in dimetri
giambici cantate sulla stessa melodia).

La trasmissione orale del canto liturgico


Tra il VI e IX secolo in monasteri e abbazie (Montecassino (529) Bobbio (612)
San Gallo (614) la trasmissione dei canti liturgici rest di tipo orale
La mnemotecnica impiegata prevedeva che:
Ciascun canto liturgico avesse un preciso tipo melodico compendiante le
modalit esecutive.
Il cantore avesse come note di riferimento la corda di recita e la finalis.
Lapertura e la chiusura del brano seguissero formule melodiche fisse.
I versi del testo potessero essere segmentati in versetti terminanti con
formule cadenzali stereotipate che sfociavano su note cardine (nel loro
insieme esse formavano una specie di scheletro melodico)
Il cantore memorizzava un certo numero di formule che allatto esecutivo
sapeva cucire insieme, secondo unoperazione detta centonizzazione
(centone = collage) Libert improvvisatoria e formule schematiche
coesistevano cos in un canto sempre diverso e sempre adattabile alle
svariate circostanze liturgiche (tale natura era coerente con la fisionomia
della Chiesa delle origini).

Stereotipia delle formule di apertura e chiusura


Uno stesso gruppo di
canti (ad esempio
un gruppo di tractus
quaresimali)
iniziava e finiva con
formule melodiche
analoghe, secondo
schemi condivisi
dallepica e dalla
narrativa fiabesca
(cera una volta
e vissero felici e
contenti)

II. LA FISSAZIONE DEL CERIMONIALE (VII SEC.)


Nel VII sec. gli Ordines romani fissarono il cerimoniale del rito cristiano
basandolo su 2 istituti fondamentali (il liber usualis ne raccoglieva i canti):
- la liturgia eucaristica (Missa)
- la liturgia delle ore (Officum)
I canti della Missa (riuniti nel messale) rientravano in due gruppi:
1) Ordinarium (raccolti nel Kyriale) per le sezioni fisse dellanno liturgico
composto da: Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus, Agnus Dei
2) Proprium (raccolto nel Graduale) per le sezioni variabili dellanno liturgico
composto da: Introito, Graudale, Alleluja (o in quaresima Tractus),
Offertorio, Communio
Nel 950 il Pontificale romanum-germanicum di Magonza defin il formulario
della messa rimasto invariato fino al Concilio Vaticano II (1965)
LOfficium mutuato dalla tradizione ebraica, si divide in 8 ore canoniche e
comprende salmi con relative antifone, cantici, inni e letture, litanie,
orazioni. Mattutino (dopo le 24) Laudes (allalba) ore minori (prima,
tertia, sexta, nona) Vesprae (al tramonto) Completorium (verso le 23)

Ordinarium (si stabilisce tra VI e XI sec.)

Kyrie = formula greca (signore piet) diffusa in oriente e poi nel VI sec. a
Roma (risposta corale della litania introduttiva alla Messa). Nel IX sec.
acquist una triplice struttura tripartita quale simbologia trinitaria.
Gloria = dossologia in uso nel II sec. nella Chiesa greca. Dapprima inserito
nella liturgia delle ore al posto di un salmo, fu adottato nella messa nel VI
sec. Hymnus angelicus era il suo nome (lincipit in Luca 2.14 era
pronunciato dagli angeli la notte di Natale) e come il Te Deum rientrava
negli psalmi idiotici una tradizione letteraria modellata sul Salterio.
Credo = il testo in prosa si divide in 23 versetti; lo stile si mantiene sillabico
funzionale a una migliore percezione delle verit di Fede. Introdotto a
Costantinopoli nel 500, entr ufficialmente in uso solo nel 1014 per volere
dellimperatore Enrico II.
Sanctus = canto di gloria che introduce il Canone, la parte pi importante
della Messa. Lingresso ufficiale fu sancito dal concilio di Vaison nel 529
(quando si complet con la dossologia Osanna di derivazione ebraica).
Agnus Dei = tripartito in stile semiornato o melismatico sulla parola Dei
(introdotto da Sergio I nel 701)

