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Non chiederci la parola che squadri da ogni lato

l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco


lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l'uomo che se ne va sicuro,


agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,


s qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ci che non siamo, ci che non vogliamo.

In che termini la musica scritta da Daniele Bertotto, tra gli anni 80 e i primi anni del
nostro millennio, in particolare la musica da camera, si pu leggere in relazione al
panorama musicale torinese e italiano (ma non solo italiano) del periodo?
Fu quello un periodo (probabilmente non ancora concluso, solo diversificatosi) cruciale
per i destini recenti del fare musica. Tutto sembr iniziare tra la fine degli anni 70 e
linizio del decennio seguente, ma le premesse cerano gi prima.

Dalla seconda met degli anni Settanta, l'artista non ha pi una fede cieca nel
razionalismo strutturale, n vuole perdere il proprio io annegandolo nel materismo delle
cose, si dirige invece verso spazi obliqui, con intenzioni volubili, riscoprendo un uso
calibrato e leggero dei tradizionali metodi compositivi, senza eccessi, senza quei
radicalismi che avevano caratterizzato le Avanguardie. E' certo per che lo
sperimentalismo stato, durante gli anni Cinquanta e Sessanta, un'esigenza storica, vera,
vissuta profondamente dalla gran parte dei musicisti, che si posero il problema dello
svecchiamento delle forme musicali e della conseguente ricerca di nuove soluzioni.
Altrettanto certo che la scommessa musicale delle Avanguardie permette oggi, ai
giovani compositori, di utilizzare una situazione tecnico-linguistica evoluta e aperta agli
esiti personali.

Ma le Avanguardie istituzionalizzate persero la carica ideologica ed utopica, e con esse la


funzione deragliatrice; furono riassorbite, seppure in chiave litaria, da una societ
onnivora che ne ha livellato le asperit ed ha fatto entrare la nuova musica nella grande
musica, ammortizzandone le istanze pi aspramente rivendicative, normalizzandola e
istituzionalizzandola. Il venir meno dellideologia port ad una progressiva
deresponsabilizzazione del linguaggio, permettendo lemergere di elementi che
gravitavano intorno a centri scelti dalla sensibilit individuale, dalla cultura, perfino dalle
disposizioni danimo, certo non pi elementi ideologici, preesistenti il fatto musicale
contingente.
Lemergere di un nuovo modo di concepire il fare musica sembra dunque configurarsi
pi come una logica conseguenza rispetto allevoluzione delle avanguardie, che
uneffettiva presa di distanza da esse, malgrado i proclami dal sapore pubblicitario (siamo
alla soglia degli anni 80, gli anni da bere.
Questo tanto pi vero se pensiamo non tanto al comporre, quanto allascoltare. Ad una
tendenza manichea che sfociava sovente in un atteggiamento da caccia alle streghe,
subentrata una lunga e profonda fase di indifferenza/tollerenza allinsegna non tanto di
un nihil mirari, ma di una sostanziale, progressiva, ininfluenza della musica colta nel
mondo contemporaneo. Da qui allafasia il passo pu esser breve, e Daniele lo sapeva e
forse lo temeva. Ma la presa di coscienza di questo fatto fu posteriore alle levate di scudi
e alle polemiche che fecero emergere il fenomeno dei cosiddetti neoromantici.
Infatti una sorta di contrapposizione finalizzata alla vendita dellimmagine dinamica della
musica contemporanea fu provata; e le spinte di editori, case discografiche e segretariati
artistici in questa direzione non si contarono.

In Italia il dibattito inizi negli anni 1980-81, in questo periodo vennnero organizzate
diverse iniziative dedicate alla musica dei giovani compositori di allora: nellautunno del
1980 allIstituto Peri di Reggio Emilia, nella primavera dellanno successivo alla
Biennale di Venezia, e poi ancora in altri contesti nei mesi a venire. Un contributo
importante venne fornito dalla rivista Musica/Realt (stampata a Reggio Emilia in
quegli anni) che propose una serie di interviste a coloro che si auto-battezzarono neo-
romantici. Si pu citare, a titolo esemplificativo, ci che scrive Marco Tutino: Noi
romantici nutriamo unavversione atavica e giurata per il linguaggio preciso e
scientifico // O sentimenti! O passioni! // Lunica maniera di essere capiti e
strettamente legata allunica maniera di essere graditi. Come vedremo i sentimenti sono
ben lontani da quelli interiorizzati dei romantici e le passioni sono omologate da un
vissuto che punta alla gradevolezza. Fa da spalla a questa posizione Carlo Galante, il
quale vede nella piacevolezza il modo per ritrovare un rapporto positivo col pubblico,
mentre Giampaolo Testoni vuole riacquistare il senso e laspirazione alla bellezza,
problematica annosa affrontata in maniera banale.
Si entra allora nel postmoderno. Secondo Lyotard il temine post rimanda a unanalisi, a
un approfondimento del moderno; questa lettura preferisce il termine iper-moderno, col
quale la molteplicit perde il segno negativo della superficialit e ne acquista uno positivo
dindagine e verifica, secondo questa prospettiva la prassi della citazione viene nobilitata
a osservazione della storia (citare diventa quindi un viaggio esperiente). La seconda fase
del Postmoderno, quella che ha meno bisogno della contrapposizione ideologica al
moderno e che si afferma fra la fine del secolo scorso e il primo decennio del duemila,
perdendo la ludica vaporosit iniziale e acquistando peso e maggiore tensione, acquisisce
anche una naturalezza di pensiero e prassi che per chi in grado di affidarsi a una
tecnica sopraffina porta a uno spigliato operare e a unopera solidamente leggera.

