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.

Ìli, /
LE RIME
Pd^s

D I M.

FRANCESCO
PETRARCA
RISCONTRATE
CON OTTIMI ESEMPLARI STAMPATI,
E con fImma diligenza covette ,
Con Ja tavola di tutte le rime del
Canzoniere ridotte coi verfì rtiten'
fotto Je Jettere vocali.

IN VENEZIA
MDCCXXXIX.
Presso Giuseppe Bortoli. .

Cp« LianzS di' Superiori , e Privikgh


LO STAMPATORE
A chi vorrà leggere.

del pubblica
I gradimento , dimorato
per r edizione delle Opere di M. Le
te~
dovieo Ariofio , ** 1 u * li ». iitdì
ftì in
luce in tre Volumi in 12. m
ha. fatto ardito d'
in traprendere la

Ètmta dì qualche altro Posta Tofano egual-


mente, 0 pià, che C Ariofto eccellente e rt-
e-reati Efcono pertanto di prejen.e da
torchi r elegantone Rime di M.
Ziri
FRANCESCO PETRARCA ir, fui medejt-
quali
m 'modello e fotra dell' Ariofio
trafcelto ficcarne la più
comoda e ma-
,
la

| 10 io

èeezeveU Scorgerete in quefia mia edtzio-

ve%na deterrà che non eccede, emendo fla-


renderla con ? onc-
to mio intendimento di
del prezzo quanto più per me fi potej-
ia ,

fi universale.
Ver poffare a rendervi minu-
quanto i è operato e dell or-
to conto dì
,

rinvenirete in cucjta
dine da me tenuto ,

ritrova nella feconda


mìa tutto quello che fi
a 3 edt-
Vi
sdìzion! de' chiaritimi Sigg.Volpi di PadovM
trattone il catalogo di tutte le edizioni , im
v;ce del quale vi do un rimario de' vera
interi, il quale dal felicifilmo aureo fecoìA
decimofefio , in cui fiorivano per così fattit
modo le belle arti, non fu pai fino a' giorA
ni nojìri , c he io fappia , pubblicato .Il perA
che io di tutti il primo ko 1' onore di pro-i
vedere la gioventù fiudiofa , e che di poe\
tare prende diletto , di quejlo prejidio veraA
mente illufire: ficcarne quello che non purm .

torna loro a memoria le definente tutte J


ma mrftra altresì il leggiadro che ba fàlfM
di effe il majfimo nojìro Poeta .Alla pùibliA
c azione del Petrarca [ucc edera quella dsìl'X
Orlando innamorato 5 Poema de! Co: Matteo*
Bojardo , e rifatto tutto da M. FrancefcoA
Jìerni , irt due tomi in x 2, Voi porgete ma-\
710 alla mìa buona volontà di giovare al pub-A

blico ,
approfittandovi di quefie mit utili fa-A
fiche , e vìvete felici .

VITA
vn

VITA L
D E

SCRITTA DA MONS.
LODOVICO
ANTONIO GIGANTE
DA T 0SS0MBR0NE.
dilettevole eh' abbiamo >
L'Ozio
M effe r* Antoniomio, in qntt a
Giupana,ove il iol-
dolce tfola di
con va-
Uone feaza noja palliamo,
terra , e di
Affiora profpetto di
il debito che
già buon
«'invira a Pagare
nure,m invita
i ,.
ttere n ifc nt-
tcmp o vi \f ho
^rticaroenteStre volte vi
tUrS
i

nideUa
regr F^?cVsco
S Si ,
e fari del no-
Petkakc.; intor-

tornando di spagna
" ci
(T„
pentrailo . ove
0ve to ,
, .

u<. u>
ritenuti d amoreV0 l«s-
maromo fei meu >
za
vlii
VITA
TJLMornftgao ' Reverendi ffimo $*l 0 lct 0
;

ualt e
i ch'era vi?r 3 , r°i°' ™m'ozJ

^g.l Scrittori di que n


esZT& \ Jl a „ oa
feorfo
icor lo ,
of^
ed albi '
leggermente
avendo ^™re di*
'
,com<? <' in

Je f gK^^ me > e & «efto fiore

e per il debito de » Ì '*


r
X
° e per 1 ctà *

voJeaa dei luogo 2 hi&7,


Mk piaCE -

dominio di Ragufi S aaai 33 « di Luglio


;

Scrii*
del
^Criffe Giovanni
y»'*»' qua l riffe
di Firenze
U q
i
,
} dek delle cofe d
'
tempi del
Petrarca ,
c

«^ U 3
par te de;
brile fc Ceciata V "domandavano !

Banchi; fh=
s f or « qual fa«o-
,
cit», della 4 .

gibelliai >n quella nz0 , u no


etere tra ° <fp
ae fi trovò Pf fon a di
buon gia-
pcittadùu di quelite P^9f | rtM r,:, ac-
f
lettere c.
azio ne lenza , piorentma ,
Emaritatom una ci ttadina P .

che fu
pata Bietta-
E
,

raccolse
fi
fecondo alcuni ,
de
con la quale t

'J^WcJone
^ B ^

dofi in efi-
vicinQ
di ritornar-
la patria » ^^^r^cetto e nacque
E Petrarca
f
Nel detto luogo "
; che fu , co*
"S-f^fimofcrr
elio me
,

lunedi
il
ntldtL
ve, .Ili
^nm c tì nenaViadeirpr-
del 1304. } ?
poi per tua
mem f*lf
inem^riafuconfer-
Petrar _
>

to; laauale
B. dng'i Retini ^'{J^Jaidopo V
,
te^ P
ca forTe tra
oro nato Ste fc0 , .

'ioji che
acuito del figliuolo, zq
con la farnigl a
circa °£^ £«« A \ ritor-
di poi , eflendo P^^Rulò lìe
a fifa ,

u°i>'
elamoghe -oin« f Va l d
loro poffeflione
Arno di fopra , ed *
IV ^\ ^S'rò per lei anni
poco ac-
«iXfcrittori
« gu ic
Da quefto credo chche > :

pe _
l «
;

^«i tjra^to
abbiano ,

| y

,1 M.rt.tt-i- 0 ™ 1 !""*'
- * ,. vita
detto Garcio, il quale
Me buono, 04
viflfe ,
anni AnoJ .

narrando quanto
/prude, e s
h 7«. e
ST» «pubblicai
fuoconUgho. Donde
del
la
va Se*
chiaramente li ve'
deche fu per aouco lignaggio. di
Firenze.
Iliaca aPerracco fuo padre

teir
fecen^?'
ìu
mìdrc ndu ad
ove tenev "fa,
V01n ?
A a°
*
fi

°
K
e quel v i3 ggij
Za gran t,erico, di
Perdere il ffl
^
di tornare -Ila
coi
q
Per J ° finiftr0 °«orfo al ferì
v ro°rL F, i
'

m ° rà P-a<fre u,1 ann ° anwra'i '

Dof Itretto
poi ft?éirn!)
da neceffita , per foftentar Ì meglio!
t-orte del Papa eh'
allora fi riteneva in A v 1
,

Pr ° VenZa
?S ? eddi
ali età d, ri anni, e
• ^ per ven ut" il fi"] Uioia
vedendolo
gno , e molto atto alle lettere di buon' inge-
,

, lo mife in m.

gnone
J A
none li.migha ^SSf"^ ?&
dove Petrarca ; il
tk vicin
^
fi
* vi*
portò in

jiu -'i j
P
& Cg
^nt0 1 5. anni , vedén-

*»*ea,CaUéh TOsIl Petrarca per ubbi-


diIe
(>) Kdli fim.Ef.S,.
, V

DEL PETR ARC A . *f

fa, , che ma! «oleooeri fc^"'?™'^!"

5 disubbidire, effendo P« «"«"f^g e-


modefl o, e rei .g^l >•
cnmenti del padre ,
J
a «
tempo rubava
ro è che buoni parte
[egd , e di nafcofto lo
«iti
dava agh
D-Haqual coti avvedutoli
^j"^
il P fldre ?
g'1

com*elio riferilce (*) • - , ,


Cno al
Dimorò in Bologna dal 1 1*3- A^I
memoria (?) lo-
.

^1 ami tempo fa doTciflima

colpa de curatori,
finità o-iterne a male per
trattarono;, e iberato
rhe m'ie 5uel!a eredita
1

fi diede
liberamente
lai Z Sucllo Audio,
ancoraché
ftp lettere che più sii piacevano,
-
a.che fatto fo
Sciata imprefa delle lew i

di coftum.
do attefe ad oroarG
le quali avendo
già nome
^gjjf^
tra
dello Gilè fuo volgare
mente amato da Giacomo
Colonna
^_
3-"'7 ÌfK^»i*
,a E ?- 1' '

14 N*K»fr*- -
*« vita
m?-°
feSathfl! 7 %e i eCimo era fisa

an va Catello Zj2
//X°Jr?V«! .^ :

prozio T T cr
°/-
f-
s> aocp»ciié per nome

come "rive
) e ^° n0pUi dl 3Q '
f ;)
,

vo amata?
Card, «« 1
> che dal Vefco-

e^dffai^
medi
L
,ei 4 Ta)edmoke- cofeluogo,
011 " 3

"WatuoraiTe, da ai-

(.} Neile f,„.


^ E
tri
DEL PETRARCA. diro fé.iMoque
lift
-
tri fono nate dettelo non ne
lafc aro fcr ir-
lo medefimo che'l Petrarca n ha
lo j cioè che Laura fu di
fangue nobile , nata
però fuor d' Avignone in un
mogo eh elfo jw-
tsnno «Emonio
<»! borgo chiamai che anco
fi Gano, chs furono
quelle rime, quali cu' elle =

fepoltura di Madon-
trovate già «.anni nella
Avignone, come
na Laura in S. Francefcoin
nrefrofidirà;!equalidiieipartandodicono,
aD
poterno per.-
Nata in Mi' d' AUgncne. Donde
picciol luogo , noiijor.-
fare che fotte qualche
nei capitoli d= la
Snod' Avignone. E però
i

Petrarca fa dire a Ma-


Morte il medefimo
lei
donna La«ra,ch'a
E di ciò non è maravigliai
umil terreno
fcdoaaquel tempo, per
laprceche.nAv-
-none crefeeva , ridotte le
nata dove & Mi , votene
lini a luoghi vicini.
>

fa prima volta
che la vide, e di lei ?* "inae-
a' fci a AprUe
rò, tu in Avignone
del i
Chiara.come lafcio ferir
ce la chieia di Santa
to di fua mano dopo
Epiftola Latina, che colinoci*
hoi
£
vmz
libri di
L"? M»"
Virg.

*ùtutìbusiiWri h & me» Unum carata a r- c

Minibus He ftampata
la qua!' è ?o> ftata
ma,
cuni libri delle fue Rime ,
e tara anco nel hne
perquellocfcVdjò ne
E
S quefta frittura .
con S A*o fimo , di
Srzo Colloquio ragiona
maggior di lei 1 al cne
molti anni non era .

intojnpalln8.au-
Sere fi può ch'ella fofle
«cefo feut. va gran
g Ora come fi fia , di lei
a
sena; e perV età.e per la natura fua difoofta
fino a quel tem-
umile paflìoae. Ed ancoraché finge l-y
« a cuni peofafleroch' egli
più tofto
che «tta<
f ner aver foggetto da fcrivere ,
anto fuoco; nientedimeno
noi
SieflUflè
.

xW VITA
non nedovemo voler Caper più di quello eh
egira' ha in più luoghi fcritto , cioè eh* ?r
aentemente J'amafie Perchè oltre alle Ri
.

mecche fono tante, e così infiamm ite, ne £


nejluoi Gollo-iui(i) lunga feufa con Sant<
Agoitjno, con feflaodo j] fuo errore
i e con»
non lolo nel coorti , ma anco col pennello di
Pinta portava (eco la immagine di
lei > e ne
ieri ve al Velcovo Colonna
, e ad altri
Crandemsnte dunque l'amò e in vita di lei
chefurono annui. e dopo morte perfinch'
egU ville , che ìurono 16 come di poi
diremo
h tu detto amore fenza dubbio cafto
e buo- ,
no , moderatili gli appetiti
giovanili di lui
conia virtù delia donna amata.
Tal che di
quei fuoco ardente ufcì una
fiamma così chia-
ma , che tutti due loro fece illuftri invita, e
«opo morte , con grandi llimo onore
delie Mu-
le folcane, le quali
ha moftro, com'altamen-
te e tantamente per dir
, ( così ) portano caé-
nZa mefc ola vi ,afd vi «'cuna
cof, ;^rr r
coiachetorfefinoaqui
/ . *
afciro'alero poeta in
;

qualunque altra lingua non ha


fatto
Ma per tornare alla floria
delia fua vita,
.

d co che , tocco dal detto


fuoco e fentendofi *
ogm di più infiammare , già d' ,età
d'anni zS.
per moderare, com'eflb feri
ve (t), l'afonno
V
mrrS
par end d
_
V*
J. Avignone
, e
Ìn liberrà * delib erò
vi fi tareparte d» Eu-
ropa .accioccfié con la
nuove genti , e
riffa di
P?efi defle anco nella fua mente luogo
rSio!
Giovanni Cardinale Colonna,
edal Vefcovo-

(ij Nel ce:!, J:, eOi rj .


(3) Nulle- fami!. Ep.j, ce!. 4.
DEL PETRARCA
*v

fermatoli in Lione, ebbe i«re


e
a feguitar.o
che lo invitavano
,

col£jnor Orfc
Éfpranica , ivi fi fermò
dron dd lgo^ ^Wade
£
.rial
avanti per eJer a quei «_ w ,
piti-

Scure , rifpetto
^"imw»*** tenuta al
aiua
nobili Rormm MaM»t eia ,
1 .

moli m.uch s
mcoiu-
t1m-ì fi»
Roma onorato per la fa-
£ccokò e da tutta ,
«««e •

ma là f aria delta fra


Stato alcuni mcfi
m .^YfWiMfe rodare
fedire BW»co™w.«,^^«fo^^

dei
tutto fece con buona- grazia

ValcWa conriou* ««a


"filnza di
frutto «he lettere
ami , W
quel
lecon gran
uogo iamolo , eo
fe quali fece parte del. u?
pofe , o cominciò la maggior

(i ) W-?«< jf*«# : Ef *
ec,; '
,

refueed
**'« VITA.
in profa , ed in verfo , e tra l'altre
J Atnca con gran lode-del nome fuo,
^ece ancora di molte Rime fecondo
eh'
amore io ofpingev.i di che parlando in mi
:

la:, fc-pxl ola


i

djc*:FWw(,}W// ^«M<r»// ,
miferahh frd, ut quidam ditobsnt
, Jukimurl
vUettMkiHju, ctmphtem. Bine Ma tubo*
'<« i»v*mhvm hborum
Hem mo-bo *0m#t vU»mm
mnmm canti™ , ?v* e „.
y{uM «wpttfma
Era in que Juogb dalli
figari, edamici
de ia Corte allevo ce

mandar
mandarono

/ZL
a
P

tr3Sl1
vinato, ed alcuni di
f S#
1

polla, ^i'
3
^
dd no
ed andarono per vederlo ,
*' P^roI>it»vienie
4'
™^
com'e(Todice( » ) , uligine élu -
e

dedmo da Parigi dai Cancelliere


,

di quello ftl
dio ,e da Roma dal
Senatore ebbe lettere "hé
^viravano d'andare a coronari! Poeta 52
aue cictTed
Ile atta, ed accademie
^ CÌ3
!r ? 9fu e , 4 fé a perfima

Sfòttass affi
IT** JMM p /i affai cb,V Soli , ec.

d) Utile famil. E?.i ì6


U) Nelle fìjt; Uh, re. Ep,
7.
0) Nelle fam. Ep. ,j. £r
j3 .
torio » Jcn». «S ^,„ gitì
il

n riferir»
Ora
.

per tornare
<e*j P
JS
<•» v v
J ;
fa, „ corona •

do velie an-
;
.
,

dare
lette re
,
per
».
ft

la
V"&Sello»
gran Roma. E di

•^^"Kr&tÌÌ™3e
conitghacoU m» col Roma;
- .
Signore i

Cardinale Colonna, ^V^^^rBnatfi.vot-


k fopra oo
li 1 qua! e a
que 1 te
i\ pa «e «
m ? o*w ^ d
,
s
^
nor 4
e lo fp en *>
riputato }^.il.mo
,
wfi
^O^'^'oU
J
-
d» Italia ( » ) , ove
amorevo
fe a » ò 1
Marfigha , f(li |i ra Re , il

mente fu
^ fsiorno ! tre continui
fa

a' voler pigile »f ^T*f/usò » Petrarca ,


il.1
fi elcuso
Napoli ! della qual cofa

Re
| ,erfi deli;
teavearcntto, e
rnava tanto
perlaq
11 cnc ^
r e
volle che gli P V^f". "\
Afnc., ; dbjgtae oiì
f
^^ ^
gran par-
,

poi
f
v
dl

/,) NW i. **** , n Se f**H*


XT .

xvlli V f T A
Poi ,»noonicM prima quel buon Re
morifle

non
'
J.
l

foflTe,
£ e gJi'tljffeche,
avrì
» !, fe co^i vecchi!
a voléri er^tffcom!
J™a poi eh andare.
non vj po tea , vi mwdò

aque S Ig , oriCo b
virente
te(ti m , n io delh &Ì
.
Giunto t „ Roma il Petrarca , eìK-n
^Senatore I Signor» ©rib da/1' Angu
Han
mo
àZlnT™
do fDjagHtrato;
torto fimrei
1
>f «.nolente ,* ° a, '

o^

S2
^C"d0 DR/Wzione
rdh,ù
'

*
fi

*ft
che
per C0 r0n
che "^ SS della
r'

qUaI vifta tUtta R


(l

^ra del
>
, venne afjiT d»

^u
SréSL
pezza fi
li
? nde co " 8 ran concorfo, edaiJe-
tece io
.

Campidoglio di c
UOgh '' e nei 4rfi Lati
le SI ^ P1
en
q-e*
corona a S ìfcZo
molti ann, '
'lTf
]'
'
lqUa e lv >*> confata
'

Perocché -Uffi tltfe&: a


di tante
inezie
2ione, piena
:

E per
^«»
.

cn t
ed impertinenti ,
-

cre fciu-
^
_

l'ce«» e
Lettera ho
EoMWÌtanto..non W
quC ftafa cilità,e

veduto, padelle
ali ™» ^V d

M
nome d>
otto
Cno.edal-
anùchi autori .jw^JJg^co o a ignori ,

,ri,
pubblicate
o a privati ,
f?'^ er
con ifcoi ^ «g
°od^qu o fec0 0
fa coS
, che
aC _
cofe tal i,e
peggio i com P^rt. ,

inventore di
queua u
corto T de la ,

vedeffeche "«^/"fcriVe
ic ri il Petrarca me-
fefta con
quel o eh l n e j

Storcendola f^^fKprile, com*


.
de ll' Afcenfione,
dove che W
v, e 3 n
pef
è detto N> s' ar Ì , , f°r oato al Petrarca ,
^ .

M
ciò fu data
ch' e(To
la. P« v

non ebbe
d

lo 0
,
q
! benefici cura-
v< fi e
neè voi
r ftUe
«
S r
fi dira di
come , h > è farina di
'
t i, ft
più
fenza parlarne ,
u J* p etr
„ rC a ;
po',
e non J»J™
di qui
kb
Lèdo tempo,
come facilmente è^^f'l'
fc«t™te *» ud Que kcofe (te

'pratica delle J

^
per loHpmac»
L voluto diren^B-^^,
,

f ntuo fi .
ìa , e feiocca dico che
ahi. c Roma
E tornando «t farca in , le
onorato delia
.f*
corona n ^ tum quel
ne pafsò i" ^^VdVmente , e giunto a
ran ";,
Sonori era amato = }ola da quelli da
c

,
xx v r T A
a" opera della fua Afr.ca
, ed a^i altri R
Qui non voglio tacere a iU
le, ch'egh ferire
una colf a(f ino afij
(,) e flbr e Ii in n 5J , X
vefeovo Colonna fuocin'fTlm^ '
1

morte- e 1 aTvl '° del a


&rm 11^ . i .
<

Sa
fono
ui
flauti
cositi C° m°
1C ar rk0rd0 e
'
eTa ' e *«ti due
^
'

v/&Sà gSTjT Lcm!>^ *»o^


graadiW^j^l tempo , e fecegii

(0 K*iUf«». Ep „ &\ r\ ^ D1
$


DEL TETRARCA.
tornò ad
4
Di pai
ricetto di
il
Petrarca
Vale* ula, ° ffi^fc^
SaRt0
al foli» c0Q
q«c i tre C«Hoqu ef_
^e fi vede ,

mor»
fendo Giovanna, PaP*
PtflagU »a nI & eta in Avignone mando
il
,

Clemente VI- ^"V^cune faccende » e per


Petrarca a
Napoli per alcune» defunt0 . ^glie a
[Stare la
Eindi per
^g^a
la viadiR ma, ^n ^ .

?
c4
torno
Stefano Colonna

,

de' fuoi RuoJ con •


all' ozio f invitato
lo ^e^. U ffie "
rodaCarrara,Signo- ?
l
.

gnor G lacomo
co a
rtffe „tj
lettore dal S. y
te a quel
tempo d> Padova,
d ;
edm
a lui
che 1°?!= B
,
WpSrca
fi delibero
(a)
ed a
guifa lo (limolò ^^'A^Lombardia , ,
[

•Ld.starlo , e
Padova del.i^T^nve
che fu due effo WSignore, il
[
anni 4 vaoti
la m or« « .

fo del , 3<9
^
:

quale, come nota 1 '


Q ed on orato ;

I
» M t X°*°"L
e perchè
S
pi a
»£3 ™«o fi ritener, lo

ÌM
Canomco ai Padova .

fece creare
Inqueftotempofopravv^ne univ „-
a P
che portò £
{àle, che
r
corfe quak
t0
tutto f"S il
'
n'ondo, come de-
aa fu0 De-
m quell
ca merone;e f"° ^nt0 da lui amata
s

ne morì
Mad^Ua^jant ^ n„ ift
che ia ncor^ fèn-
e celebrataci

ttrft f»» Ep -

g)
xx ii t

ferita di (opra: Laur^pr aprii,


i
VITA
virmìlm itisi
fi«*&x. dicendo che ebbe !a «uova in
Italia]
ed a \ etona , ove a quel tempo
per cafo fi ri]
trova « • e iu fcpolta , come in detta Epriloid
feri ve alla Ch.ef. de' Frati Minori in Avi!
,
E MI
fX*" i
/".f*" 0 * ritrovò gli amii

prendofi a cafo quell'arca, né fapendofi di


co
qU 3,e tra c!udi> ofl[l trovarono
ta lf f-
carte ta di piomboL
-

con Bn Sonetto dentro


ùS
fcnttp in cartapecora, che
diceva cosi:.p„°
q«elLc*fttet .
chegiovanediquel tempo, che
lo volle ci
E fi, comporto da qS
erta fcppel Jire per la
fama grande eh' aveva
Vcduto ,Ja fagrefe
din jL*° ne E"? ovetti Fra
rod
to da1 1mfr k
Imola, che
enZaquefto '
/
Benvenu- M
fu ai tempi del Petra
rei \

te ricordo perchè lappi,


ri
, 11
cer7o\t V e mo-
,
e fu fepolta Madonna La Q ra acciocTh'
ahr, non $» immagini riseria in Li if
vagone, crm' hanno a 0 Ca "
f- ttoalcu„ì ' t

itene detto anno de! 3 (r)


il

guente
4 ed il r,
Petrarca in Lomb.rd
il
finn ir" •

morte f d predetto
Sig-G^como 1

gui de! 49 nerdif i.ceredrlhn ?' c e he^


r »

forte cortamente invitato E ° 3


dfarr
a retti feco
tom.-fli a Valchiufa i «
Ma già non Lh M . do na L,„ ;a
, anco
l
CO Nell'IP «IL pjUritk + f p! -
K
pofio avanti it Rf fal .
p "
f
J

DEL PETRARCA, xxiiì,


moki dm amici
,

il Cardinale Colonna , e
piacevolezza*
fuoi erano morti . Per lo che a
della villa d* Ayigno-
che foleva pre dere
cominciò ad eflergU
ne, e di quella valle
e dice egli; ji
*» grata, anzi nojofa »naufragio
«» em'ftmui -
Omiemd Me* *">t , cUm
WtdqueSne fvfp irio dici ntquit^rtntiftma
Lswr w" ramina tetuptfiat' : esami, qus
unamìbi nonmodo Sorgiam y [fd
Dru^uam T.-
(wftctratctTtort™ , K/ww ««« ««• M "
"'* fl

vàaittttr , abl&tum sfl . , ..


tu il
Sopravvenne 1' annoilo, nel quale
sraii Giubbiìeo a Roma ;
onde per devozione
il Petrarca andò Roma (i) , cosi caro al Si-
a
vecchiflimo^oroe
£no re Stefano Colonna, già
figliuolo ; e leco quel buon
Si
fé gli fbflVftato j
figliuoli a
jnorefi dolfedella morte
delli ,

vviffuto,e diflegh che ciò


quali tutti era fopr a
previfto.
avea molto innanzi
d' Arezzo (j) ,efu
Indi partito fece la via
onoratiffimo da tutti» e gli mo-
in ouella città
dicendogli che
i

1 ftraronolacafadove era nato,


i
per amor iuo volevano
che inquelio «alo tt
I confervaffe •
, „ ijJ
che ,

Ritornò in Avignone (4) » e , per inei


1

vede, chiamato dal Papa ;


dolendoti in mol-
fi

ftaoza, e della tua occu-


ti luoghi di quella

d' Invet-
^ferirti a Valchiufa i quattro libri
'tìve centra ( 5) ìt W
ed ic« , nel tempo che 1 £-
nocenzio VI fuceelTe a Clemente
VI. che^M

(0 NtUe fi""- Ep- II6 '


(l) titHt fatati. E pi fi. 1 14-

(5) N'ile feti Hb i». Ep. 3.

(4) Ntlh depo firn-I. Tp. 10. e. 13*


lnvetttvt Uh 4. f. 4.
t 5 ) Ntlf*
. . ,

Provenza > fi deliberò quel redo di vita che

gii avanzava , farla in Lombardia , ove eia


tutti li Signori era onorato > de fi derato , e
maffime dalli Vifconti
E
ne j fi ridufle a Milano , vivendo ancora il Si-
gnor Giovanni Vifconti, Arcivefcovodi Mi-
lano, e tanto potente Signore in Italia] dal
quale fu accarezzato , e adoperato > mandan-
dolo a Venezia al tempo del Serenifiimo An-
drea Dandolo , per comporre la pace tra quel-:
Ja Signoria, eGenovefi, che guerra crudele]
facevano inficine E dopo la morte dell' Ar-
.

ci vefeovo j che fu del 1 354- d' Ottobre , conti-


nuò la ftanza con li nepoti , e focceflòri fuoi
che furono Matteo , Barnabò , e Galeazzo
Scrive il Petrarca al Boccaccio (1) che ,

flette in Milano dieci anni , de' quali in San-


to Ambrogio ne fece dnque continui E fu di.

tanta grazia apprefl'o tutti i Signori di quei


luoghi, che per inimici che foffèro infierne»
da tutti eran ben vifto .

Scrive elio (1) che>dovendo da Pavia partir


per Venezia , e volendoti imbarcare per far il
viaggio per Pò , fu molto difconfigliato a non
metterli a tal rifehio » effondo a quel tempo
ogni eofa piena d* arme , e le rive del Pò ad
ogni palio fecondo la diverfkà de' Signori
guardate. Tuttavia confidato nell' innocen-
za > e buon'animo fuo volle andare; edice
che dà tutti fu accarezzato» e che gli diceva-
no eh* altri ch'eflb non fa ria (lato lafciato paf-
£are : di maniera che a Venezia giunfenon
f«lo
(1) N*lk ùn. Uè. t. Ep. $. col. 5.
(1) Ivi y lìb, 11, *//# 1. w %, Epifi*
.

DEL PETRARCA. xxy


fola falvo coi Tuoi 5 ma carico di prefenti ri-
cevuti .
Quanto dalli Signori Veneziaui foffe amato
fi ) , oltre l'altre cofe che fi leggono , gran le-
gno ne fa Io avergli per decreto pubblico»
com'anco nei libri dei Signori appare > coti-
ceffo unacafa comoda per fua abitazione ; e
negli fpettaco li fole n ni (i) che fi fecero in
piazza di S- Marco perla ricuperazione di
Candiadel 1 364. in prefenzadi tutto il popo-
lo, e di molti Signori , il Sereniamo Loren-
zo Celfoj allora Principe , volle che fedef-
fe a fua man delira Tal che da tutti 5 e per
.

tutto fu fempre onorato •

Piacque a Barnabò Vifconti {3) che tra gli


altri Signori alBattefi mo di iVIarco fuo pri-
mogenito il Petrarca foffe compare ; di che
fene vede una fua Epiftola in verfi e Ga- ;

leazzo Vifconti alle nozze che fece di Vio-


lante lua figliuola in Lionello D^ca di Cla-
renza , e figliuolo del Re d' Inghilterra ,
che furono magnificentidinw > volle che M.
Fraacefco fi tfovafle, ed a tavola con quei
Signori iedeffe per onorare la fpofa , chia-
matolo da Padova (4)» ove allora già vec-
chio s' era ridutto
Dimorò, c«m' è detto, tornato di Proven-
za circa dieci anni a Milano, e luoghi vicini s
come Pavia j ed altri ; andando alle volte a
Venezia , ed a Padova » fecondo i' occorren-
ze Di poi {elicendoli invecchiare , e deside-
rando ozio al corpo , ed alla mence > per pa-
Rime "Petrarca . h feere
(1) Nr/lt fin, Iti. 1. Ep. j.
(1} Ivi , /ti. 4. Ep. 3.
(3) Net 3. Hi. della Ep.
(4) NtIP ijìtrie del Cm'e . > , .
^ ,

V^eria, vedendo tuttavia continuare WJ


fa* fp«a«» d. pagi
ìw"
§U e in Lombardia, te^ca
avea (.), com'ède
I , Venezia
tó|
e daOTnno ali
Padova un Canonicato ,
fenzadifcoraodo, epi«
Jfcro luogo andava villa in
in Arquato
f-™eli (tarli alle folte a iuo gulto Lio-
,

-
*fìA\ Padova , ove s' aveva
,

£g^225K Per godere la (bimane,;


fiio naturale : e
buona,
f^Wdet deno
- ta fino a tanto eh, tra .
Signori^
Se
q la da Car-
ni t ì e il Signor Francefco

attcstai»
in aaov
volte al fuo Canonicato
1

«arca ad effer feco non per


af-
Snza UPcomeferiveva, ma folo perono.
,

JSSo bene; n.entedi-


SSuCoSe, e trattarlo
vecchio e mal [ano, non
;

effendo già ,

e ne fece Ccufa co!


Papa (0 : atteri-
6%5A
pa
-

» f *
« vi» alle lettere facre,ed a morire,

ÌSuKuoi fanti penfieri e con 1 ì


«frf fi C?*" 1.'1
0 vititavano m
£^Sè
petti,

S
fi , andava
u volre
e« & Signor medeumc
jerfo la fine, fentende
malattie-
idi il corpo dì» fiacco, e dalle
SS&odi^ affedht 0 ;cKe rantolo
8*
«»'
(l) fi***:
(a) It>» , il- -E?- s '
DEL PETRARCA, xxvii
di
ftranoglifapeva, quanto che fino ali* età
dal qua! tem-
64. anni era vitìuto famiiirao :

febbri, e
po la viltà indebolì , e fpefio tu da
dolori moleftato , e da certi accidenti
che io
di morbo
tenevano molte ore morto ; fpezie
volta tra
comiziale E fcrìve erto (>) che una
.

l'altre quel male in Ferrara


lo allah cala m
ore lo tenne come
d'un' amico fuo , e per 30.
e pubbli-
morto affatto, e per tale fu riputato ,
cato. quello termine condotto pregava
Ed a
GESÙ' CRISTO benedetto che gli delle il
ogni co-
purgatorio in quella vita ; e pigliava
fa in pace E fatto il fuo tettamelo da vero »
.

vede proli
ed umile Criftiano , com' anco , fi

eflendo aggra-
di ordini della Santa Chiefa ,
villa d Acqua-
vato di febbre , nella detta
ed amorevoli , al-
to . tra perfine a lui care ,
giorni avanti il
li+il. di Luglio 1374- due
fuo nataie, refe l'anima a
Dio , di etaap-
lepolmrà li
punto di 70. anni . Alla cui
Scudio di Padova ,
molle tutto il Clero , e lo
citta, com an-
ed il Signor medeGmo delia
libro vecchio delia
co fi vede notato in u-i
e. con onorevoli
fagreftia di detta- Chiefa ;
ouella Chielmola
funerali lo fe^pellirono a
così umilmen-
1 vicina della villa , ma non
1 mie roccnè t ran-
l te come aveva ordinato.
genero , co-
cico da BrotTano , fuo erede , e
una beli
me di fotto diremo, gli proccurà
:tro colonne, comeog-
arca di pietra fu qua
b t gwi
9- .fP- *•
(li Nelle fenil. W.j. Ef.7-
Iti». «3. IP- 9- e lìb. 15. E?. 14. W M,
*«'
r
fllt -
rk •*
Bembo
/
'

<ì»*>et.
*
+ Non fi acceda e*ì eoi <<

ttrti 71. d'I ni. Voi. delle Lette' f [(rive tf-

ftf WJ."/f
<«' XX.
. ,

SKViii I V T A _
.

e gli
gidì fi vede in mezzo quel cimitene» ,

fece intagliare quello Epitano*.


1

Frigida Ffandfci lapit bit tegit offa Vi


trarci
Sufcipe ,
Virgo pareti?, a ni ma m : fatsVìr
fitte ,
far'tt ;

Feffaque jitm ferri? , Crf/i reqaiefcat in aree .

coti quelle altre parole da bafso :

Vira inftgni Fra nei [co Petratta Laureato


Franeifcolus de Brcjfano Mediolanenfi* , getter
individua conve'fcthm , amore , propinquità'
te , &fuccejftone , memoria . Meritar * fitta
Dmini 1374- ^« 18. Julii

"Ed è anco quel luogo vili tato afsai per me-

moria di acciocché come in vita 5 e mori-


lui ,

te) cosi ancora dopo fcgli faccia onore: e


meritamente j poiché in elfo concorfero tan-
ta boutade, e virenti
Quefto fu i! corfo delia vita tua : il che per
avventura bacerebbe a molti , che della fem-
plice iftoria s* appagano Ma perchè , come .

di fopra dìlTÌ , non fi cerca l' iftoria folo


della
vita fua 1 ma di vedere anco come in un chia-
ro fpeccnio immàgine di molte, e fingo-
lari virtuti che in lui rilplendettero pe- ;

rò , per lignificarle come meglio potrò ,


quali di nuovo ripigliando da capo il tem-
po della vita fua , dico
Che nato corri' ho riferito, di buon pa-
,

dre, in buona famiglia , ebbe due fratelli


a' quali fu maggiore ( 1 ) uno morì fan. • V
ciul Io

fi) Nel!' fatti, le. lì, in fitte e ridiede


po fen t £p, 47-
DEL PETRARCA, xxix
cìulloi vivendo anco il padre l'altro fò- :

prawifsej e fi chiamò Gherardo ; col quale


s'allevò,e vifse amorevolmente (0 e fcrive-
vano verfi ìnfieme } com' efso ricorda {i) -

Da poi in proceffo di tempo U detto Ghe-


rardo fi fece Monaco nella Gertofa di Marsi-

glia, ove lungamente emorìalla fi-


viife ,

ne ; e leggonfi lettere del Petrarca molto pie


a lui fcritte : per amor del quale com pofe_l'
Opra de Otto Religìcforum Andatalo alle vol-
.

te a vifitare 5 e nella fua fine di lui fi ricordò ,


come vede nel Teftamento La madre, che
fi .

fi chiamava, com'ho detto, Eletta,morì


di jS-
anni , effendo il Petrarca giovane , e , coni*
efso dice, nel bivio tra le virtuti , ed il vi-
I zio, ficcom' ho trovato in un libro antico , in
3S. verfi Latini compofti dalai in memoria
|

L della madre , e del nome di lei » i quali fa-


F ranno fcritti nel fine di quella iftoria . II
padre morì da poi , effendo il Petrarca in ftu-
S

! dio a Bologna » com' è detto La roba ch'egli .

I Lfciòera atra a foftentar lui, ed il fratello ,


| per quanto fcrive(,3), fe da' commeffarj la-
I (ciati dal padre non era mai condotta .

Kbbe anco già fatto uomo una figliuola»


I clieacquiftò , com' alcuni hanno detto , a Mi-
I la no di madre non vile Era frefco, e gra-
.

i zioio 5 e favorito per tutto , e di natura


| amorevole ; e però gran fatto non fu che tra-
|
boccaffe in fimile rete Mi £atto 1' errore > lo
.

emendò co! far bene allevare la figliuola , la


I quale nominò Prancefca > e maritoìla dipoi
, in un giovane Milanele detto Francefco an-
b 3 cor'
! (1) Nelle fin. lib. 15. Ep. 5. e 6.
(i) ti tilt dipofen. Ep. io.
(3) Ivi , Ep, 29.

S
.

xxx VITA re, -e per le


*
I
cor' elfo, figliuolo di buon pad
Petrarca ; coi I
foe buone parti molto caro al
che tu iuo ge- I
quale fi fattenne afsai , e dopo
iuo erede , I
nero non l'abbandonò mai; e fu
di Fran-
come li vede Di quella figliuola , e
I
-

nipotino , che I
cefco vide il Petrarca ( i ) un
quale viise aS. I
pur fi nominò Franceico , il
trovavano a I
m fi , poi mori a Pavia , ove fi
e
quel tempo. fece feppellire con un fcpita- I
Lo
fio di 13. verfi Latini, che
fonoquelti :

vohnusl
Vi* mundi novus hofp'teram, vitaqu*
Attigeram tenero limin.t dura fede .

-Jecttturm
Jrancifcurgenitor , gf nitri* Fr.meifc*
Mas de fonte {acro mmtn idem
tenui .
parentum :
Infatti fsrrnofus , filarne» dette
Nuttc dolor . hoc uno fcrs mas lata
miniti . 4
|
Cete' a fum feli» , & ver* gaudia
&f
Natlus <S <eterrs> torneiti , taJn facile.
,

Sol Ut , quater fiextim peragraverat orbim J


Obvia mori , falitr , tbvia vita futi .
Me Venetttm terris dedit urli: , rtpuitqae
Papi* 3
queror; bine C*h nfliiuendut tram
Ztf*f

Mie quali cofe s'alcuni che la fua vita nani


r.o voluto fcrivere,ave£sero attelo.non avretrf
bono detto che fu figliuolo del Petrarca, !
infornatolo d'incontinenza leudo già
trnafi
vecchio perchè moki anni prima, come di|
;

remo, avea per fi#l conto relè armi a*] I

tempio «

Ma tornando alla fua prima età


, r
lutano
>
,
r
wv
i*

rer natura, e di compleffione ianguigna , e ai.


co-

ftì N*fc fi"- ia Ep. 4. .


l'b. j8. feittl, *
(1) Ad pofteritatem Ep- fg
'si. iz. deik f»*- E ?' *• S*
.

DEL PETRARCA, ixxi..


bruno, con occhio
colore tra bianco al , e'1
fino
SLv.fta lo fervi beniffimo
agi. occhiali Noa ^
r.corfe
Inni pafsati di poi :

deliro a falcare , e
end f forze molte <0, ma
«lido per natura ; e
ve 0 e nel corfo , e il Set-
per nimica , e maffiroe
aveva l'eftate
Se
ì'er
Mangiava
e nella Tua
, ed
frutti (*) erbe vo-e»-
gioventù bevve feopro,
il ymotempera-
,

Sa ed invecchiando usò

E
SSeote ferbnndo in coftuine

fa quale dice efso


Midió che
la fera di bèTre
che gli toglieva «g»>
fentifse nello ftomaco.
*e£ mangiar carne IS H> CR
anzi foleva dire che (?) & GbSO
carne, eoe
Big. coltro non avefse mangiato
n'avrebbe. Noa
vino,ch'efso guftato non
;?có
Sentieri
rare volte
fi

fi
trovava a conviti
levava da tavola eh
avelseia Wfg^
zi»ra la fame . , % f_
Digiunava tutta quarefima (a) » e le
la
il digm-
Tliilie , ed oani venerdì faceva
! nof( , ) in e in acqua ; e cosi continuo
1
fi

dSttò d'andar puli»(«),e


r.iol ;«tSfi
peu nKo ! ed «fava io
òcchio Suonava dt .

lii.ro(7] , e I' u=ò


uno alla vecchiezza, c ne ia
ìn-nzions nel ina telbmcnto
** L1
b 4-

I (ti Vrf/f/>*. A"*»"-


Ep.i./»W»'«P»
" Ej>. 9. «/ it.fW. «•
hf iiàeftn.lih.iz.

» w<//'
te) nw/* f«. «*. ir- s.
. .

xxxii VITA
Fu molto /limolato dalla carne (i), e per
Jo gran difpiaccre che nefentiva, alle volte
defiderava efter di pietra. Si tenne quanto po-
tè , e fece sì, che giusto prefsoa' quarant'an-
ni , vifse caftiffimo cumadhttt fath bsberet ta.
:

Itrir , (3 vinti™ } com' efso ( i ) feri ve .

Levavafi ordinariamente a mezza nottefs))


«diceva il Mattutino > e poi fi dava agli ftn-
dj ; eh' erano > come fcrive > le fue ore mi-
gliori . E per quefto ufava tenere tutta U
notte ÌI lume accefo
Cominciò di 15. anni ad efser canuto {4);
e due Volte 1' anno 9 cioè di primavera e d' 1

autunno , fi traeva fangue ( 5 ) ; Èra inclinato


all'ira ed allofdegno , le quali cole a
lui j e non ad altri noce vano: imperocché nif-
funo offendeva , e torto fi mitigava .

Fu verfo gli amici, ed altri molto benigrrb,


e non mancò accomodarli , quando potè , di«
danari , e favori , come diremo del Boccic-
elo , ed* altri; e teneva loro la cafi aperta ;
e mal volentieri , e rade volte mangiava fo-
lo (7). Amava ia folitudine più che la fre-
quenza j e per quefto fuggiva le corti, nelle
quali dice (£) che non iflettemaì per acco-
modarfi a* fignori , ma quei più torto aliti s 5
accomodavano
L'en-
ti) Nelle fen.Hb. ir, ed pofitr.
(») Ivi , Uh. 8. Ep. ji e nelle fam, Ep. 98, »
utili fot. lib. g. ella 2. * Uk, u, alla 3.

( j) Nelle fam. Ep. }%.


(4) Nelle (tn. Uh. 5. Ep. 3.
(5) Nelle firn. Ep. 89. eoi. 4.
(6) Nel colici;, 1, tel. jo.
(7) 23/ virjtfclis. tra li, %. ed a e. 3.

(8) Nelle fin. lil>. 17. Ep.%,


,

DFL PETRARCA, xxxiìi


appunto come
L'entrate fue non fi vede
elle
fofftro, maperòficonoicc che pjtè con
modeftia onorata-
vivere ne' termini della
perchè famiglia aliai
(0 teneva
mente ; ; ^
la frequenza de
e cavalcature , ancoraché
fervitori non gii piacefle(i^e tra quel-
molto
maggior parte (3) fcritton ;
di che
li e-ano la
tempo a' pari fuoi era gran Magno,
a quel
non avendoli la ftampa f , \ .
.
.

Trovo che fu Canonico Lomberienle UJ


che forfè fu il primo beneficio
eh aveUe,dato-
Colonna Fuezian-
gìidal fuo amato Vefcovo
dio Arcidiacono (5) » e Canonico di Parmat,
. Altre
cole
edi Padova Canonico fimilmente
ebbe, di che non fo il nome. M.BartoIommeo
pra-
Ja Benevento , uomo di molte Ietterete
tico , hi detto aver
letto (cotture per le (pà-
come- il Petrarca ebbe la
Badia gì
li vede
(1

Gave'io , detta altramente da Canalnovo »

nei confini di
neih diocefi d' Adria,- eh' e
Ferrara , e del Veneziano fui
Po ed è og- :

d'entrata circa Icudi 1100.


Ridi beneficio c'ha
Scrive elio (6) che Pipa Innocenzo, che
gli conferì due be-
io voleva per fecrctario,
Egli in molti
nefici, e più ne prometteva
fiato tuo, e
lao»bidice (7) contentaci dello
I di poter vivere
modefhmente. Chiara cola e
che mai non volle benefici
U1W
curante per quello
t b 5
ncu-
(1) Nelle famìl, Ep. 6i.
I (t) Nelle dopo fen. Ep. 49.
(ì) Utile feti. Vtb. 13* Ep. S.
(4) Nelle Eù. 60.
fo™.
l'
(0 Nf& Jen, Hi. »*• *•
dei delle fen.
(6) Ep. 4. i-

T
( 7)
Nelle fe» l'i- 9 £?< l 'i u Bp \-»i-tl*
Hp i- »
tp ii. e n- '
VITA efsendogh più; cTI
ricusò d' efser Vefcovo ,
cola ottenni
uni volta offerto di farlo . La qual
anzi, iaj
deva, come (0 dice , gli amici;
cendogli fcrivere Papa Urbano
che voleva
nipote rin-
ogni modo accrefcergli 1 entrata,
offerte , purchM
graziando , e non ricufando 1'
quali ncHnnoj
non foffero benefici curati ; oe
render conto
voleva", parendogli aflai il

Dio benedetto dell'anima ina


, non che m
quella d' altri - „• 1
Viveva, e flava fenanficernente»
in? e ma»
fie lle folitadini , e
diceva (i> pertappeti nni
biffargli la paglia monda,
cioè lelfuoje:; e
« com-
à\l Teftainento che fecejchiaramente
danari d
prende, com' eflb dice , che molti ,

roba non avanzava- . J


Vedcfiperlefue Epiftole, ch'a eh am iC
i

come
non mancava dVjutarli, e loccorrerh ;
Boccaccio %) i u%
tra eli altri fu M- Giovanni (

molto debitore
nuale , parendogli d> effergli
Petrarca risponde i
fece fate feco ; a che il
effer con lui creditore le
non d
non fapere d'
lafci quello penfiero
amore j e però che Mori»*j
.

Non voglio qua tacere una cola che


Bemoo^im
gnor Reverendiflimo M. Pietro
inteio dal Ua
difle una volta in Padova,aver
il qual riferi-
riffimo M. Bernardo fuo paure ;
con alcuni al-
rà ch'efiendo giovanetto andò
contadino
tri a fpafloin Arquato,ove trovo un
» col quale
parlando
di quel paefe vecchiflimo
villa era morto , e
del Petrarca, che in quella
nei a fua puerizia
fepolto,il vecchio diffe che
lo avea più volte vedutole
che di verno porca-
Va
tttdr* Gaìhm f - y
(i) KelleJopvfia. Ep.iv.
(i) tithr l»n. Uh • fp-s.
Nelle ftn. Uh. x- E?. 5. «/ fi**-
li)
DEL PETRARCA, xxxv
dentro, ma
?a una oellicciadi buone fodere
{coperta, com'anco oggidì ulano
mo
di fuora ;
o per 1
Soltramontani i il che forfè faceva
ufanza , o perche tolse men
greve- E diceva il
contadino che in molti
era fcritto variamente
Cofa che faci hlli ma-
.

fcnttur.e di ma-
mente credo, per aver veduto
in pezzi di car-
no del Petrarca fatte eziandio
ta ftracda movendoti a fcrivere repentina-
-,

fecondo che l'animo lo fofpingeva; e


mente ,
gli parade
fervendoft di qualunque materia fe
davanti . ufo quafi comune a
tutu 1 poeti
più per legno
Qu.-fto ho voluto qui dire
altroielsendo chia-
Leila modeftia fua,che per
riflimo che d' avarizia non
può eiser notato ,
pere'- è da tal vizio
fu lontaniuimo •

iiefsuno perle
I'
Ebbe molti amici, de' quali
tolfe.Fra , pnva :
Bai (, ) fc morte non glie lo
e Lelio. Quelli
i

ti grandemente amò
I
Socrate,
de' Signor, Co-
furono due giovani familiari
I Ennefi, coi quali
vifse fempre dometticamen-
partecipi del cuorTuo, co-
teh ed erano
| te
Lelio era Ko-
di fopra di Socrate ho detto

amici 34- anni-


I tn3no; evifsero
Tonimafo da Medina gli fu molto cawera-
ii' una età, ed
avevano ftudiato infiemea
| CR11 V
e femore s' amarono
(j) }
cariflìma-
}ed efso dille , Urta Mar, idem **imur.
tntc
giungendo che, quando ebbe la nuova dei-

morte di prete la lebbre ;


Tommafo , lo
~
lefa per torgli la vita.
is U)
Simodi, a chi molte Epiftole fenve , i

nome tìnto. DomandavauFrancelcodifcari-


b fi to

(,) Ne Ut,fin. Hf.^i. Ep.%.


(x) N*Hr f-n. li'». V ty> »•

(0 Ni He fs't-. E f ;S. 0Ntlltftn1ib*-Efri.


xxxvi
to Aroftolo >
VITA
Fiorentino} e fuo caro srm*
co Similmente Fiorentino fu Sennuccio
del Bene, del quale e nelle Rime, creila
Profe fa dolce memoria.
Francefchino era altresì Fiorentino 5 e fuo
parente (i); e V amò grandemente, e, do*
Jendofi della fua perdita, prega a Savena *
©v'era morte, male, e bene.
Ma per non empire il libro degli amici
fuoi , che furono molti; dirò folo di M. Gio-*
•vanni Boccaccio , il quale per la fua virtù
amò affai , come mcUranole molte Epittoltf
fcrittea lai
Andò il Boccaccio 3 trovarlo in Venezia
{z) del 5<54 e frette feco tre mefr per goderlo*
e tra loro col tempo palarono mnlte amore-
volezze (ì) , non mancando il Petrarca , con/
è detto , foccorrerlo nei fuoi bifogni dove to*
teva , invitandolo a vivere feco , per far i be-
ni loro, come gli animi, comuni Ed ali' in- .

contro il Boccaccio non mancò feco d'ogni


legno d' amore come tra gli altri furono (4/
tutte l'Opere di Santo Agoirino, di che il
Petrarca fi dilettava » le quali gli mandò 3
donare legate in un- volume , e fcritte di
ietterà antica . Onde M. Francefco fectf
gran fefta ; e fcrive non aver mai veduto
libro maggiore •
Gli mandò anco a donare la Commediai
ii Dante ferma bene , coi fottoferitti ver-
il Latini !

tu*.
tr) NelU famìl. Ep. ]0 7 .
(l) Ntlfr fin. Uh. .. . Ep. i,

lì) kk 1. Ep.%. in fini


(4) Neil* deps fin. Ep, 24.
DEL PETRARCA, xxxvii

llìuftri Pire D, Frantilo V tirateti Laurtato ,

ITalta jstn ter tu! bona , cut tempora ìauro


Rimirici cir.xes duce! , hoc fufc'ipe graium
Ba?i:Ì£ Qpvfj vulgo quo numquam :
di,cì .u> ullis
Ani! reir fintili ccrnpaflum tarmine [adii .

jitt tibi fu durarti verfut lidi e potXS f


Exfulil , ex p.,l?io tantum ferto 'ne feltro; ,

Frondibut ac nullìs redimiti crìmine iniqua


Fortuna. Hoc etenim expliutn potti'Jfe futwit
Quid melru volgare queat mojìrare modernunt
C auffa fuìt vati ; non qttod ptrffpt fremutiti
Invidia dixert tructi , quid neftiut dir»
Egtrit hoc aufto' novifii forfan ipfe j &
Traxerit ut juien rn Pbrebui per celfa ni vi/fi
Cy rieoty midi e fqi/e fnus , tncitcfque reitjfut
Naturgt , "»/<:.:•: via! , terrteque } marifque ,
i

Acnioi fonte! Parnajfi cuìtntn ,


. /intra &
Julia, Parifeoi dudum extremofque Britanno!.
t

Rine itti itregìum facro m: der ami ne virtut


TbioJogi ,
ValifijUt dedit , final atjue Sophì*
Agnotnen , faSlufqùe rf,
m,ignts gloria genti!
Altera FlorigenÌt,t»iTÌtÌt tatnea improba lauti
Muri properata tiìmis vettiit vincirc capilloi ,
ìnftiper & corani f nudar ire Camsnai
Forte pulat prime intuii» \fs claujlra Vlutonis
Mente quids referel i ar/:nem ì rnontemq;j}iperbuift
tvil f<lium facrii vefiirisr Umbrie t
Atqut J
Sublime! fent'ut cernei , 43 vertice Nifi*
Ple£}-a movere Dei Mufat , at ordine miri
CttnSia trabi ,direfqtie libeni } E'it alter abiliti
£)urtn làuda! fntrifòq^ colis per ferula Jìar.tei)
Quemgert'jtt grandi! vatutn Flo'entia mater
F.t teneratftr ovanijiomcn ccìebrìfqre per urbe!
tngentt! feri g-andtfuum ,
duce nomine nsù ,

Hitnc
tcxxv] ii VITA
Sane «W, ini c ars nimts Jptfqat un'uà mfirum, ]

Ingerito quamquam vale a; télifylU penare r ,


, ,|

fiec Lattar» [slum fama , [ed


fiderà puljet ,

Contieem, dofiumque fl#$f > psriterque poeta,»


SvftiptyjoHg* tuir, laudatole, pe'itge. N«>»fi ;

F eceri s hoc ,
magni® te itetfóbU , & Mum \
Laudi bus noftra eximiuM decus urùis^ orbif.

Nò degli amici privati cr/àmafseraii Pe-


trarca , furono rivinco iSignori, ePnncipt
ed in Italia, e fuori tale grazia gli dava la 6
i

tua virtute
PapaBsnedettoXI". Cernente VI. (ij In-
nocenzio VI- ed Urbano V. Io desideravano I
^verapprefso , e con onorate condizioni :e)|
, non mancò Papa
latto già vecchio Gregorio
XI. predarlo ìnftantemente a voler efset fe-
co 5 preparando
la fua venuta in Italia con h

Corte a Róma, come fece.


Lodovico» eCarlo Imperadori ne fecero
srandif1ìmaitiina,e lo chiamarono più voice a
lè in Germania, e prezzarono il iuo giudica)
come fi vede dalle lettere che a loro fen-
veva (1) . .

Giovanni II. Re di Francia (3), che viise


al tempo di Papa Innocenzio
VI. lo richiefe
anch'efso,aquel tempo appunto che Papa In-
nocenzio (4) per fecretario lo domandava , di
che fi duole , e ìcufa con un'amico fuo {5)
Da
<tl i.itb. T.p.7.. ertiti Uh. 13.
(1) Neil* [ta.
Tp 8. e 14. * ntìlìb. ii- Ep. i- e t.
nel ho. di igmr.
(%) Nelle [en Uè, 1 5. Ep.z. e
fui col. $. e CQnlra GaMum eoi. 7.
(3) Nelle dopo [en. Ep. 43.
(4) Nel Uh, de
ignur, cui. 6.

(ti Nel i.Jtlle {en. Ep.


DEL PETRARCA. iolse ac-
KXiX
Da Roberto Re di Napoli quanto
tocco- e molte
carezzato, di fopra a' abbiamo
teftimonio
delle fcritturc lue ne fanno
Similmente s'è molato il conto che ne re-
Signori Veneziani^ i Vjfcontijnè por
cero i
ltali.afc meo caro,
quello a gli altri Signori d»
di Fiorenza,lua
erragli altri aìJa Repubblica
onorata patria; la se per onoralo,
quaMa
e non privarli di sì raro
cittadino , ghreititul
tanti anni, elut
ibeni paterni già coafifcati
invitò onoratamente a «patria» ;e manda-
fuo amici i-
rongH per M-Giovanni Boccaccio
e li vede anca
fimo la grazia lino a Venezia ;
la rifpofta che M-
Francefco lor tece
Elle Marche» di Ferrara (z)
I Signori da
ed a loro non iolo
forono fuoì amoravoUBùh
libri di grandi opere ha
lenito .
lettere , ma
e dai
1

Fu ai Signori da Correggio cariflimo ,

giovani di loro come padre amatoci che laa-


fentteho
noteftimcnio le lettere chea loro
Petrarca
veduto di mano dei medefimo
.
I
Signori dalla Scala-, e da Gonzaga
tempre
I

videro volentieri , ed ebbero


caro.
I lo >

Similmente i Signori Malate(U,iI


primo de
a quei tempo
I quali, ch'era il Signor PanJolto
lo volle non iolo (3)
vifitare ia Milano, ma
|
I due volte ritrarre, e portacene la
anco farlo
immagine, e più volte l'invitò a viver
ie-
I fiu
ielle Can-
da lui ebbe una copia ael libro
co-e
I zoni, e Sonetti fuoi ; diche Ballettava.
con popo-
I Fu eziandio di grande autorità il

Tribuno .
liti Romano 3 e Cola Renzio _

Dei
Ep. A?" t* ai}a 6 -
f
;
(t) Nelle (efl -

(1) Nelle fé». Hb.\%. Ep.V


Nelle fen. Ut. 1. Ep. 6. « nel hb. 13. ait
( })
si v 1 A. « t 3. f 1
Dei Signori Colon n eli noli accade dir mal- J
to, ch'elfo (1 ) e in rima , e in
profa ne: fa buoi I

tefKm*nio;edice una Epiuola(i)- già vec-|


in
chic parlando dalia Cafa Colonna Q^* r"f':\ :

Uxi,& dUigaMfda/ittm iil>%am' imperocché tiri


non folodal Vefcovo, n d il Cardinale ami-ì
<

come fratelloj e dal Signore Stefano lo 1 P*j I


"
to
dre conr; figliuolo tenuto. E riferiice tra l'al-J
tre cole che ritrovando^ in Avignone anco-
,

ra giovane j e in cafa del Cardinale Colonna vj


occorie che psf alcuno biiof.no ilCardinafl
volle parlare a tutti i fuoi di cafa > e httilij
chiamare dava ad uno per uno il giuramewB
di dirgli il veronal «jual'flttó non a (lolle ar.ctw
il Signor' Agapito fuo fratello Vefcovo
di La*

na e cosi giurando tutti , quando il Petrarca


:

porfe la mano per metterla fut libro , che 'a


Cardinale teneva elio lo
, ritirò dicendo B>\ :

giurati
quefto bafts lapa'ola fnU, e non accadi
mtntò ; facendogli tal? onore in pretensa ddA
3a famiglia tutta * _
. M
Fu, com'è detto, caro ai Signori , eda: pri-
vati; e non già pereti' egli forfè adulatore, ef*
fendo nimico alle cofe mal fattej e rjfrrendgj
dolefenz i rifpctto ; di che fanno fede taM
fue compr<izioni,e ma (lime le Epiftole tenete
a Papi,e Presti ( j) . Per lo che alcuni mali-
gni , e viziofi m?.le lo comportavano, ed un
Cardinale tra gli altri per nuocergli fe pote-
va > e metterlo in difgrazi;: di Papa Innocen-
zio VI. dille ch'era eretÌco(4),perch5 ftudiafl
Virgilio, ( ) e che biàuffiavà la coree. La qual
ci-
l rj.EfS ì,
ti) Nr/Ufam.Èp.19, (1) Netirfr*
(ì) Nt'kfertjib. 17, IJ. Ep. Ubi Ì4»
f l<b. 1 1. Ep. 3.
f VjS ftì* fatui L Ep. Ì 7 .(s)N'llsftn.i, 1 Ep . . 4»
DEL PETRARCA. di quel
xti

calunnia a quel tempo per la rozzezza


fecole credette che gli avene da
valere .
Ma
fu più favio il Papa del
Cardinale , e della tua
accula poca fri ma fece. Furono
anco degli
radici )l
emuli ( che fempre l' invidia mette
quali coatra lui ,odi lu; male parla-
fenderò
rono ; ed a quelli in più parti dell
Opere lue
alle volte
Latine faviamente, nè fenza fdegno
rifponde. Chiara cola è che
generalmente aa
tutti e graiidi,e piccioli fu
amato, e itimato.t
maeflro di granitica {i)
fra gli altri un cieco,
in Pontremoli, avendo udito
delle lue compo-
fizioni , deliberò volerlo in ogni
modo vinta-
a Napoli ti
le, fe poteva ; ed intendendo che
la ciato
trovava al tempo del Re Roberto ,
figliuolo per
ogni altro affare , e prefoun iuo
donde, quando vi giun-
guida , andò a Napoli;
fe, il Petrarca era partito
per Roma ; la qua
|

cofa dal Re Roberto intefa ,


volle parlare al
i "cieco , e , vedendo che folo
arnote-di virtù lo
tingeva a queftoperegrinaggio, gli kce
al-

cuno prefente > e l' inviò a Roma


ove ne an-
-,

co trovò il Petrarca che già era partito; e


,

!
così tconfolato tornò a
cafa fua : dove non
'1 Petrarca era
lungo tempo da poi intefe che
'

1 in Parma ; per lo che


(ubico fi fece a condur- l

re- E fu cofa mirabile


vedere la teila che ta-
M. Francefco , e parlar
ceva d'aver trovato
feto, baciandoli il capo,
eie mani j a che
correndo le genti , il cieco
diceva Ve ntn :

e Dio
ttmceu quefi* uomo io vedo p<à di va* ,
:

I rteMihff* riha fato degno di


troviti* Del-
molto u
I la qual cofa i Signori di Parma , che
avevano piacere e ie-
Petrarca (limavano , ,
'

cortefie a quel buon' uomo, che


dopo tre
cero
gior-

(i) NelU fin, Hi. io". Ep.7*


xlìi V T T A
giorni che flette con M- Francefco, fe ne towj
nò tutto contento a Pontremoii . t

U inclinazione di M. Francefco ai le iet*J


quesl
tere fc-mpre fu grande (i) , e rari furono
giorni che noti leggerle, o fcrivefle, o peniaM
fe, o afeoltìffe qualche cofa bella} ma
non gH
a tutte le forti di ftudj fi diede ,
che , come dìj
fi m:fe v<wj
fop. a jinì, a quello delle leggi non
lentieri, ancoraché averte maeftn famobftqH
a quei tempo in quella facoltà , che furono
MJ
CinoJa Piftoja, e M. Gio. Andrea Calderine*!
Bolognefe , a! quale fu fempre amico , (2) e «|
fcrivevano : ad elfo ringrazia Dio che non ffij
fermò perqueftopiù di quel Io che fece in Bo-
logna ; non già perchè le leggi in sè gli fpia-3
cenerò ma per i? modo in che fi trattavano ;|
,

diche dice avere avuto lungo ragionamentql


con M. Oldrado da Lodi gran GiureconfultoJ
L' animo fuo era più volto alle morali, all?j
iftoria , edallarettorica, e foora tutto al lai
poefia ;
per la quale fi vede eh' era nato ; e*
diceva tra sè Tent/tntla via t fi otta me 1

( 3 )
:

quoque pojftf» tollce hutno ; ed a quefti ftudj fi'


volfe con ogni potere E per effer allora là

lingua Latina qiiafi fepolta , effo fu imprimo;


che la fcoprifle e in prola , ed in verio com-
:

poneva affai ; per lo quale rifperto fu nomi-|


nato con onor fuo per tutta Europa- E vera?
cofa è eh' al verfo , de' Latini parlando , fu
più atto che alla profa 1 nella quale non te-
1

ce gran fondamento di ftile pulito , per la va-


xh] e molto difforme lezione che faceva , leg-
gendo non folo Cicerone, e gl'iftorici, ma Se-
neca .

(1) De ignoranti/i col. 3.


(2) Nel!* famìl. Ep. 64.
(3) Nt/!e ftn. Uè. 16. E?.
6-
DEL PETRARCA
diche molto fi
xliii

fea(i), e Santo Agoftino col


;

familiare
Iettava: e fece un fuo (hle ,

facilmente per fcriveva E


duale ogni cola
.

quello allora tanto più


era maravigkolo , e lo
flou--
gravano pari agli antichi.cofa che fui
Kfcceftarefopradi sè i perchè il cornuti
lodi facilmente accie-
confermo nelle proprie
cagli uomini; nientedimeno li ravvide, e dil-
conofcere loftjle fuo debole
aliai
fe fi)
fece molto-, ed an-
|

Nel verfo Latino ancora


dò più innanzi
perchè non tanto fi tranci-
,

celo con altri. Ed


attefe più a Virgilio , e coti
1

tua Africa fperò far


gran «fe, e "tonare
k nono h-
fkufe in Parnafo , come fenile nelin Roma -
rodi quella e fu per
ciocoronato
;
lede co-
, quefta
parte ancora non ottante la ,

tempo il tuo
feeche'l mondo gli dava, col
non^'ingannò , e vide che non.
on giudizio
fogno che bagnava e dice mio
,

giunto al \

della vita tua aver m-


a

pittore dei più vecchj


foche, trovandoli il
Petrarca Verona,* m
Africa ad
lendo cantare i verfi della detta
piante , dolen-
cunoche fe ne dilettava, egli
,G non poterla
afecndere affetto cesi tu il .

l0 giudizio
maturo, ancoraché ione nato a
rapi affai per detto
conto (lenii ; e per que-
ifcrive (3) die molte cofe fue che non era-
mano d' altri , abbruci ò .
OD in
:

Nella poefia delle Rime folcane :a tacile,


lingua era nato e
Eccome quello che nella
,

edeva anco degli altri


compofiton viv enti al
bei 10 ia-
Itempcche davano fprone al iuo
r»no da farfi avanti,
okracbe vide 1 Proven-
imitò,e fuperò di gran lunga

jli , i quali

lì) Ri'l ddhfttn*


*ììv VITA
; Cominciò per ifcherzo, e
per amore-: ma
poi col tempo s'avvide che in quefto la fua h- 1
ma s'appoggiava più che in altro ; e pero con I
gran cura v'attefe, eben diffe nelle R i me
l
(t)che vedeva penfirr' » ^«o *'g'f "((hi e C'|
Rimaner dope lui fttilh .
appunto avvenne il con-
Di quelli uudj gli
trario di quello avea fatto nei Latini , i quali
ftimò da prima, e non poi: maquefu apprezzò
poi, avendogli da principio in non gran conto.'
Scrive (*) al Boccaccio già vecchio pentirfv
nel qua-
di non efferfi dato tutto al volgare,
Latini'
le era più fignore del campo; dove i
nell'altro avevano già buon tempo ogni cola
occupato . Ed ha lafcìàto fcritto Pietro Paolo
Vergerio aver intefo da Coluzio Salutato Fio-'
tentino, che fu fecretario di Papa Urbano, ed ]

amico del Petrarca jch'a lui aveva detto come I


le fue compofizioni tutte poteva
migliorare;
aflai>dalle Rime in poi,nelie quali s'era tanto;
alzato , che più non gii dava l'animod'arn
varie. E veramente io ho veduto alcuni km
gli di dette Ri me di Tua mano propria, neu
quali fi vede la grandi (Ti ma cura eh' tifava
la lima di quelle, ritoccandole, già vecchio, e
dopoché comp fte le aveva , per' venti e pi*
1

anni; e meritamente n'acquiftò gran lode


eziandio vivendo . Onde il Boccaccio , ch^ in
dutìfta parte ancora di comporre in
rima s'af-
faticò, e ne deaerava onore, vifto
che non I
appreffava a M Francefco,sbigottì,e venne
penfiero d'ardere quanto io ciò avea fcritto, e
confola
Io comunicò al Petrarca ; il quale lo
dicendo che,fe del terzo luogo non fi conten-
tava
(,) Paru J. Se» CLXX .

\t) Nette fi*. Uh. s.Ep.i.


.
§

DEL PETRARCA. xW
tavaj volentieri gli cedeva il fecondo ; incen-
dendo per moderila che'l primo foffediDante.
Nè tacerò qui che } dolendofi coi Boccaccio
ch'alcuni lotto (lìo nome davano fuora corri-
porzioni j dice ancora eh' altri coti le lue Ri-
me vivevano, e però alcuni andavano a pre-
garlo che grazia lor ne fhceflejle quali poi re-
citavano dove che foffe » e ne ritraevano ve-
§Ì;ed altri preferiti Tal che ad un certo mo-
do faceva delle fu e compofizioni eìemofina?
Nelioftudio dell'iftorie , e virtù morali fi
[diletto molto { ) , piacendogli più di ben vi-
1

[vere > che di fa pere


-
Ebbe tra g li altri buoni autori grande affe-
zione a Santo Afflino , l'Opre del quale leg-
geva volentieri
F Ad Averroe , e fuoi feguaci fu inimicif-
fimo , e come emnjji odiava E fcrive al Boc-•

caccio (i) averli un giorno cacciato di came-


ra mio (colare per le Iodi che dava ali' empie
feotenzie d' Averroe . E
di quella materia
I parlando (3) dice : Quoplum tontra Cbrijii fi'
\iw dici audio , ìtCrifto jnm firmior ; 6f
XiiCbnfliano Cb ifiìamjfimum harsticorutn ft'
\<ifi bUffbtmia
I Non fu anche amico de'medici di quel tem»
pò, per la medeiìma cagione di feguire gli
|^ta[)i,ed in più luoghi ne fece con la penna
() fede
Similmente a gli aftrologhi nel giudicare
km credette mai , e poca ili ma ne fece .
Studio le morali d' Anflotile ; il qual di-
ceva
I (1) Nelle fin. hb.i. Ep. 4. Kb. yEp^.r.
H (*) AZ e/A /«. Uh. 5. Ep. 1.
I (3) De igni'cn'.ta et 1 3.
1(4} Ub. M.fenii. Ep. X. coi. 13,
W T A
•-e^PL glMnfegJ»» ,™ non
lo
I
movj

^SSfcS cr opre degU

Autori antichi
dì fono
(.) ,

Amanite come turono


Viri De Ghria di
-

Cicerone (V
e
^J^M
tra l altre
.. 1
1'

VOgHa E imparare la linea


Fhb- eran lo n»ped|
de' niàéftn
C reca" m a careftia
Swu^Sav=rn e ^operd^,c t .aH

^^Uodilungavjta^nziicr^aj

Kffj£S2%)cbo da poco è quel fcn

Nelli dopo finti. i-0 «•


( 7)
fg)#Wfe/'*» I5-EM-
*'
( 5)
Keihfr». Uh. 8
DEL PETRARCA .s&pfvii
che fugge P afpctto del fuo Signore,'"^OTando
(Eeu'er apparecchiato a morire volentieri
j
onde la fua vecchiezza fpei'e tutta in facre le»
zio ni Dice bene ( i ) averli rifervato per
.

ifpaflo, ed ornamento ie Mufe .


1
Era per natura grave ; e d ingegno , coni*
elfo dice (s) j più ma ni nero , e benigno jC ne
acuto e però quando lette il Decameronc del
;

Boccaccio , vedendolo in molti luoghi llcen-


ziofo, iofcub, dicendo (3) penfare che da
ipvane fi a dato da lui fcritto Loda però il .

•principio ed il fine quale fece anco'Latino •


,

come fcriye , eli vede Sopra tutto fu buonif-


.

fimo Criftiano Cattolico , e pieno di pietà ; e


pegavatra P altre cofe Dio benedetto che lo
fiàcefle buono sì che Io amafle e da lui foffè ,

pinato ; dicendo A : quiflo fan nato


, e non al-
le Unire , le quali per s? fanno gli uomini
gonfi} :
«riputava più felice affai un minimo fempli-
keche in GESÙ' CRISTO credette , che Pia-
Bone , ed Arittotile , e Cicerone, con tutto
hi faper loro (4) E così attefe più a ben vive-
te, che a ben parlare .

L Quefti infomma furono gli itudj , penfieri


jecoltumi di M- Francefco Petrarca , i quali
k con dritto occhio faranno guardati , fi po-
lirà facilmente vedere di quanto giudicio, e
•onta , e religione fotte .

t Non fu quefti uno fcrittore d'amor lafcivo ,


lècofe cattive infegna , ficcónf altri in altri
«coli fecero ; ma tutto grave , e Platonico .
felza ipeffb la mente al Cielo, o piange gli
I1 affet-
I (1) Alla pofterith .

|
(1) Alla pojferirà , e nel 3, coli. Col. I 4,
! {3) De <gnor. col, 7,

| (4) Ep.adpcfier,
Sto piùnacque
degno ™^|^'«fl
quei fecoh,ed
è
a
d:
in tor-
j che
ve°r (?, e con poche ^ù;fde,d|
po Dio benedetto PWS* è del buono m-
,«.,„o
S

a- C
e della buona
Rcft' -rebbech'appretTo
vi C
fatto della vita, e
«stura tua.
quella Pl««»
coftumi di
«M.
mod«j
FraSo fiSSte vi diccflidel
ch'ufava in ridurre le lue
,
Rime
Seniia,
1S ore' bene ho potuto cor*
che affai

S^TSSS
Solo
il

folli che di f„a


propri.
parte in Padova m
veduto
, ferirti

SKSm Moofignor Pietro


e parte in Roma
Bembo , come di
in mano di M.
fnfra 5 ,

£ daPefcia
fewaffa i quali fogli
erano da
;
le componeva, e
«Ami originali dove
-

"stando fpeffe volte , efeJI


SS«B£
Carole [T, *<*W>
' atl " C
:'
con e la cagione,
or e'1 tempo che ciò taceva,
gran lume del
« chenì,tava. cofa che da
?uc « che come p. invecchiava,
udizioi
(M
Mafopra ciò fero*
Irti facevaMigliore. piacerà : per ora
Siffio a Parte" s' a Dio |
:
IX a che folo per compimento ag

S

fl

un Sonetto, chet
E aprima farà

molti d Giovanni Beccacelo ho trova


i M
a«tìeo; fatto in morte di M.Frai
fn un libro
dubbio il Boccaccio fa
cefeo il quale fenza
f e\r ùltimo
anno di fua vita; imperocché
morte del Petrarca ,
anno fedente alla
SfèflUtadue, morì, cioè del «375.

S 0-
DEL PETRARCA xlix

SONETTO
Di M.Giovanni Boccaccio in morte dirvi-
Francesco Petrarca,
ORNel fa falite , cara Signor mio ,
regno a! qua! (alìr ancora affetta
Ogni anima da Dìo a quello eletta }
- Nrl faa partir di queflo mondo ria .

Or fd colà dava fpeffo il de$o


Ti tira già per vedere Lauretta :

Or fi devo la mia he Ila F'tammttta


Siede con lei n- l colpetto dì Dio
Qr con Sennuccìo , e con Cina , e con Danti
Vini f\cu r » d' eterne ripofo y
'• Mirando cdfe da noi non inttfi .
Jìeh ,
t'aggrada Ti fui nel monda errante s
Tirami dietro >a te , dóve pajofo

Ytgga Colei che pria d &msr


y
tri nccefe .

Memorabilia quaedam de Laura j


marm pro-

pria Francifci Petrarca: fcripta in quo-
dam Codice Vìrgilii in PapienfiBi-
biìotheca reperto

LAura ,
preprìic viriutilttt iJluflfit , ér meìt
longum cekhrata carm'tnìbus % prìmnnt
ttulismeir apparuìt fri pritnum adalefcenti*
mei tempus , anno Domini 1317. die <S. men-
ti Aprili: in Ecclefìa Sanila Clara Awinia-
nibora ma tutina . Et in endtm civitate , /«-
iim /nanfa Aprili s , eodem Ma 5. tadem ba-
ra prima , anno auttm Domini 1 5 4$, aa hac
iute lux il/a fubtraSia ejl ; e km Fe-
epa forte
rma affata , bau fati mei nèfcìut ! -Ramar auttm
Éìme Petrarca , C '«-
1
per
VITA
lìuras Ladtvei mtt me Par.

infili*
ni* reperir ann» elide m , me»}* Maji , dtt
t g. mane ,
,,

<7W tafiijftmm ai puhherrttmm


Cor tu ,

in liti FrÀtrum Mmo'utn fi rt peplum e im


die morti t ad Vefperam . Àmmam
quidmejtis,
in tvium , undt
ut de Africana "it Seneca ,
trai , red-iffe rnihi perfuadeo .

Hat auitm acerbam rei mtmoriam ama-


iute e ditu fc*ibere vifim efi hoc pò.
ra quaiam
eculi e rneis redst ui>
tìjfirrum lece qui [afe fab ,

debere qvod' amplivi Htm


Stnttm ejf*

pÙceat in bac '-vita , C*f , efrafto majori


crii
M
queo, tempo t effe de Babylam fogfHidi ,
Ira borum infp'Bione , ac fu£/rc<Jfirn<e <£taùs
tfttmaticn* ccnmanear Quod , pravi* Dei
.

*rat<a } f:(iteerit preteriti :empeiii ettrasfu


ftrfstvai , />« Ì9*m t ©
[nexfa Status exitut
acriter *c virifitf cogitami . »

Ex Colloquio tertii dlei .

vera pauecram npme'tii annsrum quo iU


SZ tam precedi! 5 fptm t-ibitit van'jfìmam ,
mori,
fri"! te quarti furori! lui fomitem effi
lurum , tS brine natura trdmem ubi fingis i&t-
tno>i:l m . &£c
Itrmpudef, p*j>et , pxnitet&f
i ttttra mt •

tnt o. Scir *utem , quod èie mibi folatii efi


y.t,d ilta tnetum fsnefeit.

SO-
DEL PETRARCA. lì

SONETTO
Ritrovato nella fepol cura di MadonnaLau-
ra in Avignone <Jel 1533- f
QUì gì acci ex quelle enfi» , c fe'hi offa
, Di quelP alma gentil* , *,ftl» in tsrra .

A (prò e dur (uffa, or ben tfre bai fotterra


Il vt'o cuor , la fami , e beltà fcoffi •

Marte ha dtl verde Lauro fvelta , e mafia


Frefca radice , tf '/ premio di mia guerra
Di piatire lufiri , e pilt ; /' ancor non erra
Mio penfier trip" ; e H c biadi in peca /'offa .

Felice pianta in birgo d' Av'gmne


Nacque , e muri j e qui con Ila giace •

Ma penna ,e'i /Ut , /' incbiofìro ,el* rag* me .

0 delii ali membri , 0 viva face ,


Cb'aacor mi cuofi y e fi reggi! itigimccbtont
Ciafcunpregbi'l Signor t' acceili in pace ,

Carmina Petrarca in Funers Eie-


ila; Macris»

funSìiffima^antum^
SUfc'p e fciK'reum,genstrix
Aiqt e aure: adv<-rte pìat ,
(ìp'ism'a cai»
Dignn fere»! vinus , aliot non fp-.rnit bi-
noret ,

Ql' ^ P°M' cear <*


? oc ^ v ^ut ^ss
Ti'flint is
C 1 Rgna
non ha errore c-nren dire che
t Se qui ,

I vili.t .
d Beccatelli 1
ella data della lettera
,!

[*chL- invece dii5«o debba leggerli i 552.


I qunndo quello Sonetto il Ga ritrovato 25- an
11

! avanti, colie esli afferma acanexiii' Un- 7-


IT. a c. Ivi. e poi alle xix.
1ÌÌ
Segna ti
VITA
Mi Uh 8* Dei tam mmìne^ quam re,
Sic quoque perpetuut» dabh bis Ubi nomiti-

bonefiat
li vfa rum a le Branda eh itti , pìetofque fu.
prema
Majeftafque animi , primifque incanta fai
onnis
Ctrport tam tximio tiulUm inte'tnijfa per
horam
Ttmpur ad extrttnum vita notlfftma clava ,

Cura puditiiite , faci e miranda fub il/a .

Jam brevis inno firn preferir tiii vita pe-


raSa
Effitit ut pepati manear narrando futuro ,
^Eternane veneranda betti i 3 mibi f.enda-
que femper ,

21 ec quia configerì t quìeqUam libi trijìg ì


dohmttf ,
Sed quia me , fratremqut , parerti dukif-
fima > f*ffot
TytbagitA in bivio , & rerum fub turbi nt
Unquit
Tu tamen i tifi abi lem , felix o transfuga ,
murtdum
J*fcn fine me frigi e i , net (labi e foia feputì
ere
Egrtgiam enater fi qui tur fortuna telici a
Sptfqu* dirnut , Cf curila animi folatia rtO~

ftri .

Ipfe ego jarv fa»» vi de or m'bi prefìtti eodim


Jìtie modo panca quide peclus teftanlia m&- m
fivm
Siila veli-m , ftd plura aliai ;
fanclofqae
per amti
Ha e tua y fida pareri? y refc/tabit gloria
lingua ;

Bat
DEL PETRARCA. Vùi
Sa( hnpim exfequias trUuarm t'tbi
\ fopi~
caduti
Cor perir int trituri* ,
<pioi aibuC w'gtt > »f fi-
nta , fub qua
fimi adbsc ;
gettar ì* , cutn jam tomprtffr-
ril urna
Un ttiam cintrtt ; nifi me peemat imme-
. mar atas ;
V'tvcmus pariter., pariter memorabimur ambt .

Sin aliter fcrs dura parat ,


twrfque invida
mftram
ExjhnMura venit fragili <um (c'pire ftrnatn ,
Tu falcerà , tu [da , precor , f e/? fa'
perftes
Vive wr irmneriiM noctnnt nbliv''* Letbee
,

y tf:cuks
t libi nane tctidim ,
quot prabuit
annts
Vita , datmis : gemitìi! eetera dtgna tu-
lifti ^
Bum fietit ente oculot feretrum mìf«rabi!t
noilros ,

At licuit gelidi f Ucrìtr.as ittfundtre membri? »

Il Fine della Vita del Petrarca fcritta


da Marfignor Beccatelli - <

COM,
J$ M PEN DIODELLAVITÀ!
DEL PETRARCA,
Fatta dd Sigg.

GIORNALISTI D' ITALIA


Coli' occafione di riferire la Vita dello
«
fteflo P-„eta. fcritta dalChiarifs. Sig.

LODOVICO- ANTONIO MURATORI


Pcflù a carte 1S6. del TomeJflII,
del fare Giornale .


m ~\ r ir venticinque Autori hanno ferirti
di
t
a
J Vita di Fra n ce! co Pe
diftefiiiiente la
Non può negarli , che tra lo
tr<jrea .

ro no vi fieno moke coutradd zion


;

sì e're:r,ri, come n<.'fatti; e che quella


:

Li quale è .ì il ijui compilata, dal Sig. Mura


,

tori non (ìa una celie più efatteche abbia


mo , comecti? a m/>'ti non ninccia iì tralafcia
mento del e cit «zi ai >. e de* fo..ti , fu' qual
egli ha fondatadi qu^n loia. quando lafua nat
razione ..Nacque qpsfto fublime insegno » pe
dirne '.ua'checofa. ;n riftretto» il dì 20. d
Luglio (1) del 1304 m ^ rezzo nel Boryo dèi
to comunemente dell'Orto Suo.padre fuSe .

P trarcc. Notai) Fioro «ri no ; e fua madr


fu fborj dubbio E tetta de' Cani giani, fi-migli
altresì di Kreriz dicendbegti ftefloelpre
.

fame-itb in.que"verfi latini-', che e' lece i

mot-te d'ella meJVma >, EL.ECTA Delta


,
qfiam re . \ fuoi gen-kori che erari
,

delia fizionè de' Bianchi recarono efilia


della
ÌAalamsnte -altri porgutu- il di: 1, Ag<?jie
(1.)
DEL PETRARCA.. W
cella patria d i quclh de' Neri , che vi rimafe

1
" condotto da loro in Avignone ,
circa fu
fpcranza di ripa-
avendo aià elfi perduta la prima i
fare Aveva e°li imparato due anni Cala-
Barlaamo
Si clementi dal celebre
Bafiliano, e poi Ve covo
di
£, Monaco
padre Ji4 lo man-
GeruV Da Avignone il
. )
;

dove ip quattt
Sin Carpentraflb allo ftudio, "tronca, e la
t apprefe la granitica , la
Settica S
ni
e altri quattro « «J^J
allo Audio del.
Mompelieri (1318.) intorno
Giovanni d An-
fotto la difcipHna di
proba-
to da PiQoj. , cai quale é
e di Cino
infognata l arte
che gli foffe Umilmente
bile
E» rimare nella voigar lìngua
1

Kfaeccellentiffin». Pafrò
quindi Bob- »
qui;
ina7.7* ì ) » eper tre anni applicò anche
fuoi mete
El ò'ftudio kgale,
BartobmmeodaOi-
effendov
Kevanni Calderina, e
I lungo tempo ,
ma tuttoché vi fpendeffe sì egli non vi fe
, vfofle cotetto dal padre,
"
- progreflb , non già per
mancanza d a-
.rati
il fuo

* \
1, ma per non faperyi accomodare
alla elo-
Lio troppo inclinato alla p^ena

(15x5-) de
Neil' imo ventelimowmo
L '
\
'
etàun, cflendoglilucceflivamence
LiUnuori
mancati

ritornò i» Avignone ,
ditneftiCi aftan.Nel fuo
W
Ella necemtà de'fuoi l

E?, ) ritiro di Valchiufa,dove fi era compe-


o ui 'orticel'o con
una piccola cafa.s mna-
t

• ideila f.a Laura, la


quale era
voiendtfalt»r
W*|-
Imi^ia in Avignone,
nobile
S a^ykrl^: An ? o il Chnfau
,
e altri che iole della
isgnordi Cbrieres ,

.V
|
In OOMP. DELLA VITA;
cafadiSado. Intatto i! tempo, che queftj
che Sa fino ^11 6. d'Aprile del 1348.*
vifle-il i

anche dopo la morte di ella durò!


Slitti anni
amori; del noftro Poeta , e quindi prete moti,
vo di fcrivere la maggior parte delle Tue coft
volgari e parte ancora delle latine N5 iftettt
nondi meno Tempre fermo tra lefolitudini di
Vaichiula. Non iftaremoqui a riièrire tutti i

uioi viaggi &tti principaiminte co' Signori


Colonnelijde'quali fu intimo amico e dimetti,
co B.tfteràfolamenteaccefnre,cfie egli acco-
modatoli al fervigiodi Papa Giovanni XXII.
fubensl adoperato da lui in moki graviiìimi
a/rari non meno in Italia , che in Francia
; ma
non ricevendone Za ricompenfa dovuta alle
lue fatiche, e conforme a'fuoi defideri , ciò lo
fece nfotvere a far ritorno nella fua folitudi-
rte » dove compofe tra l'altre cofe gran
parte
del tuo Poema (i_34i.)del Africa per cui con
,
onore per tanti fecali difufato ottenne dal Se-
nato di Roma nel Campidoglio la corona di
alloro, li 8. Aprile dell' anno 13.j1.Le par-
ticolarità di quefta inftgne funzione, alla
qua-
Je fu invitato nello fteilo giorno e dal Senato.
Romano, e dall' Uni verfità di Parigi , furo-
no in gran parte deferitte dallo fteflbPoera in
alcune delle ine Fittole ; * efene ha una tal
qua! relazione in una Lettera, che v a alle
ftampe fotto il nome di Sennuccio del B ne
,
Fiorentino , Poeta contemporaneo al Petrar-
ca di qualche grido ma che noi crediamo fi-
:

eramente efTere invenzione di autore aliai


più recente (t) e forfè di Girolamo Marca-
,

celli , Canonico Padovano , che pretende di

* OffervaV o„ e .
* (,) Vedi
la Vita fcritu
«al Beccatelli a e xix.
DEL PETRARCA. Iva _

I averla primo pubblicata (i)nel in cui


la diede aiie ftampe s indrizzandola a Pietro
'CnlbO) gentiluomo nobitifiìmo Veneziano
Gli argomenti incontraftabili > che ci hanno
',

I icdocti a darne quefto giudizio , fono moltil-

fimi e tra quefti primieramente lottile, che


;

I nulla ha del Fiorentino, e nulla della purità


del iecolo del noe. in cui è vivuro Sennuc-
cio Secondariamente il vedere 5 che ella ri

£a fcritta dal detto Sennucci i al Magnifico


I

Cm dellaScala , Signor di Verona , il quale


I

! era già morrò fin nel i 319. dovechè la lettera


I rinverebbe efler data nel 1 341 in cui Martino
I ed A berto della Scala fignoreggiavano la cit-
I radi Verona In cerzo luogo vi fi ricordano
.

I per entr i le Stanne volgari dì FUono Vi iJ^rJa


I £%«f/>,cioò a dire di Gio.Filoteo Achillini»
I auti re del Gridario in octava rima , ftampato
in Bologna nel i th- nel qual tempo il detto

"I Filo'eo oer l' appunto fioriva OiTervi;imn in .

Iquarcoed ultim luogo, ebequivi verfoil fine


i

I delia lettera fi dice > che M-fler Cino da Pi-


Ifioia lì era tok a fare in verfi la detenzione
>

ii inetto trionfo del Petrarci;ma corine ciò po-

teva tar Melfer Cino, che ci ique anni primaj


3 dire nel
*
1 fece ^ ;6. era già >.,([., to di vita ?
,
1

r. Gli anni feguenti furono da lui con'umati


incootinui viaggi In Parma > dove fu Arci-
.

diàcono della Cattedrale ( avendo egli fegui-


tìto l'abitui e 1; oroterlìone teck lì attica ,
Jinza p r ò .nai bblig irli all'ordine detSacer-
dozie) fu m
Ito onorato da Signori di Correg- i

giole ni v (limo incappo! intima dai Re Rn-


1

M'to,e r> 'i J ili » & gioa Giovanna^ 'la qua-


le Gip icTano Regio fu dichiarato. Efìe-ido in
c 5 Ve-
| (•) P^d- e
P '.J
"t*p* T'brìffl" 5 I 549.
tviii. COMP' DELLA VITA
Verona., (1348.) dove Sigg. delia Scala io
i

amarono diftintamente , intefe la morte del-


la tuaLaura; e di là trasferitoli in Padovaj
vi: trattenne fino alia morte di JacopoIF.q|
fi

Carrara i (^«" ''',/'-)Sig»or di efia,che io ebbe più


:

di ogni altro in benevolenza ed. in pregio:I>$


gM?»V,.dice il Sig. Muratori , ti* irdajfe lai *
icma 'fcne del 1 349. alla Corte d' Avignone doti
:
:

fermò per f ià ««^.-fopra.di che noi av vertire


fi
;

mo il paffa.^gio i lettori , non efTer vero ch(


del. 1345. feguifle ia morte di Iacopo dà Garì
rnra-mentreelia per tefiimoiiio di Pietro Pàté
Jo Vergerio il vecchio, che fcrilìè ie Vite de
Principi da Carrara , non mai divulgate (m
avvenne il 19 di Luglio , fecondo altri li 19
Decembre tdcl 1350. e non effer veroaltre
sì 1 e he -per più anni fi fer mafie in Avignone
poiché Tanno medeumo,aixhe per teftimonii
«lei noftro Autóre, fi portò in R'om?. alla divo
zione de! Giubbileo quindi! rifpafsò a Val
,

chiufa,dóve dimorò fino al 1 35*. in citi; anno


jatt.fi.déJia fua fo! itudine, e richiamalo di qn
da'monti dall'amore che aveva ali; Italia ,j
fermò in Miiaro ai fervigio dè' Signori Vi
fcontijda'quali.quafi per io fpazio di dieci an
ni fu adoperato in graviflimi maneggi^ man
dato più voite A mbalcladore a divede Corti
e Sovrani. Il.rimanente- delia fua vita fu ti
continuo viaggio ; finché verfo il 1 37.0. ftanc
del mondo, e cagionevole di faiutes; per 1

vecchiézza,come per la poco buona coftituzii


ne del corpo , fi ritirò in Padova preffo Frai
cefeo 1

(1) Z. e fiam$ «Itimatrrnt* in OlUtid* Pit


ir» Vandtr Aa nel Tom. Vi. dei fuo Tefirede}
le A ntichità t Storie d% Italia ..

t, Vedi a. carte: ixxvi,


DEL PETRARCA. Kx
fco il vecchio da Carrara Signor di ella , dai
quìle ottenne mi Canonicato , e un luogo Ioli-
I tario,e anzi melancolico, che delizioic,
nella'

I Villadi Arquà, p»fta tra i monti Euganei, e


! dittante dieci miglia da Padova » diiponeu^
[
Bbfiquivi alla morte, eh' e' già ientiva vici-
ti, edallaqualefu fopraggiuntoinetaaan-
ni 70. li iS. di Luglio del i374 comechè
noi!
|
I manchino graviflfi mi fcrittoi contemporanei
,„ fcrittori

«..ofteflo, come il Gartaro , e "l'Autor


del-
giunta al Monaco Padovano , 1 quali la ri-
la
pongono ali i 19. del mete ftefio di Luglio .
Lefueefequie furono onorate dall' accompa-
gnamento dello ftefl'o Signor di Padova, e da'
quello del Vefcovo del Clero , e di tutti gli
,-

'ordini della Città, e dello Studio.


L'Ora-
jfion funerale gli fu recitata
da Frate Bona-
ventura Badoaroda Peraga .dell'ordine Ere-
mitano , fuo grande amico , che poioa
la-

Cardinale , e per la fua bontà di vita annove-


rato poi fra' Beati Lnfciò per rettamente» d
.

elTer fepolco in Arquà , e Francefcuolo


da
Brattano fuo genero, e fuo erede, la memoria
1367.-
'fcp'olcrale fe porvi . In vita , cioè nel
ji'es fitto dono alla Signoria di
Venezia , per
Mima grande che ne fàceva,e che quella al-
tresì faceva di lui,di una parte deTuoi
codici,-
Klti de' quali fono andati a male col tempo -
Riferiremo a quello paffo una còla , che per
effer affai fingolare , e non narrata ,
per qmn-
foabbiam potuto avvertire, da alcuno degli-
Scrittori particolari della vita di
quello Poe-
la, ftimiamo , che la notizia non poflà elìer-
je al pubblico affitto difeara L' anno : ?73'-
.

rrattenendofi egli nei Padovano^ Francete^


E Carrara determinò di
e
mandarlo infieme-
& con-
U CO MP. DELLA VITA
con Francefcoi! giovane Tuo figliuolo. Amba
fciadoreaila Repubblica Veneziana pef ott«
nenie la pace In una Cronica antica irunoi
icricta(i) della M
trca Tri»giana,!a quale aH
c

riva fino al T378. nel qual tof no la giudichici


ino anche fcrkta , fi leggono quefte parolòa
1 373- Marti a i 7 Settembre Franeefco' Novell*
.

da Carraia fio de ¥ rancia vecchi-) de o'dinà


del padre andò a Venief.a ccn Frantelo Petrar*
eòa e moki cavalieri e -tentUbuomeni Padsani j
fumo molto bonoradì; e ìntrodntti a la Afdie/iti*
la -ruobia «: 9 Sepr. Francejco Petrarcba feesfè,
.

oratitn in la qua! Francefco Nfftlo a boeba da


mando pedonarla a la Signoria de le ini urti
facli In Demine Ira a j. Ottttbrio rito- no a Pa]
.

dg,i con lì prifoni. A nche Gio.