Kyrie Lux et origo, cantato a Pasqua sintona su tre temi diversi

Proprium

Introitus = funzione processionale, stile semiornato, antifona alternata ad


un salmo
Graduale = cantato dopo la prima lettura (deriva il suo nome dai gradini
dellambone, la tribuna rialzata allinterno del coro nelle basiliche
romaniche da dove si leggeva il brano biblico) si divideva in responsus,
versetto, responsus , stile melismatico fu concepito in origine per
unesecuzione solistica.
Alleluja/Tractus = il brano di giubilo che precede la lettura del Vangelo
iniziava sulla parola Alleluja (che vuol dire lodate Dio) per terminare con
un ampio vocalizzo (detto jubilus) sulla sillaba finale. Nei giorni di
quaresima e di lutto era sostituito dal Tractus una serie di versetti di salmo
cantati tutti di seguito (il nome deriva dallavverbio latino tractim, senza
interruzione, di seguito).
Offertorium = antifona alternata a pi versetti salmodici, si eseguiva
quando venivano portate le offerte allaltare
Communio = introdotto intorno al VII secolo, per influsso della chiesa
dOriente, stile sillabico.

Struttura della messa


I catecumeni (non battezzati)
assistevano solo alla prima
parte della messa
Il Credo fu aggiunto per
contrastare le eresie che non
credevano nella
consustanzialit di Padre e
Figlio e si pose al centro delle
due parti.
Oggi la divisione si pone tra messa
didattica (basata sulla parola) e
messa sacrificale (basata
sulleucaristia).

La liturgia delle ore (Officium)

III. LA CREAZIONE DEL CANTO GREGORIANO (IX SEC.)


La romanizzazione della liturgia gallicana
voluta dai sovrani Franchi quale
veicolo ideologico di propaganda
politica ibrid la tradizione locale con
la prassi del canto romano.
Il nuovo repertorio di canti liturgici si
fiss in un corpus da mantenere
immutato e da imparare in modo
passivo a memoria (il tirocinio dei
cantores si estese a un decennio e la
prassi improvvisatoria fu ghettizzata)
Per favorire la memorizzazione e per
classificare il nuovo repertorio si
svilupparono:
1) Le prime forme di notazione
(registrano modalit esecutive)
2) Il sistema degli otto modi gregoriani

La leggenda del canto gregoriano


Per far accettare il nuovo repertorio
del canto franco-romano Paul
Warnefried (Paolo Diacono),
segretario di corte di Carlo Magno
diffuse la leggenda che quei canti
fossero stati ispirati duecento anni
prima dallo Spirito Santo in forma
di colomba a Papa Gregorio
Magno (590-604)
Papa Gregorio nella realt storica
riordin e sistematizz il
patrimonio liturgico ma non
allinsegna delluniformit, bens
della variet (come testimonia una
sua lettera a missionari in
Inghilterra).
Antifonario di Hartker (San Gallo)

Il gregoriano e il sistema modale


Il sistema modale (in parte valido fino
al tempo di Bach) si codific nel IX
sec. come una griglia ambigua che
tentava di conciliare la prassi
esecutiva coeva con:
1) I modi greci riletti da Boezio.
2) Gli otto echoi bizantini (base
delloctoechos, una raccolta di canti
per 8 domeniche successive
divenuta prassi nel 750 d.C.)
formule dintonazione (echemata)
con una specifica distribuzione di
altezze entro unottava (ma la scala
bizantina non era diatonica)
La nota finale finalis e la corda di recita
(repercussio o tenor) servivano a
stabilire lappartenenza a un modo.

Il termine latino modus indicava:


- Il carattere espressivo di un canto, (ethos)
- La distribuzione degli intervalli di un canto (specie)
- I gradi di trasposizione di un canto (tonalit)
.