si prende atto del consumo di ogni mito, che la rivoluzione (linguistica o


culturale o sociale) un'illusione, per si perde il valore propulsivo dell'Utopia.
Sul piano del linguaggio, dopo le costruzioni strutturalistiche, la sperimentazione
casuale e le opere ngage, assistiamo a una retorica del semplice, infatti molti
musicisti prediligono figurazioni musicali che sappiano instaurare un rapporto di
chiarezza sul piano comunicativo. La ricerca di tensioni lascia il posto alle
assonanze, alle simmetrie, alle referenze psicologiche e descrittive. Oggi c' una
nuova volont di dire, un'urgenza di esplicito, una vocazione al racconto, spesso
col carattere del sogno o della favola, con un tono crepuscolare.

Nei compositori postmoderni un fatto positivo che si allenta la morsa dellideologia e


la strada maestra delle impostazioni post-belliche (soprattutto quella dello
Strutturalismo) si biforca in altre strade o sentieri, pi stretti o marginali, ma con
lindubbia qualit di essere meno astratti, mettendo a frutto una libert concettuale,
unapertura culturale e una trasversalit del linguaggio che porta ad esiti (pi)
personali e impensabili fino alla met degli anni Settanta. La qualit della scrittura
indubbia.

La storia non dobbiamo immaginarcela come una serie infinita di fasi in continua
evoluzione, di cui la seguente migliore della precedente; la visione idealistica che vedeva
la storia come un costante divenire va sostituita con quella che conosce la storia come si
conosce la geografia, quindi non un formarsi di un incessante progresso, ma una tappa
che conserva e consuma, che ottimizza o peggiora, che ogni aspetto trasforma in senso
circolare, come se ogni elemento venisse inserito in una spirale che lo trasfigura,
svilendolo o impreziosendolo. La storia dunque una fetta di tempo che si raggomitola e
che nel suo svolgersi si srotola e subito si riavvolge, in un continuo andare e venire di
sollecitazioni.

devono riposizionarsi, perch la via intrapresa li porta, per usare unespressione di


Boulez, ai confini con le terre fertili. Il deserto si trova spesso proprio nei luoghi
istituzionali, come le universit e i conservatori, ma attenzione il posto fiorito e florido
non si trova nei luccicanti foyer o sugli schermi televisivi e cinematografici o sulle pagine
dei mass-media, un luogo della mente dove storia e geografia sintrecciano a esigenze
etiche vissute, le sole che si possono far garanti di rispondere alla domanda a che
scopo?, allo scopo di dialogare con gli altri, in un vero scambio di energie e di idee, di
passioni e di progetti, seguendo il saggio il quale dice che larte non fine a se stessa ma
ci data per fare la vita pi bella e pi consapevole. Il viaggio pi importante non
dunque quello che ci porta da un sito allaltro ma quello che apre la mente e il cuore e
che ci porta verso un luogo che sulle mappe non segnato, dove abita la creativit.

Al contrario dellarrivismo e del qualunquismo, oltrepassare le vecchie norme linguistiche


ed estetiche, rimanendo fedeli a un rigore di pensiero e di etica, significa assumersi la
massima responsabilit nei confronti del proprio operare, della propria opera e del contesto
sociale in cui essa viene a inserirsi; in altre parole occorre porre molta attenzione al
proprio esserci, al viaggio che dobbiamo compiere fra terra e mondo.

sentiva passioni ideali che poneva in gioco quotidianamente, ma una pudicizia


intellettuale, una ritrosia tutti protesi innanzi ne smorzavano i toni, ne smussavano le
asperit, persino ne tarpavano i voli

musica priva di aura, impudica


intima commozione malipieriana
necessit interiore espressionista
pietas, humanitas
troppo colta per soddisfare la gastronomia musicale, troppo egregia per rientrare a pieno
titolo in questa o quella tendenza tesserabile da questa o quella parte
Queste parole le scrisse in un libro intervista un caro amico, alcuni anni fa. Era il
compositore Vittorio Gelmetti. Credo si adattino bene anche alla figura di -Daniele
Bertotto; Daniele avrebbepotuto dire, credo, qualcosa di assai simile.