Jacopo Caroldoj
(i) Segretario Veneziano, ne parla in quefti
rermini nella Tua Storia non mai ftàntpatas^B
H 17 (Sett. rm ) gionfe a Venejìa ti Sig. Frate
ce/co PI avello da Córara figliuolo del S 'g dì Pai -

aoa , col qu ii? venm /' eccellente Posta Afcjfl


Framefco Petrarcaiil gior»r, d,po udita la tA'ffa
'

fu introdotto ntliaSala del Maggior Ctnfclio.fe*


ce riverentia-alì' Eccelfc Duce , <éf Illuft'ift .'Si •

gno'ia^e dipoi Hai Petrarca hebbe ritritata V ora~-


tt*m in laude della pace ùrruttijjtma ,HS. Fratt*
Cefco Novello dimandò pèrdono Ber noWt del Sig,
fuo padre di tutte P ingiurie & ojftfe fatte ah
la Ducal Signoria fecondo la forma delia pace] &
alla partita ftia gli far no dati in dono Ducali tre*
cento.Nel recitar che fece il Petrarca la Tua
Orazione accadde ana cofà notabile, ed, è»
che
(1) N'Ha libreria del già Prot. e Cav. Seba-
fliano Fu/carini ,

(z) Ttfit a penna del fu Sig. Btrmrdt Xri-


v'<\anQ .
DEL PETRARCA, fii
Vene-
ck quantunque più volte iodi- ftato in
zia, e avefie veduta la maettà del Secato'
Veneziano , pure in dover parlarne alla prfrj
in tal
fenzafi fmarrì nel mezzodeii'orazione
guiia, che non potè dirne
parolai ondata
t>ecefl'.irio rimetterne ai
legueme giorno i
udienza , nella quale egli perorò
con tal for-
za di eloquenza, che
ottenne al Sig da Carra-
ra ed il perdono,e la pace.
La memoria di que-
fto particolare ci è tata
contentata da Andre»
de' rieduli , Cancelliere dei Comune di 1 ri-

vigi, neile lue Croniche Latine, (ij dove


-.ApuJq»»
air anno ..7 3- cosi ne ragiona
(cioè i Veneziani ) dum
Pat* , éT Ojatc, ***-
K , u , 6,'ven'jffti i" fa Mtitai defec-t mvf acn
ehm , nam viti Seitatu Feafttnm obfiupxtt ,
minut H uam Cima ad RomanvrttmMtuto*»
fyrrbo tb he malte'am O'em PM-
od thuf*W» /«/-
U atqtu Oràtoit *X'»iii oratio

ftfn\ vi cojuf pax ipfa formata unta*»** \*


4 ,

etminuu Mjfltum , q*od v fu &


auditu «Ai»-
:

'ancora fujtttHf ,
tium se extra omvs firafeties
manente
toamovit, ìnuinfrta !**** «tri****
'

perfidia. . - *

flwtore j|
Dopi aver terminato il ncrftro
del t-etrarca
raccolti delle azioni principali
mte coffe della fua vita operate , ci da
dur il
del Tuo volto .
«n ritratto e del &io animo . e
ferirti , e de ino
Parla de' Cuoi Ltudj , de'fuoi
Enici Nomina i Prmwpi , da 9«a£ta
.

ge erofamence onorai,
e «a
EattroSereailf.mi Dosi della ooftra Repub-
blica, dalla nude «li fu donata m vita un
abitazione, vicino alle Monadi.
Pai comoda
Tetiù a p^na in e.iftepeora ,
effunu tp
(,)
tr.tdefmo Bernardo-
puf» il J;jJ.
Bui COM
P.DELLA VITA DEL PET.
<ìe! Sepolcro . E
da notarti , che non mai fix
iivFirenze, patria de' fuoi maggiori .Defi-.
deràdi eifervi rimcffo , ma non gli IH fatta
ìa grazia , che in tempo di fua vecchiaia r
e quando per le fue indifpofizioni non era più
atto a porli in cammino Non lafciò non per-
.

tanto e di amarla e di-onoraria ne'fuoi fcrit-


,

ti j conùderandola femore mai com^ vera e'


Angolare fua patria Finalmente- fi regiftra-
.

no in fine di quella Vita gli Autori principa-


li, che l'i mno descritta - o che hanno illba
ilrato feri me di. eflo , e le fuecofe volgari M
Altre notizie fpettanti al noftro Poeta fr
„.
3) pofT>oo leggere nel Tomo Vi. a carte 493..
-

„ ne! XV. a c 17*. e nel XTX ac 252. del--


~, lo Hello Giornale de'Leueratid' Italia: ,» .

TESTA-
TE S T A. M E N" TO -

D I M.

FRANCESCO PETRARCA
Tratto* da' Comentaij d' Aldo il Gio-
vane fopra il' III. libro degli
Officj diGicerone cap.X.

de- eo mecum agitarti de quo ntm»


SJEpe de
. mmiS) paucifatis cogitai , novifft-
cogitano «e-
miifcilket , ac.de morte; qua
auefaperjlua- ejfe potejty «eque ftfiv- mmmm
m, cum&tisors omnibus certa Jn, (yborff
incerta ;. utile: ,
r.iortis &
honefium credo ,
entequam memors impediat quia tnorsipfa, ;

qu# per varios , &-ambiguos rerum enfiti fem-


vitebrevitatem
per nobis imftndeiu propter
pocul efìe non poteft ; nane. Dei gratta , dum
carpare fimul , atque animo fami
(um , de
meipfo , ac de rebus meht-:p.ndo
difconere ..

quamvis (ut verum. fatear ) tam parvs


res
pudeat me
Bntme*', ut de ipfis quodam modo
Mari feddivttum, atque inopum cunt de
:

rebus licei ìmparibut ) pares funt .


Vtkigt
(
banc meam volìtntcttem ordinar e\ ac fcri-
tur
ttù committere , propter & quamdam b ne-

fatem; &cb id maxime , ne: de bujufmoù


rebulis meif\ propter mtam
ixcunofìmem ,
pft mtum
obitum litigetur. In prima anir-
mam mtitm' peccatricem , fed Dirttfm
Mmcwdiam implorante/» & de ili»
UW TESTAMENTO
feranttm , recomtftendo bumiliier JESO
CHUISTO : eìque , fiexis ipfiu-s animai geni'
bus «f dfe crsatam, fuiqse fanSìjJìmi jan-
,

gUtJtif pretto ffdemtOm , protegat , afftj'tts j itp-


plico, nec pìnnittàt ad Quorum manta boftiuiH
pervenire Ad hoc etìam auxìlìum beatijfimdl 1
.

Virginis Aiatfìs fu£ , &i forffi Mtcbaelis Ar-


cbctngeli , rsvereister , acfidenterimvhro ,&>
S nnBorv.m reliquorum quos intercelfoz-es apud
CHB.ISTUM invocare Cumfolitlts, oc fperare .
Corpus autem hoc terrenum.cc mortali , «eè/-. ,

/;aw> grave m fascinar» anirr.orum , terree, unds-,


erigo eft fibi , »o/o reftttui Et hoc abfqite anni
.

pompa, fed cumftimma bumi/itate , ^


Bione,quanta efìs potsfi. De quoberedem mium^
Ì3r> amicai o>nnes rogo , cbfecro , dy> obte/lor I

1/51 i)£(Ì!irovifeera mifericorditf Dei mfiri ,


pfr cantatem , /» ^«a/« ai /»? umqua-n bit-
é?«
ncque faifi fpe honoris boi- negligant i
bu-erir.t .

* Cum fic outnino me deceat ^ ac (ic velim: itd


tit , fiforte ( quodflbjtì ) contrafece int '
, r?-
ìieanmrVco , &
mibi de gravi ut, iu[que of-
fenda in diem JuJicìi refpondere . Et b$c qui*
dem de domoj (cultura hoc addito , aa&d <rtd:

mymefieat^ nemomtbi lacntnas ,


fedpromf
Crsftopreces , £$1 qutpotejì ,
Cbùjii pauptri-
btts carttatem /irò /»;? ora»'? monitis porri-
,

* Noti ftiìaciò equità la pia intenzione


del Petrarca, efientioli k>rf<; ad eflai derosà-
to per pubblico fn-creto , a cui iì farà (ap-
porta la volontà de! religiofiflìmo tenitore-
non contraria . Vedi ìa Vita fcritta dal Sec-
caceli! , .3 enrte xxvii.
DEI PETRARCA. hv
git. hoc mibi prodeffe poterit : jietus autem
fa defunclìs inutili: , iy flentibus eft damno-
fas . Ve loco ameni non mcgmpe-. e curo . Con-
ttntcr poni ubtcumque Dea placuerit , ÌS" tis
qui bave curaiwfufcipere dignabuntur . Sita-
menexprejfius mia de hoc voluntas exquiratur,
velim Jì Vaduat , ubi nunefam , ma-
[epeliri
ttar , Auguftmi , quam Fratres
in ecclejìa S.
Tradicatores tenent quia he ut anima me<s
: &
iratus , )acet f Mìe is qui me plurimum
dilixitjnqucbas terra: pits precibxs attraxit i
pdclari$\m<£ memo) ice J-rccbutde Carrarìa ,
fune Vadug Vernimi: fi autem Arquads^ ubi
:

i turali: babitatio me* eft diem claufero {y , ,

\ mibi tantum conrefferit , qticd valde cu-


J)tui

laio, cattllam ibi exi^uam ad honorem Beet-


Wmm^ Vnginii Martin e>ftrue>e 3 tlhcqlit je~
\feltri eligo , ahoquiv ivferiut , in ali quo loco

bone/lo , ìuxta ecclefiam plebi: S:0 Venetiis .

htrùr, poni volo in iocoS. Francìfct de Vinca,


Ulte ante efitum ecclefig Sin Medio!ani , ari- .

ti ecclefiam E. Ambrojìi ,
]u\.ta primum in-
troiìum^ qui civitati muros cfpicit. Si Vapiis ,

ìitiecckfia S. Augt fii' i ubi Fratnbu: vifum .

ìfuerit. Si autem Rcm<e. inecclefia S. Maria

\
Udori: T>elS. Vetri, ubi eritooportunius,vel
,

ijsxfa ecclefietn hanc.vel illcm ficut Canonici!


mcebit Nomi' avi loca qutbus per Jtaliam
.

utnve>[ari foleo. Ac ,
JiParmg, iti ecclefia.

major t, ubi per multo: annos Archidìaconus


'fui i? utilis , iy fempe fere cbftns
- Sin ubì- .

itmeue terra/um alibi , in loco Frattura

I
t V. a cane Ixxv,
Txvi TESTAMENTO
Sfinorum, fi fi t Hi: fin miniti -, in quaeumj,
qit; alia ecclefia , qua: vicinior fuerit loc&
mortit- H,-ec de [spulerò ,
^/«r/* fattor qt/ani.
vi-um aeBum cieceat , ab indetto dìBa fint .-

Nate eccedo ad dtfipofitionem earum ci-sw


qua: Decantar bena bomir.is cum potila frfp? ;

fint impedimenta arami . Et primo cuidem*,


buie S. Ecctefiae Paiuana , unde percepì &r
commoda , £sh bonores , ordinavi animo iam-
f rider» pujillum terra: emere , <jko^ eidem te~
filamento dimìtterem , pj^tff adfummàm quin->
que mille (31 ducentarum l hrarttm bujits par^
ds moneta: , w.V , pojfem fi?d ad :

hane ufiquefummam babso }am verbo /ice»'


tiam a Magnìfico Vadua X> omino T>. Francia
feo de Carraria ,
quam mea , yet
vel in vita
poji obìtum ,
quotiesqucw'docamqtie pe-
, feti
rita fuerit, daturwn non dubito ; ucut ìl-
effe
htm , cuj'nr non acius modo , [ed verbo mul-
tavi babear.t in propojìto firmìtstem buiufimo*
.

di autem terrai» hc.Benus , intsrvenìentibar


a Hit expenfis , emere non vaiai . Si ergo ipftm
e mero ^ ( ut [pero ) faciam in hfirumente
tmptìonii poni , quod ipfam teneo animo fm
lìnquendì Ec eiefio:: ex nvtnc ita facio .

{hìamv'u e'iuj'dem terra fitum non pofifiim ai-


bue in [eriptis inferere Sin autem (quoniam
.

xonnumquam propter pecca-


pia: voluntatts
,

ta borninitrn deduci nequeant ed effeflum )


,

àiBam terram emere vel propttr imootentì-am I


Del propter negligsntiam omisero , lego ipfi
Ecclefia Paiuana: due Atos due ex tot auri' ai
smenimn cliquantulum terra , ubi melius fieri
pois-
DEL PETRARCA, invìi
peterìt De cuìus proventibus pe>t>etuum * an-
.

nìverfariutn emma me£ fiat Et ipfi Domino .

fuvplieo,fi tuncvivet [ficut cupio (s*Deum .

prfcor , ut 'multo* pofiea per anncs Iztus , isn

felix viv.it ) velfi (quod Deus avertat) tune


afe non viveret precor alium quemcumque
,-

penes quem rei buìus trit arbttrium , quèttnus


cb reverentiam B. Virginis ,« fa* mei , licet in-
digni fa>pufilli bominis, refpeBum , concedili
he fieri ; & decretum fuper hoc fuum favo-
interponiti
rtthiliter Lego autem ecclejtaapud
.

cnimfepsliar ducatos vigiliti aliìs autem ec- :

W$is quatuorOrdinum Meridie tmtium (h ibi


fuerint) ducatos quinque prò qmlìbet Pau- .

peribus Cbrifti lego centum ducatos , difiri-


buendos ut videbitur Presbitero ]itn> i Abocbs-
ha, cufiodi Ecclefi£ Puduan.f : fa*' hoc , jtbic
mriar: fi" alibi , ai arbttrium proelari ec-
Uefifi illius in qux recotditus fnero ira ta-

mn , ut de di3a quant itati nullus ultra fin-


l'tulos ducatos accipiat T,anjeo ad difpofi-
.

tiotiem aliarmi rerum Et prò tlìo ìgitur Ma-


.

gnifico Domino dimitto tabular» meam , five


B. Virginis Mirìx , operis "Lotti , pi-
icona/a
\ Scrii quje mìhì ab amico meo Mi-
fvregiì
,
Vannis de Ehremia mijfa eft
sfatti Cujus .

pukhfìtuiinem ignorantes non inteltigmt :


ìmagift'i autem Ortis ftupent Hans iconam .

mi Domite Magnifico meo lego . ut ipfa Vir-


U benedica fibi Jitpropitia apud filium fuunt

f fedelmente anche oggidì lì p-a~


1

I II clie
: tic?, in eniefta Cnru drale addi 9. Luglio 3 o in:
altro giórno da'maggiori ufficj non impedito •
ixvììi TESTAMENTO
JEfUM. CHIÙ JT UNI . A mie ir minorisi
ttts ,
fci.icet cartffimis mibi , libeattr ma~

gna dim. tterem , fi facuita* effet uberior : feffl


affecìum librabunt . Magiftro Donato de Tra*-
io ffetet i ,
grammatica pr&ceptorì , nttne Va*
Vttiìs bxbitanti , fi quid mibi debet ex mutuo ,
quod quantum fit ,
nefeto; fed utique parai»
ejì ; nmnto , & lego : oec volo , quod beredi
banc ob oauffam ad aliquid teneatur , De equis
meìs ^fiquos babuero in tempore tranfitus mei ,
qui placuerint Bunzanello de Vigumia ,
l.umbardo a Serico -f , concivtbus VaduA*
vis , volo quod tnter eos fortiaatur , quis
priftium tlìgat quìs fecundum
, Et preeter .
'

èoc 3
ditto Lumbardo , qui rerum fuarum cu*
ram {

T Lombardo Serico fu Padovano , e uomo


afsai c'qtto , edifcepolo del Petrarca » cime
a panicene]!' Epitaffio che di efsofr legge in
'

quella i:ofrra Cbieia parrcchiale di S. Lucia ,


in cui nell'occafione di rifabbricai la quarti
anni pa sati , fu trafportato dalla fmiftra alla
àe&ta parte dell' altare di S. Giuleppe ; e per--
che fi dura gran fatica a leggerlo , sì per l'an-
tichità] co. i.e per certo altro impedimento,
in grazia degli amarori di ùmili degne me-
morie ] qui lotto !i dà alquanto più corretto
dì nueUocbe pubblicarono i Raccoglitori del-
le Padovane Iscrizioni; avvertendo prima che
coftui fcrifse un libro de Bono Solitudini ^ftam-
patoin Padi-.va Panno 5 t in 4. eunSnp- 1 .

p'emento all' Opera del Petrarca de Viris 11-


lujì-ih-.it , (rampato infieme con efsa più i'olte 3
e in diverti luoghi
DEL PETRARCA, hit
rem depofuit , ut res meas ageret , oblìga-
ium me
tucr ducati*
confiteor in centum &
trigintaqua-
auri, fa fòliditxvt. qitot ex-
pend.it in utilitatibus meis : {9, multo am-
plia j : [ed , fatta ultimo inter noe omnium
ruttane, diB<e quantitatis [ibi debitorreman-
f quam fi ante accepent , ( fictit fperù
:

cito facete ) bette srit : alioqutn volo , quod


beres msus ante omnia fibi fati sfac tre te-
rteatv.r : de quo dtbito cbtrograpbum meum

btbet , quod refiituat beredi meo ipfe Lum-


bardus Item lego tpjt humbardo fcypbum
.

meum parvum ratundum argenteum au- &


rstum cum quo bibat aquam , quam li-
,

hnter bibit , multo liber.tiur quam vi-


,

tum : Presbjtero aatem foanni jìboche-


it , cuftodi Ecclejì/S nojìrat , Breviarium
meum magnum quod Venetiis emi prò pre-
ti»- librar uni centum : ea tamen lege il-
lud ei dimitto , ut pcjl ejus obitum rema-
mt in Sacrifiia T?aduan<s Ecclefa ad obfe-

quium

0 Regina hcts almte (iderum ,


i IntnUa parerti
putrpera -virgo ,
,

Salutìfque aoftrte d'gna propaga,


Parte , jam parte mitijjifna , quafo ,
:

animata Cbrifi:. redde , benigna ;


Et mifenre tamntis Qtfaam .

• Hoc Epigramma , ItHor implorar , , buie fa-


'ti ammode: animum Deamque ult'o ;
igrejctre
ma vati f Petrarca auditori Lombardo Patavi-
tt , qui diem
faam tlaufit extremutn MC C'C nt-
M'firno, Die XI. Utnf. Aug,
Ixx TESTAMENTO
auium * perpetuum Presbfterorum , ut tpjt
Vresbyter J nanna , «rent {fi eh p Ia-

) Cbnflum
cea! & B. Virginem prò me Djj .

jwnideCert Mo, feu Boceatio ( ufrffi


,

a ìf/.o 'um tanta viro tam modicu>» lega)

quìnquatinta fioretto)- auri de Flore-ria, pn


una t fi e biemali, ai fiudium , lucubrem
JhomttBambaH
Uefa* noBurnas . Uagftro
de Ferrarti lego Leutum meum
bwunt, al
eum fonet fon prò vanirne [acuii fugacis
huiem Dei <£tirni Vr<edi:U auun
£(d ad
3
.

amici mei de pa. vita te bujufmodi kgatorun


non me-aocufient , fai fortunam fiquid
ej :

fortuna . Et propter bunc tefpectuin difiui


,' rm
ad ultimimi quemprimumejje decuit
gtlìrum JToannem de Vundis ,pbyficum , afiro
&J
nomo-

* Jacopo Filippo Tomimlìni nel fuolibr


Petr **> b" Redhivtir, scarte 14;
ìllf itolato

così dice £ìh*nm quoque fwrvm aliava p*n


:

ikmd,M (cioè la Cattedrale di Padova ) «|


Brfvianumftttin
demhr,pfa\ in tujut Sacrario
twpur* too^num , ftfitnrvmufiù ixfe'vjr?
vi

hit, e dopo avere addottele parole del Ti


fomento fog&iu&ne immediatamente :
«*
fitibi (
doè'quel Breviario eh' oggid in |
:
1

vano li ce
dova da molti curiali forelberi in
Be-n f.ici» 1 Potav
ca) (</?-'" ed C*rcii S.
Canonici , umbora qui illud , dono imetr,
;
«hi cum 9***4 a
tum fata» Romam dtittUt
,
:

C^eraAp
fifa* ******* <f**f M**»**
fittiti ausoni
(tùjtlhm trmnfrt '» G'**
Montagna™ p4ffit«im *P»d ff« '*» =
»
}}t wrt*s+G*m
raro vUitV. C. Laurent ial %
tHtJarvifmvs 5
aliique viti fréjtpnUt
DEL PETRARCA, hit
xomcrum facile principe/» dicium ab Hrro-,

logia , propter tllud admirandtim Piantarti

opus ab eo confeBum qttod vulgus ijnarvun


,

Btrologittm ej]e arbhratur Cui (ego q'uinqua-


.

gixttt ducatosauri fro emendo


fibi unum par-
vai» anulum digito g'fiandum in mtmoriam
mei.Defacuita tibus autem domefiicisfic ordino,
tanbohmtfo de Senis qui iicitur Pancaldus
, ,
vigiKti ducatos ,quos non ludat.ZiUode Fio en~
M, doimcello meo, fupra falarium fuunt.fiquìd
fbidebetur, viginti ducatos Et, fihaberem -

flures, aut alios plures ,p,wcwefv? domìctl-


\bs, fupra falarium fuum , prò quolibet fio-
ttnos, feu ducato: x. famulis duos; prò quo-
libet coco duos Et fi iftì , ve! Ornici ebiif-
.
,

\tnt , vel domicela feu famuli obiiflent


,

,pufquam moriar , quod eìs kgabam , volo


,
p redeat ad beredem msum Omnium (ani .

honorum meorum mobiliai»


immobilium ,
, {9-
qua babeo & babiturus ubicamque funi
furti ,
9jtl erunt , univerfalem beredem
tnftituo Fran-
Wfum de Breffavo , flhim q. d. Avicoli de
modano , aver» Msdiolani , porta Ver culli-
ate. Etipfumrogo , non folum ut
beredem ,
M ut flium carifftmum
, ut p-cuniam quam-
bumque , ftve fit plurima five fit mhima
, ,
{(quia magna utique non erit) meis rebus ìn-
mnerit , dividat in duas panes , £?> unatn
ìpi babcat , alterar» numeret cui fcit mi.
mie , deca fiat , quod etiam me velie fcit,
pan ,
antequam ftniam banc fcrìptùram ad- ,

mdajunt; unum, quod modicum tllud ter-


fé quod babeo ultra monte: in cemitatu Vg<*
nujìni }

ma
f«tii TESTAMENTO
mfini
celti
, in villa, fc* eafiri
Cavaillonenfl , quia fine
dubio eani»
plus
HfM>» %
illuc vi etiam mittendo , qttodammodo
expenderetur., {«i»f») «»" ' fi
dmWi&«•i* « ufui pauperunt
7t Hó(pitalis
Cbrlffi . Et ,
jT/ortf
vel
«o»
flamo , ™lo,
HT« , 9
qM
piente aliquote* ,

f,*trsm » * R^
% ima* , & Petri i

&JideU
ir Jkebatur, i* fuit
m ibi wlde St, fi
velo
m fmm
objequiofui
,
,

jet ecru*
< 3
alter obitfet , ,

memoria™ drJt Moneta *m


»*CflF«
rum W «»

ìmmobihbui inVadua ,
illud ™
dÌQUm 1 uoihAhso trL
*J
territorio Vada»
[um
.

volo
w vel in pofierum babiturus
mòd fiiberedismeì w «««r ""M »f
« ,
: firf

L />, » < ? ?r *5l f <i/

to' f#mpb,tbeofi
vendutone, aut dono
aut quov
tiole, «ut perpetua e
nec etiam pigne-rari ujqui
ad con,
alio modo :

obitui computai
«km xx. annoi , a die mei
ordini
% quod prò militate ipfiut bertàis
5

QU ii»noranm rerum
labi poflet; quai «
libenter akenabit.M
Ifcne noveriti puto non
morta ci ,n
autem forte, quia omneslumui Fra
òmnìm ardo monendt, dtBui
ullus efi
avertat Veut) ai
cucui de Brojfano (quod
Lumbard
mt monatto- ; tane bersi meui efio
prtdiBus qui piane animar» mei
a serico ,

invùàfideliffimum expt
nivìt-. quem,*t
obttum B
ttw , non mmuifidekmfperopofi
ruTSteflamtntiy M
alterni ultima volur.
DEL PETRARCA, hxm
ih feu quocumque alio triodo melìtir vali'
,

marni propria Padute in doma


tura confcripfi
Ecckfia,
quam habito , Anno "Domìni
M.CCCLXX. Pridìe Novar Aprilis . Et
Ntcolaum notarium , filium q. ftr Bartbolo-
Wtgi ac Nicola um , filium fer Vetri, notar ios
,

kfrafcriptor ,
rogavi , prout in forum fubfcri-
ptionibui infrafcriptis eontìneiur Unum ad- .

da , quod ftatitn poji tranfitum meum berti


'

mtus fcribat fuper boc fratrt Gerardo P et rar-


efo, Monacbo Cartbufitnfi\ germano meo ,
qui efi in conventu de Maternio prope MajJ?-
:
Ikm, ut detfibi opinione m , utrum velit cen- ]

funi florencs attrì y an fingulis annts quìnque


,
^
veldecem, ficutfibi placsat Et, quod ipfc .

tkgtrit^ ìllud faciat

[
Ego Francifcus Vetrarcba fcripfi,: qui te-

(
hmentum aliud fecifiem > fi ejfem dives }
ut
\ i
mlgus infanum putat .

,
I Eumdem Petrarcham Bibiiothecam fuara
Reipublrcas Veneta; dono dediiTc ,
fcriptum eft in Tabularlo Ve-
neto hìs verbis

ll€z. (i) Die iv. Septemh.


Jj_
f~)Qnfiderato quantum ad laudem Vii ,
B. Afarci Evangeli/té , oc honorem, (9*
*
\mam Civitatis nofirg futurum efi illud quod
tjfertur per Vominum Francifcum Petrttr-
,^ éum ,
cujus fama bodit tanta efi in tota or*
^ Rime Petrarca , d be,

rtf
, (1) Vedi il Compendio della Vita del Pe*
trarca , a carte lix.
Ixxlv DONAZIONE .

he ,
quod in memoria bominum non eft ,
jorn?

din iste) Cbriftianosfuiff;, vel ejje pbilofopbM


moralsm, i^petam qttffcjfìt eidem comparò?
ri; acceptem chimo fm fecuitdum formata
infrajcri: ti Cediti* ,
tc>ipt<g manti fna : & ex

rune fit capttìm ctnd pi flit expendi dt Monti


prò d-.mo , {?> babiiaihr.e fua in vita e)us pei
modum cffiiìus ficut vtdebitur Dominio ,
Confi
liat iis ,
&Capitibui , vel majori parti : cui»

V recti* ato: es EcclffisS. Marci ifterant face-


re expenfas nect'jjai ias prò loco ubi debuerixt
repor.ì \ &
cor fervari libri fui Et eft capta pei ,

vi. Co'filiarios , tria Capita dex\. fci ultn


duas partes Majoris Cor.filiì. Tener autem
B<s Cedute talis eft:
Cupit Francifcus Beatum TAarcum Eva»
geliftam , fic'orijio infili fit plachimi , bere-
dem babere nefciò quo*, l'ibellorum quos nunc ha-
bet , vel eftforftan
babiturus \ bac kge quod li
bri non vendantur , neque quomodolwet diftra-
bantur; fed in loco aliquo ad hoc deputando
qui fit tutus (i ) ab incendili , atque imbribus
ad fuiipfius honorem , {s*fui msmoriam , net
non adingenioforum , nohilium Civitatis il
ìius quos continget in talìbu; delelìari , con
folationem qualemquakm , commodumper
petuo conferventur Neque appetii hoc , qm
libri vel valde multi , vel valde predo,

fm fed fub bac fpe quod poftea de tem


;

pere in tem^us fo* illa gloriofa Civitas alio


fuperaddet e publico , pn privatim nobi
lei atque amantes patria cives , vel fori
,
etiam.
(1) E il Tommaf, Vetr, Rrd, p. 71.
DEL PETRARCA, lxxr
I etktn (i ) alienìgen<s , fecutì e.xemplum , ìi-
I horum Quorum partem fupremìs fvis reUnqusnt
I itkntatibui Ecclifia jup* aditi*.; attut ita fa-
I cìltpoterit ad unam magna?» , is- fainrf« Bi~ m
I bliotbecttm, ac paremveteribus ^pervenni. Qu<x

[
quanta: g/orice futura JìtMi Dominio, ntmolite-
J
fàtui eft, puto, nec idiota, qui nefeiat. Quid Jt f
Vio,& Mo tanto "Patrono urbis noftree ctuxilian-
U, eontigerit , gaudebit ipfe t'rancìfvus , in &
Pomino glori abitur. f? quodam modo fuiffe prin-
cipium tanti boni Super quo , fi rei procediti ,
.

,
forte aliquid latini fcribet Verum , ut aliquid
.

plus quamverba ponere in tanto negetis vtdes-

tur, vuh hoc f cere qttod promifit , &C.


Vrof• interimfe» prò dielis librìs vellet unam
I I kb magnata fedboneftam dcmumjut ,-quid-
,

cuii de ipfo bumanitus contigerit , non pcjfit


ite ejus propsfitum impedir t Ipfe quoque li' .

Èkfztilftme moram trabet ìbidem , fi botto modo


E tofeid; hoc enim non efl ad plenum cerini prc-

per multai rerum di$cul:atis ; fperai tóme» .


J
! r d i f EIo-
I (i) Come appunto fece il Cardinal BefTi-
rione 5 donando generofamente jlla noftra
ferenifs. Repubblica rutti Tuoi prezioiì Co- i

jBici MSS. particolarmente Greci> raccolti da


I fui con grandini .no ̣udio> e difpendio , quan-
•.

* lanmì nuefts fieno flati collocati feparata-


-
msnte da quei donati dal Petrarca ^Vedi ciò
; che degli tini, e defili altri feri ve 1' erudirifli-.
- mo Signor'Appoiiolo Zeno > Storico e Poeta
:

; Ceiareo, a carte xlv. e feg ^. della Vita di


f M.
:Antonio Snbellico da lui fcritta e premetta ,

; Llle Storie Venete Latine di quel' Autore

Bell'Edizione Veneta in 4. fitta l'anno 171 8.


hxvi E L O G J

f E'ogium Jacob! Minoris deCarrariaj Pa


tavii Due. V. a Francisco Petrarc;
cop fcr ;r, t «ai j quod exftat in majori lacel
io feoi?li D- Auguftino in eadem urbe di
cari j ad lavarti

magni 4cmutafììa viro,fub marmo*? parvo


Ttsu paté' bic putrì* ,fpe[que falufque j aceni .

\Quifquit ad hoc faxam convertii lumina lettor ,


Publtca damna legenr , junge f recti iacrymis
lllum fiere riefui , [sta quemfuptr àlbero virtù
Sufltilit , burnjno fi qua fidtt mefite .
f
"Sìere gravem patria cafiam^ ra Sì smque ben fruì
Spem Ut et > & [ubiti i ingcmuijfe malis .
Qu rn pipalo , patri bufqus dticem Carrarìa nupt
Alma dtdit Palavo > Mori inimica tulit »
Julius emìcttini. coluit dnhedine tanta ,
C«>» /o'?^ b orrenda! befiièvr Uh futi ,

Optimi!! , («ifWf b't/ii i feMSer Jhtdivfus a ma ridi


Nef. iuf invidi* , confpicuufqut fide .
Erg» tttmor Jacohì fptciefum credula , bsjw ,

Nomi ni bus rari! infere , pofierìtai .

Anno Bernini M CCC.L. (jj


Z>>f XIX. Dctcmhris t

(0 Quefro mirmo decìde laquìfliooetoc


caca a carte Iviii. corregge ciò che fi dice
carte xxiii.
DEL PETRARCA, tewiì

legnino altane cufg tolte daW Fà'i{Ì2ve delle


K'tne del Petrarca falla in Liete da! Ri-
ti ilio dei j 574. %a iS.

T^TEl mille cinquecento trentatrè fu fro-


vaco in Avignone per la molta diligen-
za del molto dotto > evirtuofoM- Maurizio
5
Sceva in una fepoltura antica d una cappella
della Cbiefa de' Frati Minori unalcatpla di
piombo chiufa con un filo di rame , dentro la
quale era una membrana fcritrovi il già ri-
ferito „ Sonetto, ed una medaglia (1) con
una figura d' una donna piccioliflrmi da una
banda, e dall' altra nulla , ccn quefle lette-
re attorno: M. L. M. T. le quali furono dal
medeilmo M. Sceva interpreti' e A- : M
DONNA LAURA MORTA. IAtìE- Per
li quali indizi, e fcritrure è flato da molti
_con molta ragione creduto cheinquel luogo
forfè fepolto il corpo di quella Madonna Lau-
ra dal Petrarca amata Onde poi pafiando in
.

quel medefimo anno il Criftianifiìmo Re


Fra ncefco Primo per Avignone, per andare
aMarlìg'ia, ed intendendo, il fepoicro di
Madonna Laura edere fiato ritrovato , 1' an-
dò a vedere e, come magnanimo j e di tut-
,

te le virtù veriffimo padre , comandò ch'ei


foffe c di marmi rifatto 3 e di Epitaffi in va-
rie lingue ornato: ed, acciocché M.L. la
maggior gloria , efplendore che mai "fltefTe
é 3 rice-
vi) Gabriel Sirrìeoni a c. 14- della Illu-
«razione degli Epitaffj , e Medaglie anti-
che, ci dà una tal Medaglia con lettere de-
ferenti , cioè M.L. A. L. E cosi pure l'E-
:

pitaffio del Re a carte 5. 1


Ixxvìii E L O G J ,

ticevcre, rìcevefTej egli fletto un' Epitaffio


ornatifiìmo } edottirTimo compofe : ilqwal'e
co' fuoi pochi verfi le recò forfè non minor
fama che i molti , e rariflimi componimenti
I verfi
del Petrarca recato le abbiano cieli* .

Epitaffio di fua Maeflà furono quelli .

Epitaffio del Re Francefco Primo fopra


la Sepoltura di Madonna Laura

EN petit He» pvmjpit vter piatici t-eir


Ce 501 etmprent bs/iutoup par rensmmtf.
,

Piume , lab tur , U latigue , & le fjvcir


pwettt sainetti pur /' aytnunt de P ayrnee
Q geniiP-Ame efiant tari: eftitnte ,.

Qui te poutra (over 5»' en /« taifant ?


Cor la parole eft rojfttun reprime* T
Quand li fttbiet fummu le difetti , .

Leggon-fi ancora i due feguenti Epitaffi, pei


comandamento della medefi-ma M'aefta fiati
ia quel medeCmo tem pocompoAi

Julii GamilH Epigramma.

tlìtrt vita Ptete


LAura egò,/}tiit fiterar» Tufui
Laura ej>e } tuam i n vii* Tufcat atibat amt>f
Hic fine ban^re'-i'U fatai non cognata ,
q-amvit
Cognita taf minibus , (ulte V tt'iroba ,tuit
Jiulfut putpa- et r Ipargeb-it fin' 1 bar vrnmni :

Nvllus mitrati* f-rta d/>b*t cahthìt . i

Nane /</<^;
( F'atieijC i frd vi rf",& munere Rq"
Hét-tffVj efoiit eonfpitienda piis .

Del
DEL PETRARCA. Jxxi*

De! Signor Luigi Alamanni „

QVi gì aie il tronco di quel farro Laure


Che del Ttifco Miglior fa tale eggittc j
ovunque {calda il Set *? «jj/iè P edotf ',

Or dal Gallico Re , dei Citi tefasm


( Strido in pect ttr'rn vile , e neglette)

B di marmi e di (Iti riceve


, tno'e :

E ftmpre $ rami avrà fistiti , e freschi


Sili» r ventre immortai de' dm V rar.ee[dì

M. Gabriel Swneoni animato (eom'egM


dice nel fuo libro intitolato lìluflra\i»ne de°
(li Epitaffi, e Medaglie anvebe , a cartel 5. }
pi!' cfrmpio del Re Fraacefco L volle nel
palla r che fece per A vigoone rin novar la me-
rftovia di M. Laura , e 1' amor del Petrarca
j
IstcianSo al Sepolcro di lei il fogliente Sonet-
to) ed Epitaffio ì i quali ancora fi leggono
'fempaci Dèi lopraccitato luogo ,

Sonet-
km ELOGJ
Sonetto a M. Laura
cui corporeo velo
ALma leggiadra
l-ovo sì bella
,

il
il
Fiorati» Poeta ,

Ch' Enea foggiando ,


£/)W<? , e Damiti ,
,

Di te cantò pien d'amorale zelo; _

'f /wwf* »'» C"<«


Com'ei »' «r»)
, f

P(7/> ;
faccia fntfe >
«
e p>eta y 3
Or tfjé , »* pìanfe , fra timore ,

Eramofo non Cangiar natura, e pelo;


piacque,
Così io, vago di quel che a ini sì
gloria, ì
Della taa dico , ed immortai [sia
E de vofeo egrsor viva anco il mio nomi\
Con Pane iftffia che f* onera ecome,
E ebe meco , e con lui feir* Arno mc$A
'Laccio qui dì mi ire nuova memoria .

Di O. M. S. >j

ET MEMO RI A E AETERNA E
D. L A V R A£ C V M PV DICI. ,

T A I TVM FORMA F O fa-

to N AE INCOMPARABILI
I
S)

Q_ V A E T A V1XIT VTT ,

EIVS MEMORIA NVLLO


SAECULO EXTINGVI
POS SI T
R ESTITVIT VETE-
R. V M MONVMEN TO-
SI VM PEREGRINVS
INDA G AT OR
Gabriel Symeonus Fior, nii»
Idus Apriles

M, D. LVI1.
ChrP
DEL PETRARCA, hxxì
Chriflophori Landini Epitaphium Francifei
Petrarcha; Posrae Fiorentini
Quantum Pindarico vix debet Grecia pfaijre
,
Et quantum Latta vis tibi , Fiacre , iyra
;
Tantum E trr.fi a pio Co netflit Muf/i Pittarci) *
s
Quo celebri fama Lau'a pudica viret ,
Aliud ejufdem Landini.
Cantefli patrie Tyrrbtus poemata vtrjtt :

Cantajli Latte Punita bella pedi .

f
Si ne te rande finn VhabiafiPetrarcba formati
Sirie vate: Fefiuìa doitus inurbi vires .

Paullus Jovius in Elogiis Virorum


literis iiluftritim

FR/incìficU! ~Pitrarcha codem cine magìftrùqut


fitto Dantbe, Etr^fea lingua
fi: et>h;.ti:m eon-
pWarn piane, &
eerti r adornata»! nntneris
fa.
ginter exeepit , tanta ingenti file-tis d«n 0 *a
mllìtndo, <& fingulari fiuavitati v/triis msdis
f.e-
Uindo nttms'os , ut enatam dttdum , nix dttm &
[fti'ts ofilendtnttm eloquen.i/im^ngsnti cultura ad
éfolstta matwitatis fruii ita , fummumque idee
UrMie eleganti a fajìigit-m perduxerit : tamque
\UudetM fit confieeulus , ut in e» per/ti gena, atna-
Wrhque prsfertim, c/tfiìtate, candir, dukcdin: ,
nèil'um ptetiTum £f primss u'timus,, fanit a
fri fondode ter ritti, txtfìimetur $ed tanti viri
.

fiilium illudeni fortuna g'aviter fefel'.it quvnt


,
iti éttrrut fieli eitali t fipi'tttim bah 'tura , tatn-

f"> temperarla defipictret (j), ut tu Latina


Afri-
( i ) Quanto
s* inganni il Giovjo in erede-
fere ciò ingannato il Petrarca , fi
efièrfi in
|aò facilmente vedere nella Vita Icrittadai
Beo
Ixxxìi E L T O G
Àfrica , end- ei in Capìtoli!) mfgnts l.nrea prrt I
mima fuit , certiorcm , <£? nobiliortm gloria'» ad- 1
ùq;er,-tur S ed deheamits phrimum ingenuo fu-l
.

mi- I
dorè {empi* aft-Jinli, dum Uterat a multo avo
fere ùpelta s e G'ithidt fepulcris
excitaret , modi I

eum t/im, t uam tìnti e* lingua condìto'em <& pritt.i

tip*m ab incomparabili divini ingenti virtutt


itmHmur . Cenitjfit natura piane fenex -d A>-\
quatam Patavini ag'i vicum , ubi tumultui CeM
mine abft cornpofto nobili s confpicitur . (i)

Sonetto de) Varchi ai Sepolcro "del


Petrarca.
SAert fupe'bì , avvenutrofi > e cari
,
Marmi , che 'IpUs bel Tofco in voi chiudetta
Ele [acre offa , e*/ cene* finto èvttt

Cui non fu , deps lor , cPio fappia , Pari ;


Voi eh; «*' è tolto p'tvoji , e ibiari
Arabi odor , di ebe vai degni [et
Quanto altri mai , con man pieto'e , e ^et*\
Verfar vi intorno e cingervi d' altari ;

Deh non febivate almen ctf umile , e pio


A voi j quanto più fo , divot o inchini
ho cor che come pt'h , »* cno'a e cole
,

Cesi y fpargettdo al del gigli , * viole ,


Pregi Bainone eibei colli vicini
:

Sonar Povero è '1 don , .ricco è '1 defio


;

So-
Beccatelli , a carte xVuu e xliv. Lo ftefso
«baglio pur prefe Lilio Gregorio Gualcii
io

fine del IV- Dialogo della fua Storia


de'Poeui
e con lui moki nitri , che non leisero , come
fece il diligentiffimo Beccatelli , tutte l'Ope-
ie del noftro Poeta .

(i) Vedi l'Epitaffio a carte xxviii.


E L O G
J
Sonetto di M. A le n'andrò Picco
l i# m
[omini fatto
in Arqua iopra il
Sepolcro di
M. P. Petrarca.
C
V n
'
N
7° fr
tAJ e Mro alla famofa tomba
,.!*' a " T,'fr ''»> <hel hlP Moro *tr,
Coitivi ti, eh fu coi rami
m
aliato
U foriamqua nm&unf* o d\ arto ,
frimia. ,
itine e dijje a cui cjà d* altra tromba
,

7* f' l '** Vprtp?ia alto e prigitU


* *
,
Suo» dello lira tua [onoro, »m n
Wf n c titì
e
a$la 5 1 rimbimba
ff'P'Vp't o verno ri, non faccia {eorno
Al cjja pre pon{ gr/sti cJorì
;
fi/
La,„ a ch 'I chi
fuol far p!ir o , « [sreno.
H/r«* /, 2V»^
cgni Ur' antro amino.
E raccolte tn corona al
[affo intorno '
Liete t, canti» lodi,
'

e fpargan fiori .
Bonetto d> Incerto fopra le (t) ceneri dei
Petrarca , e di M. Laura.
\Ii trev* tn alcune
edizioni del Petrarca, chi
tu quelle del
Veìluteìk , e del Gtftutldi .

A URA che un Sei fu f a le donne in ttrra


L Or ,

innari cielo ilpi& fublìme onore


t
\
Xeni di
H uelU penna il cui valore
Ir. tè, m *i mft [erh fp( „ ta ^ g ÌU „a .
fr
, facendo al tempo iiluflrt guerra
Un dolce foco d, cehjle
amore
,

mende e infiamma ogni gelato Core


,
ff [se reliquie il picei ol marmo {erra
;
E le
|(0 Vedi il Petrarca nella I. P. delle Ri-
s> io.etto CLIV.
(0 Ne ia_à ftata forfè unita una porzione
Maalche affettato , e fuperftiziofo
ammira-
ne a a mena us .
tèrfi* "ELOGJ DEL ? ETH ARCA . ,
]

F U ceneri "< e °l ! " .

nei fieUmU figgi


Di hi che fece
F«-Da»te 'Bice Wtr{i ««'^f'.
Tu che C'mmri > 4 ih*ffi W* >

A U, i> imbina , t H*
Che /*cafte r,lifi* infante
Fraiicetco Rame»
+ Sonetto di M. Anton
in lode del Petrarca
1 .

dalGuhttn
Valle Ri™ dtlXMintti»
Ventila *j S *. «'«»*• 3*;
MUnit* raro, onde nell oro
Lp«M
Spiega Gigli i Cele/ti
il *» ««*Z3«w 1

Ouidegnb dubitare. Beco U luce


etèsm ,rJu " J
eie disi fttfi ì

(V io ne' bei de fi-- «r/i ,


/' IM*
Petrarca,
fcW*» ;

J w cedo»
lauri
h Mufi:
a voi
a vtt
P e'gtne
}/
i
«*>•
mtrn }
piegano i :

le rtme
0«, dùve gii fonar t> ndian
ognor [«rene
Vo&re, vengo* con Paure
Ad entrarvi gii onorati flirt*.
Sonetto.
Spofaione di qff fio
Sonetto , é dai
Per intendere il prefente
per che in Parma è
comune opinione, e fan
uo benefit
Se H Petrarca avefse una cafa d
fuo foeto il nome di S. Stefano.ov'egli abita
con ino
Se voi te e la cafa ancor fi moftra
;
di que' tempi
contrari dell'antichità
benefizio.Ora in qi
cina a quella Chiefa dei
l'Autore inj^
oni, ritrovando*
Principe*
prefso alS. Pierluigi,cb e n'era
L,.do la voi e
la cafa ,

nome
°™™f<^Jrf£
Poe
di quell' altiffimo
celebrando il
I SONETTI E CANZONI
DI M.

FRANCESCO
PETRARCA
IN VITA E IN MORTE
,

DI M. LAURA.
:i(

la

k
vi

li

m
vi
'2
SONETTI E CANZONI
D I M.

F. PETRARCA
IN VITA DI
MADONNA LAURA.
SONETTO I.

Ór eh1 ascoltate in rime


fparfe il fuono
Di quei iofpiri ond' io
nudriva il core
la fui mio primo gio-
ve ni ie errore >
j
Quand'era in parte al-
1 tr' uom da quel eh* i
fono;
Del vario fti piango } e ragiono
le > in eh' io
|
vane f?eranze, e '1 van dolore ;
Fra le
Ove i:a chi per prova intenda amore >
,
Spero trovar pietà » non che perdono.
Mi ben veggi' or, si come al popol tutto
Favola fui gran tempo : onde fovente
Di me medefmo meco mi- vergogno :
'

E del mio vaneggiar vergogna è '1 frutto s


E '1 pentirà, e'Icouofcer chiaramente,
Che quanto piace al mondo è breve fogno .

"4
Ai S O-
, ,

4 PRIMA
SONETTO li.

far una leggiadra fua vendetta»


PEr
E punir in un dì ben mille ottele »
ri prete
Celatamente Amor P arco , 1

Com'uomch'a nocer luogo,e tepo alpetti.I


Era la mia virtute al cor ribtoi
Per far ivi, ne gli occhi fue ditele: j

Quando '1 colpo mortai laggiù ddcete


Ore folea fpuntarfi ogrti faetta.
|»erò turbata nel primiero all'alto .
t

Non ebbe tanto Rè vigor, nè tpazio*


Che poteffe al bi fogno prender l arme;
al poggio faticelo > ed
alto
Ovvero _

Ritrarmi accortamente dallo ftrasio ;

Del qual oggi vorrebbe, e non può aitami

SONETTO IH.
al Sol fi fcoloraro

EjRa Per
Quand'
M giorno eh'
Fattore i rat* 1
la pietà del fuo
prefo , e non me ne guardai,
i' fui
, Donna , mi
occhi legare
Che i be' voffr*
Ttmpo non mi parea da far ripa™
Contra colpi d' Amor : però a andai
Secur, fenza fofpetto onde i miei
:
gua

Nel comune dolor s* incommciaro .

Trovommi Amor del tutto di Tarmato

Ed aperta la via per gli occhi al core;


Che di lagrime fon fatti ufeio» e varco
Però , al mio parer , non lì fu onore

Ferir me di faetta in quello flato


"E a voi armata non inoltrar pur l'arci

* S 0-
, ,

P* A R. T E. 5
SONETTO IV.

QUel eh' infiniti provvidenza , ed arte


Moftrò nel fuo mirabil magiftero :

Che criò quefto , e quel!' altro emifpero *


"E manfneto più Giove , che Marte ;
Venendo in terra a illuminar le carte
Ch'arean molt'anni già celato il vero,
Tolfe Giovanni dalla rete, e Fiero s
E nel regno del Ciel fecelor parte •

Disè, nascendo j a Roma non fè grazia»


A Giudea sì; tanto forr' ogni ftato
Umiltà te efaltar Tempre gli piacque:
Id or di picciol borgo un Sol a' ha dato
Tal, che natura» e'I luogo fi ringrazia \

Onde sì bella Donna al mondo nacque .

SONETTO V.

QUand' io movo i fofpiVi a. chiamar voi


,
E'I nel corfrii fcrifle Amore
nome che ;
LAU dando s' incomincia udir di fore
1
Il fuon de primi dolci accenti fuoi -
Fedro feto RE
al, che 'nconrro poi >
Raddoppia all' alta imprela il mio valore :
Ma, TAci, grida il h'n che farle onore
:

E' d'ai tr' omeri foma> che da' tuoi.


Cosi LAU dare eREverire infegna
,

La voeeftefla, pur eh* altri vi chiami $


Od' ogni reverenza , e d' onor degna :
Ssnon che forfè Ampolle fi difdegoa>
Ch'a parlar de' fuoi fempre verdi rami
Lingua mortai prefmituofa vegna.

A 3 SO-
« PRIMA
SONETTO VI.

traviato è '1 folle mio defio


SI'
A feguitar cortei, che'n fuga è voltai
E de' lacci d'Amor leggiera , e fciolu
Vola, dinanzi ai lento correr mio :
Che quanto richiamando più l'envio
Per la fecura ftrada , nien m' afcolta ; 1
Nà mi vale fpronarlo, o darli volta ;
Ch' Amor per fua natura il fa reftio.
E poi che 'i fren per forza a sè raccoglie-
I mi rimango in fignoria di luiV
Che mal mio grado a morte mi trafportaj
Sol per venir ai Laure onde fi coglie
Acerbo frutto, che le piaghe altrui, j

Gufando , affligge più, che non conforta.'

SONETTO VII-

LAHannogola, e'ifonnp, e l'oziofe piume)'


del'mondo ogni virtù sbandita)
quali fmnrrita
Ond' è dal corfo fuo
Noftra natura vinta dal coftume :
Ed è sì fpento ogni benigno lume
Del eie! , per cui s' infoema umana vita;
Che per cofa mirabile s' addita
'

- Chi vuol far d'Elicona nafeer fiume. ì

Qual vaghezza di Lauro ? qual di Mirto)


Povera , e nuda vai , Filofofia ,
Dice la turba al vii guadagno intefa. J

Pochi compagni avrai per l'altra via;


Tanto ti prego più, gentile fpirtb,
Non laflar la magnanima tua iraprefa.

SO-
..

PARTE.
SONETTO Vili.
1

A Pie de* colli ove la be!ia vefts


Prete delle terrene membra pria
La Donna che colui ch'a tene 'nvia
_

Spello dal fonno Iagrimando defta:


Libere in pace paflavam per quella
Vita mortai y eh' ogni animai defia »

Senza fofpetto di trovar fra via


Cofa ch'ai noftr' andar foffe moietta.
Ma del mifero fiato ove noi femo
Condotte dalla vita altra ferena »
Un fol conforto, e della morte , avemo :
Che vendetta è di lui ch'a ciò ne mena;
1
Lo qual in forza altrui , pretto all'è [iremo
Rimati legato con maggior catena

SONETTO IX.

/"\Uàndo '1 pianeta che difli rsgue l'ore 4

v4.Ad albergar col Tauro ritornai


fi

Cade virtù dall' infiammate eorna,


Che veftc il mondo di novel colore :

E non pur quel che s' apre a noi di fore>


Le rive e colli di fioretti adorna;
i

Ma dentro dove giammai non s'aggiorna


, »
Gravido fa di fe il terreftro umore:
Onde tal e fimìle fi colga
frutto ,
:

Così cortei , ch'è tra le donne un Sole i

In me movendo de' begli occhi i rai


CrÌ3 d'amor pe n fieri , atti, e parole:
Ma come ch'ella gli governi , o volga ,

Primavera per me pur non è mai

A 4 SO-
,

9 PRIMA
SONETTO X.
V
Gloriosa Colonna» in cui s* appoggia
Noflra fperanzà , e'1 gran nome Latino.
Ch* ancor non torfe dal vero cammrrro
L'ira di Giove per ventofa pioggia;
Qui non palazzi , non teatro > o loggia ,
Ma'n Iorvece un'abete» un faggio,™ pino
Tra 1* erba verde e'1 bel monte vicino»
,

Onde fi feende poetando e poggia t ,

Levan di terra al cìel n olir' intelletto,


1
E'1 rofignuol , che dolcemente ali ombra

Tutte le notti fi lamenta , e piagne ,

D' amorofi penfieri il cor ne'ngambra.


Ma tanto ben fol tronchi , e fai imperfètte
Tu } che da noi j Signor mio ti {compagne.
CANZONE I.

A.ss are il velo o per Sole, o per ombrai


Donna 5 non vi vjd' io ,

Poi , che 'n me conofcefte il gran d&fio


Ch'ogni altra vogli»détr'al cor mi fgóbr»,
Mei.tr* io portava i be-penfier celati, 5
C hanno la mente defiando morta »
Vidivt di pietate ornare il volto;
Ma poi j ch* A mor di me vi fece accorti)
Fur' j biondi capelli allor velati
E l' amorofo fg nardo in sè raccolto»
Quel che più defiava in voi , in' è tolto »
Si mi governa il velo»
Che per mìa morte ed al caldo, ed al gieloj
De' be' voftr' occhi il dolce lume adombrai

SO-
.
, ,, t

PARTE. 5

SONETTO XI.

vita dall' afpro tormento


SESilamia
può tanto fchcrmire e (Sagli affanni
, »
Ch' i* veggia per virtù dagli ultira* anni »
Donna > de' be' voftr' occhi il lume fpento;
E i cape' d' oro fin far fi d' argento
E lanar le ghirlande, e i verdi panai»
E'! vifo (colorir che ne* miei danni
A lamentar mi fa paurofo , è lento :
Pur mi darà tanta baldanza Amore
Ch' i'vidifeovrirò, de' miei mirtlri
Qiia'fono fiatigli anni» e i giorni , e l'ore
E ie'l tempo è contrario ai be' defiri;
Non fia ch'almen non giunga al mio dolore
Alcun foccorfo di tardi fofpiri

S O N E T TjO XI!.

/"VJanbo fra l'altre donne ai ora ad ora


V4 Amor vien nel belvifodi cofìei ;
Quanto ciafcima èmeii bella di lei,
Tanto crefee il deGo che m* innamora .
jP bmedico il loco, e'irempo, e l'ora*

Che sì alto miraron gli occhi miei ; _


E elico: Animi, afiài ringraziar dei»
Che folli 2 tanto onor degnata allora ..

Da lei ti vien l'amo rofo peti fero


Che mentre '1 fegui, al fornaio ben t'invia 3
Poco prezzando quel eh' ogni uoni della!
Da lei vien l'animofa leggiadria ,
Ch'ai del ti icorpe perdertro fentero;
Sì eh* i* y 0 già della fperanza altero .

A y CAN-
.

io PRIMA
CANZONE II.

OCchi miei laffi mentre ch'io vi giro


t

Nel bel vifo di quella che v'ha moni,


Pregovi , fiate accorti :

Che già vi sfida Amore; ond' io fofpiro .


Morte può chiuder fola a'miei penberi
L' amorofo camrain che li conduce,
Al dolce porto delia loz falute .

Ma puoflì a voi celar la voftra luce


Per menoobbietto: perchè meno interi
Siete formati e di minor virtute
,
.

Perà dolenti anzi che fan venute


,
_

L'ore del pianto che fon già vicine*


,

Prendete or' alla fine


Breve conforto a sì lungo martire

SONETTO XIII.

TO mi rivolgo indietro a cialcun patfo I


JL Col corpoìtanco ch'agrari pena porto
,
-J

E prendo a LI or del voftr'aere conforto,.


Che '1 fa gir oitra , dicendo Oimà latto.

Poi ripenfando al dolce 'ben ch'io lalfo ,


AI cammin lungo, ed al mio viver corto J
Fermo le piante sbigottito, e fmortoj
E ^li occhi in terra lagrimando abbailo.
Talor m' affale in mezzo a'trifti pianti 1
Un dubbio , come poiTon rjuefte membra
Dallo fpi rito ior viver lontane :

Ma rjfpondemi Amor: Non ti rimembra»


Che quetto è privilegio degli amanti ».
Sciolti da tutte qualitati umane?

SO-
. ,,

P A R TE.
S O N E T O x r V.
VifOvEsr "1 veccLiercI canuto, e bianco
Ivi. Del dolce loco ov'ha fu a età fornita ;
E dalla famiglinola sbigottita,
Che vede caro padre venir manco:
il

Indi traendo poi l' antico fianco


Per l 'e fi reme
giornate di fua vita »
Quanto più può, col buon voler s* aita
Rotto dagli anni « e dal cammino fianco •

E viene a Roma feguendo '1 defio


Per mirar fembianza di colui
la
Ch' ancorJafsù nel ciel vedere fpera :

Cosi, laflj, talor vo cercand' io


Donna , quant' è poflibile , in altrui
ha defiata voftra forma vera

SONETTO XV.
T)Tovommi amare lagrime dal vifo
A Con un vento angofciofj di fofpiri
Quando io voi adivien che gli occhi giri,
Per cui fola dal mondo i fon divifo ,

Ver- è, che '1 dolce manfueto rifo

Pur' acqueta gli ardenti miei deCrij


E mi fottragge al foco de' martiri
Mentr' io fon'a mirarvi intento, e fifo :
Mi glifpiriti miei s'agghi.iccian poi,
Chio veggio al dipartir, gli atti foavi
Torcer da me le mie fatali flelle .

La'gata al fin con l'anJorojfe chiavi


L'animiefce del cor, perfeguir voi;
E con molto penfiero iodi fi fvellc

A « SO.
, ,

,» PRIMA
SONETTO XVI. -

quella parte
^\Uand' io fon tutto volto in
bei yifo di Madonna
lue* ;
Vi Ove U
EVm'arde,e
rimafa
è
«rugge
nel penfier la luce
detro a parte a parte,
Che
parte
che temo del cor , che mi
fi
I> ,

E veggio previo il fin della mia luce lenza luce >


,

Vammene in gfflfa d" orbo


fa ove fi vada, e
pur fi parte.
Che non
ai colpi della
Morte
Cosi davanti
Fuggo; ma non si ratto, che 1 de.io
Meco non venga , come venir fole.
morte
che le parole
Tacito vo ;
delio,
Farian pianger la gente: ed
i

Che le lagrime ime fi fpargan Iole


SONETTO XVII.
mondo di sì altera
Oh* animati al j


S Vìfta
Altri
,

però
che'ncontr'alSolpurfid.feo^eS
cfce'l grati lume gii ottende*
,

Non efeon fuor fe non re rio la iera:


che lpera
Ed altri col defio folle i

fp enee
Gioir forfè nel foco, perche
scende.
Provan 1' altra virtù , quella che
Lafib,il mio loco è'»
quella ultima tchiera
la luce
Ch'i» non fon forte ad alpett.r
faretcherm
Di queda Donna, e non fo
Di luoghi tenebrai, o d ore »™e-j,
e n fermi
Però con gli occhi laenmofi ,
Mio dettino a vederla mi conduce arc«
:

fo benjch'ir-vo dietro a luci


che m
E

$0*
,

PARTE. 13

SONETTO XVtlI.

Vergognando talor, eh' ancor fi taccia *


Don. :a, per me voflra bellezza in rima,
Ricorro al tempo, eh' i* vi vidi prima ,
Talché nuli' altra Sa mai che mi piaccia •
Ma trovo pefo non dalle mie braccia ,
Nè ovra da polir con la ili lima :

Però l' ingegno , -che fua forza cfìirna ,


Neil* operazión tutto s' agghiaccia .
Più volte già per dir le labbra aperfi :
Poi rimatela voce in mezzo '1 petto .
Ma qua! fuon paria imi falir tant' alto ?
Piò volte incorni iiciai di fcriver verfi :
Mi la penna? e Limano, e 1* intelletto
Rim.ifer vinti nel piimier' affatto •

SONETTO XIX.
MTti_E fiate, o dolce mia guerrera,
Per aver co* begli occhi voleri pace ,
V aggio proffertoil cor: m*a voi non piace
Mirar sì baffi' con la m.*nte altera :
1

E le di lui ti>rs* altra donna fpera ;


Vive in fperanza debile, e fallace:
,Mio;perchè fdeano ciòch'a voi difpiace j
Eller non pud già mimi così, com'era.
Or s' io lo fcaccio , i'd e* non trova in voi
Neli'efilio infelice alcun foccorfo ;

1 NifaftarfoI, nè gire ov'altr'il chiama]


Boria fm.irrire il fuo naturai corfo ;
Che grave colpa fia d' ambeduo noi
E Cauto più di voi , quanto più v' ama .

CAM-
PRIMA
CANZONE UT.

A Qualunque animale alberga in 'terra;


Se non fe alquanti c'hanno in odio il Sole;
Tempo da travagliare è quanto è'I giorno:
Ma poi , ch'il ciel accende le Tue ftelle ,
Qual tornaa cafa 5 e qua! s'annida in felva $*
Per aver pofa almeno infra' all'alba •
Ed io da che comincia la beli' Alba
A fcuoter l'ombra intorno della terra
Svegliando gli animali inogniielva,
Non ho inai rriegua difofpir col Sole . idi
Poi , quand'-io veggio fiammesiar le ftellq
Vo lagri mando < e drfiando ii giorno.
Quando ia lera {caccia il chiaro giorno»
E le tenebre noftre altrui finn' alba ;
Miro penfofo le crudeli ftelle, r;
Che iti' hanno ratto di feniìb'I terra;
E maledico ildi eh' i vidi '1 Sole ;
Che mi fa in vifta un'uom nudrico in feiva.
Non credo che p.tlcefTe mai per feìva
Si afpra fera , odi notte, o di giorno ì «r

Come coftei,ch'i piango all'ombra ,e alSoLc:


E non mi ft^nca primo Tonno , od alba ;

Che bench' i » mòrti! corpo di terra ,


li

Lo mio fermo defir vien daiTc ftelle»


Prima ch' i torni a voi , lucenti ftelle, ij
O tomi giù nei' amorofa feh'a
Lattando il corpo che fi a trita terra ;
,

Vedefs' io in lei pietà eh' in un Col giorno


:

Può ri dorar molt'anni , e'nnmzi l'alba i

Puommi arricchir dal tramontar del Sole .

Con lei fofs' io da che fi parte il Sole,* JO


E non ci vedefs' altri che le ftelle,
Sol una notte ; e mai non fotte 1' alba ;
E non
5
,

Endn
PARTE.
trasformafle in verde felva
fi
i?

Per ufcirmi di braccia , come il giorno


jj
Che Apollo la feguia quaggiù per terra .

Ma io farò fotterra in fecca felva;


E'I giorno andrà pien di minare {Ielle
,
Prima eh' a sì dolce alba arrivi il Sole.

CANZONE IV.

NElChedolce tempo primi


nafeer vide,edìmcor
deila etade ,

quafi in erba,
La fera voglia che per mio ma crebbe l
;
Perchè cantando , il duol fi difacerba
,
Canterò, com 1 io vitti in iibertade , 5
Mentre Amor nel mio albergo a fdfgnos'
Poi feguiròjficccme a lui ne'ncrebbe (ebbe:
Troppo altamente,e che di ciò m'avvenne:
Di eh' io fon fatto a molta gente efempio :

.Benché- *1 mio duro feempio 10 ;

Sia feri tto altrove sì, che mille penne


Ne fon già (lanche ; e quafi in ogni valle
Rimbombi '1 fuon de' miei gravi fcjfpiri }
Ch'acquilhn fede alla penofa vira:
E fe qiii la memoria non m > aita , 1
Come fuol fare; ifeufinlà martiri,
i

Edunpenfierche folo anKofcia dalie


Tal, eh' ad ogni altro fa voltar lefpalle:
E mi face obbliar me fletto a forza :

Che tié di me quel detro>ed io h fcorza.20


T dico, che dal di che 'I primo sfolto
Mi diede Amor, molt'anni er a n pattati
Sicch'io cangiava il gtovenile afperto:
E dintorno al mio cor pender gelati
Fatto avean quafi adamantino fmalto, 15
Ch'allentar non lattava il duro affetto :

lagrima ancor non mi bagnava il petto ,


, .5

afi P K I M A
Né rompe* ilfom\o:e quel eh me no eri, m
Mi pareva un miracolo in altrui.
LaiTo, che fon? che fui? S° .

La vita il fin , e'1 di loda la fera ^


• ,

Che fentendo il crudel di eh' io ragiono ,

Inrin* allor percod di Tuo ferale


Nsn effermi paffato oltra la gonna ,
Prete in fua (corca una poffente donna i 3
Ver cui poco giammai mi valle > ovale
Indegno, o forzai o dimandar nenia no .
Ei duo mi trasformare in quel eh' L* Urna }
Facendomi d' uom vìvo un lauro verde ;
Che per fredda ftagioa foglia non perde 40
Q,r-1 mi fec'io, quando primier
m'accorfi
Della trasfigurata mia perfona:
E i capei vidi far di quella fronde
Di che fperato avsagià lov corona,*
"E i piedi ,i ch'io mi fte«i,e màffi,ecorfi,4|
Com'ogni membro all' anima rifponde)
(
Diventar due radici fovr^ l'onde
NuidiPeneo > ma d'un più altero fiume J
E 'n duo rami mutarfi ambe le braccia
•'

Nè meno ancor m'agghiaccia 5Q


L' efler coverto poi di bi rnche piume
Allor che fulminato 1 e morto- giacque
Il miofperar , chetroppo aito monta*.!
Che perch'io non f.ìnea dove, nè quando
Mei ritrovai; folo lagrim:mdo, 35
Là Ve tolto mi fu , dì , e notre andava
Ricercando dal lato, e déntro all'acquei
E giammai poi la mia lingua non tacque 1
Me.tc.re poteo , del fuo cader maligno:
Ond' io pie fi col fuon color d' un cigno, fio
Così lungo l'amate rive andai:
Che volendo parlar cantava fempre
Mercè cb^mando con estrania, voce :
.
, , . ,

P A R T E.. ir
Nè mai in sì dolci , «'ti sì foavi tempre
Rifonar feppi gli amorofiguai, » 65
Che'l cors* umiliaffe afpro e feroce-
Qual fu a fentir ; «he 'I ricordar mi cocc ?
Ma molto più dj quel eh' è per innanzi»
Della dolce , ed acerba mia nemica
E' bifogno ch'io dica ; 7C
Benché fia tal, eh' ogni parlare avanzi
Quella che col mirargli animi fura»
M'aperfeil petto, e'i cor prefe con manos
Dicendo a me, Di ciò non far parola:
Poi la rividi in altro abito (ola 75
Tal,ch*i non la conobbi , ( o fenfo umane! )
Anzi le difli '1 ver picn di paura:
Ed ella nel l'-u fata fua figura
Toiìo tornando , fece mi , oimè la Ab
D'un quafi vivo > e sbigottito faflo . S©
Ella parlava sì turbata in vifta
Che tremar mi fea dentro a quella petra
Udendo, I non fon forfè chi cu credi :
. E dicea.meeo : Se cortei mi fpetra ,
Nulla vita mi fia nojofa, o trifta 8$ :

A farmi lagrimar, lìgnormio, riedi


Come , non fo , pur io molli indi i piedi »
Non altrui incolpando , che meflelTo,
Mezzo tutto quel dì tra vivo , e morto .
Ma perchè '1 tempo è corto» 90
La penna al buon voler non pud gir predo :
Onde più cofe nella mente fcritte
Vo trapalando : e fol d'alcune parlo,
Che maraviglia fenno a chi l'afeotra.
Mortemi s'era intorno al core avvolta, 95
Né tacendo potea di fua man trarlo»
O dar fcccorfo alle virtuti afflitte :
Le vive voci m'erano interditte :

Ciò' io gridai con carta j e con inchioftro


Non
t! P R- I M A
No fó mia 5 nò:s'Ìo moro,ìl darlo é voilro.iGO
Ben mi credea dinanzi agii occhi fuoì
D'indegno far cosi di mercè degno:
E quefh fpeme m'avea fatto ardito.
Mi talor' umiltà fpegne difdegno,' t

Talor l' enfiamola e ciò fepp'io dapoi ioy


:

Lunga ftagion di tenebre veftito :

Ch'a quei preghi il mio lume era fpanto •


Ed io non ritrovando intorno intorno
Ombra di lei, nè pur de* fuoi piedi orma,
Coiti' uom che tra via dorma» 11O _

Gittaimi fianco fopra 1' erba un giorno .


Ivi accufando il fuggitivo raggio
Alle lagrime trifte allargai *l freno,
E lafciaile cader come a lor parve :

Nè giammai neve fott'al Sol difparve, 115


Com' io fentì me tutto venir meno ,

E firmi una fontana appiè d' un faggio .

Gran tempo umido tenni quel viaggio .

Chi udì mai d'uom vero nafcer fonte ?


E parlo cofe manifeiìe , e conte no.

L'alma, eh' è foi da Dio fatta gentile


( Che già d'altrui non può venir tal
grazia)
Simile al fi*o fattor fiato ritene :
Però di perdonar mai non èfazia
A chi col core , e col fembiante umile ny
Dopo quantunque oftèfe a mercè vene :

E le contra fuo ili le ella loft.-ne


D'efier molto piegata in lui Ti i pece hi a ;
,

E fai perchè 'I peccar più fi pavente :


Che non ben fi ripente »JO
Dell'ini mal , chi de! l'altro s'apparecchia .

Poi che Madonna da pietà commofla


Degnò mirarmi , e riconobbe , e vide
Gir di pari la pena col peccato ;
Benigna mi ridmTe al primo fiato HS
. .,

Ma nulla è al
PARTE.
modo in ch'uom faggio G
* ig
fide:
Ch'ancor poi ripregando , i nervi e I* offa

Mi volle in dura felce ; e cosi fcofla


Voce rimafi dell'antiche fome ,
Jdft ;

Chiamando Morte,e lei fola per nome. 140


Spirto dogliofo errante , mi rimembra ,
Per fpelunche deferie , e pellegrine,
Pianfimolt' anni il mio sfrenato ardire : ..*U*
Ed ancor poi trovai di quel mal fine ,
E ritornai nelle terrene membra , t4j
Credo, per più dolor' ivi fentire .
I feguì tanto avanti il mio delire»

Ch'un dì cacciando sì , corre' io folea ,


Mi morii ; e quella fera bella , e cruda
in una fonte ignuda 159
Si flava , quando'l Sol più forte ardea
Io, perchè d' altra villa non m'appago,
Stetti»#rrrrPaiflP!*fiffil'ella ebbe vergogna
E per farne vendetta , o per celarle ,
L'acqua nel vifo con le man mi fparfe j 55 .

Vero dirò forfè , e parrà menzogna


: :

Ch'i feri ci traimi della propria immago


;
Ed in un cervo folitario , e vago
Difelva in fe! va ratto mi trasformo;
Ed ancor de' mei can fuggo lo fiorino i«o .

Canzon' , non fu' mai quel nuvol d' oro


i

Che poi difeefe in preziofa pioggia ,


Sicché '1 foco di Giove in parte fpenfe :
Ma fui ben fiarha ch'un bel guardo accenfe;
E fui l'uccel che più per l'aere poggia, 165
Alzando lei che ne' miei detti onoro :

Nèper nova figura il primo alloro


Seppi lattar : che pur la fua dolce ombra
Ogni men bel piacer del cor mi fgombra

S O.
_ , .

24> PRIMA
SONETTO XX.

fa, CE l'onorata fronde che preferire


.'.'il. ONon m*
L'ira del ciel, quando 'I gran Giove tfiiiai
avelie difdetta la corona
Chefuole ornar chi poetando fcrive;
/"+tt»V era amico a quefte voftre Dive,
Le qua' vilmente il fecolo abbandona:
TGftì Ma quella ingiuria già lunge mr'fprona
Dall' invejitrice delle prime olive :
'"'Che rum bolle la polver d'Etiopia
1

So:»'! più ardente So! , com io sfavalo


LJfWpyt Perdendo tanto amata cofa propia .
Cercate dunque fonte più tranquillo;;
Che"! mio d'ogni licor foftens inopia »
Salvo di quel che lagrimando follo ,

* SONETTO XXL
AMOR piangeva
Dal qual miei
» ed
parti
io
non
con
fur
lui tal volta
mai lontani:
;

Mirando, per gli effetti e urani


acerbi ,

L'anima voftra de* iuoi nodi fciolta .


Or eh* al dritto cammin l* ha Dio rivolta;
Col cor levando al cielo ambe le mani
Ringrazio luì , c!.' giuJi preghi umani
i

Benignamente , fua mercede 5 afeoita .


E fe tornando all'amorofa vita,
Per farvi al bel defio volgerle fpalle ,
Trovale per la via foffati, o poggi ;

Fu per moftrar , quant* è


fpinofo calle ,
E quanto alpeftra , e dura la falita
Onde al vero valor conte n eh' ujm poggi
.

PARTE* ti

SONETTO XXU.

PVNave me
di lieta non fi vede a terra
dall'onde combattuta, evinta»
Quando la gente ài pietà dipinta
Su per la riva a ringraziar s' atterra ;
Nè lieto più del carter fi di (Terra
Chi 'ntorno al collo elbe Ja corda avvinta»
Dime, vedendo quella fpadafeinta
Che fece al Signor mio sì lunga guerra *
1
E tutti voi eh Amor laudate in rima»
Al buon teftor degli amorofl detti
Rendete onor » ch'era fmarrito in prima.
Che più gloria è nel regno degli eletti
D'un fpirito converfo, e più s* eftiraa »
Che di novantanove altri perfetti

SONETTO KXUI.
fuccelTor dì Carlo; chela chioma
ILCon la corona del fuo antico adorna;
Pi efe ha già V arme per fiaccar le corna
A Babilonia ,e chi da lei fi noma :

l'I Vicario di CRISTO con la fonia


Del Schiavi , e del manto al nido torna?
Sicché) s'altro accidente noi diftorna,
Vedrà Bologna, e poi la nobilRoma.
La manfueta vofìra, e gentil' agna
Abbatte i fieri lupi s e così vada
Chiunque amor legittimo feompagna •
Confolate lei dunque, eh' ancor bada i
E Roma , che del fuo fpofo fi lagna ;
E per GESÙ' cingete ornai lafpada.

CAN-
, ,

PRIMA.
CANZONE V.

O Aspettata
Anima
in ciel
che di noftra umanitarie
,
,

VefUta vai , non , come l'altre , carca ;


beata» e ella

Perchè ti iìanmen dure ornai le ftrade ,


A Dio diletta, obbediente ancella , s
Onde al Tuo regno di quaggiù ù varca ;
Ecco novellamente alla^ tua barca ,
Ch' al cieco mondo ha già volte le fpalle
Per gir a miglior porto s
D' un vento occidental dolce conforto la ;

per mezzo quella ofeura valle


Lo q.ial
Ove piangiamo il noftro e 1' altrui torto , f

La condurrà de' lacci antichi fciolta


Per drittiffimo calle
Al verace Oriente , ov' ella è volta . i S
Fo fé i devoti , e gli amorofi preghi

E le lagrime fante de' mortali


*
Son giunte innanzi alla pietà fupema
E forfè non fur mai tante» né tali)
Che per merito lor punto fi pieghi sa
Fuor di fuo corfo la giuftizia eterna :

Ma quel benigno Re che *i cieì governa»


A facro loco ove fu pofto in croce ,
!

Gli occhi per grazia gira:


Onde nel petto al novo Carlo fpira a|
La vendetta eh' a noi tardata noce
1
Sì, eh' molt anni Europa nefofpira:
Cosi {occorre alla fua amata fpofa >
Tal che fol della voce
,

Fa tremar Babilonia, e ftar pentola %9 .

Chiunque alberga tra Garonna , e'1 monte ,

E 'ntra '1 Rodano,e' Reno, e l'onde lalil


1

Le 'nfegne Criftianiflirae accompagna:


. ,

-, .
P A. R T; E. x,
Ed a cui mai
vero pregio calfe,
dj
Dal Pireneo all' ukimo orizzonte,
35
ConAragon latterà votalfpagna:
Inghilterra, con Pifole che bagna
L' Oceano intra '1 Carro , e le Colonne
«
Jnfin la dove Iona
Dottrina del fanti/lìmo Elicona,
40
Varie di lingue , e d' arme , e delle
gonnej
Ali alta impre& cantati fprona
Deh qua 1' amor si licito , o si degno »
Qua' figli mai, quai donne
Furon materia a si giufto difdegno ?
45
Una parte del mondo è che fi giace
Mai fempre in ghiaccio, ed in gelate neri
Tutta lontana dal carromin del Sole :
Li fiotto i giorni nubilofi e brevi
, ,

Nemica naturalmente di pace 50


Nafce una gente , a cui 'I morir non dole .
Quefta fe più devota che non fole
»
Col Tedefco furor la fpada eigne ;
Turchi , Arabi , e Caldei,
Con tutti quei che fperan itegli dei yj
Di qua dal mar che fa l'onde ìanguigne ,
Quanto fian da prezzar, conofcer dei:
Popolo ignudo, paventoso, e lento i
Che ferro mai non ftrignei
Ma tutti colpi fuoi commette al vento fio .

Dunque ora è'1 tempo da ritrarre il collo


Dal giogo antico e da fquarciar il velo
Ch'è flato avvolto intorno agli occhi nolìri;
Eche'I nobile ingegno che dal cielo
Per grazia tien' dell'immortale Apollo, 65
E l'eloquenzia fua vertù qui moftri
Or con la lingua, or con laudati incbioftri :
Perchè d'_ Orfeo Jeggsndo, e d'Annone,
Se non ti maravigli ;
.

HAffai meri PRIMA


fia eh' Italia co' fuoifigli ?a
Si dcfti al iuon del tuo chiaro fermone
Tanto, che per GESÙ' la lancia pigli:
Che ,s* al ver mira quella antica madre»
In nulla fua tenzone
Fur mai cagion si belle , o si leggiadre 7J .

TuY c'
hai j per irricchir d' un bel tela uro,
Volte l'antiche , eie moderne carte»
Velando alciel con la terrena fonia ,
Sai dall'imperio del figliaci di
Marte
Al grande A ugufto ; che di verde lauro 80
Ti c volte trionfando ornò la chioma ;
Nell'altrui ingiurie del fuo fangue Roma
Spefle fiate quanto fu coitefe :
Ed or perchè non fia
C irtefenòj ma conoscente > e pia 85
A vendicar le difpietate effefe
Col igliuol gloriofo di Maria?
'

Che dunque la nemica parte fpeu


Nell'umne difefe
Se CRISTO fta dalla contraria fchiera? fio

Pon'msnteal temerario ardir di Serfe;


Glie f ce per calcar inoltri liti
Dì novi ponti oltraggio alla marina :

E vedrai nella morte de' mariti


Tutte veftite abrun le donne Pene» 9$
E tinto in rollo il mar di Salaniina ;
E non pur quella miferaruina
Del popolo infelice d'Oriente
Vittoria tea' promette ;
Mi
Maratona > e le mortali ftrette ico
Che difefe il Leon con poca gente ;
Ed altre mille > e' hai fcoltate ,e lette
Perchè inchinar a Dio molto convene
Le ginocchia) e la mente»
Che gli anni tuoi riferva a tanto bene ria .
.

Tu vedrà' Italia *
e l'onorata riva,
Canzon: C h'agli occhi miei
cela* contende
Non nw, non poggio , o fiume;
Maft o Amor che del faa

altero lume
Più m> invaghire dove
, più m'incende™ o
Ne natura può ftar control coftume
.
0 movi , non fmarrir l'altre compagne :
Che non pur fiuto bende
Alberga A,mor j per cui fi
ride , e piagne .

CANZONE VI.

VW E
V ,-Won
SI Pa
T
vcfti
J
j
fang«l gll i
donna unquanco,
IVe d or capelli in bionda
, ofeuri , 0 perfi

treccia attorie
Sì bella, come quefla che mi fpog ia
U arbìtri®,, edalcammin
di libertade s
[

Secami tirasi, ch'io non


foftegno
Alcun giogo men grave.
E fé pur s'arma talor'a dolerli
L anima, a cui rien manco
Config ho^ve 1! martir
.
l'adduce ìn forfè: l0
Rappella lei dalia sfrenata
voglia
Subito villa; che del cor
mi rade
a imp refa ' edogni fde
iS'fI ;;;T
ra r gn°
veder lei foave
,

dì m Per
Z°; a foflnr
FA aggio
Ed /T
r giaffin,ai
anco
inerii ,
*
i 5
Fio che nu fani '1 cor
colei che '1 morfe
Rubella di mercè , che
pur leWgli*,
Vendetta fia; fo! che
conerà umiltade
Orgo g h ;;) ed ira il bel patto
ond'io vegno,**
Non chiuda , e non inchiave
s 'l ^
Nel bei nero, e nel
tno ch'io le luci aperfi
bianco,
,

Chemifcacciar di là dov'
Amor cor<e,
. ,

26 p S. I M A
Novella d'efta vita che m'addoglia, 25
Furon radice , e quella in cui 1 etade
Noftra li mira , la qual piombo , o legno
Vedendo è chi non pavé.
Lagrima adunque che dagli occhi vem
Per quelle che nel manco 30 '

Lato mi bagna chi primier s' accorte


Quadretta , dal voler mio non mi tvoglia:
Che *n giufta parte «iafentenziacadc :

Per lei fofpira l'alma, ed ella è degno


Che le fue piaghe lave- 35

Da me fon fatti i miei penfier diverti


:

Tal già, qua l'io mi fianco,


L'amata ipada in sé fletta contorte .
Uè quella prego , che però mi icioglia :
Che me fó dritte al ciel tutt'akre ftrade;4®
E non s* afpìra al gloriofo regno
Certo in più falda nave
Benigne delle , che compagne ferii
Al fortunato fianco,
Quando'! bel parto giù nel mondo icorle.45
Ch'è ftella in terra,e come in lauro foglia.,
Conferva verde il pregio d' oucftade >
Ove non fpira folgore, né indegno
Vento mai che l' aggraye
, .
_
ver fi 50
So io ben » eh* a voler chiuder in
Suo' laudi, fora fianco
Chi più degna la mano a feri ver porle
1
.

Oual cella è di memoria in cui s aceogna


,

Quanta vede vertù , quanta beltade ,


£hi gli occhi mira d'ogni valor legno SS ,

TDolcedelmio cor chiave?


Quanto '1 Sol gira , Amor più caro pegno >
Donna > di voi non ave .

CAM-
,. .

PARTE. 27

CANZONE VII.

GIoyane s
donna fott un verde lauro
Vidi ,piu bianca, e più- fredda che neve
Non percoli a dal So! molti , e raolt'anni :
1
E'ifuo parlar , e'Ibelvifo, e le chiome
Mi piacque si,ch'i l'ho dinanzi a gli occhi
5
Ed avròfepre ov'io fia, in poggio,o'nriva.
Ailor farannoi miei penfieri a riva
»
Che foglia verde non fi trovi in lauro :
Quand'avrò queto il cor',afciuEti gii occhi,
vedrem ghiacciar il foco,arder la neve io .

Non, ho tanti capelli in quelle chiome


Quanti vorrei quel giorno attender anni
Ma perchè vola il tempo , e fuggon gli anni
Sì , ch'alia morte in un punto s'arriva
O con le brune,o con le biancbe-chiome;i 5
5
Seguirò ombra di quei ànice lauro
1

Perlo più ardente Sole, e per laneve,


Fin che 1' ultimo di chiuda queft' occhi
Non fur giammai veduti si begli occhi
0 nella noftraetade, o ne'prim' anni ; io
Che mi ftnjggon cosi , ccme'l Sol neve :
Ondo procede lagrimofa riva;
Ch'Amor conduce appiè del duro lauro
C'ha i rami di diamante, e d'or le chiome .
l' temo di cangiar pria volto
, echiome, 25
Che con vera pietà mi moftri gli occhi
L 1 idolo mio fcol nito in vivo lauro :
Che,s'a3 contar non erro, oggi ha fett* attui
Che fofpirando vo dì riva i 1 riva
La notte,e'l giorno,al caldo,ed alla oeve.30
Dentro pur foco , e for candida neve
So! con quelli penfier , con altre chiome
Sempre piangendo andrò per ogni riva
B a Per
. j


Per
PRIMA
far forfè pietà venir negli occhi
Dirai che nafcerà dopo mill'anni ; 35
Se-tanto viver può ben culto lauro.
L*attro, eitopazj al Sol fopra la neve
Vincon le bionde chiome, prefio a gli occhi
Che menar» gli anni miei si torto a riva
SONETTO XXIV.

QUest' anima gentil che fi diparte _

Anzi tempo chiamata all' altra vita


Se laflufo è , quantMTer de', gradita i
Terrà del ciel la più beata parte.
S'ella riraan fra'l terzo lume , e Marte»
Fia la villa del Soie {"colorita »
Poich' a mirar fua bellezza infinita
L'anime degne intorno a lei fienfparte.
Se fi pofaffe fotto'l quarto nidoj
Ciafcuna delle tre farla men bella,
"Ed effa fela avria la fama, e'igrid».
Nel quinto giro non abitrebb' ella :

Ma fé vola più alto, affai mi fido,


Che con Giove fia vinta ogni altra ftella •
. ,

PARTE. a»

SONETTO XXV.
QUanto più m'avvicino al giorno diremo
1(
Che P umana miferia fuol far breve ,
Più veggio '1 tempo andar veloce e leve,,

E '1 mio di lui fperar fallace , e icemo •


(
I miei penfier, Non molto andremo
dico a'
D'amor parlando ornai:
che'i duro, e greve
Terreno incarco s come frefca neve
Si va ^ruggendo onde noi pace avremo :
:

Perchè co» lui cadrà quella fperanza


Che ne fé vaneggiar si lungamente;
E '1 rifo , e '1 pianto j e la paura , e l' ira «
ilvedrem chiaro poi, come fovente
Per le cofe dubbiofe altri s'avanza ;
E com3 fpeffb indarno fi fofpira

SONETTO XXVI,

f!y a'- fiammeggiava l'amorofa ftel!a


\J Per l'Oriente, ef' altra che Giunone
Suol fjrgelofa , nel Settentrione
Rotava i raggi fuoi lucente, e bella;
Levataera a filar la vecchi 3 re!la
Djfcinta, e (calza , e delta avea 'i carbone :
Egli amanti pungea quella ftagione
(Che per ufanza a lagrim.tr gli appella
;
IJuando mia fpeme già condotta al verde
piunfe nelcor , non per I' ufata via j
Che '1 iimno tenea chiufa, e'1 dolor molle
;
^.uto cangiata, oimè, da quel di pria-'
Epareadir., Perchè tuo valor perde?
Veder quelli occhi ancor non ti li tolle .

S 3 SO-
.

;u PRIMA
SONETTO XXVII.
j

APollo; ancor vive il bel defio


s'
Che t'infiammava alle Teftaliche onde ;

Efenon hai i' amate chiome bionde


Volgendo gli anni già pofte in obblioj
Dal pigro gielo, edaltempoafpro , e rio » I

Che dura quanto'l tuo vjfo s* afconde*


Difendi or 1* onorata > e facra fronde
Ove tu prima , e poi fu* invefeat' io :
E oer vertu dell' amorofa fpeme
Che ti {ottenne nella vita acerba ,

Di quefte imprefiion l'aere difgombra.


SI vedrem poi per maraviglia infieme
Seder la Donna noftra fopra l'erba»
E far delle fue braccia a sè ftefs' ombra »

SONETTO XXV III.


SOlo ,
epenfofo i-oià deferti campi
Vo milurando a pirli tardi , e lenti i
E gli occhi porto per fuggir intenti
Dove veftìgio umao la rena ftampi.
Altro fchermo non trovo che mi fcampi
Dal manifefto accorger delle genti
Perchè negli atti d' allegrezza fpenti
Di fuor fi legge com'io dentro avvampi :
Si, ch'io mi credo ornai, che monti, e piagge,
E fiumi , e ielve fappian dit che tempre
Sia la mia vita i eh' è celata altrui
Ma pur sì afpre vie , nè sì fetvagge
Cercar non ch'Amor n<Jn venga fempre
fo,
Ragionando con meco , ed io con ini -

S O-
,

PARTE, 3*

SONETTO XXIX.
Io credetti per morte efiere {"carco
S'
Del pender' amorofo che m' atterra ;
Con le mie mani avrei già porto in eerra
Quelle membra uojofe , e quello in carco :
Ma perca' io temo , che farebbe un varco
DÌ pianto in pianto,e d'una in altra guerra;
Di qua dal paflb ancor che mi fi Terra ,

Mezzo rimango iaflo e mezzo il varco


, .

Tempo ben fora ornai d'avere fpìnto


L' ultimo rtral la difpietata corda
Neil"' altrui fangue già bagnato , e tinto :

io ne prego Amore > e cubila forda


Che mi lafsò de'fuoi color dipinto ;
E di chiamarmi a sè non le ricorda *
CANZONE Vili.

è debile il filo a cui s'attene


SI
La gravofa mia vira t
Che, s'altri non l'aita,
Ella fin torto di fuo corfo a riva :

l'ero che dopo l'empia dipartita S


Che dal dolce mio bene
Feci, fol'imj Tpenp
E* fiato infi li* a qui cagion eh* io viva »
Dicendo > Perché priva
Sia dell'amata vifta, lo
Mantienti, anima trilla :
Che fai , s' a miglior tempo anco ritorni
Ed a più lièti giorni?
Ole '1 perduto ben mai fi racquifta ?
Qiieftà fperanza mi foftenne un tempo : ty
Or vien mancando ; e troppo in lei m'attepo.
B 4 II
ìl
3*
tempo
PRIMA
pafla, e l'ore fon sì pronte
Afornir il viaggio ,
Ch'affai fpazio non aggio
Pur' a penfar , com'io corro alia morte. 20
Appena fpanta in Oriente un raggio
Di Sol; eh' all'altro monte
Dell' avverfo orizzonte
Giunto'] vedrai per vie lunghe, e eMorrev
Le vite fon sì corte, a<
SI gravi i corpi , e frali
Degli uomini mortali,*
Che quand'iomi ritrovo dal bel vifo
Cotanto efTer divifo,
Col delio non pofTendo mover 1' ali 3©
Poco m'avanza dei conforto u-Gito:
Nè fo quant' io mi viva in que-fto flato -
Ogni loco m'attrifìa ov'io non veggio
Quc' begli ocelli foavi
Che portaron le chiavi 35
De^ni ei dolci péfier mentr'a Dio piacque:
E
perchè 5 1 duro e (ìlio più m' aggfavi ;
S' 10 dormo , 0 vado , o feggio ;
Altro giammai non chieggio;
E ciò ch'i vidi dopo lor, mi fpiacque . 40
Quante montagne, ed acque,
Quando mar , quanti mimi
M' afeondon que'duo lumi
Che quali un bel fereno a mezzo 'I die
Fer le tenebre mie j 45
Acciò che '1 rimembrar più mi confumi j
E quant' era mìa vita aliof giojofa ,

M' infegm la prefente afpra , e nojofa «

Laffb, fe ragionando fi rinfrefea


Quell'ardente delio
Che nacque il giorno eh' io
Laflai di me la miglior parte addietro ;
» ,

Es* Amor
PARTE.
fe ne va per lungo obblio ;
n
Chi mi conclude all'efca
Onde'J mio dolor crefca? S5
E perchè pria tacendo non m'impetro?
Certo criftalio , o vetro
Non rmftrò mai di fore
Nafcofto altro colore ;
Che l' alma fconfolata affai non moftri ? 60
Più chiari i penGer nofìri
1
Eia fera dolcezza eh è nel core;
Perii occhi, chedi Tempre piangervaghi
Cercai! dì) e notte pur chi gìien* appaghi .
jjovo piacer; che negli umani ingegni 6%
Spefle volte fi trova;
D' amar , tjual cofa nova
Pi 5 folta fchieradi fofpi ri accoglia!
Ed io fon* un di quei che '1 pianger giova :
E par ben , eh' io m'ingegni 70
Che di lagrime pregni
Eicn gli ocelli mie i, Accorri e*l cor" dì doglìat
E perchè a ciò m'invoglia
Ragionar de'begli occhi;
( Nè cofa è che mi tocchi » 75
O fentir mi fi fèccia cosi addentro )
Corro fpeflb , e rientro
Colà donde più largo il dtiol trabocchi j
Efien col cor punite ambe le luci >
Ch'alia ftrada d' Amor mi furo n duci to •

Le treccie d'or, che devriea far il Sole


D'invìdia molta ir pieno -,

E 1 bel guardo fereno ;


!

O'-'ei raggi d'Amor si caldi fono s


Che mi fanno anzi tempo venir meno ; fy
E V accorte parole
Rade rei mondo, o fole
Che jiìì fer già di sè cortele dono,
B 5 Mi
v

34. PRIMA
Mj fon tolte e perdono :

Più lieve ogni altra offela, 30


Che evfermi contefa
1'

Quella benigna angelica falute


Che '1 mio
cor* a vi r tute
Dettar folea con una voglia accefa :
Tal, ch'io non penfo udir cofa giammai 9$
Che mi conforte ad altro ch'H guai * mr
E per pianger ancor con più diletto;
Le man bianche forcili *
E le braccia gentili »
Egli atei fuoi foavemente alter.' , 103
E i dolci fitegrù alteramente umili

E 'J bel giovenil petto
Torre d'alto intelletto,
Mi ceian quefti luoghi alpeflri > e feri t 1
E non fo s' io, mi fperi iOj
Vederla anzi ch'io mora:.
Però eh' ad ora ad ora
S'erge fa fpeme , e poi non fa ftar ferma
;
Ma ricadendo afferma
Di mai non veder lei ch.e'1 ciel 'onora; 1 io
Ove alberga Omeftate,. eCortelìa ,
E do 1 io prego che *i mio albergatila
-

Canzon,. s' al dolce loca


La Donna, noftra vedi ;
Credo, ben , ebe tu credi n-j
Ch'ella ti porgerà la, bella mano ;
Qnd' io fon si l'ontano,.
Non h toccar « ma reverente a" piedi
Le di eh' io. farò là tofl'ocn'io poffa *
,.

€t fpirto. ign ndo^f uo di carnea d'offa. eio>

SO."
}. ,

PARTE. 3$

SONETTO XXX.

ORNè marenon
so , e'
>
furori mai fiumi,
ov' ogni rivo fi
né" flagrai
difgombra :

Nè di muro» o di poggioj o di raffio ombra ;


Nò riebbi a -,che'i cielcopra,e'I mondo bagni;
Nè altro impedimento, orari' io mi lagni;
Qualunque piiì 1* umana vifta ingombra
Qua ro d'un vel,chedue begli occhi adobrai
E par che dica , Or ti confuma j e piagni «
Equ-l lor* inchinar ch'ogni mia gioja
«

Spegne* o per umiliate, o pef orgoglio ;


Cagion faràche'nnanzi tempoi'mojai
Ed* ima bianca mano anco mi doglio ;
Ch* è (lata femore accorta a farmi noja ,
E coìitra gli occhi miei s'è fatta feoglis
SONETTO XXXS.
ÌO temo sì de' begli occhi I' affaito »
Ne'quali A more, e la mia morte alberga/
Ch 1 i'fuggo ior * come fanciul la l'erga ;
E gran temvio è ch'io prefi'l primier ulto ,
Da ora innanzi faticofo j od aito
Loco non ria dure 'i votar non s' erga J
Per non feonrrar chi i miei fenfi difperga y
Laffando , come fuoi » me freddofmalto -

Dunque s' a veder voi tardo mi volli >


Per non ravvicinarmi a chi mi ftruggej
Fallir forfè non fu di fenfà indegno.
Jià dico: Che'l tornare» quei ch'uom fugge?
E'icor che di paura tanta fciolfi t
Fur dellafède mianòn leggier pegno - 5

B 0 SO-
.