La teoria medievale dei modi si rifaceva al De institutione musica (520 d.C.) di


Boezio che classific, senza nominarle, 7 species di ottava utilizzando a
partire dal suono pi acuto (scala O-G, N-F, etc.) la gamma di suoni del
sistema teleion greco (esemplificato su base La per evitare alterazioni),
priva del suono aggiunto al grave (il la proslambanmenos):

Dalle 7 specie di tonalit derivano 8 gradi di trasposizione secondo la teoria di


Boezio che si rifaceva agli Harmonika di Tolomeo (150 d.C. ca). Questo il
primo grado di trasposizioni sulla base della seconda specie (TTstTTstT):
.

Per Tolomeo i gradi di trasposizione dovevano per partire non dal teleion
bens dallottava aurea del modo dorico, quella di Mi (formata dai
tetracordi disgiunti con semitono al grave, quelli di base per la musica
greca, meson mi-fa,sol-la e diezeugmenon si-do-re-mi) con mese (la) e
paramese (si) a distanza di quinta o di quarta dalle estremit della scala (i
due mi):
.

Per accogliere una melodia dorica, la pi comoda per la voce e per gli
strumenti, su altre coppie di tetracordi (ad es. meson e hypaton) Tolomeo
pens di far slittare mese e paramese sui gradi dellottava, i cui estremi
(mi-Mi) restavano fissi, al fine di esaurire tutte le species:
.

Lapplicazione delle teorie di Tolomeo e Boezio


Le formule melodiche del canto liturgico (toni salmodici)
seguivano un ordine preciso: lintonatio raggiungeva la corda di
recita (detta anche tenor); per gli emistichi pi lunghi vi era poi
una curva melodica (flexa) cui seguiva di nuovo la corda di
recita; a met verso (emistichio) si formava una cadenza
mediana (mediatio); il secondo emistichio era chiuso con una
cadenza conclusiva (terminatio). La forma parabolica:

Come si applic la teoria di Tolomeo-Boezio al canto liturgico medievale?


Il canto liturgico intonava un testo privo di strutture metriche e si
articolava in un movimento melodico che doveva restituire la tensione
espressiva dell'oratore: la terminatio, esaurimento dell'energia
discorsiva, chiudeva sempre su un grado pi basso del tenor. E per lo
stesso motivo l'intonatio aveva andamento contrario. Si delineava cos
la tipica struttura ad arco della melodia liturgica.
La distanza fra il piano del tenor (tensione) e il punto di
partenza/conclusione del canto (riposo), rappresentato per
convenzione dall'ultima nota del brano, detta finalis crea un
bipolarismo, tipico della melodia gregoriana, che insiste sull'intervallo di
quinta o, nei casi in cui l'estensione vocale pi contenuta, di terza.

I primi trattati di teoria musicale:


- De octo tonis [De musica di Alcuino] (ca. 810)
- Musica disciplina Aureliano di Rome (ca. 850);
- Alia musica tre autori anonimi (IX sec.)
- De harmonica institutione Hucbald de Saint-Amand (fine IX sec.)
posero le basi per la sintesi fra gli otto echoi bizantini e le otto 'tonalit' di
Boezio, al fine di classificare un repertorio la cui prerogativa pi evidente
era il rapporto di quinta o di terza fra tenor e finalis. Le specie di ottava
furono calcolate secondo lo stesso ordine proposto da Boezio, ma a
partire dal systema teleion, avviato dal La; il nome del tono greco
divenne il nome della specie:

Lerrore di nomenclatura fu funzionale a far coincidere i toni


greci senza suffisso ipo- con i primi quattro echoi bizantini
Teoria musicale greca

Teoria musicale medievale

Specie TONO

Specie MODO

[sol]

II

ipofrigio

TTsTTsT

VII

Misolidio

[fa]

III

ipolidio

TTTsTTs

VI

lidio

[mi]

IV

Dorico

sTTTsTT

frigio

[re]

Frigio

TsTTTst

IV

Dorico

[do]

VI

lidio

TTsTTTs

III

Ipolidio

[si]