Nostalgia? S, in senso affettivo, etimologico (dolore per lassenza), e non tnato nel
desiderio di ritorni o revivals (che poi sempre un desiderio legato ad atteggiamenti di
rinuncia e puramente consolatori). Nostalgia dEuropa. Ma cos poi questa Europa?
Qualcosa che va da Guido Cavalcanti a Haidegger, da Machault a Picasso, dal
Gregoriano a Cline, da Tommaso dAquino a Dallapiccola, dai maestri senesi a Esenin;
qualcosa che nostalgia come sentimento profondo impresso in una sorta di codice
genetico, in una memoria biologica del mio essere uomo di musica

Pi che la storiografia ci utile la cartografia: immaginiamo una carta stradale con le


sue strade principali e secondarie che possono essere percorse in tutte le direzioni, verso
i quattro punti cardinali.

Lanalisi importante ma bisogna tener presente che non il particolare che fa il


capolavoro ma il suo insieme, il quale non affatto la somma dei particolari ma
un quid in pi e comprende anche gli umori, le inclinazioni, le fantasie, gli stati
danimo del compositore e dellascoltatore. Le metodiche formatesi durante il
moderno hanno una mera funzione descrittiva e statistica, applicabile
allesercizio dello studente come allopera eccellente. Jung dice che quando si
osservano le pietre di una cattedrale non si ha unidea della maestosit
dellarchitettura e che quindi si compie un lavoro pi da geometra che da artista
o da amante dellarte; gli fa eco Adorno quando scrive che pi ci si concentra
sulla microstruttura pi lopera diventa astratta, perdendo il valore dellunit
stilistica ch forma e messaggio, tecnica ed espressione inscindibilmente unite.
Le vecchie metodiche raccolgono solo dati che al massimo possono spiegare
certe scelte del piano di lavoro, ma non la differenza fra un compitino e un
grande atto artistico. Occorre abbandonare la morfologia del sistema e le
metodologie formalistiche per passare alla percezione globale della forma e al
senso sonoro dellinsieme.

I prodotti di nicchia hanno, infatti, una loro commerciabilit, meno ampia di


quelli di massa ma pi incisiva e di pi lunga gittata e durata. Certo il problema
dellarte e del suo inserimento nella societ complesso, lo aveva gi rilevato
Platone, e Socrate diceva: difficili sono le cose belle, difficili perch non
risolvevano facilmente nel banale e nella piacevolezza.

Forse occorre non recuperare la piacevolezza ma abitare il senso, diremmo


ontologico, dellarte? Toccandone non le corde dei sentimenti en rose e della
piacevolezza plateale, ma quelle dellintelligenza, della ricchezza delle idee, della
coerenza, senza aver bisogno di lusingare nessuno e alcunch, percorrendo una
via innocente, autentica e indipendente, sorretta da una fortissima necessit
interiore, dallessere e dallesserci. E la concavit dellesistere che assorbe
lessere nel mondo consapevole e critico.

Oggi si fa un gran parlare di comunicazione, la comunicazione comunque dispersa in


mille rigoli, una comunicazione impalpabile perch non si fonda sul contatto diretto,
sulla partecipazione attiva e umana, ma sulla comunicazione virtuale: sono questi gli anni
della ridondanza condivisa, in maniera eterea, leggera, vaga. Siamo dentro locchio del
ciclone, sentiamo un turbinio di parole e di suoni, vediamo milioni di immagini, ma nulla
ci tocca veramente e proviamo sempre meno sentimenti autentici. Perfino lamore
diventa plastificato.

C' un istinto, femmineo, il quale intuisce che la scrittura, per potersi svolgere,
non deve essere forzata da azioni esterne di nessun tipo, ma necessita di una
lunga meditazione che ne favorisca il lievitare e il relazionarsi alla memoria
collettiva. La cultura degli anni Ottanta ha in parte disatteso le esigenze dei
tempi lunghi della meditazione scrittura, privilegiando la velocit di scrittura e di
ricezione e gli aspetti pi superficiali "d'immagine".

Fra la strada di un'ostentata semplicit di scrittura, finalizzata all'immediatezza


comunicativa, e lo sperimentalismo radicale si inseriscono dei percorsi mediani
intrapresi da chi, pur mantenendo salde esigenze costruttive e di riflessione sul
fatto artigianale, anche interessato a un effetto finale "piacevole", a un sound
morbido che non rinuncia alla cantabilit, senza per nulla sacrificare alle
esigenze rigorose della costruzione. Fra i compositori chi, pur naturalmente
all'interno della cultura degli anni Ottanta, ha saputo mediare le esigenze
sperimentali, ha saputo tenerle vive e in tensione, chi crede ancora nella ricerca
come ampliamento dei confini della conoscenza, ma anche come bisogno
interiore, come disciplina etica, quei compositori sono coloro che forniscono le
prove pi convincenti.

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