3$ PRIMA
SONETTO XXXII.

Amore, o Morte noti dà


qualche firopplo
SJ Alia tela novella eh' ora» ord ileo ;
E s'io mi fvolvo dal tenace vifeo »

Mentre che l'tin con l'altro vero accoppio}


1' farò un mio lavor sì doppio
forl'e
Tra loftil de' moderni , e'I fermon prifco>
Che ( pavé ntofa mente adirlo ardileo)
Tnfin' a Roma n'udirai lo icoppio
Ma però che mi manca a forair l'opra I
Alquanto delle fila benedette
Ch'avanzaro a quel mio diletto Padre ;
Perché tien' verfo ms le man sì {bette
Contra tua ufanza ? i' prego che tu P oprai
JEi vedrai riufeir colè leggiadre..

SONETTO XXXIII.

QUando dal' proprio fico fi rimove


L'arbor ch'amò già Febo i corpo umanoS
Sofpira . e fuda all' opera Vulcano ,
Per rinfrefear l'ai? re flette a Giove:
Il qual' or tona r or nevica, ed or piove
Senza onorar più Ce fa re T che Giano :
La terra piagne , e'I Sol ci ila lontano »
Che la (uà cara amica vede altrove.
Al'or riprende ardir Saturno» e Marte
Crudeli flelle, ed Orione «rmaco
Spezza a* trilli nocchi er governi , e farce I
Eolo a Netcunno 5 ed a Giunon turbato
Fa fentir , ed a noi , come Ci parte
SI bel viio dagli Angeli afpcttato »
,

PARTE. ??

SONETTO XXXIV.
MA poi che 'I dolce rito umile » e piano
Più non afcotide fue bellezze nove;
Le braccia alla fucina indarno move
L'antiqui (Timo fabbro Siciliano;
Ch' a Giove tolte fon 1' arme di mano
Temprate in Mongibello a tutte prove;
E fua forelta par , che fi rinnove
Nel bel guardo d* A pollo a mano a mano >
Del lito occidental 6 mi ve un fiato ,
Che fi fecuro il navigar fenz'attej
E. detta i &or tra 1' erba in eiafcun prato ;

Stelle noiofe fuggon d'ogni parte


Difpene dal bel vifo innamorato.
Per cui lagrime molte fon già {parte

SONETTO XXXV.
L figliuol di Latona avea già nove

Per quella ch'alcun tempo mofle in vano


I fuoi fofpiri , ed or gli altrui commove :

Poi, che cercando fianco non feppe , ove


S' albergale , da preffo > o di lontani ;
Motìrofli a noi qual'uom per doglia infano.
Che molto amata cofa nnn ritrove:
E così trillo ftandofi in difpnrte
Tornar non vide il vifo che laudato
Sarà, s'io vivo in più di mille carte:
E pietà lui rnedefmo avea cangiato
Si , eh' e begli occhi lagrimavau parte :
Però 1' aere ritenne il primo flato.

SO-
, .

3S PRIMA
SONETTO XXXVI.
QUel ch'in Tenaglia ebbene ma' si pronte
Afarla del civil fangue vermiglia j

Pianfe morto il marito di fua figlia


Raffigurato alle fattezze contea
E*l paftor eh* a Golia ruppe^ia fronte»
Pianfe la ribellante fua famigliai
E fopra '1 bum Saul cangiò le cglia
Ond' affai può dolerli il fiero monte
Ma voi , che imi pietà non difcolora
E eh* .ivece gii fchermi femore accorti
Co .tra F arco d' Amor , che 'ndarno eira;
Mi vedete (rraziare a mille morti:
Né lagrima però difeefe ancora
Da'bei voltr'occhi ; ma difdegno , ed ira*

SONETTO XXXVI I.

awerfirio; In cui veder fole te


ILGimiocechi
i vofiri ,ch*A more, e'I ciel'onoraj
Coti le non fu e bellezze v* innamora ,
Più che'n guifa mortai r foavi , e liete.
Per con figlia» di lui , Donna r m'avete
Scacciato del mio dolce albergo fora;
Mileroefilio! avvegnach'io non for*
D'abitar degna ove voifola {ìe r e.
Ma s'io vi era con fakfì chiovi filFo f
Non devea Tpecchij farri per mio danna 7
A voi ftefFa piacendo , sfora e fuperba i
Certo fe vi rimembra di Narciffò ;
Quefto,e quel corfo ad un termino Vanno i
Benché di ti bei fior £a indegna l'erba*

SO-
, . .

PARTE. 39

SONETTO XXXVIII.
(chi.,

L^Once le perìéie i fior vermiglie i bian-

che'! Verno devria far laguidije lecchi;


i>on per me acerbi > e velenofi (recchi ,

Ch*io provo per lo petto , e per li fianchi :

Però i di miei fìen lagrimofi e manchi:


Che graduol rade volte avviéche*nvecchi-
Ma più ne'ncolpo i micidiali ipecchi
Che*n vaneggiar voi freflk avete fianchi
Quefli pofer fiìenzio ai (ìgnormio> .

Che per me vi pregava , ond*ei Ci fcwque »


Vesgeado in voi finir voflro aedo:
Quefti fur fabbricati fopra 1" acque
D'abifToj e tinti nell* eterno obblio;
Onde '1 principio di mia morte nacque

SONETTO XXXIX.
fentìa cTentr* al cor già venir meno
IOGli fpirti che da voi ricevon. vita
> t

E perchè naturalmente s' aita


Conerà la morte ogni animai terreno ;
Largaci! deflo , ch'i'teng'or rrroltoa freno;
E mifìt per la via quali fmarrita;
Però che di > e notte indi m* invita }
T
Ed io> eontr» fua voglia altronde f meno •

E* mi contfufTe vergogrtofò T e tardo


A rivedere gli occhi leggiadri; ond'ioj
Per notr effer forgrave* affa» mi guardo,
Yivrommì un tempo ornai : ch'ai viver mio
Tanta vìrtute ha fol' un v offro fg nardo :

Xdqì morrò, s* ia noi* credo al defio

SO-
,

40 PRIMA
SONETTO XL.

SENèmainume
foco
fu
per foco non fi fpenfe»
giammai fccco per pioggia *
Ma fempre 1' un per 1* altro fimil poggia ;
E fpeflo Tun contrario l' alerò -accenfe ;
Amor, tu ch'i peniìer noftri difpenfe,
Al qual' un' alma in duo corpi s'appoggia a
Perchè fa' in lei condifufata foggia .

Menper molto voler le voglie intente ?


Forfè, ficcome '1 Nil d' alto caggendo
Col gran fuooo i vicin d' intorno afforda »
E'1 Sol' abbaglia chi ben fifo -il guarda ;
Così 'J defio > che feco non s' accorda ,
Nello sfrenato oboi etto vieti perdendo;
E per troppo fpronar la fuga è tarda.
SONETTO XLL
PErch' io t'abbia guardato di menzogna
A mio podere, ed onorato affili

Ingrata linguagià però non m' bai


;

RendiKooaor , ma fatto ira, t vergogna ;


Che quando più '1 tuo ajuto mi bifogna
Per dimandar mercede , alfor ti ftai
Sempre più fredda ; e fé parole fai»
Sono imperfette , e qua fi d'uon>che fogna >

Lagrime e voi tutte le notti


tri ile ,

M' accora lagnate ov'io vorrei SarfoloJ


-,

Poi fuggite dinanzi alla mia pace -

E voi sì pronti a darmi an^ofeia , e duolo j


Sofpiri , allor traete lenti, e rotti.
Sola ia vifia mia del cor noa tacer

CAM-
, .

PARTE. 4i

CANZONE IX.

NElla ftagioncae'Iciel rapido inchina


Verfo Occidente} e che'I dì noftro vola
A gente che di là forfè 1' afpetta ;
Veg^endoii in lolita» paefe fola
La (lanca vecchierella pellegrina S
Raddoppia i pafii ) e più e più s'affretta:
E poi cosi Metta
Al fin di fua giornata
Talora è confolata
D'alcun breve ripofo ; ov'ellaobblia IS
La .noja , e '1 mai della pattata via .
Ma latto , ogni dolor che '1 dì rn' adduce s
Csefce , qualor s' invia
Per parurfi da nei l'eterna luce „
Come 'I Sol volge le'nBammate rote, 15
Per dar luogo alia notte; ondedifcende
Dagli altiffimi monti maggior 1' ombra;
L'avaro zàppador 1* arme riprende ;
E con parale, e con alpeftri note
Ogni gravezza del fuo petto fgombra 10 ;

E poi ia menfa ingombra


Di povere vivande ,
Simili a quelle ghiande
Le qua' fuggendo tutto 'I mondo onora
Ma chi vuol , fi rallegri ad ora adora : sy
Cb' i' pur non ebbi ancor non dirò lieta }
Ma ripofata un'ora,
Nè per volger di ciel > nèdi pianeta.
Quando vede'I paftor calare i raggi
Del gran pianeta al nido ov'egii albergai 30
E'mbrunir le contrade d* Oriente]
-

Drizza" in piedi , e con 1' ufata verga


Lattando i' erba 3 e le fontane , e i faggi j
4% PRIMA
Move la fchiera fu a foavemcnte ?
Poi Joncau dalla gente 3S
O cafetta . o fpeiunca
Di verdi frondi ingiunca :

Ivi feaza penfter s'adagia» e dorme.


Ahi crudo Amor,iua tu allo piò 'informe m
A feguir d'una fera, che mi ftrugge , 40
La voce > e i paflì , e i* orme ;
E 1
lei non ftringi , che s appiattai fugge.
E i naviganti in qualche chiufa valle

Gettan le membra , poi che'l Sol s'afeonde,


Sul duro legno ,e fotto l' afpre gonne . 45
Maio; perché s'attuffi in mezzo l'onde ,

E latti ffpagna dietro alle fue fpalle,


E Granata , e Marrocco» e le Colonne;
E gli uomini » e le donne ,
E'1 mondo, e gli animali jo
Acquetino i lor mali ;
Fine non pongo al mlooftinato affanno :
E duoimi, ch'ogni giorno arroge a! danno :

Ch'i' fon già pur crefeendo in quella voglia


Bei predo al decim' anno; _ 55 _

Nè pofs' indovinar chi me ne feioglia .


E, perchè un poco nel parlar mi _sf>go ;
Veggio la fera i buoi tornare fciolti -

Dalie campagne) e da' folcati colli.


miei fofpiriame perchè non tolti
I 60
Quando che fia ? perchè nò 'I grave giogo ?
Perchè di, e notte gli occhi miei fon molli?
Mifero me, che volli
Quando prirnier si fifo
Gli tenni nel bel vifo» 65
Per immaginando in parte
ifcotpirlo
Onde mai nè per forza nè per arte ,

Morto farà; fin cV i* Ga date in preda


A chi tutto diparte ? .
PARTE. 4j
fo ben* anco, che di lei mi creda.
Canzon fe I' efl'er meco
;

Dal mattino alla fera


T'ha fatto di mia fchiera;
Tu non .vorrai moflrartiin ciafcuri loco :
E d* altrui loda curerai sì poco, 75
Ch'affai tì fis penfar di poggio in poggio ,
Come m' ha concio 'I foco
Di quefta viva petra ov'io m* appoggio .

SONETTO XLII.
appreffarfi agli occhi mìei
POco era adche da lungegliabbarbaglia:
-La luce
Che come vide lei cangiar Teflàgfia>
Cosi cangiato ogni mia forma avrei :
E s' io non pollo trasformarmi in lei
Più ch'i'mi fi a , non ch'a mercè mi vaglia ;

Di<3ual pietra più rigida s' intaglia,


"Penfofo nella villa oggi farei;
O di diamante , o d'un bel marmo bianco
Per la paura forfè , o d'un diafpro
Pregiato poi dal volgo_ avaro >e fcioceo :

E farei fuor del grave giogo , edafpro ;


Per cu* i' ho invidia di quel vecchio frinco

Che fa con le fue fpalie ombra a Marrocco.

CAN-
. . 5.

44 PRIMA
CANZNNE X.
NOhQuando amante ventura
al fuo Diana piacque
per tal
pili
tutta igni da
j

La vide in mezzo 1
delle gelid acqui V
Cfi a ms la paftorelia alpeftra, e cruda
Pofta a bagnar un leggiadretta velo,
5
Ch' a Làura il vago, e biondo capei chiuda
;
Tacche mi fece or quand'egli arde il cieloj
Tutto cremar d' un* amorofo gielo.

CANZONE XI.
CPfRTo gentil, che quelle membra reggi

rP r
qm ' P ere S rJna nd ° alberga
e tr ° aIle
Un fignor valorofo , accorto, e faggio ;
Poi che fé' giunto all'onorata verga,
Con la qual Romane fuoi erranti correggi);
fc la richiami al fuo antico viaggio;
Io parlo a te, però eh' altrove un raggio
Non veggio di vertù,ch'al mondo è fpenta;
Nè trovo chi di mal far fi vergogni
Che s' afperri non fo , ne che s' agogni 10
Italia 1 che fuoi guai non par che Tenta';
Vecchia , oziofa e lenta
Dormirà fempre, e non fiachi la fvegli?
Le man I" avefs' io avvolte entro e capelli
Non fpero che giammai dal pigro fonno 1
Mova la teda per chiamar eh' uom faccia ;
Sì gravemente è oppreflà e di tal fom a .

Ma non fenza dettino alle tue braccia ,


Che fcuoter forte, efollevarla ponno;
E" or comnv.-flb il n offro capo Roma . 20
Pon man* in quella vencrabii chioma
Sccaramente» e nelle treccie fparte
Si,
,.

c e
PARTE. 4y
t A "eg^^ofa efca del fango.
3
I ; che di enotee del fuo ftrazio piango;
Di mia iperaza ho in te la maggior parte:**
Che fe'ì popol di Marte
DevefTeal proprio onor'alzar mai gli occhi;
Panni pur eh' a' tuoi di la grazia tocchi .
L antiche mura eh* ancor teme ed ama
E trema '1 mondo quando fi rimembra 30 ,

*? e ]e ™P° andato, e'ndietro fi rivoive ;


£
E fafli 1dove fur chiufe te membra
Di che non faranno fenza fama
tai
Se 1 univerfo cria non fi difToIve;
E tutto quel eh' una mina invoive, 35
Per te fpera faldar ogni fuo vizio
O grandi Scipio ni , 0 fedel Bruto,
Quanto v' aggrada , fe gli è ancor venuto
Romor laggiù dei ben locato offizio!
Come ere', che Fabbrizio 49
Si faccia lieto,udendo la novella!
E' dice, Roma
mia farà ancor bella.
E ie cofa di qua nel eie! fi cura;
L'anime che lafsù fjn cittadine»
Ed hanno corpi abbandonati in terra
i
J 45
Dei lungo odio ciril ti pregan fine»
Per cui la gente ben non s' a Scura;
Onde 'icammin'a'ior tetti fi ferra
;
Che fur già si devoti, ed ora in
guerra
?_uafi Ipdunca di ladron fon fatti , ?o
al eh* a' buon foiamente ufeio fi chiude
» :
E tra gli altari , e tra le ftatue ignude
Ogn'imprefa crude! par che fi tratti,
Deh quanto divertì atti!
Né fenza fquille s* incomincia affa Ito , 55
Che per Dio ringraziar fur porte in alto ,
Le donne lagnmofe, e'I vulgo inerme
Della tenera etate j e i vecchi fianchi;
C'hatti
. ,

4S PRIMA
C'hanno sèiii odio , e lafoverchìavìeaj
E i neri fraticelli , e i bigi , e i bianchi 60
Con F altre fchiere travagliate , e 'inferme
Gridan%Ofignor noftro aita , aita. ,

E la pevera gente sbigottita


Ti fcopre le lue piaghe a mille a mille;
Ch'Annibale > noi; eh' altri farian pio ey , :

E fe be u guardi alia magion di Dio


Ch'arie oggi tutta aliai poche faville
;
j
Spegnendo) tìen tranquille
Le v.j«:;eche funollraii sì sfiammate:
Onde fieri 1' opre tue nel ciel laudata 70 .

Orlìj hip!) leoni, aquile, eferpi


Adu; ?ran marmorea Colonna
:

Fa<in 10)3 fovente , ed a sé datino :

Di e- 'ror piagne quella gentil donna_


Che t'ha cbian>ato>acciò che dì lei fterpi 7 y
Le mule piante , che fiorir non fanno .
Pattato è già più che '1 millenni' anno
Che 'ti lei mauc.r queir anime leggiadre
Che locata l'avean iadov' eli' era.
Ahi nova gente oltra mi fura altera, 70
Irreverente a tanta» ed arai madre
Tu munto , tu padre ;
Ogni foccorfodi tua rnans' attende:
Che'l maggior padre ad altr'opera intende.
Rade volte adivien, eh' all'alte imprefe Ss
Fortuna ingiuriosa non contraili ;

Ch'a gH animofi fatti mai s'accorda


paflb onde tu i ritratti j
Ora fgombrando 'I
Fatnmlfi perdonar molt' altre offefe :
Ch' almen qui da sè ftèfia fi difeorda : 90
'1 mondo fi ricorda,
Però che quanto
Ad uom mortai non fu aperta la via
eterno
Per ferii » come a te , di fama
:

i' non falfo difcerno


Che puoi drizzar , s'
,.

P A R T E. «7
In flato la più n obi 1 monarchia. 95
Spanta gloria ti fia
'ir j Gli altri ì' aitar giovane , e forte
;
Quelli in vecchiezza là fcampò da morte !
'1 monte Tarpeo,
Jopra Canzon , vedrai
Un cava lier , eh' E tali a tutta onora ; 100
.
Peiuofo più ti' altrui , che di sè freflb
Digli Un che non ti vide ancor da preflb
:
,
Se non come per fama uom s'innamora;
Dice, che Roma ogni ora
Con gli occhi dolor bagnati , era: Ili 105
Ti chier mercè da tutti fette i colli

.
-
CANZONE XII.

PE^CH'al vifo d'Amor portava infegoa»


MorTe una pellegrina il mio cor vano;
Ch]egni altra mi parca d* onor men degna :
E lei feguendo fu per P erbe verdi
Udì dir alta voce di lontano ; j
Ahi quanti paflì per la felva perdi!
Allor mi Ari n fi all'ombra d'un bel faggio
Tutto penfofo ì e rimirando intorno
Vidi aflaì perigliofo il mio viaggio :
E torna'indietro quafi a mezzo il giorno- iQ

CAN*
, .

4t PRIMA
CANZONE XIII.
rf^\UeL foco ch'io penfai clip foffe fpent»
v£,Dal freddo tempo,e dall' età me fretca;
Fiamma i enwrtir nell' anima rinfrefca
Non fur mai tutte fpente, a quel ch'i'vcggio ;
Ma ricoperte alquanto le faville : J
E temo nò '1 fecondo error fia peggio
,
.

Per lagrime cb' io fpargo a mille a mille»


Conveti che'l duol per gli occhi fi diftille
Dal cor, c'fia feco le faville, e I* efca ,
j

Nó pur qual fu, ma pare a me che crefca.io j

Qual foco non avrian già fpento e morto ,

L' onde che gli occhi trifti verfan fempre ? |

Amor( avvegna mi ila tardi accorto) ,1


Vuol che tra duo contrari mi di [tempre :

E tende 'acci in s) diverfe tempre, ij |

Che quand'ho più fperaza che'l cor n'efeaj


Allor più nel be' vifomi rinvefea,

SONETTO XLIIL
cieco defir che cor distrugge
SEContando
col.
l'ore non m* ingann'
'1

iofteffo;
^
Ora mentre eh' io parlo, i! tempo fugge
Ch'a me fu infu me: ed a mercè promeffo.
Qual' ombra è sìcrudel , che'l feme adugge
Ch'ai defiato frutto ca sì prefio^ j
E dentro dal mio ovil tnal fera rusge?
Tralafpiga, e la man oual muro è mefio?
Inailo , noi fo : ma sì cunoico io bene i
Che per far più dogìiofa la mia vita
Amor m' addufie in sì giojofa IVeue :
Ed or di quel eh' io ho letto , mi foyvene:
Che'nnaazi al dì dell' ultima partita
Uom beato chiamar non fi convene -

SO-
,

p A R T E. 4,
SONETTO XLIY.
M Onde
TE
, 7 ntur« al v e» ir fon tarde e
pigre •

] laflàr , e i' Spettar m' increfce :


b poi al partir fon più levi
che tigre .
Uffa, le nev, fien tepide,
enigre,

*<l.„ii ' '«"««..urt einr uio impari :


Lne « hanno congiurato a torto incontra
.
hoal "»n dolce, è dopo tanti
~k\
Akio
P
AItr 0 mai
En °
^ amari
™ di lor gr a2 , e non « dilegua.'
m'incontra
''.^
.

SONETTO XLV.
uan c; a che fu già
[ //.
»
fianca» piangendo
L/ r
R.pofate
£ fiate cmai di; vói fMb più avaroV;*
fu l'tm, f,« nor
mioca
A quel crude! che fa» fc gliaci
imbianca:
*
T
La à
aI
i

Ì ,
feda a', meli! T
ri chlu et eda

Cuoi
manca
ch » iodi pafTaro,
Moftrandov.und'Agaflo, e di
Gennaro
colTirili
Il
U 8a VJ
terzo bevete un fuco d*
"
Cm P° 156 ^nca;
erba
V ;
Che purghe ogni peniier che']
i

cor 'affli ge
Do ce a !j a fi ne e nel principio ,
acerba !
te nponete ovc-'i
piacer 'fi ferba ,
Ta ch non tema del nocchi
,
i
di Stiee •

Se la preghiera mia
non è fuperba.
» ,

3o
PRIMA
CANZONE XIV.
PErche" quel che mi traffe ad amar prima
Altrui colpa mi
toglia;
Dei mio fermo voler già nonmilvoglia.
Tra le chiome dell'or nafcofe il laccio
Al qual mi ftrinfe , Amore : ,J

I. da begli occhi molle il freddo ghiaccio


Che mi pafsò nel core
Con la vertù d'un fubìto fplendore»
Che d'ogni altra fua voglia
Sol rimembrando ancor l'anima Ipogna- io
Tolta ni* è poi di que' biondi capelli
Laflb , la dolce villa . A . ... .

I'l volger di duo lumi onetti > e


belli

Col fao fuggir m'attrifta:


Ma perchè ben morendo onor s acquuta; ij
Per morte , nè per doglia
Non vo che da tal nodo Amor mi icioglia •

SONETTO XLVI.

L 'Arbor. gentil che forte amai molt'annii


Mentre i bei rami non m'ébber'a fdegnoj
Fiorir faceva il mio debile ingegno

Alla fua ombra , ecrefeer negli afianni,


Poi che > fecuro me di tali inganni »
Fece di dolce sè fpietato legno;
I» rivolfi i penfier tutti ad un
legno»
Che parlan fempre de' lor trilli danni -
Che porà dir chi per Amor fofpira ;
S* altra fperanaa le mie rime
nove
Gli avefier data, epercoftei la perdei
Nè poeta ne colga mai i nè Giove ,

La privilegi ; ed al Sol venga in ira


fi fccchi ogni fua foglia
verde.
Tal) che
. ..

PARTE. JX
SONETTO xLvrr.
OEnedetto fia TOeno*'! me fe,e l'anno,
E i bel paefe , e'1 loco ov» io fui
giunco
Da duo begli occhi , che legato m'
hanno
E
£??? ctt0 ''Pnow dolce affanno
ebbiad eOèr con
»V ar ?o, eie faette ond'i* fui
Amor congiunto:
I
E le piaghe eh' infìn 1 al
punto:
cor mi vanno.
Benedette le voci tante ch'io
Chiamando it nome di mia Dofia ho
fpartK
E i iofpiri, eie lagrime, e'1 delio.
te fian twte 'e carte
.
f
S'Ir
Wi è iol di lei j
^."V P enfier «io.
e>1
fkch'altra non v'ha parte

SONETTO XLVHI.
pAoHE del Cftt, dopo
i perduti giorni,

* uopo le notti
vaneggiando fpefe
Um quel fero defio eh' al cor s*
accefe
Mirando gh atti per mio mal sì
adorni:
Piacciati ornai, col tuo lume
ch'io torni
Ad altra vita , ed a più belle
imprefe;
Si, eh avendole reti indarno
refe,
li mio duro avverfario
fe ne feorni
C S nor
A°Mrhu
Cb r' £ "i
io l'undecim» anno«

fommefr > al difpietato giogo;


;

Che fopra i p,ù fo „


g Eti è pià fooee >
»

M
^ « a«
' er
1< mio non degno affanno :
Riduci i penfier vaghi a miglior
luogo :
tUramenta lor, com' oggi folti in Croce.

C i CAN-
f
. . . ,>

fi PRIMA
CANZONE XV.

Volgendo gli occhi al mio novo colore ,

Che fa di morte rimembrar la gente >


Pietà vi maffe ; onde benignamente
Salutando tenerle io vita il core
La frale vita eh' ancor meco alberga, 5
Fu de' begli occhi voftri aperto dono»
E della voce angelica foave
Da lor conofeo 1' effer* ov' io fono :
Che , come fuol pigro animai per verga
Così d.-flaro in me l'anima grave- 10
Del mio cor; Donna , l'una e J* altra chiave
Avete in mano e di ciò fon contento,
'

Predo di navigar a ciafeun vento :

Ch'ogni cofada voi m' è dolce onore

S O N E T O XLIX.

per turbati fegni ,


SEPervoichinar
poterle
gli occhi, o per piegar la tetta,
Gperefier più d'altra a) fuggir pretta >

Torcendo '1 vifo a' preghi onerti e degni » ,

Ufcir giammai, ovver per altri ingegni


Del petto ove dal primo Lauro iunefta-
Arnor piti rami ; ì'direìben, chequefla
Fofle giuRa cagione a' voflri fdegni :

Che gentil pianta in arido terreno


Par che u difeon venga j e però lieta
Naturalmente quindi fi diparte.
Ma poi voftro deflino a voi pur vieta
L' effer altrove ; provvedete almeno
Di non ftai fempre in odiofa parte .

so.
, .

PARTE."
SONETTO L.

LAsso ,che mal' accorto fui da prima


Nel giorno eh 'a ferir mi renne Amore !
Ch a paflo a parto è poi fatto fignore
Della mia vita, e porto in fu la cima .
Io non credea, per forza di fita lima
Che punto di fermezza, odi valore
Mancarle m
3 i nell'indurato core :
Ma così va chi fopra '1 ver s' eftiraa.
Da ora innanzi ogni difefa è tarda
Altra, che di provar, s' afiai , opoco
Quelli preghi mortali Amore fguarda.
Non prego già, oè puote aver più loco»
Che mi furata mente il mio cor' arda;
Ma che fua parte abbia cortei del foco -

CANZONE XVI.

T Aere gravato, e l' importuna nebbia


t-/ Compresa intorno da rabbiofì
venti,
*ofto coaven che fi converta in
pioggia *
E già ion quafi di criftallo i fiumi :
E nyece dell'erbetta, per le valli
y
Noti li ved' altro che pruine e ghiaccio •
,
Ed io nel cor via più freddo che ghiaccio
,
Ho di gravi pcnfier tal' una nebbia ,
Qualii leva talor di quelle valli
Serrate incoiar? a gli amurofi venti
, io
E circondate di (lagnanti fiumi
Oliando cade dal del più lenta pioggia
In P'ccioi tempo pafla ogni gran
pioggia ;
t i caldo fa fpanr le nevi , e '1 ghiaccio,
C 3 Di
,

« PRIMA
Di che vanno fuperbi in vifla i fiumi; * 5
Né mai nafcofe il eie' sì folta nebbia)
Clic foprag giunta dal furor decenti
Non foggiffe da i Dogai, e dalle valli.
Ma, kfl'o, a me non vai fiorir di valli;
Anzi piangoal iereno , edalla pioggia >«
Ed a' gelati , ed foavi venti :

Ch' illor fia un di Madonna fenz&'l ghiaccio


Dentro e di for feuza P ufata nebbia ;
,

Cb' i* vedrò feceoil mare, e ìaghùe fiumi.


Mentre eh* al mar discenderanno i fiumi ) z j
E le fere ameranno ombro fe valli
1
i

Fia dinanzi a begli occhi quella nebbia


Che fa nafter de 'miei continua pioggia;
3£ nel bel petto 1* indurato ghiaccio
trae del mìa sì dolorofi venti 30 .

Ben debb'io perdonare a tutt' i venti


Per amor d' un che'n mezzo di duo fiumi
Mi chiufe trVlbei verdeje*! dolce ghiaccio)
Tal ch*i" dipinfi poi per mille vaili.
-

L Sbra ov'io forche nècalorjnè pioggia,3s


fuon curava di fpezzata nebbia,
non foggio giammii nebbfa per venti»
Come quel di; né mai fiume per pioggia ;
Nè ghiaccio quando '1 Soi' apre le valli»

23!

>
so.
.. .

PARTE.
SONETTO LI-

DElDove
mar Tirreno
rotte dal
alla fin idra
riva»
vento pìangonl' onde»
Subito vidi quell* altera fronde
Di cui conven che'n tante carte feriva^:
Amor che dentro all'anima bolliva,
Per rimembranza delle treccie bionde
Mi fpiufe:onde in mi rio che l'erba afc8de»
Caddi , no» già come per fona viva
Solo y ov' io era tra bofehetti , e colli »
Vergogna ebbi di me; ch'ai cor gentile
B.iftaben tanto; ed altro fpron non volli
Pia cerni a! mei] d'aver cangiato Itile
Dagli occhi a' pièj fe del lor'efler molli
Gii altri afeiugafle ua più cortefe Aprile

SONETTO L1 1.

L'Aspetto facro della terra voflra


Mi fa del mal paflato tragger guai»
Gridando, Sta fu, mi fero ; che fai?
E la via di falir al ciel mi nioftra
Ma con quefto penfier'un' altro gioftra ;
E dice a me , Perchè fuggendo vai?
Se ti rimembra , il tempo paflTa ornai
Di tornar a veder la Donna noftra.
l'i che 'i fuo ragionar' intendo allora*
M'agghiaccio détro in guifa d'uo" cà'afcoita
Novella che di fubito l' accora :
Poi torna il primo , e quello dà la volta :
Qual vincerà, non fo ma infino ad ora
:

Combattut* Jiaatio » c non pur* una volta .

C 4 SO-
. , ,

36 PRIMA
SONETTO LUI.
BEnAmor
fapev'
co
che naturai confìglio»
,
io
te giammai non vaifeì
latra di
Tanti lacciuol' , tante impromefle falfe»
Tanto provato avea '1 tuo fero artiglio .
Ma novam ente ( oud' io mi maraviglio )
Dirol come perfona a cui ne caffè";
E che notai là fopra 1' acque falfe
'1

Tra lariva Tofeana , e V Elba, e'I Giglio


V fuggia le tue mani , e per cammino
Agitandomi venti, e*] cielo, e l'onde
M 1
andava fconofduto , e pellegrino ;
(Juand'ecco i tuoi tniniftri ( i'non fo donde ;)
Per darmi a diveder , eh' al ftio deftino
Mal chi contrafta , e mal chi fi nafconcJe.

CANZONE XVIL
LAsso_me, ch'i'non fo in qual parte pieghi
La fpeme ch'è tradita ornai più volte :
,

Che Te non è chi con pietàjn' àfeoite;


Perchè fparger al eie si fpefli preghi ?
1

Ma s'egli avvieiijch'ancor no mi fi nieghi j


Finir ami il mio fine
Quelle voci mefebine»
Non gravi aj mio Si gnor perch'io'! ripreghi
Di dir libero un di tra l'erbai e fiorii

Dre\ & ratfan es //ut tu tìattt etndtmori jo .

Ragion' è ben, ch'alcuna volta i' canti:


Però c' ho fofpirato si gran tempo ;
Che mai non incomincio affai per tempo
Per adeguar col rifo i dolor tanti
E s'io poterli far ch'agli occhi fanti 15.
Porgeffe alcun diletto
Qual-
?

P A R T E. 9 s?
Qualche dolce mio detto;
O me beato fopra gli altri amanti !

Ma più quand' io dirò fenza mentire;


,

Danna mi p'tg* fer cV h vaglio dire, zi ,

Va;hi pender*, che così pafl'o palio


Scorto m'avete a ragionar tant' alto ;

Vedete , che Madonna ha '1 cor di fmalto


3
Sì forte , eh io per me dentro nolpaffo:
Elia non degna dì mirar sì batto j 25
Che di nolìre parole
Curi; che 'i Ciel non vole;
A I qua! rur contrattando i' fon già latto :

Onde , come nel cor induro, e'nnafpro ; m 1

Cesi nel mìo parlar vagli» effer e (prò 30 ,

Che parlo ? o dove fono ? e chi m' inganna


Altri, eh' io (letto, e *l defiar foverchio
GU,s'i'cr,afcorroiIciel di cerchio 1 cerchio
Nelf in pianeta a pianger mi condanna .

Se mortai velo il mio 1 eder'appanna , 55


Chi colpa è delle ftelle >
O delle cofe belle ?
-Meco fi fta chi dì , e notte m'affanna
»
Poi che del tuo piacer mi fe gir grave
La dolce vifia } e V bel gaa'do foair .
40
tutte ìe cofe di che'i mondo è adorno >
U;cir buone di man del Maitre ecerno
f
Ma me che così addentro non difeerno ,
,

Abbaglia il bel che mi fi moftra intorno :


E^s'al vero fplead or giammai ritorno:
45
I
L'occhio non può ttar. fermo;
Cosi l'ha tatto infermo
Par la fu i propria colpa , e non quel giorno
RWi' volfiinrer l'angelica belcade
Ktl deh» ìtrnpù della prima eSade , 50

C $ CAH-
, ,

Si «PRIMA
CANZONE XVI ir.
^,>#f#»pSRCHE l la vita è breve»
X E T ingegno paventa all' alta imprefa j

Nè di lui, né di lei molto usi fido»


Ma fpero che fia in te fa
Là dov' io bramo > e i'à dov* elFer deve » 5
La doglia mia , iaqual tacendo i' grido;.
Gechi leggiadri , dov* Amor fa_nido>
A voi rivolgo il mio debile ftile
Pigro da sè ; ma *1 gran piacer io fprona i
E ehi di voi ragiona
Ttfcn dal faggetto un* abito' gentile;.
Che con 1' ale amorofe
Levando , il parte d v ogni penfier vile :
Con quelle alzato vengo a dire or cofe
C'ho portate nel cor gran tempo afeofe iÀ
Non perch^io non rn'avveggia
Quanto mia laude è ingiuriofa a voi :

Ma contrattar non politi ai gran defi.o;


Lo quale è in me dapoi
Ch'ioidi quel che penfier aon pareggia;
JJen che. l' agguagli altrui parlar' , o mio j
Principio del mìo dolce flato rio
Altri che voi, io ben , che non m'intende •
Quando a gli ardenti rai neve divegno;
voifea gentile fdeg no 2$

Forfè di' sllor mia- indegnkate offende.


O, te quella temenza
Non temprale 1' arfura che m' incende;
Beato venir men! ché'nlor prefenza

M'é più caro il morir, che Riviver
lenza, P
Dunque, eh' i non mi staccia 9
1

Sì frale oggetto a sì poflente foco ; j


Non è proprio valor che me ne fcana^j
>, , , .

PARTE.
Ma la paura un poco;
$9

Che'l fague vago per le vene agghiaccia; JJ


Rifalda *1 cor perchè più tempo avvampi
O poggi, o valli > o fiumi , o lèlve, o campì *
© teftimorì'della mia grave vita
Quante volte m' udilte chiamar Morte ?
Ahi dolorofa forte / 4»
Lo dar mi ftrugge, el fuggir non m'aita .
Ma fe maggior paura
;

Non m* affrenafse via corta , e fpedita


;

Trarrebbe a fin queft''afpra pena e dura ;


,

E la colpa è di tal, che non ha cura. 45


Dolor, perchè mi meni
Fuor di cammin Vdir quel chVnon voglio ?
Softien* eh* io vada ove '1 piacer mi fpigne*
Già di voi non mi doglio»
Occhi fopra'l mortai corfo ferenì , 5®
Né di Idi eh' a tal nodo mi diftrigne.
Vedete berf, quanti color di pigne
Amor fovente in mezzo del mio volto;
E potrete penfar , guai dentro fammi
Là 've dì , e notte itammi Sj
Addofìb col poder e* ha in voi raccolto >
Luce beate, e Hetej
Se non che'l veder voi (ìeflTe v' è tolto:
Ma quante volte a me vi rivolgete
Conoscete in altrui quel che voi fiete- €a
fa voi folFe si nota
La divina incredibile bellezza
Di eh! io ragiono, come a chi la- mira;
Mi furata allegrezza
Non avria T cor però forfè è remota Cy
:

Dai vigor naturai che v'apre, egira.


Fe lic e 1 ' a Im a c h e p er vo ì fofpi ra
Lumi del ciel; per li quali io ringrazio
La vita, che peraltro non m' è a grado-
C 6 Oimè*
fio
Oijriè, perchè sì rado
PRIMA yo
Mi date quel dond'io mai non fon fazìo ?
Perchè non piò l'avente
Mirate , qual' Amor di me fa ftrazio ?
E perchè mi fpogliate immantenente
Del ben ,ch'ad ora ad or l'anima ferite ? 75
Dico, eh' ad ora ad ora
( Voftra mercede ) i'fentoin mezzo l'alma
Una dolcezza in ufi tata , e nova ;
La qual'ogni altra falma
Di nojofi penfier difgombra allora So
Sì che di mille un io! vi G ritrova :
,

Q^iiel tanto a me, non più, del viver giova :


li fe quello mio ben durale alquanto
,
Nullo (lato agguagliarfe al mio potrebbe :
Ma forfè altrui farebbe 8j
I livido , e rnefuperbo- l'onor tanto:
Però , lafio * convienfi
Che l'eftrema del rifo aflTaglia il pianto;
E 'nterrampendo quelli fpirti acce tifi ,
A me ritorni , e di me £h:iTo penfi g& .

L'amorofo penfier© .

Ch'alberga dentro, in voi mi fi difeopre


Tal che mi trae del cor' ogni altra- gioja>'£
,

Onde parole-, ed opre


Efcon di me sì fatte al ior , eh' iTpero 95.
Farmi immortai y perchè la carne moia .

Fuggeal voftro apparire angofeia , e aoja'J


E nel voflro pai tir tornano infeme :

Ma perché la memoria innamorata


Chiude- lor poi l' entrata ; ict»
Di là no vanno dalle" parti eftreme:-
;

Onde alcun bel frutte


s'
Nafce ; da voi vien prima il feme
di ine :

Io per me fon quali un terreno afeiutto


Colto da voije'l pregio è vollro in tutte 105
Caa-
PARTE.
Ganzo n , tu non m'acqueti ,
er
anzi rn'ìn Sanimi
A dir di quel eh' a me fleflo m' invola ;
Però fia certa di non efier fola .

C A-N ZONE XIX,


GEntil mia Donna i' veggio 4

Nel mover de'voftri occhi tt dolce lume^


Che mi moftra la via eh' al ciel conduce i
E per lungo cortame
Dentro là dove fol con Amor feggio j 5
Quafi vifibilmente il cor traluce.
Queft.' è la villa eh' a ben far m' induce >
E che mi feorge al gloriofo fine :

Quella fola d;;l vulgo m'allontana:


Né giammai lingua umana 10
Contar poria o/uel che le due divine
Luci lentir mi fanno :
E quando '1 verno fp;irge le pruine >
E quando pei ringiovenifee l'annoj
Qual'sra ai tempo del mio primo affanno 13
Io penfo : Se lafTufo ,
CUide Motor' eterno delle ftelle
'1

Degnò moftrar del fuo lavoro in terra ?


Son l'altr' opre si belle ;
Aprafi la prigion' ov' io fon chiufo , a©
E che '1 cammino a tal vita mi ferra
Poi mi rivolgo alla mia ufata guerra
Ringraziando Natura , e'I dì ch'io nacqui ;
Che referyato m'hanno a tanto bene;
E lei eh' a tanta fpene 25
Alzò '1 mio cor ^che 'nutr allor' io giacqui
A me uojofo, e grave :
Da quel dì innanzi a me mede fino piacqui
Empiendo d' un penfier' alto , e foave
Quel core Òd'hano i begli occhi la chia ve. jo
. . ,


«*
mai
PRIMA
flato giojofo
Amor', o la volubile Fortuna
Dieder' à chi pià fur nel mondo amici j
Ch'i* noi cangia fu ad una
Rivolta d'occhi: ond' ogni mio ripofo jj
Vieti, cora* ogni arbor vìen da fue radici .
Vaghe faville, angeliche, beatrici
Della mia vita ; ove *i piacer s' accende
Che dolcemente mi confuma * e ftmgge ;
Come fparifce > e fugge 40
Ogni altro lame dove 1 voflro fplende
Così dello mio core,
Quando tanta dolcezza in lui difcende *
Ogni altra cola » ogni penfier va fore ;
E folcivi con voi rimanti Amore ,
45
Quanta dolcezza ùnquanco
Fu in cor d*avventuroG amanti.; accolta
Tutta in un loco,a quel chTfen-tOiè nulla J
Quando voi alcuna volta
Soavemente tra'l bei nero t e'1 bianco jo
Volgete il lume in cui Amor fi traflulla :

E credo , dai! e fafce e dalla culla


,

AI mio imperfetto, afla fortuna avverfa


Quello rimedio provvedere il cielo
Torto mi face il velo ,
E la man , che sì fpeffb s'attraverfa 55
Fra *1 mio fommo diletto,
E gli occhi ;
onde dì , e notte fi rìu verfk
Il gran deiio-, per isfògar il petto ,
Che forma tien dal variato afpetto . 6&
Percb' io veggio- (e mi fpiace )
Che naturai mia dote a me non vale*
Ne mi fa degno d* un sì caro- fg nardo ,
Sfbrzomì d' effer tale,
Quaì*alPatta fperanza fi con face, 65
Ed al foco gentil' ond'io- turt'ard'o
S'al
P à R. T E. 69
S' a!ben veloce , ed al contrario tardo r
Difpregiator di quanto 1 mondo brama r
Per follicito ftudio poffo farine :
Potrebbe forfè ai tarme 7Q>
Nel benigno giudlcio una tal £una.
Certo il fin de* miei pianti;
Che non altronde il cor dogliofo eh fa ma ;
Vlen da 'begli occhi al fin dolce tremanti ,
Ultima fpeme de* cortei! amanti . j§
Ganzon » 1* una forella è poco innanzi ;
E 1* altra fento in quel medefmo albergo
Appare ce hiarfi : ond' io più carta vergo »

CANZONE XX.

POi che per mio dettino


A dir mi sforza quell* aceefa voglia
Che m* ha sforzato a fofpirar mai fempre ;
Amor, eh* a ciò m'invoglia)
Sia la mia frotta, e*nfeguim* il cammino; 5
E col defio [ernie rime contempre :

Ma non in guifa , che lo cor fi {tempre


Di foverchia dolcezza ; coni* io temo (gne:
Per quel chVfentoov'occhio altrui ne già
Che *I dir m* infiamma > e pugne; 10
Ne per raio in gegno(otid*iopaveEo 3 e tremo ]
Siccome talor fole,
Trovo *1 gradi foco della mente {cernei
Anzi mi ftruggo al fiK-n delle parole
Pur jccm'io folli un'uà" di- ghiaccio alSole-i f
Nel cominciar credia
Trovar parlando al mio ardente d eure
Qualche breve ri polo, e gualche tregua .
Quella fp e rat) za ardire
Mi porfe a ragionar quel eh* ì* fenda : 20
Or m* abbandona al tempo , e fi dilegua .

Ma
, ,

U P 'R I M A
Ma f
purconven che l'alca imprefa feguar>
Continuando l'amorofe noce;
Sì polfe.ite è M voler che ini trafporca :

lì la ragione è morta » zj
Che tenea'l freno; e cootraftar noi potè •
Moftriaii alinea, eli' io dica,
Amor', in gu. fa, che fe rtiii percote
Gli orecchi della dolce mia nemica;
Non mia ma , di pie-M la faccia amica •
30
Dico: Se *a quella etate
Ch'ai vero onor fur gli animi sì accefi ,
L'mduflria d'allucini uomini s' avvolte
Per divertì paeli
Tog?,i > ed onde palTandi ; e l'onorare jj
Cofc- cercando , il più bel rior ne coffe ;

Poi che Dio , e Natura ed Amor volfe ,

Locar cornai cameni e ogni vktute


In quei be' 'uni ond' io gio'ofo vivo ;
Quefto e quei!' altro rivo 40
Non conven eh' i' trapali, e terra mire :

A lor femore ricorro.


Come fontana d'ogni mia fallite;
a
E quando a morte d"fiindo. corro
Sol di lor vjfta al mio flato foecoiro 45 •

Come a forza di Toni


Sranco nocclrer di mtre alza la terra
A' rfao lumi e1 ha feuiprc il noflro polo >
Cìjsì net la tempefta
Ch' i'iolìenso d'amor, r,II occhi lucenti jo
Sono il mio fe^no , e '!> mio conforto folo .
Lauo ni troppo è più quel ch'io ne'n volo-
, i

Or quinci. c>f qui idi, com' Amor m'informa;.


Che quel che vie;i da graziofo dono:
E quel n-co ch'i' fono, 55
Mi fa di loro una perpetua norma i
Poi ch'io ii vidi in prima >
.j

PARTE. 6j
Senza lor* a ben far non moffi un* orma :
Così gli ho di me polii in fu la cima}
" Che'I mio valor per sè falfos'eftima . tf0
I* non pori a giammai
Immaginar-, non che narrar eli effetti
Che nel mio cor gli occhi fwvì fanno.
Tutti gli altri diletti
Di quella vita ho per minori affai
; 6$
E tute' altre bellezze indietro vanno.
Pace tranquilla fenz'alcuno aff.nno,
Simile a quella che nel ciePeterna.
Move dal lor' innamorato rifo.
Così vedefs' io fifo , 7f5
Cora' Amor dolcemente gli governa
Sol' un giorno da prefTo ,
Senza volger giammai rota funerna ;

Né penfaffi d' altrui , nè di me (féHb ;


E*l batter gli occhi miei non fofì'e fpefTo^j
LaU'o ) che deli andò
Vo quel eh' effèr non puote in alcun modo ;
E vivo del deiir fuor di fperanza .

Solamente qu<l nodo


Ch'Amor ci rcóda alla mia lingua ,<juado So
L'umana vifta il troppo lume avanza,
Fofì'e difcioko ; i' prenderei baldanza
Di dir paiole in quel punto sì nove,
Che farian lagrimar chi le 'mendeflè.
Ma le ferite imprelfe Sj
Volgoli per forza il cor piagato altrove :

Ond' io divento fmorto ;


E '1 fangue fi nafeonde i' non fo dove;

Ne rimango qua!' era ; e fammi accorto ,


Chequefto èl col podi che Amor m'ha mor-
Canzone, i'fento già fiancar la penna ( to. 90
Del lungo s e dolce ragionar con lei ;
Ma non di parlar meco ipeufier miei
s o-
, ,

«« PRIMA
SONETTO LIV.

IOI fon già fianco dipenfar, ficcome


mie' pender* in voi fianchi non fono»
E come vita ancor non abbandono»
Per fuggir de? fofgi* sì gravi fome »
E come adir del viio , e ckile eh ionie
E de' begli occhi, end' in fornire ragiono,
Non è mancata ornai la lingua , e *I fuono
Dì» e notte chiamando il voti co nome»
'

E eh* e piè miei non fon fiaccati e , larTì


A feguir orni voftre in ogni n>arte »
!» .'

Perdendo inutilmente tanti pani ,*

Idoiidevicn l'incfiioftrò , onde le carte


Ch* va empiendo di voi: fc'n ciò fàflaflij
ifi

Colpa d'amor , noo già d fetto d* arte „


i

SONETTO LV.
Begli occhi ond*Ì' fili percoffo in guifa
I Ch' e rac-defmi porian falda* la piaga i
E non i-ià vertit d' erbe, o d* arte maga
»
Odi pietra dal mar noflro divìfà ;
M* hanno la via sìd* .litro amor preci fa ,
Ch' un dolce penfier l'anima appaga t
fol
E fe la lingua dì feguir Io é vaga ;
La feorta può , non etìa , effer derifa .
Quefh fon que' begli occhi che l' imprefe
Del mio Signor vittoriofe fanno
In ogni parte a e più fovra 1 mio fianco :
Quefti fon que* begli occhi che mi fra imo
Scmpm nel cor con le faville accefe;
Perch* io di lor parlando non mi fUiico »

SO-
. ,

PARTE. gf

SONETTO LVI.

AMor
Mi
con fue promefTe lufingatido
ricondufTe alla prigione antica J
Edìè te chiavi a quella mia nemica
Cb' ancor me di me fteffo tene in bando.
Non me n' avvidi , lafto, fe non quando
Fu' in lor forza ed or con gran fatica
:

( Chi crederà , pere è giurando il dica? )


'1 ti

In libertà ritorno fofpirando


E come vero prigiouero afflitto
Delle catene mie gran parte porto '
E'1 cor negli occ!u>e nella frote ho fcritto.
Quando iarni del mio colore accorto»
Dirai; S'i' guardo , e giudico ben dritto;
Quelli avea poco andare ad cfTer morto -

SONETTO LVII.

mirar Polideto a prova fifò


PER
Con gli altri ch'ebber fama di cuellVte,
3
M^it anni, nonvedrian la minor parte
Della beltà eie rn' ave il cor conquifo ,
Ma certo il mio Simon fu in paradifo,
Onde quella gentil Dorina fi parte:
Ivi la vide > e la ritraffe in carte*
Per far fede quaggiù del fuo bel vifo .
L'opra fu ben di quelle che nel cielo
Si potino immaginar > non qui fra noi »
Ove le membra fermo all'alma velo.
Cortefìa fé : nè la potea fer poi
€he fadifeefo a provar ealdo > egielo ;
E del mortai feutiron gli occhi fuoi.

S
PRIMA
SONETTO LVIII.

QUando ginnfe a Simon l' alto concetto I


Ch'jt mio nome gli pofe in man lo ililefl
S'averle dato all'opera gentile
Con la figura voce » ed intelletto ;
Di fofpir malti mi {"«ombrava il petto: -
Che ciò ch'altri han più caro, a me fan vile:
Però che 'n vifta ella fi moftra umile »
Promettendomi pace nell' afpetto
Ma poi ch'i' ven°o a ragionar con lei ;
Eeni^nìmente aiTti par che m' afcolre
Se risponder fa ve fife a' detti miei.
Pigmilion, quanto IoHar ti dei
Del " immagine tur, fe mille volte
H' avefti quel ch'i' fol' una vorrei

SONETTO LIX.
Al principio rifponde il fine , e'i mszza
S' Del quartodecim' anno ch'iofof->iro, 5
Più non mi può fcampar l'aura, nè'ì rezzo;
Sì crefcerfento '1 mio ardente deliro . -

Amor , con cui penfier mai non han mezzo >


Sotto '1 cui giogo giammai non refpiro ;
Tal mi governa , eh' ì' non fon già mezzo»
Per gli occhi, eh' al mio mal sì fpefìo giro
Cosi mancando vo di giorno in giorno ,
Si chiufamenre , eh' i' fol me n'accorgo,
E quella che guardando il cor mi ftrugge •

Appena in fi a' a qui l'-ani'iia feorgo ;


NC- fo qu into fia meco il fuo foggiorno:
Che la morte s' appretti , e *1 viver fugge

CAM-
PARTE. «»

CANZONE XXI-

CHI è fermato dì menar fua vita


Su per l' onde follaci , e per li fcogli ,
Scevro da morte con un picciol legna;
Non può molto lonta efTer dal fine :

Però farebbe da rìtrarfi in porto , 5


Mentre al governo ancor crede la vela-
L'aura foave a cui governo, e vela
Commi!! entrando all' amorofa vira j
E fperando venire a miglior porto ;
Poi mi cosidufle in più di mille fcogli : 10
E le camion del mio dogliofo fine
Non pur d'intorno avcrì,m.-< dentro al legno.
Chiufo gran tt.mpo in quefto cieco legno j
Errai fenza levar occhio alla vela,
Ch' anzi 'I mio di mi crafporrava al fine:' 5
Poi piacque a lui che mi produrle in vita*
Chiamarmi tanto indietro dalli fcogli»
Ch'almen da lunge m' apoarifle il porto .
Come lume di notte in alcun porto
Vidi} mai d' alto mar nave , ne legno, io
Senongliel tolfe 0 tempeftate , o fcogli ;
Così di fu dalla gonfiata vela
Vid' io le 'nkgne di quell' altra vita :
Ed allor fofpirai verfo '1 mio fine,
iou perch' io m fecuro ancor del fine :
Che volendo col giorno efler a porto
[E' gran viaggio in così poca vita:
Poi temo, che mi veggio in fragillegno ;
E più ch'i' non vorrei , piena la vela
Del vento che mi pinfe in quelli fcogli. 30
roefea vivo de' dubbio fi fcogli 5
1 Ed arri ve il mio efilio ad un bel fine ;
Ch' l' farei Vogo di voltar la vela
Et'
.


E l'ancore
PRIMA
gittar in qtnlche porro;
Se nonch" i'ardo , cerne acccfo legno j
Sim* è duro a laflar l'ufara vita
Signor della mia fine, e della vita»
Prima eh* i* fiacchi il legno tra li fcogll i
Drizza Ù buon porto l'affannata vela.

SONETTO LX.
ftanco fotto fafeio antico
fon
IODjllemie
sì *J

colpe, e dell' ufanza ria;


Ch' i' re ino forte di mancar tra via ,

Edi cader in man dei mio nemico-


Be'i venne a dilivrarmi un grande amico
Per fomm.i » ed ineffabil cortefia :

Poi volò fuor della veduta mia,


Sì> ch* a mirarlo indar.no m'affatico:
Ma la fua voce ancor quaggiù rimbomba:
O voi ebe travagliate , ecco il cammino}
Venite a me i fe *1 paiìb altri non ferra . .

Qua! grazia, quai' amore, oqual dettino


Mi darà penne in guifa di colomba;
Ch'i' mi ripofi, elevimi da terra?

SO-
.

PARTE. 7X

SONETTO LXI.
non fu' d'amar voi
IOMadonna, nèlarò,
laflato unquanco ,
mentre eh' io viva:
Ma d'. odiar memedeftno giunto a riva »
E continuo lagrimar fon fianco.
del
E voglio anzi un fepolcro beilo , e bianco;
Che '1 voftro nome a mio danno fi feriva
In alcun marmo , ove di fpìrto priva
Sia la mia carne , che può ftar feco
anco .
Però s'un cor pien d*amorofa fede
Può contentarvi fenza farne ftrazio :
Piacciavi ornai di quefto aver mercede :
Se in altro modo cerca d'efler f zi
3 0
Voftro fdegno,erra;e non fia qud che crede:
Di che Amor , e me fleffo affai ringrazio

SONETTO LXII.

bianche non fon prima ambe


SECh'a poco a poco
le tempie ,
par,che*l tempo mifchi;
Securo non farò, bencb'iora'arrifchi
Talor* , ov* Amor i' arco tira , ed em>>ie »
Non temo già , che più mi ftrazj , o feempie»
Nè mi ritenga , pere b' ancor m* invifehi
Nè m apra il cor, perchè di fuori* incifehi,;
1

Con fue faette velenofe, ed empie.


[Lagrime ornai da gli occhi ufeir non ponno
;
Ma di1 gir in fin là fanno il viaggio ;
Si, eh appena fia mai chi' 1 patto chiuda •
Ito mi può rifcaldar il fiero raggio ,
Non sì, eh' i'arda; e può turbarmi il Tonno»
Ma romper nò, I* immagine afpra, e cruda.
, .

ti
PRIMA
SONETTO LXIIL
OCchi ,
accomnagnate il core
piangete ; »

Che di voftro fallir morte forte ne .


Così fenip re facciamo ; e ne convene
Lamentar più 1* altrui, che'l noftro errore.
Già prima ebbe per voi l' entrata Amnre
Là onde ancor, come in fuo albero, vene.
Noi gli aprimmo la via per quella fpene
Che mode dentro da colui che more
Non fon coni' a voi par, le ragion pari
, :

Che pur voi fofte nella prima vifta


voftro , e del fuo mal cotanto avari .
Del
Or quefto è quel che più! ch'altro n' attrifta»
Ch* e perfetti giudicj fon si rari
E d* altrui colpa altrui biafmo s* acquifta •

SONETTO LXIV.

fempre ed amo forte ancora


IOEamai
fon per amar pjù di giorno
,

giorno io
?

Quel dolce loco ove piangendo torno


Spefle fiate, quando Amor m'accora: -

E fon fermo d'amare il tempo, e l'ora


Ch'ogni vii cura mi levar d' intorno ;
E più colei lo cui bel vifo adorno
Di ben far co' fuoi efempj m' innamora
Ma chi pensò veder mai tutti infeme
.Per affair mi ' cor* or quindi , or quinci»
3
Quelli dui ci nemici eh i' tant' amo ?
Amor, conquisto sforzo oggi mi vinci-
E fe non eh' al defio crefee la fpeme ;
I* cadrei morto ove più viver bramo
.

PARTE, 1%
SONETTO LXV.
TO avrò ièmpre in odio
X Onde Amor m' avventò hgiàfeneftra
i

mille drall ,
Perch a quant, di lor non '
fur mortali"
U, è bel morir mentre la vita
é deftra
Ma I fovraftar neHa pr^ion
terrena
&g«m m «è lafib, d'infiniti
E più mi duol , che fìen meco mali :
Poiché l'alma d a l CO r non fi immortali
-

fcapertra
Mjfcra! che devrebbe efTer
accorta
rjet)2ia ,°™i
èchi r%
Non HIV' . '1 tempo
ndjctro volga, ochi
l'affieni
Pm volte
ho con tai parole fcom
l'
;
Votene, rnfia; che non va per
tempo
Chi dopo laffa i fuo i dì più
fcreni.

SONETTO LXVf.
PI' torto
,
come av vie n che l'arco feocefei k

Fede eh deftmato fegno rocchi


al -

folemente ,1 colpo de' v-bftr'


occhi,
Donna, fentifte alle mìe parti
interne
Orato pattare: onde convien
, ch'eterne
Lagrime per la piaga il cor trabocchi .

fretto fon , che voi dicerte allori


tiferò amante .'a che vaghezza
il mena?
Ecco lo fìrale ond' Amor voi
eh' e' mora , .
Ora reggendo, come
'1 duo! m'affiena
;
«uei che mi fanno i miei nemici
ancora,
Non è per morte , ma per più
m ia pena .

Bìme Petrarca. D SO-


, . , ,

?4
PRIMA
SONETTO LXVII.

venir troppo
che mia fpeme è lunga a
POiE della vita il trapalar si corto,
accorto ,
Vorreirai a miglior tempo effer
di galoppo
Per fuggir dietro più che
, esopeo
E fuggo ancor così debile m'ha (torto ,
.

Dall' un de'lati, ove'l delio


v .io porto
Securo ornai ma pur nel
:

Séghi eh' io prefi all'


amorolo intono .
invia,
Ond'io confido voi che liete
avvampa
Vogete parti e voi eh' Amore
i :

ardore
Non v' induciate fe 1' eftremo
:

non lcampa-
Che perch' io viva ; di mille un
mia i
Era ben forte !a nemica
'1 core
lei vid' io ferita in mezzo
.
E
SONETTO LXVIII.
-

Uggendo prigione ov> Amor m' ebbe


F la
Molt'afii a fardi me quel eh a
lui parve,

Donne mie , lungo fora ricontarve ,


Quanto la nova libertà m' mcrebbe
.

iaprebbe
Diceami '1 cor che per sè non
,

Viver un giorno e poi tra via m


:
apparve

Ouel traditor' in sì mentite larve


avrebbe:
Che piw faggio di me ingannato
Onde più volte iotpirando indietro, _

Diffi,Oimè, il giogo , e le catene , e i ceppi,


Eran più dolci che andare iciolfo
1' .
_

Miferome! che tardo if mio mal leppi


t

con quanta fatica oggi mi ipetro


E
©eli' error ov' io fteflo m'era
1 involto!

S 0-
. .

PARTE. 7S
SONETTO LXIK.
ERano] i capei d'oro
all'aura fparfi,
Che n mille dolci nodi gli avvolgea :
E'1 vago lume okra mi fura ardea
Di quei begli 0Cc hÌ c fe' or ne fon
sì fcarfi :
E I vi lo d; pjetofì color fàrfi ,
Non fo fe vero, o falfo mi
pa rea :
cncl'efca amorofa al petto avea,
I
Qual maraviglia, fe di fubk'arfir
Non era l'andar fuo cofa mortale,
Ma d'angelica forma; e ie parole
Sónavan' altro , che pur voce umana .

Uno ipirco celeftc, un vivo Sole


Fu quel di' ' vidi e fe non foffe or tale
i : •

'
Piaga per allentar d'arco non lana .

SONETTO LXX.

LA bella
Subitamente
Donna che cotanto amavi,
s'è da noi partita :
E , per quel eh' io ne fperi , a! ciel falita
:
.
5>i turon gli atti filai dolci foavi
Tempo è da ricovrare ambe le chiavi
Del tuo cor eh' ella poffedeva
,
vita
E Jepuir lei per via dritta, efpedita. » ;

Pelo terrea non fia più che t'aggravi


Poi che le igombro della maggior
falma,
E altre puoi giufo agevolmente porre,
Salendo quali un pellegrino fcarco .

Ben vedi om.u , ficcome a morte corre


,
Ogni co ft creata ) e q uanto all'alma
Biiogna ir lieve al perigliofo varco.

D * SO,
. . ,

jt PRIMA
SONETTO LXXL
PUNCETE donne,e 5
con voi pianga Amore»
Piangete, amanti, per cialcun paele i
Poi che morto è colui che tutto
mteie
In farvi , mentre ville al mondo onore .

Io per me prego il mio acerbo dolore,


Non fian da lui le lagrime contele ; :

E mi 15 a di fofpir tanto tortele


Quanto bìfogna a disfogar il core
Piangati le rime ancor ,
piangano 1 vedi ;
Perchè '1 nollro a moro lo Mefler Cioo
Novellamente s'è da noi partito. .

PiangaPiftoja e icittadm perverti,


,

Che perdut' hanno sì dolce vicino »


ov' eli: è gito
£ rallegres* il Cielo , .

SONETTO LXXIL
volte Amor m' avea già detto, Scrivi
Più'
Scrivi quel che vederti , in letcred' oro

Siccome miei feguaci difcoloro,


i _

E *n un momento gli io morti , e vivi


Un tempo fu che 'n te fteflo'l tentivi,
Volgare efempio all' amoroio coro :

Poi 'di man mi ti tolfe altro lavoro;


Ma già ti raggiuns' io mentre fuggivi :

E s' e begli occhi ond'io mi ti morirai,


E là dov'era il mio dolce ridetto »
Quando ti ruppi al cor tanta durezza
. Mi rendon Parco eh' ogni cola Ipezza ;
-v«. Forfè non avrai fempre il vìfo alcnfro :

Ch' i' mi palco di lagrime ; e tu fai


'1

SO-
,,

P A R T E. 77
sonetto Lxxrrr.
QJakdo giugne per. gli occhi al cor profÈ
L imagi n donna.ogni altra indi fi parte?
£
le vertu che l'anima
comparte,
La cian le membra qua fi immobiì
pondo :
£ del primo miracolo il fecondo
NafcetaW: che la fcacciata parte
iJasèltelia fuggendo arriva in
parte
Che fa vendetta , e '1 fuo cullo giocondo,
quinci in duo volti un color morto
appare :
percheil vigor che vivi gli moflrava
.Ua neliun lato è più là
dove flava.
fc di quello in quel di mi ricordava
Ch' i* vidi duo amanti trasformare
»
Eiar, qual' io mi foglio in villa fare»

SONETTO LXXIV,
COsi* potefs* io ben chiuder invertì
I miei pe ufier , come nel cor li chiudo :
Ch animo al mondo non & mai si crudo
Ch i*n<rafeceffi per pietà dolerfi .

Ma voi occhi beati ; onci' io iofterù*


,

Q-ieJ colpo ove non valle elmo, nè feudo


;
Diror', e dentro mi vedete ignudo:
Benché *n lamenti il ditol non fi riverfi :
Poi che voftro vedere in me rifplende,
Come r.iggio_ di S >J traiuce in vetro .
Balli dunque il delio , fenza eh' io dica .
tallo, non a Maria, non nocque
a Pietro-
La fede, ch'a mefol tanto è nemica :

E lo , eh' altri che voi ne fiuti m' intende »

d 3 sa
. , ,

pR I M J
A
S 0 N ET T O LXXV.
dell' afpettar' ornai sì vinto,
IOEfòn
della lunga guerra de ioipm;
i deliri ,
Ch' i' a°gio in odio la fpeme , e
avvinco
Ed ogni laccio ondeM mìo cor è
-

Ma'l bel vifo leggiadro che


dipinto 1
eh io min
Porto nel petto» e veggio ove
empj martìri
Mi sforza onde ne' primi ridipinto
:

Pur foQ contra mia voglia


.

«rada
Allor' errai quando V antica
Di libertà mi fu precitate Dotta?.
aggrada.
4é Che imi fi fegiteciòch'a gli occhi
efciolta :
Allor corfe al fuo mal libera ,
che vada
Or' a porta d'altrui conven
che peccò foi' tuia volfa-.
L'anima,
SONETTO LXXVI.

A Era
Hi ,

Partendoti da
'1 mio
bella libertà,
me ,
come
quale
inoltrato
quando 'I primo tifale f
flato
tu m' hai

guarro mai
Fece-ta piaga ond' io non
si de lor guai,
Gii ocebi invaghirò allor
Che Mfren della ragione ivi nonmortale
vale ;
opera
Pere' hanno a fchifo ogni
:

prima gli avvezzai


Laffo , così da
non ragiona
Uè mi lece afcoltar cbi fol del fuo nome
Della mia morte: che
fuona
Vo empiendo l'aere , che si dolce
.

Amor' in altra parte non mi


i prona ;
man , come
Nè i Piè fanno altra via , aè le
polii in carte altra pertona
-
Lodar fi

S 0-
,

SONETTO LXXVH.
ORso voftro deftrier fi. può ben porre
, al
Un fré.che di fuo corfo indietro il volga;
Ma '1 cor chi leg!erà , che non fi fciolga j
Se brama onore, e '1 tuo contrario abborre ?
Non iofpirate: a lui itoti fi può taire
Suopregio, nerch' a voi !' ,mdar lì colga ;
Che, come fama nubblica divulgai
Egli è già là,che nuli' altro il precorre •

Balli che fi rkrove in mezzo '1 campo


Al deftinato dì, fotto quell'arme
Che glida il tépo,Amor,virtute,e'l irrigue;
Gridando , D'un gentil delire avvampo
Colfignormio, che non può leguitaroie >
E del non effer qui li llrugge e angue * 1

SONETTO LXXVIII.

io più volte abbiam provato,


POi che voi, ed
Come '1 noftrofperar torna fallace ;
Dietr'a quel forno ben, che mai non fpiacej
Levate
'1 core a più felice 'fiato .
Que la vita terrena è quali uri prato,
Che'l Carpente tra' fiori , e 1' erba giace;
K s' alcuna fua villa a gl occhi piacei

E' per lafl'ar più l'animo invefeato.


Voi dunque , fe cercate aver la niente
|
Anzi l'eftremo dì queta giammai}
Seguite i pochi , e non lavolgar gente»
Btn il può dire a me ; Frate , tu vai
Moftrando altrui la via ; dove fovente
I Fofti fmarrito » ed or fe' più che mai

D 4 SO.
. .

So P Vi I M A
SONETTO LXXIX.

QUella feneftra ove l' un Sol fi vede


Quando aki piace,e l'altro in fu la non»
E quella dove 1* aere freddo fuona
?
Ne* brevi giorni > 1 fiede quando Borea ;

E '1 faflo ove a gran dì penfofà Sède

Madonna , e fola feco fi ragiona ;


Con quanti luoghi fua bella perfona
Copti mai ombra > o difegno col piede j
d'
E '1 ove m' aggi unfe Amore }
fiero paffo
E la nova (ragion
, che d'anno in anno
Mi rinfrefca in quel dì i' antiche piaghe ;
E'1 volto , e le parole che mi Hanno
Altamente confitte in mezzo '1 core :
Fanno le luci mìe di pianger vaghe.

SONETTO LXXX.

LA ssa ben fo che dolorofe prede


, ,

Di noi fa quella ch'a null'nom perdona;


E che rapidamente n'abbandona
Il mondo e picciol tempo ne tien fede
i
.

Veggio a molto languir poca mercede;


È già J ultimo dì nel cor mi tuona:
l

Per tutto quefto Amor non mi fpngiona ; >

Che T ufato tributo a gli occhi chiede


So come i dì , come ì momenti e l' ore
,
,

Ne porcan gli anni ; e non


ricevo nganno ,
Ma forza afiài maggior che d'aTn maghe-
La voglia , e la ragion combatrut' hanno
Setre,efett'aiini ; e vincerà il migliore;
$' anime fon quaggiù del ben preiaghe

SO-
. ,

PARTE, %
SONETTO LXXXl.
CEsìre poi che '1 traditor d'Egitto
Li fece il doti dell'onorata te fra ,
Celando l'allegrezza rmnifefta
Ranfe per gli occhi fuor } fuxome è fcrittor
Ed Anni bài quando all'imperio afflitto-
,

Vide farfi fortuna sì molefta ,


Rife fra gente l'agrimofa e mefta , ,
Per isfogare il fuo acerbo defpitto :

E così avveri, che 1' animo ciafcuna


Sua paflion lotto '1 contrario manto
Ricopre con la vifta or chiara , or bruna.
Però, s r alcuna volta i'ridu, ocanto;
Faccio! perch' i* non ho (e non queft 1 mìa
Vja da celare il mio angofciofo pianto»

Sonetto lxxxil
Vinse Annihàl' , e non feppe ufarpoi
Ben la vittoriofa fua ventura :

r fignormio caro, aggiarecura r


£f ^rumilmente
Che non avvegna a voi.
L'orfa rabbiofa per gii orfàcchi fnoi,
|
Chetrovaron di Maggio afpra paftura r
Rode sè deutro,e identici 'unghie indura»
Per vendicar fuoi danni fopra noi
Mentre '1 uovo dolor dunque l'accora

Ni>n riponete l'onorata fpada


;
Anzi feguite là dove vi chiama
Vortra fortuna dritto per la (tratta
Che vi può dar dopo la morte ancora 1

Mille e mi 11 'an ni al mondo onore,, e fama


*
- ,

Ss PRIMA
SONETTO LXXXIII.

L Aspettata virtù che 'n voi fioriva


1
_

Quando Amor cominciòdarvi battaglia ;

Produce or frutto che quel fiore agguaglia »


E che mia fpeme Fa venire a riva.. _

Però mi dice '1 cor , eh* io in carte Feriva


Cofa onde *1 voftro nome in predio faglia t

Che 'n nulla parte si faldo s' ingiglia >

Per f.irdi marnu una perfona viva.


Credete voi che Cefare o Marcello
, , ,

O Paolo, od Affrica* foffin corali

Per incude giammai , né per murtello?


Pand-ol tornio, queft' o^re fon frali
Al lungo andar ; ma 'I noftro ftudio è quello
Che fa per fama gli uomini immortali.

CANZONE XXII.

MAi non no
Ch'altri
vo' più cantar, compio foleva :
m'intedeva-ód'ebbi feorno:
E puoflì in bel foggiorno eflèr molefto .
Il fempre fofpirar nulla rileva-
Già fu per alpi neva d* ogn' intorno
5
I
: f
Ed è già preflo al giorno;ond' io fon dello .

Un'arto dolce onefto è gentil cofa :

Ed in donna amorofa ancor m* aggrada


Che'n vada altera 3 e difdegnofa r
vi fra
Non fuperba» e'ritrpfa . , «
Amor regge fuo imperio fenza fpada .
Chi fmarrit' ha la ftrada * torni indietro
Chi non ha albergo , pofifi in fui verde i
Chi non ha i' auro , o '1 perde »
Spenga la fece fua eoo un bel vetro . fi
.. .

'
V diè
PARTE.
guardia a fan Pietro; or non più,
in
gr
nò ">
Incendami chi può; eh' i' m'intend'io .
Grave Coma è un mal fio a mantenerlo.
Qu.mto poOo , mi fpetro ; e foi mi fto
Fetonte odo ere 'n Pò cadde, e morìo : zo
,

E già di là dal rio pattato è '1 merlo:


Deh venite a vederlo : or' io non voglio -
None gioco uno fcogl io in mezzo l'onde
,
E 'atra le tronde il vifeo Affai mi doglio
.

Quand' un ioverchio orgoglio %j


Molte virtuti in bella donna afeonde .
Alcun' è che rifponde a chi noi chiama :
Altri , chi 'I prega , lì dilegua
, e fugga :
Altri al ghiaccio fi Itrugge :

Altri dì , e notte la fua m -rte brama


. 30
Proverbio , Ama chi t' am i , è fatto antico
.
Iben quei eh' io dico, or lana andare,
lo
Che con vien ch'altri impare alle fue fpefe-
Un umil donna grama un dolce amico
Mal fi conofee il fico . A me pur pare
35
Sentio,a non cominciar tropp' alte
imprefo
E per ogni paefe è buona Ganza .
L infinita fperanza occide altrui :
Ed anch' io fai alcuna volta in danza .
wael poco che ni' avanza 1
4O
Fia chi noi fenili , s * i '1 vo' dare a lui
I mi fido in colui che 'I mondo
regge,
E
eh e («guari fuoi nei bofeo alberga
;
Che con pietofa verga
|
Mi meni a pafeo omji tra le fue gregge
4? -

tori e eh ogni uom che


legge.no n s' intende;
fc la rete tal tende
, che non piglia :
E chi troppo srRi triglia , fi Gravezza ,
Non Ha zoppa l a legge, ov' altri attende.
Per bene dar 11 feende molte
miglia 5 <j .

Mi par. gran maraviglia, e poi fi fprezza,


D6 Una
,

U P R I M A
Una chiufa bellezza è più ioave.
Benedetta la chiave che s* avvolte
AI cor* e fciolfe l'alma, e fcolia ave
,
1

Di catena sì grave, 55
£ 'rifiniti fofpìr del mio le n tolte-
Là dove più mi do! Te altri fi dole
,
:

E dolendo, nddolcifceil mio dolore;


O.id' io ringrazio Amore ,

Che piò noi fcnto;ed è no meo che fuoIe.tìO'


In lile^zio parole accorte, e fagge i
E '\ fuoti che mi fot crasse o$ni altra curai
E la prigion' ofcuraov*à'l bel lume :

Le notturne viole pei le piagge ;


E le fero fèfcragge entr'alle mura; 6$;
E' la dolce paura , e '1 bel coffuoie ;
E di duo fonti un fiume in pace volto
Dov' io bramo , e rsccoito ove che ila :
Amor' , e gelofia ni* haruio 'icor tolto ;
E i fegni- del bel volto r 7°
Che mi conducon per più pianti via
Alla-fperanza mia degh .<&>.. ni .
, al Ira

©ripofiro- mio bere; e qu J ch«leguej


Or pace , orgat-rra , or tregue .

Mai non m'abbandonate in quelli pan ni.M


Dfe' Eaffati miei danni pia-ng-i > ^.f™° '
Perchè molto mi fidò in^uelch'iVao
.

petto ;
De! prefente mi godo , e meglio al
F vo contando «!i amai y e tacco ,egrid»J
So
E'n b?l ramo m'annido , ed in tal modo,
Ch' i* ne ringrazio , e lodo il gran duetto»
Che 1* indurato affetto al fine ha visto».
E nell' alma dipinto, V fare' udito ,

E maratone a dito; ed hatmeeltin'ov


Tanto innanzi fon r-mto, $5 :

Ch'il pur dirò: N>>n fc ftu tanto ardirò ..

Cium' ha.'L fianco ferito 3 aclii'l rifalda •„


.

PARTE, ss
Per cm nel cor via più che 'n carte ferivo?
Chi mi fi morto , e vivo-
;
Chi in u puto m'agghiacciai mi rifcalda.90

CANZONE XXIII.
NO7A angeio-cta forra
Sctie ddi cielo
l'ale accorta 1

in fu la frefea riva*
Là 'nd' io pacava fui per mio dettino:
Por che fenza compagna, e fenza feorra
Wi vide un laccio che di feta ordiva * y
; ,

Tefe fra l'erba ,ond' è verde 'J cammino s


Allor fai prefo e non mi fpiacque poi
;

Sì dolce lume uìcìa degli occhi fuoi

SONETTO LXXXIV.
VJOn veggio, ove fcampar mi" polla ornai y
1^1 Si lu-nga guerra
i begli occhi rai fanno :

Ch'io temojlaflb , nò'J foverchio affanno


Kftrusga '1 cor , che tr.iegua »on ba mai
Fuggir vorrei : ma gli' amor oli rai
Che dì , e rrocte nella mente ftdnno-,
Rifolendon si r ch'ai quintcdeeim , aiino-
M abbagliali più,che?A primo giorno affai
~
E l'immagini lor fon sì cofparte y
Che voi ver non mi poffo ov' io non veggi»
O quella, ofimil'indi accefa hice-
Solo d' un Lauro tal felva verdeggia :

Che 1 mio awerfariocon mirabii'arte


Vago rami > ovunque vuol, m'adduce
fra. i
,
, . .

U PRIMA
SONETTO LXXXV.

Avventuroso più d' altro terreno »


Ov' Amor vidi già ferm ir le piante ,

Ver me volgendo quelle lua fmte


Che fanno intorno a sè l' aere «ere no :
Prima porìa per tempo venir meno
Un'immagine falda di diammte.;
Che l'atro dolce non «nftàa
iprite
'1 cor si pieno
qual* Ho la memoria , e
:
Del
tante volte vedrò giammai
Nè ti

Ch'i'non m' ìm±hm a ricercar deli orme


giro
Che'l bel piè t'eceinqujl cortere
'

Mafe'n cor valorofo Amor non dorme ;


Prega Sennuccìo mio, quando 1 vedrai ,
Di qualche lagri metta > o d' un foipiro

SONETTO LXXXVL
Amor
L Asso
Che
, quante fiate
fra la notte» e'1 di fon pt.u di
Torno dov' arder vidi le faville
to' affale
mille»
;

Che'L foco del mio cor fanno immortale.


Ivim' acqueto e Jori condotto a tale .
:

Ch' a nona,a vefpro.all\lba,edalle huiliet


Le trovo nel penfier tanto tranqune,
Che di nuli' altro mi rimembra , ocale .
L'aura foave che dal chiaro rifa
Move col fuon delle parole accorte.
Per far dolce fereno ovunque fpira;
(Wi geiitit di paradifo»
un fpirto
Sempre in quell' aere par che mi contorte ;

Sì che*! cor Udo altrove noarelpira.

so-
. .;

PARTE. Sf

SONETTO LXXXVIL
Perseguendomi Amor' al luogo ufato
Riftretco in guita d'uo ch'afpetta guerra* .

Che fi provvede e i pani intorno terra ,


,

De' miei antichi peniìer mi flava armato :


Voltimi e vidi un' ombra , che da Iato
:

Stampava il Sole ; e riconobbi in terra


Quella che , Q
*I giudicio mio non erra?

£ra più degna d' immortale flato •


I'dicea fra mio cor j Perchè paventi?
Ma non fu prima dentro il penfier giunto
Che i raggi ov'io mi ftruggo,eran prefenti*
Come col balenar tona in un punto,
Cosi fu' io da' begli occhi lucenti ,

E d'uà dolce fallito infieme aggiunto,

SONETTO LXXXVIII.

LALàDonna
dove
che M mio
fol fra bei
cor nel vifo porta
penfier d'amore
i

Sede m'apparve ; ed io , per farle onore


i , ,

Modi con fronte reverente » e fmorta


Torto che del mio flato iuflì accorta,
A me fi volfe in sì covo colore,
Ch' avrebbe a Giove nel maggior furore
Tolto Parme di mano , e l'ira morta .

imi rilcoflì : ed ella oltra , parlando ,

PiCsò che la parola P non fofferfi ,


; ,

Ne'l dolce sfavillar degli occhifuoi.


Or mi ritrovo pien di sì diverti
Piaceri in quel l'aiuto ripenfando^
Cfaeduol non fento , riè fentl ma' poi

S G-
U PRIMA
SONETTO LXKXIX.

SENNWccio-,i'vo'che fappi,in qua! maniera


Trattato fono , e qua! vita,é la mia • ;

' Ardomi eom-' io folìa


, e ftruggo ancor ,
:

Laura mi volve; e fou pur quel ch'i' m'era -

Qui tutta umile, e qui la vidi akera.; _


.

Or' aipra, or piana, or difpieta»a-, or pia


Or veftirii oneriate , or leggiadria i
Or manfueta , or difdegnofa e fera , ,

Qui cintò dolcemente ; e qui s' affile :


v^lu lì rivolle ; e qui rattenne il paflo :

Qui co' begli occhi mi trafitte il core :

Qu una parolai e qui forrile:


dilfe
Qui cangi ò'I i-ifo I» quelli pender, laflo?
.

Notte; e dì tienimi il fignor noftro Annate *

SONETTO X.C,.

f~\3i dove mezzo fon > Sennuccio mio »


,

V«£ Così ci fofs-' io intero, e voj contento


( \
Ve mi fuggendo la rempefta, e '1 vento »
Ch.mno fubito fattoli tem-oo rio .

Qui fon fecuro : e vovvi dir perch* io


Non, come foglio, il- folgorar pavento;:
E perchè mitigato, non che fpento -
,

Né mica trovo il mio ardente defio


Tofto che giunto all' amoro fa reggia
Vidi , onde nacque Laura dolce , e pura 3
Gh ? acqueta l'aere,e mette tuoni in bando; i

Amor n jll' alma-, ov' ella ftgnoreggia ,


Raccefe il foco , e fpente la paura :
Chefurei dunque gli occhi fuoi guardante?
,,

PARTE. I»

CANZONE xGL
DEll' empia Babilonia , end' è fuggita
Ogni vergogna , ond 1 ogni bene è fori
;
Albergo di dolor , madre d' errori
Suri fuggi t' io
per allungar la vira.
Qui mi ito folo ; e come Amor m' invita
,
»
Or rimej e verfi, or colgo erbette » e fiori
5
Seco parlando , ed a' tempi migliori
Sempre penfando i e quefto fol m' aita.
Né del valgo mi cai , né di fortuna,
Né di me molto nèdicofa vile;
«

Né dentro lento , nè di fuor gran caldo :


Sol due perfone cheggio ; e vorrei 1' una
Col cor ver me pacificato , e umile ;
L'altro co! piè, ficcome mai fu , {aldo.

SONETTO XCII-
mezzodì duo amanti onefta altera
INVidi una Donna e quel Signor , coti lei
Che fra gli uomini regna
, e fra gli dei ;
E dall'un iato
Sole , io dall' akr* era .
il
Poi cheaccorfe chiufa dalla fpera
s'
Dell' amico più bello ; a gli occhi miei
Tutta lieta fi volle e ben vorrei :

Che mai non folle inverdi me più fera »


Subito in allegrezza fi convelle
La gelofia che'n fu la prima viltà
Per si alto avverfario al cor mi nacque :

A lui la faccia lagrimofa , e trilla


Un nuviletto intorno ricoverfe ;
Cotanto 1' elTer vinto li difpiacque »

S O-
_ , ,

50 PRIMA
SONETTO XCIII.

di quella ineffabile dolcezza


PTen occhi miei
Che del bel vifotraflen gli

Nel dì che volentier eh iufi |ti avrei


Per non mirar piamm minor.bellezza ; ;i

Lattai quel ch'i' più bramo ed bo sì avvezza :

La menr.- a contemplar fola cortei;


Ch' altro non vede; , e ciò che non è lei ,
Già per aurica ufa.-.z i
noia , edifprezza-
In UM valle chinfa d'ogn' intorno .
Ch' è Refrigerio de'fofpir miei Ufll
Ginnli fi-I con A rair peabfi» 5 ptsaria :

Ivi non donnei mi SfiftàMeTn e faffi


E l'imrmgin trovo di quel giorno,
Che'l penriermio figura ovunque fguardo.

SONETTO XCI V.
ond' è più chiuda quefta valle ,
faffb
SE'l
Di che '1 fi» proprio nome fi deriva »
Tenede vulto per natura fch iva
A Rami il vifi, edaBabel le fpalle ;
I miei benigno calle
fofpiri più
Avrian per gireove lor fpeneè viva :
Or vanno epurciafeuno arriva
(partì ;

Là dpv' io '1 ; che Col' un non falle


mando :

E fon di Jà sì dolcemente accolti,


Com 1 io m' accorgo; che nefìun mai torna ;

Con tal diletto, in quelle parti ben».


Degli occhi è'1 duo!;che tolto che s'aggiorna,
Per grandefio de' be' luoghi a lor tolti
Danno a me pianto , ed a' pi* la Hi a Sanno .

S O-
PAR TE.
SONETTO XCV.

RImansi addietro ilfeftodecim'anno


De' miei ed io trapàffo innanzi
fofpiri ;

Verfo l' eftremo ; e parmi che pur dianzi


Fofie'I principio di cotanto affanno .
IL' amar m' è dolce ed util' ii mio danno ,
f

E 'i viver grave ; e prego , ch'egli avanzi _


L'empia fortuna ; e temo , non chiuda anzi
Morte i begli occhi che parlar mi fanno *
Or qui fon laffo, evoglio effer altrove;
E vorrei più volere , e più non voglio;
E per più non poter , fo quant' io porlo :
E d'antichi defir lagrime nove
>
Provan,cortt' io fon pur quel ch'i'mi foglio:
Nè per mille rivolte ancor fon moffo.
1

C A N Z O N E XXIV.

UNa. donna più bella affai che *1 Sole ,

E'più lucente , e d* altrettanta etade »


Con famofa beltade
Acerbo ancor mi traffe alla fua fchiera :
Quefta in penfìerij iti opre, ed in parole J 5
Però eh' è delle cofe il mondo rade;
Quefta per mille ftrade
Sempre innanzi mi fu leggiadra altera :
Solo per lei tornai da quel eh' i' era,
I Poich'i'fofferfi gli occhi fuoi da preflo: i»
I Per fuo amor m' er' io meffo
I A faticofa imprefa affai per tempo,
I Tal, che s'i' arrivo al deuato porto,
( Spero rer lei grati tempo
Viver quand' altri mi terrà per morto. 15
Que-
, ^ ,,

oi PRIMA
Quefla mia donna mi menò molt'atinì
Pien di vaghezza giovenile ardendo»
Siccom' ora io comprendo ,
Sol per aver di me più certa prova,
Moftradomi pur S'ombra ,o*l;veI<r,o'pafiiiè
Talor di sè mi
'1 vifo nafcondendo :
?

Ed io , credendo
laflo ,

Vederne affai tutta F età mia nova


; -

Pattai contento; e '1 rimembrar mi giova.


Poi ch'alquato di lei veggio or più ilianzi,ij
1
I dico , che pur dianzi
Qual' io non t'arca vifta infin' allora >
Mi fi fcoverfe: onde mi nacque un ghiaccio
Nel core; ed ev vì*-ancora
lì farà Tempre fin ch' i'"fe'fia in braccio 30 .

Xja non mei tolfe la paura , o *1 gielo :


C he pur tanta baldanza'al mio cor diedi ;
Ch'i' le mi ftrinfi a' piedi
Per più dolcezza trar degli occhi fuoì :
Edella> che rimolToavea s;ià il velo 3?
Dinanzi a' miei, mi di (Te; Amico>or vedi »
Com' io fon bella; è chiedi
Quanto par fi convenga a gli anni tuoi •

Mado mia 5 dilli y già gran tempo in voi


Pofi'l mioarfior,ch'io feto or si'nfiamato:^
Ond' a me in quello Irato
Altrovolere , odifvoler m' è tolto.
Con voce allor di sì mirabil tempre
R-ilpofe! e con un volto.
Che temer, e fperar mi farà fempre : 45
Rado fu al mondo fra cosi gran- turba *
Chi udendo ragionar del mio valore
Non fi fentifle al core
Per breve tempo almen qualche favilla r
Ma l'avverfaria mia. che'l ben perturbalo
Torto la fpegne ond' ogni vercùimre r
:
-

E re-
. ..

E
PARTE,
regna altro fi gnore,

Che promette una vita pìw tranquilla .
Ilei a tua mente Amor, che
prima a prilla ,'

Mi dice cole veramente, ond' io


5S
•Veggio , che 5 1 gran defio
Pur d' onorato fin ti fera degno :
E come già Ce de' miei rari amici :
Donna vedrai per fegno
,
Che farà gli occhi tuoi via più felici
. 60
rt
8 11 ",'
.,
Q lieft>è impoffibil cofai
Uuand elia.Or raira.e leva gli occhi fi poco
In pia riporto loco
Donna eh' a pochi meftrò giammai
fi
Katto inchinai la fronte
vergognofa fi?
.Sentendo novo dentro maggior
foco;
£d ella il prefe in gioco,
Dicendo , io veggio ben , dove tu ft
ai
Siccome '] Sol co'fuoi poffenti r i
H a
iubito fparir ogni altra flella;
70
Cosi par or men bella
La vifta mia cui maggior luce preme
',

«a 10 pero da' miei non ti diparto:


Che quella , e me d'un feme,
Lei davanti, e me poi produfle un parto.
7S
JPP«Ii intanto di vergogna il nodo
1

U al a mia lingua era


diftretto intorno
Su nelprimiero feorno
AJlorquand l'ode' fuo accorger
m'accorti :
t Dcorn^nciai: S egli è ver
quel chYodo, 80
Beato iJ padre , e benedetto
il giorno
t ^ di voi 1 mondo adorno;
I*"tto tempo c h~ a vedervi iocorfi :
I

I le mai delia via dritta ni torfi.


Duo mene forte aliai più chVn6
5 moftro:8«
fa te dell' efler voilro
fofii degno udir più, del deSr'ardo:
Pcn-
i, , .

M p R I M A
Penfofa mi rifpofe, e cosi filo

Tenne '1 fuo dolce fguardo, \J


mandò con le parole il vito.«e
Cti' al cor
eterno padre
Siccome piacque al rioftro
immortale
Ciafcuua di noi due nacque
:

Miferi; a voi che vale?


diletto -
Me' v'era che da noi folle 1

laggiadre 95
Amate belle giovani c
, ,
1

Fummo alcun tempo;ed orfia giunte a tale,


Che coftei batte l'ale
Per tornar all'antico fuo ricetto
:

P per me fono un' ombra : ed or t no detto


Quanto per te sì breve intender puolii
xoi .

molli ,
Poi che i piè ffiùi tur _

Dicendo , Non temer eh' l' m allontani


colie;
Dì verde lauro una ghirlanda
La qual con le fue1 mani _
avvolte- «;
Intorno intorno alL mie tepie
oicura,
Canzon , chi tua ragion chiamale
ipero
Dì , Non ho cura : perchè tolto
Ch'altro meflaggio il vero jM
Farà in più chiara voce mamtelro .

altrui ; 1
Io venni fol per ifvegliare
Se chi bi' impofe qapfto, t ,

Non m' ingannò quand' 10 parti da


lui
,

SO
PARTE. 9s

jt a SONETTO XCVI.
QUklle pietofe rime in ch'io m'accodi
Di voftro ingegno, e del cortefe affetto i
Ebben tanto vigor nel mio cofpetto ;
Che ratto a quefta penna la man porli , *S»
Per fa r voi certo , che gli eftremi morii
/UtZsf
Di quella ch'io con tutto '1 mondo afpetto *M*„g^
Mai non Tenti ma pur fenz fofpetto
: i
'n.
Infin'all'ufcio del Tuo albergo corft
**f :

Poi tornai 'udìetro , pe<ch' io vidi fcritto


Di lopra'l Limitar, che'i tempo ancora
Non era giunto al mio viver prefcritto ; >> •.
Bench'io non vi ieggefii il dì > nè l'ora.
Dunque s'acqueti omai'l cor voftro afflitto; *v*»*^
li cerchi uom degno , quando sì l'onora.

CANZONE XXV.
ORTuo vedi, Amor, che giovinetta donna (ra;
regno fprezz;,,e del mio mal no cu-
E tra duo ta' nemici è sà fecura .
Tu le armato
ed ella in treccie, e'n gonna
,
Si fi ed mezzo i fiori, e l'erba: 5
e, e fcalza in
Ver ree fpieta t« , econtra te fuperba .

l'ioti prigion ma fe pietà ancor fcrba


:

L'arco tuo faldo > e qualcuna fletta i


Faditej edime) figliar, vendetta.-

SO-
. ,

|« P R r M A.

SONETTO XCVII. *
\j
DTcesett' anni ha già rivolto il cielo
Poi chc'n prima giamai no mi fpefii
arfi,e
Ma quando avven eh" ai mio fiato ripenu
Sento nei mezzo delle fiamme un gelo
Vero è'l proverbio j eh' A Uri cangia il pelo
Anziché'] vezzo: e per lentar i fenfi >
Gli umani affetti non fon meno intenfi :
Ciò ne fa l' ombra ria del grave velo .
Oimè latto! e mando fr i quel giorno_ t
Che mirando '1 fuggir de- li anni miei 1

Efca dei f c , e jg>sl In a «he pene ?


>

Vedrò mai '1 che punu.-int' io vorrei.


:

Qjaeli'aria dolce del bel vifo adorno


Piaccia queft' occhi > e quanto fi con vene?

SONET T O XCVIII.

QUel vago impallidir che '1 dolce rifo


'S un'.imorofa nebbia ricopeife.
Con tanta mjeftade al cor s' offerfe ,
Che li fi fece incontr' a mezzo '] vilo .
Conobbi allor, ficcarne in paratifo
Vede T un Palerò; in tal gjlifa s'aperte
Quel pietofo penfier ch'altri non feerie '.

Ma vidil' io y eh' altrove non m' a mio .

Ogni angelica villa ogni atto umile


,

Che giafnai in dona ov'amor £ifle>apparvcj


Fora unofdegno a lato a quel eh' i'dico.
Chinava a terra il bel guardo gentile ;
E tacendo dicea { com' a me parve )
Chi m'allontana il mio fedele amico?

SO.
p A R T E. 9T

^
SONETTO XCIX.

AM DianefT"^
affliggon sì
eIami ^ntcfchir»
>
c h> io porto alcuna
volta
Invidi a q uei che fon fui'
altra
Amor mi ftrugge '1 cor j Fortuna riva .

il priva
D ogni conforto: onde
[a «ente Lira
a adira e piagne; e cosi in
,
pena
molta
\
Sempre conven che comedo
Nèfpero .ideici di Eornino viva?
indietro [
Ma pur di nule in peggio quei eh* ava« 2a
E di mio corfo ho già 3 (| at0 il
p me2 ^
vi ?°" dld,an ™>
ma d'un vetro
nC ermÌ ogni pranza;
Irfn??L™
tutc 1 m,cl P"fier Ì
romper nel mezzo

CANZONE XXVI,
E tpenfier che mi ftmgse*
s>? m *.P«^cnte, e faldo,
Cosi vefhflè d'un
color conforme;
Forfè t i
? m
'arde, e fugge
Cl'a^m parte del caldo; ,
E dertemfi Amor Jà doy' or 5
Men dorme :
Solitarie 1' orme
Foran de' miei piè Jalìì
Per campagne, e per
colli:
Meo gli occhi ad ogni cr molli
r
: ra
É
b uon
che c tmi
hfffiin me dramma
non lalfa T ^cio Saffi ;

I Uie non iia foco , e fiamma •


Pero eh Amor mi sforza
,
E di faver mi fpogliaj
.