VII

Misolidio

sTTsTTT

II

Ipofrigio

[la]

ipodorico

TsTTsTT

Ipodorico

Teoria musicale bizantina

Teoria musicale
medievale

echoi
[re]

ananeanes

Protos

Dorico

Protus

[mi]

Neanes

Deuteros

Frigio

Deuterus

[fa]

Aneanes

Tritos

Lidio

Tritus

[sol]

Hagia

Tetartos

Misolidio

tetrardus

Aneanes

Plagios
Protus

neanes

Plagios
deuteros

Anes

Barys

Nehagie

Plagios
tetartos

Gli otto modi gregoriani


I quattro modi coincidenti con gli echoi furono detti autentici per
distinguerli dai plagali, costruiti una quarta sotto ma con le
stesse finalis (re, mi, fa, sol) a distanza di terza dalla
repercussio.

Con ladozione del sistema modale dalla prassi spar il cromatismo poich non
era contemplato l'uso di alterazioni, con leccezione del si bemolle ad evitare
il tritono col fa. Linstabilit di tale nota indusse il tenor ad evitarla, slittando
a do (o a fa nel IV modo). Un ulteriore riordino dei modi liturgici stabil un
raggruppamento per finalis e la nuova definitiva numerazione nel XI secolo:
.

I nove toni salmodici


L'intonazione salmodica non aveva una finalis fissa e si adeguava al
sistema modale solo in riferimento al tenor e alla distribuzione
intervallare che ruotava attorno ad esso.
Otto erano pertanto le formule salmodiche, pi una aggiunta,
detta modus peregrinus, che adottava una doppia corda di recita,
prima su la e poi su sol (residuo di una forma arcaica concepita
quando il sistema non era ancora codificato).
Le formule salmodiche palesavano movimenti melodici tipici:
- perdita di tensione (flexa o terminatio) = terza minore
- innalzamento della voce (nella mediatio) = tono o semitono.
Ogni salmo si agganciava a una successiva antifona e perch ci
avvenisse in modo fluido cera un assortimento di terminazioni dette
differentiae. I cantores dovevano conoscere il modo dellantifona per
scegliere il giusto tono salmodico. A tal uopo esistevano i tonari.

Le differentiae

Ambiguit del sistema modale


Nonostante gli sforzi di sistemazione teorica il sistema modale
spesso non riusciva a incasellare determinati canti liturgici che
non lasciavano neppure individuare con chiarezza il tenor:
tenor in verde, finalis in rosso

Assenza di tenor

IV. SCRIVERE IL GREGORIANO: I NEUMI


Il sistema di notazione sviluppatosi appieno
tra X e XI sec. nella rete di monasteri tra
la Senna e il Reno e sul lago di Costanza
(Metz, Sankt Gallen, Bamberg,
Einsiedeln) non fissava le altezze
(adiastemaza) bens le modalit
esecutive (talora abbreviate da lettere) e
landamento melodico (nella prassi era
indicato con gesti della mano; la
notazione che ne dava una resa grafica
era detta appunto chironomica) dei
canti preventivamente memorizzati
(lanno liturgico ne comprendeva circa
3000).
La scrittura non sostitu la memoria tuttavia
innesc una rivoluzione culturale che
soppiant la tradizione orale e
limprovvisazione.

I centri della notazione medievale

I segni della notazione adiastematica


Neumi singoli (virga e punctum) o composti, relativi a due note (pes e clivis) o
a pi note (climacus, scandicus, torculus, porrectus) derivano dalla
combinazione di accenti grammaticali e restituiscono visivamente il moto
degli intervalli, la curva di un canto liturgico

I neumi di questo codice sangallese riquadrati: 1 lettera romaniana t indica tenete


al di sopra di una clivis (nota acuta poi grave); 2 porrectus (acuto,grave,acuto); 3
climacus (tre note discend.); 4 virga che segue un punctum (nota pi acuta della
precedente); 5 pes (nota grave poi acuta); 6 lettera c celeriter sul porrectus.