9S
Ma
PRIMA
non fempre alla fcorza
Ramo, nè'nfior, uè *« foglia

Moflra di fuor fua nacur.il virtude •

Miri ciò cbe'l cor chiude* io


1
Amor , e qqe' begli occhi '

Ove ù fiede ai)' ombra . -

Se '1 dolor che fi fgombra,


Avvé che'n pjanto,e'n la mentar trabocchi;
L? un' a me noce, e l' altro 15
Altrui ; ch'io non lo fcaltro
Dolci rime leggiadre-.
Che nel primiero affalto -
_ .

D'Amor'ufai,quand'io non ebbi altr'arme;


Chi verrà mai eoe fquadre 30
Quello mio cor di fmalto; • •

Ch'ai me n, com' io folca > po-fla sfogarms ?


Ch' averdentr'a lui parme
Uà che Madonna femore
Dipinge > e ài P ar ^ a : 35

Ji voler poi ritrarla 5


Per me no bafto;e par ch'io me ne (tempre:
Latto , cosi m
è feorfo
3

Lo mio dolce foccorfo.


Come fanciul ch'appena 40
Volge la lingua , e fnoda; - .

Che dir non fa 1 ma'l più tacer gli è noja;


Cosi'i defirmi mena
A dire: e vo'cbe m'oda
La mia dolce nemica anzi ch'io raoja . 4S
Se forfè ogni fua gioja
Nel fuo bel vifo è foJoy
E di tutt' altro è febiva ;
Odil tu verde riva ;
E pretta a' miei fofpir sì largo volo , 50

Che fempre fi ridica»


Come tu m'eri amica-
Ben
parte
Cai > che sì
bei piede ' 99
on t0( *óterra un qua nco,
£
Col tormcntofo
fianco
A partir teco i lor penfier
Cosi aveftu riporti "aicoiu
nafcorti *

De' bei veftigj fparfi


Ancor tra' fiori, e *9

\
jhe Ia
. ^ l'erba:
vita acerba

Sta come può s'appaga


E alma dubbiofa e vaga .
Oranque gh occhi volgo,
,
*
* s
Trovo un dolce fereno
,
Penando, Qui percoli il Va
g 0 lume
Qualunque erba , 0 fior
colgo ,
Credo che nel terreno
70
Aggia rad.ce ov'eila
G.t r a le piagge
ebbe i B
e >l
^
coiW
E tafor farfi Hn feggio fiume,'
Frefco, fiorito, e verde
:
U>sì nulla fen* perde;
E pm certezza averne fora
il dm.»
"
Spirto beato quale
Se, quando altrui
fai ta!e>
0 poverel a mia, come fc
rozza/
Credo che tei conofcni
:
Rimanti in quelli bofchi . 0

CANZONE XXVII.

U O^e le bel e membra


hef^a me
Zdfc
ramo,
vreimi ove piacque
par donna;

E a ( Con
. .

Erba, é fior, che la gonna


Leggiadra ricoverfe
ieno j
l0
o, , -
gii occhili cor m apene;
Date udienza infieme
Alle dolenti mie parole eltreme
S' egli è pur mìo dettino ,
'5
E '1 cielo in ciò s' adopra,
Ch' Amor quell'occhi lag ri man do
chiuda;

Qualche grazia il meichino


Corpo fra voi ricopra ; ; ,

E torni l'alma al proprio albergo ignuda-


La morte fia men cruda,

Se quefta fpeme porto


A quel dubbiofo paflb-
Che lo fpi rito laffo
Non mai in più ri potato porto ,
porla
Mè più tra squilla fofla
'n *J

la carne travagliata , e 1
olia .
Fuggir
Tempo verrà ancor forfè
Ch' all' "fato log giorno
Torni la fera bella , e maniueta ;
E là V
ella mi fcorfe
Nel benedetto giorno,
1

Volga la villa defiofa, e lieta.


Cercandomi: ed, o pietà!
Già terra infra le pietre
Vedendo, Amor 1' infpiri
In guifa , che fofpiri .

Sì dolcemente , che merce m impeti


E faccia forza al cielo,
Afciugandofi gli occhi col bel velo
!

Da' be' rami fcendea ,


<

Dolce
.

P A R. T E jrtV
Dolce nella memoria,
Una Poggia ai fior fovr a 'I fuo grembo
id ellaiedea
li
;

Umile in tanta gloria


,
Coverta già dei ]' amorofo
nembo : 4S*
Qua fior cadea fui Jembo „
Qua! tu le treccie bionde;
Ch oro iorbitO) e perle
Eran quel dì a vederle :
Qua fi p 0 far a in terr a e qual
Qual con un vago errore
, f« I» onde : <•
°
Gj ran do pare a d ir
, Qui regna Amore
Quante volte difs' io we '
Aliar pien di (pavento,
€oftei per fermo nacque
Così carco d' obblio
in Pa radifo i
5S «
li dìvin
portamento 3
IN volto, eie parole, e 1 dolce
rifo
Al aveano, e si divilb
Dall' Immagin ver .
ffo
Ch 1 O'cea ioipirando ,
Qui come venn' io , 0
quando >
Credendo effer in dèi , non là
dov' era
Ua indi m
qua mi piace
Queffa'erba sì, eh' altrove non
ho pace . 5?
fcm averli ornamenti quant 1 hai
, voglia,
.
Potrelti arditamente
pteit del bofco e gir infra
, la gente .

CANZONE XX VII L
TN quella parte dov' Amor mi (prona
1 Gonven C V ,o volga le dogliofe rime
,

,
Che fon feguaci della
mente afflitta .

Colui chedel mjo mal meco ragiona


.
s
E 3 Mi-
, ,.

J<w P R I M A
Mi dubbio; sì confufo ditta .
lafcia in
Ma pur quanto P iftoria trovo feruta
In mezzo '1 cor t che sì fpeflo_ rincorro
Con la ina propria man de' miei martìri
Dirò ; perchè i fofpiri io
Parlando han triegtiajed al dolor {occorro .
Dico, che» perch'io miri
Mille cofe diverfe attento) e fifa»
Sol' una donna veggio » e'I fuo bel vifo .
Poi che ladifpietata mia ventura >5
M' ha dilungato dal maggior mio bene
Nojofa, incurabile, e fuperba;
Amor col rimembrar foi mi mantene :
Onde» s'io veggio in gioveiul figura
Incominciarfi'l mondo a veftird' erba ; IO
Parmi veder in quella e^ade acerba
1 "
La bella giovinetta » eh ora è donna
Poi che formonta ribaldando il Sole;
Parmi, qual'effer fole ,

Fiammad'amor che'n cor'alto s'mdona, t-1

Ma quando il dì fi dole
Di lui , che paflo palio addietro torni \
Veggio lei giunta a' fuoi perfetti giorni
In ramo fronde, ovver viole in terra
Mirando alla ftagion che'l freddo perde>3°
E le ftelle migliori acquiftan forza ;
Negli occhi ho pur le violette , e'I verde
Di eh* era nel principio di mia guerra
Amor'armatosì, ch'ancor mi sforza;
E quella dolce leggiadretta feorza 3J
Che ricoprìa le pargolette membra
Dov' oggi alberga l' anima gentile
Ch' ogni altro piacer, vile
Sembrar mi fa sì forte mi rimembra
:

Del portamento umile *?


arti;
Ch* aìlor fioriva, e poi crebbe anzi agli
Cagionala,
parte
e ripofo de'ime'aftW*

J»e tra I trinco , e l?aBr«o colore


nwl
SX* H™« 1
u no™ WJe .„
?ti^xt f:r 1
,eda,ai,r'> ':Ke ' , '°" :

Wi-.-nte apprezza m3 diventa eterno


Sn Ì3 " è lo C
,

&*5 *

Sf2
/ ' notturna "ver„ó
*oh vidi mai do^o
Ite -

Cnrper l'aere fereno ftelle mssià


Efiammeggiar fr
erS,
rugiada J
* e *J gìetii
?
Ove la fianca mia
vita s' appoggia ;
Qua! io «lividi all' ombra
d^u», bel ;e b-
E ficcarne d» lor bellezze il
cielo
Li ìii q
r
eegtosfavillar
e1
?,''
cosJ >g™i ancora

ond'io fcmpr'ardo
£ , 6>
& So * levarli (guardo ;
1

Sento il lume apparir


.
5

che m'innamori-
nnarao «-
Se tramontare ai
tardo:
Parme] veder qu? Wp
fi volge altrove
LaOando tenebrofo onde fi
move . %o
! iTl rt de rofe con
°/°
J
biglie
7

Allori
AUor allor da verrine
.
man colte:
Veder penfaro ,1 vjfo di colei
Ch avanza tutte .l'altre
miraviglie 77
Con tre belle eccellenzie
ii, ui raccolte ]

Le btonde treccie fopra '


'I collo iciolte ,
E 4 Oir
r
, ,. .

xo4. PRIMA
Ov' ogni latte perderia fua prova ;
E le grande eh* adorna un dolce foco
Ma pur che l' ora un poco ,

Fior bianchi , e gialli per le piaggie mova :

Torna alla mente i! loco» '

E '1 primo dì eh' i' vidi a Laura fparfi


I capei d* oro ; ond' io sì Cubie' ari!

Aduna aduna annoverar le fteìle i 85


E 'n piceìol vetro chiuder tutte l' acque
Forfè credea ; quando in si poca carta
Novo penfier di ricantar mi nacque
In quante parti il fior dell' altre belle
Stando in sè ftefla > ha la fua luce fparta ; Q<3
Acciò che mai da lei non mi diparta :

Né faro io : efe purtalor fuggo \ _

Li cielo , e *n terra m* ha racchiufi i pam i


Perchè a gli occhi miei laffi
Sempre è preféte:6d'io tutto mi ftrnggo:*) J
E così meco fìaflì ,
Ch altra non veggio mai» nè veder bramo 1
1

Né 'I nnme d'altra ne' fofpir miei chiamo


.

Ben fai , Canzon , che quant' io parlo, è nulla


Al celato amorofo mio penfsro ;
100
Che dì e notte nella mente porto;
,

Solo per cui conforro


In così lunga guerra anco non pero :

Che ben m* avria già morto


La lontananza del mio cor piangendo ? 10S
Ma quinci dalla morte indugio prendo

CANZONE XXIX.
ITalia mìa ; benché '1 parlar fia indarno
Alle piaghe mortali
Che nel bel corpo tuo sì fpefTe veggio ;
Piacerai almen, eh' i miei fofpir Ben quali ,

Spe-
,

Spera '1
PARTE.
Te vero
Arno,, e I'
Iot
-
| I Pò , dove dogiiofo e grave or feggio .
K.ettor de! ciel , io cbegglo
,

Clie la pietà che ti condirne in


terra,
-Ti volga a tuo
diletto almo paefe
!
.

Vedi 3 Signor cortefe ,


I0
Di che lievi ca gion che crude!
guerra :

f cor che 'ndura, e ferra


i

Marte fuperbo, e fero,


Apri tu , Padre , e Wnerifci
, e fnoda :
* ivi b che '1 tuo vero
( QoaPio mi fia ) per la mia lingua s'
oda.
VOI cui Fon ulla ha pollo in mano
il freno
Oelis belle contrade i
Di che nulla pietà par che vi
Aringa*
Che fan qm tante pellegrine lpade
? 20
Perche 'I verde terreno
Del barbarico fangue fi dipinga?
vano error vi Infinga:
,
Poco vedete e parvi veder molto
,
:
Lne n cor venale amor cercate,
0 fede.n
Qua! più gente pofl'ede,
Colui è pift da' fttoi nemici
O diluvio raccolto
avvolto. \_
Di che deferti Urani
Per innondar i noli ri
doìei campi 30
Se dalle proprie mani
Quello nWn' orchi na che ne fcampi?'
P
P»Pfovvd e Naturacilàolfa»^
Quando dell' Alpi fchermo
Jole fra noi e la TedeSa rabbia
,
Ma defir cieco, e
.
35
l
Votra 'I &g ben fermo
» e poi tanto ingegnato.
/'
cw P»/ano
ha procura tofeabbia.
n
Ur dentro ad una gabbia
Ferefelvagge, e mancete
gregge 40
» 5 S'an-
, , j

ìo« P R T M A
S" annidati sì, che femore il miglior gemer
Ed è nu<uS del feme>
Per più dolor » del popol fenza legge-
Al qual , come fi legge
Mi rio aperfe sì 1 Banco» 45 '

Che memoria dell'' opra anco non langue;.


Quando affé tato, e (litico
Non più bevve del fiume acqua, che fangue-
Celare taccio ; che per ogni piaggia
Fece l'erbe fansuisne-
Dilorrene, ove'l nofìro fèrro mife .
Or pari non fo perchè (Ielle maligne'»
.

Che 'I Cielo in odia n'alia.

V.iftra mercè , cui tanto fi.comrm'fe ;


Vcftre voglie divife _

Guaftan è A mondo la piò bella Darre-
Qual colpa, qttat giudizio , o qual dettino».
Fafcidire il vicino
Povero ; e le fortune afflìtte e lparte -,

Perfeyuire , e 'n difn-arte <£>

Cercar gente, e gradire,


Che fparga'Jfangue.e veda l'alma a prezzo?
- Io parlo per ver di'ev
Non per odio d'altrui, nè' per diiprezzov
Uè v'accorgete ancor per tante prove 6j
Dal Bavarico inganno ;

Ch'alzando'! dito con Fa Morte fcherza


Peggio- è lo ftrazio,at mio parer^he'l dano*
Ma'! voftro fan gne piove
7°-
Più largamente, ci) 'a Itr'ira vi sferza .

Dalla mattina a terza


Di voi penfate ; e vederete , come
Tien caro altrui chi tien sè cosi vile .

Latin fangue ge riie -

Sgombra da te perette danno» fome : jf


Non far idolo ua nenie
, .

V ino lenza foggetto


PARTE. :
,o 7

Gì: '1 furor di


Ufsù genee ritrofa
Vincerne d'intelletto
Peccato è n .ftro e non naturai
cufa, . 80
Non è qucfto terrea eh' incoccai pria
'I
?
Non è qudto mio nido, 'I

Ove nudrito fui sì dolcemente?


N0.1 èqu.efta la patria in eh' io mi
fido ,
M idre benigna , e pia , g?
he cjjre i» un , e l'altro mio
K<
D, o.t que/b la mente
f;Ior vi mova ; e con pietà <rtnrd
parente ?

a te
Le lagrime del Dopo! dolorofo,
Che fol da voi rioofo
ea
Dopo Dio fpeta e ; pur che voi :
inoltriate
jegno alcun di oietate
;
Virtù con tra furore
Penderà l'arme enYl combatter corto :,-

Uie^i africo valore


Pj
NellTnlici cor non é ancor morto.
Signor, mirate, come'I tempo
vola,
h decerne la vita
Fugge , e la morte n' è fovra le fpalle
1 h te or qui
Denfate * lì * Partita
'
Xl n
:
100 :
Che ,
alma ignuda, e fófa
I

Con ven eh* arrivi a quel dubbiofo


calle .
Al pali ir quella valle
Piacciavi porre si Podio e Io
fdegno.
fi
,

Venti ctmtrarj alia vita ferena:


t0 ;
E quel chejn altrui pena
Tempo fi fpede.iti qualche atto più degno»
O di mino, o d' ingegno,
In quil-he bella lode,
In qualche o.. e (loftudio fi
converta : ira
Cosi qua^Ht fi gode*
Eia flradadel ciel fi trova aperta r
F- * Can- S
. .

ic8
Canzone 3 io
PRIMA
t'ammonifco,
Che ma ragion cortefetnente dica :

Perchè gente altera ir ti convene


fra ; 115
E le voglie fon piene
Già dell' ufanza pefiima , ed antica >
Del ver fempre nemica .

Proverai tua ventura


Fra magnanimi pochi,a chi'I ben piaceli©
Di lor, Chi m' afiictira?
Io vo gridando Pace 1 pace > pace

CANZONE XXX.

DI Mi
pender
guida
1
in penfier
Amor ;
, di monte in monte
ch'ogni fognato calle
Provo contrario alla tranquilla vita .

Se *n folitaria piaggia rivo, o fonte >


Se'n fra duo pogg* liede ombrofa valle ) $
.
Ivi s'acqueta l'alma sbigottita ;
E) com' Amor ia'nvita,
Or ride , or piagne, or teme, or s-' afìiciira £
E
'ì volto , che lei fegue , ov'ella il mena
j
Si turba , e rafferena , io
Ed in un'efler picciol tempo dura :
Onde alla villa , uomdi tal vita efperto
Diria, Quelli arde, e di fuo flato é incerco .
Per alti monti , e per fclve afpre trovo-
Qualche ripofo : ogni abitato loco 15
E' nemico mortai degli occhi miei
Aciafcun patto nafce un penfier novo
Della mia donna , che foveme in gioco 1

Gira *1 tormento eh' i' porto per lei :

Ed appena vorrei 20
Cangiar quefto mìo viver dolce amaro :
Ch' i' dico ; Forfè ancor ti ferva Amore
Ad un tempo migliore :
Fosv
_ . P A
R. E,T ì€9
*orfe a te fteflo vile , altrui fe
caro :
Ed in quello trapalo fofpirande,
25
Or potrebb'c flcr vero, or come, or
"ve porge ombra un pino alto od quando .

, un colle,
lalor in arrefto r e pur nel primo failo
Di'egoe con la mente il fuo bel vifo .
i
01 eh a me torno, trovo il
petto incile io
Della pi etate ed nllor dico ,
; AbilafTo,
Dove le giunto, ed onde fedi Vifo >
s Ma mentre tener ftfo
Polio al primo penfier la mente
E mirar lei , ed obbliar me fteflb vaga, f« ;

Sètta Amor sì da preflo ,


Che del fuo proprio error l'almi s 'annasa *
In tante parti , e si bella la veggio';
Chele 1 errorduraile, altro noncheggitf.
1U e C or cfii fia che mel creda?)
K-.f. 40
Neil acqua chiara, e Capra l' erba verde
Veduta viva , e neUroncon d' un faggio :
3
E 'n bianca nube si fatta , che Leda
Avria ben detto , che fui figlia perde
Come {iella che 'I Sol copre col rasgio ;
E quanto in più felvaggio 45 :

.Loco mi trovo, e'npiù deferto lido,


Tanto più bella il mio penfier l'adombra :
Poi, quando '1 vero fg ombra
Quel dolce error , pur lì medefmo affido
50
Me freddo , pietra morta in pietra viva ;
Jn gjiifad'uom che pen lì, e pianga ,e feri va.
a monta 3na ombra non tocchi,
£ r u
Ver io 1 maggiore , e 'I più fpedito
giogo
Tirar mi tuoi no defiderio intenfo:
55
Indi i miei danni a raifurar con gli
occhi
Comincio; e 'ricanto lagrlmmdo sfogo
Di doiorofa nebbia il cor condenfo
,
«Ilor eh j miro 3 e penfo
3
Quan-
no PRIMA
Quanta aria dal bel vifo mi diparte » 6a
Che femore m 1

è sì pretto eil lontano


,
;

Fofcia fra me pian piano; ,

Che fai tu lafio ? forfè in quel 'a parte


Or di tua lontananza fi fofpira :
Ed in quefto penfier l'almi refpira . 6y
Canzone 1 oltra quell'albe
Là» dove'I ciel è più feretio , e lieto ,
Mi rivedrai fovr* nn ruicel cor enre,
Ove Ì' aiU'a fi fente
D* un frefco , ed odorifero Laureti 1
; 70
Ivi è'I mio cor', e quella che 'l minvola :
Qui veder puoi l'immagine miaiulj.

SONETTO C.

cammin va è chi ufo di mercede ;


POiPerche'1
difperata via fon dilungato
Dagli occhi ov'era ( i' non fo per quii fato )
Riporto il guidardon d' ogni mia fede .

Palco 'i cor di fofpir , eh' altro non chiede ;


Edi lagrime vivo , a pianger nato :
Nèdi ciò ducimi ; perchè in tale flato 1

E^dolceil pianto più > ch'altri non crede r


Efoload una immagine m'atregno,
Che fé nonZeufi , oPraflìrèle , o Fidia,
Ma miglior tmftro ,edi più alto ingegno-.
QaalScitia m' afiìcura , o quii Numidia;
i' ancor non fazia del mio e (ìlio indegno »
Così nafeofb mi ritrova Invidia?

SO-
? A R T E.
SONETTO CL
TO canterei d'amor si novamente»
-I. Ch al duro fianco il dì mille fofpirj
Trarrei per fòrza , e mille alti deliri
Raccenderei net'a gelata menre :
E 1 bel Tifo vedrei cangiar fovenre,
E bagnar gli occbl > e più pietofi giri

vjdel r°
E
me ^,0
'i
Tuo error
' ^ ^S'*
quando non
altrui martiri
vai
,
, , li pente >
E le rofe vermiglie- infra la neve
Mover dall' ora; e di ("covrir l'avorio
Che fa di marmo chi da preffo guarda '1
;
I tutto quel perchè nel viver breve
Non rincrefeo a me Beffò , anzi mi glorio
I> elier lervato allaftagbn più tarda •

SONETTO CU.
t
Amor non è;che dunque è quel ch'i Tento?
S Ma èAmor; P erDio,checofa,e quale?
s egli
Se buona; ond èreUettò afpro mortale?
-Se ria ond' è sì dolce ogni tormento?
;

Sa mia voglia ardoiond'e pianto,e'l lameto? 1

S a mal mio grado ; il lamentar die


vale ?
Onta morte, o dilettofo male,
Cerne puoi tanto in me, s'io noi confento ?
Es jo confento; a gran torto mi doglio .
1

Fra si contrarj venti in frale barca


Mi trova in alto mar fenza governo ,
£i lieve di faver,. d' error sì carca>
rh'i'medèfmo non fo quel ch'io mi voglio ;
Etremo amezza fiate, ardendo il verno .

SO-
,

si* PRIMA
SONETTO CHI.
AMor m' ha pollo come fegno a
Sol neve, come cera
Colli' al
ftrale
ài foco,
•>

E come nebbia al e fon giàroco s


vento ;

Donna s mercé chiamandole voi non cale *

Bagli occhi vortri ufdo'.l colpo mortale


Contra cui non mi vai tempo , nè foco '
Da voi fola procede ( e parvi un gioco)
Il Sole, e'1 foco , c'i vento, ond'io lon. tale .

X pender fon fa ette , e '1 vi fu un Sole;

E '1 e'niìeme con quefl.' arme


defir foco ;

Mi punge Amof\in'abbaglia,e mi diSrugge;


E l'angelico canto , e le parole,
Cot dolce fpirto ond' io non polfo aitarmc i
Son 1' aura innanzi a cui mia vita fugge »

SONETTO CIV.
T),\ce non trovo e non ho da far guerra »
,

X E te ma, e foero,ed ardo,e fon'u ghiaccio;


E volofopra'l cielo, e giaccio interra;-
E nulla ilringo, e tutto'l mondo abbraccio •
Tal m'ha in prigion,che non m'apre, nè ferra?
Nò per fuo mi riten , nè fcioglie il laccio ;
E non m* ancide Amor' , e non mi sferra ;
Nè mi vuol vivo , nèmi trae ci' impaccio .
Veggio fenz' occhi; e non ho lingua, e grido ;
E bramo di perir, echeggio aita ;
Ed ho in odio me fiefTo , ed amo altrui .*

Pafcomi di dolor ; piangendo rido ;


Egualmente mi fpiace morte, evita.
In quello (lato fon , Donna , per vui

CAN-
,

PARTE. „3
CANZONE XXXI.

Q^ [
UAL P ; " diverfa, e nova
j Cofa
r
fi, mai in qualche
Quella v fe ben fi flima
Più m, raffcmbra; a tal
,
flranio clima;

_ fon giunto, Amore.


Laonde '1 di ven fore ,
Vola un' auge!, chefol fenza
conforte
iJi volontaria morte
Rioafce > e tutto a viver fi
rinnova :
Cosi fot fi ritrova
Lo mio voler' e così in fu
:
] a cima ,t
De luoi alti penfieri al Sol fi voi re ;
-fc. cosi fi ri fot ve,
E così torna ai fuo fiato di
prima ;
Arde , e more , e riprende i nervi •
fuoi
jfcvive poi con la Peni ce a prova
Una pietra è sì ardita
La per P Indico mar che da
; natura
Traggeasàilferro, e '1 fura
Dal legno m guifa , eh' i navigj
affòna'e
Quefto prov'io fra l'onde
20
-D'amaro piantoj ehequelbello fCO
gl i(ì
- Ha col luo duro orgoglio
Condotta ov' affondar con ven mia
vita :
Losi 1 alma ha sfornita
Furando'! cor , che fu già cofa
dura
E me tenne un , cW or fon divifo, e fparfoi«
!

:
Un lailo a trar più fcaiTo
Carne , che ferro o cruda mia
ventura
.

o carne eflendo , veggio trarmi


Yf
u na ViVa doIce calamita.
a riva
« m
rt
Nelreflremo Occidente
.«,

Una fera è, foave, e queta tanto


,
Che nulla put : ma pianto ,

E da-
,

n4
E doglia 5
PRIMA
e morte Cenema gli occhi porta :

Molto con vene accorta 35 ,

B!Ter qual vifta mai ver lei fi giri :

Pur che gli occhi non miri


L'altro puoifi veder fecuramente .
Ma io incauto dolente
Corro Tempre al mio maleje fo bé quato 40
N* ho fofferto , e n' aTpetto: ma l'ingordo
Voler, ch'è cieco e fordo, >

Sì mi trafporta , che '1 bel vifo Tanto >


!
Egli occhi vaghi fìen cagion eh' io pera ,
Di qu*fta fera , angelica? innocente- 45
Siine nel mezzo giorno
Una fontana, è* tien nome elei Sole;
Che per natura fole
Bollir le notti, e* n fui giorno effer fredda ;
E tanto fi raffredda , so
Quanto'! Sol mota, e quanto è più da preffot
Così avven'a me ft.flTo ;

Che fon fonte di lagrime, e foggiorno :

Quando*! bel lune adorno,


Cb'è'l mio Solali iontana;etriire,e fole 55
Son I; mie luci e notte ofeura è foro ;
;

Ardo allor ma fe l'oro»


:

E i rai veggio apparir del vivo Sole ;

Tutto dentro edifor fènto cangiarmi >


,

E ghiaccio firme ; così freddo terno 60 •

Un'altra fonte ha Epiro;


Di cui fi feri ve ch'effendo fredda ella »
,

Ogni fpenta facella


Acc 'nde ; e fpegne qual trovafle accefa .
L* anima mia , eh' offe fa 65
Ancor non era d' amorofo foco;
Appreffandofi un poco
A quella fredda ch'io fempre fofpiroi
Arfe tutta j e marcir»
Simil
? , ..

_. ., .
PARTE.
àtod giammai né Sol vide, niftella:
70
Ch un cor dj marmo a pietà motto
avrebbe
Poi chi afiammata i'ebbe»
Rifpenlela vertu gelata, e
belli :
Cos. .Pìu vo te h 'I cor , rarefi , e f«nto ;
l
1 lo c he i fe «o,- e f?e ab me a 'adiro
Fuor tutt'i
,
75
' 5 .
noftri lidi
Neii'ifole frniofe di Fortuna
Due fonti ha : chi dell* una
Bee ; mor ridendo; e chi dell'altra,
fcampa
aimil fortuna (lampa
g0
Mia vita , che morir porla rìdendo
Uel gran piacer ch'io prendo
.

m noi temprateti dolorofi


ftridi.
:

Amor, eh 1 ancor mi guidi


Pur all'ombra di fama occulta
; e bruna ; S<
Tacerem quella fonte ; eh 1 ogni or
piena
Ma con più larga vena
\ eggiam,quando col Tauro il Sol s' aduna :
Cosi gh occhi miei piangon
d'ogni tempo ;
Ma più nel tempo che Madonna vidi 00
K*hi ipiaile , Canzone ,
'
ueI ch ttI P« dir

.
.
i

In una cbmfa valle, or.d' 'H


, Sotf un sran faflo

efee Sorga,
Si Ry. né chi lo feorga,
V e,le no Amor,ch e mai noi
(„
Jafcia fi
h i immagine d'una che io flrugge : paffo ;
Che perse fugge tuct'altre perfone.

SO-
., ,. .

jiS t H I M A
S O N E T TO' CV.
piova
FIamma dal cicl fu le tue treccie
M.ilvagia;che dal fsume 5 e dalle ghiande
Per iMt m'impoverir fe ricca , e grande i
Poi che di mai' oprar tanto ti giova :

Nido di tradimenti , intuì fi cova


Quanto mal per io mondo oggi fi fpande :
Di vin ferva, diletti, e di vivande;
In cui lufluria fa l'ultima prova.
Per le camere tue fanciulle» e vecchi
Vanno trefcando e Bslzebub in mezzo
Co* mantici , e col foco , e coi? eli fpecchì 4
Già non foftu «udrita in piume a f rezzo ,
Sia nuda al vento, e fcalza fra li ftecchi :

Or vivi sì , ch'a Dio ne venga il lezzo

SONETTO CVI.

L'Avara Babilonia ha colmo 'I facco


D' ira di Dio, e dì vizj rei empj e _

Tanto , che feoppia ; ed ha fatti fuo; dei


N.in Giove, e Palla ma Venere e Bacco
,
,

Affettando ragion mi ftraj;go , e Racco :

Ma pur novo Soldan veggio per lei ;


Lo qaal farà , non già qtund' io vorrei
Soì'-una fede, e quella Baio Bt'dacco.
GP idoii fuoi faranno in terra fra» i

E le torri fuperbe al ciei nemiche;


E fuoi terrier di for come dentr' arli
, ,

Anime belle, e dì virtute amiche


Terrannó'l mondo; e poi vedrem lui iaru
Aureo tutto i e pien dell' opre antiche ,

S O-
,. ,.

PARTE. » I7

SONETTO CVII.
"pONTAKA di dolore, albergo a* ira,

^n
Già Roma ,
crrori » e tempio d'ereCa,
or Babilonia fai fa , e ria
;
CUI rant0 fi P'agne
"
« r , e fi fofpira j
l^c'na a' inganni , o prigìon dira
;
Ove ben more , e'1 mal fi nutre, e cria;
1

1 VI rno;
?
Se ^Ì. TÌ™« ceco Url grat5 miracol fia,
CRISTO al fine non s' adira
i

fondata in cada , ed urnil povertate


Con tra tuoi fondatori alzi le corna, '

Putta slacciata ; e dov'hai porto


fpene?
•Negli adulteri tuoi , Delle
mai nate
Ricchezze tante? or Conftantin non torna
Ma
tolga il mondo trìfto , che 'I fattene

SONETTO CVin.
QUanto più difiefe l'ali fpando
Ve Ho di voi , o dolce feBIéra amica :
Tanto Fortuna con più vifeo intrica
Il mio volai e e gir mi face errando .
,

U cor , che mal fuo grado attorno mando


k, con voi tempre in
quella valle aprica
Ove Imarnoftro più la terra implica :

; JL artr jerdalmpartimmilagrimando.
l da man manca ,e' tenne il cammin dritto
I tratto a forza ed e' d'Amore feorto :
,

.,H"J n Giemialcm*, ed io in Egitto .


Ma foflèreaza è nel dolor
conforto:
Lhe per, ungo ufo già fra nei
preferi tto ,
II Gcllr ° efler'infieme e raro
j ecorto m

S O-
. .

ui PRIMA
CANZONE CIX.

AMor, che nel penfier mio vìve,e regna


E'I tuo foggio maggior nel mio cor tene;
%

Talor' armato nella fronte vene:


Ivi fi loca s ed ivi P on fi>a inlegna .
Quella ch'amare , e (offerir ne'nfegaa,
E voi che i gran delio , 1' accefa fpene
Ragion, vergogna, e reverenza andrene ;
Di noftro ardir fra fteffa fi fdegna :
Onde Amor pavenrofo fugge al core
Laflado ogni fna imprefa;e pia^ne,e trema:
Ivi s'afconde, e'nonappar più fore
Che pofs' io far , temendo il mio (ignote*
Se non ftar feco infili* ali* ora eli re ma ?
Che bel fin fa chi ben* amando more
SONETTO CX.
/*>Ome talora al caldo tempo fole
V> Semplicetta farfalla al lume .avvezza
Volar negli occhi altrui per fua vaghezza ;
Ond' avvea eh' ella more i altri fi dole :
Cosi fempr' io corro al fatai mio Sole
Degli occhi onde mi vien tanta dolcezza ,
Che '1 fren della ragion'Amor non prezza ;
E chi difeerne è vinto da chi vole .
E veggio heti , quaat' elli a fchivo m'hanno ;
Efo, ch'i* ne morrò veracemente;
Che mia vertù non può coiitra 1* affanno '-

Ma sì m' abbaglia Amor foavemente,,


Ch* i'piango l'altrui noja 5 e nò'l mio danno;
E cieca al fuo morir l' alma confente

CAM-
,. .

PARTE.
CANZONE XXXII.
A Lu dolce ombra delle beile frondi
Agendo un difpietato lume
C^r ho quagliti
1

Wwn fi
m'arde»
»

dal terzo cielo


_
* ingombrava già di neve i poggi
;

aura amor <^ che rinnova il tempo


c >

Non
fi

v;j'!
n
-r ie
W, * erbe, eirami.'
l
; s
*

Nè morie
vento mai si verdi frondi;
J

Come a me moftrarquel primo tempo ;fi

Tal, che temendo deli'


ardente
No n v fi a mi0 refugio ombra di lume io
poggi
Ma della manta plà gradita in cielo
Uro 5" dlfele « J '°r dal
rt j cielo:
Onde pm volte vago de* bei rami
D:ì po fon gito per felve
, e per roggi

.
Né g.amma, ritrovai tronco , né frondi , ? :

lane onorate dal fuperuo


lume-
Che ncn cangiaffe* quartate
a tempo
Pero pm xermo ogni or di
tempo in tempo
Scende e chiamar mVHadViKo
•.Jbicortod un foave, e
chiaro lume
1 orna, femore devoto a primi r i
aro i
^quando a terra fon fparte le frondi,
E quando J Sol verdeggiar i Pp n?g i
fa
.
(Selve f C amp agne , fiumi , e
,

è
,
0f /
SS" lo cbeggw » «5 «ngia U tempo i
F*»*» perdono
Ond a Ui ft q a frondi ,
Se "volgendo poi mole'
anni il cielo
F^girdifpofi gì» inveteri
iclfo eh incominciai
di veder lume. 50
n aCq " e r; ™^ il d Ice
c h'i^fr'
Cri paflai con Wil ect o
i
lume,
affai gr; „ noesi
^.
Per poter 3 ppr e ff3 r gli
ama ti rami?
Ora
. >
.

ito PRIMA
Ora la vita breve > e 'I loco e'1 tempo >

Moicrammi altro fentier di gir al cielo JS >

E di far frutto non pur fiori , e frondi


;

Altro amor' altre frondi ed altro lume }


; ,

Altro falir al del per altri poggi


Cerco (che n'è ben tempo ) ed altri rami

SONETTO CXI.
QUand'ìo v'odo parlar si dolcemente} (Isk
^on'Amor proprio a'fuci feguaci iuftiU
L'aceefo mio defir tutto sfavilla)
Tal, che 'nfiammar devria l'anime fpeate.
Trovo la bella Donna allor prefentc ,
Ovunque mi fu imi dolce o tranquilla ,
»

Neil' abito eh' fuon non d' altra fquilia


al
Ma di fofpir mi
fa 'dettar fovente •
Le chiome all' aura fparfe , e lei converfa
Indietro veggio ; e così bella riede
Nel cor » come colei che tìen la chiave :

Jvla'l ioverchio piacer che s' attraverfa


Alla mia lingua , qual dentro ella fiede »
Di inoltrarla in palefc ardir non ave.

S O-
,. ,.

P A R. T E.
SONETTO CXII.

NE'Quando'!
così hello H Sol
ciel fofle più di
giammai
nebbia (carco;
levarfi ,

Nè dopo pioggia vidi 'I celefte arco


• Ter l'aere in color tanti variar fi
;
In quanti fiammeggiando trasformarli
'Nel dì eh' io preti l'amorofo incarco,
Quel vifo al quaP ( e fon nel mio dir parco
)
Nulla cofa mortai potè agguaglia rfi
}
1 Vidi Amor, eh' e begli occhi
volgea
Soave
si , eh' ogni altra villa ofeura
Da indi in qua m' incominciò apparere

Seno uccio , il vidi , e i* arco che tendea


Tal , che mia vita poi non fu fecura ,
Ed è si vaga ancor de! rivedere,

SONETTO CXI II.

POmmi ove '1 Sol' occide i fiori , e l'erba ;


Odove vince lui H ghiaccio , e la neve:
Pommi ov'é'l carro fuo temprato , e leve ;
Edov'èchicel rende, ochi cel ferba :

Pomm'in umiKortuna, od in fuperba;


'

Al dolce aere fereno , al folco e greve :

Pommi alla notte ; al dì lungo, ed al breve ;


Alla matura etate od all' acerba :

Pomm* , od in terra , od in abiflb


in cielo
;
Inalto poggio ; in valle imaepaluftre;
Libero fpirto , cda'fuoi membri affi fio :
Pommi con fama ofeura, o conilluftre:
Sarò qua! fui vivrò com' io fon viffo
Continuando il mio fofpir triluiìre.

Rime Petrarca . F SO'


.

i» PRIMA
SONETTO CXIV.

OD'Alma
ardente virtute ornata > e calda
gentil , cui tante carte vergo j
Ofol già d 1 oneftate intero albergo.
Torre in alto valor fondata , e falda;
O fiamma ; o rofe fparfe in dolce falda
Di viva neve, in ch'io mi fpecchio,e tergo:
. O
piacer' onde 1' ali àJ bel vjfo ergo ,
Che luce fovra quanti '1 Sol ne fcalda ; ,

Del voftro pome, fe mie rime intefe


Follia sì Junge , avrei pien Tile , e Battro $
La Tana, il Nilo, A tlante, Olimpie Calpe:
Poi che portar hoI poflò in tutte quattro
Parti del mondo ; udrallo il bel paefe
Ch'Apefiin parte,c'l Mar cÌrcoda s e l'Alpe.

SONETTO CX V.
QUando'1 voler che co duo fproni ardeti,
E con un duro fren mi mena) e regge >
,

TrapafFa ad or* ad or l'ufafa legge


Per far in parte i miei fpirti contenti ;
Trova chi le paure , e gii ardimenti
Del cor profondo nella fronte legge;
E vede Amor, che lue imprefe corregge)
Folgorar ne* turbati occhi pungenti:
• Onde , come colui che M colpo téme
Di Giove irato fi ritragge indietro ;
;

Che gran temenza gran defireaffrena :

Ma freddo foco , e pàventofa fpeme


Dell' a' ma , che traluce come un vetro,,
Talsr fua dolce vifta ratiere oa

S O»
, . . ,.

P A E. T E. Ss
SONETTO CXVI,
XT0 N T c nn,Pà,Vi l ro ,Arno > Àdig e)e Tebr a>
r n ajI ft r o,Alfeo ,G 3 rofi3,e'l
;)
. marche frSgc,
Rodanclbero, Renana, A Ibia,Era,
Ebro*
«onedra , abete , pin fa ggi 0j 0 ine br 0
g ,
Fona foco allentar che '1 cor trifio
l
ange :
VHaat un bel ricch'ad ogni or meco
piage»
a bofce che ' n rir"e orno,
'

n,-ff? r L e celebro.
Queit un (occorfo trovo
tra gli Miti
,
D
Amore , onde con ven eh' armato viva
_ Li vita che trapaflà a si gran falti
ca 1 be! Laur ìa fafn riva
* chi
E L-tf
piantò
»
;
peniìer leggiadri , ed alt*
mm !

dolce ombra
,

al fuo dell'acque feriva.

.
C A N Zr O N E XXXIir.
TV tempo in tempo mi fi fk meu dura
**T ,r angelica figura, e'1 dolce rifo:
L i aria del bel vifo,
E degli occhi leggiadri meno ofeura
-Lhe ianno meco ornai quefti fofpiri
, s
Mie naicean di dolore
E moftravan di fore
La mia angofeiofa, e difperata vita?
b avven che'l volto in quella parte giri
ler acquetar il core,* io
Parmi veder Amore
Mantener mia ragion, e darmi aitar
Ne però trovo ancor guerra finita
,
We tranquillo gni fiato del cor mio;
.

Che più m'arde 'I defìo, I?


Quanto più la fperanza m> aificura
Fa SO*
it4 PRIMA
SONETTO CXVIT.
CHe alma? c&e penfi?avrcm mai pace?
fai,
Avré mai tregua?od guerra eterna?
avre"
Che fiadi uoi,n5fo:ma inque! ch'io fcarna»
A'iuoi begli occhi il mal rtoftro non piace *
Che prò; fe con quegli occhi ella ne face
Di ftate un ghiaccio, un foco quando verna?
Ellanon; ma colui che gli governa.
Quello ch*è a noi ; s' eMa ìel vede , e tace?/
Talor tace la lingua» e'1 cor fi lagna
Ad alta voce , e 'n vifta afciutca , e lieta
Piagne dove mirando altri noi vede.
Per tutto-ciò la mente non s'acqueta»
Rtìpedo'l duol che'n lei s'accoglie, e ftagna:
Ch'a gran iperanza uom mifero non crede .

SONETTO CXVIH.
"^TOn d' atra , e tempeftofa onda marina
i\ Fuggìo in porto gianvii ftaco nocchiero;;
Coni' io dal folco» e torbido penfiero
Fuggo,ove'I gran defio mi fprona 5 e'nchinai
Nè mortai vifta mai luce divina
Vinfe ; come la mia quel raggio altero
Del bel dolce foave bianco e nero »
In che i fuoi Arali Amor dora , ed affina .
Cieco non già, mafaretrato il veggo;
Nudo ) fe non quanto vergogna il vela ;
Garzon con P ali , qoo-pinto , ma vivo ,
Indi mi moftra quel ch'a molti cela :

Ch'a pane a parte entrYbegli occhi leggo


JJuant' io parlo d'Amorcje quaut'io ferivo.

S O-
. ,

PARTE. i2 T

SONETTO CXIX.
QUesta umil fera,un cordi dgrejod'orlà;
f he'n vifeumanaje'n forma d'agel vene?
In rifo , e'n pianto j fra paura , e fpetie
Mi rota sì , eh' ogni mio flato inforfa .
Se 'a breve non m'accoglie, o non mi fmorfa ,
Ma pur , come fuol far » tra due mi tene ;
,
!
Per quel ch io fento al cor gir fra le vene
Dolce veneno, Amor, mia vita è corta.
Noti può più layertù fragile, e fianca
Tante varietali ornai foffrire : {'mbiaoca.
Che- n «n punto arde» agghiaccia, arrofla» 6
Fuggendo fpera i fuoi dolor finire ;
Come colei che d'ora in ora manca :
Che ben può nulla chi non può morire

SONETTO CXX.
TTe > caldi fofpiri , al freddo core :

J. Rompete il ghiaccio che pietà contende ;


E, feprego mortale al ciel s'intende j
Morte , o mercé fi a fine al mio dolore .
Ite , dolci penfier , parlaudo fore
,
Di quello ove'! bel guardo non s* eftende :

Se pur fua agrezza o mia ftella n'offende


,

Sarem
fuor di fperanza , e fuor d' errore -
Dir h può ben per voi , non forfè appieno
*
Che 'I noftro (Uto è inquieto , efofeo;
Siccome '1 fuo pacifico , efereno
Gite fecuri ornai ; eh' Amor veti vofeo :
E ria fortuna può ben venir meno;
S'aifegni del mioSol l'aere conofeo.

F 3 SO-
iì6 PRIMA
SONETTO CXXL
LE (telle, e'1 cielo, e gli elementi a prova
Tutte lor' arti , ed ogni eltrema cura '

Pofer nel vivo lume -in cui Natura


Si fpecchia,e'l Sol,ch'altrove par nÓ trova,
L'opra è sì altera , sì leggiadra, e nova , 1
Che mortai guardo in lei non s* aflìcura ; '•

Tanta negli occhi bei fòr di mifura


Par ch'Amor' e dolcezza * e grazia piova.
L'aere percolìo da' lor dolci rai
S' infiamma d' oneftate e tal diventa
; ,
Che*! dir noftro , c'1 penfier vince d' aliai.
Baffo defir non è ch'ivi fi Tenta »
Mad'onor, divirtute- Or quando mai
Fu per fomma beltà vii voglia ipenta?

SONETTO CXXII,

NOnA mai Giove


fur } e Cefare sì niofii

fulminar colui, quefto a ferire ,


Che pietà non avefle fpente l'ire,
E lor dell' ufat' arme ambeduo fcoifi
Piangea Madonna: e'I mio Signor, ch'io foffi».
Volfe , a vederla , e fuoi lamenti a udire
;
Per colmarmi di doglia, e di defire,
E ricercarmi le midolle , e gli oflì
Quel dolce pianto mi dipinfe Amore j
Anzi, fcoipìo , equ&'detti foavi
Mi fcrifle entr'un diamate in mezzo'l core;
Ove con falde , ed ingegnofe chiavi
Ancor torna fovente a trarne fore
Lagrime rare , e fofpir lunghi e gravi ..
, .

PARTE. li?

SONETTO C XX III.
I'Vidi in terra angelici coftumi
E celefti bellezze «il mondo fole»
'
Tal j che di rimembrar mi giova , e dole :

Chequant'io miro,par fogni, ombre,e turni:


i vidi fagritnar que'duo bei lumi
C'han fatto mille voite invidia al Sole :

E udì fofpirando dir parole _

Che farian gir i monti , e ftar i fiumi.


Amor, fenno, valor, pi etate , e doglia
Facean piangendo un più dolce concento
D'ogni nitro che nel mondo udir fi foglia :

Ed eia '1 cielo all'armonia si'ntento,


Che noti fi vedea in ramo mover foglia ;
Tanta dolcezza avea pien l'aerei e'1 vento.

SONI TTO CXXIV.


QUEifempre acerbo, ed onorato giorno
Masdòsìal cor rimangine fuaviva;
Che'n^egno,o Iti! no fìa mai che'l deferiva:

[ Ma fpeflo a lui con la memoria torno


L'atto "d'ogni gentil pietate adorno,
E '1 dolce smaro lamentar eh' i' udiva ,
Facean dubbiar fe mortai donna, odiva
,

che '1 ciel raflerenava intorno .


FoiTe
La teila or' fino ; e calde neve il volto;
Ebeno cigli ; e gli occhi eran due ftelle »
i

Ond' Amor I' arco' non tendeva in fallo ;


Perle 5 e rofe vermiglie ove l' accalco
,

Dolor formava ardenti voci, e belle?


Fiamma i fofpir ; le lagrime criftallo .

S O-
nS PRIMA
sonetto cxxv.
OVePer eh' i' pofi gli occhi laSì , o giri
qtietnr ] a vaghezza che gli fpinge
;
Trovo chi bella donna ivi dipinge,
Per far Tempre mai verdi i miei de fi ri
Con leggiadro dolor par ch'ella fpiri
Alta pietà , che gentil core ftringe :
Ojtra la yifta agli orecchi orna e 'nfingc
Sue voci vive, e fuoi fanti fofpiri .
Amor' , e '1 ver fur meco a dir che quelle
Ch' Ì 1 vidi , eran bellezze al mondo fole s
Mai non vedute più fotto le ite Ile
Nè si pietofe » e sì dolci parole
S' udiroii mai ; nè lagrime sì belle
Di sì begli occhi ufeir mai vide il Sole

SONETTO CXXVI.

INEra
qual parte del crei*, in quale idea
l'efempio onde Natura tolfe
Quel bel vifo leggiadro, in eh' elJa volfe-
TVloftrar quaggiù , qaanto lafsù potea ?
Qual Ninfa in fonti , in felve ma? qua Dea
1

C hiome d* oro sì fino all' aura fciolfe ?


Quartd' un cor tante in-sè vktuti sccolfe?
Benché la fomma è di mia morte re3 .
Per divina bellezza indarno mira
Chi gli occhi di cortei giammai non vide*
Come foave mente ella gli gira .

Non fa com' Amor fan a , e eomeancide >


Chi non fa comedolce ella fofpira
E cerne dolce parla > e dolce ride -

SO-
i

PARTE. 129

SONETTO CXXVII.

AMor' j ed pien di maraviglia »


io sì
Come chi mai cola iucredibil vide ;
Miriam coirei qua ad' ella parla > onde;
Chefol se ftcfla , e nuli' altra fi mi glia.
Dal bel fere» delle tranquille ciglia
mie due ftelle fide»
Sfavillali si le
Ch' altro lume non è ch'infiammi o guide.5

Chi d' amar altamente fi configlia »


Qu;ì! miracolo è quel quando fra 1' erba
>

. Quafi un fior fiede?ovver qua nd'el la preme.


Col fuo candido feno un verde cefpo ?
Qua! dolcezza è) nella ftagione acerba
Vederla ir fola coi penfier fuoi *nfieme >
Teiieodo un cerchio all'oro terfo,e crefpo?

'SONETTO CXXVIII.

O O
Passi fparfi o penfier vaghi > e pronti
O
;

tenace memoria ; o fero ardore;


poffente defire ; o debil core ;
O occhi miei > occhi non già , ma fonti »
O fronde j onor delle famofe fronti >
O fola infegna al gemino Valore;
O faticofa vira » o dolce errore %
Che mi fate ir cercando piagge , e monti ;
O bel vifo, ov* Amor' infieme pofe
Gli fproni,e'l fren'ond'e'mi punge, e voi ve
Com' a lui piace , e calcitrar non vale i
O anime gentili, ed araorofe;
S 'alcuna ha'l modo;e voi nude 6"bre,e polve;
Puh retiate a veder , q;ua;l' è'1 mio male »

F 5 SO-
P :
E- I M: A
SO N E T T O CXXIX.

T T che
^V
fi ° ri
?
efeIici
Madonna- panando premer
> e ben nate erbe,,
-*-fr fole;,
Piaegia , ch'afcolti fue dolci:
parole
±1 del bel piede alcun velli
gio ferbe •
Schietti arbofcelli , e verdi
frondi.acerbe '-
Amorolette e pallide vi I e ; ,

Ornbrofe feive, ove percote il


Sole,.
^he vi fa co luoi. raggi alte ,. e fuperbe;
O (oaye contrada; o urc fiume,
p
Che hagm'J luo bel vifo e g-li
occhi chiari s
liprendi, quahu dal' vìvo-
lume;
Quain co V
;
i ii vi d io gì i a tri onefìi \ e ca r i
.
.
'

IJ arder con la mia fiamma.


non impari

SONETTO CXXX;,
A^
wNelir
ÒS
^
;
^^r-'^.onde
1
Che v di
°/ ni p,eo{iero aP"to
ru fol mi feorgi ;
s ,

fondo del mi ocor gli occhi tuoi.porgr '

A te pa efea tott? altri converto


,
Sai quel che per feguirti
ho già: fofferto :
-b tu par via di poggio
inpoggio forgi
rR Iorn edi menon t'accorgi,,
i

c^r
Che fon si°a "v
fljjnco.e'l fentier m'è
Ben veggio di lontano il troppVto
, dolce lume
Ove,per a fpre vie mii proni
, e giri :
Ma non no , .come tu , o*à volar
,

piume ..
Aliai contenti- lafci i
mieidèfiri,
JLar che ben defiando
- i'mi confurne :
Nèle difpiacua, che per lei fbfpiri ,
. ,,

P ARTE- 131

SONETTO CXXXI-

che e la terra, e*l vento tace,


OR,E '1 ciél',
le fere, e gli augelli il fanno affrena ,
Notte carro (Iellato in giro mena,
'1

Enelfuo letto il mar fenz' ondi* giace ;


Veggio, penfo, ardo , piango ; e chi mi sface y
Sempre m'e innanzi ner mia dolce penai ?
Guerra è*l mio (lato, d'ira, e di dnol piena.
E iol di penta odo ho' qualche pace .
lei
Così fol una chiara fonte viva
d'
Move'l dolce , e l'amaro ond* io
mi pafeo
Una man fola mi rifalla , e punge •

E perchè '1 mio marcir non giunga a riva p


Mille volte il di moro , e mille nafeo j
Tanto dalla falutc mia fon lunge .

JONE T T O CX XXII.
COMEdolcicandidooneftamente
I
'1 è per erba frefea
move,'
paffi'
pi 1-

Vertù che'ntorno i
, apra , e rinnove ?
fior'
Delle tenere piante fue par ch'efea
Amor, che folo i or leggiadri invefea
Nè degna dì provar fua forza altrove ;
Da' begli occhi un piacer sì caldo piove
Ch'i'non curo altro ben,nè bramo altr'efca-
E con l'andar, e col foavefguardo
S'accordan le dolciffime parole,
E l' atto manfueto,- umile , etardo .
Di Cài quattro faville , e non già fole s
Nafce 'i gran foco di eh* io vivo , ed ardo :
Che fon fatto un' augel notturno al Sole »-
ij* PRIMA
SONETTO CXXXIII.
S'tofoffi flato férmo alla fpelunca -

La dov' Apollo diventò profeta;


Fiorenza avria- fcrs'eggi il fuo Poeta,
Non- pur Verona , e Mantoa , e Arnnca :

™a perchè 'I mio terren più non s'ingiunca


Dell' umor di qael fa fio ; altro piaoeta
Conven ch'i'fegua, e del mio campo mi era
Lappole , e (lecchi con la falce adunca .
L ^ol iva è lecca; ed è rivolta altrove

Q(
L' acqua che di Parnafo> fi deriva:
iercui in alcun tempo ella fioriva-
Coti^ fvenmra , ovver colpa mi priva
D. ogni buon frutto , fe Teterno Giove
Delia MI grazia f&pra- me- non piove. .

SONETTO C XXXIV.-
na*
Uàndo Amor 1 ! begli occhi a t'erra inchi-r-
,
E i vaghi fpirti-in un forpiro accoglie.
"Con le fue mani
e poi in voce gli fcioglie
;

Chiara, foavei angelica, divina;


Senro fàr del mio cor dolce rapina
,
Esì dentro cangiar pender! , e voglie,
Ch'i* dico, Or fien di me l'ultime fpoglie^
Se 'l ciel sì onefla morte mi deftina:
Ma '1 fuori che di dolcezza i fenfs lega -,
Col gran defir d'udendo elle r beata
L'anima al dipartir prefta raffrena.
Così mi vivo; e cosi a vvolge , efpiega
Lo ftame della vita che m'è data r
Quella- fola fra noi del ciel Sirena.*

sa
PARTE. jj}

SONETTO CXXXV.
AMok.
-
mi manda quel dolce penderò
Che
fecretario antico è fra noi due ;
E mi conforta; e dice che non fue ( ro »
1

Maijcom'or,pi'efto a quel ch'i'bramoje (pe-r


Io, cbetalor menzogna, e talor vero
Ho ritrovato le parole fuei
Non fo s* il creda; e vivomi intra due I
Nèsì, né nò nel cor m.i fona intero-
In quefta parta '1 tempo ; e nello fpeccnio
Mi veggio andar ver ìa ftagion contraria
A fua impromeifa, ed alla mia fperanza •
Or fia che può già fol' io non invecchio ;
:

Già per etate il mio defir non varia:


Ben temo il viver breve che avanza *

SONETTO CXXXVL
T}Ien d'un vago penfier , che mi defvls
X Da tatti gli altri 3 e fammi al modo ir folo ;
r

Ad or* ad or* a me (ìeffo m' involo


Pur cercando, che fuggir devria
lei :

E veggio!» paflar sì dolce , e ria ,


Che l'alma trema per levarfi a volo;
Tal d'armati fofpir conduce ftuolo
Quefta beila d' Amor nemica , è mia .
1
Ben , s io non efro , di pietate an raggio
Scorgo fra '1 imbilofo altero cigliò ;

Che 'a parte rafferena il cor dogìiofa:


Allor raccolgo l'alma; e poi eh' i' aegro'
Di fcovrirle il mio mal prefo configliò j
Tanto le ho a dilette incominciar non ofo.

SO-
t& PRIMA
S O N ETTO CXXXVII.
Più' volte già dal bel fembiante umano 1

HajMtèfo ardir con le- mie fide fcorte'


D ailalir eoa paróle o nelle accorte
La mia nemica- in atto umile, e piano:
Fanno poigli occhi Tuoi mio penfier vano
;
rC ° 8 " m " ^ortuna '" °S»i mia forte,.
Mw
M- ben,
t'
mio ìmle, e mia vita, e mia morte
Quei che fola il può far*!' ha porto in' mano-
v
UncP io non poce mai formar paróla
Ch'altro- che da me fteffò- fo(Te intefa;
Cosi m'ha fatto Amortremante , e
fioco;-
E. veggi* or ben ,. che caricare
accefa-
Lega la lingua altrui, gii fpirci invola.
Chi può dir com'egli arde 3 è 'n picciol foco.

S". O N E T' T O' CXXXVIII.

GIUNTO m'ha Amor fra belle,e crude brac-


Che m'ancidonoa torto;e s'io mi doglio,
Dóppia '1 iflartir*: ondepur, com'io foggio '

r
Il meglio è ch'io mi moraamando,e
taccia:
Che pona quella il R.en,qualor più agghiaccia,-
Arder coivgh occhia ropre ogni afpro feo-
Bd ha si egual'alle bellezze orgoglio, (glio;
"
Che dipjacer altrui par che le fpiaccia .

Nulla poflo levano per mio 'ngegno


Del bel diamante ond' e ha il cor
Lai ero è d'un marmo che fi'mova
Wsì duro ;

, e fpiri :
JNed ella a me' per tutto '1 f
uo difdcsno
1 orra giammai ; nè per fembiante ofeuro,
A-e mie fperanze e i miei dolci fofpiri
,

SO-
» ,

P A R T E. rr
* :

S O N E T TO CXXXIX.
OTnvidia, nemica di virtute ;

Ch'a'bei principii volentier contraffi'


Per qua! fender così tacita incrafti
In quel bel petto, e con qual'àrti il mute?
Da
radice n' hai fvelta mia fatate
Troppofelice amante mi moftrafti
A
quella .che miei preghi umili , e cafiì'
Gradì alcun tempo* or par ch'odj e re rute'.
però che con atti acerbi ), e rei
De! mio Ben piangaje del mio pianger ri daj
Poria cangiar foi un de' pender miei :
Non perchè milie volte il. dì m'ancida
Fiach'io non l'amij e ch'i'non fperi in lei:
Che s* ella mi.fpaventa ,> Amor m' affida...

s> o n: e. t t o c x l..
MIrando '1 Sol de' Begli occhi
fereno>
Ov'è chi fpeffo i miei dipinger bagnaj
Dal cor l'anima (tanca fi {compagna.
Per gir ne! paradifo fuo terreno::
Pòi trovando! di dolce s e d'amar'
-. pieno 5
, Quanto al mondo li tefie 3 opr» d'aragna
Vede v. ondè-fecoj e con Amor fi la glia,-
C ha sì caldi gli fpron , si duro il freno .
Per queffi eftremi duo contrarj » c mifti
Or con voglie gelate , or con accefe
Staffi così fra mifera 3 e felice::
Ma pochi lieti > e molti penfier tri ffi j
E'I più fi. pente dell' ardite imprefe :
Hai frutto, nafte di cotal radice;,.

s:a-
Ufi PRIMA
SONETTO C X L I.
FERAftelIa ( 1
cielo ha forza in noi j
Te
Quanc'alcun crede) fu>fotro ch'io nacqui;
E fera «mai dove nato giacqui ;
"E fera terra) ov'e pie Hioh*ì poi;
E fera donna » che con gli occhi fuoi ,
E con 1' arco a cui fol perfegoo pfaCqtu»
Fè la piaga ond' , Amor , reco noti tacqui ;
Che con quell'arme rifaìdarla puoi ,
Ma tu prendi a diletto i dolor miei:
Ella non già ; perché non fon più duri y
E *ì eolpoèdi faetta , e non di fpiedo.
Pur mi confola > che languir per Jei
Meglio è che gioir d' altra j e tu mei giuri
Per l'orato tuo ftraìe; ed io tei credo.

SONETTO CXLH.
QUaìjdo mi vene manzi il tempo, e'I loco
Ov'io perdei me (ìeff<> e'i caro nodo
;

Ond 'Amof di fm man m'avvi'nfe in modo ,


Che ì'amnr'mi fé dolce j e'1 pianger gioco ;
SaJfo , ed efca lon tatto , e '1 cor 1 un foco
,
Da quei foavi fpirti i quai fempr' odo
j
Accefo dentro sì, eh' ardendo godo,
Edi ciò vivo; ed' altro mi cai poco*
Quel Sol ehefolo a gli occhi miei ri f -fende
3
C<>i vaghi raggi ancor' indi mi fcalda
A vefpro tal , quai' era oggi per tempo :

E cosi di lontan m'alluma r* Vicende, -

Che la memoria ad oenor frefea e falda ,


,
PHrquehìQdo mi m.gftra>e l locete '1 tempo-

SO-
.

PARTE. m7
SONETTO CXLTII.

PEr mezz' bofchì ìtiofpitì e felvag-gì


i ,

Onde vano a gran rifchio uomini, ed arme»


,

1
Vo licur io che non può fpaventarme
;

Altri che'l Sol c' ha d* Amor vivo i raggi .


E vo cantando { o penfer miei non faggi.')
Lei che*l ciel oon poria lontana ferme;
1
Ch' i' l ho negli occhi , e veder feco parme
Dotine , e donzelle; e fono abeti ,e faggi-
Parrai d' udirla , udendo : rami e V ore >
,

E le frondi , e gli augei lagnarti ; e l' acque


Mormorando fuggir per l'erba verde.
Raro un iDenzìoj un lolitario orrore
D'omhrofa felva mai tanto mi piacque;
Se non che del mìo Sol troppo fi perde-

SONETTO CXLI V.
MIlle piagge in un giorno 5 e mille rivi
Moflrato m ha per la famofa Ardenna
1

Amor, eh' a'fuoi le piante, e i cori impenna»


Per farli al terzo ciel volando ir vivi.
Dolce m'èfol fenz' arine effer flato ivi
Dove armato rìer Marte, e non accenna; ^ -\

Quali fenza governo, e fenza antenna


Legno in mar,pien di péTier gravide fchivi
Pur giunto al fin della giornata ofettra ,
Rimembrado 6i"io vegno,e co quai piume»
Sento di troppo ardir nafeer paura .
Ma'! bel paefe y e '1 dilettolo fiume
Con ferena accoglienza raffecura
11 cor già volto ov' abita il fuo lume,

^•n .

so-
138 PRIMA
SONETTO CXLV.
A mi 0>rona
iecur aie lpaveta;arde,ed agghiaccia
V '
iti un tempo, ed a Arena 5

r j
tjradiice,e r
ldegna;a sè mi
;
chiamai fcaccia:
r mi tei1c in ^Peranz a ed or' in pena
Or?alto
» .
i

, or baul>il mia cor laflò mena ,.


Onde !

'I vago defir perde la


traccia ;
E fuo fommo piacer par che li fpiaccia
1
;
error si novo fa mìa mente è piena
UnY amico penfier le moftra il vado,
Non d'acqua che per gli occhi rifolva fi
Da gir tolto ove i pera efler con trenta: ,
Poti quafi maggior forza indi la ivo! va j
Conven ch'altra via-fegua.e mal fuo gradff
Alla ina lunga , e mia morte confenta ,

S O N E T T O CXLVL
VkU
-qaatado tal or meco s* adira
fai Ct- L a ™a
P„h- ^7 dolce nemica, eh' è si alterar
^ yn contorco m'édato, eli' i' non pera ,
ol ° er cui vercà
.

/m. ^ P -
l> alma refpira;
£^Ovunqtf elJa ideando
,

gli occhi gira,


dj
luc <r privar mia vita fpera
ìcC* t . ;
moi tro1 mieÌ D ien' d'umiltà sì vera,
C ir Ì5, a lorza
ogni fL, ° ^egno indietro tira
S£r C

X0 andrei non altramentefj " e


'

M .^™
-f- a
,.V er «eh che 'I volto di Medufa

ÉS ^ Hacea lmr mo diventar la gente .


{'Cosi du n q ue @ tu; cb > j, veggQ
;

•5^7. Ogni altr' aita; e '1 fuggir


vai niente
V t ^ Dinanzi all' a li che '2 Signor noftroufa
_;„.»..•<., ^ f .m-
r
, r

F A R T E. 129

SONETI O CXLVII.
ben può tu portartene la fcorza
PO'»
Dime con tue polenti, erapid' onde t

Malo fpirto, eh' iv'entrcj fi nafconde


Non cura uè di tua * nè d* altrui forza :

Lo qual fenz' alternar poggia con orza


Dritto per 1' aure al fuo defir feconde
Battendo ìè ali verfc* 1* aurea fronde ,
L' acquaci vento,e la veia,e i remi sforza.
Re degli altri, fuperbo , altero fiume;
.
Che'neotri'l SoUquado e'ne mena il giorno»
E *n Ponente abbandoni un più bel lume;
Tu te ne vai co! mio morta] fui còrno :

L' altro coverto d' amorofe piume


Torna volando al fuo dolce foggiorno

SONETTO CXLVIII.
AMor
D' oro
fra r erbe
una leggiadra rete
, e di perle tefe fott' un ramo
1
Dell' arbor fempre verde eh' i tant' amo ;
Benché n' abbia ombre più trifte,che liete :
V efea fu 'lfeme ch'egli fparge 5 e miete
Dolce,ed acerbo; eh' io pavento, e bramo :
Lenotte non fur mai dal dì eh' Adamo
Aperfe gliocchì , sì foavi e quete :

E ì chiaro lume che fparirfa '1 Sole,


1
Folgorava d intorno; e '1 iune avvolto-
Era alia man eh' avorio > e peveavanza
Così caddi alla rete e qui m' han colto
;

Gli atti vaghi, e i* angeliche parole,


E. '1 piacer', e 'idefire.„ e la fperanza-

s a-
PRIMA
SONETTO CXLIX.
AMor. , che ncede *1 cor d' ardente zelo
Di gelata paura il tien coftrecto
E ;
qua! fia più , fa dubbio all' intelletto
La lperanza, o'J timor, ] a fiamma ,o '1 gielo.,
i remo al più caldo, ardo al più
freddo ciclo »
Sempre pien di de (ire, e di fofpetto
Pur come donna in un veftire fchietto;
Celi un'uom vivo o fott'un picciol velo.
,

Di queue pene é mia propria la prima


r dì '
notte; e uanco è ] dolce male
*
f 9
mè n penfìercape,no!i chea verfi,o'n rima:
n on g' à 5 che '1 mio bei foco è tale,
JÌV* .

Gh<ogni u6 pareggiale del filo lume in cima


Chiyojarpenfa, indarno (piega l'ale.

SONETTO CL.
dolce fguardo di cortei m' suicide»
SE'I
E le fo .'ivi parolettc accorte ;
E s'Amar fopra rae Ja fa sì forte
Sol quando parla , ovver quando l'orride
;
L31T0 j che fia , fe forfè ella divide
O
per mia colpa , oper malvagia forte
Gli occhi fìioi da mercè ; fìcchè di morte
Là dov'or irTaffecura , allormi sfide?
Però s'i' tremo, e vo col cor gelato
Qua! or veggio cangiata fua figurai
Quello temer d'antiche prove è nato.
Femmina è colà mobil per natura ;
Ond'iofoben, eh' un' amorofo flato
In cor di donna picciol tempo dura.

SO-
.

PARTE.
SONETTO CU-
AMor, Natura, e la bell'Alma umile
Ov' ogni alta virtute alberga , e regna ,
.

Contra me fon giurati Amors' ingegna» .

CE' i' mora affatto e 'n ciò fegue fuo ftile :


,

Natura tic n cortei d'unsi gentile


Laccio , che nullo sforzo è che foftegna :

Ella é sì fchiva , ch'abitar non degna .

Più nella vita faiicofa, e vile.


Così lo fpirto d'or' in or vien meno
.
A. quelle belle care membra onefte,
Che fpeccbio era» di vera leggiadria.
E s' a Morte pietà non ftringe il freno,
Latto , ben veggio , in che flato fon quefte
Vane fperanze ond'io viver folla.

SONETTO CLII.
QUesta Fenice dell' aurata piuma
Al fuo bel collo candido gemile
F irma fenz' arte un si caro monile ,
C . ogni cor' addolcifce, e'J mio confuma
Forma un d^idema naturali ch'alluma
L'aere d'intorno 5 e'1 tacito focile
DAmor tregge indi un liquido fottile
F co , che m' arde alla più algente bruma
Purpurea verta d* un ceruleo lembo
Soarfo di rofe i belli omeri vela;
Novo abito e bellezza unica e fola
, , .

Farm nell'odorato, e ricco grembo


D Arabi monti lei ripone, e cela;
Che per lonoftro ciel sì altera vola.

SO-
W PRIMA.
SONETTO CLIIL
Virgilio, ed Omero aveffìn vitto
SEQuel Sole ilqual vegg'iocogii occhi mleij
Tutte lor forze in dar fama a coftei
Avrian pofto , e V un fui eoa 1' altro mifto :

Dì che farebbe Enea turbato e trifto ,

Achille > UIifle_, e gli altri femidei,"


E quel che rette anni cinquanta fei
Sì bene il mondo, e quel eh' ancife Egitto.
Quei fior' antico di vinati , e d' arme
Come fembiante ilei la ebbe con quello
Novo fior d'onettate, e di bellezze.'
Ennio di quel cantò ruvido carme;
Di quett'altr* io ed o pur non moletto (ze.
:

Gli (lai mio igegno,e'l mio lodar no fprez-

SONETTO CLIV.
GIunto Aleflandro alta famofa tomba
Del fero Achille, fofpirando difTe :

O fortunato , che sì chiara tromba


Trovafti , echidi te sì alto fcrifle !

Ma quella pura , e candida colomba


A cui non fo s' al mondo mai par ville;
Nel mio ftil frale aflai poco rimbomba :

Così fon le fue forti a ciafcun nfìè


Che d'Omero digniffima, ed' Orfeo,
O del Paftor eh' ancor Mantova onora j

Ch' andavT'en fr-mpre lei fola cantando ;


Stella difforme, e fato fol qui reo
Commife a tal , che 'I fuo bel nome adora :

Ma forfè frema fue lode parlando

S O-
. ,

PARTE. ni
SONETTO CLV.
A Lmo Sol quella fronde eli' io fola amo
,

* * Tu P rin» amaftijòr fola al bel foggiorno


Verdeggia, e lenza par, poi che l'adorno
Suo male, e noftro vide iti prima Adamo .
Stiamo a mirarla V ti pur prego , e chiamo
.
i
OSole ; e tu pur fuggi • e fai d' intorno
Ombrare i , poggi
e te ne porti 'I giorno ;
E
fuggendo mi toi quel eh' i' più bramo .
L ombra che cade da .queir umil colle >
Ovesfavilla il mio foave foco,
Ove '1 gran Lauro fu picciok verga ;
Credendo mentr' io parlo , a gli occhi eolie
La dolce viltà del beato loco
Ove'l mio cor coti la ftia donna alberga .

SONETTO CLVI.
Assa la nave mia colma d' obblio
P Per afpro mar' a mezza notte il verna
S l!a ' eCariddi; ed al governo
c" j ,f
Siede 1 Signor', anzi 'I nemico mio:
A cialcim remo un penfier pronto, e rio»
Che la tépeft a ,e'I fin par eh abbi a fcherno :

La vela rompe un vento umido eterno


Di fofpir, di fperacze, e di defio:
Pioggia di lagrimar , nebbia di fdegni

Lhe
gn > e
rì lon
r ^ lem le S ià banche fatte?
d error con ignoranza attorto:
Celanti i duo miei dolci ufati fegni
:

Mpifa fra Tonde è la ragion* , e P arte -

Tal, eh incomincia a difperar del porto

SO-
iU PRIMA
SONETTO CLVIT,
erba
UNa. candida cerva {"opra I'

Verde m'apparve con duo corna d'or»


t

Fra due riviere all' ombra d'un' Alloro


Levando *1 Sole alla ftagioii' acerba -
Era fua vifh sì dolce fu P erba
1
Ch' lafcias per feguirla ogni lavoro
i :

Come 1* 'li cercar teforo


avaro, che
Con affanno difacerba
diletto I*

Nejfun mi tacchi , ai bel collo d' intorno


Scritto avea di diamanti , e di topazj ;
Liécfa f/trml al mio Cefa r t parve .
Ed era *1 Sol già volto al mezzo giorno;
Gli occhi miei ftancbi di mirar, non fazj ;
Quand'io caddi ne IT acqua 3 ed ella fparve.

SONETTO CLVIII.

SIgcome eterna vita è veder Dio , s


Uè più fi brama, ne bramar più lice;
Così me, Donna, il voi veder, felice
Fa in quefto breve , e frale viver mio.
Nè voi ftefl'a, coni' or, bella yìd'io_
Giammai; Ce vero al cor 1* occhio ridice;
Dolce del mio penQer' ora beatrice;
Che vince ogni alta fpeme , ogni defio .
E fe non foiTe il fuo fuggir sì ratto
Più non dimanderei: che s' alcun vive
Sol d odore , e tal fama fede acquifta ;
Alcun d'acqua, odi focoilgufto, e'1 tatto
Acquetan , cofe d'ogni dolzor prive \-
V perchè non della voftr* alma vifta?

SO*
PARTE.
SONETTO CLIX.
STiamo, Amor', a veder la gloria noftra
Còfciopra 'natura altere , e nove:
Vedi ben , quinta in lei dolcezza piove :
Vedi lume che H cielo in terra rcfofrra :
\ eòi r qjiant' arre dora , e'mperla , e 'À'noftrsi
L abito eletto, e mai non fffio altrove
!

;
Che dolcemente i piedi, e gli occhi move
Ter quefta di hei colli ombrofa chioftra
V erbetta verde, e i fiordi color mille
!

Spàrfi forco quell'elee antiqua, enecra,


Pregan pur,che'l bel piè li prema,o tocchi;
E iciel di vaghi, e lucide faville
S* accende intorno \ e 'n viltà fi
rallegra
D'efler fatto feren da sì begli cechi.

SONETTO GLX,
"pAsco h mente d'un sì nobil dóo ,
A Ch'ambrofiaie nettar nò invidio a Giove:
Che fol mirando, obblio nell'alma piove
D'ogni altro dolce, e Lete al fondo bibo.
Ta.or , di' odo dir cofe , e'n cor defenbo,
Perchè da fofpiràff Tempre rkrcve
;
Ratfo per rmnd' Amor; nè fo ben dove;
Doppia dolcezza in un volto delibo:
Che quella voce inftV al ciel gradita
Suona in parole si leggiadre, e care,
Che penfar noi porla chi non 1' ha udita -
Allor ìnbeme in meo d' un palmo appare
Viabilmente, quanto in qu-fta vita
Arte, ingegno, e natura , e'i ciel può Gre .

Rt'mf Petrarca.. Q s q„
M6 PRIMA
SONETTO CLXI.
L'Aura gentil che raiTerenn i poggi
Dettando i fior per quefto ombrofo oofcoj

Al foave Tuo fpirto riconofcoj


Per cui con ven che'n pena, e'a fama poggi.
Per ritrovar ove '1 cor iaffo appoggi,
Fuggo Ha! mio natio dolce aere Tofco :
Per far lume al penfic-r torbido , e tofco,
Cerco '1 mio Sole; e fpero vederloeggi:
Nel qual provo dolcezze tante, e tali»
Ch'Amor per forza a lui mi riconduce,*
Poi sì m'abbaglia » ehe'l fuggir
1
è tardo m
Io chiedere* a fcarnpar nan arme, anzi ali:
Ma perir mi dà'lciel per quella luce;
Che da lunge mi ftruggo , e da prefs' ardo *
i

SONETTO CLXII.

DI Nè vo cangiando il vifo , e'I pelo :


dì in dì
però fmorfo i dolci inefeatiamii
Nè sbranco i verdi , ed iuvefeati rami
Dell' arbor chenè Sol cura, nè gielo
Sen2' acqua il mare, e fenza ftelle il ciela
Fia innanzi jch'io nonfempre cema,e brami
La fua beli' ombra; e eh' i* non odj, ed ami
L'alta piaga amorofa che mal celo-
Non fpero del mio affanno aver mai pofa
Iafin eh' i* mi difoflo , e fnervo , e fpolpo >
O lanemica mia pietà n' avelie.
può in prima ogn' inpoflibil cofa,
ì'.Cfer
Ch'altri che Morte,od ella fani'l colpo (fe.
CW A mot co1 Cucitegli occhi al cor mlprc{-

SO-
,

PARTE,
SONETTO CLXIII.
L*Aura Verena che fra verdi fronde
Mormorando a ferir nel volto vietume
;
Fammi rifowenirquand' Amor diemme
_,ff
P^me piaghe, sì dolci, e profonde;
h L bel viio veder ch'altri m' afeonde
;
Che fdegno, o gelofia celato tiemme;
E le chiome or'avvolte in perle, e'n geme )
Allora fciolte , e fovra or terfo bionde :
Le quali ella fpargea sì dolcemente ,
E raccogliea con si leggiadri modi
Che ripenfando ancor trema la mente.
Tortele il tempo po' in più faldi nodi;
E fi ri ii fé '1 cor d' un laccio si poflente »
Che Morte fola fia eh' indi lo fnodi ,

SONETTO C L X I V.
L'Aura celefle
1
che V quel
verde Lauro
^
Spira ov Amor feri nei fianco Apollo
t
Ed a me pofe un dolce giogo al collo
,
Tal , che mia libertà tardi reftauro;
Può quello in me che nel gran vecchio Mauro
Medufa , quando in felce tras formoli o :
Ne póflb dal bel nodo ornai dar crollo,
.
Là Ve'l Sol perde,non pur l'ambra, o l'auro:
Dico le chiome bionde , e '1 crefpo laccio
Che si foavemente lega , e ftringe
L' alma, che d* umiltate,e non d'altr'armo,
L' ombra fua fola fa'l mio core un ghiaccio
*
E di bianca paura il vjfo tinge :
Ma gli occhi hano virtù di farne u •marmo.

G % SO-
i4« P R I M A
S 0 N E T T O CL.XV,
L'Aura foave eh' al Sol fpiega , V vibra
L'auro eh' A mordi fu a min fila,e tede ;•
Là da begli occhi , e dalle chiome fteffe
Lega *1 cor laflo, e i levi fpirti cribra . \
Non ho midolla in olio, o fangue in fibra , I
Ch'i'non fenta tremar; pur ch'i'm'appreffe
Dov'è chi morte , e vita infìeme fpefle
Volte in frale bilancia appende , elibrai
Vedendo arder i lumi ond' io tri' accendo ;
E folgorar i nodi ond' io fon prefo,
Or fu l' omero deliro , ed or fui manco
J* noi poflo ridir; che noi comprendo;
Data' due lucie l'intelletto offefo,
E di tanta dolcezza oppreflb , e ftalico.

SONETTO CLXVI.

O Bella man che mi diltringi


'J core?
,

E'n poco fpazio la mia vira chiudi ; I


Man', ov' ogni arte, e tutti loro ftudi
Pofer Natura e'1 Ciel per farli onore ;
,
;

Di cinque perle orientai colóre,


E foi nelle mie piaghe acerbi, e crudi)
Diti fc filetti foavM a tempo ignudi
Coniente or voi , per arricchirmi ^more- ;

Candido, leggiadretto , e caro euanto, J


Che copn'a netto avorio, efrefche rnfe;
Chi vide al mondo inaisi d^lci fposlie?
Così avefs'io del bel velo altrettanto.
O incoftanza dell' umane cofe!
Par quefto è funtore vie ch'i 'ms ne fpoglie
PARTI.
SONETTO CLXVII.
NOnChepurcon graveunamio danno
quel 1* ignuda mano
bella
fi r i velie
;
Ma l'ai tra ,eduo braccia accorte ,e prette,
le
Son'a ftringer il cor timido, e piano.
Lacci Amor mille , e nefl'un tende in vano
Fra quelle vaghe nove forine onefte:
'
Ch'adornati sii* alt' abito celefte ,
Ch'aggiiiger noi può ftil,nè*ngegno umano;
Gli occhi fereni , eie ftellanti ciglia
;
La beila bocca angelica , di perle
.Piena, e di rofe, e di dolci parole,
Che fon no altrui tremar di maraviglia ;
Eia fronte, e le chiome eh 1 a vederle
Di Rate a mezzo dì vincono il Sole u

SONETTO CLXVIII.

TV/fLi ventura, ed Amor m' avean sì adomo


IVA D' un bell'aurato , e ferico trapunto;
Ch'ai lommo del mio bé quafi era aggiunto
Penfando meco a chi fu queft' intorno:
Ne mi riede alla mente mai quel giorno
Che .mi fe' ricco, e povero in un punto J
ChVnonfia d'ira, edidolor compunto>
Pien di vergogna, e d' amorofo feoruo
;
Clie la mia nobiì preda non più ftretta
Tenni al bifogno ; e non fui più colante
Contra lo sforzo Col d' un' angioletti ;
'© fuggendo, ale non giunfi alle piante,
|
Per far almen di quella man vendetta
Che degli occhi mi trae lagrime tante.

G 3 SO-
m P R I m a\
SONETTO CLXlXl
D'Un bel
Move
, chiaro , polito ,

Ja fiamma che m'incedeje ftrugge»


e vivo ghiaccio

E sì le vene »e*l corra* afciuga » e fugge» |i

Che *nvifibi!emente i*mì disfaccio .

Morte > già per ferire alzato 'I traccio»


Come irato cief tona» oJeon rugge »
Va perfeguendo mia vita che fugge ; >.

Ed io pieti di paura tremo e taccio. s


J
Ben poria ancor pietà con amor mifta
Per foftegno di me doppia colonna
Porfì fra l'alma fianca , e 'ì mortai colpo: 1
Ma io noi credo > nè'l conofco in vifta
Di quella dolce mia nemica } e donna :
Nè di ciò lei > ma mia ventura incolpo . j
SONETTO CLXX.
LAssoj ch'i'ardoj ed altri non mei efede t
Sì crede ogni uom, fe noti fola colei
Che fovr* ogni altra , e eh' i' fola vorrei r

Ella non par che '1 creda , e sì fel veder


Infinita bellezza » e poca fede »
Non vedete voi 'ìcor negli occhi miei ?
Se non foÉTe mìa fìella » i* pur, devreì
Al fonte di pietà trovar mercede.
QuclV arder mio » di che vi cai sì poco »
E i voftrì onori in mie rime àiffaCi
v
'Ne poriao. infiammar forsv ancor mille:
Ch'i* veggio nel pentì er dolce mio foco ,
,

Fredda una lingua e duo begli occhi chini!


,

Rimaner dopo noi pien* di faville.

SO-
.

P '
A R, T E.

SONETTO CLXXI.
ANima ; che diverfe cofe tante
Vedi,odiieieggì)C parli,efcrivi,e peni!,
Occhi miei vaghi; e tu fra gii altri fenli
Che fcorgi al cor P alte parole fante ;
Per
Eller giunti al cammin che sì imi tienfi
;
Per non trovarvi i duo hei lumi accenfì j
Nè P orme impreffe "dell 1 amate piante 'i

Or con sì chiara luce, ecoti tai fegnì


Errar nondeffi iti quel breve viaggio
.Che ne può far d'eterno albergo degni.
Sforzati al cielo, a mio ftanco coraggio,
Per la nebbia entro de' fuoi dolci fdegni
Seguendo i paifi onefti , e'i diva raggio

SONETTO CLXXI I.

DOlci irei dolci fdegni, dolci paci»


Dolce mal, dolce affanno, edolcepefo,
.

Dolce parlar', e dolcemente intefo,


Or di dolce ora % or ?ien di dolci faci.

Alma, non ti ìaanar mafoffri, e taci;


:

£ tempra i! dolce amaro chen'haoffefo,


Col dolce orrar che d'amar quella hai prefo
A cu' io dilli, Tu fola mi piaci.
Forfè ancor li i chi iofpirando dica
Tinto di dolce invidiai Affai foftenne
Per beSliffi.no amor quel? al fuo tempo :
Altri; O Fortuna gli occhi mici nemica.'
Percheron la vid' io ? perchè non venne
Ella più tardi) ovver' io più per tempo?

G 4 CAN-
iji PRIMA
CANZONE XXXIV.
S'Il dilli mai; ch'i' venga in odioa quelli
Del cui amor vivide fenza 'I qual morrei :

S'ilcUflì; ch'i miei dì fi a n pochi, e rei


E di vii figli ori a l'anima ancella :
$' il dilli; conerà me s' arme ogni ftc.Ua y
E dal mio lato fia
;

Paura, e geloiia
E la nemica mia
.^'4 feroce ver me Tempre, e più tei la.'
S il difìi ; Amor l'aurate fue qtiadrella io
Spenda inme tutte, e l'impiombate in lei :

S' il diffi ; cielo, e terra , uomini , e dei

Mi fian contrarj , ed eflà ognor più fella :


S' il diffi; chi con fua cieca facclla
Dritto a morte m' invia, if
Pur come fiiol fi ftia ; ,

Nè mai più dolce, opia


Ver me moltri in arto , od in favella .
li

S* il diffi mai; di quel ch'i' men vorrei


r
Piena trovi quefi' afpra, e breve -via: 20
S' indilli ; il fero ardor che- mi difvia
,
Creica t me,quanto il fìer ghiaccio in cofteu
S' il diffì; unqua non veggian gli occhi
miei
Sol chiaro, ofua forella,
,
Né donna, nè donzella» 15
Ma terribil procella,
Q^'1 JFaraone in perfegtiir gli Ebrei
.'
S il "aiflì ; coi fofpir , quant' io mai fei,
Sia t?ic-tà per me morta , e cortei! a :
S'ildiffi; il dirs' innafpri chi s* udia
jo
SÌ dolce allor che vinto mi rendei 1
S il diri; ; io (piaccia a quella ch'i'torrei
Sol cottila in fofea cella,
Dai
, .

"Dal dì che
PARTE.
mammella
la
153

Lafciai, fin che fi fvella _ 35


Da me l'alma adorar forfè
: :
'! fare!
Ma s'io noi chi sì dolce apria
dilli ;

Mio cor* a fpcme nell'età novella,


Regga ancor quefta fianca navicella
Cai governo di fu a pietà natia } '
4^
Ne diventi altra ; ma pur qual lolla
Quando più non potei)
Che me ftelfo perdei,
Nè piìi perder devrei
Mal fa chi tanta fè sì tofto obblìa. 4S
lo nói difli giammai , uè dir paria

Per oro , o per cittadi , o per cartella :


.Vinca '1 ver dunque , e fi rimanga in fella J
E vinta a terra caggia la bugia.
Tu
fai in me il tutto,Amor:s'ella ne fpia.jo

Dinne quel che dir dei;
beato direi
I'
Tre v Ite, e quattro, e fei
Chi. cìev; ndo languir, fi morì pria-
Per Rachel ho fervito , e non per Lia : 35
1

Mè con altra faprei


Viver, e fofterrei
Quando 'I Ciel ne rappelìa,
Girmen con ella in fui carro d* Elia*

CANZONE XXXV.

BEnCome
mi credea paflar
pattato avea
mio tempo ornai}
queft' armi addietro »
Sena' altro Audio , e fenza novi ingegni:
Or; poi che da Madonna i* non impetro
L'ufata aita; a che condotto m'Hai, 5
Tu' vedi , Amor; che tal'arte m'infegni •
1

Nonfo, s' i'me nefdegriij


G 5 Che
*g* PRIMA
th' In qucfta età mi fai divenir Jadro
Del bel lume leggiadro
Senza'! qual non vivrei in tanti affanni :k>
Cosi avefs'io i prim'anni
Prefo b
Iti! eh' or prender mi bifogna
J
Sloveni! fallire è men vergogna .
Gli occhi foavl ond*io foglio avervira»
DeHe divine lor^alte bellezze ly
Furmi in Cui cominciar tanto- cortefi ;
ChVri guifad"u6cui non proprie ricchezze».
Ma celato di for foceorfo aita ,
Viflìmi: chenèlor, né altri cfFefi .

Or; bench'a me ne pefi ; id


Divento ingiuriofo ed importuno r
j,

Che 1 povere! digiuno


Vieti* ai atto talbr eh* in miglior flato-
Avria in altrui biafmato
Se leman di pietà invidia m'ha cbiufe iy
;
Fame amorofa s e*l non poter mi fcufe„
Ch'io- ho- cercate- già vie piò di mille
,
Per provar fènza lor, fe morta! coh
Mi potefle tener in vita un giorno v
L' anima , poi eh* altro ve non ha pofa
30
Corre pui' all' angeliche faville }
Ed io che: fo n di cera- > al toco torno
,.
J
E pongo mente intorno
Ove fi fa men guardia a quetch'i' Bramo
E come augello in ramo, ;

35
Ove men teme, ivi pi & tolto è colto ;.
Così dal fuo bel volto
L'jnvoloor'uno, ed or* un»" altro fgiiardo
Ediciòinfieme mi nutrico, ed ardo ..

Di mia morte mi pafeo » e vivo in fiamme; 4c*


Stranio cibo , e mirabil falamandra ?
Ma miracol non è; da tal fi vole.
Felice agnello, alla cesoia mandra
PARTE, r

Mi gi'acqui un lem ;->o:or'a 'eftremo fa mmc


1
1
, 5?

A Fortuna ed Amor pur come fole. 45


i
Cosi rofe 5 e viole (ciò:
Ha primavera , e 'I verno ha neve* egbiao
Però s'i'rni procaccio
Quinci, e quindi alimenti al viver curto »
Se voi dir che fia furto ; o 3
Si ricca donna deve efier contenta
S'altri vive del fuo , ch' ella noi feuta .
Chi noi fa , di ch'io vivo, e viffi fempre
Dal dì che prima que' begli occhi vidi
Che mi fecer cangiar vita » e coftume ? 5$
Per cercar terra , e mar da tutti lidi ,
Chi può faver tutte l'umane tempre ?
L'tm vive , ecco, d* od r là fui gran fiume ;
Io qui di foco j e lume
Queto i frali , e famelici mìei fpirtl . 6q
Amor* (e vo' ben dirti)
Difconvienfi a fignor T
efler sì parco»
Tu hai li ftrali , e l'arco r
Fa di tua man, non pur bramando, ì* mora :
Ch' un bel morir tutta la vita onora 65 .

Cfriufafiamma è più ardente; e fe pur crefee »


la alcun modo più non può celarti:
Amor*, i"lfo ; che'I provo alle tue mani.
Vedetti ben quando sì tacito arfi :
,

Orde'miei gridi a me medefrao Terefce;?»


Che vo nojando e profilali, e lontani.
O mondo ) openfìcr vanii
O mia forte ventura a che m'adduce - r

O di che vaga luce


Al cor mi nacque la tenace fpeme 7jr
Onde l'annoda, e preme
Quella che con tua forza al fin mi menai
La colpa è voftra ; e.mio 'Irfanno, e la pena-
Così di ben'amar porto tormento;
G .6 E del
>5$ PRIMA
E del peccato altrui cheggio perdono , So
Anzi del mio che devea torce" gli occhi
:

Dal troppo lume e di Sirene al fuono


,

Chiuder gji oreccbi.-ed ancor co meri peto?


Che di dolce veleno il cor trabocchi .

Afpett' io pur che {cocchi


,. g j
L' ultimo colpo chi mi diede il primo :
E fia ; s' i' dritto- eftimo ;
Un. modo di pietate occider tofio
Non eflend'ei difpofto
A far altro di me che quel che foglia 00 :

Che ben mor chi morendo elee di doglia .

Canzon mia, fermo in campo


Starò .-.ch'egli èdifner morir fuggendo-
E me (téflb riprendo
Di tai lamenti ; sidolce è mia forte j
95
Pianto, fofpiri , e morte.
Servo d' Amor che quelle rime leggi,
Ben non ha'J mondo che'l mio mal pareggi»

SONETTO CLXXIIL
Rapido fiume ; che d'alpertra vena
Rodendo intorno, onde'! tuo nome predi
Notte , e di meco defiofo feendi
Ov'Amorme, te fol natura mena
Vattene innanzi tuo corfo non frena
: il
Né franchezza , uè fon no
e pria che rendi:

Suo dritto al mar ; fifo , ù fi moftri , attendi


L' erba più verde , e L* aria più ferena :
Ivi è quel nnftro vivo , e dolce Sole
Ch' adorna , e 'nfiora la tua riva manca :
Forfè ( 0 che fpero ) il mio tardar le dola.
1

Baciale '1 piede-, ola man bella, ebiancar


Di He ; lì baciar fie'n vece di parole :

Lo fpirto t pronto : ma la carne è fianca..


PARTE.- T57
SONETTO CLXXìV. .

Dolci colli ov' io iafciai me fteffò ,

1 Partendo onde partir giammai non pollo J

Mi vanno innanzi , ed errimi o sior'addofib


Quel caro pefo eh' Amor m' ha coromeil'o .
Meco di me mi maraviglio fpeflb;
Ch'i'pur vo femore, e non fon' ancor modo
Dal bel giogo più volte indarno feoffo :
Ma com'più. men'aIlungo,e più m'appreuo»
F, qual cervo ferito di faetta
Col ferro avvelenato dentr' al fianco
Fugge, e più duolil , quanto più s'affretta j
Tal' io con quello lira! dal iato manco
Che mi confuma , e parte mi diletta;
Di duol mi ftruggo , e di fuggir mi fianco

SONETTO CLXXV,

X/TOn dall' Ifpano! aero all' Indo Idafpe


J/N Ricercando del mar' ogni pendice 3
Nèdal lito vermiglio all' onde Cafpe >
Nè'n ciel, nè'n terra è più d' una Fenice'
Qaaldeftro corvo, oqual manca cornice
Canti'l mio fato ? o qual Parca t'innafpe ?
Che fol trovo pietà forda , com' afpe ,
Mifero onde fperava efler felice:
Ch' i' non vo' dir di lei ; ma chi la feorge j
Tutto'! cordi dolcezza,e d'amor l'empie
Tanto n' ha feco ,e tant' altrui, ne porse i
E per far mie dolcezze amare, ed empie
Os' infinge , o non cura ,o non s' accorge
De.1 fiorir qutefte innanzi tempo tempie *

S 0~
Vi
Il
i5»

Di
PRIMA
SONETTO

noflra cieca
Regnano
Dell' un vago
i fenft
CLXX'Vr.

Oglia mi fprona:Amor mi guidale (cor-


Piacer mi tira ufaoza mi trafporta :
:

Speranza mi lufinga» e riconfortai


E la rnart deftra al cor già fianco porge
mifero la prende; e non s'accorge
e disleale fcorta :
,
e la ragion' è marta
;
defio 1* altro- riforge.
:
ger

Virtute, onor, bellezza, atto gentile,


Dolci parole ai bei rami m'han giunto
Ove fàavemence il cor s'invefca
Mille trecento vcntifette appunto
Su l'ora prima it dì fefto d'Aprile
Nel labirinto intrai ; nè veggioond'efca- ,

SONETTO CLXXVir.
BEato in fogno , e di languir contento ,
D'abbracciar I'obre,e feguir l'aura efti va,
Nuoto per mar che non fra fondo , o riva :
Solco ondeje'n rena fondo,e ferivo in veto;
i^.*^egg5» sì, eh* egli ha già fpento
Col fuo fplendor la mia vertù vifiva;
Ed una cerva errante, fuggitiva
Caccio con un bue zoppo^'nfermoje lento*
tieco,e «anco ad ogni altro,ch'al miodannoj.
Il qua! dì, e notte-
palpitando cereo ;
Sol Amor, e Madonna, e Morte
chiamo.
Cosi venf anni { grave , e lungo affanno .'
>
Pur lagrime, e fofpiri , edolor merco:
la tale (fella prelì l'efca, ePhamo*

S O-
r

PARTE. 15?

SONETTO CLXXVIIL

GRazie eh* avochi 'I eie! largo decina :

Rara vertù , non già d' umana gente J

Sotto biondi capei canuta mente ;


E'n umil donna alta beltà divina:
Leggiadria fingulare, e pellegrina ;
E '1 cantar che nell* anima fi fente:
L*andar ceìefte- j e'Ivago fpirto ardente?
Ch'ogni dur rompc,ed ogni altezza inchinar
Eque1 begli occhi » che i cor fanno final ci >
Portenti a riferì tarar abiflo , e notti »
E torre Palme a' corpi , e darle altrui ;
Col dir pien d* intelletti dolci, ed aiti;
Coi fofpir foavemente rotti
Da quefii Magi trasformato fui «

CANZONE XXXVL

ANzi tre di creata era alma in parte


Da por fu a cura iracofe altere , e nove s
T
Edifpregiardì qurf ch a rrroltiè'n pregio :
QueiP ancor dubbia del fatai fùo corfo
Sofà penfàndo y pargoletta j e fciolta 5
latrò dì primavera in un bel bofeo-
Era un tenero fior nato iti quel bofea
II giorno- avanti ,* e la radice in parte
Ch'apprefFarnof poteva anima fciolta: .

Che v'era» di lacciuo* forme sì nove > 10


E piacer precipitava at corfoi
ta!
Che perder libertate iv r era in pregio •
Caro) dolce, alto» e faticato pregio,
Che ratto mi volgeri at verde bofeo*
Ufato di fviarme a mezzo 'I corfo - fS
Ed.
i6o
Ld
PRIMA
ho cerco poi'l mondo a parie a parte*
Se o pietre , o fuco d'erbe nore
verfi
,

Mi readefier' mi di la mente foolta


.
Ma , lafio, or veggio che Ja carne iciolta
fia di quel nodo ód'è'l fuo maggior pregio,
I rima che medicine antiche
, o nove (io
Ridia le piaghe eh' i' prefi 'ri quel bofeo
tolto di pine ond' i' ho ben tal
I :
sarte ,
Che zoppo nefco,e'nrraivi a sì-gran corfo,
Pien di Jacci , e di ùVcchi un duro c )rfo 25
Aggio a fornire ove leggèra .efciojtta
;

Pianta avrebbe uopo, e Tana d'ogni


parte.
Ma tu , Signor, c' hai di piecWi!
pregio ,
Porgimi Ja man delira in queflo bofeo
:

Vinca 'i tuo Sol le mie tenebre nove.


30
'Guarda mio flato , alle vaghezze nove
I

Che 'nrerrompendo di mia vita il corfo>


M harf tatto abltator d' ombrofo
b»fco :
Rendimi, s'efierpuò, libera , e (ciotta
L errante mia conforte;e fi a ttfcl pregio,3
?
5> ancor teco la trovo in miglior parte
.
Or' ecco in parte le queftien mie nove/
S alcun pregio in me vive.o'n tutto
è corib*
U I alma lciolta , o ritenuta al kifco »

s o.
PARTE, »f*

S O N ETTO CLXXIX.

fangue vita umile e queta >


INEdnobil
in alto intelletto un poro
»

core*
Frutto fenile >n fui giovenil fiore,
E'n afpetto penfofo anima lieta,
Raccolto ha 'n qusfta Donna il fuo pianeta ,
Anzi '1 Re delle fteile ; e '1 vero onore ,
Le degne lode , e '1 gran pregio, e'I valore
Ch' è da fiancar ogni divin poeta .
Amor s'è in lei con oneriate aggiunto;
Con beltà naturale abito adorno*
Ed un' atto che parla con filenzio;
,E non fo che negli occhi , che 'n un punto
Può far chiara la notte, ofcuro il giorno»
E'I mei' amaro, ed addolcir T aflenzio,

SONETTO CLXXX.
TUtto dì piango; e pol la notte, quando
'1

Prendon ripolb i miieri mortali,


Trovom' in pianto e raddoppiai i mali
;
:

Così fpendo'I mio tempo laerimando.


In trifto umor vo gli occhi confumando,
E'I cor' in doglia e fon fra gli ammali
;

L'ultimo sì, che gli amorofi Itrali


Mi tengon' ad sgner di pace in bando .

Laffo; che pur dall' uno all' altro Sole ,


Edall'un'ombra all'altra ho già'I più corfo
Di quefta morte che fi chiama vita

mi dole
Più l'altrui fallo che '1 mio mal
:

Che pietà viva, e'I mio fido toccarlo


Vedem' arder nel foco , e non m'aita.

S O-
l6s PRIMA"
SONETTO CLXXXX
fjrv defiai con sì giufìa
Querela,
Ui uu foco di pietà fcffi
fentire
Al duro cor di» a
mezza ftate gela :
empia. nube cbe'l raffredda
'

RomperTe a
,
aura del m »' ardente
%
vela,
O dire/'
fefc queIJ'altru'in
odio venire
ohi
Or fM^
non „d
1 h

per
p*
IO J ei
ftr Ugg0

, per me
, occ bi mi ceJa
;
Cerco: efie quel non vo>
, qae {i 0 aon poir
TaJ fu ta, a ftdla , e tal mia
cruda forte -
Ma canto fa divina fila beffare:
Che quand'i» Cadi queft, carne
feoffo
Sappia 1 mondo che dolce è
la mia mone

SONETTO CLXXXII.
•TTRa quantunque leggiadre donne, e beffe
rCol fuoiH
g C0H< CÌ}'* mo ^o »on baparej
?
]

bel r,fo fuu [ dell' altre


fare
Quel chef» Idi delle minori
felle
Am.r par eh' all' orecchie mi
favelle,
Dicendo: Q^nco queftain
te rraa PPare;
Fi., «ver bello ; e po'I vedrem turbare

Come Natura alciel la Luna, e'IS.Ie:


Ali aere , venti; alla terra
erbe, e fronde
Ali uomo e l'intelletto, ;
e l
Edal mar ntogiieffe i pefei , I»c parole;
e 0 nde'
a
£
Se *£i? ^
6s «fé
l^ ofcli re
Morte gl, occhi Cuoi chi«de,ed,
e fole ,
afeonde.

SO-
, ,

PARTE- 163;

SONETTO CLXXXIII.

L cantar novo, e 'I pianger degli augelli


I , In fui dì fanno rifentir le valli
E'I mormorar de' liquidi cnltalli
Giù per lucidi frefchi rivi, e iaeih .

volto oro capelli;


Quella e' ha neve il , 1

Nel cui amor non tur mai inganni, riè falli.


Dettami al fuori degli anwrofi balli.
Pettinando aìfuo vecchio 1 bianchi velli
-

1" Aurora
Così mi fveglio a falutar
E '1 Sol , ch'èfeco, e più L'aItro,ond 10 lui

Ne' prim' anni abbagliato , e fono ancora .


I» gii ho veduti alcun giorno ambedui
Levarli iniieme e 'n un punto, e'n un ora,
;

Quel far le ftelle, e quefto fparir ini.

SONETTO CLXXXIV.
e di qua! vena
O Nde tolfe Amor l'oro,
P(_r far due treccie bionde'e'n
^ quali Ipine
Colfelerofe; e'nqual piaggiale brine
Tenere, e frefche ; e die lor pollo, e lena ?
Onde le perle in eh' ei frange, edaffrena
Dolci parole, onefte , e pellegrine?
Onde tante bellezze, e sì divine
Di quella fronte più che '1 eie ferena f

Da quali Angeli motte, e di qua! 1 pera


Quel celelìe cantar che mi disface
Sì, che m'avanza ornai da disfar poco?
Di qua! Sol nacque l'alma luce altera
Di sue* begli occhi ond'i'h»guerra,e pace»
Che mi cuccono'l co t'ir» gmaccso e h foco? ;

SO-
l6 4 P R I M A
SONETTO CLXXX7.

Danap non ga, ma prò t si dólci '-"ino a


Nel miocor e ftvilìf ~ >i l-
ft

E
fon già ardendo nel
vigefim' .nn
p
Sento ,>cflì * ™ (Vap
<

rnora^ ófe
Veggio , begii o ;c hi
, e folgorar
^ °:

dSahte •

Che ne^gegno,né lingua al vero


aggtnge.
SONETTO CLXXXVL
P C
acco TPagnat
L'enne rt'? v e f0
n„>^ ^ Che ?>g"Miando te per via
' i
ff ,

;
I e

Perchè aenècoo voi,


cbm ' eli fole >
Liete finm per memoria "

di quel Sole
Doghole per fua dolce
«finìT
La quaUe coglie invidia
JSà-
«euu i ali almi; al corpo ir a , e d afprezL •
Quello ora jh lei taJor
*
proVà in nnf
Ma fpeffo nella fronte
,

il
Ci

corl%g°J°
l v «!emmo ofcurar 1'
'
l
E a ca bellezza
|

tutti rugiadoa gli p^à tSf *

s o-
, .

PARTE. i6j

SONETTO CXXXVH.
I^VJàndq'I Sol bagna in mar l'aurato carro,
V^E !'aer noflro,e la mia mente imbruna
J
Col cielo , e con le ftclle , e con la luna
Un'angofciofa edura notte in narro :
,

Poi , lafìfo , a tal clu non m'afcolca , narro


j
s
Tutte le mie fatiche ad una ad una;
E col mondo, ecn mia cieca fortuna >
Con Amor con Madonna , e meco garro
,

Ufo mio é'n bando; edel ripofo è nulla :

Ma fofpiri , e lamenti infin'all' ilba ,


E lagrime che l'aJmaa gli occhi inv] a .
,

Vien poi 1' Aurora e l? atira fofca inalba


, :

Me nò;ma'lSol che'] cor m'arde,e traftu!la 3


Quei può iolo addolcir la doglia mia ,

SONETTO CLXXXVI1I.
Q'Una. fede amorofa un cor non fioro i
O Un languir dolce, un ittita cortefe
,

;
S' onefte voglie in gentil ti co accefe;
S' un tatfs© error' in cieco Uberinto
;
Se nella fronte ogni penfier dipinte*
Od in voci iiiteirotte appena intefe,
Orda paura, or da vergogna ofrefe ;
S'un pallor di uicla , e d' amoretto
;
S'aver altrui più caro, che sè ftcfl'o;
Se Uprnn:,r, e 'ofpìrar mai femprp ;
Pafcèndòfidj duol , d'ira, e d' affanno ;
S'arder da lunge , ed agghiacciar da p-eif
;
Son le cagfon eh',-mando' i' mi diftemnre
,
Voilro Donna,'J peccato^ mio tìa'l danno.
:

S O-
i66 PRIMA
SONETTO CLXXXIX.
DOdici donne Qneftamente laffe »
Anzi dodici ftelle e 'n mezzo uri Sole
j

Vidi in una barchetta allegre) efole,


Qual non fo s* altra mai onde folcafle ;
Simil noti credo cheGiafon porta fle
Al vello ond* oggi ogni uom veftir fi vole;
Nè'l Paftor di che ancor Trojan dole ;
De' qua' duo tal romor* al mondo rafie .
Poi le vidi in un carro trionfale i
E Laura mia con fuoi fanti atti fchifi
Sederfi in parte > e cantar dolcemente :

Non cole umane > o vifion mortale


Felice Autumcdon ) felice Tifi ,
Che conducefte sì leggiadra gente.'
SONETTO CXC-
PAsser in alcun tetto
mai folkario
Non fu, quant'io; uè fera in alcun bofeo;
Ch* i* non veggio '1 bel vifo; e noti conoic»
Altro SoI;nè quell'occhi hafi'altro obbiecto.
L;igrimar fempre è '1 mio fommo diletto ;
II rider doglia; il ciboaflenzio, etofeo;
La notte affanno e '1 ciel feren in* è fofeo
; ;

E duro campo di battaglia il letto .

Il Sonno è veramente qual' uom dice *


,

Parente delia Morte


; e '1 corfottragge
quel dolce penfier che 'n vita il tene
A
Solo al mondo paefe almo felice ,
Verdi rive, fiorite ombrote piagge,
ed io piango *1 mio bene*
Voi poffedete ;

SO,
. ,

PARTE. x6 7

SONETTO CXCI.
AUraj che quelle chiome bionde, e crefpe
Circondi , e movi , e fe molla da loro
Soavemente, efpargi quel dolce oro,
E poi'l raccogli , e'u bei nodi *1 rincrefpe ;
Tu Ibi negli occhi ond'amorofe vefpe
Mi pungon sìjche'n fin qua il fento,e ploro»
E vacillando cerco il mio teforo,
Com'animal che fpefib adombre, e'ncefpe :

Ch' or mei par ritrovar ; ed or m' accorgo


ChVne fon lungeior mi follevojor caggioj
Ch' or quel di' i 'bramoor quel ch'è vero
,
-Aer felice, col bel vivo raggio (feorgo.
'Rimanti; e tu corrente, e chiaro gorgo }
Che non pofs* io cangiar teco viaggia ?

SONETTO CXC II-


AMor con la man delira il lato manco
M'aperfeje piatovv'étro in me zzo' 1 cors
Un Lauro verde si , che di colore
_ Ogni fmeraldo avria ben vinto , e Ranco .
Vcmer di penna con fofpir del fianco,
E'1 piover giù dagli occhi un dolce umore
L' adornar si ch*al elei n'andò l'odore »
,

Qual non Co già fe d* altre frondi unqua neo-


Fama onori, e virente, e leggiadria ,
,

Carta bellezza in abito celefte


Son le radici della nobil pianta.
Tal la mi trovo af petto, ovech'i'fiai
Felice incarco; e con preghiere onefle
L'adoro , e 'nchino , come cofa fanta

S O-
pM P R I M A
SONETTO CXCtir.

Antài; or piangoje noti meo di dolcezza


Del pianger prendo,cbe del canto prciì:
Ch'allacagion, non all' effetto intefi
Son' i mie| fenfi vaghi pur d'altezza :

Indi e manfuetudine , e durezza ,


Ed atti feri , ed umili , e cortefi
Porro egualmente; nè rrù gravan ped j
Nei' arme in ie punta di fdegni fpezza .
Tengs'i dunque ver ine l'ufato fiile
Amor, Madonna.il mondo, e mia fortuna:
Ch' i' non penfo eflèr mai fe non felice .
.

Arda, o mora , olanguifea ; un più gentile '

Stato del mio non è fotto la luna:


Sì dolce cdel mio amaro la radice.
:

SONETTO CXGIV.
Piansi; or canto; che'l celeftelume
I' Quel vivo Soleocchi miei non cela >
a gli
Nel qual' onedo Amor chiaro rivela
Sua dolce forza , eiuofanto coftume :
Onde e' fuol trar di lagrime tal fiume
Per accorciar del mio viver la tela ;
Che non pur ponte, o guado, o remi, o vela*
Ma fcampar non potìetnmi ale, nè piume*
Si profond'era, e di sì Jarg3 vena
TI pianger mio; e sì lungi ta riva»
Ch' i' v' aggiungeva col penfìer r appena •
Non lauro , o palma, ma tranquilla oliva
Pietà mi manda ; e '1 tempo rafl'erena ;
E'1 pianto afeiuga; e vuol' ancor eh* i'viva.

S O.
, ,

PARTE. t Sp

SONETTO CXCV.
T'Mr vivea di mia forte contento
J. Senza lagrime , e fenza
invidia alcuna :
Ohes altro amante ha più deftra fortuna
,
Mille piacer non vaglion' un tormento
.

Or-que begli occhi ond'io mai non mi pento


Delle mie pene, e men non ne voglio una;
Tal nebbia copre , si gravofa e bruna
,
Che i Sol della mia vita ha qua fi fpento, .
u Marma , pietofa, e fera madre,
Onde tal polTa , e si contrarie voglie
Di far cole, e disfar tanto leggiadre?
D unvrvo fonte ogni poder s' accoglie :
^ tu , come '1 eonfesti , o fommo Padre,
Che del tuo caro dono altri ne fpoglie ?

SONETTO CXCVX
Vincitore AleiTandro P iravinfe,
E fel minor* in parte, che Filippo -

Che li vai fe Pirgoteie


, e Lifippo
L intagliar folo, ed A pelle il dipinfe?
L ira Tidèo a tal rabbia fofpinfe
Che morend'ei fi rofe Menali ppo :
* L'Ira cieco del tutto, non pur lippo,
Fatto aveaSilia, all'ultimo l'eftiufe.
Sai VaJentinian , eh' a firmi pena
Ira conduce i e fai quei che ne more
,
Ajace in molti , e po' in sè fieflb forte .
Ira è breve furor' ; e chi noi frena
à E' furor lungo , che'l fuo pofTeflore
»M. Spedo a vergogna , e talor mena a morte .

U-imt Petrarca. H SO-


17o PRIMA
SONETTO CXCVII.

QUal ventura mi fu, quando dall' uno


De' duo i piò begli occhi che mai turo *
Mirando! di dolor turbato , e fcuro f

Molte vertù che fè'J mio infermo,e bruno.


Send' iownatoa folvcil digiunò
Di veder lei che fola al mondo curo ;
Fummi'l ciel',ed Amor men che mai duro;
Se tutte altre mie grazie infieme aduno
:

Che dal defti' occhio, anzi dal deliro Sole


Della mia Donna al mio deftr occhio venne
Il inai che mi diletta e non
,
aititele :

E pur; come intelletto avefle , e penne;


Pafsò: quali unaftella che 'n ciel vole J
E natura , e pietate il corfo tenne ,

SONETTO CXCVIII.

O Cameretta » che già fotti un porto


Alle gravi rempefte mie diurne;
Fonte feordi lagrime notturne,.
Che 'Ul celate per vergogna porto.
O lecticciuol , che requie eri , e contorto
In tanti affanni ; di che dogliofe urne
Ti bagna Amor con quelle manieburne
Solo ver me crudeli a sì gran torto !
fJè pur' il mio fecreto e'i mio npofo
,

Fuggo > ma più me ftelTo, e'1 mio penfero :

Che feguendol talof levomi avolo.


Il vulgo a me nemico, ed odiofo
( Ch'il pensò mai?)
per mio refugio chero J

Tal paura ho di ritrovarmi folo.

SO-
,

PARTE. 1Jt

SONETTO CXCIX.
Am
~
T A $$ ° > <> r mi trafporta ov'io non lo-
E oen tn accorgo che 'I derer fi varca *
,

«ade a chi nel mio cor fiede monarca,


Son importuno affai più eh' i» non
foglio :
Né mai aggio nocchier guardò da fcoglio
Nave di merci preziofe carca ;
guant' io fempre la debile mia
barca
Dalie percalle del fuo duro orgoglio.
^2,, lagninola pioggia, e fieri venti
1 fofpiri or hanno
r«t.! 1
fpinta :

e nel mio mar' orribil notte


, e verno*
Ov altrui noje, asèdogiie, e tormenti
Porta , e non altro , già dall'onde
vinta ,
infarinata di vele, e di governo.

SONETTO CC.

A MokVo fallo;e veggio mio falliremo; ii

Ma fo sì,com'uo ch'arde.e'l foco ha n fe-


Che'lduolpur crefce,e la ragion vie meno,
t-dégia qua<i vinta dal martire.
Solea frenare il mio caldo delire,
Per non turbar' il bel vifo fereno :
Non pollo piò; di m .n m'hai tolto il freno
E l'alma difperaudo ha prefo ardire.
;
*

Però poltra fuo Itile ella s'avventa;


Tu'I fai ; che si l'accendi , e si la fproni
Ch ogni afpra vi, per fua falute tenta :
E più 1 fanno i celefti , e rari doni
C'ha in sè Madofia:or fa'lm^cb'ella il fera:
E le mie colpe a sè fteffa perdoni.

H i CAM,
s7 s PRIMA
CANZONE XXXVII.

NOnNèha tanti animali il mar fra l'onde;


lafsù fopra 'I cerchio della Luna
Vide mai tante ftelle alcuna notte;
Nè tanti augelli albcrgan per bofcfii li ;

Nè tant'crbe ebbe mai campo,nè piaggia; ;


Quant' hai mio cor penfìer ciafcuna fera.
Di dì in di fpero ornai , V ultima fera
Che fcevri in me da! vivo terren 1' onde ,-
E mi lafci dormir in qualche piaggia ;

Che tanti affanni uom inai fotto la Luna io


Non quant* io fànnolfi i bofcbi
foflèrfe ,
:

Che fai vo ricercando giorno, e notte,


l'iion ebbi giammai tranquilla notte :
Ma fofpimndo andai mattino, e fera ,
Poich'Amor femi un cittadin de'bofchi.i 5
Ben fia in prima ch*i' poti, il mar fenz'ode ;
E la fua luce. avrà'ISòl dallaLunaj
E i fior d'Aprii morranno in ogni
piaggia
CoBftimando mi vo di piaggia in piaggia
li di pentolo ; poi piango Ja notte; io
Nè Irato ho mai , le non quanto la Luna
Ratto, come imbrunir veggio ] a fera,
Sofpìr del petto, e degli occhi efcon'onde »
Da bagnar l'erbe , e da crollare i bofcbi -

Le città fon nemiche , amici i bofcbi *5 .

A' mieipenfier, che per quell'alta piaggia


Sfogando vo col mormorar dell' onde
Per lo dolce illenzio della notte,
Tal , eh' io afpe:to tutto '1 di la fera ,
Che'l So! fi parta, e dia luogo alla Luna. 30

Deh or fofs'io col Vago della Luna


Addormentato in qualche verdi bofchij
E quefls ch'anzi Yefproame fa fera, 4
Con
,.

Con effa , e con Amor' in quella piaggia


Sola venifle a ftars'iviuna notte;
3«J
E'1 di fi ftelTe , e'1 Sol femore nell' onde .
Sovra dure onde al lume della Luna,
Canzon, nata di notte in mezzo i bofchi
Ricca piaggia vedrai dimanda fera.

SONETTO Cd.
REal natura , angelico intelletto,
Chiar*aima,prata rida .occhio cerviero,
Previdenza veloce j alto penfiero,
E veramente degno di quel petto:
Sendo di donne un bel numero eletto
Per_ adornar' il dì fefto , ed altero;
Subito fcorfe il buon giudicio intero
Fraranti, e sì bei volti il più perfetto :
L'altre maggior di tempo, o di fortuna
Trarfiin dìfparte comandò con mano;
E caramente accolfe a sè quell'ima:"
Gli occhi, e la fronte con fembian te
umano
Baciolle sì, che rallegrò ciafcuna
Me empiè d'invidia P atto dolce ,e ftr S no

SS»

H 3 C A N-
»74 PRIMA
CANZONE XXXVIII.

LAAl tempo
1
ver l'aurora
novo
» che
fuol
sì dolce l'aura
mover* i fiori (
Egli augelletti incominciar lor verfi;
Sì dolcemente i peoùer dentro all'alma
Mover mi fento a chi gli ha tutti irrforza; 5
Che ritornar convienimi alle mie note
Temprar potefs' io in sì foavi note
I miei fofpiri > eh* ad dolci (Ten Laura »
Facendo a lei ragion , eh' a me fa forza :
Ma pria ria *1 verno la (ragion de' fiori , 10
Ch'amortìoriica in quella nobil'alma j
Che non curò giammai rime, né verfi
Quante lagrime y lafibj e quanti verfr
Ho già fpartì al mio tempole'n quante note
Ho riprovato umiliar quel! alma 13
1
!

Ella fi , com'afpr' alpe all'aura


tra pur
Dolce qua! ben move frondi , e fiori ,
: la
Ma nulla può fe 'ncontr'ha maggior forza .
Uomini) e dei folea vincer per forza
Amor, come fi legge in profa, e'n verfi; 40
Ed io'l provai in fui primo aprir de' fiori :

Ora né S J mio Signor , aè le fue note ,


Nè'l pianger mio,nè i preghi pon fai" Laura
Trarre o di vita 1 o di martìr quell'alma .
All'ultimo bifogno , o mlfer'alma, 15
Accampa ogni tuo ingegno, ogni tu.i forza»
Mentre fra noi di vita alberga 1' aura .

Nuli* al mondo é^hè non portano i. verfi :


Egliafnidi incantar fanno in lornotej
Non che '1 gielo adornar di r.oyì fiori , 30
erbette, e fiori
Riciort' or per le piaggia :

EfTer non può che queli* angelic* alma


Non fenta *1 fuor» dell' amorofe ìiote
Se
. .

P A R T E- t
175
Se noftra ria fortuna è di più fòrza >
Lag rimando } e cantando i noftri verfi , 35
E col bue zoppo andrem cacciando 1* aura .
In rete accolgo 1* aura* e 'n ghiaccio i fiori :
E '11 verfi tento forda , e rigid' alma ;
Che ne forza d'amor prezza , nènote.

SONETTO CCII,
1
Ho pregato Amor e nel riprego ,
,

I* Che mi fcufi appo voi dolce mia pena ,


>

Amaro mio diletto, fé con piena


Fede dal dritto mio fentier mi piego
F noi poffo negar } Donna , e noi nego ;
Che la ragion , eh* ogni buon'alma affrena s
Non Cada!voler vinta; ond'eimimena
Talor' in parte ov' io per forza il fego
Voi con quel cor che di si chiaro ingegno >
Di sì alta virtute il cielo alluma,
Quanto mai piovve da benigna ftella ;
Devere dir pietofa , e fenza fdegno :
Che piiàquertialtro?il mi ovoko'l confuma;
Ei perchè ingordo , ed io perchè sì bella •

H 4 SO-
-
i?6 PRIMA
SONETTO Cd II.

L'Alto Signor dinanzi a cui non vale


Nafconder , nè fuggir , nè far difefa J
Di bel piacer rn'avea la mente accefa
Con un' ardente , ed amorofo ftrale :

E benché '1 primo colpo afpro> e mortale


Foffedasè; per avanzar fuaimprefa>
Una faetta di pi etate ha prefa :

E quinci , e quindi '1 cor punge , ed affale „


E' una piaga arde , e verfa foco , e fiamma ;
Lagrime 1' altra , che '1 dolor diflilla
P£r gli occhi miei del volt ro fetori»;
Nè per duo fonti fol'una favilla
Rallenta dell' incendio che m'infiamma/
Anzi per la pietà crefce'l defio.

SONETTO CC IV.
MIra quel colle o fenco mio cor vago
Ivi laiciammo ier
5 ;

leich'a'can tepcebbe
Qualche cura di noi > e le ne'ncrcbbe
Or vorria trar degli occhi no'ftri un lago .
Torna tu in là, ch'io d'effer fol m'appago :

Tenta 5 fe forfè ancor tempo farebbe


Da feemar noftro duoJ,che'n fin qui crebbe;
Odel mio mal partecipe 3 e prefago .
Or tu c* hai pofro te fteffo in obblio 3
E parli al cor pur com'è' fofle or ceco ;
Mifero, e picn di penfier vani , e (ciocchi /
Ch' al dipartir del tuo fommo defio
Tu ten' andarti ; e' fi rimafe feco
E
fi nafeofe dentro a'fuoi begli occhi
, ,.

PARTE. , 7-

SONETTO CCV.
"pRESccombrofo, fiorito, e verde colie;
J. Ov or penfahdo , ed or cantando fiede ,
b. fa qui de' celefti
fpirti fede
Quella eh» a tutto '1 mondo fama tolle
Il mio cor , che per lei lafciar mi volle ;
~ le 8 ran 'e uno e pii fe mai non riede j ,
Va or contando ove da quel bel piede ;
Ssgnata è l'erba, e da queft* occhi
molle .
b "° ''"f/nge, e dice a ciafeon puffo;
"eh fofse or qui quel mifer pur' un poco
S-j3 platl S er e di viv er laflb,.
* li
hìta r f
iel ride s e non
»
è pari il gioco ;
Tu paradifo ìjfeoaa core un faflo
, .

Uiacro, avventurofo, e dolce locoj

SONETTO CC VI,
I
**?*7 H?? aS ml preme '
e mi fP av e"t3 il peggio ;

! lon errato ln «mii frenefia 1


ijfi*.
kt> r
J»* T cJuro
Nàio fe guerra , o pace a Dio mi cheggio
;
P enuer te c° vaneggio ;

^MtatfCne 1 danno è grave e la vergogna è ria , ;


Perchè più languir ? di noi pur fia
ugnato
è già n e fora mo feggio
M 0 ^Pi
'
I V. 1

Bench i non fi a di quel grande onor degno

r ^
U
che ce ne '"ganna amore
IT"*
ip./fff. Che ipefloocchio ben fan fa veder torto
;

;
;/ Purd alzar l'alma a quel celefte reguo
Ùud E 'I raioconfilio
, e di fpronare il core :

S e.v^
' '
e rchè 1 ca&il, e ^"Soj e'J tempo è corto,
g .

H 3 SO-
» 7S PRIMA
SONETTO CCVIT.

DUe rofefrefce, e colte inparadifo


L'altr'ier nafcedoil di primo di Maggio»
Bel dono, e d'un'amante antiquo) e faggio »
Tra duo minori egualmente diyifo :

Con sì dolce parlar*, e con un rifo


Da far innamorar ho* uom felvaggìo ,
Di sfavillante, ed amatolo raggio
E l'uno, e l'altro fè cangiare il yifo .

Non vede un iìmil par d'amanti^ il Sole s


Picea ridendo , e fofpirando rnfiemei
E ritingendo ambedue ,
volgeafi attorno .

Così partia le rofe , e le parole :

Onde cor laflb ancor s'allegra , e teme


O felice eloquenza' o lieto giorno 1

SONETTO CCVIII.

l'aureo crinewf
L'Aura che'l verde Lauro,emove
Soavemente fofpirando
Fa con fue vifte leggìadrette , e nove
; . ^
L'anime da*lor corpi pellegrine.
Candida rofa nata in dure fpine •

Quando ria chi fua pari al mondo trove


Gloria di noftra etate ì O
vivo Giove »
Manda prego il mio in prima che'l fuo fine;
J
Sicch io non veggia gran pubblico danno ,
il

E'1 mondo rimaner fenza'l iuo Sole:


Nè gli occhi mieiiche ìtice altra non hannl^f
Nè l'alma, chepenfar d'altro non vole ;
Nè T orecchie , eh* udir altro non fanno ~mÀ
Senza l'onefte fue dolci parole.

s o-
,

PARTE. 179

SONETTO CC IX.
PArra' forfè ad alcun , che'n lodar quella
ChVadoro in terra,errante fia'l mio flile»
Facendo lei tovr* ogni altra gentile,
Santa faggia , leggiadra , 0 ne Ita ? e bella
,
:

A me par' il contrario; e temo eh' ella


Non abbia a fchifo il mio dir troppo umile »
Degna d' affai più alto e più fottile ; ,

Echi noi crede venga egli avedella»


1

Si dirà ben; Quello ove queftì afpìra,


E cofa da fiancar Atene Arpino, ,

Mantova» e Smirna, e l'una e l'altra Lira.


-Lingua mortale al fuo flato divino
Giunger non potè Amor la fpinge » e tira
:

Non perelezion, ma per dettino.

SONETTO CCX.
CHi vuol veder quantunque può Natura
E Ciel tra noi venga mirar cortei
'1
a
3

; j
Ch 1 è fola
un Sol, non pur'agli occhi miei 1
M'al mondo cicco , che vertù non cura :
Evenga torto ; perchè Morte fura
Pri'ma i migliori , e lafcia rtar i rei :
Qjweftà afpettata al regno degli dei
Cofa bella mortai parta , e noci dura-
Vedrà, s'arriva a tempo, ogni virtute»
Ogni bellezza , ogni real cortame
Giunti in un corpo con mirabil tempre •

Allor dirà, che mie rime fon mute,


L'ingegno ©ffefo dal foverchio lume:
Ma fe più tarda , avrà da pianger fempre

H « SO-
ìSo PRIMA
SONETTO CCXI.
Qlf al paura ho quando a mente
mi torna
Quel giorno ch'i'ìafdai grave,e penfofa
Madonna > e'1 mio cor fecoi e non è cofa
Che sì volcntier penfi e sì foveate , .

I* la riveggio ftarfì umilemente


1
Tra belle donne > a guifa d una rrfa
Tra minor fior, nè lieta riè dogliofa ; ,

Come chi teme ed altro mal non fente


- .

Depofta avea l'ufata leggiadria ,


Le perle ghirlande, e i panni allegri
j_c le
r
E'1 rifo, e'1 canto ,,e l parlar dolce umano .
Così in dubbio lafciai la vita mia-
Or trilli augurj , e logni e pender negri ,

Mi dano aflalto/e piaccia a Dio)che'ii vano.


SONETTO CCXII.
SOlea lontana in forno confolarme
Con quella dolce angelica fua vifb
Madonna :or mi fpavenra e mi contrirta »
;
Nè di duo! j né di tema poffo aitarme :

Che fpeffo nel fuo volto veder parme


Vera pietà con grave dolor mifta :
Ed udircofe onde cor fede acquila
'1

Che di gioja, e difpeme difarme . fi

Non ti fovven di quell' ultima fera ,


Die' ella, chV lafciai gli occhi tuoi molli »
E sforzata dal tempo me n' andai ?
l' non tei potei dir ailor , né volli :

Or tei dico per cofa efperta , e vera *


Non fpcrar divedermi in terra mai*

SO-
PARTE. itt

SONETTO CCXIII-

O Misera
E 1
t ed orrlbil vifione
dunque ver ch'innanzi tempo
Sia l'alma luce che fuol far. contenta
!

{penta.

Mia vita in pene, ed in fperanze h ne ?

Ma com' è che si gran remar non fone


Per altri meffi , o per lei (letta il fenta?
Or già Dio, e Natura noi confeota ;
E falfa fia mia trilla opinione.
A me pur giova di fpera re ancora
La dolce fritta del bel vifo adorno;
Che me mantene, e'1 fecol no (Irò onora
Se per fa tir ali' ecerno foggiorno_
Ufcitaé-par dei bell'albergo fora;
Prego, non tardi il mio ultimo giorno ,

S O N ET T O CCXIV.
-

di mio fiato or piango, or canto ;


INE dubbi
temo , e (pero i ed in fofpiri en rime? ,

Sfogo'! mio incarco: Amor tutte fue lime


Ufa Copra 'Imio cor afflitto tanto.
Or ria giammai die quel bel vifo fatito
Renda a guéft' occhi le lor luci prime ?
( Latto , iion fo che di me (letto eftiaje )
. :

O li condanni a femoicerno pianto?


E per prender il Ciel debito a lui »
Non curi che fi fia di loro in terra j

Di ch'egli è'i Sole, e non veggiouo altrui ?

in tal paura - e'n si perpetua guerra ^


Vivo eh' i' non fon più quel che già Fai
, ;

Qual chi per via dubbiofa teme 3 ed erra .

SO-
i»* prima
SONETTO CCX 7.
V
£\ Dolci
Or
fguard;
o paro] ètte accorte;
,
ria mai '] di ch*io vi
rivegsua,ed ods>
O chiome bionde, di che 'ì cor m'annoda
Amor , e cosi prefo il mena a morte:
V bei viio, a me dato in dura
force,
Di cl^io fem pre pur piange mai no
goda :
U doice inganno, ed aimrofa froda
"Janni un piacer che fol pena
m'appone ?'
li le talor de* begli occhi
foavi
Ove mia vita, e'I mio pen fiero
:

alberga ,
i-orie mi vieti qualche dolcezza
onefla ;
t0 C10 ch, °S ni miobendifperga,
r »'
?f
firn allentane, or fa cavalli, ornavi
fortuna , eh' al mio mal fempr'è si
pretta .

SONETTO CCXVI.
Py*, afcòlto; e non odo novella
[
d olce ed ama
tÌTì- ,
Sa mia nemica :
£Jé io che me ne penfi
, o che mi dica
-

ii cor tema, efperanza mi


1
puntella.
«ocque ad alcuna già l'effer sì bella:
Qtiefta più d' altra è bella
, e più pudica .
*ori e vuol Dio tal di virtme
amica
iorre alla terra , e'n Ciel farne
una ilei lai
Anzi un Sole.- e fe Guelfo è, la
mia vita,
i miei corti ripofi , e i lunghi affanni
i>on gmnn al fine. O dura dipartita,
lercne lontan m hai fatto da'
miei danni ?
£a mia favola breve è già compira,
£. tornito il mio tempo a mezzo gli anni,

SO-
. ,

PARTE. j> 3

SONETTO CCXVII.

LA fera defiar , odiar l'aurora


Soglion quelli tranquilli, e lieti amanti:
A me doppia ia fera c doglia, e pianti :
La mattina è per me più felice ora;
Che fpeflo in un momento a prò n 5 allora
L' un Sole , e 1' altro quafi duo Levanti
Di beltate, e di lume sì fembiaoti,
* Cff anco *1 ciel della terra s' innamora ;
Come già fece allor eh' i primi rami
Verdeggiar che nel cor radice m' hanno ;
Per cui fempre altrui più che me ftefs'ami,
Così di me due contrarie ore farmjo:
Echi m'acqueta > èben ragion ch'i' brami;
E tema j ed odj chi m'adduce aflanno -

S O N E T T O CCXVIII.
FAr potefs'io vendetta colei
Che guardando, parlando mi diltrugge»
e
di

Eper più doglia poi s'aleonde> e fugge


Celando gli occhi a me sì dolci , e rei ;
Così gli afflitti , e fianchi fpirti miei
A poco a poco confumxndo fugge;
E*n fui cor, quafi fero lecn , tugg'e
La notte allor quand'io pcGr de v rei.
L*alma; cui Morte del fuo a' bergo caccia ;
Da me fi parte; e di tal nodo fciolta
VafTene pur' a lei che la minaccia
Maraviglimi ben, s'alcu.ia volta
Mentre le parla,e piange,e poi Pàfctsraccìa;
Hou rompe *1 formo fuo j s'ella Tafcolta

SO-
*U PRIMA
SONETTO CCXI^,
JN quel bel vifo eh'
fófpiro „ e bramo-, i'
mi eran gìi occfli <teùo&i e'ntenfì:
<->
. Quand' Amar porfe , quali a dir Che penfi ?
Quel!' onorata man che fecondo amo.
lvij come pefce alJ ' a|no;
n°j
Onde °
a ben far per vivo efempio vietiti :
Al ver tuo volfe gli occupati fenfi :
O come novo augello al vifeo in ramo S
Mala viltà privata del fuo obbieìco,
Quail fognando, fi ficea far via;
Senza la qual'ilfuo ben'd imperfetto;
1,113 e aftra 8 [oria
A
yual ri ,

celefte non lo novo diletto,


*

B qual Urania dolcezza lì fenda.

SONETTO CCXX,
*\/ IvE faville ttfeian de' duo bei turai
V Ver mesi dolcemente folgorando
£ parte 4 ancor faggio fofpirando,
_ìj alta eloquenza sì foavi numi
;

P U r>Ì1 riraambrar mi confomi,


A
Qua! » ora a quel di torno ripenfando,
i

Come venieno i miei fpirti mancando


Al variar de' fuoi duri coftumi
Jj a rn 1 nutrita fempre in
'
,
-
doglie, e'a pene
tyuaat é I poter d'una preferita ufanzaM
Conerà '1 doppio piacersi inferma
fue;
Ch ai gufto fai del dilato bene
i remando or di Ps u ra , or di feeranza
A» abbandonarmi fu fpeflo intra due.

SO-
.

PARTE. il«

SONETTO CCXXI.

CErc^to ho fempre folitaria vita


(Le rive il farmele le eapagne 3 ei bofehi)
Per fugfjr queft' ingegni fordi e lofefii
<

Che la ftrada del Ciel' hanno fmarrita :


E fe mia voglia in ciò ftiffe compita >
Fuor del dolce aere de' paefi Tofchi
Ancor rn avria tra fuoi be' colli fofchi
Sorga; eh' a pianger , e cantar m' aita .

Ma mia fortuna a me fempre nemica


Mi
rjfofpigne al loco ov' io mi degno
Veder nel fango il bel teforo mio :
Alla man* ond* io ferivo è fatta amica
. A
quefta volta : e non è forfè indegno 3
Amor fe vide > e fai Madonna , ed io

SONETTO CCXXII.
ftelìa duo begli occhi vidi
INTutti
tale
pien' d' oneriate j e di dolcezza ,
Cfiepreflb a quei d'Amor leggiadri nidi
11 mio cor laffo ogni altra vifta (prezza.
Non il pareggi a lei qual più s' apprezza
In qualch' etade , in qualche ftrani lidi :
Non chi recò con fua vaga bellezza
In Grecia, affanni , in Troja ultimi ftridi :

Non la bella Romana che col ferro .

A pri s l tuo cafto , e difdegnofo petto :

Non Poliflena , IiTjfile » ed Argia,


Quefta eccellenza è gloria ( s' i' non erro )
Grande a Natura, a me fommo diletto ;
Mache? vieti tardo» e fubito va via.

SO-
1*3 P R. I M A
SONETTO. CCXXIII.
QV#J~*
,Dileniio,
attende a gloriofa fama
di valor, di eortefia;
Min tifo negli occhi a quella mia
Nemica che mia Donna il mondo chiama .
Come acquifta ooor , come Dio s' ama
Comègjunta oneftà con leggiadria,
Ivi s impara ; e qual' èdritta via
Di gir» al Ciel , che lei alpe età , e brama
i
ivi parlar che nullo (Hle agguaglia;
r.1 bel tacer, e quei fanti coftumi
h ' lt> Se$ao uman non può fpiegar in carte,
,
L,
^mimica bellezza ch'altrui abbaglia,
Non vis* impara: che quei dolci lumi
a acquiftan per ventura, e non
per arce,

SONETTO CCXXIV.
CAra dopo lei mi pare
la vita , e
Vera ooeftà che 'a bella donna Cu .
,
(
L. ordine volgi: e' non
fur, madre mia,
5enz onefhmai cofe belle, o care:
b qua! fi lafcia di fao ouor privare,
Nè donna è più , nè viva e fe qual pria,
:

Appare in vifta , e tal vita afpra, e ria


Via più che morte , e di più pene
amare :
iMe di Lucrezia mi maravigliai;
Se non, come a morir le bifognafle
Ferro, e non. le baftàfle il dolor
folo.
Vengati quanti fiiofofì fur mai
A dir di ciò i tutte he vie fien baffe ;
ii quelì una vedremo alzarli a volo

SO-
PARTE. i! 7

SONETTO CCXXV.

ARbor vittoriofa , e trionfale }


Onor d' impcradori t e di poeti;
Quanti in' hai fatto dì dogliofi , e iteti
In quella breve mia vita mortale.'
Vera Donna } ed a cui di nulla caie,
Se non d'onor , che fovr* ogni altra mieti ;
Nè d'Amor vifco temi 3 o lacci , o reti ;
Nè '«i ga ano altrui con tra 'I tuo fen no vale
Gentilezza di fangue* e l'altre care
Cole tra noi , perle , e rubini , ed oro >
-Quali vii forna , egualmente dispregi.
L'alta beltà eh* al mondo non ha pare>
Noja s fe non quanto il bel re foro
Di caftità par eh* ella adorni } e fregi,

CANZONE XXXIX.
Vo penfando, enei penfier m1 affale
ì

1 Una pietà si forte di me lteflò »


Che mi conduce fpeiìo
Ad altro lagrima* ch'i' non folevai
'
Che vedendo ogni giorno il fin più preffo 3 s
Mille ho chidìe a Dio quel!' ale
fiate
Con le quai del mortale
Career noftr' intelletto al Ciel fi leva ;

Ma infinga qui niente mi rileva


Prego, o fofpirojo Iagrim.nr ch'io faccia: io
E così per ragion convien che fi a :
Che chi poffendoflar, cadde tra via) _

Dee.no, che mal fuo grado a terra giaccia »


Quelle pi e tei e braccia
la
j"
In eh' io mi fido
prima, veggio aperte ancora 1 1
Ma temenza m' accora
;

Per gii ajtruiefempjie del mio


(laro tremo;
Cd altri mt fprona e fon forfè
ali'earetno
s

^ un penfier parla con la mente


, e dice
.

Che p ur agogni? onde foccorfo attendi > ì

a0
Mitera , non intendi ,
Con quanto tuo difnore il tempo pafla
?
Prendi partito accortamente,
prendi;
i. del cor tuo divelli
ogni radice
l>el piacer che felice
I?
Noi può mai fare, e refpirar noi
hfTa .
Se |« è gran tempo Midita, elaflTa
»e ai quel fallo dolce fuggitivo
Cfie'i mondo traditor può dar altrui: -
npcn ' più la fP er;"iza iti lui ,
A,
Ciiedj ogni pace, e 30
di fermezza é privo?
Mentre che'l corpo è vivo
Hai tu'l fren'in balìa de' penfier tuoi
Deh ftnngilo or che puoi
;
Che dubbiofo è 'I tardar come tu fai : ,
35
_.p (cominciar non ha per tempo ornai,
lai tu ben, quanta dolcezza porfe
A gli occhi tuoi Ja vifta di
colei
-La qual' anco vorrei
Ch'a nafeer foiTe per più noftra pace
Ben ti ricordi ( e ricordar ten'dei) 40
.

Yf corimmagine (ita quaud'ella corfe


11
;
Al là dove forfè
,

Non potea fiamma intra* per altrui


f3ce .
fcil^ 1 accefe e fe V ardor
:
fallace 45
iJuro molt' annimafpetrando
mi giorno
<-ne per noftra laìute
unqua non vene ;
<Jr ti folleva
a più beata fpene
Mirando »I , che ti li votve intorno
eie]
ammortai' ed adorno :
so
,

Che
,

.P A R T E. ^ 1S9
Che dove del mal fuo quaggiù silicea
Voftra vaghezza acqueta
Un ffiovetd'occhiojitii ragionar', un canto ;
Quanto fia quel piacer , fe quefto è tanto ?
Dall'altra parte un pender dolce ed agro jy
Con faricefa, e dilettevol falma
Sedendoti entro I* alma
Preme '1 cor di delio , di fpeme il pafee ;
Che fol per iama gloriofa, ed alma
No fece quad'io agghiaccio^ quad'io flagro
ìs'i'fon pallido, o magro;
E s io 1' occido , più forte rinalce.
Quefto d' allor ch'i' m'addormiva in fafee }
Venuto é di dì in dìcrefeendo meco,
E temo ch'un fepolcro ambedue chiuda. 65
Poi che fia l'alma delle membra ignuda
Non può quefto delio più venir fcco .
Ma fe'I Latino » e'1 Greco
Parlati di me dopo la morte > è tm vento:
Ond' io, perchè pavento 70
Adunar Tempre quel eh' un' ora fgombre
Vorre'il vero abbracciar, lavando l'ombre.
Ma quell'altro voler di ch'i' fon pieno,
Quanti prefs' a lui nafeon par eh' adugge :
E parte il tempo fugge, 7%
Che fcrivendo d'altrui , di me non calme :
E '1 lume de' begli occhi che mi ftrugge
Soavemente al fuo caldo ferenoj
Mi ritìen con un freno
Centra cui nullo ingegno, o forza valme- So
Che giova dunque perchè tutta fpalme_
La mia barchetta , poi che '«fra gli fcogli
E' ritenuta ancor da ta' duo nodi ?
Tu, che dagli altri che'n diverti modi
Legano '1 mondo , in tutto mi difciogli , Sj
Signor mio > che non togli
Ornai
ilo PRIMA
Ornai dal volto mio quefta vergogna?
Ch' a guifa d* uom che fogna
A ver la Morte innanzi gli occhi parme>
• E vorrei far difefa , e non ho l'arme. 90
^-Quel chYfo, veggio, e non m'inganna il vero
Mal conofciuto ; anzi mi sforza Amore,
Che la ftrada d' onore
Mai noi lafià feguir , chi troppo il crede :

E fentoad or ad or venirmi al core 95


Un leggiadro difdeguo afpro , e fevero;
Ch* ogni occulto penderò
Tira in mezzo la fronte > ov' altri '1 vede :
Che mortai cofa amar con tanta fede
Quanta a Dio fol per debito convienu 100 ,

Più fi difdice a chi più pregio brama.


E quello ad alta voce anco richiama
La ragione fviata dietro ai fenfi ;
Ma perchè 1* oda > e penfi
Tornare;!! mal coftume oltre la fpigne: 105
Ed agli occhi dipigne
Quella che fol per farmi morir nacque ,
^ Perch' a me troppo , ed a sè fteffa piacque .

Kc foj che fpazio mi fi deffe il Cielo


Quando novellamente io venni in terra 1 10
A ioffrir 1' afpra guerra
Che 'neon tra me medefmo feppi ordire:
Nè pollo il giorno che la vita ferra,
Antiveder per lo corporeo velo;
Ma variarfi il pelo 115
Veggio 1 e dentro canghrfi ogni defire.
Or ch'i' mi credo al tempo del partire
Effer- vicino , o non molto da lunge;
Come chi'I perder foce accorto, e faggio;
Vo ripesando ov' io lafla' il viaggio tw
Dalla man deftra 5 clf a buon porto aggiunge:
E dall' Mtì lato punge
Ver-
, .. ,

. PARTE.
Vergogna» e duo] che'ndietro ini
191
, rivolvej
Dall'altro Boom* affo ve I

Un^piacer per nfanz'a in me sì forte , 115


Ch'a patteggiar n'ardifcecfon la Morte.
Gsozobj qui fono; ed ho 'I cor via più freddo »
Della paura» che gelata neve,
Sentendomi perir fenz' alcun dubbio:
Che pur deliberando, ho volto al iubbio 130
Gran parte ornai della mia tela breve;
Nè mai pefo fu greve,
Quanto quel eh' i' foftegno in tale [lato ;
Che con la Morte a lato
Cerco del viver mio novo coniglio; ijy
E veggio'lmegliojed al peggior m'appiglio-
SONETTO GCXXVI.

ASpro core, e felvaggi», «-cryda voglia-


In dolce, umile, angelica figura,
Se l' imprefo rigor gran tempo dura,
Avran di me poco onorata fpoglia :

Che quando nafee, e mor fior' , erba, e foglia ;


Quado è'1 dì chiaro,e quado è notte ofeura »
Piango ad ognor Ben'ho , di mia ventura
.

Di Madonna 1 e d' Amore onde mi doglia •


Vivo fol di fperanza. rimembrando
,

Che poco umor già per continua prova


Confumar vidi marmi , e pietre falde
Non è sì duro cor , che lagrimando
Pregando » amando talor non fi fmova ;

Nè sì freddo voler , che non fi fcalde

SO-
eoi PRIMA PARTE.
SONETTO CCXXVH.
l ig i»»'
rk . QTcnor mio caro j ogni penfier mi
y tira

j^.y O
Devoto a veder voi , cui iempre veggio :

niu^-eiéf a ^ m
a fortuna ( or che mi può ftr peggio? )
'

Mi
tene a freno , e ir.i travolvc ; e gira .
,*
. - Poi quel dolce defio ch'Amor mi fpira.
Menami a mortegli Ynon me n'av veggio;
f*
0 5jftC
- E
mentre i miei duo lumi indarno cheggio,
/ y D.ivunqu' io fon , dì, e notte fi iofpirà-
' Carità di fignore, amor di donna
^? bM , Soii le catene , ove con molti affanni
Legato fon ) pereti' io fteflo mi Itrhilì
Un Lauro verde) una gentil Colonna,
Quindici l'una , e l'altro diciottenni
Portato ho in feno>e giammai non mi feinfi-

IL FINE DELLA PRIMA PARTE.

SO-
.
,

SONETTI E CANZONI
D I M.

F. PETRARCA
IN MORTE DI
MADONNA LAURA.
SONETTO CCXXVIII.
IME' il bel vifo; oimèilfoa-
ve fg nardo ;
Oimèil leggiadro portamen-
to altero ;

Oimè '1 parlar


eh' ogni afpro
ingegno , e fero
Faceva umile, ed ogni uora
vii gagliardo ;

E oìmò il dolce ri fo ond' ufcìo 'I dardo


Di che morte > altro bene ornai non fpero :

Alma reai , digniflima d'impero


Se non folli fra noi fcefa sì tardo.
Per voi con ve n eh* io arda j e 'n voi refpìre :

Ch* i* pur fui voftro e fe di voi fon privo


:
;
Via men d'ogni fventura alrra midole.
Di fperanza m* empiette e di defire , ,

Quand'io partì dal fora mo piacer vivo;


Ma 'I Ycnto ne portava le parole

Pimi Petratta .
CAN-
i .. . .

1^4 SECONDA
CANZONE XL.

CHe debb'io
Tempo è ben
che mi
morire
far ?
di
configli 3
:
Amore ì

Ed ho tardato più eh' 5 non vorrei


Madonna è morta , ed ha feco '1 mio core 5

E volendol feguire , 5
Interromper conven quell'anni rei.
Perchè mai veder lei
Di qua non fpero; e J' aipettar m* è noja-
Pofcia eh* ogni mia gioja
Per Io fito dipartire itt pianto é volta ; io
Ogni dolcezza di mia rìta è tolta
Amor , tu *! fenti , ond' io teco mi doglio j

Quant' è'1 danno afpro > e grave ;


E Io che del mio mal ti pefa, edole;
Anzi del ngftro perch'aduno fcoglio ij
:

Avem rotto la nave :

Ed inun punto n' èfeurato il Sole.


QuaP ingegno a parole
Poria agguagliar' il mio dogliofo flato ?
Ahi orbo mondo ingrato , io
Gran cagion' hai di de ver pianger meco ;
Che quel ben ch'era in te, pefdut' hai feco.
Caduta è la tua gloriai e tu noi vedi i
K.è degno eri mentr* ella
Vi (Te quaggiù > d' aver fua conofeenza , 15
'
Nè d* efler tocco da' fuoi fanti piedi ;

Perchè cofa sì bella


Devea Cièl' adornar di fua prefenza
'1

Ma io ,1che";fenza
laflo
Lei uè vita mortai , nè me (tefs* amo ; 30
Piangendo la richiamo :

Quello m' avanza di cotanta fpene;


E quefto folo ancor qui mi man tene
Oiraè,
, ..

PARTE.
Olmè, terra è fatto il fuo bel vifo
Che folea far del Ciclo,
jj
E del bea di lafsù fede fra noi.
L'jnvifibil fua forma è in Paradifo
Diiciolta di quel velo
Che qui fece ombra al fior degli anni fuoi
»
Per rivetti rfe 11 poi 40
Un'altra volta , e mai più. non fpogliarfi
1 ;
Qttand alma > e bella farfi
Tanto più la vedrem , quanto più vale
Sempiterna bellezza , che mortale
Più che mai bella » più leggiadra donna 45
Tornami innanzi » come
Là dove più gradir fua vi (la fente
Qtseft' è del viver mio 1* una colonna:
L'altra c 'I fuo chiaro nome,
Che fona nei mio cor sì dolcemente. 50
Ma tornandomi a mente
Che pur morta è la mia fperanza viva
Allor eh' ella fioriva ;
Sa ben* Amor, qual' io divento e fpera
:

Vedal colei eh' è or si predo al vero. 55


Donne , voi che mirafle fua beltate »
£ V angelica vita ,
Con quel ce lede portamento in terra;
Di me vi doglia e vincavi piccate »
-,

Non di lei, eh' èfalita 60


A tanta pace, e me ha laciato in guerra i
Tal , che s' altri mi ferra
Lungo tempo il cammin da feguitarla ;
Quel eh* Amor meco parla >
Sol mi riten ch'io non recida il nodo ; Sy
Ma e* ragiona dentro in cotal modo :

Pori freno al gran dolor che ti trafporta;


..Che per foverchie voglie
5
Si perde 1 Cielo , ove '1 tuo core afpira;
I a Dov*
,
. ,

s^S SECONDA
Dov' è viva colei ch'altrui par morta ; 70
-
E dì fue belle fpoglie
Seco l'orride ; e fot di te fofpira ;
E Tua fama » che fpira
In molte parti ancor per la tua lingua
Prega che non eftingua;
Anzila voce al filo nome rifcbiari;
Se gli occhi fuoi ti fur dolci, nècari
Fuggi '1 fereno, e '1 verde;
"
Non t* appreflar ove lia rifo , o canto ,
Canzon mia , nò, ma pianto:
Non fa per te di lìar fra gente allegra
Vedova fcon folata in velia negra".

S O NETTO CCXXIX.

ROtta è P alta Colonna» e*l verde Lauro,


Che face a o' ombra al mio franco péfero :

Perdut' ho quel che ritrovar non fpero {ro.


DalSorea alì'AuftrojO dal marlndo al Maa-
Tolto m' hai , Morte il mio doppio tcfauro ,
,

Che mi fea viver lieto, e gire altero;


E riftorar noi può terra , nà impero j
Nè gemma orientai , nè forza d' auro
Ma fe confentimento è di dettino;
1
Che pofs io più , fe no aver 1' alma trilla ,
Umidi gli occhi Tempre, e'J vifo chino?
Q noftra-vita 3 eh' è si bella in villa;
Conf perde. agevolmente in un mattino
Quel che'n molt'afii a gran pena s'acquifta

CANZONE XLL
AMor, vuoi ch'i* torni
Come par che
fe al giogo antico
tu moftri ; un altra prova-
Mara vigliofa , e nova ,
Per
,

Per domar me , convienti vincer pria :


II mio amato te foro in terra trova , 5
Che m' è nafeofto , ond' io fon sì mendico ;
E'1 cor faggio pudico
Ove fuol' albergar la vita mia:
E s' è ver che tua potenza fia
egli
Nel grande, come fi ragiona) 10
ciel sì
E nell'abito: (perchè qui fra noi
Quel che tu vali , e puoi
Credo che 'I fentà ogni gentil perfona)
Ritoglia a Morte quel eh' eila n'ha tolto ;
E rip'oa le tueinfegne nel bel volto. 15
Riponi entro '1 bel vifo ii vivo lume
Gli' era mia feorta ì e la foave fiamma
Ch' ancor, laflb, m' infiamma
E (Tendo fpenta;or che fea dunque ardendo ?
E' non fi vide mai cervo, nè damma io
Con tal defio cercar fonte, nè fiume;
Qual' io ii dolce coftume
Ond' ho già molto amaro , e più n'attendo ;
Se ben me (ledo , e mia vaghezza intendo :
Che mi fa vaneggiar fol del penfero, 25
E gir in parte ove la ftrada manca ;
E con la .mente fianca
Cofa feguir che mai giugner non fpero .
Or' al tuo richiamar venir non degno:
Che figiioria non hai fuor del tuo regno. 30
Fammi fentir di quell'aura gentile
Di fuor , iiccóma dentro ancor fi fente ;

La qual' era polente


Cantando d' acquetar gli fdegni e V ire ;
Di ferenar tempeftofa mente ,
la 35
E fgombra 5d'ogni nebbia ofeura , e vile
Ed alzava I mio ftile
Sovra di sè, dov'ornon porla gire.'
Agguaglia la fperanza col delire;
I 3 E poi
. .. .

i98 S E C O N D A.
E poi che l'alma è in fua ragio più forteto
Redj a gli occhila gli orecchi il proprio ob-
Senza a j qual' , imperfetto (bietto;
E lor* oprar 1 , e 'l mio viver* è morte
Indarno or _fopra me tua forza adopre
;
Mentre'! mio primo amor terra ricopre. 4;
fa eh' io riveggia il bel guardo eh' un Sole
Fu fopra'l ghiaccio, ond'io folea gir carco
Fa eh" io ti trovi al varco;
Onde fenza tornar pafsò '1 mio core
Prendi i dorati Arali , e prendi l' arco
j 50
E facciami fi udir ùcqome fole,
Col fuon delie parole
Nelle quali io 'mparai , che cofa è amore
Movi la lingua ov' erano a tutt' ore
Difpofti gii ami ov* io fui prefo , e Tefca 55
Ch* i*bramo fempre: e i tuoi lacci nafeondi
Fra i capei crefpi 5 e biondi :
Che M mio voler altrove non s 1 invefea
Spargi con le tue man le chiome al vento :
Ivi mi legai e puorai far contento . fio
Dal laccio d'or non fia mai chi mi feiogìia
Negletto ad arte 5 e'rmanelJato , ed irto ;
Nè dell'ardente fpirto
Della fua vifta dolcemente acerba ;
Laqualdi^e notte,più che lauro,o mirto,*!
Tenea in me verde l'amorofa voglia \
, Quando fivefìe, e fpoglia,
DÌ fronde il bofeo , e la campagna d' erba *
Ma poi che Morte è fiata sì fuperba,
Che fpezzò'f nodo ond'io temea fcapare; 70
trovar puoi , quantunque gira il mondo»
Di che ordifchi 'l fecondo ;
Che giova 1 Amor * tuo' ingegni ritentare ?
Panata è la flagion perduto hai Tarme
:

Dì ch'io tremava ornai che puoi tu farme?7s


L*ar~
, . . .

PARTE.
L'arme tuefuron gli occhi onde 1'
i£9
accefe
1
Saette ufcivan ti invifibil foco >
E ragion temean poco»
Checontra'l del non vai difefa umana.*
Il penfar' , e'1 tacer' j il rifo , e'1 gioco ; So
L'abito onefto; e'1 ragionar cortefe;
Le parole che 'ntefe
A vrian fatto gentil d'alma villana;
L'angelica fembianza » umile , e piana*
Ch'or quinci jor quindi udia tanto lodarli ;8j
E '1 federe > e lo ftar j che fpefTo altrui
Pofer' in dubbio a cui
;
Pevefle il pregio di più laude darli
Con quell'arme vincevi ogni cor duro:
Or fé tudifartmto i' fon fecuro .
; 90
Gli animi ch'ai tuo regno il cielo inchina *
\ Leghi ora in «no , ed or' in altro modo;
Ma me fol' ad un nodo
Legar potei che 'I ciel di più non volfe »
;
3
Quell'uno è rotto; t n libertà non godo: 3?
Ma piango, e grido: Ahi nobil pellegrina »
Qual fentenza divina
Me legò innanzi, e te prima difciolfe?
Dio, che si tolta al mondo ti ritoife>
Né moftrò tanta) e si alta virtute 100
Solo per infiammar noflro delio .
Certo ornai non tem' io
Amor, della cua man nove ferute
Indarno tendi V arco : a voto fcocchi: (105
Sua virtù cadde al chiuder de' begli occhi
Morte m'ha fcioko> Amor» d'ogni tua legge 5
Quella che fu mia Donna , al Cielo è gita .
Lafciando srifta , e libera mia vita.

I 4 SO-
teo SECONDA
SONETTO CCXXX,
L'Ardente nodoov'io fui d*ora in ora
Contando anni ventuno interi prefoj
Morte difciolfe : nè giammai tal pefo
Provai uè credo eh' uom di dolor mora
:
.

Non volendomi Amor perder ancora >

Ebbe un'altro lacciuol fra V erba tefo,


E di nov'efca un'altro foco accefo
,
Tal , di' a gran pena i ndi fcampata fora :
E le non fofle efperiensa molta
De* P ri mi affi a n } i' farei prefo , ed a rfo
i
,
Tanto più quanto fon men verde legna
,
;
Morte m' ha liberato un' altra volta ;
E rotto '1 nodo,e'l foco ha fpento, e fparlSfc
Contra la qual non vai forza , nè 'ogegrso .

SONETTO CCXXXI.
y"\ A vita fugge non s' a rrefta un'ora
, e-
;

-*—f
E w morte vien dietro a gran giornate :
E le cofe prefenti e le pafi'ate ,
Mi danno guerra, eie future ancora :
E 1 rimembrar', el' afpettar m' accora
Or quinci, or quindi si, che 'n ve ri tate >
Se non ch'i' ho di me fteffb piotate,
I* farei già di quelli pender fora.
Tornami avanti , s' alcun dolce mai
Ebbe n cor tritìo ; e poi dall' altra parte
Veggio al mio navigar turbati i venti.
Veggio fortuna in porto , e fianco ornai
II mienocchier', e
rotte arboree farte s
ii i lumi bei che mirar foglio
, fpenti.

SO-
,

PARTE-
SONETTO ccxxxir.
/""^Hefai ? che pentì ?che pur dietro guardi
Vj Nel tempo che tornar non potè ornai»
Anima fconfolata ? che pur vai
Grugnendo legneal foco ove tu ardi?
Xe foavì parole, e i dolci fguardi
Ch' ad un' ad un deferitti , e dipint' hai »
Son levati da terra ; ed è ( ben fai )
Qui ricercargli intempeftivo , e tardi .
Deh non rinnovellar quel che n' ancide ;
Nonfeguir più penlìer vago_ fallace
Ma laido , e certo , eh' a buon fin ne guide -

Cerchiamo' Ciel , fe qui nulla ne piace;


l

Che mal per noi quella beltà fi vide*


, Se viva , e morta ne devea tor pace .

SONETTO CCXXXIII.

DANo temi pacej o duri mìei penfieri


baita bench'Amor Fortunale Morte
r

Mi fanno guerra intorno, e'n fu le porte -


Senza trovarmi dentro altri guerrieri ?
E tu, miocor', ancor fe pur qual' eri,
Disleal' a me fol ; che fere feorte
Vai ricettando , e fei fatto conforte
De' miei nemici sì pronti, e leggieri:
In te i fecreti fuoi metraggi Amore,
In te lpiega Fortuna ogni fua pompa,
£, Morte la memoria di quel colpo
Che l'avanzo di meconven che rompa:
In te i vaghi penGex s'arman d' errore
:
Perchè d' ogni mio malte falò incolpo.

I 5 SO-
*oa SECONDA
S O N E T T O CCXXXIV.
OCchi miei % o (curato è*ì noftro Sole;
Anzi èfalito al Cielo, ed ivi fplende :

Ivi *i vedremo ancor*: ivi n* attende :

E di noftro tardar forfè dole.


li
Orecchie mie, V angeliche parole
Suonano in parte. ov* è chi meglio intende.
Pié miei , voftra ragion là non li ftende
Ov* è colei .ch'efèrcitar vi fole-
Pu-nque perchè mi date quefla guerra?
Giàdi perder a voi cagion* non fui
Vederla , udirla* e ritrovarla in. terra t
Morte biafmate; anzi laudate lui
Che- lega,efcioglie,e'n u puto apre,eferraj
E dopo. '1 pianto fa far lieto altrui,

S Q N ET T O CCXXXV.
POiPerche- la viltà angelica ferena
fubita partenza in gran dolore
Lafciato ha Palma > e 'n tenebralo orrore ;
Cerco parlando d* allentar mia pena ..

G'mù'o duo! cert» g lamentar mi; mena:


SafTel chi n'<? cagion*, e fallo Amore :
Ch* altro rimedio non avea *i mia core:
Contra i faftidj onde la vita è piena -
(Jiieit* un , Morte,
1
mha tolto tatua mano »
E tu ,.cbe copri, e guardi, ed hai or reco ^
Felice terra , quel bel vifo, umano .
Me dove lafci fconfòlato > e cieco
Pofcia che '1 dolce > ed: amorofo-> e piano*
.Lume degli occhi miei non è pià meco è

SO-
> .

PARTE. ioj

SONETTO CCXXXVr.
Amor novo configlio non n'apporta / •

S' Per forzg converrà che *I viver cange :

Tanta paura e duo! l'alma trilla ange;


,

Che 'I defir vive , e la (Wranza è morta :

Onde fi sbigottifce » e fi fconforta


Mìa vita in tutto , e notte, e giorno piange
Stanca fenza governo in mar che frange ,
E'n dubbia via feuza fidata feona .

Immaginata guida la conduce}


Che la vera è fotterra ; anzi è nel Cielo j
Onde più che mai chiara al cor traluce ;
A gli occhi nò eh' un dolorofo velo
:

Contende lor la dettata luce y '

E me fa si per tempo cangiar pelo


SONETTO CCXXXVII.
NEiL'età Tua più bella , e più fiorita,'
Quand'aver fuol'Araor'in noi più forzai
Lafciandoir* terra la' terrena feorza
E Laura mia vita! da me partita:
E viva, e bella i e nuda alCiel falita;
ludi mi fignoreggia , indi mi sforza.
Deh perchè me del mio morta»! non feorza
L' ultimo dì , eh' è primo all'altra vita ?
Che come i miei penlier dietro a lei vanno;
Così leve, efpediw, e lieta l'alni
La fegua » ed io fìa fuor di tanto affanno .
Ciò che s' indugia j è proprio per miodanno*
Per far me flefTo a me più grave fai ma
O che bel morir' efis oggi è terz' anno i

I « SO-
.

104 SECONDA
SONETTO CCXXXVII3.

SEMover
lamentar augelli, o
lievemente
verdi fronde
all'aura eftiva
O roco mormorar di lucid' onde
j

,S? ode d* una fiorita e frefca riva :


-La v
Joiesgia d'amor penfofo, e feriva;
.

Lei che '1 Cid ne risoftrèiterra n'afeoede.


Veggio, ed odo, ed intendo: ch T ancor viv;
Ui sì lontano a'fofpir miei rifponde. -

Deh perchè innanzi tempo ti cor,fums ?


Mi dice eoo piccate * a che pur verfi
Vegh occhi tratti UB doloro fo fiume ?
-lsi me non pianger tu,
che raiei di ferfi!*.
Morendo, eterni; enell' eterno lums
,
Quando moftrai di chiudergli occhi,aperfi.

SONETTO GCXXXIX,
1 notl *"u * 1S parte ove * J cniat veieffi
ÌVf A
j
' c
^ e vedervorrei,poi ch'io rol vidi;
Né dove in tanta libertà mi fteììì;
N .ewgipffi '1 del di
sìaraorofi ftridi :

Né giammai vidi valle aver sì fpelìì


Luoghi da fofpirar riporti e lìdi ,
;
Né creda già, eh' Amor' in Cipro avelli
altra riva sì foavi nidi .

L' acque parlan d' A more , e J* ora, e ramr, i

E gli augelletti, e i pefci,e i fiori, e l'erba;


Tutti infieme pregando eh' i* Temprami
Ma tu ben nata, che dal Ciel mi chiami; •

Per la memoria di tua morte acerba ( mi.


Preghi ch'i'fprezzi'Imódoje fuoi dolciLv

SO-
?.

PARTE. 'io?

SONETTO CCXL.
jT"\Uantf. trace al mio dolce ricetto
V£^F uggendo a}trui,e>s'efler può,me ftefi&v
Vo con gii occhi bagnando l'erb.i.e'l petto;
Rompendo co' fofpir l'aere da preflo :

Quante fiate foi pien di fofpctto


Per luoghi ombrofi , e foichi mi fon mefìTo-
Cercando col peniìer l'alto diletto
Che Morte ha toko;ond'k>la chiamo fpelTc;
Or' in forma di Ninfa, o d'altra Diva ,
Che del più chiara fondo ci i Sorga .efca
E pongali a leder in fa la riva;
Or l'ho veduta fa per l'erba frcica
Calcari fior , coro' una danna, viva ,
Moftraudo in villa , che di me le 'ncref<!a -

SONETTO CCXLI,

A Con
A
felice, che ferente torni
Lisia
confolar le mie notti dolenti
gli occhi tuoijche Morte non ha vpéti*
Ma forra *t* 'mortai modo fotti adorni;
Quanto gradifeo eh' i mici trifti giorni '.
A rallegrar di tua vifìa confenti :
Così incomincio a ritrovar prefentr
Le tue bellezze a fuo' ufati foggiomi «
•li. 've cantando andai di te mole' anni,
Or 5 come vedi > vo di te piangendo;
Di te piangendo nò, ma de" miei danni
Sol un ripofo trovo in moiti affanni ;
Che quando torni , ti conofeo » e 'ntendo
'
All'andar } alla voce , al volto y a' paoni.
4o6 SECONDA
SONETTO CCXLII.
Discolorato hai "i Morte, il più bel volto
Che mai vìde;ei più begli occhi fpéti;
fi

Spirto piùaccefo di virtnti ardenti


Del più !eggiadro,e più bel nodo hai fciolto.
In un momento ogni mio ben m'hai tolto;
Pollo hai fìlenzioa' più foavi accenti
Che mai s'udirò ; e tnepien di lamenti:
Quant'io veggìo,m'è noja,e quat'io aicolto.
Ben torna a confolar tanto dolore
Madonna, ove, pietà la riconduce;
Né trovo in quefta vita altro foccorfo :
E fe coro* el Ea parla j e come luce t
Ridir poteffi; accenderei d'amore,
Non dirò d' uom', un cor di tigre, o d'orfe*

SONETTO CCXLIII,
T
SI* breve è tempo e pender
'1
, I sì veloce
Che mi rendon Madonna così morta >
Ch' al gran dolor la medicina è corta :

Pur msntr' io veggio lei nulla mi noce. ,

Amor che m' ha legato , e tienimi in croce;


,

Trema quando la vede in ili la porca


Dell'alma , ove m* ancide ancor si feorta >
Sì dolce invitta, e sì foave in voce.
Come donna in fijo albergo, attera vene»
Scacciando dell' ufi-uro , e grave- core
Con la fronte ferena i penfier triftì r -
L'alma, che tanta luce non foffene r
Sofpira ,e dice ; O
benedette l'ore
Del dì che quefta via con gli occhi apri (li I

SO-
PARTE- %oj

SONETTO CCXLIV.
pietofa maire ai caro figlio»
NE'Nèmaidonna accefa alfuo fpofo diletto
Diè con tanti fofpir, con tal fcfpetto
In dubbio flato sì fedel configli©;
Come a me quella che '1 mio grave efiglio
Mirando dal fuo eterno alto ricetto,
Speffo a me torna con l' tifato affetto »
E di doppia pietate ornata il ciglio ,
Or di madre, or d'amante: or teme» or'arde
D'onefto foco ; enei parlar rniirtofira
Quel cfie *n queiro viaggio fuega , o-fegua »
Contando ì cafi della vita noftra;
Pregando eh' a! levar 1* alma non tarde :

E fol quant'ella paria ho pace » o tregua »


,.

,' SONETTO CCXLV.


SECh'quell'aura fòave de'fofpìri
i'odo di colei che qui fu mia
Donna , or'è ìrt Cielo, ed ancor par qui fra p
E viva> e tenta > e vada , e<t ami e fpiri
, j
Ritrar poteffi ; o che caldi defili
Movrei parlando.' si geiofa > e pia
Torna ov* io fon > temendo non fra vìa
Mi uanchi,o > ndiecro,od'a man manca giri r
Ir dritto alto m* infegna ed io che "n tendo : .

Le fue carte lufìnghe» eìgiufti preghi


Col dolce mormorar, pietefo, e baffo y
Secondo lei conveu mi regga epieghi, •,

Per la dolcezza che del uio dir prendo;


Ck* aviia vertù di far pianger iinfafic*

S O-
. , . .

icS SECONDA
SONETTO CCXLVI.
SEnnuccio mio* benché dogliofo , e fole»
M' 1
abbi lafciato , i pur mi riconforto
Perchè del corno ov' cri prefo , e morto *
Alteramente fé levato a volo
Or vedi infieme 1' uno ; e l'altro poloj m
Le itelle vaghe , e lor viaggio torto ;
E
vedi , : i veder noftro quanto è corto-;
Onde col tuogioir tempro '1 mio duolo
Ma ben ti prego che 'n la terza fpera .
'
.

Guitton.fahiti i e metter Cina, *e Dante,


Francefchin noftro, e tutta quella fchiera .
Alia mia Donna puoi ben dire, in quante:
Lagrime i' vivo ; e fon fitto una fera ,
Membrando"! fuo bel vifo, e l' opre fan te -

SONETTO CCXLVII.
TT'Hopien di fofpir queft' aer tutto
D' afpri colli mirando il dolce piano- ,

Ove nacque colei eh' avendo in mano


f
Mio cor' , in fui fiorire , e'n fui far frutto
*
£ gita al Cielo, ed hammi a tal condutte
Col fubirp partir, che di lontano
Gli occhi miei ftancfci,Ici cercado in vano.
Pretto di sé non laffàa loco afeiutto .
Non è fterpo, nù fallo in quefti monti ; :

Non ramoio fronda verde in quelle piagge ;


Non fior' in quelle valli o foglia d' crba4.
,

Stilla d' acqua non vien di quelle fonti ;


Né fiere ha n quelli bufehi sì felvagge
;
Che non. tappi an/y-iant'è mia pena acerba

SO-
parti:. ì«o

SONETTO CCXLVIII.

L '
Alma mia fiamma oltra le belle bella ;
Ch'ebbequi '1 ciel sì amico,e sì cortele;
Anzi tempo* per me nel fuopaefe
E' ritornata , ed alla par fua flella
.

Gr comincio a fogliarmi ; e veggio eh ella


Per lo migliore al mio defir colitele ;
E
quelle voglie giovenili accefe
Temprò con una villa dolce, e fella-
Lei ne ringrazio, e '1 ftto alto ccnfìglio»
Che col bel vifo, e co' foavi fdegni
Fecemi ardendo penfar mia falute .
O leggiadre ani, e lor' effetti degni;
L' us con la lìngua oprar, l'akra col ciglìoj
.'

Io glona in lei , ed ella in me virtute

SONETTO CCXLIX.

Omf. va '1 mondo or mi diletta , e piace^


.'

»
Quel che più mi difpiacque: or veg£iy,e
Cbe peraver tormento, ( fento
falute ebbi
Ebreve guerra per eterna ;iacc .

O fperanza , o defir tempre fallace


.'

E degliamanti più , ben per un cento:


O qùant'era"! peggior farmi contento
Quella ch'or Cede inC:eio,e'rs terra giaceì
Ala '1 cieco Amt>r' , e la mia forda mente
Mi traviavan sì, ch'andar per viva
Forza mi convenia dove_ morte era
Benedetta colei eh' a miglior riva
Volfe'l mio corfo: e Tempia voglia ardente
Lufingacdo affrenò» pereti' io non pera -

so-
. ;. ,

aio SECONDA
SONETTO CCL.
QUand'ìo veggio dal elei feender l'Autor,
Con
I

la fronte d, rote , e
co' crin d 'oro
Amor m'affale : ond' io mi difcolom
:

«J'co folpirando, Ivi è Laura or .


a
0 felice Titon! tu fai ben l'ora
Da ncoyrare il tuo caro teforo :

Ma io che debbo far del


dolce Alloro?
e nveder conv e" eh' io mom
v aJ dipartir
i1 vottri A- .
;
non fon sì duri- 1

Chalinea di notte UJ
tornar colei
a
by
CÌì
Ì° h
bianche chiome
LerÌ!;°°
mie notti fa tnfìe, e i giorni
:

ofeuri
Quel a che n'ha portato i penfier
Nè di sè m' ha lafciato altro che'l miei ;
nome
SONETTO CCLI.
r>U occhi di cV io parlai si caldamente
V
VJ E le bracale le mani, e i piedini
vifofi
Che m' avean sì da me fi e flo di vjfo ,
*
E latto fingular dall'altra
gente;
Le ere pe chiorae d'or puro
lucente,
E 1 lampeggiarceli' angelico rifo;
Che (oJean £r m terra un
paraaifo ;
Poca polvere fon , che
nulla fente :
Edio par vìvo: onde mi doglio
, e fd e g„ 0 ,
Riroafo feoza '1 lume eh'
amai tanto
In gran fortuna, e'n
difarmato legno
Or fia qui fine al mio anwofo
canto -
Secca è h vena dell' uf
at o ingegno,
la cet « ra mia rivolta in pianto

SO»
. >

PARTE. S.11

SONETTO CCLII.
aveffi penfato, che sì care
S''Io
Foflin le voci de' fofpir mie' in rima'j
Fatte l'aurei dal fofpirar mìo prima
In numero più fpeffe , in ftil più rare .
Morta colei che mi facea parlare,
E che fi flava de'penfier mie' in cima :
Non poffo ; e non ho più sì dolce lima i
Rime afpre > e fofebe far foavi , e chiare
E certo ogni mio ftudio iti quel temp' era
Pur di sfogare ii dolorofo core
In qualche modo , non d'acquiftar fama i
Pianger cercai, non già del pianto onore.
Or vorrei ben piacer : nu queìla altera
Tacito fianco dopo sè mi chiama.

SONETTO CCL1IL

SOleasi nel e viva,


mio cor dar beila,
Com' alta in loco umile , e baffo
donna ;

Or fon per l'ultimo fuo paffo


fate' io
Non pur mortai,, ma morto ; ed ella è diva •

L'alma d'ogni fuo ben fpogiiata > e priva


Amor della fua luce ignudo, e caffo
Devrian della pietà romper un (affo ;

Ma non è chi lor duol riconti , o feriva :

Che pìangon dentro,ov'ogni orecchia è lorda,


Se non !a cui tanta doglia ingombra ,
mia ;

Ch* altro che , nulla m'avanza .


fofpirar
r Veramente fi^m noi polvere , ed ombra :
Veramente la voglia è cieca , e 'ngorda *-

B Veramente fallace è la fperanza .

SO-
. . ,

m SECONDA
SONETTO C-C L IV.'
COleano i miei penfier foavemeote 1

obietto, ragionar 'iofieme:


tv , -
li età s tóppreffa , e del tardar fi
pente :
ronc ar paria di noi , o fpera , o teme
Foiche l ukjmo gmroo, e l'ore eltreme:
tinZ dl ei que{ì
Noiìro flato dal Ciel vede
* vif a Piente
;

, ode , e fente :
Altra di lei non è rimafo
fpeme .
O i" lr àcol gentile / o felice 'alma
O beltà fenza efetnpio altera ,
!

e rara !
^he tolto è ritornata ond'
ella ufcìo
ivi fia del Tuo ben far corona,
e palma
Que la ch'ai mondo si famofa , e chiara
*e te iua gran virtute, e furor mio. '1

SONETTO GC L V.
T' Mi foglio accufarc ; ed or mi feufo ;
J. Anzi mi pregio e tengo affai più caro;
,

Veli onefta pngion del dolce amaro


,
Colpeci. 1 portai già mok' anni
chiufo.
Invide Parche, si repente il
fufo
i roncare
eh'attorcea foave , e chiaro
itame al mio laccio e quell'aurato e raro
,
,
strale onde morte piacque
okra noftr' ufo.'
Che non tu d' allegrezza a" fuoi dì mai,
iJi Jiberta, di vita
alma sì vaga, i
Che non cangiafle '1 fuo naturai modo
,
lo^hendo anzi per lei fempre trar
Che cantar per qualunque , e di tal guata
piaga
JWonr contenta , e viver in tal nodo

SO-
P A R T E- «f=
SONETTO CCLVI.
DUe grS nemiche
Bel lezza
ed Oneflà
,
inficine
,
erano aggiunte,
con pace tasta >
Che mai rrbellion l'anima fanta
Nonfer.tipoich'aftar feco fur giunte:
Ed or per morte fon fparfe , edifgiuntc:
L'una è nel Gel, che fe ne gloria, e vanta :
L altra (otterrà , cb'e begli occhi ammanta
Otid'ufcir già tanre amorofe punte-
L atto foave , e '1 parlar faggio umile ,
Che movea d'alto loco - e '1 dolce fguardo j
Che piagava '1 mio core , ancor i' accenna ;
Sono fpariti e s'al feguir fon tardo,
:

Forfè avverrà che'l bel nome gentile


Coniacr^rò con quefta fianca penna

SONETTO CCLVTI.

QUand'ìo mi volgo idietro a mirar gli afli


C'hanno fuggendo i miei penfieri fparfi;
E lpento 'i foco ov' agghiacciando f arfi ;
E finito '1 ripòlo pien d' affanni;
Rotta la iè degli
amorali inganni; ;

E fol due d'ogni mio ben farfi »


parti
L' una nel Cielo , e l'altra in terra trarli ;
E perduto 'I guadagno de' miei danni}
l'ini rifeuoto; e trovemi sì nudo,
Ch' i' porto invidia ad ogni eftrema forre ;
Tal cordoglio , e paura ho di me fteflo -
Omialtella, o Fortuna j o Fato, o Morte
O per me fempre dolce giorno , e crudo } >
». Come m'avete in baffo flato ineflV!

S O-
;

2(4 SECONDA
SONETTO CCLVIII.

OV è la fronte che con picelo! cenno { la?


Vólgea'l mio core iqueda parte,e'n quel-
Ov' è H be! ciglio, e l'una, e l'altra delia
Ch' al corfo dei mio viver lume (Jenna ?
Ov'è'i v^lor, lacisnofcenza , e '1 fermo,
L' accorta , onefta umìl , -dolce favella
, ?
Ove fon le bellezze accolte in ella ,
Che gran tempo di me lor voglia fenno ?
Ov' è i* ombra gentil del vifo umano;
Ch'ora, ejipofo dava all'alma franca,
E Jà've i miei pender feri tri eran tutti ?
Ov' è colei che mia vita ebbe in mano?
Quanto a! mi fero mondo , e quanto manca
A gli occhi miei !c he mai non fieno afeiutti-
SONETTO CCLIX.
QUanta invidia porto , avara terra;
ti
Ch'abbracci quella cui veder m'è tol to?
,

E mi contendi l'aria del bel volto


Dove pace trovai d'ogni mia guerra-'
Quanta ne porto al CieJ, che chiude, e ferra »
E si cupidamente ha in -sé raccolto
Lo fpirto dille belle membra fciolto
E per altrui sì rado fi differra '

Quanta invidia a quell'anime che 'n forte


Hann* orfua fanta , e dolce compagnia ;
La quai' io cercai fempre contai brama!
Quanta alla difpietata, e dura Morte;
Ch' avendo fpento in lei la vita mia,
Staffi ne'fuoi begli occhi, e me non chiama •'

SO-
. ,

PARTE. aij

SONETTO CCL X".

VA lie » che de' lamenti miei fe piena;


Fiume,che l'pefTo del mio piager crefci;
Ferefilveftre* vagbiaugelli , e pefci j
Che l' una e 1* altra verde riva affrena ,*
Aria de' miei fofpir calda, e ferena ;
Dolce fentier , che si amaro riefci ;
Colle) che mi piacerti , ormi rincresci)
Ov'ancor_per ufaiiza Amor mi mena;
Ben riconoico in voi 1' ufate forme ,
Non , laifo , in me; che da si lieta vita
Son fatto albergo d'infinita doglia.
Quinci vedea'lmio bene; e per queir' orme
Torno a veder ond' al Giel nuda è gita *
Lafciando in terra la fua bella fpoglia .

SONETTO CCLXt.

LEvommi 1
il mio penfier in parte ov' era

Quella ch'io cerche no ritrovo in terra:


Ivi fra lor che *I terzo cerchio ferrai
La rividi più'bella > e meno altera •
Per manjni prefe, ediffe In qtieftafpera
;

Sarai a"ncor meco , fe 1 defir non erra : /IT»**"


!

l'fon colei ebeti die' tanta guerra > '


E compie' mia giornata innanzi fera:
Mio ben non cape in intelletto umano :
Te folo afpetto e quel che tanto amafti
;

E è rimafo , il mio bel velo


lag gi ufo ,

Deh perchè tacque» ed allargò la mano?


Ch'ai fuon de' detti sì pietofi, ecafti
Poco mancò eh' io non rimai! ìn Cielo

SO-
. ,

*7<s SECONDA
SONETTO CCLXII.
AMoel, che meco al buon tempo ti ffavi
Fra quelle rivea'penfier noftri amiche;
E per faldar le ragion noftre antiche i
Meco , e col fiume ragionando andavi :
Fior,frodi,erbe,ombre/) ant:ri,oiide)aure foavi;
Valli chiufe > alci colli, e piagge apriche >
Porto dell' amorofe mie fatiche ?
Delle fortune mie tante, e sì gravi:
0 vaghi abitator de' verdi bofehi ;
ONinfe ; e voi che'I fi efeo erbofo fondo
Dei liquido crithallo aderga 5 e pafee :

1 miei dì fur sì chiari; or fon sì fofchi ;


-Come Morte , che '1 fa Cosi nel mondo
y Sua ventura ha ciafeun dal di che nafce

SONETTO CCLXII I.

MEntre che l cor dagli amorofi vermi


5

Fucoa{um.ito,e'n fiamma amorofa arfe;


Di vaga fera le veftigia fparfe
Cercai per. poggi folitarj , ed crini;
Ed ebbi ardir cantando di dolermi
r»»^i D' Amor , di lei che si dura m' apThrfe :
*
»M» I* ingegno , e le rime erano fcarfe
In quella etate a' penfier novi , e'nfermi.
Quel foco è morto,e'l copre u picciol marmo:
Che fe col tempo foffe ito avanzando »•

Come già in altri , infino alla vecchiezza ;

Dì rime armato , ond' oggi mi dilarmoi


Con ftil canuto avrei fatto parlando
Romper le pietre j e pianger dì dolcezza

SO-
, .

PARTE. ut
SONETTO CCLXIV.

A Mima
Poh
Che
bella j da quel nodo fciolta
più bel mai non feppe ordir Naturai
mente ai li mia vita ofeura
dal Ciel
T)g sì a pianger volta-
lieti peiifieri
La tal fa oppinion dal cor s'è tolta,
Che mi fece alcun tempo acerba » e dura
Tm dolce vifta ornai tutta fecura
: v .JV
Volgi a me gli occhÌ,e miei fofpiri afcoltaw^
i

Mira gran iaffo donde Sorga tiafce


*i

£ vedràvi un che fol tra l'erbe, e l'acquei


Di tua memoria, e di dolor fi pafee.
Ove giace 'I tuo albergo , e dove nacque
II noftro amor , vo' eh* abbandoni , e lafce ,

Per non veder ns'tuoi quel ch*a ce fpiacque

SONETTO CCLXV.
QUel Sol che mi mortrav.i il cufrin deliro
,
Di gire al Ciel con gloriofi paffi \
Tornando al fommo Sole in pochi faflì ,
1
Chiufe 'I mio lameje fuo career terreftro:
!

Ond* io fon fatto un' animai filveftro ,


Che co* piè vaghi, foìitarj, e lafii
Porto') cor grave , e gli occhi umidi, e bafli
Al mondo, eh 'è per me un deferto alpeftro»
Così vo ricercando ogni contrada
O?' io la vidi; e fol tu, che m'affligi,
Amor, vien* meco, e moftrìmi ond'io vada.
Lei non trov'io; ma fuoi fanti veftigi
Tutti rivolti alla fuperna ftrada
Veggio lunge da' laghi Averni , e Stigi

Rimt P tirare a . K SO-


,. . .

aiS SECONDA
SONETTO CCLXVI,
penCava
IONon per
affai deliro effer fu l'ale,
lor forza , ma di chi le (piega
_ »
Per gir cantando a quel bel nodoieguale
Onde Morte m' affblve , Amor mi lega i

Trovai mi all' opra via più lento., e frale


D un picciol ramo , cui gran fàfeio piega
1
;

JE diflì ; A cader va chi troppo fa^e ;


^frNè fi fa ben per uotn quel che '1 ciel nega •

m.iinon poria volar penna d'ingegno, .:

Non che Iti grave , o lingua >>pve Natura


1

Volò telfendo il mio dolce ritegno-i iQ


Seguilla Amor con si rnirabilcura
In adornarlo» eh' i' non era degno
Pur della villa ; ma fu mia ventura

SONETTO CCLXVII.
QUeixa per cui cÓ Sorga ho cagiat' Arnoi
Con franca povertà ferve ricchezze^
,

Volfe in amaro Cae fante dolcezze


Ond'io già vidi, orme ne ftruggoje icarno.
Da poi più volte ho riprovato indarno
Al fecol che verrà, l'alte bellezze
Pinger cantando,acciò che l'amebe p rezze;
Nè col mio flile fuo bel vifo incarno
Le lode mai non d'altra, e proprie fue;
Che'n lei fur , come fteiJe in cielo fparte ; ,
1
Pur' ardifeo ombreggiar or una , or due :

Ma poi eh' i'giongo alla divina parte,


Ch'un chiaro » e breve Sole al mondo fue ;
Ivi manca 1* ardir , P ingegno , e 1* arte
. , .,

PARTE. 2

SONETTO CCLXVIII.
Alto, e uovo miracol eh* a' dì noftri
L' Apparve al mondo,e ftar feco non volfe;
Che iot ne tnoftrò *1 Giel , poi fel ritolfe
Per adornarne i fuoi fteilanti chiofrri ;
5
Vuol eh i' dipinga a clii noi vide , e'1 moliti »
Amor , che'tt prima la mia lingua feioife
Poi mille volte indarno all'opra volfe
Ingegno, tempo, penne, carte, e 'nchioftri.
Non fon' al fommo ancor giunte le rime :
In me'I conofeo ; e provai ben chiunque
E' in fin' a qui che d'amor parli o feriva ,

Chi fa penfare il ver, tacito eflime


Ch 1 ogni ftil vince ; e poi fofpire : Adunque
Beati gli occhi che la rider viva-

SONETTO CCLXIX.
*V'Eri ro torna i e '1 bel tempo rimeria
£-i E i fiori , e l'erbe , fua dolce famiglia ;
E garrir- Progne ; e pianger Filomena;
E. primavera candida , e vermiglia .
Ridono i prati , e '1 ciel fi rafierena ;
Giove s'allegra di mirar fua figlia:
L'aria, e l'acqua, e la terra è d' imor piena*
Ogni animai d'amar fi riconfi?,lia
Ma per ms,lailo , tornano i più gravi
Sofpiriche del cor profondo tragga 1

Quella eh' al ciel fe ne porco chiavi : l .-

E cantar' augelletri , e fiorir pugge,


E 'n belle donne oneite atti foavi
Sono un deferto , e fere afpre , e ielvagge *

£ i SO.
;

ito SECONDA
SONETTO CCLXX.
QUel rofigniuol che si foave piagne
„ Forfè fuoi figli , o fna cara conforte »
Di dolcezza empie il cielo , e le campagne
Con tante note si pietofe , e fcorte :
E tutta notte par chem'aceompagne ,
E mi raramente la mia dura- forte *
Ch* altri che me non ho di cui miYagne;
Che'n Dee non credev' io regnale Morte .

ÌO che lieve è ingannar chi s' afiècura I


Que'duo bei lumi affai più cheMSoi chiari
Chi pensò mai veder far terra ofeura ?
Or conofeo lo che- mia fera ventura
Vuol che vivendo, elagrimando impari
,> Come nulla quaggiù diletta» e dura.

SONETTO CCLXXI.

NE'Nèperperfereno
^
ciePir vaghe ftelle;
tranquillo mar legni fpalmati
Nèper campagne cavalieri armati)
Nèperbeibofchi allegre fere, efnelles
Nè d'afpettato ben frefche novelle;
Nè dir d'amore in flili alti, ed ornati;
Ne tra chiare fontane, e verdi prati
Dolce cantare onefte donne, e belle;
Nè altro farà mai ch'ai cor m' aggiunga ;
Si feco il feppe quella feppeliire
Che-Cola à gli occhi miei fu lume,e fpeglio.
Nojair^è '! viver si gravofa » e lunga »
Cerchiamo il fine per lo gran delire
Di riveder cui non veder ru'l meglio.

SO-
. , , .