I neumi

Pluralit di tradizioni notazionali


Dal IX sec. gli scriptoria dei
monasteri sviluppano la
notazione neumatica con
particolarismi grafici.
Un primo punto di riferimento
per le altezze fu dato da un
rigo tirato a secco sulla
pergamena.

Notazione milanese

notazione aquitana

notazione nonantolana

notazione paleofranca

notazione beneventana

notazione sangallese

V. INTERPRETARE IL GREGORIANO
Le possibili interpretazioni esecutive del canto gregoriano:
[a] Stile dei monaci di Solesmes: nato in piena cultura tardoromantica poi revisionato dal monaco, Eugmne Cardine intorno
al 1950 era mirato alla restituzione delle nuances.
[b] Stile di bordone: una nota pedale conferisce maggior risonanza
al canto. Luso di voci d'accompagnamento testimoniato a
Roma sin dal sec. VII e probabilmente riprende una pi antica
tradizione eterofonica conosciuta anche in ambito ebraico.
[c] Stile mediterraneo: si rif a tradizioni orali prediligendo
un'emissione alterata della voce con tendenza alla nasalizzazione
e agli intervalli strascicati.
[d] Stile note cardine: sono ben scandite soltanto poche note
strutturali, mentre le altre sono prese di sfuggita e trattate come
mera ornamentazione.

Esemplificazione sullAlleluia di Pasqua

Il graduale triplex , il testo che riunisce i canti gregoriani in notazione quadrata


secondo leditio vaticana riporta in nero la notazione di Laon e in rosso quella
sangallese

VI. ELABORARE IL GREGORIANO: TROPI


Il Tropo, unoperazione di glossatura e rielaborazione di materiale
preesistente, si pone alla base della creativit medievale.
Il rito, trasmesso per prassi e oralit, sempre stato un momento
di viva creativit, e ha per questo mutato natura nel corso del
tempo. Quando stato fissato attraverso la scrittura prima
nel testo con Gregorio Magno (VI sec.), poi nel cerimoniale con
gli Ordines Romani (VII sec.) e infine nella musica con la
notazione (IX sec.) ha avuto bisogno di concentrare la sua
potenzialit di rinnovamento e creativit in elementi che si
affiancassero al testo senza alterarlo. Questi elementi aggiunti
sono i tropi liturgici.
I tropi liturgici potevano aggiungere un nuovo testo al di sotto di
lunghi melismi (tropo di sillabizzazione) oppure testo e musica
inserendoli tra le parti di un canto (tropo di interpolazione)

Tropo di sillabizzazione (melgeno)


Al melisma del Kyrie viene applicato un testo che glossa il senso dellinvocazione

Tropo dinterpolazione (loggeno)


Il testo aggiunto che va a interpolare il Sanctus consta di 5 sestine di senari a rima alternata

Tropo di complemento

Tropo dinterpolazione (loggeno)

Il testo aggiunto va a interpolare il Terribilis locus iste

Organicis Christo persolvite


vocibus odax
Terribilis est locus iste
Symphoniae modulis ut personet
aula Tonantis
Hic domus Dei est
Emicat ista domus fundata in
vertice saxis
Et porta Coeli
In quem domo Domini mudularier
organa vocis
Et vocabitur aula Dei

Le sequenze
La sequenza una forma di tropo che sapplica al prolungamento (detto
sequela da cui deriva il termine) dello jubilus posto a chiusura dellAlleluja
e si svilupp in tre fasi secondo tre modelli principali:
1) IX-X sec modello notkeriano. In occasioni solenni lultimo Alleluja
prolungava lo jubilus con una melodia (sequela) che riprendeva il
materiale dellAlleluja e che si divideva in alcune sezioni ripetute due
volte (ad eccezione di quelle estreme). Alleluja completo:
jubilus

Sequela (qui in 9 parti, inizio e fine cantate una sola volta (xemel = X)

Psallat ecclesiae
Alla sequela si applicava poi un testo (detto prosa, altro nome antico delle
sequenze) la cui versificazione combaciava con laccentuazione della musica.
Le parole si raggruppavano per neuma con un singolo accento:

Il monaco sangallese Notker balbulus (840-910) compose questa (Psallat


ecclesiae) e molte altre sequenze riunite nel perduto Liber humnorum. Nella
lettera inviata al vescovo di Vercelli, Notker narra che questo modo di
applicare un testo ai lunghi melismi dello jubilus (forse allo scopo di
memorizzarli) era giunto dal Nord della Francia, da Jumige, e afferma che ad
ogni nota doveva corrispondere una sillaba (testo modellato sulla musica).