PARTE. «i
SONETTO CCLXXII-

Passato è 'I tempo ornai , lattò , che tanto

Con refrigerio in mezzo '1 foco vi (Ti ;


Pattato è quella di ch'io pianfi , e ferini ;
Ma lafciato m* ha ben la pena , e'I pianto
Pattato è '1 vifo sì leggiadro , e fanto :
Ma pattando» i dolci occhi ai cor m'ha fitti »

Al cor già mio; chefeguendo partirli


1
'Lei eh avvolto l' avea nel fuo bel manto ;

Ella'l fene portò fotterra, e 'n Cielo i


Ov'or trionfa ornata dell'Alloro
Che meritò la (uà invitta oneriate •
Così difcioko dal mortai mio velo,
Ch' a forza mi tien qui , fofs* io con loro
Fuor de' fofpir fra 1' anime beate é

SONETTO CCLXXIU.

MEnte mia , che prefaga de' ruoi danni

Al tempo lieto già penfofa , etrifta'


Sì intentamente nelF amata vifta
Requie cercavi de' futuri affanni :
A gli atti, alle parole, al vifo > ai panni
Alta nova pietà con dolor mi ita.
Potei ben dir ; fe del tutto eri a v vifta :
1
Ouefiò è ultimo dì de' miei dolci anni
l

Quai dolcezza fu quella, o mifer' alma » .

Come ardevamo in quel punto ch i* v .'di


'
Gli occhi i quali non devea riveder mai
'
Quando a lor , come a duo amici più fidi
Partendo, in guardia lapift nobilfalma.,
'1 cor lafciai
1 miei cari pentì eri , e

K 3 SO-
.

*2i SECONDA
SONITT O CCLXXIV*.
#
T" Utta la mia fiorita
ì

e verde ecade ,
Pa«ava ; e 'ntepidir ferula già'l foco
Ch arfe J mio cor'; ed era giunto al loco.
Ove fcende la vita , ch'ai fin cade
da
in cominciava a prender ficurtade
:

,
m
' a Cara nem 'ca
.
a poco a poco
I>e imi fofpetti; e rivolgeva in gioco-
Mie pene acerbe fua dolce oneftade:
Fi-dio era'] tempo dov' Amor fi fcontr&
ConCaftitate; edagli amanti édato
Sederfi in Géme, e dir- che lor*i neon
tra ,.

Morte ebbe invidia al mio felice ftaio;


Anzi alla fpeme ; efeglifi all' incontra
A mezza via , come nemico armato ,

SONETTO CCLXXV.
* I "EMPo era ornai da trovar pae&, o tregua
* Di tanta guerra ; ed erane in via forfè*
Se non ch'elicti palli indietro torfe
-j^hiledifagguagliaiize nofire adegua:
S-*2 » come nebbia al vento fi dilegua *
C -osi fiu vita fubito trafcorfe
Quella che già co' begli occhi mi fcorfe
;
£-a or con ve n che col pender la fegua .
Poco aveva a 'indugiar , che gli a» ni ,e'ì pelo.
Cangiavano i coftumi onde fofpetto
:

Non fora il ragionar del mio mal feco


Con che onefti fofpiri l'avrei detto
Le mie lunghe fatiche eh' or dal Cielo
,

Vede, fon certo ; e duolfene ancor meco

SO*
. ,.

PARTE. «3
SONETTO CCLXXVI.

TRanqjji llo porto avea moftrato A more


Alla mia lunga » e torbida tempefta

Fra gli anni dell' età matura onefta >


Che i viz'] fpoglia » e vertù velie, e ouore
Già traluceva a' begli occhi '1 mio core»
El'altafedenon più 3or moietta
Ahi Morte ria ,come a fchiantar fe preda
,
1 '
Il frutto di molt anni in si poche ore
'

Pur vivendo veniali ove deporto


orecchie avrei parlando
In' quelle cafte
De' miei dolci penfier l'antica fornai
Ed ella avrebbe a me forfè rifpofto
Qualche fanta parola fofpirarsdo 3
Cangiati i volti > e l'ima > e l' altra coma »

SONETTO CCLXXV1I.

ALCome cader d'una pianta, che


quella che ferro , o vento fterpe
fi fvelfej
*
Spargendo a terra le fue fpogtie eccelfe »
Moftraiido al Sol la fua fqualìida fterpe i
5
Vidi un altra , eh' Amor' obbietto fcelfe »
SubbJetco in me Calliope, ed Euterpe;
Cbe'l cor m'avvtfe,e proprio albergo^ felie»
Qual per tronco , o per muro edera ierpe-
Quel vivo Lauro eve folean far nido
Gli alti penfieri , e i miei foipin ardenti
Che de' bei rami mai non moffen fronda ;
Al Ciel traslato , in quel fuo albergo fido
Lafciò radici , onde con gravi accenti
.

E' ancor chi chiami , e non è chi rifponda. *

& 4 SO-
, . ,

«4 SECONDA
SONETTO CCLXXVHI.
V} miei più leggier chp neffim
7 cervo,
J-i- uggir, com* ombra; e non vider
più bene
Ch un batter d'occhio, e poche ore ferene,
Cb amare, edolei nella mente fervo .
Milero mondo iaftabile , e protervo
,
,
Del tutto è cieco chi 'a te pon
fa fpene ;
Che -n te mi fu'l cor tolto i ed or fel tene
L al eh è già terra ,e. no
giunge olio a nervo*
Ma la forma miglior, che vive ancora»
E vivrà tempre fu nell'alto
Cielo;
Di iue bellezze ognor più
m'innamora;
^ lormpenfar cariando'! pelo,
Qua ella è oggi e'nqual parte
dimora *j
Qual'a vedere il fa leggiadro
velo,

SONETTO CChXKlX.
QEifTo P aura mia antica e i dolci
»J Veggio apparir onde '1 bel lume colli-
;

nacque
Che tefie gli occhi miei^metr'al ciel
piace;
Bramofi e lieti ; or li tien trirti
, e molli
O caduche fperanze , o penlier folli'
Vedove I» erbe e torbide fon
, L' acque :

'
il?',' io
r>«lqual
^ eddo J nido ch ' el] a giacque ,
. vìvo, e morto giacer volli-
Sperando al fi n da le foavi
1
piante
E da begli occhi faoi.che'J cor m'hanno
rfo,
Ripofo alcun delle fatiche
tante.
rvr° 3 fignor cnjdele, e fearfe-

w 9«»nto;i mio foco ebbi (lavante;


vo piangendo il fuo cenere fparfo

SO,
,..

A R T E<p «J
SONETTO CCLXXX.
Questo '1 nido in che la mia Fenice

E' Mife aurate, e le purpuree penne ;


l'

Che forco fae ali il mio cor tenne ;


le

T£ parole, e fofpin
anco ne e.Ket
radice :
O del dolce mìo imi prima
venne
Ov'è'l bel vifo onde quel lume
Che vivo, e lieto ardendo mi mantenne
t

Soia eri in terra, orfe nel


Ciel felice;
iolo,
E me lafciato hai qui miiero , e
che pien di duol femore al loco torno
Tal ,

Che per te confecrato onoro e coio » ,

Vergendo a' colli ofcura notte intorno


Onde prenderti al Ciel l' ultimo volo ;
E dove gli occhi tuoi iolean far giorno

SONETTO CCLXXXI.
le mie luci afcìutte
Ti fi Ai non vedranno
3
UÌV1 Con le parti dell' animo tranquille
Quelle note ov' Amor par che sfaville i
,'v*. £ pi et à. di fua man V abbia conftrutte ;
s Spirto già invitro alle terrene l«Ke*
**- Ch'or fu dal Ciel tanta dolcezza Ihlle >
^« Ch'alio ftil'onde Morte dipartile,
•.»!*.- Le difviate rime hai
ricondutte.
Di mie tenere frondi altro lavoro
I Credea moftrarte ; e qua! fero pianeta
! A.3^Nè'nvidiòinlieme? ormo nobii retore,
e vieta
;e Chi 'nnanzi tempo mi t' afconde ,
'

#-•/ Che col cor veggio, e con la hugua onoro f


'n te , dolce fofpir ,
l'alma s'acqueta

' K 5 CAK-
. ,

a *6 S E C O N D A
CANZONE XL1L.
CTandomi un giorno folo alfa fineftra;
»-^Onde cole vedea tante, e si nove,
e loldl mir ar quafigià fianco:
„ I?
Una Fera ni appara da man delira
^on fronte umana , da far arder Giove
, *
facciata da duo veltri, un nero, un bianco
Che I uno e l' altro fianco
7*t »
n genciì mordean si forte
Che n poco tempo J a menaro
al palTo
Ore emula in un fatto
JQ
Vinfe molta bellezza acerba
morte :

• h mi
fe lofpirar fua dura
forte
indi per alto mar vidi una
Nave.
Con Je farte-di feta , e d' or la vela
luttad avorio, ed'ebeno contefta;,
E 1 mar tranquillo
tM
, e i> aura era foave .

bnaeli qua! efe nulla nube il vela:


fina carca di ricca merce
onefià-
Poi repente tempefta

Che
O
ta tBrbà sì 1* asre
°£f»la Nave
iI , e 8,
percolTe ad unoicoglio.
che grave cordoglio!
]W
,
^
Brere ora oppreffe, e poco fp 3Z i 0
afeondS
L alte ricchezze a nuli' altre feconde.
i« un bolchetto novo i rami fanti a^fl
Fiorian d' un Lauro giovenetto,
e fchiettot j
^h uri degli arbor pa rea di paradifo
t-di iua ombra ufci'an sì
dolci canti
. V
Di varj augefli e tanto altro diletto, *
,

Che dal monefom'avean. tutto divifo:


k. mirandol jo fifo, >•£
Càogioft'jlcjel intorno;, e tinto, invìflk'
i
*oigorand&'I percofièj e daradice "
Quefi®,
f A K. TE. 217
Quella pianta felice •

Subito fvelfe onde mia vita è trifta :


:

Che fimil' ombra mai non fi racquifta .


Chiara Fontana in quel medefmo bofco _
Surgead'iin fafio ed acque frefche , e dolci
;

Spargea foa ve mente mormora nda:


Al bel faggio riporto , ombrofo , éfofco 40
Né paftori appreflavan, nè bifolci.
Ma Ninfe, e Mufe , a quel tenor cantando . ,

Ivi m'aflìfi; e quando


Più dolcezza prendea di tal concento 1
Editalvirtai aprir vidi uno fpeco > 45
E portarfene feco
La Fonte, e'1 loco; ond ' ancor doglia ferito*
E lol della memoria mi fgomento-
Sin ilrania Fenice ambedue l'ale
s

Di porpora veflita , e '1 capo d'oro; 5»


"Vedendo per la felva altera , e fola ;
,

Veder forma celefte-, ed immortale


fin eh allo fvelto Alloro
3

Prima penfai ,
Giunfe , ed al Fonte che la terra invola .
Ógni cofa al fin vola : . SS
Che mirando le frondi a terra fparie
E'1 troncon rotto , e quel vivo umor lecco :r
Volte in se ftefla il becco
Quali fdegnando ; e 'n un punto dnparfe :

Onde '1 cor di pietàte ? e d'amor m'arfe. 60


per entro fiori , e P erba j
A'1 fin vid* io i

Penfofa ir si leggiadra , e bella Donna ;


Che mai noi penfó ch'i' non arda- e creme
Umile insè , ma'nconrr' Amorfuperba :
Ed avea in dodo si candida gonna , 65^
:•
Siterta, ch' oro , e neve pareainfeme
Ma le parti fupreme
Erano avvolte d' ima nebbia oicura :
Punta poi nei tallon d* an piccioP angue,,
K 6 Come-
,

Come
SECONDA
fior colto Lingue,
7„
Lieta fidipattìos noti che dcura .
* Ahi, nuli' altro che pianto, al mondo
dura .

v^nzon , tu puoi ben dire;

Qtiefte fei vifiotsi a! fignor mio


Han fatto un dolce di morir delio . -c
'
jS
CANZONE XL 1 1 1.

AMor / quando
Mia fpeae.e'I
fio ria

guidardon d'ogni mia fede,


lolta m équei la ond' attendea mercede
Ahi dìfpretata morte, ahi crude] vita:
L'uria m'ha porto, in dòglia >
5
E mie (paranze acerbamente ha fpente :

L' altra mi tea quaggiù contra mia voglia':


E lei che fen'é gita
Seguir non portò ch'ella noi conferite:
;

Ma pur'ognor prefente 10
'

Net mezzo del" mio cor Madonna Cede,


E qual* è lamia vita , ella fel vede.
CANZONE X L I V.
TAcer non porto , e temo non a'dopre
Contrario c-fretto la mia lingua al core :
Che vorria far onore
Alla fua Donna , che dal Ciel n'afcolta.
Come pofs' io; fe non m'infegni, Amore; 5
Con parole mortali agguagliar 1* opre
Divine > e quei che copre
Alta umlltate in sè fletta raccolta?
Nella bella prigione, ond' or* è fciolta
,
Poco era ftata ancor l'alma gentile 19
Ai tempo che di lei prima m' accorfi :
Onde fruito corfi
(Ch'
, ,

PARTE,
Ch'era dei Panno , e di mia etate
2*9
A prile )
(
A coglier fiori io «pei prati d' intorno)
Speràdoa di occhi fuoi piacer sì adorno". 15
Muri eran d'alabaftro, e tetto d'oro,
D'avorio ufcto, c fincffre di zaffiro;
O.ide'l primo lofpiro -

Mi giunfeal cor', e giagiierà 1* eftremo :

Indi i mefiì d' Amor' armati ufciro 20


Di faette , e di foco ond' io di loro :

Coronati d'alloro ,

Par com' or fofle , ripensando tremo


.

"
D'un bel diamante quadrone mai non lctfàio
Vi fi vedèa nel mezzo un faggio altero t$ i

Ove fola fedea la bella Donna.


Dinanzi una colonna
Criftaliiqa., ediv' eatro ogni
pernierò
Scritto ; e fuor tralucea sì chiaramente , -

Chi mi fea lieto , e fofpirar fovente 3C .

Alle pungenti , ardenti , e lucia arme ;


Alla vittoriofa infogna verde;
Contr'cu'in campo perde .

Giove , ed Apollo, e Polifemo , e Marte :

GvV'l pianto ognorfrefco,e fi nnyerde,35 -

Giunto mi vidi e non pofiendo ai tarme ,


:

Prcfo Jafciai menarme .

Ond' or non fo d' ufcir la via , nel arte.


Ma ficcom' iiom talor che piange , e parte
Vede cola che gli occhi, e'1 cor' alletta, 40»
Così colei per eh' io fon' io prigione)
Standoti ad un balcone 5
Che fu fola a' foci dì cofa perfetta
Cominciai a mirar con tal deuo »
Che me Reflb, e'I mio mal pofi in obblic 45
l' era in terra , e *1 cor* in paradifo
Dolcemente obbliando ogni altra cura :

E mia viva figura


, . . .

ijo S E 0 C
A N D
Farfetfa un m:irmo,e'mpièr di
maravi?n .

Quand una Donna aflài pronta, e ficurl


,0
tempo antica , e giovane del vifo
,
Vedendomi sì tifo
A II
5
atto della fronte, e delie ciglia,.

jHJSfi mi dille meco ti configlia , :


io " «'altro poder che tu non
~V r
|.lo far heti
credi; «
i etrifii i„ un mom5 nto
1J !U leggiera che '1 vento;
reggo , e voi vo quanto al
^i ien pur gli mondo vedi
occhi,com'aquiI a ,in quel Sole;.
Marte da orecchi a quelle mie
parole . 6o
"di che coirei nacque, eran
Jefteile
Lne producon fra voi felici effetti
5
in luoghi alti , ed eietti
£ u "a ver l'altra con amor converfe:
Venere , e 1 Padre con benigni
afpetci 6?
i-enean le parti fignorili
, e belle ;
E le luci empie, e
felle
§»fi intatto del del' erìn difperfe
..
li òol mai si bel
giorno nomaperfe:
L aere , e la terra s'allegrava
; e l'acque
r 3V 7o
?™,Pac i e per li fiumi
Bri rZ'
era tanti amici
?
lumi
Una nube l -ncana mi dìfpiacqtie ;
quai temo che 'n pianto fi ritolte -

Gw Pi
n
rateakr
^lcnte i! ciel "°" v "!ve . 75
Ui a dirver , non fu degno
,1
Cofa nova a vederla, <"«ia,;
d'averla
Già fantiffi'ma, e dolce
, ancor' acerba ;
Parca ehmfa in 0 r fin candida
perla Se :
ta-or carpone, orcon tremante
parlò
£ ^°
e y acqua , terra , o fallo .

Perde iacea , chiara foave;


e P erba ,
Eon le palme e coi piè frefea , e
-,
fuperfe ;
E fio»
.

P A K T F.. «#
^fiorir co begli occhi.le campagne i
1 8?
Ed acquetar i venti , e le temperie
Con voci ancor non prette
Di lingua che dal latte u feompagne ;

Chi?ro moftrando al mondo tordo , e cieco


fotTe già feco 90
Q ul nto lume del ci^l
.

Pòì"cbs crelcendo in tempo , ed in virtuta:


Giunfe alla terza fua fiorita etate-;
Leggiadria, & è bel tate
Tanta non vide il Sol >. credo , giammai
>

;
onestate; 9?
Gli occhi pien' di letizia ,e d
E '1 parlar di dolcezza , e di falute
Tutte lingue fon mute
A dir di lei quel che tu Ibi neiai.
Schiaro ha'l volto di celefti rai ,
w
voftra vifta in lui 116 può ter
marie; io©'
Che
E da quel fuo bel carcere terreno
Di tal foco hai '1 cor pieno ; _

Ch'altro più dolcemente mai non-arie .

Ma parmi che. fui fubita partita 105-


Tolto ti fia cagion d'amara vita..
Detto quefto , alla fua volubil rota
fila il noftroltame.
Si volle, in ch'ella
Trilla* e certa indovina de'
miei danni s:

Che dopo non malt'anoi


Quella perch'io ho di morir tal fame,
no
Canzon mia , fpenfe Morte acerba, e rea v
nonpoeca.
Che. più bel corpo occider

S4&
, * , . v
, .

SECONDA
SONÉTTO CCLXXXIL

V
^R.' hai fatto I?e[tremo di tua pofl'a
O crudel Morteior'hai'l regno d'Amore
Impoverirò or di bellezza il fiere
;
,

,
i. 1 lume hai
fpento, e chi ufo in poca fo(T
a ,
Or hai i poghata riblrra vita,
efeoffa
P ogni ornamento, edel fovran fuo
Ma la onore :
fama , e'1 valor,
che mai non more
Non e :n tua lorza abbiti igrmde Via : »
:
l

Chel altroha'lCieio, e di fua


chiamate ,
Quafid.'unp.u Lei So!, s JJlegr
e gloria
E ha l inondo de'buou' Tempre ìirajme mori*
Vinca 1 cor vo:rro in [U3 £a „
t3 vittoria
Ange! novo , lafsà di me pietate
Come vinfe qui '1 m l 0 voitra bel tate

SONETTO TXLXXXIII.
>A "^,erodore,e'l
T
J-w Del dolce Lauro , e fua viltà fiorita
refrigerile l'ombra
,
^urne eripofodimiaftanca
vita,
io! to ha colei che tutto '1
mondo fgombra
Come a noi 'l So! fe fua foròr l'
,
adombra
^osi i aita mia luce a me fparita
^cnegg.oa Morte incontr' a Morte alta
«*si Icjifi penheri A mor m'
;
ingombra
iJormrto hai , bella Donna
, un
Or ic fveghata fra gli f i rt ibreve fonno ; *

p eletti ;
Ov c nel fuo fàrtor l'alma
s'interna
le mie rime alcnaa cofa
ponno-
:

Lpniecrata fra i nobili intelletti


13 dci tuo nome
qui memoria ecerna.

SO-
. . .

PARTE- *3.

SONETTO GCLXXXIV.

L'Ultimo , de' miei giorni allegri ;


laflo,

Che pochi ho vifto in quefto viver breve;


Giunt' era ; e fatto '1 cor tepida neve »
Forfè prefago de dì tritìi , e negri
3
-
.

Qua? ha già i nervi , e i poi fi, e i peniier egri,


Cui domenica febbre afiahr deve ;
Tal mi feccia , non fapend 10 cjie leve
VenifTe '1 fin de' miei ben non integri . _

e telici
CU occhi belli ora in Cie.I chiarì ,
lume onde falute , e vita piove,, ,
Del
i miei qui
Ufciando mi feri , emendici
nove ;
Dicean lor con faville onefte , e
Rimanetevi in pace , 0 cari amici
:

nò ma nvcdrerme altrove
Qui mai più ,

SONETTO CCLXXXV.
momento,
O O
Giorno, o
O
ora, o ultimo
delle congiurate a 'impoveritine
rido fguardo, or che volei
tudirme,
^

Partend'io, per non efler mai contento


f
niente
Or conofco i miei danni: or mi
:

Ch' i'crede va( ahi credenze vane,e norme)


Perder parte , non tutto , al dipartirme ;
Quante iperanze fe ne porta il vento
Cielo,
Che già ^1 contrario era ordinatojn
Spegner Palmo mio lume, ona' io vivea j
E fcritto era in tua dolce arrota viltà .

JVIa'nnanzi agli occhi m' era porto


un velo .>
Che mi fea non veder quel eh 1 vedea ;
'

Per far mia vita fubito pia trilta

sa-
';

*34 SECONDA
S ON E T. T 0 CCLXXXV7.

dl me uei cf] e tu
ri,» ™ a * '
puoi
• <J :

w n raì vedrai d apo?


C'I^tT"
C harai «puaci*ì{ piè
muffo a 'J
'

mover
Intelletto veloce piS tarda
che
Pigro m
antiveder i dotar tuoi,
Come non vedefiu negli
occhi W

J voftro per
1
«*,Ynol che'nveccfei

CANZONE XL V.
S 0An*J aUa ^
f nraua
Uàr
°
>
di
e cercar terre, e
«A
mari
vita
Non
hi^l mio voler •

ma mia
, fteUa ieeu™do
J :
° £ vide a ™ri
Di Le Iri '
Tr » ?
3,20 l man °; e l'arme rendo
A i
empia, e f
violenta mia Fortuna
Che privo m'ha di sì dofce
Sol fperSTzV
iefanZa
nrenwna m' ava„ za •
'

SQ
20

• Si?? alma vien men
wnae 1
I\«"^ f r /i
frale , edisiunV
°

Come a corrier tra via


fe '1
Conven per forZa rallentarcibo
i I córfo
* Sa
Scemando la virtù che'] '

Così mancando
fea o ir
alla ma


ì via
Quel:
.

? A R T E.
Quel caro nutrimento m che di
morto
'

mio cor metto *


Die chi'l mondo fa nudo, e'1
moiette
U dolce acerbo, eì bel piacer 10
Mi fi fa d* ora in ora onde *1 cammino:

Si breve non fornir


fpero , e paventa
Nebbia , o polvere' al vento .
pellegrino
Fuggo per più non effer
.

dettino .
E così vada ; s' è pur mio
M a quella mortai vita a
r
me non piacque 4ff
con cui fpefio ne parlo)
( Saffel Amor,
Se non per lei ; eoe fu'l foo
lume , t i mio .
Ciei rinacque
Poi che*» terra morendo, al

or.d* io vitti ; a legatario,


Quello fpirto
mio fommo defio 30
feci» fotte , e'1
perch 10
Ma da dolermi ho ben fempre,
mio i ato ;
Fui mal' accorto a provveder
- Ch A raor
J mottrommì lotto quel bel cigli»
Per darmi altro configlio :

35>
Che tal morì già trillo, e fconitìlato
beato.
Cui poco innanzi era '1 morir
»1 mio core ,
Negli occhi ov* abitar iolea
ebbe
Fin che mìa dura forteinvidran
,
^
in bando,
Che di sì ricco albergo il pofe
^ mo [^°
Di fua ma propria aveadefentto avverrebbe
lettre di pietà quel ch'
Con
lungo ir dettando
Tutto del mio sì
quando
Bello e dolce morire era allor
,
miieme ,
Moreud' io , noti moria mia vita
Auziviva di me l'ottima parte .4* .

Or mie fperanze fpsrte * Mrnn


preme „
_ .

Ha Morte e poca terra il mio ben


;

non creme .
mai noi penlo eh'
E vivo , e 1

intelletto
Se flato lotte il mio poco
vaghezza 50
Meco 3 bifogno ; e non altra
volto ;
L' aveffedefviando altrove
fronte a Madonna avrei
ben letto,
Nella
* * C O N D

" ^ueita fio;ol a


p
Potea
, e grave carne
6
innanzi lei andarne
J

OrI>f' dr Sr ar f" a fedia in


- Cielo :

CANZÓNE XL Vi,

Ma di meoar
E i giorni ofcuri
tutta
e
mia
u vita
rf„„L£
n bSn
pial ,to J

H
-
.
J miei era vi "«Si iole notti, io
r-i "j/y ' lo non vanno in rime-

a
c
L
C0, lct0
,
"0 "
.
mio amorofo ftile.'

veg§l3iar mi iacea tutte le notti

-
PARTE. »J7
Or m* è '1 pianger amaro più che morte »
Non fperando mai 'I guardo onefto- e lieto t
Alto {oggetto alle mie bafle r i me t

Chiaro fe?noAmoTJofe alle mie rime j»$


Dctroa'begli occhi :ed or l'ha pollo in piato
Con dolor rimembrando il tempo lieto :

Ond' io vo col peniier cangiando «ile >


E ri pregando te, pallida Morte*
Che mi ìottragghi a si penofe notti 30 . _

Fuggito è '1 fonno alle mie crude notti >


JL'ifuonoufatoalle mie roche rime:
Che non fanno trattar altroché morte:
Così è '1 mio cantar converto in pianto*
Non ha '1 regno d* Amor si vario ftile ; 3S
Ch' è tanto or trillo , quanto mai fu lieto .
Neflun vide giammai più di me lieto :
_

Neft'un vive più tritìo e giorni , e notti ;

E doppiando dolor, doppia lo Itile,


'1

Che trae del cor si lagrimofe rime • 40


Villi di t'peme or vivo pur di pianto
:

Nè contra Morte fpero altro che Morte.


Morte m'ha morto ; e foia può far Morta
Ch'intorni a riveder quel vifo lieto
Che piacer mi ficea i fofpiri,e'l pianto , 4S
L* aura dolce , e la pioggia alle mie notti ;
Quando i pen fieri eletti t effe a in rime»
Amor* alzando il mio debile ftile.
Or' avefs'io uti sìpietofo ftife,
Ch*; Laura mìa potè (Te torre a Morte ; j»
Com* Euridice Orfeo fua fenza rime ;
Ch'i' viverci- ancor piti che mai lieto .
S'effer non può; qualcuna d* efte notti
Chiuda ornai quelle due fonti di pianto •
» Amor* , i' ho molti e molt' anni pianto 53
Mio grave danno in dolo tv fo ftile J
Nè da te fpero mai mcn fere notti :
E però
, ,.

*,8
E
SECONDA
però mi fon moffo a pregar Morte,
Che mi tolla di qui, per farmi lieto;
Ov è colei ch'i' canto,e piango in rime, fi»
Sesi alto poti gir mie ftaliche rime
.

,
Ch aggiungati lei ch'è fuor d'ira s e di piato
E fa'! Ciel' ordi fue bellezze lieto
;
Ben rkonofcerà'i mutato itile;
Che già forfè le piacque anzi che Morte 5e
Chiaro a lei giorno, a me fé/Tea ere notti
O voi cheiofpirace a miglior notti;
Ch 5 afcoltated* Amore , odite in rime:
Pregate non mi fia più /orda Morte',
Porto delie mifèrie, e fin del pian to
70 :

Muti :»na volta qu$l fuo, antico itile ,

_ Ch oguuam' attristarne può tarsi lieto.


Parami può lieto in una, o'n poche notti:
E'n afpro itile, e*n angofeiofe rime
Prego che'l pianto mio fiuifea Morte .
75

SONETTO CCLXXXVII. .

ITe rime dolenti al duro fallo


, ,

Che'1 mio caro teforo


in terra afeonde :
Ivi chiamate chidiICiel rifponde;
Benché mortai fi.) in L>co ofeuro, e baflo.
'1.

DitelechVfongiàdi viver laflo


Del navigar per quefte orribil'onde;
Ma ricogliendo le fue fparte fronde
Dietro le vo pur così pa iTo palio»
Sol di lei ragionando viva, e morta,
A.nzi pur viva, ed or fatta immortale;
Acciò che 'i m.>ndo la conofea, edame.
Piacciale a! mio pattar' effer accorta
»
Ch'è predo omai:ftami all'incontro^ quale
Etla è nei Cielo , a sè mi tiri , e chiame

SO-
• .

F A R, T S. 53»

SONETTO CCLXXXVI1I.

Onesto amor può meritar mercede


1

Q
OE ancor può quantM
fe pietà e la fuol
>

Mercede avrò che più chiara che 'ISole *


:

A Madonna , ed al mondo è la mia fede .


Già di me paventofa , or fa noi crede i >

Che nuello fteflo ch'or per mefi vole »


Sempre fi volle; e s' ella udìa parole ,

O vedea '1 volto or l' animo ,e'l cor vede:


,

Oncf i'fpero che'ntin' al Ciel fi doglia


De' miei tanti fofpiri e così moftra :

Tormtndo a me sì piena di pietate :

E fpero eh' al por giù di quella fpoglia


Venga per me con quella gente noftra
Vera amica di CRISTO , e d' ondiate

SONETTO CCLXXXIX.
fra mille donne una. già tale \
VIdi »

Ch' amorofa paura il cor m' aflalfe


Mirandola in immagini non falle
A gli fpirti celefti in villa eguale.
Niente in lei terreno era , o mortale-.
Siccome a cui del Ciel non d'altro calfe .

L'alma eh* arfe per lei sìfpelTo, ed alfe,


Vaga d' ir feco aperfe ambedue 1* ale 5

Ma tropp'eraaltaal miopefo terrene; _

E poco poi m'ufcì'n tutto di viila*.

DÌ che pefande acor m'aggh<accio,e torpo


0 belle, ed alte, e lucide Eneftre,
Onde colei che moka gente attrifta , (
x Trovò la via d'entrare in sì bel corpo-

so-
.

140 S E C O N D A
SONETTO CCXG.
CORNAMI a mente, anzi v'è dentro.quelU

Qual io la vidi in fu l'età fiorita


Tutta accefa de' raggi di fua
AeMa .
ai nei mio primo occorfo onefta e , bella
Veggiota in sè raccolta
, e sì romita;
Cfi i grido E
bea defìà; ancor'ó in vidi
; l'è
u don le ch -ggio fua dolce
favella .
lalor rifpoide, e talora
fa motto:
7 jcom uom ch'erbe poi più dritto efrirm;
Dico alla mente mia fe'ngannata; Tu :

ti* 5?r «
m lì
ìs trecento
quarantotto
Il di
fello d» Aprile , in I»
0 r 3 prima
Del corpo ufclo quell'anima beata.

SONETTO CCXCI
QUesto noftro caduco
, efragil bene,'
Cn è vento,ed obra,ed ha nome Bel tate:
Non fa giammai , fé non in quella etate
,
rutto in un corpo e ciò fu per mie
; pene .
Che Natura non vo! , nè convene, fi

Per far ricco un, por gli altri in povertà


te:
Or versò in una ogni fua largiate:
Perdonimi qua! 1 è bella, o fi tene.
Non tu fimi! bellezza antica, o nova.
Nè farà , credo ma fu sì coverta ,
:

_ Cn h appena fe "'accorfe il mondo errante .


Tolto difparve j onde '1 cangiar mi
giova
La poca villa a me dal Cielo offerta
,
Sol per piacer alle fue luci
fante

SO.
. ,

PARTE» Hi
SONETTO CCXCII.

O O
Tempo » del
Inganni
,

i
volubil , che fuggendo
ciechi » e miferi mortali ;
di veloci più che vento, e Arali,
Or'abefperto vofìre frodi intendo:
Ma leu fo voi , e me Ite ilo riprendo :

Che Natura a volar v* aperfe 1' air,


A me diede occhi : ed io pur ne'miei mali
Li tenni i onde vergogna , e dolor prendo *
E irebbe ora , ed è paflata ornai *
"

Da rivoltarli in più ficura parte ,


E potier fine a gì' infiniti guai
Nè dal tuo giogo , Amor» l'alma fi parte»
Ma dal fuomal; con che ftudio, tu'i fai*
Non a cafo è virtute , anzi è beli' arte •


SONETTO CCXCIH.

QUel che d'odore, e di color vincea


L'odorifero, e ludcto Oriente
Fr jttijfìori, erbe» e frondi; onde'l Ponente
D' ogni rara eccellenza il pregio avea ,
Dolce mio Lauro» ov' abitar folea
Ogni bellezza, ogni virtute ardente»
Vedeva alla fua ombra oneftamente
Il mio Signor federfi , e la mia Dea .
Ancor* io il nido di pen fieri eletti
Poli in quell'alma pianta;e'n foco,e*a£Ìelà
Tremando » ardendo affai felice fui '.

Pieno era '1 mondo de' fuo' onor perfetti


Allor che Dio per adornarne il Cielo»
» La fi ritolfe; e cofa era da lui.

Rh»« P.(tr*r(4 , L SO-


. , ,

341 SECONDA
SONETTO CCXCIV.
Lasciato haijMorte, fenza Sole il mondo
Ofcuro,e freddo; Amor cieco,ed inerme;
Leggiadria ignuda ; le bellezze inferme ;
Me fconfolato, ed a me grave pondo;
Corteiia in bando» ed oneriate in fondo:
Dogliom* io fol > riè fol' ho dadolcrme :

Che {velt'hai di virtute il chiaro germe >


Spento i! primo valor qual fi a il fecondo ?
:

Pianger l' aer', e la terra , 'e'1 mar devrebbc :

L'amiti legnaggio ; che Cent' ella é quali


Senza fior prato, o lenza gemma anello *
Non la conobbe il mondo mentre 1* ebbe : I
Conobbil' io , eh* a pianger qui rimali ;
E *i Ciel j che del mio pianto or fi fa bello.
SONETTO CCXCV-
CONOBBTjquanto il ciel gli occhi m'aperfe,
Quanto ltudio,ed Amor m'alzaron l'ali >
Cofe nove , e leggiadre , ma mortali ;

Che'n un foggetto ogni ftelia cofperfe


L'altre tante sì Arane, esì diverfè
Forme altere, celefif » ed immortali»
Perchè non furo all' intelletto eguali
La mia debile 1
vifla non fofferfe •

Ondequant io di lei parlai, nè fcrilTì;


Ch'or per iodi anzi a Dio preghi mi rende ;
Fu breve ftilia d'infiniti abiffi :

Che flile oltra l'ingegno non fi Mende ;


E per aver uom gli occhi nel Sol ili fi

Tanto fi vede men, quanto piùlplende-

SO-
. .,

"PARTE. Mi
SONETTO CCXCVr.

DOlce mio, caro , e preziofo pegno ;


Che Natura mi toltele'! Ciel mi guarda;
Deh come è tua pietà ver me sì tarda»
O ufato dimia vita foftegno ?
Già Tuo' tu faril mio tonno alme» degno

Della ma vifta, ed or foften' ch'i' arda


Senz' alcun refrigerio: e chi '1 ritarda?
Pur lafsù non alberga ira» ne fdegno:
Onde qunggiufo un ben piecofo core
Talor fi pafce degli altrui commenti,
Sì , eh' egli è vinto nel Tuo regno Amore
Tu che dentro mi vedi > e'I mio mal lenti >
E fola puoi finir tanto dolore ;

Con la tua ombra acqueta i miei lamenti

SONETTO CGXCVI'I.

DEhA quii pietà, qual' Angel fu sì prefto


portar fopra'l Cieloil mio cordoglio?
Ch' ancor fento tornar, pur come foglio »

Moderna in quel fu atto dolce onefto


i

Ad acquetar il cor -mi fero , e mclto,


Piena si d'umiltà, vota a" orgoglio >
E 'n fornirla tal, eh' a Morte i* mi ritoglie
E vivo, e1 ! viver 1
più nonni' è moìefto-
Be;;ta fe , che può beare altrui
Con la tua vifta, ovver con ìe parcle
Intellette da noi foli ambedui.
Fedel mio caro, affai di te mi dole
Ma pur per noftro ben dura ti fui »
Dice; ecos'aìtre d' arredar il Sole.

Li SO-
.. .

&<4 SECONDA
SONETTO CCXCVIII*

DElLagrime, cibo onde'ISignor mio lepre abbondai


e doglia) il cor laflb nudrifco;
E fpefso tremo , e fpeflo impallidisco

Peniandoalla (uà piaga alpra j e profonda-.


Ma chi né prima, Gmil , riè feconda

Ebbe ai fuo tépo;al letto in ch'io languifcw


Vien tal , eh' appena a rimirar 1* ardifeo ;
E pietofa s'affide in fui la fponda .
Con
quella man che tanto de Gai >
M'afciuga gli occh3,t col fuo dir m'apporta
Dolcezza eh' uom mortai non {enti mai
Che vai, dice) afaver, chi fi {conforta ?
Non pianger più;non m'hai tu pianto affai?
Ch' or folli vivo > coro* io non fon morta

SONETTO CCXCIX.

Ripensando a quel ch'oggi il Cieì'onora >


Soave fguardo ; al chinar l' aurea ceda;
AI volto ; a quella angelica modella
Voce che m' addolciva ed or m' accora
, ;

Gr.in maraviglia ho coro* io viva ancora:


Né vivrei già, fe chi tra bella , e onefìa,
Qual fu più 3 lafciò indubbio non si pretta -,

Forte al mio fcampo là verfo 1' aurora.


O che dolci accoglienze, ecafte, epiel
E
come intentamente afcolta 5 e nota
La lunga iftoria delle pene miei
:
Poi che 1 dichiaro par che la percota ,
.
Tornafi al Ciel ; che fa tutte le vìe ;
Umida gli occhi , e i' una e l'altra gota

SO-
,. ,,
..

PARTE. *4s

SONETTO CCC.
Amore;
FUNo forfe un tempo dolce cofa
perch'io fappia il qaadojor'è sì amara,
s
Che nulla più Ben fa'l ver chi l impara >
.

Com'ho fatt' io con mio grave dolore .

Quellache fu del fecol noftro onore ,


Or* è del Ciel,che tutto orna, e riferii ara ;
Fè mia requie a'fuoi giorni e breve,e rara :
.Or m'ha d'ogni ripoio tratto fore.
Ogni mio ben crudel Morte m'ha tolto :
Nè grau profpericà \Ì mio ftato avveri»
Può confoisr dì quel bel fpirto fciolto ,
Pianli , e cantai non fo più mutar verfo ;
:

Ma dì , e notte il duol nell'alma accolto ,


Per la lingua, e per gli occhi sfogo,e verta

SONETTO CCCI.

SPinse amor' e dolor' ove ir non debbe


, ,

Lamia lingua avviata a lamentarli ,

A dir di lei per eh' io cantai , ed arii


Quel che fé ioffever, torto farebbe.
Ch'affai '1 mio flato rio quetar devrebbe
Quella beata, e'1 cor racconfo^arfi
Vedendo tanto lei domefticarii
Con colui che vivendo i u cor iempr'ebbe
E ben m'acqueto, eineiìeOo confoloj
Nè vorrei rivederla in quefto ^inferno ;
Anzi voglio morire, e viver folo
Che più bella che mai , con l'occhio intenso
Con gli Angeli In veggio alzata a volo
A' pie del fuo , e mio Signore eterno ,

L 3 SO-
44& S E C O N D A
SONETTO CCCII.
/^L Li Angeli eletti , e l'anime beate
Cittadine del Cielo, il primo giorna
Che Maddonna pafsò, le fur* incorno
iet| e di maraviglia, e di
^ pietate.
Ghe luce è: quella , equa! nova heltate ?
Dicean tra lor , perch' abito sì adorno
Dal mondo errante a quefl' alto Soggiorno
Non faii mai in tutta. quella etate.
Illa contenta aver cangiato; albergo
Si paragona pur coi piti
perfetti ;
r Parte ad or* ad or fi volge a terso ,
Mirando s' io la feguo; e par ch' afpetti :

Vai' io voglie ,e penfier tutti al Ciei'ergot


l ejrch io odo pregar pur
1 , ch'i' mi affretti,,

S-ONET T 0 CCCriI.

TV**? * 1
' cte liet a «i principiò nortro
1 cometua vita alma richiede!.
A ir?
Alma la alta,,e gloriofa fede ,
E d' al tro ornata, che di perle , o d* olirò
O deJle donne altero , e raro moftro ,.
;

e voltodiJui che. tutto vede»


?/j?
Vedi
,\
Itnt o amore, e quella pura fede
Per eh io tante verfai lag rime ,e'ncbioflra;:
che ver te il mio core in terra ;

i al in quarora è in Cielo
; e mal non volti
Altro da tecbe.'l So! degli occhi
tuoi ..
Dunque per ammendar la. lunga guerra
Per cut dal mondo a te fola mi volfi ; '
Prega eh i venga cofto a ftar eoa voi .
,.

P A R. T E . ur
SONETTO CCCIV.

D A* più begli e dal più chiaro vifo


ocelli ,

- Che mai fplendeffeje da'più bei capelli,

Che fàcean F oro , e'I Sol parer men belli i


Dal più dolce parlar , e dolce nlo i
5

DaHe man, dalle braccia che conquita


Senza moverff avrian quai pili «belli
Fur d> Amor mai 5 da'' pi'ì bel piedi inelli
Dalla perfona fatta in paradilor
vita i miei {piriti ; or n ha
diletto
Prendean
Il Re celefte, l luoi alati corrieri :

Ed io fon qui rsroafó ignudo> e


cieco»
Sol' un conforto alle mie pene afpetto; _
GV ella , che vede tutti ì miei pedi eri ».

M'impetre grazia eh' i' polla eHer leco .

SONETTO CCCV„.

Mi par d' or* in ora udire Hmeffo


E' Che Madofia miimnde a sè chiamando;
Cosi dentro , e di fuor mi vo. cangiando ;
E fono in non molt*'anm sì dimeno»
Ch' appena rkonqfco ornai me
ftello :

Tutto t viver ufato ho me*lo


5 bando : m
Sarei contento di fapere il quando ;
preno
Ma pur devrebbe il tempo elier da
O felice quel dì che del terreno
lparta.
Carcere ufeodo, lafci rotta, e
Quefta mia grave, e frale , e
mortai gonna ,

E da sì folte tenebre mi parta


Volando tanto fu nel bel lereno ,
Donna.
Ch'i^veggia il mio Signere,e lamia

L 4V SO--
443 SECONDA
SONETTO CCCVt
L'Aura mì% facra al mìo fianco ripofo-
t
Spira sì fpeffb
ch'i' prendo ardimento
;

Di dirle il mal ch'i' ho fentito e fento. ,

Che vivend' ella, non farei flato ofo» ;


lo ricomincio da quel guardo amorofo
Che fu principio a sì lungo tormento
I 01 feguo , come mifero , e contento
D] dì in dì -d'ora in ora Amor
, m'ha rofo»
Cace ' pi'atà dipinta
e?/-
Fi io mi ra porrne;' pa rte fofpt
ta ,
E di lagrime onefte 11 vifc adorna;
Onde anima mia dal dolor vinta
I
,
Mentre piangendo alior fece s' adira *
Sciolta dal fonno asèfteffa ritorna.

SONETTO CCCVH.
^TVGni giorno mi par più; di miti' anni
X-f Ch iegua lamiafiaa, e cara duce,
i

C.he mi condufle al mondo , or mi conduce


Per miglior vi a a vita fenza affanni:
E non mi poffbn ritener gl'inganni
Del mondo ch'il conolco e "tanta
;
luce :

Dentr'al mio core infin al Cie! traluce,


Ch i ncomincio
a contar il tempo,e i danni
rv.è nunaccie temer debbo di Morte,
Che'J Re fofferfe con più grave
pena »
Fertarmeafeguitar coftaate , e forte *

Ed or novellamente in ogni vena


Intrudi lei che m'era data in forte:
te non turbò la tua fronte ferena
.

SO-
,.

p A K T E'. U9
SONETTO CCCVIII.
dolce amaro Tifo
NOnMapuò Mortedolce
far
può
'! dolce vifo
il
Morte far
;

fcorte ?
Che bifogna a morir ben' altre
Quella mi fcorge ond ogni
ben imparo.
non iu avaro,
E quei chedelfuo iangue
porte
Che col pie ruppe le tartaree ,
_

Cof fuo morir par che mi «contorte,


Dauciue vien,Morte; il e
tao venir m caro.
tempo ornai :
E" non tardar ; eh' egli è ben punto-
E fc non foffe , e'fu '1 tempo in quel
Che Madonna pafsò di quelta vita.
£>» allor' innanzi un dì non vifli mai :

1 fon giunto i
Seco fu in via , e feco al fin
E mia giornata ho co* iuoi pie fornita
CANZONE X LV II.
,Uando il foave mio fido conforto
J. Perdarripofo alla mia vita stanca,
manca
Pon del letto in fu la fponda
fi

Con quel fuo dolce ragionare accorto ;


fmorto 5"
Tuttodì pietà , e1 di paura
alma <
Dico ; Onde vien tu ora , o felice
Un ramufcel di palma.
Ed un di lauro trae del fuo bel leno ;
E dice , D.J fere no parti- io
.

Ciel' Empireo e di quelle fante


Mi mofli ; e ven^o fot per confolattt • .

ringrazio
fa atto, ed in parole la
Umiiemente; epwdornendo; Qr dotice
tntt onue
Sai tu'i mio Usto? ed ella -Le ,

i*
Del pianto di efee mai tu uoti le f azio ,
- Con inaura de'- fofpir , per tanto ipazm
L s"
1
- ,,.. . j,

*59' S E C O N D A'
Paflano al Cielo e turban
Sj forte
,, la mia pace*
^'
ti difpiace-
Che. di. quefta miferia fia
partita
£ giunta a miglior vita ; 20l

guanto in lembiant^e nel tuo dir meftnth'.


KMpondo ; Io non-piangoalt^o che
me fieffo;
Chelon.nmafoin tenebre, e 'rf martire
,
Certo fempre del tuo al Ciel Talire
,
^omeoi colaxb'uom vede.xla.preno,
Come -Dio , e Natura avrebben meno
*" " n co * giovenil tanta vinute
j
Se. I eterna fa Iure-
Non fcfle- defljnata. al
fuo ben fare ? 30 -

t) dei! anime- rare,.


Ch' altamente, vive/li qui fra
noi,,
fc chs f ubico al
Ciel volafti.joi.
Ma io che debbo altroché
pianger fempre-
tTO
F£} SA
0i ? ctie enza te fo
r
tù. or fols io fpento
- *
; j
al latte, ed-alla culla J
" nulla

Per non provar dell' amorofe


tempre .
eSS
f
'
A che PV piangi , e ti diftempre?
Uiiant era meglio, alzar da
terra l'ali:
fc le coie mortali-,..
E 40
quelle dolci tue fallaci ciance
Xijbrar con giuda lance
E Jeguir me , s' è ver che tanto m' ami ;
Cogliendo ornai qualcun di quelli
rami!
I volga ..dimandar ;.
rifpond'io allora is -

Che vogiion importar quelle due froudi


?
fcd ella Tu. medéfmo ti, rifpondi , :

fu ». la cui penna, tanto. T una, onora


Palma è vittoria; ed io giovane ancora
Vinli mondo, e.meftefla:
J
il lauro fegna 5^
l nonio ond' io fon degna
W
; " •

Mercè di l Signor che mi diè forza


Or.
y , , .

8? a e; t E". tsv
(SSrtìii s'altri ti
sforza,
A lui ti volgi , a lui chiedi loccorio ,

Si .
al fine del tuo corto .
che fìarofeco 51
nodo
SonquefH i capei biondi-, e l' aureo
occhi
Dico io,ch'acor mi ftrfgeys quei begli
Che tur mio Sol?Non errar con U (ciocchi »
modo.
Nè parlar,- dice, o creder a Ior 60
Spirito ignudo fono, c'n
Ciel mi godo :

molt anni
Quel che tu cerchi , è terra già
Ma per trarci d'affanni,
M* è dato 3 parer tale; ed ancor quella
Sarò pici che mai bella
A te più cara si felvaggia, e pia» «5
Salvando inlìeme tua faiute, ernia.
V piango ; ed ella il volto
Con ieiue man m'afciuga 1 e poi loipira
Dolcemente, e s'adira
parole che i fatti romper ponno 7»
Con :

dopo quello fi parte ella , e


'1 tonno .
E
C ANZON E' XLVIIL-
1

/niUELL^antiquo mio dolce empio Signore


V4. Fatto citar dinanzi alia Reina
Che la parte divina: ,.

Tien di noftra natura , e *n


cima lede
Ivi com'oro, che ne! foroathna,
,
J
-

Mi rapprdento carco di dolore,


Di paura v e d'orrore ; ...... ,

ragion chiede.
Ouafi uora che teme morte,e
E'ncomincio: Madonna .il
,
manco piede

Giovinetto pos'io nei coftui regno :

Ond' altro ch'ira e Ideano^


mai; e tanti, e si diverti
Non ebbi
Tormenti ivi fofferfi y .

Ch'ai fine vinta fu quel* ìnhnita


STi SECONDA
Mia pazienza 3 e *n odio ebbi la vita 15 .-
'

Cosj'1 mio tempo iofia qui trapalato


E'ia fiamraa,e-'n pene; e Quante utili oneftg
Vie fprezzai j. quante fette >
Per feguir q netto kifioghier, crudele >'

E quatf ingegno -àa si parole prette , ro>


Che ftringer polla '1 mio infelice ftato i
E le mie d* etto ingrato
Tante, e sì gravi, e si giuSe querele?
O poco rasi) molto aloè- con fele .'

In quanto amaro ha la mia vita- avvezza 2?


Con fua falla dolcezza*;
La quel m' attraile- all' amorofa fchierai'
Che ) s' i' non m 1
inganno , era
Difpofto a foi-levarmi alto da terra :

E' mi tolfedi pace , erpofe in guerra . 30


Quitti m'ha fatto men' amare Dio
Ch? irraoii devea 1 e men curar me ììeflo :

Per una I3onna ho meffo


Egualmente in non cale ogni penfiero>:
Di ciò m' è- flato configliep folletto 35-.

Sempre aguzzando il giovenil defio


All'empia cote-, ond' io
Sperai ripofo- al Ino giogo afpra , e fero-.
Mifero , a che quel chiaro ingegno altero I
E 1* altre doti a ine date- dal Ciclo ? 40
Che: vo cangiando 'i pelo ,
Nè cangiar poflb 1' ottinata voglia £
Così in tutto mi fpoglia
Di libertà quefto crude! eh' i' accufo j
Ch'amaro viver m'ha volto in dolce ufo. 4$
Cercar ni' ha fatto deferti paefi-;
Fiere , e ladri rapaci ifpidi dumi
;

Dure' genti , c coltami ,


Edognierror eh' e pellegrini intrica ;
Montij.vallijpaludij.e mar i, e 6 unii ;: sa
Mi ile-
PARTE. n?
Mille lacciuoli in ogni parte teli;
E 1 verno in Urani meli
Con perical prefente e con fatica. ,

Nècoftui, Rè quell'altra mia nemica


Ch' i' fuggiaj mi lafciavan fol' un punto: 5?
Onde s' i' non fon giunto
Anzi tempi da morte acerba», e darà j
Pietà celefte ha cara.
Di mia folate , non quefto tiranno;
Che del mio cuoi fi pafce,edelmiodafio.6®
Poi che fuofuij non ebbi ora tranquilla )
Nè fpero aver ; e le mie notti LI fanno
Sbandirò , e più- non- parano^ ^
_

Per erbe, o perticanti a sè ritrarrò .

Per inganni , e per forza è fattodonnO 63? i

Sovra miei fpjrti ,\ e non fonò, poiTquilla 31


Ov'io" fia in qualche villa ,
Ch'i.' non ladini ei fa -che-M vero parlo
:
r

Che legno vecchio mai non rofe tarlo >


Come quefli'l mia cere, in che s'annida, 7.0

E di- morte lo sfida •


( .

Quinci nafcon le lagrime , e 1 martiri.,.

Le parole- , e i foipirl .

Di eh io mi vo (lineando y e ione altrui :

Giudica tu che me conofei , e lui


-, ?5 .

XI mio avvarfario con agre rampogne


Comincia: O Donna, intendi l'altra parte J
Che'l vero onde fi parte
Qae£l' ingrato , dirà fenza duetto.
Qucfti in fui prima età fu dato ali' arte
Se
Da vender paillette > anzi menzogne :

Nè par che fi vergogne


Tolto da quella noja al mio diletto
Lamentarli di me ; che puro , e netto
Coatra'1 defioche fpeffo il fao mal vole. .S;

hv.i tenni.;. o«d'o.r ficVolSj,


i , ,

sy4
Iti
SECONDA
dolce virai ch'ei miferia chiama?
Salito in qualcKe fama'
Solo per me, che *I fuo intelletto alzai
Ov'alzato per sè non fora mai . go-
Ei.fa che 'I grande Atride r e l'alto Achilie
Ed Annibàh al terreir v offro amaro, 5

E dr tutti if più chiaro'


Un'altro edi virtute, e. di fortuna;
Cam* a ciafcun le fue ftelleordinaro ; 9f
JLafcia leader in viF'amor d'ancille:
Ed a coirai di mille:
Donne elette eccellenti n' elefii una •

Qua! no:i fi vedrà mai fòtto la luna,


Benché Lucrezia. ritornarle a Roma ; ico> .

E sì dolce idioma 1

He' diedi , ed' un cantar tanto' foave


Che penfier bario , o grave
Non potè mai durar dinanzi a lei .
Quelli fur con^coituì gl'inganni miei 105- .

Quello fu il tei , queftì- gli fdegni , e l' ire


Più dolci affai che di nuli 1 altra il tutto -
Di buon feme mal frutto
Mieta e tal merito ha chi 'ngrato ferve'.
Sì V avea- fotto Pali miecondiitto 11O'
,

Ch'a donne', e-e&valier piacea 'l fuo dire :

E: si alto fa lire'.
Hfeci, che tra' caldi ingegni' ferve"
IITuo/nome , ede'fuoi detti conferve
Sifanno con: diletto in alcun loco 115 :

Ch/'or farla forfè un roco


Mormorador di corti , un' uom del vulgo :

I' 1' efalto ,. e divulgo


Perquel eh' egli 'rnparònella mia fcola »
E da colei che fu nel mondo foia • 120
E per dk'all' eftremo il gran fervigìo
;
Da mili'atti inonefH l'ho ritratto:
Che
P A T K EV *'sr
Che mai per alcun patto
A piacer non potèo cola viJe ;
lui
Giovane lenivo , e vergognofoin atto , US-
Ed in penficr , poi che-fatt' era uomligio-
Di lei. eh' alto veftigio^
L'impreffealcore , e fecel koiimiie.
Quantohadel pellegrino, e de! gentile v
Daleitene,edame,cicuiubiafina . 130
Mai notturno fantafma
D' error non fu sì pien , corri' ei ver noi :

Ch'è in grazia da poi


Che ne conobbe, a Dio, ed gente: al -a

Di ciò il fuperbo fi lamenta , e pente nS .

Ancor' (e quello è quel che tuttoavanza)


5
Da volar fopra 1 Ciel gli avea dàt? ali
Pèr le cofe mortali,.
Che fon fcala al Fattor , chi ben l' eftirna :

Che mirando ei quante, e quali \ 4«


ben tifo,
;

Eran. «àcati fua fperanza ,


itv quella.
D?una in altra fembianza^
Pótea levarfi all' alta cagion prima
:

Ed ei l'ha detto alcuna volta in rima-


Or m'ha poftó in obblio co quella Dofia 145
Gh' i' li d-ie' per colonna
Della fua frale vita A queito un
.
irrido

Lagrimofo alzo; e grido: #

Ben me la diè ma torto lantoHe.


,

Rifponde, Io nò, ma chi per sé la volle, rjc


giufto_ieggio ;
A]; fin' ambo converti al
e crude
Ib con tremanti; ei con voci alte ;
:

Ciafcun per sè conchmdev


Dònna, tua fentenza attendo
Nòbile
Elia allór forridénde _

queftiom udite i55


Piacemi aver
:
voft're ;

Ma. più tempo bifogna a tanta lite...

S.O>
SECONDA
SONETTO CCCUC.

D E
Ice mi fperTo il mio
L' animo ftanco i c la cangiata fcorza
la Cremata mia deprezza , e forza :
fidato fpeglio r

Non ti nafconder più- tufi? pur veglio.:

Obbedir a Natura in tutto è il meglio:


Ch a contender con lei il tempo ne sforza
Subito al (or com-' acqua il fioco ammorza
D'un lungo, e grave fon no mirifvegl'io
E veggio ben, che '1 noftro viver vola y
Ech'efiernon fi può più d'una volta;
E'n mezzo '1 cor mi fona una parola
Di lei eh' è or dai ilio bel nodo fciójta j
Ma ne'fuoi giorni al mondo fu sì -fola
Ch-' a tutte , s' i' non erro , fama ha- tolta

SONETTO CGÒ£.

VOlo- con Tali de' penfieri alCielo'


Slfpefle volte, che qjuafi un di loro !

Encr mi par c' hann' ivi il fuo teforo ,.

Lafciando in terra lo fqua-fciaCo velo'.


Talor mi trema '1 cor d' un dolce gelo-
Udendo lei per ch'io roi discoloro,
Dirmi ; Amico , or t'am'io
ed or t'onoro ,
1

Pere hai coftumi


'
variati-
'I pelo , e .

Menami al fuo Signor': ailor


m-' inchina
Pregando umilemente , che confenta
Ch' p fli' a veder e l'uno > e l'altro volto *
Riiponde ; Egli è ben fermo iltuodeftino :•
E per tardar ancor vent'anni , o trenta ,
Batxk a te troppo , e non fia però molto--

SO-
P A R T E.. i$t

SONETTO CC CXI-
(mi:
MOrte ha fpétofonquel Sci ch'abbagliar fuol-
occhi interi e laidi
gli :
E'n tenebre
Terra è quella ond'io ebbi e freddi) e caldi:
Fatti fon' i miei lauri or querce , ed
ohm ;
Di eh' io veggio ! mìo ben* ; e parte ducimi
1

Non èchi faccia e.paventofi , e baldi


I miei penfierjnè chi gli agghiaeci,e Icaldi:
Nè chi gli empia di fpeme,e di duo! colmi
Fuor di man di colai che punge , e moIce>
Chegiàfece di me sì lungo ftrazio;
Mi trovo in libertste amara , e dolce:
Ed al Signor eh' i' adoro , e eh' t» ringrazio ;
Che pur col ciglio il Cìel governa , e folce ;
-
Torno dauco di vìver, nonché fazio.

SONETTO CCXII.
TEnnemi Amor' anni ventuno ardendo
di fpemc-J
Cieco nel foco,e nel duo! pien
Poi che Madonna , e'I mio cor feco ìnfieme
Salirò al Ciel , dicci altri anni piangendo .
Ornai fon fianco , e mia vita riprendo ,
Di tanto error; che di vinate il feme
Ha quafi f pento e le mie parti efireme »
:

Alto Dio, a te divotamsnte rendo'


Pentito , e trillo- de' miei sì fpefi anni ;
Che fpender fi deveano in miglior' ufo
In cercar pace, ed in fuggir affanni
Signor ;che *n quello career m'hai rinchiuio ;

Trattimene falvo dagli eterni danni :


Ch' i' conofeo 'i mio fallo , e non lo fettfo .

S G-
.

SONETTO CeCXIII.

P amar «fa mortale


sì™ ?
£r
TU .hf
J ^"V me
r

d
-
VoI °» avend' io
f
l'ale,"
Don baffi efempi
-

a?' ei mnIi in ^gni


Re Ì 5 Cielo
R e del r^V , ed empi
invifibife, im?nott,fe

dj tUa Sra2ia
Sicché a ^mV-
'
M„
Mora
' j*
30 Vl(ìl
in pace
™ Sierra, ed in tempefa
, ed in porto e fe 1» fl« J '
FB :

a , j"v aI
r n fia b PartIta
-
-
Tu fa.* .1'
er tua m a n prefta :
iHlaibe^ch-n-aitruL non ho fpwma .
SONETTO CCCXIV.

D 0
Ke«d^T'-
Leggiadri fdegni ,
ep,aci<Ie

c h e fe
^««e,
mie infiam mite
'
C C hlar ° refuì f«
Co, Fnmm 3 C0 efia
r' r '

r° mmì ondiate-
FWJ? vi^tù;
Fiord! > ?
fontana di beltà» •

W §P%
M COIlforta
bel variar
^miafaìute-; ch'altramente
era
5
^
mi *
J
frale vita
a radice
:

ita..
PAR T F. %m
SONETTO CCCXV.
'Pirto felice che si dolcemente
j-

sEi Volgei quegli occhi pm chiari


formavi i fofpiri , e le paro
che i soie,
e
_
mente
Vive , eh*ancor mi fonati nella
ardente
Già ti vid' io d'onefto foco
1

e le viole.
Mover i piè fra l' erbe ,.
Non come dò ima > ma conv A n gei io le ,
^
pretente ,
Di quella eh* or m'è più che mas
cu poi tornando al tuo Fattore
La qual
ve.o
in terra, eque! toave
Lafciafti
Che per altodeftinti venne in torte.
«Nel tuo partir partì del mondo
A more,
Cielo:
E cortefia; e'ISot cadde delmorte
'
E
dokre incominciò, farfi la.
.

SONETTO CCCXVI,
porgi mano all'affannato ingegno
DV Eh
Amor', ed allo ftile fianco, e frate;.
Per dir di quella eh' è fatta
immortale,
,.

E cittadini del celelìe regno


Dammi, Signor, che'l mio dir giungi a* legno
Delle: fue lode, ove per sènon ia!e \
vertù , fé beltà r.on ebbe eguale
Se
Il mondo, che d'aver lei non tu degno
Rifponde , Quanto
H cid' , ed io P fliamoj: (

E i buon configli , e '! convella" one.to ,

che noi Morte ha privi


-
Tutto fu in lei; di
Forma par non fu mai dal et «h Adamo
.quello
Aperfe gli occhi in primi: e badi or
Stìngendo il dico e cu-piangendo icmi...
;

S.C-
4fl0
SECONDA
SONETTO CCCXVtt.

V^SlS «*" cantando vai%

m
*
venati!
verrem ln grembo
i° a
A
Fu
parto

qupfto

&
Cfieqaellacuit api angj!
_

fe co j

le parti fari
-

Di cfi'a me Morte e» r; ,V orle I(i vita ;


dolo ^j

Cld fo » fan t o avari


a S fiw/ui
^Colato

è&i
.
+

Ma J a flagioce
l

J' e „i

«d» **o eoa pietri^iia 3 1113 "*


.

CANZONE XLIX.
Vergine be%, che diSoireft'J

10i »Pmge a dir


f, dj te parole-
Ma n on '

E di colui ch'araaJo fonia F«v£


'ocomiDdar
fi>

' 5
irt.fi p 0 re
gjo» lei che ben fim^ffi
£to chiamò con fede.
[a '

*S5 B, .Be » *
mercede
M'iena eterna d ett3
amaae cofe

TWt » -) r
Ja Sferra ;

A a-
P A
R. "E.T iGi
An-zi laprima, e eoa più chiara lampa i
genti
O laido feudo dell'afflitte
Fortuna
Coctra colpi di Morte, o di ì

Sotto'l qual fi trionfa , non pur fcampa


:

io
O refrigerio a! cieco ardor ch*av vampa
Qui fra mortali fcioccM »
Vergine, que'bogli occhi
Che vider tritìi la ipietata Haiapa
Ne' dolci membri del tuo caro Figlio*
Volgi al mio dubbio flato; -
*5
Cheiconfigliato, a te vien perconliglio.
Vergine pura, d'ogni parte intera,
Del tuo parto gentil figliuola , e madre ,
Ch' allumi quella vita , e l* altra adorni ;
k-fhoPadre,jo
*
Per te il tuo Figlio equel del
altera ,
O fineftra del Ciel lucente , _

Vcnnea'ialvarne in fu gli eftre mi giorni :

Etra tutt'i terreni altri loggiomi


Sola tu forti eletta,
Vergine benedetta ; .SS
torni:
Che'l pianto d'Eva in allegrezza
Fammi
; che puoi ;
della fua grazia degno »
Senza fine o beata »
Già coronata usi fuperno regno

Vergine fanta , d' ogni grazia piena ;
Che per vera, ed altiffima umiltate _

alcolci »
SaUflialCiel', onde miei preghi
Tu partorirti il fonte di pìetate , "
.

di giuftizia il Sol » che


rafie rena
E _

, e folti: 45
11 fecol piea d'errori ofeuri
1
Tre dolci , e cari nomi ha in te raccolti a
Madre, Figliuola, e Spofa,
Verdine gloriola , . . .

Donna del Re che nofln lacci ha iciolti


mondo liberti e febee 5°
E fatto '1 , ;

Nelle cui fante piaghe


, , 5

6t E c O N D A
p \,ap aghe 1 c r vera
,

beatrice,
ndJ ?
Verrtl ti ? m
fe "^efempio,
r^l
Che r- °, .?
pie di tue bellezze
1 innamorarti •
Cm prima & finii, nè feconda - 'j
SaLUpenfien, aftx pietofi,
:

Al ver o p l0 fremo, e vivo ecarti


tempio
Fecero intna virginità
feconda.
I er te può la mia vita effcr gioconda
£ ^ tuo, preghi, o MARIA6 3
>0a
Vergine dolce e ; pia,
Ove fa li
? abbondò, l a graz i a aì)bond
Cotile ginocchia della
mente inchineC
Prego che fia mia feortaj
ila mia torta via drizzi a
buon fine 6*
< 5
Di quello te m peHofo mare tW** in eterno"'*
fte ila •

0 ogni fede! nocchier fidata


guida
n m nte J " eh? terribile
:

f° ^
. > procella
1 mi ritrovo fol fenza governo, .«
Ed ho già da yicin P ultime -
(Irida
Ma pur' m te
l'anima mia fi fida;
'
laccatrice; l'nol nego,
Vergine ma ri preso :

Che'] ruonemicodel mio


mal non rida • -* '

Ricorditi, che fece il peccar


noftro
Prender Dio per fcamparne
Linana carne al tuo vicinai
chiortro.
Vergine, piante lagrime
hogiàfparte
Quante lufinghe.e quanti preghi
indarno So
Pur per m.a pena , e per mio gr ave
danno/
Da poi di i nacqui in fu 3 riva d'Arno l
,
Cercando or quefta.ed or quell'altra
parte
Non e fiata' mia vita altro ch'affanno.
Mortalbellezza , atti, e parole m'hanno t
Tutta ingombrata I' alma S
.

Vergine facra, ed alma, '

Non
. , .

? A *EL T "E.
"Non tardar; ch'i' fon forte all' ulti m'arino
I di miei più correnti che Lietta ,
Fra miferic , e peccati 9©
Sonfen' andati ; e fol Morte n' afpetta .
Vergine , tale è terra , e polio ha in doglia
Lo mio cocche vivendo in pianto il tenne;
E di mille miei mail un non l'apea;
E per laperlo , pur quel che n'avvenne , 95
Fora avvenuto eh' ogni altra Ina voglia
;

Era a me morte , ed a lei fama rea


Or tu , Donna-dei Ciel * tu noftra Dea
Se dir lice , e convieni \
Vergine d'aiti fenfi , *OG
Tu vedi il tutto ; e quel che non potea
'Far altri, ènuìlaallà tua gran virtute
Por fine al mio dolore^
Ch 'a te onore, edame ria falute .
Vergine, in cui ho tutta mia fperanzaj 105
Che polli , e voglia! granbifognoaitarme;
Non mi lafciarein fu 1' eftremo pafib :

Non guardar me ma chi degnò crearme :


, ,

Nò '1 mio valor , ma l' alta fua fembianza »


Che in me ti mova a curar d'u6 sì baffo. 11?
Medufa , e l'error mio m'han fatto un fallo
D'umor vano ftillante:
Vergine, tu di fante < _
'1 mio cor laflo ;
Lagrime , e pie adempì
Ch'almen l'ultimo pianto Ha divoto, 11S
Senza terreftro limo;
Come fu'ì primo non d'infania voto.
Vergine umana , e nemica d* orgoglio ,
Del comune principio amor t* induca ;

Miferere d' un cor contrito umile :

Che fe poca mortai terra caduca


Amar con si mirabii fede loglio;
Che devrò far di te cola gentile ?
.

iU SECONDA PARTE.
Se dal mio flato aliai mifero, e vile
Per le tue man refargo, nj
Vergine; i' facro , e purgo

Al tuo nome e penfìeri , e 'ngegno, e ftile ;


La lingua , e'1 cor , le lagrime ,e i fofpiri l
Scorgimi al miglior guado ;
Eprendi in, grado i cangiati deliri, 130
Il dì s' appresa, e noti potè effer Jmige
;
Si corre il tempo, e vola)
Vergine unica e fola ;
,

E '1 cor or confcienza > or morte punge .


Raccomandami al tuo Figliuol, verace i jy
Uomo, e verace Dio ;
Ch'accolga '1 mio fpirto ultimo in pace

IL FINE DELLA SECONDA PARTE.

T R I G N-
TRIONFI
D 1 Af.

FRANCESCO
PETRARCA*
$67
S^M ^t f ft 3&É$l££.
•7&&!!Xf/L Vh^^tV
. .

^SèJtìv ^JìlijCiV >J5SÈK^ ^JlajAt?

TRIONFI
D I M.

F. PETRARC A.
DEL
TRIONFO D'AMORE
CAPITOLO PRIMO.
El tempo che rinnova i miei
fofpiri
memoria di quel
«i. ^| giorno
Che fu princioasi lunghi martìri)
Scaldava il Sol già i' uno, e l'altro corno

Del Tauro e la fanciulla diTicone


i 5
Correa gelata al f uo antico foggiorno .

TAmor, glifdegni, e '1 pianto, elaitagione


Ricondotto m' àveano alchiulo loco
Ov'ogni falcio il cor IjjFo ripone.
Ivi tra l'eri.e già del pianger fioco» 10.
Vinto dal fanno 1 vidi u.ia gran luce»
E dentro aliai dolor con breve giaco .
Vidi un vittoriofo , e fommo duce »
Pur com' un di color che *n Campidoglio
Trionfai carro a gran gloria conduce* 15^
Io, chi- gioir di tal viltà non foglio»
5
Per lo fecol nojofo in eh io mi trovo »
Voto d* ogni valor , pien d' ogni orgoglio ;
M % L'aii-
j . _

i68. DEL TRIONFO


novo
L'abito altero, inufitato » e
Mirai; alzando gli occhi gravi ,e 11 aneti i« :

Ch'altro diletto che Viparar , non provo .


Quattro deftrier via più che 'neve bianchi:
Sopr* un carro di foco un garzon crudo
Conarco in mano, e con faette a' fianchi i
Contra le quai non vai' elmo > nè feudo : 15
Sopra gli omeri avea fol due grand' ali
Di color mille, e tutto l'altro ignudo:
D'intorno innumerabili mortali
Parte in battaglia, e parteucci" ,
prefi
Parte da pungenti tirali
feriti -
_
30
Vago d'udir novelle , oltra mi mifi
Tanto , eh' io fui nel l'effe r di quegli uno
Ch' anzi tempo ha di vita Amor divifi .
Allor mi frinii a rimirar, s' alcuno
Riconofceffi -nella folta fchiera iy
-
Del Re fempre di lagrime digiuno.
Ne film vi riconobbi: e s* alcun v'era
Di mia notizia , avea cangiato villa
Per morte , o per prigion crudele , e fera .
Un' ombra alquanto me 11 che l'altre trilla 40
Mi fi fè incontro e mi chiamò per nome
;

Dicendo Quello per amar s'acquifta


;

Oud'io maravigliando dilli Or come


-

Conofci me , et* »o te non rìconofea?


Ed ei; Quefto m' avvien per l'aipre fame 45
De' legami eh' io porto ; e l' aria fofea
Contende a gli occhi tuoi : mi vero amico
Ti fono ; e teca nacqui in- terra Tofca .
!

Le fue parole, e l ragionar' antico


Scoperfon quel che'I vifo mi celava 50
:

E così n'afeendemmo in luogo aprico :


E cominciò ; Gran tempo è eh' io peofava
Vederti qui fra noi che da' prim' anni
:

Tal prefagio dite tua villa dava.


, . ,

D' AMORE C P. T. t*?


A
E'fubenver: ma gli amorali affanni S5
Mi fpaventar » sì , eh' io lafciai l' imprefa :
Ma fquarciati ne porto i) > e i panni ;
petto
Cosi difs' io : quand' ebbe intefa
ed ei
La mia forridendo difle
rifpofta ,
:

Otigliuol mio,qual per te fia&a è accefaSCo


Io non l'intefi ailor: ma or sì fiffe
Sue parole mi trovo nella tefta ;
Che mai più ialdo iti marmo non fi ferirle -
E per la nova età, ch'ardita, e pretta
Fa la mente , e la lingua ; il dimandai : 6s
Dimmi percortefìa , che gente è quella .
Di qui a poco tempo tu'I fapm
ftefTo , rifpofe ; e farai ^^jàkì
Per te
> Tal per te nodo faffi > e tu noi fl
E prima cangerai volto } e C^cfflP 7» 1

Che'l nodo di eh' io parlo FciOglia.


Dal collo 1 e da' tuo* piedi ancor ribelli •
Ma per empir la tua gioveni! voglia
Diròdi noi, e prima del maggiore ;
Che così vita , e libertà ne fpoglia 75 .

Quefl'ècoiui che'l mondo chiama Amore;


. Amaro , come vedi , e vedrai meglio
Quando ria tuo, come noflro figoorc :

IManfueto fanciullo, e fiero veglio:


Ben fa eh' il prova ; e cofa piana So
fiati

Anzi milP anni ; e ad ortifvegiio.


'n fin'

Ei nacque d'ozio, edilafcivia umana»


Nudrito di peofier dolci , e foavi
Fatto fignor' , e Dio da gente vana .
_

Qual' è morto da lui ; qual con più gravi 85


Leggi mena fua vita afpra , ed acerba
Sotto mille catene, e mille chiavi
Quel che 'n sìfignorile, e sì fepsrba
Viltà vien prima , è Celar, che'n Egitto
C eopatra legò tra' fiori , e l' erba 90 .

M 3 Or
.

i 7o DEL TRIONFO
dritto;
Qrdikii fi trionfa ; ed è ben
Se vinfe i! mondo
ed altri ha vinto lui i;
,

Che fi glorie il vitto


del fuo vincitor
L'altro è'1 fifo figlio e pur' affiòcoflui
:

. Più giuflamente: egli è Ce'fare Augnilo , 95.


Che Livia fua pregando tolfe altrui.


Neron'' è terzo divietato , e 'ngiufìo
'1 :

Vedilo andar pien d'ira» edidifdegno:


• Ferrimi na'l vlnfé ; e par tanto robufto .

Vedi '1 buon Marco d' ogni laude degno , iOS


Pien diri Iofofia la lingua , e '1 petto :
il fa qui fìar a legno-
PurFauirina
Que' duo pien' di paura , e di fofpetto ,
Dionilloj e.P altro è AJefJKndro:
fuo temer'ha degno effètto- 10S?
tchepiasifs fotto Antandro
>eufa , e*l fuo amor to'fe
ffaofiglìnpl tolfe ad Evandro
Udito hai ragionar d'un che non volle
Confentir al furor della matrigna; *ìM
E
da' tuoi preghi; per fuggir fifciolte: M
Ma quella intenzion cafta , e benigna
,, L' ucci'e ; sì l'amor' in odio tode
V Fedra amante terribile, e maligna:
Ed ella nemorìo, vendetta forfe
D'Ippolito, di Tefeo , ed' Adrianna :
Ch'amando , corri?" vedi a morte corfe J i

Tal biafina altrui , che sèfteffo condanna :

Che chi prende diletto di. far frode,


Non fi de* lamentar s' altri l'inganna. llM
Vedi'l famofo con tante fue tode-
Prefo menar fra due forelle morte j
L* una di lui , ed ei deli' altra gode
Colui «Ve feco è quel pofìente , e forte
,

Ercole e h'A.Tior prefe;e l'altroè Achille;ii5 ;

Ch' ebbe ia fao amor* affai dogliosa forte „.


Quel!'-
. .

D r
A MORE CAP. I. s?r
altro è Deroofonte , e quella è Fille
t
Queir
Quel!' é Giafofi' ,e quell' altra è Medea j
Ch' itpipr' 3 e lui fegui pertante ville :
E quanto al padre -, ed al fratel fu rea , ijo'
Tanto fuo amante più turbata 3 e iella ;
al
Che del fuo amor più degna effer credca
Ifinle vien poi e- duolfi anch' ella
:

Del barbarico amor che *i lue gli Ha tolto ? >

Poi vien colei c'ha'l titol d'efler Isella: 135

W
3

Seco ha '1 paftor che mal il fuo bel volto


Mirò sì fifo ;
ufeir gran tempeUe r
E fanne il mondo fortofopra volto.
1" altre mefte.
Odi poi lamentar fra
Enone di Paris-, e Menelao. 14®
»
D' Elena, ed Ermiòn chiamare-tìprette»
E Laodamìa il fuo Protefilao > •

Ed Argia Polinice, affai più.* fida-


Che T avara moglier d' Anfiarao .
Odi 1 pianti , efofpiri ; odi le (Irida. t
I4S
Delle mifere accefe , che gli fpim
Renderò a lui che >p tal modo le guida
Non porla mai di tutti il nome dirti:
Che non uomini pur , ma Dei gran parte
Empion del bofeo degli ombrofi mirti. 150
Tedi Venere-bella , e con lei Marte
Cinto di ferro ipiè, le braccia ,e'l collo ;.

E Plutone, e'Proferpina in difparte.


Vedi Giunon gelofa , e '1 biondo A pollo ;
Che foleadi'fprezzar l' etate, e l'arco 155
Che gli diede in Teflaglia poi tal crollo.
Che debb' io dir ? in un paffo meri' varco :

Tutti fon qui prigion gli Dei di Varrò ;


E innumerabil carco.
di lacciuoli
Viea crenato Giove innanzi al carro . 160-

W i,, DEL..
. , .,.. ,

47*
DEL
TRIONFO D'AMORE
. CAPITOLO SECONDO.
STanco già di mirar, non Tazio ancora »
Or q-uinci,or quindi mi volgea guardando
Cofe eh* a ricordarle è breve l*ora .

Giva 'i cor di penfier' in penfier , quando


Tutto a sè'l traffer duojCh'a mano a mano 5
Paffavan dolcemente ragionando
t , Moffemi *1 lor leggiadro abito Arano,
E M parlar peregri n , che m'era ofeuro}
Ma I* ni ter prete mio mei fece piano .

Poi eh» io feppi chi eran , più ficuro 1»


M' accoftat lor : che l*un fpirito amico
AI noftro nome, l'altro era empio, e duro *
Fecimi al primo Maffinifla antico.
: O
Per lo tuo Scipione
) e percoflei,
CominciaimS
t'increfea quei ch'io dicci j
Mìrommi, edifie Voleutier faprei :

Chi tu fe innanzi} da poi che si bene


Hai fp-iato amboduo gli affètti miei
L' mio , gli rifpofi non foflene
erTer ,

Tanto conofeitor che cosi lunge 20


: •

Di poca fiamma gran luce non vene


Ma tua fami real per tutto aggiunge;
E tal > che mai non ti vedrà uè vide ,

Col bel nodo d* amor ceco congiuuge


Or dimmi j guide ;
fe colu' in ipace vi ij
( E moftrai'l duca ior
) che coppia è quella

Che mi par delle cofe rare, e fide?


La lingua tua al mio nome sì preda
Prova , difs'ei , che *1 fappi per te fletto :
Ma dirò per sfogar l'anima niella.
Avea-
, ,

D» AMORE CAP.
'1 cor me ho
II. »73
Avendo in quei fomm' uom tutto
Tanto, eh' a Lelio ne do vantoappena ;
Ovunque tur fu e infegne» fui lor pretto .
A itti Fortuna fu fempre ferena :

Ma non già , quanto degno era 1 valore ; 35


Del qu.ilpiùch'altromaijl'almaebbepiena-
Poi che l'arme Romane a grand' onore
Per l'eftremo Occidente furon fparte ;
Ivi n'aggiunfe , e ne congiunfe Amore .

Nò mai più dolce fiamma in duo corVte ^ ;

Né farà credo oimè , ma poche notti


, :

Fur' a tanti dehY e brevi , e fcarfe .

Indarno a maritai giogo condotti ;

del noftro furor feufe non falle,


Che
1 E
legittimi nodi furon rotti .
i
*S
Quei che fot più che tutto'l mondo , valle,
'
Ne dipartì con fue fante parole :
Chede'noftri Lofpir .nulla gli calfe-

E benché forte , onde mi dolfe , e dole ,


Pur vidi in lui chiara virtute accefa j 50
Che'n tutto è orbo chi non vede il Sole .
Gran giaftizia a gli amanti è grave offesa :
Però di tanto amico un tal confi giro
Fu quali un fcoglio all' amorofa imprela .
55'
"Padre m' er.ì in onor' , in amor figlio,

Fratel negli anni; ond' obbedir convenne ,


'

Ma col cor tratto , e con turbato


ciglio .
Così quella mia cara a morte venne :
_

Che vsdendofi giunta in forza altrui


Morir innanzi , che fervir foflenne 60
,
.

Ed iodi-! mio dolor miniftro fui :

Che 'I pregator' , e i preghi fot si ardenti


Ch' offerì me, per non offender lui:

E mandale '1 veneti con sì dolenti


Pender, com'io fo bene; ed ella il crede, 65
E tu ; fe tanto o quanto d'amor fenti -
M 5
. '

% 7 4- DEL TRIONFO
Pianto fu '1 mio di canta fpofa erede;
In lei ogni mio ben' , ogni fperanza-
Perder elefli , per non perder fede
Ma cerca ornai , fe trovi in quefta danza 705
Mirabil cofa ; perchè 'I tempo è leve ;

E più dell'opra che del giornoavanza. j


Pien di pietate er' io penfando il breve !
Spazio al gran foco di duo tali amanti :

Pareami al Sol' aver' il cor di neve ; 73


Quandoudi dir fu nel paflar avanti.»
Coftui certo per sè già non mi ipiace
Maferma fon d'odiarli tutti quanti.
Pon , di/Ti, '1' cor, o Sofonisba in p^ce ;,

Che Cartagine tua per le man noftre 805


Tre. voi te cadde ; edalla terza giace-
Ed e!Ia_'_ Altro vogf io che tumimoilre :- 1
S' Africa pianfe, Italia non nenie:
Domandatene pur l'iftorie voftre.
Intanto il ncdrj, e fuo amico fi mife 853
Sorridendo con lei nella gran calcai
Efur dalor le mie luci divife,.
Com' ttom che per terrc-n dubbio cavalca,.
Che va reftandoad ogni palio., e guarda,"
E'1 penfierdell' andar molto diflaìca ; 90.
Così l'andata mia dubbiofa , e tarila
Faceau gli amanti:di che ancor m'aggrada
Saper quanto ciafcun* , e'n qual foco'arda .
1
I vidi un da man manca fuor di ftrada
A guifa di chi brami , e trovi cofa ; 95
Onde poi vergogjiofo, e lieto vada;
Donar altrui la fua diletta fpofa:
Ofommoamor', o. nova correda'
Tal eh' ella ftefla lieta , e vergognofa
,

del cambio ; e givanfi per via


Pa r ea iCO
Parlando infieme de' lor dolci affetti,.
E fofpirando il regno di Sorià«
TrafV
. ,

Ty'AJVIOR'E CAP. IT- i7T


Trafllmi a nuei tre fpirti ,
che vitretti
Erano per Ceguir altro
cammino;
Edifiì al primo; l'prego che m
affetti. 105

Ed del ragionar Latino


egli al fuori
fi ritenne un
in villa
poco ,
Turbato
E poi del mio voler quali' indovino
Ditte: IoSeleucoion»,
equefnòAntiòco
voi: na-
MJdfig4io,chegra guerra ebbe con ,

nfa ragion centra


forza non ha loco.
Duella prima , tua donna iù poi :
mia
morte
Che per fcamparlo d'amorofa
fra noi
Oli diedi ; e'idon fil licito
altra lotte, 115
Srratonica è'1 fuo nome; e n
Come vedi, èindivifa; e per tal legno.
- Si vede ne ftro amor tenace , e torte
il
regno,
Fu contenta coftei lafciarmi il
tua vita
Io '1 mio diletto e quelli la
-,

Per far viè più chesc,l'u l'altro


degno- nw
alta.
E fe non foffe la difereta _
s_ sccorle ì
Del Fifieo genti! ^ che ben
L'età fuainful fiorir era fornita.
Tacendo, amando qoafi a morte corie ;
E Tamar forza, e'1 tacer fa vjrtute, i*5
L^mia , vera pietà , eh' a lui fcccorte.
voler mute ,
Co<i difle eccm' uom che
"
:

*
paffi volte;
Coi fin delle parole i

Ch'apwna gli potei render ialine . '

Pbi che dagli occhi miei


!' ombra fi tolte , 1 jo
Rimafi grave, espirando andai:
Che 'Imio cor dal fuo dir non lidiiaoUe 3
che mi fa detto Tronpo: irai
Ihfin
In un penfisr' alle cote d verte _
i?y?
E'itempoch' èbrevitìimo, ben lai -,

Noumeno tanti armati in Grecia serie,


oreii j
Quant' ivi erano amanti; ignudi \ e
Tal ', che T- occhio la vifta non
fofterte-, -

6 Vari
i76 DEL TRIONFO
Varj di lingue , e varj di paefi ,
Tanto, che di mille un no ieppi'l nome:i4©
E fanno iftoria que* pochi eh' io 'ntefi
Perfeo era 1' uno : e volli faper come
Andromeda gli piacque in Etiopia ,
Vergine bruna i begli occhi , e le chiome . -

Ivi '1 vano amator che la fua propia


Bellezza defìasido fu Hi aratro j
Povero fol per troppo averne copia :

Che divenne un bèi fior ftnz' alcun frutto;


E quella che-lui amando in vìva voce
Fecefì '1 corpo un duro fallo aferutta 1 50 .

Ivi quell'altro ai mal ino sì veloce


Ifi , eh' amando altrui-, in odio s'ebbe
-
,
Con più altri dannati a fimil croce j
Gente cui per amar viver increbbe :
1

Ove raffigurai alcun moderni T ryy


Cti' a nominar perduta opra farebbe .

Quei duo che fece Amor compagni eterni,


Alcione, e Ceke in riva al mare
1

Far lor nidia più" faavi verrà


i :

Lungo coftor peiifofo Efaco ftare,


Cercando Efperia > or fopr' un faflb aflìiì

Edor fott' acqua, ed or' alto volare:


E vidi la crude! figlia di Nifo
Fu gg-jr volando , e correr Ataìanta
Di tre palle d'or vinta, ed'un bel* vifo ; 1
E feco Ippomenès, che fra coranra-
Turba d* amanti, e mi feri cut fori
Sol di vittoria fi rallegra, e vanta-
Fra quefli favolofi , e vani amori
Vidi Aci,eGalatea,che'n grebo gli era;i 70
EPolifemo farre gran romori :
Glauco ondeggiar per entro quell? fchiera
Senza colei cut fola. par che pregi ,
Nomando un'altra amante acerba % e fera i
Car-
, . , ,
.

D' AMORE III. CAP.


}11
regi , 175
Carmente, Pico, un già de' nofln
molle ,
Or vago augello ; e chi di itato il _

i fregi
'1 norace'l real manto, e
Lafciogli
VìdiH pianto d'Egeria, e'nveced
ofie

Scilla indurarti in petra afpra


ed alpeitra
Chedel mar Siciliano infamia lolle iSe :

la penna da man
delira,
E quella de
Icnva ,
Coinè dogliofa, edifperata
Ime.tra
E'1 ferro ignudo tien della
:

viva ;
Pigmalion con la fua donna
E mille che'oCaftalia,
edAganippe 1S5
Vidi cantar per l' una e l'altra rivai
d'un pomo beffata al fin Cidippe
E

DEL TRIONFO AMORE D'


CAPITOLO TERZO.
pieno il cor di maraviglie
IJRa sì
come 'uom che non può dire?
a Ch'io flava l

E tace , e guarda pur eh' altri'] configlie ,


Quando Y amico mio Che fai ? che mire ?
,

Chepenfi ?dif5e; non fai tu ben , eh 10 S


Son della turba, e mi convien iegiure*
Frate , rifpofi j e tu fai 1' effer mio
E l' amot di faper, che m ha sì accelo,
Chel' opra è ritardata dal delio .

IV
avea già tacendo inrefo: io
Ed egli;
Tu vuoi faper chi lon quell'altri ancora 1
V tei dirò, le '1 dir non m'e contelo.
Vedi quel grande , il quale ogni uomo onora :
Edi è Pompeo , ed 'ha Cornelia (eco ;
Chedel vii Tolom-o fi lagna , e plora 15 .

L'altro più di lontan , quell' è gran Greco ; !


1

Nà vede Egitto ,d'empia CU etenne. tra :

Or puoi veder Amor, s'egli è ben, cieco.


Altra
, .

«0 D EX TRIONFO"
Altra fede, alerò amor vedi Ipermeftra:
Vedi Piramo e Tisbe ia&tme ali'ombra, i
Leandro in mare, ed Ero alla fineftra.
Quel sì penfofo è UiilTe afebil* ombra
Che h calla mogliera afpecta , e prega :
Ma Circe amando glie! ritience'ngornbra
-U altr è'ihgliuo] d'A
milcar' ; e noi piega I
hi cotant' anni Italia tutta , e Roma;
Vi te^mmel la iti Puglia il prende,e
lega
Quella che '1 fuo ti&nor con breve chioma
Va feguitando, in Ponto fu reina:
Or' j„ at!:o fervi sè i
doma .

Porzh
À tr?,\ '
chd,i ferro ai
yaell altra éGiulia ; e-duolfi del marito
foco affina

feconda Sstcma più s'inchina.


tru--
Viflgt in quagli occhi al gra padre
febarnito
Che no fi pente,e d'aver non gRiacrefce
5>etteelc:t'ànni per Rachel fetvito..
W*U<f amor, che negli affanni crefee :
Vedi I padre di queilo; e vedi l'avo,
-

Come di Ga «ragion- (ol con Sarra efee-


lJoi guarda } come Amor crudele
, e pravo 40 >

D.:vid, e sforzalo a far l'opra


Onde poi pianga in luogo ofenro , e cavo
Simile nebbia par eh' ofeuri , e cora
Del più faggio feRaòl i a chiara femaJ
E parta iri tutto dai Signor di foprà^
1 -

Ve! altro che 'n un pu ito ami, e difama:


Vedi Tamar ch'ai fuo frate Abfalone
,

Dildegnofa, e dolente fi richiami.


Beico dinanzi a lei vedi Sanfone.,
Via più forte che faggio , che per
ciance 50?
In grembo alla nemica il capo
pone,
Vedi qui ben fra quante fpade, e lance
Amor' , e'I fonno ed una vedovetta
, •

Con bel parlar' , -e/ue pulite guance-


, , .

D' AMORE CA P. IiF. V9"


Vince Oloferne; e lei tornar Toletta, 55'
_

Con uq' anelila , e con ,1'bmbil tefehio ,


Dio ringraziando a mezza notte in fretta .
VediSichen, e'1 ino fangue , eh' è mefehio*
Della circoiKÌfion v, e della m:>rte;_
E'I padre coito,e'l popolo ad un vefchio:6o
Qaefto gli ha lutto il fubilo amar forte-.
Vedi Affilerò ; e'1 fuo amor' in qual modo
Va medicando , acciò che 'n pace il p>rte »
Dall'uri fi feioglie-, e Lega ali' altro nodo :

Cotale ha quella malizia rimedio, $5- .

Come d' affé fi trae chiodò con chiodo .


Vuoi veder in un cor diletto, e tedio,
5 or mira il fero Erode ;
Dolce , ed amaro
Ch'Amor' , e crudeltà gli han porto affedio-
¥.edi cera' arde prilli t , poi fi rode.- 7C
'Tardi pentito di fua tentate;
Mirianne chiamando, che non l'ode.
Vedi tre belle donne innamorate
Procri, Artemifia, con Deidamìa;
Edaltrettante ardite, eiceiierate. 7?"
Semiramis, e Bibli , e Mirra nà*, _
Come ciafcuua par che fi vergogni
Della faa non conceffa, e torta via
'

Ecco quei che le carte empion di fogni j


Lancilottù, Trillano, e gli altri erranti, So
.de conven che '1 vulgo errante
agogni
,
Vedi Ginevra , Ifotta , e 1' altre amanti
E là coppia d' Ariinmo , che 'nfeme.
Vanno facendo dolórofi pianti.
Cosi parlava ed lo , coirTuom che teme Ss
Futuro male, e trema anzi la tromba,
Sentendo già dov'r.krì ancor noi preme}
Avea color d'uom tratto d'una tomba;
Quand' una giovinetta .ebbi da laro >

Piìr,? via più che candida colomba- oc-

Elia .
, . . .

*io ^ DEL TRIONFO


Ella mi prefe: ed io, ch'arei giurato
Difendermi da uom coperto d* arme ,
Con parole, econ cenni fui legato :
£ come ricordar di vero panne »
L' amico mio_ più prcfio mi fi fece;
E con un rifo, per più doglia darme, 951
Duerni entro l'orecchie: Ornai ti lece
Per te Hc<To parlar- con chi ti piace,
J
Che tutti iìam macchiati d' una
pece
rw >
l' n
^ color cui Più difpiacc iQO
Dell'altrui ben , che del fuo mal vedendo ,
Chi m'avea prefo, in libercate e'n pace: ,
i, come tardi dopo '1 danno intendo, 1
Dj n<e bellezze mia rao-te facea
an r di o^ofia, d'invidia ardendo 10J
rr V. '

fau occhi dal fuo bel vifo non 'volgea


,
Com'uom ch'é ftermo,e ci tal cofa ingordo j
Ch'ai o
U ft 0l i dolce,- alla fai atee rea.
4q ogni sfata piacer c;eco era, efordo
1

^aeodolei per sìdahbiofi palli, no


Ch l' tremo anco*- qualar mene ricordo-, '

Da quel tempo ebbi allocchi umidi, e baffi


,
t '1 cor penfofo, e iolitario albergo
Fonti fiumi , montagne , bofebi e l'affi/
i ,
,

Da indi in qua cotante carte- afper^o ti$ '

Di peìjfieii, di lagrime , ed' inchioftro;


Tante ne fquarew, n'apparecchio, e vergo.
Da indi in qu:j io
che fi fa nel chiolìro
D' Amor', e che fi teme e che iì fpera, ,

A chi fa legger, nella fronte il moftro. no


E véggio andar quella leggiadra fera,
Mera curando di me, nè di mie pene»
Di fuavirtute, e di mie iDogiiealtera
Ball' altra parte , s'io difcer;:o bene,
Qiiefto bgnor,che tutto'l mondo sforza» ti$
Teme di lei ; oad' io fon fuor di fpene
Ch'a
. , ,

D' AMORE forza :


CAP. ITI.

Ch' mia dìfefa non ho ardir , ne


a
lei Infinga,.
quello in ch'io fperava,
E feorza
Che me, e gii altri crudelmente
.

quanto Aringa «J°


Cedei non èchi tanto o ,
lucie
Così felvaggia, e ribellante
Dall'infere d* Amor* andar folinga
.