Victimae paschali laudes


2) XI sec. modello wiponiano intermedio. Intorno al 1000 d.C. i testi delle
sequenze si disposero secondo forme metriche abbozzate: un primo esempio
dato da Victimae paschali laudes attribuita a Wipone di Burgundia (9951050). La tendenza port verso unintonazione a strofe parallele (coblas) che
divent cifra distintiva anche nella fase successiva. La sequenza acquist
collocazione stabile nella messa dopo lAlleluja. Le melodie talvolta erano
tratte dal repertorio popolare (gi Notker le chiamava con nomi che
confermano quellorigine: graeca puella turbata cignea)

Dies irae
3) XII sec. modello vittorino
(Adam di San Vittore).
Allinizio del 1100 labbazia
parigina di San Vittore
propag un tipo di sequenza
privo di ogni collegamento con
lAlleluja e dotato di un
preciso schema metrico e di
un gioco di rime finali. Il gusto
per il ritmo accentuativo ben
cadenzato e per la regolarit
strofica evidente nelle
terzine a rime baciate in
dimetri trocaici acatalettici del
Dies irae (attribuita a
Tommaso da Celano 11901260)

Tropi e dramma liturgico


Il tropo allIntroito pasquale, Quem queritis in sepulchro, in virt delle sue
prerogative dialogiche intorno alla met del X sec. si trasform nella
Visitatio sepulchri, una drammatizzazione dellazione liturgica (attori: le tre
marie e langelo) rappresentata prima della messa di Pasqua o al termine del
Mattutino pasquale. Lectio, actio e cantus interagivano come dimostrazione
concreta del mistero pasquale: in alcune fonti si conserva una descrizione
della messinscena con uso di lenzuola e di un velum appeso davanti
allaltare a simboleggiare il sepolcro. Nel tropario di Winchester riportato il
testo del Quem queritis unito a due antifone: Surrexit Dominus e Venite e
videte locum
Tra XI e XII sec. questo primigenio nucleo drammatico si arricch di altri episodi
dialogici tratti dal vangelo (i canti erano talora di provenienza extraliturgica)
come il Peregrinus (lepisodio dei discepoli di Emmaus)
Verso la met del XI sec. si svilupp anche la sacra rappresentazione (come
lOfficium Stellae per lEpifania) contrassegnata da loci o edicole, spazi fissi o
transitori creati attraverso al parola e la presenza dellattore, e
dallinterpretazione dei ruoli da parte di officianti che riattualizzano i tempi
sacri.

Razionalizzazione e abolizione della creativit


I melismi rappresentavano un sovrappi emozionale che per quanto fosse
giustificato, teologicamente, dallineffabilit di Dio, di fatto era luogo di
sospensione della ragione. Tropare un melisma (verbalizzandolo)
significava razionalizzarlo riconfermandone la legittimit liturgica.
I tropi fiorirono rigogliosi tra XII-XIII sec. (parallelamente alla poesia per
musica di trovatori, trovieri e minnesanger), le sequenze tra XIII-XV sec.
Il Concilio di Trento (1545-1563) decise di abolire lo spazio della creativit
individuale, in risposta alla Riforma protestante. I tropi vennero esclusi
dalla liturgia ufficiale che accolse soltanto quattro sequenze:
1) Il Dies irae per la celebrazione della messa funebre
2) Victimae paschali laudes per Pasqua (22 marzo - 25 aprile)
3) Veni Sancte Spiritus per Pentecoste (10 maggio - 13 giugno)
4) Lauda Sion per il Corpus Domini (21 maggio - 24 giugno)
La sequenza dello Stabat Mater (attribuita a Jacopone da Todi) fu
reintrodotta solo nel 1727 (anno in cui la inton Vivaldi)