E è fra le delle un iole


veramente
Unfirtgular Tuo proprio
portamento,
fuoi ciifdegni , e fue
paro e 1 35
Suo rifo
,

Le chiome accolte inoro ,

erte lume
o Me al
:

vento,
Gli occhi eh' accefi d' un ce
M'infiamman si,ch' I0 fon d'arder contento-
Chi porla '1 minine to alto coltunie
virtute, 140
Agguagliar mai parlando o la :

fiume?
Ov'V'l mio ftil quali al marpicciol
Fove cofe , e giammai più non vedute
Nè da veder giammai più a una
volta

Ove tutte le lingue farian mute ,

icipUa ; '45
Così pr*fo mi trovo , ed ella _


E prego giorno , e notte ( o (Iella iniqua ;
Ed ella appena di mille uno alcolta.
ODhqua
Dura legge d' Amor ma benché :
,

aggiunge
Servar convieni!; però di' ella
.antiqua 1 50
Di cielo in terra, universe .

Or fo come da sè il cor fi disgiunge ,

tregua;
E come fa fer pace, guerra , e punge .
E coprir tuo dolor quand' altri 1

E fo come in un punro h dilegua, langue , iSS


E poi fi fparge per le guance il che 1 legua
-

Se paura , o vergogna avvien


non alcole angue,
So come fta tra' 1

dorme
e
Come iempre fra due vegghia langue. ,
fi ,

Come fenza languir fi more, e 00


orme
So della mia ne*ka
cercar 1 , >

ir,iqual gmia
E cerner di trovarla; e fo
nell' amato fi tras
forme
L'amante
, ;
.

So
m D E L T R
fra lunghi fofpiri, e brevi
rifa
I0N FO
Staro, VQgUa,, color cangiare
fpc-fl"o :
Viver, ftatuMal' cor l'alma div'ifa-
ift
So mille volte il dì ingannar
So
me iteflo
leguendo mio foco, ovunque fueaei
: «
,

Arder da ln.ige,- ed agghiacciar da


prèflòJ
So corti. Amor fopra la mente rugge , 1
£ com ogni ragione indi difcaccia;
H lo
in quante maniere il cor fi
draghe .
1 7cr

So fi che poco canape s' allaccia


Un a>im. genti! qinnd' ella è fola,. I
E non è chi per lei difefii faccia 1

So com Amor faettn , e come '


vola; i 7r
lo coni or minaccia , ed or percote
£
Come ruba per forza , e come invola
: J
-b come fono lodabili
fue rote<; -

Le fperanze dubbiofe , e'1 dolor certo :


Sue premete di fé come fon vote
. iti
tome neir offa il fuo foco coperto
nelle vene vive occulta piaga
;
Onde morteèpalefe, e "acéndio aperte
ln iomma io com'è incondante
, e viga ,
Timida, ardita vita degli amanti
,S< ;

un poco dolce molto amaro aopaga


i
~V jwrla mirotto,
e lor
,"
r
> ' fofP iri
e*i fobito
>

fifoni*,
e ì canti '

£,/
t breviffimo tifo , e i lunghi pianti
E-qaal ci mei temprato con l'affenzio.,
;

JE

DEL TRIONFO D'AMOR]


C A P I T O t O: QU A R T O.

P°^"\ ch ?™' afòrtljn;iiil f° r2 a altrui


tpint0
L
etutti incifi
r>- t-L ' i nervi:
vi buttate > ov' alcun tempo fui.;
Io 5 .
. . ,

D"' AMORE CAP. IV. i**


Io, ch'era più ialvatko che cervi ,

Ratto dcmefticato fui cari, tutti &


miei infelici, e miìeri confervi..
1
E le fatiche lor vidi, e' lòr lutti.
Per chetoni fentie-i, e con qual arte
All' amorosi greggia erari condutti
Mentre cb'i'volgea gii occhi in ogni parte,i<3
S'i'ne vederli alcun eli chiara fama
per antiche, o per moderne carte;
O
Vidi colui che fola Euridice ama, ;
Elei fègue all'ir Terno , e por tri morto
Con ia lingua già fredda là richiama. 15
Alceo conobbi, a dir d'amor si (corto ;
Pindaro; Anac.reonte , che nrneile
Avea fup Mufe fol d'Amore in porto.
Virgilio vidi ; e parmi intomo avefle-
Compagni d'alto ingegno, e da traila. lo, 2,0-
quei che voientiergià 1 mondo eielle
:
Di
V un'era Ovidio , e 1' altr' era Catullo ,
L'altro Properzio, che d'amor cantaro
'
Fervidamente; e i'altr' era Tibullo.
Una giovane Greca a paro a paro *5
Coi nobili poeti già cantando;.
Ed avea un fuo ftil leggiadro , e raro *
Così or quinci , or quindi rimirando ,
Vidi in una fiorita, e verde piaggia
Gente che d'amor giva* ragionando .30
Ecco Dante , e Beatrice ecco Selvaggia ,
:

Ecco CindaPiftoiai Guitton d'Arezzo;.


Che di non efler primo par ch'ira aggia
Ecco duo Guidi che già furo in prezzo ;
i >

Onefto Bolognefe; e i Siciliani }

Chefur già primi e quivi erandà lezzo,


,

; che far
si umani
Sennuccio , e Franceichin
Com'ogni uom vide:e poi v'era un drappello.
Di portamenti , e di volgari ftiraai^
?
*S4
*ra tutti
DEL TRIONFO
primo Arnaldo
ii

5
Ancor
a" n
f Daniello
ro d'amor, ch'alia
on or col dir polito, e
fi
fua ter
belio I

L^P^ KfC raor sl 1


aferr
aitro e „ mè'&mofo Arnaldi
'I >^
P
t quei
« 1%' •

che furconquifi con più


^
]

J dico l'uno, e g^rra j


l'altro RaimLdl,
Che cantar pur Beatrice
in Mon ferrato
|
aJfarf.gIia il nome ha dal
ch
Ed I
a r
Genova tolto; ed ali» eftretno
50
o.
Ru eJ Ch USÒJa veia
AA >'t
cercarla r r' '
e 'i «me0 .

fua morte ; equel Guglielm


ma 1

F
W ardo
^ ? ,e v,dl¥*«»» ed A «felino: 3
^
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I

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e vidi'] buon Tornaffoi

O
orno Bologna
fugace do ««a! o viver
ed or M
ffi n:) ?pi
g * ° „
latto'
Uu mi tolie si torto dinanzi,
uaI " onfaP^ mover un
DolT ^ 5 chem eco eri pur diansi?
'patto?
r >i>j
±>en e J vivermortaJ,

che si n'aggrada 6«
Sogno d'jnfcrrai , c loia di '

romanzi.
Poco era fuor della comune
flrada
guado Socrate, e Lelio vidi in
<UM ior pia lunga via couvien prima:
eh' io vada .
Oqua] coppia d' amici r che
i ona
nè 'n rim 3
né n proia affai ornar, %
,
nè 'n verfi
.Siccome di virtù nuda fi ftima *

^on queiti duo cercai monti


diverfi
Andana? tutti e tre femore ad
un giogo
^ e th le mie p ag h e tanè
i
àperfi
:

,1
Da
,. .

D' AMORE GAP, IV. iS*


Da Cjftor non mi può tempo , ni luogo
Divider mai; ikcome fpero, e bramo ;
Iniìn'al cener del funereo rogo.
Con coftor colfi 'l gloriofo ramo
Onde forfè anzi tempo ornai le tempie io
In memoria di quella eh' i* tant* amo
Ma pur di lei che'I cordi penfier m'empie,
Non potei coglier mai ramo né foglia;
,

§1 fur le fue radici acerbe 5 ed empie :

Onde, benché talor doler mi foglia %$,

Com'uÓ ch'è ofìefojquel che con quell'occhi


Vidi,m'è un fren,che mai più n6 mi doglia.
Materia da coturni , e non da focchi
Veder prefo colui ch'è fatto Deo
Da tardi inp.eguii rintuzzati, e feiocchi. go
Mai prima vo' feguir, che di noi reo:
Poi feguirò quel che d'altrui foltersne.
Opra non mia , ma d'Omero e d'Orfeo .
,

Seguimmo il fuori delle purpuree penne

De* volanti coiàer per mille fofle > oj


Fin che nel regno di fua madre venne .
Nè rallentate le catene, o fcofTe,
Ma ftraziati pei felve, e per montagne»
Tal , che ne(Ì'un fapea in nual mondo folTe.
Giace olt ra o ve P Egeo fofpira , e piagne, 100
Un' ifoletta delicata, e molle ( gne-

Più ch'altra che'i Sol fcaide,o che'I mar ba-


Nel mezzo è un'ombrcìo. e verde Colle
Consìfoaviodor, con sì de lei acque,

Ch'ogni mafehio peafier dell'alma colle ioj
Quel!' ò la terra che cotanto piacque
Il A Venere; e 'n quel tempo a lei fufacra
Che '1 ver nafcófo , e feonofeiuto giacque :
lEdancoèci valor sì nuda, e inaerà»
Tanto ritien del fuo prim j e (Ter vile ; no
Che par dolce a' cattivi , ed a buoni aera
»W
Or
TRIONFA
quivi trionfò '1 ftgnor gentile
Di noi j e d' altri tutti , ch'ad un laccio I

Preiì avea dal mar d' India a quel di T5IdJ


Penfier'in grembo , e vanitate in braccio: njf
Diletti fuggitivi , e ferma ncja : .m
_

Rofe di verno , a mezza fiate il ghiaccio. I


Dubbia fpeme davanti , e breve gioja : j
Penitenza i e dolor dopo le fpalle noi :

Qual nel regno di Roma,o'n quel di Trojìvl


E rimbombava "tutta quella valle j|
D' acque, e d'augelli-, ed eranile lue rivfcj
Bianche , verdi, vermìglie, perfe, e gialle J
Ri >.'i correnti di fontane vive
Al caldo tempo Tu per l' erba frefca i njl
E l'ombra folta e l'aure dolci eftive.
Poi quando'! verno T aer fi rinfreica, j
Tepidi Soli, egiochi, e cibi, ed ozio
Lento, ch'e Templicetti cori invefca«"J
Era nelle ftagion che l' equinozio 130
Fa vincitor' il giorno; e Progne riede
Conia forella al fuo dolce negozio : *1
O di noftra fortuna inftabil fede.'
In quel loco, in qu 1 tempo, ed io quell'ora
Che più largo tributo a sji occhi chiede;™
Trionfar volfe quel che'J vulgo adora :

Evidi a qual fervigio, ed a qual morte>


Ed a che (ìrazio va chi s* innamora. A
Errori, fogni , ed immagini fmorte
Eran d' intorno all'arco trionfale ; 140
E
fa!fe opinioni in fu le porte
E" lubrico Tperar fa per le fcale ;
E daor.ofo guadagno, ed util danno; .

E gradi rove più Ice. ide chi più fale*:


Stanco ripo o, e ri pofato affanno : 14S _

Chiaro difnor' , e gloria ofcura , "e nigra*


Perfida lealtate , e fido inganno:
,.

DELLA CASTITÀ', it 7
.Sollecito furor' , e ragion pigra :
:

Career ove fi vieti per ftrade aperte»


Onde per ftrecre a gran pena fi migra i$o :

5
.Ratte fcefe all' entrar' } all'ufcir erte :
Dentro confufion turbida , e mifchia
Di doglie certe , e d' allegrezze incerte •
;
Non bollì mai Vulcan /Lipari, odlfchiaj
Stromboli,o Mongibelloin tanta rabbia:i5S
Poco ama sè chi 'n tal gioco s* arrifehia
Jn così tenebrola , e (eretta gabbia
.Rinchìufi liimmo ; ove le penne ufate
Mutai per tempo , e ia mia prima labbia •
. JE 'ntanto.pur fognando liberiate 160
L'alma, c.he'l gran defioiea pronta, e leve,
I Coniolai -con veder le cefe andate»
j
.Rimirando er'io fatto al Sol di neve
Tanti fpirti , e sì-chiari in career tetro
Quali lunga pittura in tempo breve 165 :

Che'l piè va inanzije l'occhio torna indietro»


^

TRIONFO
DELLA CASTITÀ
1

I .

QUando ad un giogo,ed in un tempoqum


„ Domita l'alterezza xiegii Dei,
1
E desili uomini vidi al mondo divi,
II preG efempio de' lor fiati rei ',

Facendomi profitto l'altrui male 5


Inccnfolar ic.ifi , e dolor miei :
!£he s'io veggio d'un' arco, e d'uno Arale
Febo porcello, e '1 giovane d' Abido ,
L' uu detto Dio , l'altr'.uom puro mortale 1
yeg. E
4 !J TRIONFO
E veggio ad un racciuol Giunone , e Dido ,
io
Che Amor pie del iuo fpofo a morte fpinle,
Non quel d' Enea, eom' ì pubblico grido;'
e*

Non mi debbo doler s' altri mi vinfe


Giovane, incauto > di Tarmato ,.efolo J :

E fc la mia nemica Amor non ftrinte , li


Non è ancor siufta cagiort di duolo
affai ;

Che rividi eh' io ne pianfi


;

in abito il j

Sì tolte gli eran l'ali , e'1 g ire-avolo.


Non con altro romor di petto' danti
Duo leon fieri, o duo folgori ardenti , io
CU* a cielo, e terra , e mar dar luogo fanuj
1
Ch'i vidi Amor con tutti fuo* argomenti. 1
Mover contra colei di eh' io ragiono ; •

E lei più prefta affai che fiamma , e venti.


Non fan sìgrande,.esìterribil "° no *Ì 1

Etna, qmlor da Encelado è più icofla ,


Scili?., eCariddi , quand' irate fono ;
Che via maggior' in fu la prima moffa
Non foffe del dubbiofo , e grave aftalto;
Ch' i' non credo ridir fappia , riè poffa . jo
Cìafcun per sè fi ritraeva in alto
Per veder meglio , e l'orror dell' impreu
Icori, egliocchi avea fatti di fmalto,
Qyel vincitor , che primo era all' offefa T.;
Da man dritta Io (trai , dall'altra l'arco , 35
E la corda ali* orecchia, avea già tefa .

Non co rie mai sì-levemente al varco


Di fuggitiva cerva un leopardo
Libero in felva , odi catene fcarco »
Che non foffe flato ivi lento, e tardo ; 40
Tanto Amor venne pronto a lei ferire
Con le faville al vólto end* io tutt'ardo.'
Combattea in me con la pietà il delire : .

Che dolce ni' era sì fatta compagna 5


Duro a vederla in tal modo perire . 4$
Ma
.

DELLA CASTITÀ.
Mi virtù ; che da' buon' non fi (compagna
;
Moflbò a quel punto ben coni'a gran torto
,

Chi abbandona lei, d'altrui lì lagna.


Che giammai fchermidor non fusi accorto
A fcbifar colpo; né nocchiersi prefto jo
A volger nave dagli fcogli in porto ;
Come_ uno fchermo intrepido, ed onefto
Subito ricoperfe quel bel vifo
Dal colpo a chi l' attende , agro , e funefto
l'era al fin con gli occhi, eco! cor fifa
JJ
Sperando la vittoria ond' effer fole.:
E per non efTer pia da lei divifo ;
C< me chi fini foratamente vole
,

C'ha fcritto innanzi eh' a parlar cominci»


Negli occhi, e nella fronte le -parole; 6a
Volea dir io; Signor mio, fe tu vinci,
Legami con cortei, s* ione fon degno ;
Ni4 temer che giammai mi feioglia quinci :
Quand'io'l vidi pie:: d* ira e dTdifdegno
,

Sì grave, eh' a ridirlo fa rian vinti 6;


Turn i maggior, no che'l mio baflbingegnoj
Che sia in fredda oneftate erano eftinti
I dorati fuoi ftraìi accefi in fiamma
B'amorofa_ beltate , e'n piacer tinti.
T.on ebbemai di vero valor dramma 70
Camilla, e l' altre andafi ufe .in battaglia
Con la finiftra fola infera mamma :

Non fu si ardente Cefare in Farfaglia


Conerà *I genero fuo , com' ella fue
Contra colui ch'ogni lorica fmaglia . 7i
Armate eran con lei tutte le fue
Chiare virtuti ; o gloriofa fcbJera !
E teneafi per mano a due a due-
Oneftate, e Vergogna alla front* era;
Nobile par delle virtù divine» 80
Che fan cortei fopra Is doane altera :

Rimt Petrarca, N Sej>


. , .

i 9o TRIONFO
Senno e Modeftia all' altre due confine
s
:

Abito con diletto in mezzo '1 core :

Perfeveranza , e Gloria in fu la fine:


Bell' Accoglienza , e Accorgimento fore : S5
'
Cortefia intorno intorno, e Puntate }
Timord' infamia 5 e fcl Defiod' onore:
Penfier canuti in gioveml' etate ;
E la concordia eh' è si rara al mondo 1

V'era conCaftità fornata le Ita te 90 .

Tal venia contr' Amor', e 'n sì fecondo


Favor del Cielo , e delle ben nat' alme»
Che della vifta ei non fofferfe il pondo
Mille, e mille famofe e carefalme
,

Torre gli vidi ; e fcotergli di mano 95


Mille vittoriofe, e chiare palme.
Non fu '1 cader di fubito si Arano
Dopo tante vittorie ad Anni bai le
Vinto alla fin dal giovane Romano :

Nè sì fmarrito nella valle*'


giacque io9
Di Terebinto _q uel gran Filifteo
Acui tutto Ifrael dava le fpalle,
AI primo fallo del garzon' Ebreo :

Nè Ciro in Scitia, ove la vedov' orba


La gran vendetta, e memarabil feo ioj -

Com'uom ch'è fanOje'n un mometo ammorbai


Che sbigottire , e duoli! accolto in atto
Che vergogna con man dagli occhi foiba;
Cotal' er' egli , ed anco a peggìor patto ;
Che paura j edo!or, vergogna , ed ira no
Eran rei volto Ino tutti ad un tratto
Non freme così '1 mar quando s' adira ;

Non Inarime allor che Tifeo piagne:


Non Mongibel i s* Enee! ad o fofpira .

Paffo quicofegloriofe 1 e magne; 115


Ch' io vidi e dir non ofo alla mia Donna
i
:

Vengo > ed all' altre fue minor compagne


Eli*
, , - .

DELLA CAsTTTA. 291


EU' avea in dodo il di candida gonna,
Lo feudo in man che mai vide Medufa t
D' un bel diafproer* ivi una colonna : 120
Alla qual d' una in mezzo Lece ìnfufa
Catena di diamante, e di topazio»
Ch* al inondo fra le donne oggi non s* ufà >
Legar il vidi ; e farne quello ihazio
Chebaftò ben' a milP altre vendette : U$
Ed io per me ne fui contento , e fazio.
Io non poria le facre benedette
Vergini cb' ivi fur, chiuder in rimai
Non Calliope » e Clio con 1' altre fette.
Ma d'*alquante dirò, che *ii fu ia cima 130
Son di vera oneftate > infra Le quali
Lucrezia da man delira era7 la prima-^
L' altra Penelopea : quefte gli ftrali
E la faretra» e \' arcoavean fpezzato
A quel protervo, e fpennacchiare l'ali : 135
Virginia appreffb il fiero padre armato
Di difdegno» di fèrro, e di piecate ;
Gh' akr.i figliai ed a Roma cangiò flato 1
L'un', e l'altra ponendo in libettate :
Poi le Tedefche che con afpra morte 140
Servar la !or barbarica on.-fhte :

Giudit Ebrea, la fàggia , cafra, e forte;


E quella Greca che faltò nel mare
Per morir netta, e fuggir dura forte-
Con quefte,ecou alquante anime chiare 14.5
Trionfar vidi di co'ni che pria
Veduto avea del mondo trioni-are.
Fra 1' altre la V. flal vergine pia
Che baldanzofamente corfe ai Tibro»
E per purgarfi d' ogni infamia ria r 50
Portò dal fiume al tempio acqua col cribro:
Poi vidi Erfilia con le lue Sabine,
Schiera che del fuo nome empie ogni litr»
N z 5P0Ì
. .

agi
Poi vidi
TRIONFO
fra le donne peregrine
Quella che per lo fuo diletto e fido 15S
Spofo > non per Enea , voife ir al fine :
Taccia '1 vuolgo ignorante: i' dico Dido;
Cui Audio d' oneriate a morte fpinfe,
Non vano amor; coni' è '1 pubblico grids .
Al fin vidi una che chinie e fìriufe
fi , 60 1

Sopr' Arno per fervarfi e non le valle .


;

Che forza altru'il fuo bel pender vinte


Era trionfo dove 1' onde falfe
't
Percoton Baja i eh' al tepido verno
Giufe a ma deftraje'n terra ferma falfe. 1 $5
Indi fra monte Barbaro, ed A verno
L'antichi ffi mo albergo di Sibilla
Paffàndo , fe n' andar dritto a Lititerno ,
In così anguria ) efolitaria villa •
Era'l grand'uom che d'Affrica s'àppellap 70
Perchè prima col ferro al vivo aprilla
Qui dell' oftile onor l' alta novella
Non feemato con gli occhi a tutti piacque »
E la più cafta era ivi la più bella ;
Nè '1 trionfo d' altrui feguire fpiacque 175
A lui che, fe credenza non è vana.
Sol per trionfi, e per imperj nacque.
Così giugnemmo alla città* ioprana
Nel tempio pria che dedicò Sul pizia
Per fpegner della mente fiamma infana- 183
Pafìàmmo al tempio poi di Pudicizia ;
Ch accende in cor gentil* onefte voglie,
Non di gente plebea, ma di patrizia.
Ivi fpiegò ìe gloriofe fpoglie
La bella vincitrice: ivi depofe 185
Le fue vittoriofe, e fa ere foglie:
E '1 giovane Tofcan che non afeofe
Le belle piaghe, che'lfernon fofpetto ;
Del comune nemico in guardia pofe ,
Con
. >
:

DELLA MORTE, ^n
Con parecchi altri ;e fummi'i nome detto 190
D' alcun di lor, come mia (corta feppc
Ch' avean fatto ad Amor chiara difdetto
Fra quali vidi Ippolito , e Giofeppe

DE L T R I O N F O
DELLA MORTE
CAPITOLO PRIMO.
QUesta leggiadra) e gloriofa Donna»
Ch' è oggi nudo- fpirto , e poca terra»
1
'

E
fu già di valor alta colonna;
Tornava con onor della fua guerra _

Allegra, avendo vinto il gran nemico 5


Che con fuo' inganni tutto'l mondo atterra ,
Non con altr' arme che col cor pudico ?
E col bel'vifo) e co' pensieri fchivi ;
Col parlar faggio j ed'onelìateamico.
Era miracol novo a veder quivi 10
Rotte P arme d' Amor* > arco, efaette;
E quai morti da lui, quai prefi vivi.
Li bella Donna 1 eie compagne elette
Tornando dalla nobile vittoria
In un bel drappelletto ivaii riftrerte . 15
Pcche eran ; perchè rara ù vera gloria:
Ma ciafctina per sè parea ben degna
Di poema chiarinìmo , ed'UToria.
Era la lor vittoriola iniegna
campo verde un candido armellino »
In to
Ch' oro fino > e topazj al collo regna.
Non uinan veramente , ma divino
Lor' andar' era, e lor fante parole:
'
Beato è ben chi Jiafce a tal delìino
3 N Stel-
.

J-94 DEL TRIONFO


Stelle chiare pareano» e 'n mezzo un Sole tj\
;
Che tutte ornava } enontogliea lor villa;
Di roft incoronate» e di viole.
E come gentil cor' onore acquifta ,
Così venia quella brigata allegra
;
Quand'io vidi un'infegna ofcura>e trifla, 30
Ed una donna involta in vefta negra
Con un furor qual* io non fo fe mai
;
Al tempo de' giganti foflè a Flegra ;
Sì mone, e dille : O
tu Donna > che vai
Di gioventute , e di bellezze altera , 35
E
di tua vita il termine non fai;
I' fon colei che sì importuna , e fera
Chiamata fon da voi, e lordai e -cieca »
Gente a cui fi fà notte innanzi fera.
>
I' ho condott* al fin la gente Greca , 4.»
E la Trojana , »1P ultimo i Romani
Con ia mia fpada ; la qual punge , e fecà
;
E popoli altri barbarefchi, e ftrani;
E giungendo quand' altri non m' afpett3j
Ho interrotti mille penfier vani
Or* a voi quand' il viver più diletta
5
Drizzo ! mio corfo , innanzi che Fortuna
Nel voftro dolce qualche amaro metta .
la coftor* non hai tu ragione alcuna ,
Ed in me poca» foioin qucfta fpoglia ; 50;
Rifpofe quella che fu nel mondo una:
Altri fo che n' ara più di me doglia
;
La cui fa Iute dal mio viver pende :
A
me fia grazia che di qui mi fcioglis.
Qual' è cfii'n cofa nova gli occhi intende, 55
£ vede ond' al principio non s' accorfe;
Sicch' or fi maraviglia, or fi riprende;
Tal fi fè quella fera : e poi che *n forfè
Fu fiata un poco, Ben le riconofco,
Di0e ; e fo quando '1 mio dente le morie. 60
Poi
,. ..

DELLA MORTE CAP- I. «M


Poi col ciglio men torbido, e men folco
DifTe : Tu, chela bella fchiera guidi,
Pur non fendili mai mio duro tofco.
Se del configlio mio punto ti
fidi ;

Che sforzar polTo ; egli è pur il migliore «s


Fuggir vecchiezza , e fuoi molti tatuai
1
l'fon difpofta farti mi tal onore,
Quaf altrui far non foglio; echetupafli
Senza paura, e fenz' alcun dolore.
Come piace al Signor che 'n Cielo (talli » 7<a
E indi regge, e tempra l' umverfo ;
Fami di me quel che degli altri latti..
, Così rifnofe ed ecco da traverfo
:

Piena di morti tutta la campagna :


Che comprender noi può profamè verio- 75
Da India", dal Catai, M arrocco » e Spagna
Il mezzo avea già pienoe le pendici
,

Per molti tempi quella turba magna


Ivi erao quei che far detti felici}
Pontefici, regnanti, e'mperadori i So _

Or fono ignudi , miferi , e mendici .


U' fon or le ricchezze ? u' fon gli onori
1

E le e glifcettri, e le corone»
gemme,
Le mitre con purpurei colori?
Mifer chi fpeme in cofa mortai pone : 85
( Ma chi non ve la pone ? ) e s' ei fi trova

Alla fine ingannato, è ben ragione.


0 ciechi, il tanto affaticar che giova?
Tutti tornate alla gran madre antica}
E'1 nemevottro appena fi ritrova. 90
Pur delle mille un'utile fatica ;
Che non fian tutte Vanità palei! >
Chi 'mende i veltri ftudj sì mei dica ,

Che vale a foggiogar tanti paefi,


. E tributarie far le genti tirane 95
Conglianimial fuo danno fempre accefi?
N 4 Dopo
. .
.

BEL TRIONFO
Dopo l'impreie perigliofe, e vane,
E co! fangue acquiftar terra, e te- foro,
Via più dolce fi trova l' acqua , e'I pane n
E J vetro,e'I legno,che le gemme, e l'oro: ict
Ma per non feguìr più sì lungo tema,
Tempo è ch'io torni al mìo primo lavoro..
1 dico che giunt' era 1* ora eltrema
Di quella breve vita gloriola ,
E'I dubbio pafio di che'i mondo trema. lÉ
Er' a_ vederla un* altra vàlorofa
Schiera di donne non dal corpo fciolta
(
Per laper s» efier può Morte pietofa-
Quel fa bella compagna ex' ivi accolta
Pur' a veder, e contemplar il -ti ne ito
Che far con vi enfi , e non più d' una volta.
Tutte fue _amic.be, etutteeran vicine: I
Allor di quella bionda tefla fvelfe .

Morte con la fua mano un'aureo crine.j


Così del mondo il più bel fiore fcelfe; u£
Nongià per odio, ma per dimoftrarfi
Più chiaramente nelle cofe eccelfe .
Quanti lamenti lagrimoii fparft
Fur tri, eflendoquei begli occhi afeiutti
Per ch'io lunga ftagion cantai, ed arfi I ntì
E fra tanti fofpiri, e tanti lutti
Tacita, e lieta foia fi fedea,
Del fuo bel viver già cogliendo i frutti
Vattene'in pace, o vera mortai Dea,
Diceano : e tal fu ben ma non le valle 115
;

Contra la Morte in fua ragion sì rea


Che fia dell'altre, fequefi' arfe , ed alfe
In poche notti , e fi cangiò più volte ?
O umane fperauze cieche , e faìfe .'

Se |a terra bagnar lagrime moke i;o


Per la pietà di quell'alma gentile;
Ch'il vidi , il fa :. tu'! penfa che l 5 afcolte
L'ora
.

DELLA MORTE CAP. I. 197


L' ora priin' era ,e '1 dì fefto d' Aprile ;
Che già mi ftrinfe ; ed or, laflb, mi lciolfe :
Come Fortuna va cangiando ftile. 135
Neflun di fervirù giammai fi dolfe >
Uà ci morte , quant' io di jibertate ,

E della vita ch'altri non mi tolfe.


Debito al mondo, e debito alj' estate
Cacciar me inanzi;ch'era gatto ì primaju0
Nè a lui torre ancor fua dignitate
Or qual fufle '1 dolor } qui non fi ftima
Ch' appena ofo penfarne; non ch'io fia
Ardito di parlarne in verfo , o'nrima.
Virtù morta è, bellezza v e cortefiai 145
Le belle donne incorno al catto letto
Trifle diceano ; Ornai di noi che fia ?
Chi vedrà mai in donna a ro perfetto?
r

Chi udirà '1 parlar di faper pieno ,


' 15O
E'1 canto pien d'angelico diletto
Lo fpirto per partir di quel bel feno
Con cutte fue virtuti iu sè romito
Fatt' avea in quella parte il ciel fereno.
NeTun degli avverfari fu sì ardito,.
Ch'apparile giammai con villa ofeura» 15S
Fin che Morte il fuo affaUo ebbe fornito .
Poi che deporto pianto > e la paura 5
il

Pur'albel era ciafeuna intentai


vili»

E per difperazion fatta_ iicura;


Kon come fiamma che e {órsa è tpenta , 160
Ma che per sè medefma fi confume j
Se b' andò in pace P anima contenta
A p lì fa d'un foave , e chiaro lume,
i

Cui nutrimento a poco a roco manca;


Tenendo al So' il fuo ufato cortame ; 165
Pallida nò , ma più che nove bianca ,
Ch~ fenza vento in un bel colie fiocchi;
Parca pofar , come perfoha fianca .
JJ 5 Ouart'
. .

198 TEL TRIONFO


Quafi un dolce dormir ne' fuoi begli occhi»
Sendo lofpirto già da lei divifo 170
Era quel che morir chiaman gli iciocchi
Morte bella pare a nel fuo bel vifo

DEL TRIONFO
DELLA MORTE
CAPITOLO SECONDO.
LA notte che feguì 1' orribil cafo 1
Clic fpenfe '1 Sor,anzi'l ripofe in Cielo;
Ond'io fon qui com.' uom cieco rìmafo T
Spargea per l'aere il dolce eftivo gielo, I
Che con la bianca arnica di Titone J
Suoi de' fogni confali torre il velo;
Quando Donna fembiante alla ftagione»
Di Kemrne orientali incoronata
Moffe ver ine da mille altre corone;
E quella man già tanto defiata 10
A ine parlando , e fofpirando porfe ;
Ond' eterna dolcezza al cor m' è pata «
Riconosci colei che prima corfe
I parli tuoi dal pubblico viaggio»
Come'l cor giovenil di lei s'accorfe. ij
Così penfòfa in atto umile» e faggio
S* a flìfe » e feder femmi in una riva»
La qual 'ombrava un bel Iauro,ed un faggio.
Come non conofco io Palma mia Diva ?
Rifpofi in guifa d'uom che parlai ploralo
Dimmi pur , prego , fe fei morta j o viva •
Viva fon' io ; e tu fei morto ancora
Difs' ella : e farai fempre infin che giunga
Per levarti dì terra V ultimerà.
Ma
, ,.

DELLA MORTE CAP. II. ìW


voglia e lungaiij
Ma'l tempo è breve.e noftra
e '1 tuo dir ftrmgi e frena
Però e' avvifa ;
,
aggiunga.
Anziché Adorno giàvicmn
Ed io Al fin di quell; altra ferena
,

C hi nome Vita ; che


per prova I lai
'1 morir' è SÌ gran pena . 30
Dehdirami fe
dietro vai j
Rifpofe: Mentre al vulgo
dura;
Ed ali' opinion fua cieca, e
Effer felice non può' tu
giammai-
oleura
La Morce è fin d' una pngion
A gli animi gentili: àgli altri è noja , 35
C hanno pofto nel fango ogni
lor cura
annoja
il morir mio , che
sì t
Ed ora
Ti farebbe allegrar , fe tu fendili
La millefima parte di mia gioia
Così parlava; e occhi ave' al Cielnlìi 40
gli
Divotamente : poi mife in »le n zi°
dilli :
Quelle labbra rofate ; infin eh' 10
Siila", Mario, Neron ,
Gajo, eMezenzio;
Ranchi, ftomachi, febbri ardenti fanno
ajenzio- 45
Parerla morte amara più eh
Negar diffe, non poflb che 1 afianno
torte ,
Che va innanzi al morir , non doglia
E più la tema dell' eterno danno :

Ma pur che I» alma in Dio fi «contorte 50


,

E '1 cor,che 'n s<* medefmo forfè e lalio;


Che akroch' un fofpir breve è ia morte?
1' avea già vicìn 1* ultimo palio,
pronta ,
La carne inferma, e 1' anima ancor
ballo -
Quand' udì dir in un fuon trillo, e
?S
O mifero colui eh' i9 giorni contandarnovive,
. .

Epargli l'un mi» anni, e


raffronta.
E feco in terra mai non li
rive;
cerca l mar», e tutte le lue
J
E
ovunque e' fofle, tenne ;
E fempre un itile ,

o Ieri ve 60
Sol di lei penfa, o di lei parla , .

{4 6 A llof "
'

Sco DEL TRIONFO


AUor' quella
in parte onde '1 fuoo venne ,
Gnocchi languidi volgo, e veggio quei:
Ch ambo noi , mefofpinfe, e te ritenne
Riconobbila volto , e alla favella :
al
Che fpefib ha già 'I.mÌo cor mcconfolatOj.fi
Or grave , e faggia , "allor' onefta , e bella
E qtiand' iofui nel mio più bello flato,
J^JJ'età mìa più verde, a te più cara
Ch adir, ed a pen-far a molti ha dato
Mi fa. h vita poco men che amara
A rifletto di quella manfuetaj , 7
'E dolce morie, eh' a' mortali é
• rara.
Che 'n tutto quei mio paffòter'i» più 1)9
Che quii d' efilio al- dolce albergo riede
• Se non che mi fi-ri ngea fol dite pitta- 5
Deh, Madonna*, diiV io, per quella fd
Che vi fu, credo,: al tempo manifcfta,
Or p-iti nei volto di chi tutto vede >
Creovvi Amor penile r mai nella tetta
D* averbietà del mio lungo martire, t
_,^oa fidando Veftr'' alta- imprefa otielìa
Ch e voftri dolci fdegni ele dofc'lre, 4 >
Le dolci paci ne' begli occhi fcritte
Tenner moW anni in dubbio i! mio delire
Appeuna ebb'is quelle parole dkte, £
ChV vidi lampeggiar quel dolce rifo
Ch un Sol fu già di mie v ;
rcuti afflìtte
Poi diffe fofpirando : Mai divila
Da te non fu'I mio cor , nè giammai fia
Ma temprai la tua fiamma col mio vifo 91
Perchè a falvar te , e me nulP altra via
Era alla nofira giovinetta f ima t
Nè per- forza è però madre men pia.
Quante volte difi'io; Quelli non ama;»
Anzi arde;ondecouv]'ech'aciò provveggia
E mal può provveder cbi teme , 0 brama
Quel
, , .

DELLA MORTE 391 CAP. IL


veggia
6uel di for miri , e quei dentro non
:

Quello fu quel che ti rivolle ,


eltrmie
Spefl'o cavai fren , che vaneggia .
; come
Vn di mille fiate ira dipinfe JS**
Il volto mio ; ch'amor'
ardeva il core;.
voglia in me ragion giammai
no vinte.
Ma
Poi fe vinto ti vidi dal dolore :

ioavenieute ,
Drizzai 'n te gli occhi alter
105
Salvando la tua vita , e'1 noflro onore ,
E fe fu paffion troppo poflente ;
£ fronte, e la voce a lalutarti
la
Mofiì , or timorofa , ed or dolente . _

teco mie' ingegni , e mie


arti.
ftuefti fur
Or benigne accoglienze, ed ora idegm: 110
parti -
Tu'l fai' n' hai cantato in rnoite
che
pregni
CV i' vidi gli cechi tuoi talor sì
Di hgrime, ci' io dirti ; Queftiècotle
A morte, non 1' aitando ; i' veggio 1 legni
Allorprovvidì d' onetto foccorfo : "5
T.ilor ti vidi Cali fproni affianco,
duro morto.
Ch' i'diifi- Qui convien più
vermiglio, freddo, e bianco,
'Cosi caldo,
Or trillo, or lieto infili qui t ho "condutto
aio
Salroiond'icmi raHcgrwbenchè «aco-
Ed io Madonna , Miai fora gran frutto.
,

'1 crederti.,
Quelle d' ogni mia fè,pur eh' 10
Dilli tremsndo, e non col vifo asciutto
Di pcea fede ; or' io , fe noi iapefli , .

'Wirei ? i*S
Re non foffe ben ver , perchè
R'dpofe ; e *n villa parve s' accenderti
.

$' al mondo tu- piacerli a gli occhi


miei
nodo
Quello mi taccio: pur.fpiel dolce
intorno al cor avei :
Mi piacque afsai eh'
Epiacemi'lbel nome (fe'lver odo) 1.50

Che lunge, e prefso co! tuo dir acquith ; m


modo.
Uè mai'ittao amor richiefi altro che
,, .

DEL TRIONFO
3oi
Quel mancò iolo : e mentre in atti trilli
Volei moilrarmi quel eh' io vedea Tempre
Il tuo cor cbìufo a tutto'l
mondo aprirti. j 3 i

Quinci inno gelo, ond' ancor ti diftemprei


Che concordia era rai deli' altre cofe
Qual giungeAm^pureh'onerhte ii tépre,
tat quali eguali in noi fiamme amorofe,i
Aimen poi ch'io m'avvidi del tuo foco:i4fl
Ma un l'appalesò V altro P afeofe
1
, .
1 mercé chiamir g ià reco,
ri" j» io tacea
Quand
-

perchè vergogna , e tema


:

1-acean molto defir parer sì


poco,
^oneminor'ilduul-erch'altri'lpremaii^
A'é maggior per andarfi
lamentando :

Ferhzio„non crefee il ver, ne feema


Ma non fi ruppe aimen' ogni vel
qu-.ndo
iola i tuoi detti te prefente accoliì
Ut, pthnon of„ ,7 r.ofiro amor,
cantando?'^
l eco era 1 cor' , a me gli occhi
raccolfi :
"icio, come d'iniqua parte, duolti : 4|
*e1 m^gho^'i più ti diedi, e'1
men ti tolti :
penti che perchè ti ioffer
tolti
jóen mille volte, e più dj mille
e mille 155
Kenduti , e con pietate a te tur volti,
•fc irate foran lor luci tranquille
fempte
ver te ; fe non eh' ebbi temenza
pelle pencoloie tue faville.
iiu ti vo'dir, per non iafeiarti
fenza i*J
Una conci uiion eh' a te fia grata
*orle d udir in fu nuefta partenza :
In tutte l'altre cofe
affai beata ,
l'iuna fola a me iteffi difpiacqui
;
Che n troppo umil terre mi trovai natati
-luolmi ancor veramente eh'
io non nacqui
Aimen più preffo al tuo fiorito nido;
Ma affai fu bel paefe ov' io ti piacqui . .

Che
, .

DELLA FAMA CAP. I. 5*1


'I cor , del qua!
Tol io mi rido
Cfce potea
ignota , ,170
Volgerli altrove , a te efiendp
e di raen grido.
Ond' io fora men chiara ,
Oneftonò, rifpos' io perche la rota
:

alzava a tantoamore
Terza del ciel m'
,

Ovunque folle , flebile , ed i mmota .

Or che fina, dif/ella,


iV ebbx onore
per tuo diletto
Ch' ancor mi £gue : ma
dell ore .
Tu non t' accorgi del fuggir
dell'aurato letto
Vedi l'Aurora
giorno, elSo.e
Rimenar a morrai! 1
al petto. i.«
Già fuor dell' Oceano infin
-Onefh vicn per partirci ,
onde mi dole;
S' l dir hai altro ,
fìudia d'effer breve >
E col tempo difpeafa le parole-
e leve ,
ÒuantMo fofferfi ma. , foave ,
X Diffi m'ha fatto il
,
parlar do ce, e pio , 1 8 S
, e
greve
Ma 1 viver fenza voi m' e duro ,sio
Però faper vorrei , Madonna
per tempo .
Son per tardi feguirvi , 0 fe
creder mio,
Ella già moffadilìe; Al
tempo . iS®
Tu 1W in terra fenza me gran

DEL TRIONFO
DELLA FAMA
CAPITOLO PRIMO.
volto
DApoi che Morte trionfò nel
me fteffo trionfar , folea
Che di
tolto
E fu del noltro mondo il iuo Sol ,

rea ,
Panini quella difpietata* e
vifta , orribile , e
fuperba , s
Pallida in
Che'l lume di bcltate fpeoce-av^;
. ,

3<H DEL TRIONFO


Quando mirando intorno fu per l'erbai-
Vidi dall'altra parte giunger quella
Che trae l'uódel fepolcro,e'n vitailférw
.
QwV in fui giorno l'amorofa fte! la (
Suol venir d'Oriente innanzi al Sole >
Che s'accompagna volentier concila;
Cocal venia: ed io, Di quali fcole
Verrà '1 macftro che deferiva appieno
Quel eh' i' vo' d;r in femplici parole? i
Era d'intorno il. ciel tanto fereno,
Che per tutto'l deuo ch'ardea nel core , :

L' occhio mio non potea non venir meno


Scolpito per le fronti era 5 J valore
Dell' onorata gente : doy'io feorfi jc
Moki di quei che legar vidi Amore .

Da man deftra , ove gii occhi prima porfi


La bella Donna avea Cefare , e Scipio ;
Ma qusi più prelTo, a gran pena m' accori! :

L' un di Virtute, e nond' Amor mitici oio3


L' altro d' entrambi e poi mi fu inoltrata
:

Dopo sì gloriofo , e bel principio


Gente di ferro, e di valor' armata;
Siccome in Campidoglio al tempo antico
Talora per Via Sacra , o per Via Lata. 3C
Veniali tutti in quell'ordine ch'fdico:
E leggeafi a cialcurio intorno al ciglio
Il nome al mondo più di gloria
amico .
I era incento al nobile bisbiglio,
Al volto, a gli atti: e di que* primi due
L ' un leguiva il nipote , e l' altro il figlio35 \
Che fol feiiz'alcari par' al mondo fue :

E quei che >oiferV nemici armati


Chiuder il paffo con le membra fue
*
Duo^ padri da tre figli accompagnati; 40
L'un giva innanzi j e duo ne venìan dopo;
E l'ultim'era'l primo tra' laudati
j. 07
,., ,

DELLA FAMA CAP. L 3«5


guifa d' un P»">F<>
Poi fiammeggiava a
e con a mano
Colui che col configli©,
uopo, 4S
A tutta Italia giunfe al maggior e v^o»
notturno ,
Di Claudio dico; che
purgar venne
Come '1 Metauro vide , a
campo Romano
Di ria femenza il buon
Egli ebbe occhi al veder' al volar penne;
apprei.o, 5*
Ed un gran vecchio il Rodava
,

bada tenne
Che con arte Annibalica

_
eiso.
Un' Fabio, e duo Caton con
altro
duo Marcel
Duo Paoli, duo Bruti, e
non se tic so ,
Un Regol, ch'amò Roma ,e !

WUjJ
.fi. più
Un Curio', ed u» Fabrizio, Mida o Crai&o
Conia lor povertà che , ,

furoo nbelh.
Con Toro, ond'avirtu
:folc,ur
Cincinnato , eSerran, che
gran Ummiltó
Senza coftor non vanno: e
1

Di viver prima, che di ben far latto.! 6°


c.el forti lo.
Perch'asì alto grado il
riconduce
Che foa chiara virtute il
dipartili*» •

Ond' altrui cieca rabbia


Poi quel Torquato che
'1 ngW
percufie ,
t>5
lotterie
E viver orbo per amor
Della milizia , perch'orba
non f*.
1' altro , che col petto
aperfe
L' un Decio , e
fiero voro.
Le fchiere de' nemici o :

marte offerte .
Che'l P adre : e'l figlio ad una
devoto 7 «
Curdo con lor venia non meri
lo Leco
Chedisè, e dell' arme empie
orribilmente voto.
In mezzo '1 foro
Mummin , Levino .Attilio ej«g*f«» ;

Tito Flaminio ; che con torza > iole


,

.Greco ?5
Ma con pietate il popò
affai più
.

Eravi quel che'l Re di


Sina cinte
e con la fronte
D^nn magnanimo cerchio ,
E con la lingua a fi» voler
lo ««g*^
.,

DEL TRIONFO
*>«
E quel eh aroaato fol difefe il monte, 1
Onde poi ft, fofp-uto ; e quel che
Colo lo
C nera tutta Tofcana ten ie il
-onte;
n me2zo dcl nemico ittiolo
«- »
Molle la ramo indarno,
e rofeia l'arfe,
Siieco irato , che non fenti '1
i

duolo •

Echi n mar prima vincitori


parfe
'
S,
Lontra Cartagine!! e chi {ornavi ;

fiaSicdiay eSardigna ruppe, efparfe.


Appio conobbi a gli occhi fuoi che '
, gravi
J-uroo empre, emok-fti all'umil
,

plebe-
Poi ridi un grande con
atti foavì
E fe non che 'I fuo lume all' elW,o; hebe,00
Fors e^a 'I primo ; e certo fu
fra noi
yual bacco , Alcide , Epaminonda
a •
Tebe
e 81 vi er tr °PP°
A ? ^ £
QuelP ch ^
e del eftrfgo
• e vidi poi
i' deftro, e leggiero
bòbe 9s
I nome ; e fu '|
degli anni fuo i fior •

E quanto in arme fu crudo , e fevero


,
Fanto quel che'I feguiva , era
benigno :
«on io le miglior duce, o cavaliero .
Po. venia quel che 'I livido
maligno 10 o
rumor di languebene oprando o porcile
;
Volumnio nobil d'alta laude ḍ> no
Collo Fi on, Rutilio, e dalie
,
fpe3e
-Lucundiiparte tre foli ir vedeva,
E m ebra ro tte ,e fm ag a te a rme,e fefle, I i
i oj
-Lucio Dentato , é Marco Sergio
, e Sceva
Quei tre folgori , e tre feogìi di guerra
l
Ma 1 un rio 1 uccello r di fama leva *
Ml P 0i S.he Giugarta, e i Cimbri atterra
r
) l? ,
' edelco furor e Fulvio Fiacco, it 0
! ;
Cu
agi ingrati troncar a bel Audio erra -
E più nobile Fulvio ; e fol'
I
un Gracco
Di quel gran nido; é Cattilo inquieto,
OHe te 1 popò! Roman più volte feacco-l
E quei
, , 5
.. .

DELLA FAMA CAP. IL


be o f71 1
altrui bea» , e
E quel che parve
chiaro ù vede
Non dico fu che non :

Un cor'infuo altofecreto,
chiirfo
padre, ^r;de;
Metello d co; efuo Numidi
Macedonia , e de'
Che già di
E di Creta, e di
Spagna adduffer prede, no

^o^^Si^eìlo^l^: principi fidi


Trajan
E'1 buon Serva , e
,

Elio Adriano, e
M tuo Antomn Pio i
infino a Marco ; US
Bella fuccéffione
il naturai defit. .
Ch' ebter' almeno
.

con gh occhi varco ,


Mentre che vago oltra
VdM gran Water', e i regi cinque:
di ma pefo carco .

L' altr' era in terra 130


Come adiviene a chi virtù rehnque-

DEL TRIONFO
DELLA FAMA
CAPITOLO SECONDO.
maraviglia
d'infinita, enobil
PTeìj il buon popol
di Marte ,
Prefi a mirar
mai firmi ìarmgìia
CV al mondo non fol'antiche carte.
Giuaneala-vifta con
Ove fon nomi , e i iommi pregi 5
gli alti ,

gran parte
E fentia nel mio dir mancar

egregi
M, disiarmi i peregrinicantato mv^&
Annibal primo . e quel
gran fregi
Achille diedi fama ebbe
,
io
I duo chiari
Trojan J e» duo granPeri
Indi
figliò, che da Pella agi
Filippo, e'1
viiife paefi diverto
.
Correndo
.

3.oS DEL TRIONFO


vidi I'afer* -Aleflaodr» non iunge indi '

Non già correr così ,ch'ebb'altro incoino


Quinto de! vero onor , Fortuna, feindi! 1
ItreTeban ch'iodiffi, in un bel groppo;!
Nell'altro, Ajace , Diomede, e UlìfTef
a
6 ^ ei "° ^ mondo veder troppo.
Netto r, che tanto feppe, p tanto vi (Te;
AgàCKtmòn , e Menelao, che nfpofe «
Poco felici ai mondo ter gran riffe ,

Leonida, chVfuoi !ìeto propoie :

Un duro prandio, una tarribil cena;


E g poca piazza mirabil cofe,
Alcibiade) che sì fpeiTo Atena
-,

Come fu fuo piacer, volfe, erivolfe


Con dolce lingua , e con fronte ferena .
M l de '
he J §ran g io §° a Grecia tolfe;
^?1 fbuon' cfigliuol
E ]

, che con pietà perfetta


Legò sè vivo , e ! 1 padre morto fciollè . jd
Temiltocle, eTefèo con quella fetta:
Ariftide, che fu un Greco Fabrizio ;
_ A tutti fa crudelmente interdetta
La patria fepolturai e l'altrui vizio
Illullra lor che nulla meglio (copre
:
3y
Contrarj duo , ch'un pieciol'interflizio .
Focion va con quelli tre di fopre,
Che di fiia terra fu fcacciato
e morto;,

Molto contrario il guidardon dall'opre!


Concio mi volli, il buon Pirro ebbi icorto 40 ,
E'i buon Re Mafiìniffa egli eraawifo
:

D'efìfer fenza Roman i


ricever tono
, .
Con lui mirando quinci , e quindi filo »
Ieron Siracufau conobbi , e '1 crudo
Amilcare da lor molto divifo. '

Vidi, qual'ufci già del foco ignudo


II Re di Lidia; rmnifefto efempio,
Che poco vai centra Fortuna feudo
Vidi
.

DELLA FAMA CAP. IL 1*9


fcidi Siface pari a fimil fcempio:
molta ; s°
,1 Breimo , lotto cui cadde gente
tempio .
E poi cadd'ei forto ff.moio
'1
;

popol folta (So,


Ilo abito diverfa, in
alti er-
, Fu quella fchiera:e métte gli occhi
raccolta :
Vidi una parte tutta in sè
.

Eche volfea Dio far grande albergo 55


quel
primo
! Perabitar fra gli uomini , era 1 ;

Ma chi fè V opra , gii venia da tergo


:

A lui fu deftinato : onde


da imo
Perdute al fommo l'edificio tanto,
co
Non tal dentro architetto, com lottimo.
Poi quel eh' a Dio f.miliar fu tanto .

In grazia a parlar feco a


faccia a faccia ;

ne può dar vanto


Che nenun' altro fe
:

s'allaccia,
Equel che , come un' animai
Con la lingua ponente lego il Sole, «S
Per giugner He' nemici luoi
latracela.
gentil chi Dio ben cole ,
.'

|0 fidanza
Quanto Dio ha creato, aver loggetto,
f

FI ciel tener con templi" parole


;

o
padre nuftro, a cui tu detto 7
Poi vidi 'l
loco
!
Ch'ufcifle di tua terra, egifle al
Ch' ah* umana fatute era già eletto
:

cui tu gioco
Seco 'Inolio, e" nipote, a
1
1

iaggio e catto
Fatto delle due f ofe; e '1
'

Giofef dal padre lontanarli un


poco, ys
Poi (tendendo la vifta, quant'
io ba^to ,

Rimirando ove i' occhio ol tra non va rea ;


guaito :
Vidi '1 giudo Ezechia , e Sanfon
arca ;
Di qua da lui chi fece la grand'
torre , So
E quei che cominciò poi la gran
Che fu sì di oeccato , e d' error carca
:

Poi quel buon Giuda a cui


neflun può torre
franco ;
Le lue leggi paterne , e invitto , e
Cora' uomche per giultizia a morte corre .
Già

_
, ,

Sto DEL TRIONFO


Già era ii mìo defir preffo che fianco;
Quando mi fece una leggiadra vifta
Più vago di veder eh' io ne fofs'anco .
Io vidi alquante donne ad una lifta ;
Antiope, ed Oritia armata » e bella
Ippolita del figlio afflitta, e trilla
;
EMenalippe, e ciafcuna si fnella,
Che vincerle fu gloria al grande Alcide
s
Che una ebbe , e Tefèo l'altra forella
l

La vedova che sì ficura vide


Morto '1 figiiuol ; e tal vendetta feo
Ch' uccife Ciro , ed or Sia fama uccide
Però vedendo ancora il fuo fin reo
Par che di novo a fua gran colia nioja
;
Tanto quel di dei fuo nome perdèo •
Poi vidi quella che mal vide Troja ; n
E fra quelle una vergine Latina,
Ch'in Italia a Trojan' fè tanta noja-
Poi vidi la magnanima Reina,
Ch' una treccia rivolta , e l'altra fparfa
Corfe alla Babilonica ruina. ti

Poi vidi Cleopatra; e ciafcun'arfa


D'indegno foco : e vidi in quella trefca
Zenobia del fuo onor' aliai più fcarfa.
Bell' era , e iteti? età fiorita , e frefca :
Quatoi più giovétute,e 5 n più bellezza,!]
Tanto par eh' onefìà fua laude a cere Tea i

Nel cor femmineo fu tanta fermezza >


Che col bel vifo, e con l'armata coma
^Fece temer chi per natura fprezza ;
5
I parlo dell'imperio alto di Roma, ti
Che con arme affai io, bench' all'eflremi
FofTe al noftro trionfo ricca foma.
Fra i nomi che'a dir breve afeondo, e prem
Non fia Giudit la vedovetta ardita i
Che fè'l folle amador del capo ice tuo il .

Ma
. .

DELLA FAMA CAP fi. Sii


WaNino, ond'ogn' iftoria umana è ordita»
D ve Lfs'io? e 'i luo gran fuccefTore ,

Che fuperbia conduce heftialvita? a


Belo dove rimali, fonte^d' errore ,
Non per fua colpa? dov' è Zoroaftro , 115
Che dell'arte magica inventore?
fu .

E chi de'noftri duci che 'a duro altro


Patti r Eufrate , fece'l mal governo,
1'

All'Italiche doglie fiero impiaftro?


Ov' è '1 gran Mitridate , quelP eterno i jo
Nemicode' Roman' , che sì ramingo
Fuggì dinanzi alorlaflate, e 'I verno?
Molte gran cofe in picciol fafeio aringo
Ov'è'l Re Artù , e tre Cefar Augufti ; i

Un d'Aft"rica,un di Spagnaio Lotengo?i35


Cingean coftu' i fuoi dodici robufti :

Poi venia folo il buon duce Goffrido 5


Chefè l'imorefa fanta, e i paffi giufti
Quello ; di eh' io mi fdegno, e 'ndarno grido ;

FeceinGierufalem con le fue man» 14*


Il mal guardato-, e gii negletto nido -

Ite, fuperbi, e miferi Criftiani ,


_

Conlumandolun l'altro: e non vi caglia,


Che'l Seiotcrodi Cristo è in man di cani.

Raro, oneffunch'in alta fama faglia, i45


Vidi dopo cortili (s' io non m'inganna)
0 per arredi pace, o di battaglia.
Pur, com' uomini eletti ultimi vanno»
Vidi verlo la fine il Saracino
Che fece a'noitri affai vergognai dano 1 $0
Quel di Luria feguiva il Saladino:
Poi'lducadiLancaftro, che pur dianzi
Er'al regno de* Franchi afpro vicino
Miro, coni' uom che volentier s'avanzi,
S' alcuno vi vedeflì , qual'egli
era 155
Altrove a gli occhi miei veduto innanzi
:

Evi-
. ,

^ 311 DEL TRIONFO


E vidi duo j che fi partir jerfera
Di quella nollra etate , -e del naefe :

Coftor chiudean quell' onorata fchiera :

Il buon Re Siciliaii , eh' in alto intefe , i(


E Jange vide , e fu verameot* Argo :

Dall' altra parte il mio gran Colonnefei


Magnanimo j gentil, collante, e largo-

DEL TRIONFO
DELLA F AMI
CAPITOLO TERZO.
non fapea datai villa levarnie;
IOQuand' io udì Pon mente: altro all' Iato
Che s'acquilla ben pregio altro che d'arm(
Voltimi da man manca, e vidi Plato;
Ch'in quella fchiera adò più predo al fegn>
Al qual' aggiunge a chi dal cielo è dato .
Arinotele poi pien d' alt ingegno :
>

Piagora, che primo umi'emente


Fiioiofia chiamò per nome degno:
Socrate, eSenofonte; e quell'ardente 1
Vècchio a cui fu t le Mufe tanto amiche
Ch' A rgo , e M
icena , e Troia fe ne feute
•Quelli cantò gli errori, e le fatiche
Ddfigliuol di Laerte , e della Diva;
Primo p; ttor delle memorie antiche i\
A mao a man con lui cantando giva
Il Manronn che di par feco giqftra
,
;
Ed uno al cui partir l'erba fioriva:
QuelVèquel Marco Tullio in cui fi mnftra
Ch 3'o.quant'ha eloqueza e fruttj,e fìori:W
i ^

Quelli fon gli occhi della lingua noftra


Dopo
, -

DELLA. FAMA CAP. Ili, 3 rj


Dopo venia Demoftene ; che fuori
E' di fperanza ornai del primo loco»
Non bea contento de' fecondi onori :

Uo gran folgor parca tutto di foco : ij


Efchine dica; che 'I potè fentire,
il

Quando predo al fuo tuon parve già roco .


Io non pollo per ordine ridire,
Quello o quel dove mi vedefii , o quando j
i

E qua!' innanzi andar , c qual feguire :


30
Che cofe innumerabili penfando ,
E mirando la turba tale, e tanta >
L' occhio il penfier m'andava defviando .
Vidi Solon j di cui fu i' utii pianta
Che s'è mal eulta > mal frutto produce ; 35
Con gii altri fei di cui Grecia fi vanta
Qui vid* io noftra gente aver per duce
Varrone , il terzo gran lume Romano,
Che quanto 'i miro più , tanto più luce :
Crifpo Saluftio, feco a mano a mano 40
Uno che gli ebbe invidia , e videi torto:
Cicè '1 gran Tito Livio Padoano.
Mentr'io mirava, fubito ebbi feorto
Quel Plinio Veronefe fuo vicino,
A fcriver molto , a morir poco accorto 4 j .

Poi vidi '1 gran Platonico Plotino ;


Che credendo^ in ozio viver falvo,
Prevento fu dal fuo fiero deltino,
fi qual feco venia dal matern'alvo ;
E però providenza ivi non valfe: 50
Po: (-rado, A11 toni o,Or teli o,Galba)eCalvo,
Con Pollion, che 'n tal iuperbia falfe
Che contra quel d' A rpino armar le lingue
Ei duo cercando fune indegne, e falfe .
Tucidide: vid' io, che ben diftingue 55
I tempi , e i luoghi , e loro opre leggiadre ;

E di che fanguc qual campo s' imp'naue .

Rime Petrarca . O Ero-


, . , >.

3,4 DEL TRIONFO


Erodoto di Greca Moria padre
Vidi ; e dipinto il nobil geometra
Di triangoli j tondi, e forme quadre : fio

E quel che'nver di noi divenne petra


Porfirio ; che d' acuti fillogifmi
Empiè la dialettica faretra
Facendo conerà '1 vero arme i fofifmi ;

E quel di Coo, che fè via miglior l'opra, 6j


Se ben'intefi fiolTer gliaforifmi
Appolloj ed Efculapio gli fon fopra»
Chiufi> ch'appena il vifo gli comprende:
Sì par che i nomi il tempo limi, e copra:
Un di Pergamo il fegue e da lui pende
:

L J arte guada fra noi , allor non vile >


Ma breve, e oleum; eì la dichiara ,e [tende •
Vidi Anafarco intrepido, e virile,
E Senocrate più faldo eh' un fafio ;
Che nulla forza il volfe ad atto vile. 75
Vidi Archimede llar col vifo baffo;
E Democrito andar tutto penfofo
Per fuo voler di lume, e d'oro caffo.
Vid' Ippia il vecchierel, che già fu ofo
Dirj 1' fo tutto: e poi di nulla certo, 80
Ma d'ogni cefa Archefilao dttbbiofo
Vidi in fuoi detti Eraclito coperto»
E Diogene Cinico in fuoi fatti
Affai più che non vuol vergogna, aperto;
'

E quel che lieto i fuoi campi disfatti Sj


Vide, e deferti, d' altra merce carco,
Credendo averne iovidiofi patti
Iv' era il curiofo Dicearco,

Ed in fuoi magifterj affai difpari


Quintiliano , e Seneca , e Plutarco . 93
Vidivi alquanti c' han turbati i mari
Con venti avverfi , ed intelletti vaghi;
Non per faper, ma per contender chiarii
.

DELLA FAMA CAP. III. 315


Urtar,come leoni; e, come draghi i
Con le code avvinchiarlhor che èquellotOj
Ch' ognun del fuo faper parche s'appaghi?
Cameade vidi in fuoi fhidj sì delio»
Che pari and 'egli il vero
) , e'1 falfo appena
Si difcernea ; così nel dir fu prefìo.
La lunga vitaj eia fua larga vena ioo
D' ingegno pofe in accordar le parti
Che '1 furor letterato a guerra mena.
Nè'lpotéo far: che comecrebbcr l'arti,
Crebbe l'invidia; ecolfapere infeme
Ne' cuori enfiati i fuoi veneni fparti . io;
Contra 'I buon Sire che 1' umana fpeme
Alzò, ponendo l'anima immortale»
S' armò Epicuro ; onde fua fama geme ;
Ardito a dir eh' ella non folle tale :
Cosi al lume fu fatnofo, e lippo no
Con la brigata al fuo maefìro eguale;
Di Metrodoro parlo, ed' Ariftippo -

Poi con gran fubbio , e con mirabil fuf«


Vidi tela fotti! reflex Grifi ppo
Degli Stoici '1 padre alzato in Tufo ; nj
Per far chiaro fuo dir, vidi Zenone
Moftrar la palma aperta > e'1 pugno chiufo :
E per fermar fua bella intenzione >
La fua tela gentil telTer Cleante ;
Che tira al ver la vaga opinione là*
.

Qui lafcio, piùdilor non dico avante »

O z TRI-
.

%\6
TRIONFO
DEL TEMPO;
D E i. L'aureo albergo con l'Aurora innanr

Sfratto ufeiva '1 Sol cinto di raggi 5


Che detto arcfti 5 E'
fi corcò pur d ianzi

Alzato un poco , come fanno i faggi ,


GuardoiV intorno ; e da sè ftcflo diffe 5 ;

Che pelili' ornai còtrvien che più cunuaggi


Ecco, s'un'uom famofo in terra vide,
E di fua fama per morir non efee ;

Che farà della legge che'lciel fifle?; ,

E fe fama mortai morendo crelce , ìc

Che fpeguer fi doveva in breve veggio


;

Noifra eccellenza al fine; onde m'increfc|


Che più s'afpetta , o che potè effer peggio ?'
Che più nel ciel'ho iojche'n terra un'uomo
Acui efl'er egual per grazia cheggio? rj
Quattro cavai con quanto ftudio corno ^
Pafco nell' Oceano , e fprono , e sfarzo
E pur la fama d' un mortai nori domo .

Ingiuria da corruccio , e non da Scherzo, j


Avvenir quello a mei s' io fofs'in cielo } 'x<
Non dirò primo , ma fecondo , o terzo .
Orconven che s' accenda ogni mio zelo
Si , eh' al mio volo l' ira addoppj i vanni :
Ch'io porto invidia a gli uom;ni,e noi celo
De' quali veggio alcun dopo miir anni j a
E mille 5 e mille , più chiari che 'n vita ;
Edio m'avanzo di perpetui affanni.
Tal fon, quaPera anzi che ftabilita
Foflè la terra; dì, c notte rotando
Pj;r la ftrada rotonda > eh' è infinita . 3<

Poi
, .

TRIONFO DEL TEMPO. 317


Poi che queOo ebbe detto, difdegnando
Riprefe il corfo più veloce aliai
Che fa! con d'alto a fua preda volando.
Più dico: riè penfier poria giammai
Seguir fuo volo ; non che lingua } 0 Itile; 3j
Tal, che con gran paura il rimirai
i Aìior tenn'io il viver noftro a vile
Per la mirabil fua velocitate,
Via più eh' innanzi noi tenea gentile.
I E parvemi mirabil vanitate 40
; 'Fermar in cote il cor che '1 tempo preme /
Che mentre più leilringij fon pafTate.
Però chi di fuo flato cura > o teme >
'

Provveggiii ben, mentr'è l'arbitrio intero ,


Fondar in loco ftabile fua fpeme 4S
)' 1
Chequant'io vidi'l tempo andar leggiero
Dopo la guida fua , che mai non pota ;
, I •
I'no! dirò; perchè poter noi fpero-
l' vidi '! ghiaccio , elìpreiTo la rofa ;

; I
Quali in un pilto il gra freddo,e'l gra caldo;
Che pur'udendo par mirabil cofa •

Ma chi ben mira col giudicio faldo >


Vedrà efier così r che noi vid'io ;
Di checontra me ftefTo or mi rifcaldo .
Se::;: già le fperanze , e'I vati defio :
55
) Or'ho dinari a gli occhi un chiaro fpecchio
Oy'ìo veggio me (reflb e '1 fallir mio
,
:

E quanto pnflTo , alfine ni' apparecchio


Penfando'l breve viver mio nel quale
Sta mane era un faciullo,ed or io vecchio So

[
I
Che più d'un giorno è la vita mortale
Nubilo , breve , freddo, e pien di no]a ;
Che può belia parer, ma nulla vale?
1

Qui I' umnna fperanza ,


equi la gioia :

Qu'i miferi mortali alzan la tefta ; 66


: E neffim fa quando fi viva , o moia .

O 3 Veg-
. , . . . .

3 tt trionfo
Veggio la fuga del mio viver pretta »

Anzi di tutti e nel fuggir del Sole


:

La mina del mondo manifefta


Or vi riconfortate in voftre fole, 70
Giovani; e mifurate il tempo largo]
Che piaga antiveduta afsai mensole-
Forfè che 'ndarno mie parole fpargo :

Ma io v'annunzio che voi fete oflèfì


Di un grave e mortifero letargo "
, .
75
Che volan l'ore > i giorni } e gli anni,e i mefi;
E infeme con brevi dì ino intervallo
Tutti avemo a cercar altri paeS .
Non fate contrai vero al core un. callo t
Come fere ufi ; anzi volgete gli occhi j So
Meutr 1 emendar potete il vollro fallo-
Non afpettate che la Morte fcocchi ;
Come fa la pià parte : che per certo
Infinita è la fchiera degli fci occhi •
Poi ch'i* ebbi veduto t e veggio aperto Sj

Il volar* , e '1 fuggir del graiì pianeti ;

Ond'i'ho danni, e'nganni affai fofferto-j


Vidi una gente andarfen queta queta ,
Senza temer di tempo , o di fua rabbia :
Che gli avea in guardia iftorico 3 o poeta. <K
Di !or par più che d' altri , invidia s'abbia
Che per sè ftefìì fon levati a volo
Ufcendo for della comune gabbia
Con tra coltor colui che fplende folo ,
S' apparecchiava con maggiore sforzo ; 9!
E riprendeva un più fpedito volo
A' fuoi corner raddoppiar' era 1' orzo ;

E la Reina di eh' io fopra diffì


Volea d'alcun de'-fùol £ìS-fardivorzo
Udì dir non fo a chi ma '1 detto feri ffi iof
, ; :

In quefti umani) a dir proprio , liguftri


Di cieca obblivione ofeuri abiffi »
Voi-
, , . 5.

DEL TEMPO. 319


[
Volgerà'1 Sol non pur' anni ma luftri
,

E fecoli visto* d'ogni cerebro : _


'
-

E vedra'il vaneggiar di quelli illuflri , 105


Giunti fur chiari tra Penèo , edEbro,
i
Che fon venuti > o verrà» torto meno
Quant'in fui Xanto,e quant'in vai dìTebro'
Uri dubbio verno, uu'inftabil fereno
E" voftra fama;e poca nebbia il rompe : no
E'1 gran tempo a 'gran nomi è gran veneno.
Ifcflàn voltri trionfi, e voftre pompe:
Paflan le fig norie , padano i regni :
'

Ogni cola morta! tempo interrompe;


E ritolta a'men buon'>non dà a'più degniti 1
E non pur quel di fuori il tempo folve,
Ma le voftr eloquenze e i voftri ingegni
5
,

I Così fuggendo, il mondo feco volvej


L Nè mai fi pofa , nò arreca o torna » ,

! Fin che v'ha ricondotti in poca polve 110 .

I Or perchè umana gloria ha tante corna 1


Non' è gran maraviglia, s'a fiaccarle»
Alquanto oltra l'ufanza fi foggiorna
Ma cheunque fi penfi il vulgo o parie :
Se 't viver voftro non fofie sì breve, i»5
Torto vedrette in polve ritornarle .
Udito quefto ( perchè al ver fi deve
Non contrattar , ma dar penetra lede )
Vidi ogni noftra gloria al Sol di neve :
tempo rimenar tal prede i|°
E vidi'l
De'voftri nomi , ch'i* gli ebbi per nulla :

Benché la gente ciò non fa, nè crede*


Cieca, che fempre al vento fi trafittila,
E pur di falfe opinion fi pafee
Lodadopiù'l morir vece rócche' n culla. 133
Quanti felici fon già morti in fafee!
Quanti miferi in ultima vecchiezza-
Alcun dice; Beato è chi non nafee-
O 4 Ma
Ma
3fto
per
TRIONFO
la turba a' grandi errori avvezza j
Dopo la lui:ga età fia '1 nome chiaro 14Q ;
Che èquefb però che si s* apprezza ?
Tanto vince, e ritoglie il tempo avaro:
Chiamaiì Fan», ed è morir fecondo;
Nèpiù che contra'I-primo , è alcun riparo.
Così*l tempo trionfa i nomi , e'1 mondo . 14;

TRIONFO
DELLA DIVINITÀ*.
DA pm_ che fotto 'I cìel cofa
Stabile , e ferma ; tutto sbigottito
nan vidi

Mi vollì; e dilli; Guarda, inebetì fidi?


Rrfpofi : Nel Signor; che mai- fallito
Non ha prometti a chi fi fida in lui : 1
Ma veggio beiijche'l mudo m'ha fcheruito;
E fento qusl eh' io fono, e quel eh' i' fui
E veggio andar, anzi volar il tempo;
E doler mi vorrei, néfodi cui.
Che la colpa è pur mia che più per tempo 1»
;

Dovea aprir gli occhi } c non tardar al fine :


Ch'a dir il vero , ornai troppo s attempo. m
Ma tarde non far mai grazie divine :

In quelle fpero y che 'n me ancor faranno


Alte operazioni, e pellegrine. »j
Così detto, e rifpofto; Or fe non Hanno
Qiiefte cofe ch'I ciel volge , e governa;
Dopo molto voltar , che fine aranno ?
Quello penfava e mentre più s' inferivi
:

La mente mia, veder mi parve un mondo 20


Novo 1 in etate im mobile » ed eterna ;
E1
J

DELLA DIVINITÀ' , r-i


V\ Sole e tutto '1 ciel disfare a tondo
,

Con le Tue ftelle; ancor la terra e'1 mare , J

E rifarne un più bello, e più giocondo;


(Inai maraviglia ebb'io quando reflare 15
Vidi in un piè colui che mai non flette 1
Ma discorrendo fuol tutto cangiare !
E le tre parti fue vidi riflrette
Ad una fola, é quell'ina efTer ferma 1

Sicché come Iblea, più non s affrette 30 !

I quafi in terra d' erba ignuda , ed erma»


Nèfia,nèfu , nè mai v'era anzi , o dietro ;
Ch amara vita fanno, varia , e'nferrria.
Pala '1 penfier , ficcome Sole in vetro ;
Anzi più affai: pe: ò che nulla il tene 35 :

0 qual grazia mi fia fe mai l' impetro >


,

Ch'i veggia ivi prefente il fommo bene,


Non alcun mal; chefolo il tempo mefee',
É con lui fi diparte, e con lui vene '
R6avrà albergo il 3ol*in Tauro,o'n Pefce;40
Per lo cui variar, nofl.ro lavoro
Or nafce,or more,ed or fcema,ed or crefce>
Beaci flirti, che nel fommo coro
, Si troveranno, 0 trovano in tal gr-c'o,
Che fia in memoria eterna il nome loro! 45
0 felice colui che trova il guscio
Di quello aloeftro', e rapido torrente
C'ha nome Vita , eh' a molti è si a grado!
Wiferala volgare e cieca gente,
,

Che ponquifuef^eranze in cafe tali, 50


Che'!'tempo le ne porta si re ente
0 veramente fordi , ignudi, e' frali ,

Poveri d' argomento , e di e rifi li io , ,

Egri de: tutto, m; eri rriar ta {j


;

&iel che'l mondo governa ;ur c ,,j ciglio ,


5$
Che conturba ed acqueta g'i elementi :
,

Al cui fa per nyn pur'io non m' appi;;''?,


5 it DEL TRIONFO
Ma gli Angeli ne fon lieti, e contenti
Di veder delle mille parti l'una;
Ed in ciò (lanno defiofi , e 'ntenti 6;

O mente vaga al fin Tempre digiuna '

A che
tanti penfieri ? un'ora fgombra
Quel che 'n mok'anni appena fi raguna
Quel che l' anima nofitó preme, e 'ngombraj
Dianzi,adelTo, ier,diman,mattino,e fera,Sj
Tutti in un punto pauserà ti , com'ombra-
Non avrà loco fu , farà , n£ era ;
^Ma è folo > in prefente , e ora > e oggi)
E fola eternità raccolta > e 'ntera .
Quanti fpianati dietro , e innanzi poggi , f
Ch* occupavan lavifta! e non fi 3 ir* cui
Noftro fperar', e rimembrar s'appoggi:

La qual varietà fa fpeflb altrui


Vaneggiarsi, che J l yiver pare un gioco ;

. Penfando pur , Che farò io? che fui?


j
Non faràpiù divifo a poco a poco»
Ma tutto infeme ; e non più fiate, o vertij :

Ma mortoci tempo > e variato il loco :


E non avranno in man gli anni 'i governi
Delle fa me mortali ; anzi chi Sa j<

Chiaro una volta , fia chiaro in eterno *


O felici quell' anime che *n via
Sono » o faranno di venir a! fine
Di ch s io ragiono quandunqu' e' fi fia.'
;

E tra l'altre leggiadre, e pellegrine > 5t;

Beatifiìma lei che Morte ancife


AfTai di qua dal naturai confine '
Parranno allor l'angeliche di vile»
E l 1 onefte parole, e i penfier calti
Che nei cor giovenil Natura mife . 51
Tanti volti che '1 tempo, e Morte Iran guaiti
Torneranno al lor più fiorito fiato ;
E vedrai ove > Amor, tu mi legarti:
Ond*
. , .

DELLA DIVINITÀ. 313


Ond'io a dito ne farò moftraro; .

pianto 95
Ecco chi pianfe fempre, e nel tuo
Sopra '1 rifo d* ogni altro fu beato
:

E quella di cu' ancor piangendo canto


Avrà gran maraviglia di sè Mena
Vedendofi fra tutte dar il vanto.
ciò fia , noi &; faflel
propn'cfla 100
Qinndo :

Tanta credenza a' più fidi


compagni
Di sì alto fecreto ha chi s' appresa
Credo che s' avvicini ; e de'
guadagni
Veri, e de' fai fi fi farà ragione: _

Che tutte fieno allor'opre di ragni . 105


Jedraffi quanto in van cura
fi pone
j
E quanto indarno s' affatica , e luda ;
Come fono ingannate le pedone
Neifun fecreto fia chi copra, 0
chiuda :
Fia ogni confcienzao chiara» oleica
110
Dinanzi tutto '1 mondo aperta » e
nuda :
conolca
E fia chi ragion giudichi , e :
_

Poi vedrein prender ciafeun


luo viaggio *
Come fiera cacciata fi rimbofea ;

E ved'eraffi in quel poco paraggio, US


& ir fuperbi , oro , e
terreno
Che vi
Eflere flato danno , e non 5vantaggio
:

E'n difparte color che fotto 1 freno


ulo
Di modella fortuna, ebbero in
Senz' altra pompa di goderli in
feno .
HO
Quelli cinque trionfi in terra giulo
A veraveduti, ed alla fine il letta,
Dio permettente , vederem lattalo;
E'1 tempo disfar tutto, e così pretto;
1 £ Morte in fua ragion cotanto avara ;
115
Morti faranno infeme e quella, e quello :

E quei che fama meritaron chiara » _

Che'l tempo fpenle ; eibei vili leggiadri


ChVmpaliidir fè'l tempo , e Morte amara ;
6 O L'ob-
.

TRIONFO. DELLA DIVINITÀ':


L'obbJivioo , gli alpetti ofcuri , ed adri , d
che mai bei tornando , lafceranno
Piti
A Morte
j
imperuofa i giorni ladri
Nell'età più fiorita > e verde aranno
Con immortai bellezza eterea fama* !

1
Ma innanzi a tutti eh a rifar
fi vanno,
13
E» quella che piangendo il mondo chiama
j
Con. la mia lingua , e con la fianca penna!
Ma-'l Cieì pur di vederla intera brama.'
A riva un fiume che nafee in Celerina j
Amor mi die per lei sì lunga guerra . jf|
Che la memoria ancorai! core accenna.
Felice fafTo cbe rJ bel vifo ferra '.

Che
poi ch'avrà riprefòil fuobel velo'J
Se beato cti la vide in terra,
fir

Orciefia dunque a rivederla.in Cielo-? j

IL FINE DF TR.ION.FIr

Gì UN-
GIUNTA
D'ALCUNE COMPOSIZIONI
DEI
PETRARCA parte delle qua-
Che lì dicono da lui rifiutate ;

lifi l'ergono in molte altre


edizioni, parte
ti , ed
fifon tratte da libri antichi manuferif
imo'reffi ; e principalmente la Frottola
ri-

portata dal Bembo nel VI. libro del l, volu-


me delle lue Lettene colle propoSe d al-
:

cuni Posti di que' tempi al Petrarca ; e coì-


tetre famofe Canzoni di Guido Cavalcanti,;
diDante Alighieri ,e di Gino da Piitoja , j
primi verfi dalle quali piacque al noftrcr
Poeta d'inferire nella fua Canzone:

me cV ìnon fo in quel parti pieghi ee.


Lajfo ,

pofta a carte $6.


31?

FRAMMENTO T>' UN CAPITOLO


D I M.

FRANCESCO PETRARCA
Cbt in Alcun* tdìvwi fai <»U«*'?
Trionfo dill» Morte .
svanti il

già nell'età matura


ed
Uamti \

gforiofo colle :
Trionfi" ornaro il
Via
Quanti prigion pattar perla
i>mi Sacra
volle
Sotto '1 monarca eh' al Tuo tempo
Far il mondo deferi ver universo:
gli altri folle .

Che'l noni: di grandezza a


fotto quel che non d'
argento terlo
0 fanemgno
Diè ber a' fuoi , ma d'un rivo
.

verio
Tutti poco, o niente foran
QuelKun eh' io dico ; e
^«n^oci
no
fembraffe ur corvo
Non fu giamai, che non
e benigno .
Prefs' al bel vifo angelico ,
E così in atto dolcemente torvo occalo
L'onefta vincitrice in ver 1
e corvo.
Segnò'l HtoTirren fonante,
maggior vaio
Ove Sorga , e Carenza in
CongiSf on le lor chiare, e
acque 5«^de
mioParnato^
La mia Accademia un tepore nacque
Ivi , ond' a gli occhi miei il bel lame
rat tenne
volfe a boo porto ,
fi
Che gli
far prima mi
piacque-
Quella per cui ben

C A-
m GIUNTA
CAPITOLO
E I M,
FRANCESCO PETRARCA
Che in alcune edizioni va innanzi
al Trionfo della Fama.
^^EL cor pien d' amàrirtìma dolcezza
*>ji Riiotiavano ancor gii ultimi accenti
Del ragliar ch'ei fot traina, ed apprezzai
kvoleadjr, Odi miei tariffi?^ e lenti/
Epiù cofealtre ; cfj«iad''io vidi allegra-
Girtene lei fra belle alme lucenti.
AveagiailSol la benda umida e negra: ,

ToJta^dai duro volto della terra,


Ripofo della genti myrtal egra 5
'
;
li loqpo, e quella eh'
ancor' apre, e ferr^
U m;o cor laiTo, appena tini partiti
,
Gn \° vidi
incominciar un'altra guerra .
O Polimnia, or pregot-he m'aiti:
E tu, memoria, il mio fti le accompagni j
Che prende a ricercar divéri] liti;
Uomini , e fatti gloriofì , e magni
Per Je parti di mezzo , e pei" l'eCUemei
Ove fera, e ni itoti il Sol fi b.ignj.
>.

Io vidi moltajBobiJ gerite infieme


}ai*Btegna d'una gran Reina;
.
Che cisforn'ara-a, riye'rifce , e teme.
Ella a veder parsa cófa divina:
E da man deftr 3 avea miei gran Romano
Che iè iti Germania, e'n Francia tal ruiltóa
Auguftff, e Dr u f„ fero a im„à a mano ;'
Eiduo folgori veri di battaglia,
U maggior' , e '1 minor Scipio Affricantìl
ÉPa»
, . .

AL PETRARCA. 319
EPapirio Curfor , che tutto fmaglia
:

Curio, Fabrizio, e l'un , e l'altro


Cato :
FI gran Pompeo , che mal vide Teflagha :

EValerio Corvino, e quel Torquato


Che per troppa pietate ucciie il tiglio ;
E'I primo Bruto gli fedea da lato.
'1 fiume venniglio
Po'il buon villan che fè

Del fero fangue e'1 vecchio ch_ Anniballe


:

Frenò con tacitate , e con configlio :


Claudio Neron, che M capo d'
Afd rubai le
'
Preferito al fratello atpro, e feroce,
Sì , che di duol 1 i fè voltar le fpaile :

Muzio, che lafua deftra errante coce


:

Orazio fol contra Tofcar.a tutta :


Che nè foco , né ferro a virtù noce :
chi con fofpizione indegna
lutea,
E
Valerio di piacer al popol vago
Sì, che s'inchina ; efuacaia èdiftrutta:
Equel eh' e Latin vince fopra'Uago
Resiilo e quel che prima Affrica allalta :
,

E fduo primi che 'h mar vinfsr Cartago :


Dico Appio audace, e Catulo , che [malta
pelago di fan gue , e quel Duilio
1,!

eialta-
Che d'aver vinto al lor tempre s

Vidi '1 vittoriofo, e gran Carnmillo


Sgombrar l' oro , e menar la fpada a cerco ;

E riportarne il perduto vefliìlo.

Mentre con cechi quinci , C quindi cerco


gli ?

VidiviCoffo con le fpoglie olfili,


E'I dittator Emilio Marnerei}
:

E parecchi altri di natura umili;


Rutiliocon Volurnnio , e Gracco , e Filo ,

Tatti per virtù d'arme -alti, e


gentui
Coftor vid'io fra'l nobil farrgue
d'I o
Millo col Roman fangue chiaro , e
beilo;
Cui non bafta «è mio , nè altro
Itilo
Xi-
, .,

330 GIUNTA
Vidi duo Paoli , e ') buon Marco Marcello I
Che 'n fu riva di Pò , preliba Capeggio
Uccife con fua mano il grati ribello .
E volgendomi indietro ancora veggio
I primi quattro buon eh' ebbero in Roma
Primo > fecondo , terzo , e quarto feggio,
15 Cincinnato con la incu'ta chioma)
E '1 gran Rutilian col chiaro fdegno,
E Metello orbo con fua nobil foma .

Regolo Attilio sì di laude degno,


E vincendo» e morendo ; ed Appio cieco,
Che^Pirrofè di veder Roma indegno :
Ed un'altro Appio fpron del pópol feco:J
Duo Fui viije Malio Volfco;e quel Flaminio
Che vinfe , e liberà *J paefe Greco .
Ivi fra gli altri tinto era Virginio
Del fangue di fua figlia ; onde a que' dieci
Tiranni tolto fu l'empio dominio-
E larghi di ior fangue eran tre Deci
;
E duo gran Scipion che Spagna opprefle
i
,
;
E Marzio che foftenne ambo lor veci
, :

E , come a' fuoi ciafeun par che s'apprende,-


L'Afiatico era ivi, e quel perfetto
Ch' ottimo folo il buon fenato elefie .
E Lelio a' fuoi Cornei/ era rilrrettoj
Non così quel Metello al qual' arrife
Tanto fortuna j che Felice è detto :

Parean vivendo lor menti divife


Morendo ricongiunte; efecoilpadre
Era , e"! fuo feme , che fottera il mife
Vefpafian poi alle fpalle quadre
Il riconobbi j aguifa d' uomche ponta
Con Tito fu» dell* opre alte > e leggiadre *
Domizian non v' era ond' ira , ed onta
:

Avea; ma la famiglia che per varco


D'adozione al grande imperio monta
Tra-
,,

AL PETRARC
Antonio
A
e Marco
. 3 1*
,
Traiano , ed Adriano,
X
,

ficea d'adottar
ancora il meglio;
Al fin Tendono dì
ben far non parco :
Quello fu di virtù
l'ultimo fpegho i

^quell'ordine dico: e dopo hu


fira veglio '
Cominciò il mondo forte a
difparte accorto ancor
mi im
Poco in
virtù non.po»,..
D' alquanti in cui regno
altrui.
Ma ricoperta fu dell'ombra loca
quel eh' e fondamenti
V
Ini era ,

monte pellegrino .
Alba Lunga in quel
e Silvio e Prora •

Ed Ari, e Nutmtor' , , t

ECapi'l vecchio, e'1 novo


Re Latino
nome denno
A-riDDa , e i duo eh' eterno
AfTevero
Ita m'accorge* , «a
fammi fatto
notturno
^
,ed al bel colle Aventino
cenno
E quali in un mirar dubbio e più fermo
Vidi quei ch'ebbermeo forza,
Saturno,
Primi Italici Regi; ivi
Fico , Fauno , Giano ,
e poi non lunge
andarCarnm.lla, e Turno.
fcnfòf. vidi
parte aggiunge
E perchè gloria in ogni -

n e,
Cartag.
Vidiokra un rivo •! gran i

Italia punge -
La cui memoria ancor' paefe
L* un» occhio avea
labiato in.rnio
il fiume Tofco
Stagnando^ freddotempo
,

vederlo ftrano arnefe


S cch' egli era a
duce tofij.
un grande elefante un
1 Re
v.di Filippo
Guardagli intorno ; e
folco .
Similemente dall' un lato
Vidi '1 Lacedemoni ivi
Xf "^
batejVig,o
»
.

fh'a "ente ingrata fece il


ufeir Gilippo .
E d'un medeLo nido regno Sng o,
ai
Vidi color ch'andr
ed Uhne,
Ercole, Enea, Tefeo,
tal «ftigio -
Per Sitar qui di fama Ector
} .

Ettor col padre ,


GIUNTA
quel che troppo vilTg
Dardano, eTros, ed Eroi altri vidi
Chiari per sé, ma più per chi ne fcrifle
j
Diomede, Achilie, e i grandi Acridi;
DuoAjaci; eTidèo, e Polinice,
Nemici prima , amici poi sì fidi :

E la brigata ardita, .ed infelice


Che caddea Tebe:e quel!' altra eh' a Troja
Feceauaij credo; madìpiù (i dice .

Pentefiiea, ch'a'Greci fè gran noja :


Ippolita, edOritia, che regna ro
Là prelTo al mar dov'entra la Dannoia . 1

E vidi '"irò più di fangue avaro,


Che
CrafTo d'oro ; e l'un' , e l'altro n' ebbe
Tanto, eh al fioeaciafcun parve amaro.
1

Filopomene, a cui nulla farebbe


Nova arte in guerra: e chi di fede abbonda,
Re MafiinifTa , in cui femore ella crebbe .

Leonida, e'ITebano Epaminonda,


Milciade , e Temiflocle , eh' e Perfi
Cacciar di Grecia vinti in terra , e'n onda
vidi David cantar celelli verG,
E GiudaMacabeo , e Giofuè ;
A Soie, e la Luna immobil fsrfi
cui 'I
.
AlelTandro , ch'ai mondo briga diè ;
Or l'Oceano tentava , e potea farlo:
Morte vi s'inrerpofe, onde noi fé •
Poi alla fin'ArtùRe vidi, e Carlo.

CANZONE DEL DETTO.


QUel c '
ha nofira natura in sé più degno*
Di qua dal bem per cui l' umana eflenza
,

Dagli animali in patte diftingue,Ci


1
Cioè P intellettiva conofeenza
;
Mi pare un bello , mivalorofo fdegno,
, .

AL P E T R A RC A. 33 J
Quando gran fiamma di malizia eftingtte -

C5ie già non mille adamantine lingue


Con le voci d' acciar fonanti , e forti
Poriano affili lodar qu i di eh* io parlo :
Nè io vengo a innalzarlo,'
Ma a dirn£ alquanto a gl'intelletti accorti
Dico , che mille morti
Son picciol pregio a tal gioja > e sì nova ;
Si pochi oggi fen' trova|
Ch 1 i'eredea ben che foffe morto il feme
, ;

td e' fi fr:i va in iè raccolto infieme.


Tutto penfofo un fpirito gentile
Pieno del fdegno ch'io giva cercando >

Si flava alcofo sì certamente


Ch' i'dicea fra me ik-flb ; Oimè quando
Avrà mai fin quelV afpro tempo , e vile?
Son di virtù sì le faville fpente?
Vedea 1,'opprelVa, e miferabil gente
Giunta aII'eltremo,e non vedea il loccorfo
Quinci, o quindi apparir da qualche parte .
Così Saturno, e Marte
Chùffo avea'l paffo, ond'era tardo il corfo
Ch'alio fpietato morfo
Del tirannico den^e empio, e feroce,
Ch' affai più punge , e coce
Che Morte j od altro rio ; poneffe'l freno
E riduceffe il bel tempo iereno .
Libertà, dolce , e defiato bene,

Mal conofeiutoa chi talor noi perde;


Quanto gradita al buon mondo efTer dei
Datela vita vien fiorita , e verde,
Per te ftatogioiofo mi mantetJe,_
Ch'ir mi fa iomigliante a gli alti dei :
Senza te lungamente non vorrei^
Ricchezze , onor' , e ciò ch'uom dìù delia
j\h esco ogni tugurio acqueta l'alma-_
, ,, .

3J4 GIUNTA
Ahi grave> e crudel fai ma,
Che n'avei fianchi per sì lunga via.
Come non io pria
giurili

Che ti levarli dalle noftre fpalle?


Sì faticofo è '1 calle
Per cui grati fama di virtù s'acqui Ita»
Ch'egli fpaventa altrui fol della villa-
Correggio fu» ficcome fona il nome
Quel che venne ficuro all' alta imprefa
Per mar, per terra, e perpoggi,e per piai
E là ond' era più erta , e più contefa
La ftrada all'importune noftre fome,
Corie, e foccorfe con affetti umani
Quel magnanimo ; e poi con le fue mani
Piatole a* buoni , ed a' nemici invitte,
Ogni incarco dagli omeri ne tolfe
E foave raccolfe
In Geme quelle fparfe genti afflitte ;
Alle quali interdite
La paterne lor leggi eran per forza;
Le quali a fcorza a fcorza
Confante avea ì' infaziabil fame
De* can che fan pecore jor grame
le
Sicilia de' tiranni anticonido,
Vide trilla Agatocle acerbo, e crudo;
E vide i difpietati Dionigi
E quel che fece il crudo^fabbro ignudo
Gittare il primo doloroio ftrido,
E far nell'arte fua primi veftigi :

E la bella contrada di/Trevigi


Ha ie piaghe ancor frefche d'Azzalino
Roma di Gajo , e di Neron fi lagna :

E di molti Romagna: s t

Mantova duolfi ancor d'un Paffenno;


Ma nuli' altro delfino,
Ne giogo fu mai duro >
quanto '1 noffro
, , ,,

AL PETR A R C A . 33;
Era; nè carte, e inchioftro
Bafterebben' al vero in quefto loco»
Onde meglio e tacer , che dirne poco .
Però non Cato , quel sì grande amico
Di libertà, che più di lei non ville;
Non quel che '1 Re Superbo fpinfe fore ,

Non Fabj, o Decj, di die ogni uomo lentie


( Se riverenza del buon
tempo antico
Non mi vieta parlar quel c' ho nel core )
Non altri al mondo più verace amore
,

Bella Tua patria in alcun tempo acede;


Che non già morte ma leggiadro ardire
,

E l'opra è da gradire
Non meno in chi , falvando il fuo paeie »

'Sè medefmo difefe,


Cbe'n colui che il fuo proprio fague (parie;
Poi che le vene fcarfe
Non.eran , quando bi fognato ione :
Nè Morte dal ben far gli animi imo fi e .
E perchè nulla al femmo valor manche ;
La patria tolta all'unghie de' tiranni
/Liberamente in pace fi governa,
E riftorando va gli antichi danni 1
E ripofando le lue parti franche,
E ringraziando la pietà fuperna »
Pregando che fua grazia faccia eterna ;
E ciò fi può fperar ben , s* io non erro :
Però eh' un' alma in quattro cori alberga J
Ed una fola verga
E' in quattro mani , ed un rnedeuno ferro
E quanto più , e più ferro _

La mente nelPufato immaginare,


Più conofeer mi pare ,
Che per concordia il baffo flato avanza
L' alto mantienfi : e queft' è mia fperanza
Lunge da' libri nata in mezzo l' arme
Can-
,

'

3i 6 G I U N T A
Canzon, de' miglior quattro ch'Io conofa
Per ogni parte ragionando andrai :

Tu puoi ben dir, che'l fai,


Come lor gloria nulla nebbia offofca:
E feYa*in terra Toica
Ch' appregia l'opre coraggiofe, e belle;
Ivi conta di lor vere novelle.
Czrt^ore the nel MS. dei P. Zeno jl legge a f.4)
Citile pure alle (arte fttjfe tlfW edr^ien F.'V/*
fina del 1522. e a i\ 146, dille Krrne Ar.ihlt
pefie in fine dtlla Bella Meno di Gtufltm
Cent' .