VII. GUIDO MONACO


Guido, il monaco che perfezion la
notazione e la mnemotecnica nei primi
decenni del XI sec., si form
nellabbazia di Pomposa. Qui, per
migliorare lapprendimento dei canti
liturgici impieg un monocordo sul
quale erano scritte con lettere
alfabetiche le note della scala diatonica:
il primo passo per un apprendimento
sine magistro.
Osteggiato dai confratelli, Guido fu accolto
nel palazzo del vescovo Teodaldo ad
Arezzo come canonico della cattedrale
sul colle di Pionta. Per istruire i pueri
cantores scrisse il Micrologus che
rivoluzion la didattica musicale
allinsegna della chiarezza di regole e
precetti.

Verso un nuovo sistema di notazione


Guido colloc i neumi, ora in notazione quadrata, in un sistema
di righe (da due fino a quattro) e spazi; una lettera alfabetica F
o C posta allinizio di una riga indicava la corrispondenza tra
suono e riga (la funzione delle moderne chiavi). La riga del fa F
e del do C erano colorate per sottolineare che al di sotto si
poneva lintervallo di semitono, cui i cantores dovevano porre
attenzione particolare. I nuovi antifonari scritti con questo
sistema, lodato da Papa Giovanni XIX che invit Guido a Roma,
sono prefati in due brevi trattati (Prologus in Antiphonarium e
Regulae Rhythmicae).
Dopo Guido la diastemaza si afferm definitivamente con luso del
tetragramma e delle chiavi (il sistema era di tipo traspositivo
come quello moderno del Do mobile)

Verso una nuova mnemotecnica


Perch un cantore potesse svincolarsi dal maestro e dal monocordo
e cantare a prima vista un brano da un antifonario Guido svilupp
un metodo pedagogico che descrisse nellepistola al monaco
Michele (1023) e che si basava sullinteriorizzazione dei sei suoni
che aprivano ciascun emistichio del canto Ut queant laxis: (vespri
del 24 giugno) questi suoni formavano una successione scalare
ascendente con semitono al centro.
Dalle prime sillabe di ogni
emistichio deriveranno i nomi
delle attuali note.
Il primo presupposto dunque
era memorizzare un suono
collegandolo a una sillaba.

Dopo Guido: il sistema esacordale


Guido basandosi sulluso dellorecchio assoluto insegn a
memorizzare sei altezze fisse. Solo allinizio del XII sec. (nel De
musica di Johannes Cotto) verr teorizzata la scala esacordale con
semitono centrale tra Mi e Fa. Applicando le sei sillabe esacordali
al sistema teleion descritto da Boezio (esteso da 15 a 21 note)
potevano ottenersi tre tipi di esacordo distinti sulla base del
semitono: Naturale = semitono Mi-Fa; Duro = semitono Si durum
(o quadratum)-Do; Molle = semitono Si moll (o rotundus)

Dopo Guido: solmisazione


I suoni dei tre tipi di esacordo erano chiamati sempre con le stesse
sillabe ut, re, mi, fa, sol, la. Se una melodia eccedeva lambito di
sesta, si doveva individuare la posizione del semitono, chiamarlo mifa e mutare nome alle altre sillabe operando una mutazione cio il
passaggio a un altro esacordo. Una stessa altezza la si nominava
dunque con due o con tre sillabe diverse.

Per facilitare il sistema delle mutazioni si pens ad un sistema visivo che


poneva idealmente a spirale tutti gli esacordi nelle articolazioni delle
falangi della mano (mano guidoniana)

Dopo Guido: la mano guidoniana


Le sigle che indicavano con quali
sillabe si poteva chiamare
laltezza reale si mantennero in
uso fino ai primi decenni
dellOttocento: il sol si poteva
indicare come GSolReUt

Dopo Guido: la mano guidoniana

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