DOsna. mi viene fpeffo nella mente:


Altra donna v'è Tempre;
Ond io temo (ì ftempre 'I core ardente . j

Quella '1 nutrica in amorofa fiamma,


Con un d-.)Ice martìr pien di delire:
Qjefta Io ftrug^e oltr' a mifura, e 'nriammj
Tanto cb'a doppio è forza che lofpire .3
,

Nè vai perch' io m' adire ed armi '1 core; ,

Ch'io non fo com' Amore


( Di che forte mi fdegno ) lei confette I •

Can\atie che nel!'' edifici) di Firenze del \pM


fi tre ta dipo i Trionfi ,
tra le Copt rifiuta tt . I

NOva bellezza
Volfe mio core
abito gentile
il amorofa
in
all' lchiefa;
Ov' il mal fi ioften' e 'I beo (i fpera
, .

Gir mi convene e ftar com' altri vole ,


,

Poi ch'ai vago pender fu pollo un freno


Di dolci fdegni c di pietofi fgmrdi
, :

E '1 chiaro nome


, e '1 fon delle parole
j
Dilla mia Donna , e '1 bel vif fereno >

Sor. le faville , Amor, perchè i! cor m'ardi


Io pur fpero , quantunque che fui tardi J :
,, .

A L PETRARCA', fjy
Ch*avvegna ella fi tnoftre acerba , e nera;
Umil' amante vince donna altiera.

SONETTI DEL DETTO..


ANima , dovefei ?ch'ad oraad ora)
Dì pender 'in penfier , di ma l'in peggio
Perfeguendo ci vai e dei tuo feggio
:

Non fai pur ritrovar la parte ancora .


Tu fei pur meco : e non puoi efler fucu
*
Fin che Morte non fa quel che far deggio -
Ma dove fei ? ch'io non ti fento , o veggio
è
Star dov' '! ben chenoltra vita onora.

Levati , fconfelata : che riparo


Al neftro mal neiTun non é , nè modo ."

E non cercar la vìa di maggior doglia.


S' Amor t'incalza^ eftringe col iuanodo }
Penfa, che tempo, affai più grato, e caro
Poria'in parte contentar tua voglia-

Nel MS. &t Padre Zeno e t. 49. |f Ugge


il fegutitte (OH fuskbe varieté .

Tato fofs' io quando la vidi prima ,


Cc;m' or fon dentro , allor cieco di fore :

0 feffe flato sì duro *1 mio core


Come di mante non puote lima
in cui :

Ovver fofs* io orsi dicente in rima


Quant' a cfprimer baftafie il mio dolor» :
Ch'io la farei 0 amica d' Amore,
Ovver' odiofa al mondo fenza flima
0 foffe Amor ver me benigno; e grato:
E fclfe ver, come è giufto , epofiente,
Giudice a diffìnir il uoflro piato :
0 Morte avefle le fue orecchie^ intente
Si inverfo ,me che 1' ultimo fiato
Poneffe fin' al mio viver dolente .

Rime Petrarca. P In
, , , I

338 GIUNTA
mondo, ed alla gente, I
INAll'
ira ai cieli
abiffo, alla terra, a
, al
animali^ gli
Poffi veuir , cagioti di tanti mali , M
Empio, malvagio i duro, e fconoicetite.

Ed a te ftefl'o poi gran fiamma ardente.


Veggidal ciel cader fu le tu' ali
Ch' arda a te
l' arco , la corda , e gli tirali:

E tue menzogne
al -tutto fieno i'pente. I
Poi che fpefio al tuo vifco m' adeichij

E con falfi piacer mi leghi, e prendi, I
E
poi di molto amaro il cor m' invefchi. I
Con vaghi fegni mi ti moftri , e rendi
Più volte; pofciaparche ti rincrefchi: [

E fo ben eh' altri , non che tu m'intendi,!

fotto legge, Amor, viveffe quella


SEChe mi toglie amare legge, e in treno;
Pregherei te, che, non amando io meno f

Senza arder mi fcaldaffe tua facella.


Ma qaeffa làlfa fera come bella
Si gode che per lei fendendo peno :

E fua vaghezza inveite tal veneno


. Che più fendendo, più fon v: go d'ella. t

Deh , dolce Cgnor mio ancor riguarda ,

Se la tua fiamma le puoi far fentire :

E" fpegni me , che la fua più non m* arda.


Se per fua colpa mi vedrà morire ,
Averanne pietà, benché fia tarda*.
Pur farà mia vendetta 'I fuo languire.

Las-
, .

AL PETRARCA 33»

LAsso» com'io fui mal'approveduto


L' orach'io mi negli occhi miei
fidai :

Che trattaron con gli occhi di cortei


"Il vago inganno ond' io fon sì traduco.'
Schiavo fon fatto j e cialcun dì_ tributo
Di profondi fofpiri farò a lei
Fin che Morte pon fine ai giorni rei »
,0 tu, dolce fignor j mi mandi ajuto .
Sai che tal ftrazio a te è difonore :
Satto Io cui richiamo io fon derifo
Da quella difpregiante '1 tuo valore.
Signor , fa vaga lei del fuo bel vifo
Da pei che iuor di sé .non fente ardore :
Rinnova in lei 1' efempio di Marcilo.

V [eguente Sonetto fi trova anchs ni


frammenti pubblicati daW Ubd-
dini , ma molto variato .

/"VUella che'I giovenil mio cor'avvinfe


V^Nel primo tempo ch'io conobbi Amore >
Del fu' albergo leggiadro ufceudo tbre ,
Con gran mio duol d'un bel ludo mi feinfe»
'Uè poi nova bellezza l'alma ftrinfe :

Néluce circondò che fefle ardore»


Altro che Li memoria del valore
Che con dolci durezze la fofpinfe.
Ben voile quei che con begli occhi aprilh »
Con altre chiavi riprovar fu' ingegno :
Mi nova rete vecchio ug~l non prende
;

E pur fù in dubbio tra Canddi , e Scilla:


E le Sirene in Tordo legno ;
C<m'i!< m
che par ch'.ifco!ti,e nulla intede.
P % Msl
,

340 GIUNTA
Nei MS, del P. Zen» a e. 49 1 rttlP idiyìttt
Fitrtntina , tra le cefc riputate.

QUella ghirlanda che la bella fro;*.:;:


Cingeva di color tra perle» e grana*
Sennuccio mio» parveti cofa umana»
Od' angeliche forme al mondo gionte ?
Vedeftù, l' atto , e quelle chiome conte »
Che fpeflo il cor mi morde , e mi rifana?
Vederti! quel piacer che m'allontana
D'ogni vile penfier , eh' al cor mi monte li
UJifìù 'I fuon delle dolci parole ?
Miraftù quel!' andar leggiadro, altero»
Dietro a chi ho difviati i pender miei?
SoSriftù '1 fguardo invidiofo al Sote ?
Or fai per eh' io arde; , vivo, e iperoj
Ma non io dimandar quel eh' io vorrei,
ti ti MS. del Padre Zem dtyo la Cannone VefV
gine bella w. " carte (g. /i trova ilfiguerttt
ScnttTù , indegne affatto del Petrarca ,

POi eh' al Fattor


Di voi ornare
dell'univerfo piacque
il noftro fecol tutto » j

None, quanto Ci crede , ancor difhutto


Quell'aureo tempo che moki anni giacque.
Ma perchèpianta di voftro leme nacque, 1
Che moftre al mondo già mirabil frutto»
Non come legno nel terreno afeiutto»
Anzi come piantato pretto all'acque.*
E fé di tanti ben fletè radice
E'nfra le felve alpeftre, e pellegrine
Di rame più che nulla altra felice*
Statti falda Colonna infine al fine;
Come'ì tituliiado afferma, e dice;
Alle dannofe Italiche mine »
, , ,

AL PETRARCA. 34 i
I faglienti
Harem in un Coditi MS. JclU Libreria
m
dm Sonttti lengo/s» al Bui ti al Pc
Am
héma ;
cerne Mfe il Ci, Sìgn. Murtsteri ,

(arte XV.

QUando, Donna, da prima io rimirai


Gli occhi leggiadri alle mie pene intéri
Esenti T armonia de' voftri accenti
rD'araorofa beltà prefo infiammai.
Si arti, ed ardo poi 3 Amor, tu '1 fai,
C6e dolcifica porgedi a' raggi fpend;
t provan bene i miei fofpir dolenti ,
E 1 volto ove P immagin dipinto bai .
Ma le da cor gentil merci
s'attende»
Rendi P ufata villa , c il chiaro lampo
All'alma, che s'affretta alla partita.
E le pietà di me pur non ti prende
Aimen con morte tra min i d'elio campo,
Do.ce a tanti martlr vie più che vita
.

VOstra beka,cheal modo appare un Sole,


E'1 dolce lampeggiar del chiaro volto
M hanno dal mio cainmin sì forte volto,
(

Che mi giova feguir quel che mi duole .

Gli occhi veltri , eh bocca, e le parole,


C'hannodel mondo ogni valor raccolto ,
Già mi legaro ; or più non andrò fciolto
;
E convienimi voler quel eh' altri vuole -
Adunque, Amor, più caldi fproni al fianco
Non porre a me ; bifogna lei ferire
;
i Ch'io fon pur fuo : ella noi penfa , o crede -
[Benché del feguitare io fia già fianco;
f
Ma Ipero pure al fin per ben fervire
Di ritrovare in lei qualche mercede -

P 3 FROT-
. . .

34* GIUNTA
FROTTOLA DI M.
FRANCESCO PETRARCA
Tratta dal libro VI. del I. Volume dell? Let-
tere di M. Pietro Bembo ; da luì mandati
ji M. Felice Trofimo ,
Arcivescovo Teati-
no . Si trova a c, 1 74. dell' edizione di
Gualtero Scoto del i$s 8.

DI rider ho gran voglia.


Se non fo!Tè una doglia
Che m' è nata nel fianco
Di fotto al lato manco
Tal>ch io fo fianco ornai d'andar per l'Alpa'
Cerco non pur le talpe nafeon cieche
Fole Latine , e Greche
Ho molte udite , e lette •

Deh perchè fon si ftrette


l_e vie di gir al Yero ?

E pur quefto fentiero foffe ferrato •

Io fon sì innamorato >


Ch'io me n'ho tutto il danno
Poche perfone il fanno ond'io m'allegro.:

Deh che mal'aggia il negro di Marrocco-


Ancor fon' io si feiocco , com' io loglio
Non pur* ad uno fcoglio
Ho ftroppicciato il legno.
Un picciolin difdegno m' è rimafo :
E forfè vorrà il caio»
Che non fìa fempre indarno
Bei lìumicelio è l'Arno , là *v' io nacqui :
Ed un'altro, ov' io giacqui
Già .lungo tempo in pace .

Veramente fallace è la fperanza •

Un configlio m'avanza", e quello èfoloj


. . . ..

AL PETRARCA. 343
. di' io non mi lievi a volo, e noti mi parta •

Con picciolerta carta


Veggio Darmfco , e Cipri »
Efe Borfella , ed Ipri mi vien meno
Ecco'l tempo fereno » eh' è buon gir mda .

. Trovato ho un forte' feudo


Centra la mia nemica.
Da che voi ch'io '1 ti dica ;
egli è da nulla
Colui che fi- traftulla con le ciancie.
Laicia fpezzar le lancie :

E lafcia enfiar lepance de poltroni


Molti ladroni fedono in bel leggio
Ancora c' è via peggio i
Che i buon fon porti in croce
Se'ioaveflì voce, i' parlerei
Oiignor de li dei , che fai tu ? e' dorme .

Mille diverte forme


Son qui: chi non s' accorge;
Dolci parole porge tal > c'ha mal latti
Mal fi fervano i patti : or lo_ conofeo .

Chiaro vifo , e corfofeo aflai m'annoja.


Mille navi ch'a Troja
Coperfe 1' onde fa He :
I quanto Roma valle , quando fu ricca
Mal volentier fi {picca cui '1 morir dole-
Còche rifcalda il Sole, al petto avaro
E' nulla :e vai di Taro è bel paefe -
Ma l' animo cortefe del donar gode •

Cosi s' acquifta lode, e vero pregio .


Mie parole non fregio : tu teL vedi -
Credimi , feiocco , credi; non £arduro.
Rade volte è licuro l' uotn eh' è faggio.

Maggio
Bella ftagione è il :

E giovenette donne
Sotto leggiadregonne andar cantando .
Aacor'altro domando; il quale é fempre.
p 4 Ecco
. .

344 GIUNTA
Ecco ben nove tempre: e pare un fogno,
Certo affai mi vergogno dell'altrui colpe
Che grati coda ha la volpe' e cade al laccio
Fuor' è di grande impaccio»
Chi vano fperar perde .

Tal' arbufcellaè verde e non fa frutto i


,

E tal mofira afciutto oud'altri coglie


fi
, :

E talor tra le foglie giace vefco il


Gran traditori il defco, e '1 vlit foverchio.
fu la riva h 3 *l Serchio molti bugiardi,
Iti
Non più fumar, anzi ardi,
Legno nodofo, e torto ,
E 'cosi fecco l* ortoj
Cosi caduto il tetto,
Cosi fparfo il facchetto de* tifanti i
T>eh alcol tate , amanti , nova foggia :
Pur tonar, e mai pioggia non feguire-,
O i vergognato ardire S

Una zoppa bugia


Voler a lunga via
Guidar molti, e' han felino .'

Vedete com'io accenno , e non baleftro.


Ma s'm rompo il capeftro , ognuno fcampi :
Ch'io n'andrò per li capi col fien fui corno :

Sia di chi vuol io fcorno 3 e chi vuol giunga.


Troppo forte s* allunga
Frottola col fuon chioccio .
Mi dar le capre a faccio è pur* il meglio :
Come non fon'io veglio
Oggi più ch'ieri al vefpro ?
Ed anco ha Jafciat'Efpro i monti Schiavi
i
Chor volaffer le navi in un dì a Roma.
Sj bionda ha ancor la chioma
Una donna gentile >
Che mai non torna A prile chjio rio fofpiri.
Convien pur ch'io m* adiri (
.

Meco
. ,. .

AL PETRARCA. 345
Meco mcdefmo un poco .

Non farò: perchè fioco mi fa'! guazzo .

Or balli , un gran pazzo


eh'
Non entra in poca rima-
Fa le tue i'ehiere in prima
. Sopra 'i fiume Tofcano .. ,
:
, ,

ai petto.
Evieni a mano a mano;vien,cn io t
Deh che fia maladetto ehi t' attende ;
£ fpera in treccie , e 'n bende
Già corfi molte miglia:
Or non fia maraviglia
S' io mi (bri grave, e zoppo,

E'n ogni cefpo intoppo Udite il tordo .


.

So ben eh' io parlo a fordo : ma io icoppio


Tacendo: e male accoppio
Quefto detto con quello :
E'1 tscer è men bello :

Poi eh' a gli uomini fcarfi


Sovente innamorarli par gran cola
D' una vecchia tignofa. Addio:
lèiera*
Or fu vengan le pera,
Il calcio , e'1 vin di Creti
Fior di tutti i poeti Omero trovo
Una caftagna , un* ovo
Val ben mille lufmghe;
Truo va un* altro che fpinghe a cotal ve
rio.

Che bel color' è il perfo , e 'I verde brano


Non. farmotto a veruno.
Che gran eittade egregia
E' la beila Vinegia-'
Qui il mar, quii' acque dolci
Le gelatine, i folci. Or tu m' intendi:
Sicuramente fpendi . l' non ho boria :

Ed è così difeorfa
La fperanza , e la fede .

TriftQ chi troppo crede,


p e Sta
. . .

346 G I U N T A
Sta lieto. Or chi non. pò?
Certo j* Adice , e Pò fon due bei fiumi,
Tu ini fianchi e confumi
5

Or vo in giù
or ve in fu
, :

E fon pur fempre bù , com' ognun fa


pe,
L erbe, e talor le rape fon miocivo,
E cosi vivo pur mi fletti un tempo : J

Ed or aflai per tempo anco m' accorgo.


L acqua del proprio gorgo è beila, e chiara.
ite" ta chiunque impara infino al fine.
s Parie fon ie pruine per li colli
E le campagne molli ; e la neve ;'alta.
E l ghiaccio i fiumi final ta
Or ti vedi di vento .

Ma io non mi fpavento , e non mi lagno.


f-ne bel guadagno è quello d' una fimia!
Rade volte 1 alchimia empie la tafcal
Cosi di palo in frafca pur qui
Damo.
p rcn ie 1,elfca ' e l'amo , mal difpenfij
r> j ,

dolorofa menfa all' altrui pane!


Y
Vii animai' è il cane : ma l' uom più
affai,
Gentil iormica, ornai
Al tuo eiter m' appiglio
Non più fognanquefl'è il miglior conCglio.

STRAMAZZO DA PERUGIA
AL PETRARCA.
LA (anta
Jpua/i
fama della qua! fin prive
i moderni
, e gii di podi fuen»
,
frat:ttfvo y gran pregia vi dona
,
Càe del tefir Apollo (tate dive.
Or piacela che mìa preie sì votive
La v*Jlra noèti mente renda prona
Par.
.

AL PETRARCA.
Elice»'
347
fgrttciparme al fonte d' •

pi Si b'eve, e pi& dttP altr e


vive:
,
Cbtpar
V infeudi cerne Palladi Cecropia

& fiijftiH' aom* afeonde fu» veffdlo;


Ma «lire al difiar di ti fa copia :

£ h-h è alcuno buon giuoco d* a qui'ih


ti V approda
ebt fent* alcun conforti a ,

Lucilie .
Siccome ferivi Seneca a

La rifpofta del Petrarca , che


Incornine St h .

i onorata fronde che


prescrive ; fi trova a

carte io.

GERÌ GIANFIGLI ACCI


A M. F. PETRARCA.
M Ejfer
Per donna
F rancifeO)
E eem> pià merci grida,
chi d'amor fefpira
ci' etftrpur vaglia sferrerà
t più gli è fera ,
;

Celandoli i
defra :
dm Sol cP e* pi A
Osti che pià natura , feien\a vi [pira , o
'» tal maniera
Cèe deggia far colui che
Trattar fi vide \ dite e (e da [citerà ;

Partir di bendi non fia [en-£ ira .


fi ,

IV ragionate con Amor fetente ^


«' i cbiufa
E nulla fva condivo»
P alto ingegni della ve/fra
mente
Per
v[a ,
U mia , eie fempre mai con Uri è
al preferite,
Emen ti* a/ primo, iletnofee
e ciò fa [ua vira fcuja
.
Configliate ;

RISPOSTA,
'
quando talor meco s' adira a
Gerì ,
.

348 GIUNTA
GIOVANNI DE'DONDI
A M. F. PETRARCA.
IOS'non fé ben f vedo quei cP io veggio,
io
io tocco quel cP palpo tuttavìa io : 1
quel cPPodo, oda; e fa bugìa
J>
,
Overe ciicPioparlo, e ciiePio leggio.
Sì travagliato fon, cP io notimi roggio
,
Ni trovo loco, ni fa s 1 io mi fa ;
~E quanto volge pià la fa nt afta
,
Piò rP abbarbaglio né me ne enrreveio, t
Vna fperanx* > *"> configli» , un ritegno
Tu fol mi [ti in sì alto fiuptrt ;

tefia ìafalutc , e V mio conforto .


Irà
Tu bai il faper'' , il poter* , e /' ingegno .

Soccorri a me ficchi tolta da errori


,
La vaga mia barchetta prenda porto ,

RISPOSTA.
Il mal mi preme e mi fpaventa
, ir peggio:
a carte 177.
SENNUCCIO DFL BENE, O BENUCCÌ
A M. F. PETRARCA
OLtra P tifato modo fi rigira
II verde Lauro bai qui , dot? io
orfeggwL
£ più attenta , e cerP pià la ri veggio
,
Df gai in qui cogli occhi
fifa mira ;
E par mi ornai cP un dolor
mìflo d'ira
L '
affligga tanto , chi tacer noi dejgit
s
Onde daW atto fuo ivi y avveggio m
CPeffo mi ditta che troppo martiri.
E l fignor nofiro in deftr fempre abbonna
Dì vedervi feder ne Ili futi (canni;
E i
netto % ed in parlar quefio dìfilafe ..

Me*
, .

AL PETRARCA. 34?
ili fondila di lui ucvat Colonna
Non pare/ti in cinqu* altri janGiovanrt! ,

La cui vigilia a feri ver mi foft*nfe .

RISPOSTA.
Signor mio caro, ognipenfier mi tha". ac4Ji,

trans
Smito di M..F- Petrarca a Sennuccio ,
colia rìfpofta , dalie Rime
Antiche pefie infine
della Bell" Mano di Giufio
de' Conti , della

move edizione * carte 114.

Padre del folle Fetonte «


SIccome il

Quando primi Tenti la punta d'oro


ailor* ,
Per quella Dafne che divenne
fronte :
Delie cui frondi poi C ornò la
E come il fommo Giove de!_ bel monte
transformò in toro;
Per Europa fi

E com' per Tisbe tinfe il bianco moro


Piramo del fuo fangue innanzi al tonte
-
:

Cosi fon vago della bella Aurora


Unica del Sol figlia in atto , e informa,
1' orma.
S'ella feguifle del fuo padre
Ma tutti i miei piacer convien che dorma
Finché la notte non fi dilcoiora :

ora
Così perdendo il tempo afpetto 1
innanzi di me tu la vederti,
E fe
Io ti prego, Sennuccio, che mi delti.

Rif polla di Sennuccio al Petrarca .

Aurtra nel mio tridente


LACh bella
intorno a sè beati fa ceh'e
,

Ch'ella rimira; ed ogni cefo d^ oro


Ter tht divenga al fuo vftir del manie-
^ ,

15° GIUNTA
Pur fi amattina colle luci preti? e
Nel fuo bel vìfo dì colar d' avere
Vidi sì fatta , cP ogni atira lavavo
Della natura , e d i arte non far eente ,
Onde in gridai a Amere in full* ora
,
Die i che? occhio dì colui [t jdor ma 1

3
Còe il Sol Is-bando [eco fi conforma .
tlsrt fo Ù
grido gir'nfe a vofira norma
il
;
Mai fe venifi e \en\a far dimora i
Qui pure è giorno , e ntrt /' annotta ancora
Non foglionc effer pie mai tanto prefli
,
Quanto quei dì color da Amor richìtfti
,
'
Piacciavi fanne di quel monte dono
Cb io v'ho furato in quel ch'io vi ragioni)

GIACOMO COLONNA
A M. F. PETRARCA *

partì del corpo mtó difirutte


SEE le
ritornate in atomi , e faville
,

Per infinità quantità di mille


Tojfino lingue , ed in fermort ridotte ;
E fe le voci vive , e morte tutte
,
Che più eie fpada d" Ettore , / d' Achille
1

Tagliare* mai , chi rifonar «dille


,
GridafftH come nerberai e putte •

Quanti U corpo; e le mie membra foro


Allegre , e quanto la mia mente
lista , ,

Udendo dir che nel Romano foro


I>el novo degno Fiorentin
Poeta
S opra le tempie verdeggiava alloro
;
Non porìatt contar , né porvi meta ,

RISPOSTA.
Mai non vedranno mie
le luci afeiutte a c UJ
Neil'
.

AL PETRARCA.
Firenze
35»
dagli eredi di
Neil' edizione fatta iu
Giunta l'annoisi*- viene attri-
Filippo
buito il feguente Sonetto a Giacopo de
Garatorì da Imola

GIACOPO DE* GAR A TORI DA IMOLA


A M. F. PETRARCA.
0 Rovella Tarpea
Quel? eloquente
,

,
in cui
e
S aff ondo
lucidi lefora
J}e! trionfai poetico calore ,

B'-n tra eorfo per le verdi fronde:


Aprite tanto } eh
delle faconde
Tue poje fi moflrino a coloro
Cè] affettano ; ed anch' io in cìh m* eccorf
1

Più eh* affettilo cervo alle citare onde :

I ho» vogliate afecndere il valore


Chi vi concede Apollo : che [cieny
Comunicata fusi multi pile are .
Ma'! flilo vopo di alta eloqutny*
•fogli alquanto il mio certificare ,
Qual prima fu , o Speranza , od Amore .

Nella Raccolta di Rime Antiche di divertì


porta dopo la Bella Mano di Giufto
de Con-
regi-
ti s della nuova edizione ac. fi

ftra come di Maefìro Antonio da Ferrara ;

ma è alquanto diverfo .

MAESTRO ANTONIO DA FERRARA


A M. F. PETRARCA .

0 Rovella Tarpea , in cai s" afetnde


Quelle eloquenti luci di ttforc
Del trionfai poetico lavoro
Veneo * corfe per le verdi fronde'.
Apri vii tanto , eh e delle faconde
Tue Imi fi dimojiriitt a alte»
,. .

|W
Che
GIUNTA
U
affettano dam \ cP a ciò acco"9
>

P'i che /sfittato cervo alle chiare onde,


Deb non volere ascondere il valore
C he ti concede Apollo che (cisnys
:

Comunicata fuol multiplicare .

Deh apri il bello file d 1 eloquenza \


E vegli alquanto me certificare •,

Quale fu prima , o Amore , o Speranza ,

RISPOSTA.
INcegxo ufato alle queftion profonde»
Ceflàr non fai dal tuo proprio lavoro TÈ
Mi perchè non dei ftar anzi un di loro -Jj
Ove fenza alcun forfè fi rifponde?
Le rime mie fon defviate altronde >
Dietro a colei per cui mi difcoloro ,
A' fuoi begli occhi , ed alle treccie d' oro,
Ed al dolce parlar, che mi confonde . 1
Or fappi , che 'n un punto , dentro al core,
1
Nafce Amor , e Speranza: e mai l'un fenzj
L'altro non poflon nel principio ilare.
Se'l defviato ben per fua prefenza
Quetar può P alma ; ficcome mi pare ;
Vive Amor folo, e la forellamore

Canzone Morale di Maefiro Antonio da Fer-


rara , quando fi diceva che M. F- Petrarca
era morto, tratta dalle Rime Antiche in
fine delia Bella mano di Giufto de'Ccrati

10Elhegiorno
gli letto il pianto dei Trtjani
che dsl haono E
iter far prie! j
Genie di ler diftfa , e Ur conforto »
E i tur ftrmtn far difrttoji , / Vani
V erfo di quei che far devrien lì vìvi
Che fperm di vìrià giungere ti! pone ,
.

AL PETRARCA.
£^ m6T{ e * 6
553
Sei per la fama «"»

KtvelUmeme in fu P
ifrl» pìngue ;

Ove mai non fi


/lingue
Foco , nafrendo dì Cine P a'dere ,

Ahi cbe grave dolore


_
Mcftrar , nel finimento
Dtl fao dur partimento ,
Alquante dinne dì frmmo vaiate
Con (erte ior [sgusci per cìafeutt*
-.

Piangendo ad una tìd riffa

Qutl del Petrarca coronato Poeta ,


MejferFrancefco, e fra vita di\'creta\
Gumatica era prima in quello pianto ,
£ con lei Prifciar.e , ed Ugoccione ,
Pop }a gricifmo , e dottrinale :
~
Dicendo: Car figHtiel, tu amafli tanti
Lamia fdencta fin picciol garzone,
Ch'io non trovata te alcuno eguale..
Chi porà mai falir cotante frale
D*w fi mente al fin de' fro's cuitabulì'ì
Chi porà dei vocabuli
Le derivazioni ortcgta fare ?
Ci» porà interpretare
Li tentbrofi tefii ?
Quali intelletti prefii
Siranno elle mie partì concertare ?
Tiri pianger di te qui pià mi giova s

Perei} oggi fi trova ,

I vedefi per prova


Quafi da me ciafrttn far tirfi acerbo ,
J' d [a pur concordare
il non' t ol verbo

Le ftenfolata , e trijia di Rettorie*


Seguitava nel duoL a f affo piano ,
Tembrofr dal pianto in fra figura .

Tullio dirietre colla fra teorica,


Guelfi idi praticando , e il
buono Alane ,
354 GIUNTA
Che non euravan pik detta Natura ,
Dicean cofior Chi fovtrà mtfur»
;

In fa per circuire
Li Suoi Latini aperti }
E quai fa'an gli fperti
Iti faper colorar pervadendo}

Chi ordirà teffendù


El fin delle mie earti , *

Memoria , e ufo di di imponendo ì


Chi farà pii, nel profferir
facondo^
E negli atti ghianda ,
Che la ragione , e la maturi* vuole ?
Nanfe : peri di te tanto mi duole .
Colle man giunte, e eott pianto
angofcicfo ,
Celle facce coperte volte a terra
,
S eguìa coflei una turba devota : *
"Prima era Tito Litio dolor ofo
,
Storiografo fummo , ti qua} non erra :
Valerio drtSo a così trifia nota-
"Del qt/al nm obbli a va nn picciol
Jtta,
Sertorìo , Florio , Perfio Eutropio
, ;
E tanti che ben propio
Qui non /aperte* io'
Ha scontar per memoria •

Che poiché fu la gloria


De! gran Ni'n> pcffrr.te $
Per fin qui al prefinte ,
S ape a cofui ciafe una bella feria .

Pero pianger potem , dicon cofioro ,


$fcufi* noftra teforo ,
Che ne [poneva , e che ne
concordavi 9
E il ver ten-va , * il fopenhio lo (fa
va .
Nuove, e incognite donne ancor trovai,
Battendo il vifo , r fquareìando lor vefie
El lor crin Rilevando per la doglia:
Cor rea fio tutte interno intorno a lui,
, ,

AL PETRARCA.
Or eran
[appi chi
35S
Bafeiandol tutto . qutfit
Melpomene , ed Erate , e Polinìa ,

Te'ficore > Euterpe , ed Urania ,

Tali* , yJ/f»0 ,
Calliope , * C/f« ,

Vicenda: 0 bella Dìi


p*«W fi tolto efto figlimi diletto ?

Dove trovartm letti

Ter ripofare infieme ?


Tanto , fi* }tnxa jpeme }

Fair per felvs farà uopo ricetto:


Po»" 5 d Afirchgia un twffo
1
venne ,
I le donne ritenne
A ;
f
ange r feco ; tanto ehher dì duolo }

Che fi
convenne al poetico fiuolo .

Dhìetrc a tutte filamenti cnefta


Venia la fc enftlata vedovella ,
JM manto fcur facendo amaro fucm :

E chi mi domanda^ , di era quefia ;

Dirò , Filofofia ;
dico di quella
ì
Ter cui /' intende al fin fol d efer buono :

Dicendo: Sptfom'o^ celefte dono,


In cui Natura , e Dio fece di bene
Ciò eòe in Angel convene ,
Chi perà ornai le mie virtù fegtihe ?
Pti II vedia venire
Arìfotik , e Tlato

E il buon Seneca , e Cato,


Iti altri molti , che qui non fo dire \

Che ciò eie fpe coleva , era del fine


.D'opre fante, e ditiine:
VUyier potea coftei fepra di tutte ,
"PercP ella trova ancor poche redutte ,

Untili fur ciafeun con fu* corona ,


,

Che il portare al fi poterò di Parnafo ,

Che è fato chiufo per ri lungo fpavo :

Vndtti fur ficcane fi


ragiona s
,
, ,
, 1

'
M« GIUNTA
Cbebebbero de IP acqua di tal vaft
,
Virgilio
) Ovidio ,
Lucrezio
J
«venale , e Stadio
y
} pcrjto , Lucano , e Orazio
,
1" Gallo e t duoi cbt fan mia
j mente forda
Cis chi lode s'accorda
,
E «/<•«« piA di cofini già non
fu degni t
P#i j/d angelico regno
1 '

Venne FmlUi Minerva,


Cée tua corona ferva
,
E psfela dal fuo pinco legno
,
1/ j»*/ «o» terne la frisa di Giove
,
/wtf vento, o piove*
* * * .

T« e«/ j Lamento , d viaggio ;


I<? taewo &
cagiona perebì h fai •

ì&a fo che treverrai


Alcun dolerfi teco :
Sol ? ammonìfc e , * preco f
Che facci feufa di mia tri fa rimi ;
I»i fwwtf *i fublima ,
C£<? <7 *o» f
attor non fu dì piti fapere :
Scafile il buon volare
Ma pur fe aleuti del nome ti demanda
Dì , quel eie a ci} li manda ,
F' Anton dei Beccar , quel da Ferrara
,
y>cre fa , «fa volentieri impara .

Alla qual Canzone il Petrarca rifpofe


col Sonetto :

£)as He pi etofe rime incP iom'accorfi pofto a c-95


lì Tafibni fopra il citato Sonetto; fàilfe-
guente elogio a querta Canzone: 5 , Quefto So^'
>, netto è in rifpofta d' una certa Canzonerà
j, comporta da Maeftro Antonio Medico da
J} Ferrara per la morte de! Poeta , che falfa-
« mente s'era per Italia di volgata :trovafi ma- :

,) nuferittafra le rime de'Poèti antichi , che-


„ pare
AL PETRARCA. 357
n pareli Lamento di Ma zza cucco; e comincia i
li ho già letta il Rtmani,- piamo dèi
Dal la Goniìde razione del Talloni ( che nell*
edizione del Muratori fi legge a c^Ofopra
il VII. Sonetto del Petrarca pollo in que-
,

lla noltra a c. 6. che incomincia :

La gola , c V finn» , e P ch'afe piumt


E' Sonetto morale, fcritto ad un'amico, eh'
erain penficre d'abbandonar le belle lettere 1
e gli ftudj delia Filulofia » per darli ad alcun*
altra profeflìor.e di piti guadagno , moflb dal-

le vane mormorazioni de! ve. sr. , che non ve-

I de c non ode, ìe n- >n quello che luce, eluo-


3

I sa^ Lelio Lclii tu d' opinione , che 'I Petrar-


Ica rilpondefle ai feguenteSos.ctto del Bot>
caccio, cheu legge in un manufcrkto :

' k
s
Antt> eìa\cuno a co>iqtùfiar teforo
I JLIn ogni modo fi & rivolto, e dite )

\ Che quafi a d to per tutto è mefirato


W CU con virth fegu'fce altro lavoro .
I circhi collantemente infra e$lìoro

i| Oggi convitali ne! mende fvìato ,


In cui , co'm tu fe> pia fu infiammati
Ftfo del jairt 5
e glcìofo alloro .

Mi peri bè tutto non tifò la virtute


Ci} che fi vuol , fen\a 'l divina aiuto ,

f A te ricorro , mi [ojlegni
« prego
Ctnt'a li fati adverli a mìa fatiti "

E doto U tìujlo affanno il mio canuto


Ctpo d' alloro inco r o»ar rat fdfgf.i .

'
Ma perdonimi il Lelio, ch'io non lo vedere
raes abbia a fare il Sonetto de! Pctnrci no-
vo con cuefto quale le pur'.ivelTe voluto
; a!
Iti f.-o nele re, no n poflb darmi a credere eli'; non

[Facile £,«0 per ìe iru-der-m; tr.n-. Altri


ha ii no
.

jjS G
I U 'N T A
hanno tenuto che'l Petrarca rifppndefTeal fcl
gueute,cbc dicono eflergli flato fcrkto damul
Donna da f Fabriano, o da Saffo ferrato :M
vorrei pur dri\\ar quefte mìe piarne
IOCol% Sigftir dive V def.o ni' invita
j , ,

E dopo. mone rimaner in vita ,

Col chiaro di v'rtute inclite lumi .

Ma V valgo inerte , dal rie tcftume


Vìnti , ha d > egni fuo ben la vi* fmarrita^ \

Cerne degna di bia[mo egncr m* addita , ]


CP
ir tenti d* Elicona al (acro fiume. ')

All'ago ^alfiffo 3 piti eP al Litro , cai mirti ,


|

Cc/W J»» «e. » ^* glo-ia mia


1
,

• Vuol cP abbia fempre qutft-.i mente intefay \

'Dimmi tu ornai che per più dritta via


A Parnafo Un' vai , nobile [pino ,
Devh dunque laffar sì degna imprefa ? i

Ma nè quefta ha lembi a n za di Poefia di]

Donna» e di Donna di quella età , e di quel

fecolo rozzo j nel quale gii uomini Itefìi di


aveano in quella profeffione credito e fama»
s'avanzarono così poco
Fine di una prepofla dì Ricciardo^ fa dì Rifa-
te Conte di Battifclie al Vetraria riferiti ,

colla intera rifvofla dal Muratori nella Ptrft


Poepa lib.I. cap III. e nella V refa\. alìu
tratta pag. XIV.
j, I» [pero puf che la Morte a fao tempo
„ Mi riconduca in più ìrr.nquil'o porto ,
, }
E' l bel dir vofiro } che nel mondo è (oh\\
cu
j- Egidio Menagio a carte 7-della fua Lezione
fopra ìl Scn.VII.del Pe;rarca,afterma effe-
re fiato (cripto dalla Signora GiiifrhaLeri
Perrotti da Sa(TorTe r rato,a cui rilpofe il Pi'
trarca col VII. fuddetto Sonetto .
. ,

Ali PETRARCA.
Gli rifpmde il Petrarca , pur egli
, . ìi e 1' autore ,

COnte Ricciardo, quanto più ripenfo


Al voftro ragionar, più veggio sfotti
Gli amici di virtute, e noi sì fatti,
Che n'ho'I cor d'ira ,c di vergogna accento-
E non fo qui trovare altro competilo
Se non che'l tempo è breve, e i di fon ratti:
• Verrà colei che la romper i patti ,

Pertorne qiiinci ed ha già il mioconlenfo.


;

•Mill'anni panni , io non vo* dir che morto


i Ma eh' io fi a vivo ; pur tardi , o per tempo

Spero falir ov' or peni andò velo


Ci voi fon certo ; o:id' io di tempo in tempo
'
Men pregio i! mondo , e più mi riconforto,
, Dovendomi partir da tinto duolo.

un Senato inedito del Petrarca,


Triscipìo d'
in rifpefiaad uno pur inedito ài M. Anto-
nio Medico di Ferrara , efijìente in un MS.
iell' Ambrofìana , eh' incomincia :

„ D:b dite il fonte donde nafee Amore,


,j E qual ragione il fa ejfer sì degno CC.

PEs. util, per di Ietto, e per onore


Amor , eh' è palfion , vence fuo regno :
Quel folo é da lodar che drizza il fegno
In ver l'onefto, e gli altri caccia fuore

11 Muratoci ut'' Ili egli foftsccentutts .

FRAM-
.

3 «o
GIUNTA
FRAMMENTI COPIATI 4
j

BALL' ORIGINALE
DEL PETRARCA,
Pubblicato in Rema r anno 16.4.2. da Ff.

derico Vbaldini .

Si rapportano appunto come gli ha fatti fam>


pare anco il Signor Muratori neliuoPe-
trarca ac. 707- per dare un faggio a' lejj
tori della rozza Ortografia di iuei tempi.

Ex amici ( d. car. ) telata ,


qui eum ab

rat , ($* ex memoria primtm , «

c.itquid'defusrat Refponjso ad} a; de 1


.

QUella. chelgiovenil meo core avinfe.


Nel prima tempo c'ito conobbi aniorct
Del fuo'leggiadro albergo efecndo farai
Con mio d' 'ore dun be! nodo mi fcinfft
Ne poi nova bellezza Ia!ma ftrinfe. "

Ne mai luce fenci che tefle ardore.


Se non cola memoria del valore
Che per dolci durezze; la fofpinfe
Ben volfe quei che cobejli occhi afilla.
Con altra chiave riprovar fuo ing
Ma nova rete vecchio augel non pr
Et pur fui in dubbio fra caribdi fcillaj &
Et paflai le firene in lordo legno. J
Over comehuom chafcolta,e nulla intenda

Fai
. . .. . . ,

AL PETRARCA. t St

Fa, t. ftaitzt 3. cantami*

"DIn che mia man delira


la
1 Lalato offizio al gran voler alani ma
difdica.
l'oi(e già mai percote
F/iwc/a al mondo ài
a quella altera di virtù-
_
te amica
Gli orecchi vofiri quella
con quellal*
tre note

Dirai
D'W mio fervo vuol più, ma non potè
vd vuol ma più ( Rie placet
)
rf GJi orecchi
e quella mia dolce nemica
quella collaltre fi miglia n ti
note
wra coflei vorria
**/ vuol ben ma pifi non potè (Hie/tUcti)

'<j-lÌQVemb, 1 3 j6. reintvpi bit ferite/ e ..


Rejpmfto ma ad amm miffnm de Parifiit
Vide tante» adèrte

P'o } }0 & vermiglio & fofe»


V0 te [ di mi
a!e no '°fe afpre catene
n chel
l »
Di mondo minvoive, mi ritenc & .
Chinon polla venire ad efiTer vo'co
the pur al mio vedere fragile ,
Avea nele man vo/lre alcuna
lofeo & -

fpene .
tt poi dicea fe vita mi
follene
1 erapo fia di tornarfi alaere tofeo
Uanbedue que confin fon oggi in
banda .
Cfiogni vii fium icel me
.
gran diibrbo.
tt qui lon fervo
: liberta fognando.
J
Mi grava
l auro corona
m gii, la fronte, '
ma d « ;1 torto
or vadimando.
.

Sci vottro al mio non


e ben (imil morbo
Ktmt Petrarca
g er
.
Q
.

T
3 6i
GIUNTA
Ser d'iQtifalvi petri di (iena.

guardi,
EL
-
b.llocthìo dappollo dal (hui
Sereno , &
vago Urne Junea J'ente
Vlendo a virtù ttrtfirar p ijf'-nte .
fi,

Coltra colei) che non appresa dardo. I


Netterà che ph luce il fuo riguardi .
Coi raggi acceft gìt/nfe arditamente •
Ma quandi vide il vifo fplend.ente .
Sen^v tìlpett ar fuggi come codarde .
Belila & homfia ebe la cohra ,
'Perfettamente in altra mai net vrfte . j
Furori cagione del/alto &
naie effetti , 1
Ma qtsal di queftt due unite
mi/te & .

Piu dotto feto , &


qt>al più lei bonora.

He» dungtte adempite il mio difetti.


f« t

Rìfpojfa .

pheboal primo amor non e bugiardo.


SE Or per novo piacer non fi ripente,
Giamai non gli elee il bel lauro di mente.
Alla cui ombra io mi diftrugso
ardo. &
Quello foloil può far veloce, tardo. &
Et lietoe trillo,
,
timido , & valente &
Chal fuon del nome fuo par che paven«.|
Et fu conerà phiton già fi gagliardo.
Altri per certo noi turbava allora.
Quando nel fuo bel vifo gliocchi apnlte.
Et non glioffefe il variato afpetto .

discolora
Ma fe pur chi voi dite il
ville-

Sembianza, e forfè alcuna delle


petto
Et lo benchel mio dir parrà tal
.. ,. .. . ..

AL P E T R A C A. 363

Vide tamea adbuc .

QUando talora da giufta ira comraoflo »


De! «fata humilta pur mi difanno
,

Dico fola la vifta, Se lei ftefia armo.


Di poco fdegno, chedafiai non poffp .
latto mi giunge cna più forte adóflb
Per far di me volgendo gnocchi un marmo.
Simile aque per cui le fpalle& Janna .
Hercole pofealla gran foroa el doffb
illor pero che dalle parti extreme

La mia fparfa vertu fnffembla al care


Per confolarlo che fofpira geme &
Ritorna al volto il fuo primo colore
Ondella per vergogna fi rireme
Di provar poi fua forza in un che more «

1J48. Maii 1 7. bora vrfptrar.

I "CE li ce flato aver giudo fignore


I I Ovel bett fama , & più la
t Off [opra dtver mai noli fafpira.
t Et dove altri refpira
I
Ove Salma in pace refpira
l Ultna II corchattéde per virtute honore,
t
II di bsn operar [attende hwve
fa nuda Ialina
t
Ltl/a/i de bei penfier jtuds , q digiuna
f Si (lava i e negligente .

f Quando amor di queftocchi la percofle.


I Poiché fu detta, dal fisuor valente .
. . . ,

3«4 GIUNTA
1 1 q$ Novemfr. 30. inttr nonam
. {?> vefptt,
cccurrit hodie . pridtc tranfcripjt infrafcrì
ptam carni. Et b. nudiusdum infralì, . ,

Ava Ittcem propter memoria»? Jac. iztenftii


Iktt ultimo accer/ititm ad expeliendum mì{
dtcorum "Philipp, fec. jìdum rejìduumpn
pter ultimum vsrbum

CHe
Dopo
le fubrte lagrime cbio vidi
un dolce fofpiro nei iuo bel vìfoi
Mi furon d. p.
Mi furon gran pegno dei pietofo core .

Cbi prova intende, &


ben chaltro fi a avifo.
Ate che forfè ti contenti, &ridi.
Pur chi noli piange > non fa che fia amord
Occhi dolenti accompagnate il core .
vtl quanto
Piangete ornai mentre la vita d'ora.
Poichel fol vi fi ofeura .
Che lieti vi facea col fuo fplendore.l
Pofcia che lume de begliocchi aifpento.
Morte fpietata e fera.
Che f Jea far ferena la mia mente
A qua! duol mi rifervi , a qual tormento!

1350. Dee e mèri s 26, in ter mzridUm {$>


nmam Sabato per Confort.

j y™S Entil «ho foramo defire


1 vJ Miw dai deh il mie dolce defre
1 Dal eielofcensle quel dolce delire
% Cb accende lalma m.
i C ketifiamma la mia rnenti e poi lacqtteta.
3

3 Onde penfofa e lieta -

a Convcn cborfl.«l!egri, edor fcfpire.


Dt-
. .. . . ... ,

AL PETRARCA ^
ttfSmb. 30. mere, eaitm bora fàlicet ìnter
msTÌAkm wnam
A Mor che eielojé c«r getile core alberghi
[ * Tu vedi glinfiammati miei defiri
Ve Merrai , che mai fetnpre fofpiri.

donna col benigno fguardo


Altera
Leva ralor (il mio
hptne S otti t va tan'o mìei penfier da terra
.

Cile de beg Hocchi fuoi molto mi


lodo
Ma (tagliami del pefo ondio fon tardo.
Afeguireil mio bene> &
vivo in guerra
Collima rebe Uante •
fornai fignor quefto intricato nodo.
E prego che miei parli in parte giri .
Ove in pace perfetta alfin reipiri

fiacri* i,J'attuarti eadem fora.

Iflior chen cielo , eri gentil core alberghi


E quanto e di valore al mondo infpiri.
Acqueta 1 infiamma ti miei dejiri fofpiri
Altera donna' con fi dolce fguardo.

Leva talor el mio penfier da terra-


|
ut! il grave penfier talor da terra .

Che lodar mi cotiven dealioccbi fuoi


Madogliomi del pefo,W nodo òdio fó tarde
Afeguire il mio bene e vivo in guerra.
.

Collimi rebel lance a medi tuoi .

Signor che fola intendi tutto 3 e puoi


Tinnisti Pur fpero
che miei paffi iti parte giri
Ove in pace perfetta alfin refpiri.

Re.
. . a

3 5S CINTA
Refpenfro me* Damine jubentt .

TA l cavaliere tutta una fcbiera atterra-


Quando fortuna a tanto honore il men
Che da un fol poi fi difende apena-, j
Cofil tempo arpe le prodezze, ferii&
Pero forfè coftui choggi diferra
Colpi morto ne porterà ancor pena.
Si poffo un pocho mai raccoglier lem!
O fe dal primo Arale amor mi sferra.
Di quefta fpene mi nutrico &
vivo I ,

Al caldo al freddo, alalba &


ale fquiBj
&
Co efla vegghio dormo& leggo fai) & ''.

Ometta fa le mie piaghe fi tranquille.


Chio nonlefento, contai voglia nrtitì
A ferir/" lui che co begliocchi aprillea
Non fo fs ciò fifia tardi , o per tempo.
Che le vendettefono o lunghe , o_ cortei
Come fó meno,o piu « «-le geti riccoq

Alia R/ff enfio mta . Dtmirto mute riami


dante , £f jtthente.

/""\Uella chegli animali del mondo atteri


V^Et nel primo principio gli rimeiia.
Percome il cavalier del qual e piena
Ogni contrada che! mar cinse feri &
Ma quello e un-bafilifco che diferra
Giiocchi feroci a porger morte pei) &
Talché giainai ne lancia ne catena
Porian far falvo chi con lui faiferra.
Un fol rimedio a il fuo fguardo nocivo.
Di fpecchi armarfi a ciò chegli sfavi!
Pt tome quafi ala fontana il rivo-.;
Mirando fc conven die fi deftilie
Quella fua rabbia al mondo chio ne ferii
Fia aflìcurata quella & laltre ville
CAN
.

AL PETRARCA. 3*7

CANZONE
DI GUIDO CAVALCANTI,
Accennata dal Petrarca nella fua XVII.
pofta a carte 56.

DOtrna mi priega ;
per eh* io vaglio dirt
D' uh accidente , che [avente è fere ,
Id ì il alter* j cP i chiamiti Amore i

SI chi lo niega poffa V ver fentire .

Bd al preferite fonofeitttt ebete :

Per ch'io no [pere tPtiom di baffo are


A tal r agi'eoe porti conofcenxa :

Che fen\a naturai dimoftramento


Non io talento di voler provare
Là deve pofa , e di lo fa triare :

E quel fa fua vertute , e fua potenza :

: V'e(f:n\a poi } e ciafctm movimento ;


E i piacimento , cì>< V fa dir amare J
E fe uem per veder lo pub mofirare .

I h quella parìe dove fin memora ,


I Prende juo formato , come
-flato , sì

I
Qiofan da Unte , d' una cptiritate
j
La qua! da Marte viene , e fa dimora .

1 Igli è creato , ed ha [enfato nome :


D' alma cofiome , e di cor volontate :
1 Vìe» da veduta forma , che r' intende j
Che prende nel pojfibile intelletto }
Come in (aggetto , hco , e dimoratila ,
in quella parte mai non ha poffan\a »
\ "Perchè da quali tate non discende .

Rifp/ende in sè perpetuale effetto


'

Noi ha diletto , ma confideranno j


T Sì , eh* ti noti punte largir fimigliania
Q 4 Non
, .

j6S
Noi è vertuti-
GIUNTA , ma da quella vieni
y
Ch* è p e*feniani che fi pone tale ,

ragionale , ma che fente , dico :


Non
Futr dì fa In te pudica' mantieni $
Che P intensione per ragione vale
ly^cerne male in evi e' vi^io amico ..
Di fiua potenzia fegue mm
fpejfo mette »
Sé forte la vtrtìi fojfe impedita
i*a quaP aita la contraria via;
Noi perchè oppsfita naturai fa •
Ma
quanto che da buon perfette tori* è y
Per forte mn
pai dir vera ch y aggia vita %
Che ftabìlita non ha fignoria ,
A fimi! pub valor quando uom !' obblia ,

L' ejferequando lo voler* è~ tanto


Fuor dì natura , di mifura terna j
Pei non adorna di ripofo mai :

Move, cangiando color } rifa in pianto y.

E la figura con pmra fiorna •


Poco foggio'fta . Ancor di luì vedrai
Che '« gi-ntt di valor lo pià
fi trova .

La nova qualità move fofpi"r\


E tuoi eh 1 uem miri in unformato io co
Defiandofi ira } la qual manda foco ;
Immaginar noi punte uom che noi prova ?
Ni mova già perì y che lai fi tiri %
Enon fi giri per trovarvi gioee ,
Ni certamente gran faper ni p CO ,

Di fimH tragge ccmplejjione /guardo ;


C è e fa parere L piacere certo :

Non poi coperto far quando e sì giunto°,


Non già felvagge h bilxìt fon dardo y
Che tal volere per temere efpe'to
Confegue me-' te fpi rito eh' i punto :
E non fi può eonofeer per lo vifo
Com-prifo jbianco , in taV obbietta cade :

E ehi
AL PETRARCA,
forma
jffg

E, ehi ben va de ,
non fi vede \
Yfcbi lo mena ehi da Iti proddt
luci- di celere d' efftre di vifa ,
Ajfifo in tneiZ" ofeuro faci rade ,

fuor d* ogni fraudi di et degno in fede s


Che felo di c ofiai nejet mercede ,

)t*\tn mìa , tu puoi gir Scuramente


Dtvn ti piace : eh* io t'ho si adornata ,

Ci' affai laudata farà tua ragione


Dille perfont e' hanno intendimento :
Di Jlar con /* altre tu non hai talenti .

CANZONE
DI DANTE ALIGHIERI,
Accennata dal Petrarca nella fua xviKaX'57>

nel mìo parlar veglio effer afpre


Còl) ,
) Come negli atti qusfia bella peti" a ,
Li impetra
qu.il' o£rti or

durezza , e p'à natura cruda ;


H-iggior
E vtfle fua pirfona d'un diafpro;
Tel, tht per lui , e \ireV ella j 1 arretra %
Ne» efee di faretra
Saetta che giammai la ro !ga ign-da ,
Eli ella ancide e /»9<J Val cP "sm
\ li cbitldd -i

Hi fi dilunghi dai C Spi me' tali ;

Cbt , come avrffer ali ,


Giungano ahrui , e fb'XX** riafeuit' a'mt t
"Perch'io noi fa ria l i > •>) aoifo allarme .

KvB iriw few» i&'elU "on mi (pe\jì ;


N' '«to rie dui B'f f'it m' afe onda :
M« rr«tf fio di f 'unda ^
,

Così della m a mente Iteri la (ima.


t tanto dtl mi* mal par che t' <3tip'e%X* *

Q 5 Quali-
.

no
Quanto
GIUNTA
legno di mar , che non lieve onda,
E V ptfù eht to' affonda y
E' lai y che nel potrebbe adequar rima .

Ahi angofeiefa , e di[pittata lima ,


Cbt fedamente la mìa vita (cerni
\
"Perchè nùn ti ri temi
Sì di rodermeli cor' a feort^a a feer^a ,
Compie di dir altrui , Ghi ti dà for^a }
Chi pìh mi trema H cor qualar* io penfo
Di lei in parte ev ahri gli ecchì induca ,

Per tema non traluca


Lamio penfier di fuor , sì che fi
fi
opra jM
Cb y
non fo delia Marte eh* ogni fenfo
ic :

Con li denti d'Amar già mi manduca, I

Onde ogni penfier bruca


ha fan virth , sì cP io abbandono P opre ,'\
Ch* ella «' ha meffe in terra e flammi fsfri :

Con gailla fpada end' egli uecì\e D'do , J


Amor* ; a cui io grido ,
Mercè chiamando: e umilmente il p'iego:
E quei d* ogni pietà par mejfo al niego ,

Al\a la mano ad or ad or, e sfida


1

La mia debile vita eflo ftrtxrfo


t
Che d'ftefo y e riverfo
Mi tien" in terra d* ogni gni-zro fianco .

Aliar mi j argon nella mento /irida :


Il fanoue eh* è per le vene difperfo ,
Correndo fugge verfo
Lq cor, cèfi chiama ; end1 io rimang obi ami
E pei mi fede fotte V lato manco
Sì forte, che^l dolor nel cor rimbalza.
Allor dico io , Se egli al\a
Un'altra vclta , Morte »' atri chi ufo
Prima che V colpo fa di[cefo gì ufo
Così vedefs* io hi fender per w^»
Lo ter di quella che h mìo fanatra
H
:
_
A
L P E T. C R A R3 71 A .

Poi non mi farebbe atra


La morte , cv' io per fue bellette forre .
Ma tanto dà nel Sol , quanto mi rezz 0
Quefta fcbtrana , micidiale s e latra .
Oìmè perciò non latra
1
Per me , ccm io per Ut , nel caldo borico ?
Che tofto diceria } Io ti [occorro :

E farsii volentier , sì come quegli


Che nei biondi capagli
Ci' Amor per confumarmi incrtfpa y e Sfiderà j
Metterei mano , e piacertile allora ,

P»« «pr^ M/r treccie prefe ,


Che fatte fon per me feudifciò , * ft*V> >
Pigliandole an%i terza ,
Ci» pajferei vefpro > * fquille :
I nsn vi farei faggio } nè ccrteft :
È»zi farei Cam" «'fa , quando fcbtr\* .
£ /' Amor me tre sferra
,

Vendetta ne farei di pià di mille ,


Amor negli occhi end' efeon le faville
Cie
1
m
infiammano V «/• , c£e ;e encifa %
Mirerei prejfe , e fifo ;
E vtngiereimì del fuggir eie face •

E per /?renderei con amor pace .


C*B\on mia , vanne ritto a quella Donna
Che m* ira f dito V «r* # fif invola*
Quello ond' io ho piti gola ;

p dalle per h cor d una


i
faetta :

»»<rr /' acquifia in far vendetta ,

<Ì 6 CAM-
,

j7 i GIUNTA
CANZONE
DI M.CINO DA P ISTOJA,
accennata a c. s 8 -

LAUt dolce
1
t>i(i/t

più begli elfi' che


, e '/ irf guardo [«avi

f vidtr mei f
Ch' P ho perduto y mi fa parer grave
X» vita sì , fi' fV db traendo guaì *
E '» vece di penfer leggiadri , # g«»
CP aver [alea d? amore ^
Porto desìi nel core
Che fon nati di Morte ,

Ver partita the mi duol sì forte .


la-
1
Oifnì deh perdi , Amor y al primo paffo
Non mi ferij}i sì , r£* »'» /«^ *#or{# ?
tirchi non diparlifi da me la /[a
Le fpirro angofiiefo , e A* fi) di perù ?"
,Amor', al mia dolor non ì etnforte }
'

Ar>\ì quanta pià guarda


Al f:.[pirar ,
più ardo -:

Trovandomi partuts
Da qui 1
hegii cechi ov* io t'ha già veduto ,
la »' ha veduto in que" begli occhi , Amare ,
1

Taf , e he la rimembranza me n y amidi \

E fa ri grande
fi
hi era di dolóre
Dentro alla mente , che P anima (Iride

Se/ perchè Morte mai non la divìde


Da me 3
ccm 1 è div'fo
Dallo giajùfo rifa »
E d' Ogni flato allegra
,
Il gran contrarie cPÌ trd'lhtanca y e Ltegrj l

.Quando per gentil"' etto di [alate


Wer he Ha donna levo gli occhi alquanti j
$i tutta fi di[vi a la mia vinate,
.

AL PETRARCA- 575
Che dentro ritener non pojfo il pianto s

Memorando dì Madonna '

s
a evi [ori fan-te-

Lenta n di Veder lei


0 dolenti occhi miei ,
ìior. morite di doglia ?
1

Sì pir ntftro voler ,


pur eh" Amor voglia ,

Amar , la mia ventura è troppo cruda :

,
£ cih che ncontra a gli tedi , più attrìfia
Dunque mercè , che la tua m.irt la chiuda
Da e' ho perduti P amor tifa vijìa :

E quando vita per morte acquifta $


Gli è fio) ofe il morire :

Tu (ai dove dè gire


Lo fpirtt mìo da poi:
F f'ii quanta pietà /* barà di nei .
/tner ,
per effe* mi ti dì al piti ofo
Tenuto in mìo tormento j
Secondo cè'i ho talenti ,
Dammi di merle gioia
Sì che le fpirtt aimtn Uriti » Vipj^ *

IL FINE DELLA GIUNTA


AL PETRARCA,

TRA-
, .,

174
TRADUZIONE DELLA CANZ. XXVII,
DEL PETRARCA,
Cie incarni nei a : Chiare , frefche > e dolci

acque j fatta
'.
DA M. ANTONIO. FLAMINIO.
Ed è »! Carmen VL 'del libro 1. de' furi eli-
gantiffuni Verft Latini, riftampati ultimi-
mente con grande accuratezza , e con rini-
ti tlluflrazioni dal Cornino.

DE DELIA,
OFoks
*
Mei ioli facer ,

Lympha fplendide vitrea.


In quo virgineum mea
Lavit Djlia corpus ;

Tuque lenibus eaitens


Arbor florida ramizlis
Qua iacus niveum » & caput
Fullìt Illa decorimi j

Et vos prata recenti:^


Quse veftem nicidam , & finmn
Fcviftis tene.^um uvida
Laci graminis herba ;
Vofque aurse liquidi sttheris
Noftri corifei se atnoris , ad-
erte » dum queror , atque vos
Suprema alìoquor naia .
Si lic fata volunt fera }
Si ftc eft placitum deis >
Ut nobis amor impia
Morte lumina condat ?
Salterò prò pietate mea
Hoc concedile , frigidum
Ut
* Alex. Taffonus kgif.OmniftlriuXdior vivi
. .

TRADUZ DEL FLAMINIO .


37?
Uc corpus liceat mihi
Veftra ponere terra
Sic fatis moriar iibcns,
Si fpes hsec veniat fimul ;

Quod nullo melius loco hos


Linquet fpiritus artus.
0 fi tempuS erir. modo,
Cum fuetum huc aditum ferat?
Quae nos ante diem nigros
Cogit vifere manes^
Et iocum afpiciens > ubi
Ilio purpureo die
Me vidi: , miferum fuis
Multimi quEtrat ocellis !

Sed jam frigida pulverera


Inter faxa videns , ftatim
Peflore ardeat intimo , &
Me fic fata repofcat,
Ut vitEe veniam imperret»
Et cogat fuperos fuuni
In votimi > numida candido
Tergens lumina velo,
Pulchris unditìue ramuiis
Inftar imbris in aureutn
Manabant domina; fmum
Flores fuave rubeates
Talis Idalia Venus
Silva, fub viridi jacet
Myrto ? puniceo Mnc & bine
Nimbo teìta rofarum.
Hic flos purpureas fuper
Vefìes, hic fuper aureos
Crines » hic rofei fuper
Ori s latra cadebat :
II 1 e gramìne fofeido
Infierì», hic vitrea fuper
Lyra-
. . .

376 TRADTJZ D FXìFLA Mi MIO/


Lympha nate, alius cito in
Gyrum turbine verri
tetti murmure candidarci
Andifics Zephyrum- Cibi
Palam di cere , Regnat hÀC
Blandi mster Amoris.
Tunc mecum ter , amplius &
Dixi, Aut venit ab Kthere
Haéc aito, ve! Oreadurn
Certe fatlguinis una e(l
Sic & blanda procervitas ,
Sic & Vjrgineuni decus
Oris >
verbaqus dulcia
Meni et abStu! erari t mini 3

Ut fufniria ab intimo
Fundens pecìore> faepìus
Dìcerero 1 Huc ego qua viaj
Qujve tempore veni ?

Nam luper nnidura art ii era


Ev'.rdus voìucri pede a Se
Magni Concilio Jovis
Interefìe videbar
Ilio ex tempore frigerans
Fons , Se prata recentia , aC
Arbor florida ile mihi
Meriterai amtìre revinxitj
Ut feu nox tenebris diem
Pellit, feu rapidnm fugit
S i[em s non alia mi fer
Umquara fedequiefcam „

IN-
3

INDICE
SONETTI DE'
DEL PETRARCA.
Ammetta liberta , (ime tu w* hai a C. jS
Al cader d' utta pianta che fi fvelfa , w\
lima feli(t , che fovertte terni ,
105
lima Sol quella fronde (Pio fola amo , 143
$mr j (he meco sì buontempo tifavi 116
jjscr , che ì ncende 7 e or jj' ardente \elo , 140
imr ,
che nel penfier mio vive , e , 118
irtir, ci? wA (g-"' penfier:) aperto , 130
Amor con la man defifa il lato mane» 167
/«(! «rf jW lufngando
prornejfe 67
Am? , ed io sì psen dì maraviglia , llp
jter , Fortuna , « /« w'd *»r«ff [china 97
Amar fra P erbe una leggiadra rete 133
jfewr' , io fallo \ e veggio V «wo fallire : 1 71
j)/wtf »)' ^ a frale y T:2
ijsmr mi manda quel dolce penile'» 13
Amor mi fprona in un tempo , ed affrena \ 138
jfirai', Natura-, eia bel" alma pmìle 14 i

I piangeva , /a Ci!» f<i/ c*/tfl ;


1*>

I ia<md , </"f/ fc'o't" 21 ?


I jimwM ;
divtrfe cefe tante
ti J5I
p»V de* celli ove la bella vefia 7
W
I i<
1
I j4fs//« ; i ««ce »/ delio 30
I i'in' vittori ofa , e trionfale, 187
Affroco'e , e fehaggit , C'uda voglia
<• J<M
Anta, che quelle chiome bionde, etrefpt 1^7
AiviHturofo pili d'ait'O terreno, 85
B
e di languir contento 58
BEato infogno , y 1

B> mdttto fa'! giorno , e'/ rnefe, e


/' a**» yi

| Bai (aptv'iò che naturai cenfiglio , 56


J7« INDICE
CÀrtiai\ or piang) e nonmen di dolce\yt
; jj|
Cara la vira , e dopa Iti mi pare jSj
Ceretta bo [tmpre (elitaria vita
j8j
C efare , poi V traditili- d' Egitto Si
Che fai , ì/»j ? ri? p/»jf ? attrtm mai pace } iij
C i^/V ? pf»yT> fi- f sfofro 101
Chi vuol veder quantunque puh Natura
, 17)
Come*! candido pi} per P er'a frefctt 131
Come talora al caldo titubo file n!
Cerne va 7 mondo], or mi diletta e piace , ity
Conobbi \
'tanto il del gli occhi m' aperfe
1}
341
,
Ctfff potè
fi' io ben chiuder in ver jf
fi

Vi begli occhi , * Ài/ pìh chiaro vifa 1 47


Datemi pace , fi */uri «jrf r penfieri ; J0[.
Ufi fo^g/ «w/io affannato ingegna , 151)
Dfi tfMo/ pirt/ì , gtW Ange! fu 1} prefio 24J
2>f/ fita tWf \l fonar mìùfempre abbonda 244.
,
Dell' empia B'a bt low a , end' è fuggita H
Del mar Tirreno alla fm-ftra riva , 55
Dicemi fp'ffo il mìo fidato fpeglio , 2;&
7
Difefitt anni ha già rivolto il cielo pS.
£)iV/ vo cangiando il tifo , e V pelo; x*|
Difcolorato bai ì Morte, il più bel volto 505
et donne cnefiamente laffe , ifó
Dolce mio t caro, e pre\iofo pegno ; 243
IWW dure\\e , # placide repulfe , 158
Dolci ire , i/o/ff fdegni , e dolci paci , 151
Donna } che lieta col principio nofiro 246
Due gran nemiche infame erano aggiunte , 213'
Due rofe frefche , e colte in pa'adifo 17!
D 3
un bel } chiaro } polito y e vivo ghiaccio 15O/
£' mi
1

DE' SONETTI» 3?9


E
par d^o^ìn »ra udire il meffo 247
E>M£
E' V «Wi» >n
qtisfte
/a «r« Fenice 115

FcaV cf elSelfi fcthraro 4


Ewno * e*^ /f*'/ s 75
F
FArpotejpio vendetta di (uhi >
18}
jWi» (fl'teìefo ha for^a in mi , 1 6

fiamma del dei fu le tue treccie piova , 116


F«a»* a« ^* )
«ftfg* ^' ,>J >
1 7
RMh ,
«orfre/o ,
fiorita , e WMfr te/» ; 177
fufcje un tempo dolce cefo Amore ; S4J
Fiondo la prigione tv* *' 7*
G
GEri quando tahr me et s'adira
,
138
«fySW» fW fi £*«^a qae'ela-,
g;à 1**
Già fiammeggiava /' amorcfa fteìla 29
Giunto Akffandro alia ftm>.fa tornea 14*
m'ha Amor fra brlk, e crude braccia, 134
S/i f/*»*» j ' lieto .046
G/f «fi» eF io parlai si caldamente ju-ì-io

Colonna , *«
Gtortofa '''appoggia

Greve d' * f«f V f»V /urge A/?/»* : 1 55>

Begli ecebi end' i' fui percolo inguifa , 66


I I di miei pia leggi** che neffun cervo , 214
1 dolci Colli «»' io iefciai me fteffo , I 57
Ybo di fofpir q«ejl' air tutti,
pitti
SOS
5P io fregato Amor"" , e mi riprego , 1 75
1/ Cintar novo , * '/ pianger degli augelli 163
TJ figliuol di Latona avea già neve 37
limai mi preme , e mi [paventa il peggio : J 77
]/ raro avverfario ; in cui veder foleti 3*
Carlo ; che fa chioma ai
// fuccefor di

lì mi foglio acculare ; ed or mi feufo \


US
i f<9
Tmi vi via di mia forte contento
in
3Ee INDICE
In dubbie di mio flato or piango , or canti; -
jjff
In me^e di duo emanti mèfla ali tra '

In ntbtì fangue vita umile , e queta jój
,
In qua 2 parte dei del' , iti quale idea jtJ
In qa4 bel vìfe cF i' fofpire , e bramo iS^
>
In tale f}ella duo begli occhi vidi
jjj*
Io amai femprt , ed amo forte ancora
t
le avrò jempre in odio la
'fi ne /ira
jj
Io canterei d* amor si novamentt
,
lo tni net'gù indietro a ci,, fi un palfo
io
le ma fu* d'amar voi la/fata unquante
, ;f
Io penfava affai dtfiro ejf r fu l* ale gjfl
,
la fin ti a denteai cor già venir min»
Te fon dell 3 afpetiar* ornai sì vinto
3 &
, '

lo jen già fianco di pmf*r , fatimi


6i
Je fon sì fianco fotte U fefih antico
70
Io teme sì de* begli occhi l' a falco ,
?j
Ppianfl; or canto; che'l tthfle lume 168
I* ^eir* afco/te ; f 0^0 nov-J/a j

I»/» f<jWi fofpirì , al freddo Corei j%r


Ite j 'rwir doler ti , al duro fajfe 2 } j
P vidi in terra angelici cofìumi
j jjg
Ir ve piangendo i miei pajfati tempi
t ijg
L
LAbflìa denti» che cotante amavi,
La dsnia ih V bìj »«/ ^r/a 5 $j
L« gj/tf * 'Sfanno et oyofe piume
,
l
, 6
Lagumcia, he fi già piangendo fianca ,
t
49
L* a/w» »jj<j fiamma e!tra le belle bella
; 109
L'alto, e nova micacei eh* a* dì r.oftri 219
U 1
fgner di tinnii a cai non vale
alto 17S
U arber gentil che forte amai molV anni
\ 50
J,* ardente nodo »»' io fui d" tra intra 1
100
Lafciato hai , Merr*
/Vn^e SVu il mondo
, zìi
La fera defar , odiar P aurora 1S3
L' affettata virtà che '» voi feriva ti
L'afpet.
3
1

DÉ' SONETTI. 3!"


L 1 affetta (nero della Urrà vofira 55
Lajfo , Amor mi trafporta cv' io non veglio ; 1 7
htjfo, ienfo, de dolor off prede 80
Luffe 1 eie mal' accerto fui da prima 53
L^/jj ci' i' ardo , ed altri non me! ertde : 15Ò
'

la/fi, quante fiate Amor tri 1


affale ,* SS
V avara Babilonia bi colmo 'l facce 1 i'fi

tàVttafuo^e , » r* atrefia ora


tifi' ; 100
L' sbìw ccltfts ehe^n ami vérde 'Lauro 147
V atira , fZ? verde Lauro, e P aureo crine 178
*l
L'aura , tf
/' <u/cr #
) (V refrigeriti e l'ombra
V taira genti!
, ^^<r rjjferena i peggi 146
Vwami'i [aera al mio fianco ripofo 148
paura ferenti che fra verdi fronde 147
L'aura foave cPalSol fp'fga , e vibra 148
I Lejìelle, e* Icilio, e gli elementi a prova ufi
L'vemmì il mìo penfier' in parte ov' era 215
I/fK| # penfefe; accompagnati , ? /i& 164
lini fiori , e felici , e £f n ^£<? , 133
IVs 5 perle, e i fi ir vermigli bianchi^ 39
, e i

Vuhimty lajfo-, de* miei giorni allegri ; 1^3

M
M Ai nenfu' in parte ove sì chiar vedejfi 104
Mff< 05» vedranno le mie luci afeiutu zz j
Ma p*/ che'! dolce rifa umile, e piano 37
Mente mia , ebeprefaga di'* tuoi danni Sii
r
Metisre cbg l Cor dagli amorofi vermi 2i<S
Mi* ventura , Amor m' avean sì adorno 1 49
Mi'f venture al venir fon tarde , e pigre ; 49
Utile fiate , » p gaerrera , 1
Miilt piagge in un giorno , e mille rivi 137
Wttando l Sol de' begli occhi fereno , 1 3S
Mira qi'el celle , 0 fianco mio cor vago: 176
Mjrf f yp^rj, j / M Sd
cb' abbagliar fuolm't: 157
Mfrrfi'J vecchi crei'lanuto , elianto 11
3?x INDICE
N
Sei giammai levarfl t uri
NE'NeW età (uà così bilia
,
il
e più, fiori tu , 10|
pili bella

mai pini-fa madre al care figli« , tO?

A/^ p-'*" feeno del' ir vaghe flette ; 2ifl

No» ^«fF I/pa»» JW* I</-»/Jr 1 57

£Tt« ^* rf/cij « tempefiofa t,nda marina Ili


Nu» far mai Giove , e Ce fare sì muffi ili

pfi far Marre 7


,N<j/z amaro ^ 149
par qwIPuita beila ignuda mano
IS7ÌJJB 14)

Ne« TV/f»j ^"'f , Arno, Adige, e Teirg «J ,

jVw veggio } cvf'fcampar mi pcjfa amai f; •

o «3
OJ?f//<i «w# , fiff *>» dìfiringl V , ul,
O
cameretta , che già fofti un parte i;0
Occhi miei , efcarato è il mfi'o Sole ;
Occhi, piangete ; accompagnate il core, 7J

O a* ardente virtute ornata , # f tf/o'i» IH


O fguardi , 0 parolette accorte; i8»
O giorno e ora
, , 0 ultimo momento , 1J!
0^«» gtorno mi par più di m/IP anni 74!
Osmi t! bel vifo , oimè il foave
'
{guardo j 19}

0 Invìdia 1 n'tnica dì vi 'tute ;


ijj

O mifera , ed erribil vi/iene! i!i

O pajji fparfi y epenfier Vaghi, e pronti ; H»


Or", cbe'lciel, e la terra ye^l vento tace t
ijl

Or' hai fatto l* fftr me di tua poffa , -

Orfo , «/ ve'ire d ,/ìrier fi pub ben porre 7I

Or/i , /r »/» sm* ,


ftagni » U
Om (Pi*t>t>fi gli occhi lajfi , ff j5»>*

Oi>' fronte (he tan picei ol cenno


r? /(i -H
0 tempo, 0 del vdubil , che fuggendo
Pace
DE SONETTI, 1
3S3
P
Pktt neri tmvo , e non ho d :
f,f gufra \ mi
Ptidrt dtl 5 <^p0 / fenduti giorni s
k. iei 51
t*fn) frfe ad lena, tbe 'n l'dar qt rfla tj9
,V*f-» U
minte cf un sì ti b'l-i ibi , 145
fef'ti la nave mìa colm i d' obb/it 14 J
P*/T^'f flwr-po ornai , /.-jffe, chetanti au
Paflf wsi f Usano in alcun tetto j6S
VircPio t'abbia guardato di menzogna aO
P /<r leggiadra fua vendetta y 4
P«J«<^'i inofpiti , e felvaggi , 137
fjr i»(r<tF Polichto a prova fifa tj
tfjiptnditni Amcr' al luogo tifato J S7
Viongett j
donne , e ro« usi pianga Amore j 76
fitti di quella ineffabile dolcezza go
Pira d' hk pender t ebe mi de foia
i-<t<> 5 133
Uhmmi ansare lagrime dal vìfo il
Pii ìb* /Veto «f n _^ a M'ir 21
Pikvtltt Attor m* avea già detto , Scrivi , 76
Pili mire già dai bel fembiante umano
134
1
P«, hot può tu portartene la fcor^a jyj
Pwt < r<r tfpp 1
efarfi a
43 gli ecebi miei
Pti ri* /a cir/?« angelica jeretta 10t
Ptichs'lcùmmsn m" è chi tifo di mercede ; no
Psi <is (w/'/j //vwf a -w»'> /rapp* , 74
tticktvoi, ed io pii volte abbìam provato , 79-
P(w»7( j»*V 5V
occìde i fiori y e t* erba ; ili

/"^Ua/ ^owBa attende a glori sfa fama iSS


\£Qtis!mio deftin,qualforiamo qttal t rigativi 64
Qual paura bo quando mi torna a mente 1S0
£»«/ ventura mi fu , quando dall' uno 1 70

ftoW ("e Wgo indiet'o a mirar gli anni 213


Qaand' io movo i fcfpiri a chiamar voi 5 :

Qiiatid' io fen tutto ulto in quella parte il


gaD/frf' (u pf^«( //a/ «>/ f ender P J'fora no
ùu«nd>
384
Qua nd %
io
INDICE
1
p odo parlar ti dolcemente ., jt

Quando Amorfi begli occhi a terra inchina I \

Quando dui proprio fito fi rimeVI


Sbando fra P altre donne ad o'a ad ora 1
Quando giugni per gli occhi ni cor profondo 1
Quandi giunfie a Simon P alto concetto
Oliandoci pianeta (he dipingile Pare,
Quando V Sol bagna in mtr l'aurato carro , li
Quando 'l Vìkr che con duo (proni ardenti ri
Quando mi Vene innanzi si tem' o , e'/ lece ij t

Quanta invidia ti per re , ava 'a terra j


Quante fiate al mìo dJce ricetto
Quanto pìà diftefe P ali [panda
Qua »to più m'avvicino ai giorno efiremo^ 1
Qael che d* odore , e di color pineta
Qj/ei eh' infinita provvidenza , ed arti
Quel cP in Teff/>g!ia ebbe !e man sì pronte }t

Quella fenefirs uve V un Sci fi vede


Queila per cui con Sorga ha cangiai'' Arno , zìi

Quelle pietofe rime in eh'' io m' accerfi ;|

Quel rtSgnifiol che sì (cave piagne


Quel fempre acetho ed onorato giorno
,

Qj'el Sol che mi mtfirava il carnmìn defiro ilj

Quel vago, dice, (aro oneflo [guardo


7
Quel vaio impallidir che l dolce rifo
Q %tH fi a Penice dell' aurata piuma 14

Qutft* anima gentil che fi diparte


Quefta unii ! fera , f.« cor di tìg'e , * d'erfiftìt
1
Quefio rt'sftra caduco , .e fragi! bene , 71
Qui j dove me\\o fon } Senmctio mio,
R
Àp'ido fiume che d' alpe [ira vena ij
1}
\_ Real natura, angelico intelletto, 1)

Hi manfi [efiodecim* anno


addietro il

Ripesando a quel eh* oggi il CieP onora , U


Rotta è P dita Colonna , e l verde Lauro,
,
ìj
,

B E s
SONETTI. 3 «*
| S
A! principio lifpctlde il firn ,
,
e l me^t 6S
S' V Amore , o A! ?rfr dà (juakie firoppio
Pimf bch? ,
f£e dunque r,il c b 'i'fensa? ti j
S Amo' ontn a' apporta ;
in va (**;•£!
203
Wf bianche non (un prima ambe /e ttmpit jl
,
pire/ rifrt t^A'r ,i<V rcr
43
Kr ime mar a pretti , c iv,/i fronde -04
>w «j/j da P afiro tormenta
g
ttardo d eoti&i mi* ancide 1

3 140
" onorata fronde cbt preferite 20
WV pf'A f/iif^à j»^,, valle ^ 50
/«< * p*r /ro» yf pj/f£r
/ , 4Q
furetti ,
i'vo' ci" fappi , in <ju il maniera 8g
Bffis «f.'o , kenihè dogliofo , ,? y^/jj 2 eS
',0? mira mia anti.'a ; ? » <<,/.'/ 4j+
aura (nave de*
Xpilì*
f fpiri ^qj
Wfpìio , Omero av (fin vi
fia j^X
Mt p«r/ p»j- j« ^,j;f /.
:
^«/'
irtve è 'i ternpr- , SI penjier sì veiut 2o5
ittsm* tlerna vita è* veder £)»'(,
wio caro, of,v p-nfier mi tira 192
V-h asijfi pajtiis , he ir e-ire 2U
y
trio
« trtdtlfi

fi
per morte effers fi arto
fermo atta fpzlunca
^t
fi fta 0 j àg
V'/jf , fi/wc avvien ilei'' arco fiocchi
} 73
1/ tr r.tlito è V /t'.'?!? ij'f/fa
g
~f5l,j?i^ ?'/; |c«/ju
confidar tue jgo
» «fé» p»nfit foavunenle l j t

) ' 'p''"l'fo •'


l>'&- di
f,
rli campi 39
'tmtiai al min 1,0 di sì altera 1%
nto am r pub meritar mercede , 139
tf/wV e dito-'
ove ir nen dehh*
ff , ,
^ 14^
Ui frlicty 1 be sì d:'h m'i te 2yr>
>' , Amore , a veder la ghria n olir a 145
* fa'» "mer fi , M /-e f n«a 0 , 6j 1

R'W Petrarca , R_ Tcìm-


TEmo da
era ornai trovar pacete trtpm M
Tinnenti Amor* ventuno ardendo-iy
ari ni

Tornami a mente *«V , ' 1 uiila 14 °


t* Amore
Tranquillo porto ave* mcfirato
belle i6
Tra quantunque Uggiate donne , .
verde etade
Tutta la mia fiorita , *
t poi la notte quando 161
Tatto 7 dì piango; >

v
ebe cantando vai , iM
YAto attgelktto
F-»//* ,
,

(he di lamenti miei fi


pitta li

già tale
Vidi fra milk donni una
:
,

Vincitore Aiifmdro Pira vmft ,


i
_ :

Bei lumi
Vivt faville ufcian de' duo
l'erba i«
Vn* candida cerva [opri [coree .ih
Vttlia mi fproxa Ami- mi guida, e
:

frV ch'aboliate in
rime fparje il J«OM ì

al Chi*
Volo con l'ali dipendi

I N D I C E
DELLE CANZONI49.
DEL PETRARCA.
Lia dolce omh-a delle bilie frendi a CI»

L -A. AmiT , quando fioria *t,

vuoi eh' i terni al gitgt antico , 19


Atftr , fi
An\i tre dì creati -era alma in parte 15

A qualunque animale' alberga in terra ;


l
DELLE CANZONI. j8 7
ini crede* paffar mio tempo tmai i
, jj
Che deW io far che mi configli } Amore} 194
?
tbiate frefche , e /Wf» acque ,
,
93
Wi ^ fermato di minar [na viti* 69
Di penfier'i/t penfier , j»^;,. w/iff i 0g
:D( «OTfs in tempo mi fi fa min darà 11 j
dmil mi,; Vienna ,
veggio (Si
Qttiane donna fai!'' un venie latttt ij
tettila patte dov* Amor tni (prona, jOr
ilhjrtìa; benché'! parlar
fia indarno ,04
-1 pmfando , e mi penfier to' affale jS?

wt gravato P
importuna nebbia
e
W me
il
y

velo 0 per Sole , 0 per ombra ,


(fi*' V non
53
g
* , fo in qua!'parti pieghi 5S
ì ter l'aurora , e he si dolce Paura ij±

Imi non to' pili cantar , corri' io fleva : Si


ÌÌUa h/tign» fortuna , fV viver 'lieto , 23$
//« tempo della prima ttadt iy
M fiajlion chu '/ fff/
,

rapido inchina 41
a/ /ìiii amante più Diana piacque , 44
«<j ;a/jf» ammali ti mar f a Pi,ndt lyì
m angeletta fovra P ale accorta gy

sfittata in
tèi mit-i lajjì
del beata e bella
mentre ih'' io vi giri
H
, jo
Wi") ^Msr 3 f^i? giovinetta donna
55
ir^' «/ »//*£> ^' ,4^,. portava infegna
, 47
fffW /a Bi7r7 S breve

W ««' f 'ojT*
,

"d amar prima ,


jg
50

R 1 ,£W
5 88 INDICE DE' TRIONFI.
'Quel più d*vrfa, e w.Va
il (o.iie "'io pd° conforto ,
:.
Ottundo
[pento
foto eVté penfai the fcffe
"{Z. ti 4S

Q-eti' antiquo mio dJtre errato Sanare 151

Se V perfier che mi ftrrgge ^


Si ì debile ilfio a cui s' atti-nt ^
I

5' Jijjìmai ; tè' *' venga in odio il quella Ijj


il

Sika dalla fontana di mi* fila lì

Sp'-to gentil, th quelle tn.xMa


reggi
|
ti
Statomi un^giorno J'c/o alla fiat/ira ;

T/tfir non pi/*** **m mn "^'P e

y. 'dt panni , fan^uigni , ofturi , o perfi M


VERGINE A.//*, che di Sol vefiita , I*

doifta ;ià beli» off" ihe'l Sole,


folcendo gli occhi al mio novo
colore,'
^

I N D i C E j
DE' T R I O N F I.

DApei the che Mete trienfe nei'vello n carte


|
{japoi fctie'lc'tlrtfa/nen
1 1* /' /Itr» ta inno K\i 1
JjJCuUU» etlherg»
/i p»f»<^' maraviglie ,
»/
:

JTrrf
Io «s.* pf"
</" ^
le va' me i ]

"La notte the fegùì l' orribtl taf,


Jv f,' JfOTfii /A» rmnov* *
T
f mti (pi ri

pifj» if' infinita f «fli*/ maraviglia


,

Po)>M fi? min fortuna In for-^a altrui


Quando ad vngUgo , «Un untemi* ?
,; ' w,^|
J
j9j«j0<» leggiadra , f glo'ìofi^ Vo«ia ,
:

'

Stante °ià ài mirar j


n:»f«Vt> /incora ,
3*9
INDICE DELLE RIME
CONTENUTE NELLA GIUNTA
AL PETRARCA.
AMor cheti cielo , en cor gentile co-

re alberghi . a cine 365


Jm. Anima, dove lei ? eh*ad ora ad era, 337

C«i{,Che In fabitc !.i?,rimechio vidi '364


5L Cote Ricciardo.quanto più ripenfo 359
Ceri ntlmìe parlar veglio effer a [prò , 35^

f-Di rider ho gran voglia,


.Decina mi prìega\ per efio voglio dire 357
{•Donna mi viene fpefio nella nitritela

J. TLlbellocbio dappolìo eia! cui guardo


, .
tfl
««' Felice flato aver giudo fignore. 361
'ni. Fin- che h mia man deftra 361

Gentil alto fummo defìre 364

Ingegno alato al!eqi7eftio profode,3ìi


In ira ai cieli, a! mÓdu ed alla gete,3 ;

\.ln ho già lene- il piamo dei Trojan!


, 355
U «C'j/o ben s^in vedo quel (Pio veggio, 34S
h vorrei pur dri\xar quefte mie piume 3 5 S
La beila Aurora nei txìo erigente , 343
*{.Lu ànici vifta ,
p'/ guardo f-ave 371
La \anta ftirr:i della qual fon p'ive 145
Lafsrijcom'io lui mafapproveduto 339
R 3
390
S: Ueffer francefili , thè d'amor ffpira. )M

Capit.Seì cor pien d'amarifiìmadolcezza3tt


Ca^^Nava. bellezza in abito gentile 3 ji

3". Qhra T tifato modof rigira 34!

5". O novella Tarpeajn cui fafcoàe jji.dofc


5". Perutii 5 per diletto , e per onorejty
S. Più volte il dì mi fo vermiglio,& iofco
361
S, Poi di' al Fattor dell' univerfo piacqui;

340
Can\. Quel c' ha noftra natura in fe più degi«|

3J 1
S. Quella che gl'i animali del mondo ali

terrà,-
S. Quella, che'l giovenil miocor'avvinli
3 30 j e 360
S. Quella ghirlanda che la bella frote 349
S. Quando, Doinia,da prima io rimiraijd
S. Quado talora da giuda ira enrhoflo 3^
Capit. Quanti già nell'età matura ed acraìtj 5

S. Se le parti dtl corpo mio diftrutte , 550


S. Se phebo al primo amor no è bugiardqj

S. Se lotto !egge*Amor,yivelse quella 3}j


S. Siccome if padre del folle Fetonte) J«
5, Stato fofs' io quando la vidi prima, 3»

S. Taf cavaliere tutta una fchiera atterri


36S
S. Tanto ciafcuno a conqtiiftar ttfofo 35]

S. Voftra beltà , che al mondo appareti


39*

T A V O L A
, Di tutte le rime del Canzoniere del
Petrarca, con i verll interi.

Abbia.
Tedefca rabbia . ioj
PiOfe fra noi e la
Che a! corpo fano ha proccurato fcabbia-
I Or dentro ad una gabbia .
Accia..
I Verso? n and ; tabr di' ancor fi taccia 13
[Tal che nuli'a'tra ha mai che mi piaccia :

iMa trovo pelo non dalle mie braccia >


Hiell'operazion tutto s'agghiaccia
Dunque eh' i' non mi sfaccia 58 •

|Che'i fanguc vago per le vì:w agghiaccia. 55»


lifecura. è fpaventa ; aro e e;' agghiaccia: 1 jt
Kradifce, e fdegna; a fe mi chiama, e (caccia,
fcde'l. vagodcfir perde la traccia;
Kit fuo fommo piacer par che gli fpiaccia :
Bidne rami mutarli ambe le braccia 16 :

IR meno ancor n\" agghiaccia


jflene pur a lei che la minaccia
Ktnu;cui morte del fuo albergo caccia; 1S3
feotre le parla,e piange,e oi l'abl raccia ; ;

Hfeom'ha Amor fra bel le, e crude braccia, i4 1

meglio è eh
1
io mi mora amandole caccia^
fceporiaqu?!!.; il Rcn,<j u-a'.v r p: ù a:- ghiaccia
Medi piacer altrui par che le fpiaccia .
K0)o!cipiro ,0 hgrimar eh' i'iaccia, 1X7
fcgnoèjché mal fuo grado a terra giaccia,
«elle pietole braccia
man la per chiamar eh' uom Ciccia : 44
tetta
Eia r.on lenza dettino alle tue braccia;

R. 4. Accio,
39i TAVOLA
Acci o
Tra ìe chiome dell*' r nafcofe T laccio ,
;

Eda'begli occhi mofleil freddo shiaccio^


Non fi vetPaltrochc pruine e ghiaccio
Ed io nel cor via più freddo che ghiaccio
E il caldo f3 fparir le nevi e '1 ghiaccio ,
Ch'aliar fia un di Madona fenza'I ghiaccio;
E nel bel petto l'indurato ghiaccio.
Mi chiufe tra il bei verde,e'l dolce ghiacci
E temo,e lpero,ed a'do,e fon un ghi.iccio;n
E nulla (trinco e rutto 'I mondo abbraccio.
Né per fuo mi rkien nèfcioglie'l Iacci«j|
,

Nè mi vixoì vivo né mi trae d'impaccio*


,

Dico le chiome bionde, e'I crefpo 'accio; ij


L'ombra fua fola fa '1 mio cor un ghiaccio.
15' un bel chiaro T'olito e vivo ghiaccio i
Che i n viabilmente vai disfaccio .

Morte già per ferire alzato il braccio.


Ed io pien di paura tremo, e taccio.
Ha primavera , e '1 verno ha neve e ghiai ,

Però s'i' mi procaccio (ciò.


Mi iì feoperfe; onde mi nacque un ghiaccio|
E farà tempre fin eh' j' le fia 'n braccio.
A c e .

Quei celere cantar, che mi disfate i

Di «me' begli occhi, end' i ho guerra e pad 1

Che fai alma?che peofi? avrem mai pace?i


A' luci begli occhi il mal noflro non piace.
Che prò , fe con quegli occhi ella ne face
Quello eh' è a noi, s'ella fel vede , e tace-
Per aver co' begli occhi voftri pace;
V aggio proferto il cor m' a voi non piac
:

Vive 'nfperanza debile e fallace :

Mio pe rchè idegno ciò , eh' a voi difpiac


,

Perch'io veggio (e mi (piace):


Qual all' alta fperanza li confàce >
Da
.

DELLE RIME. 393


Da indi in qua mi piace 101
.Quefl' erba altrove noa ho pace .
> si, eli'

Poi fuggite dinanzi' alla mia pace: 43


itila la vifta mìa del cor non tace t

Orche'l eie' , e la terra , e'1 vento tace, 131


F. nel fuo letto il mar fenz' onda giace ;

fegghio,penio,ardo, piango, echi mi sface,


pE foi di iei penfando ho qualche pace
Ch'inafcer foffe per più noftra pace t 88
Non rotea fiamma entrar rer^aitrui face .
Ella ì'accele: e fe f ardor fallace

Non fe?,uir niù peniìer vago fallace ; 401


Cerchamo'! ciel , le qui nulla ne piace:
Se viva e morra ne devea tor pace

Come va'l mondo or mi d:letta ,e piace zog


.'

m breve guerra per eterna pace .


0 fpeonz.ì o adir Tempre fallace!
,

1
Radia , eh or fiL-de in cielo, e'n terra giace j
Partano ai cielo , e turbali- la mia pace ; 150
;-Sì force ti dil piace r
jfctccounndami al tuo fi gliuol verace 164
Ch' accolga' mio flirto ultimo in pace,
1

a magnanimi pochi , a chi'l ben piace. ip8


gridando pace, pace i^pace
I'vo .

Una parte del mondo è che fi giace 2J


Bjpxca naturai mente di pace
.
Come '1 r.o'ìro lperar torna fallace; 79
Pietro 3 qu-. 1 femmo !>en,che mai non fpiace;
Q.i"i fer pente tra' f.oi i , e i' erba giace ;
fEs' alcuna fua vifta agli occhi piace.
Agi.
Dùlc'ire, dolci tdef.ni > e dolci paci; 151
'
Or di do' ce ora , or pien d i dolci faci -

lArma non tilacnar, ma foffri , e taci i


fcAcu'-ia dilli j Tu fola mi piaci »

R. 5 Acca»
394 TAVOLA
Acce
n
L'avara Babilonia ha colmo il ficco ni
Non Giove e Paiia , ma Venere e Bacco.
3.

Affettando ragion mi fixuggo e fiacco : 1


Sol'una fede, e quella fia in Baldacco .
A c au e .

Umiltate- cfaltar fempre gli piacque J .

Onde sì bella Donna al mondo nacque. I


Che per me vi pregava : ond' ei fi tacque JJ
Quelli fur fabbricati fopra 1' acque-
Onde -'I principiodi mia morte nacque- j

E le frondi,e gli augei lagnarfi; e Tacque ifl


D' ombroia felva mai tanto mi piacque ì j
Per si alto avverfario a! cor mrnacque. a
Cotanto Tefier vinto li difpiacque .. .

Chiare frefche , e dolci acque >;

Gentil ramo ove piacque-


Bc'miei doici péfierjiner.tr'a Dio piacque^!
E ciò eh 5 T vidi do;;o lor, mi fpiacque i
, .

Quante montagne , ed acque


E'ii picciorvetro chiuder tutte 1' acque icx

Novo penfier di ricontar mi nacque


Allor che fulminato e morto giacque il

Ricercando dal iato > e dentro all' acquea


E giammai poi ia mia. lingua non tacque,.
Quella , che fol per farmi morir nacque, ij(
Perch'a me troppo, ed a fe fteffa piacque.
Veggio apparir , onde'l bel lume nacque «
Che tefiegli occhi miei,métr'al ciel piacque
Vedove l'erbe e torbide fon Tacque ;
,

F voto e freddo il nido , in eh' el la giacque


L'aere, e la terra-s'ailegrava e Tacque ij
Una nube- lontana mi difpiacque;
E vedràvi un che fol tra l'erbe e l'acque n
,

Ove giace '1 tuo albergo , e dove nacque ^1


Per non veder ne'tuoi quel, che a tefpiacqm
Mai quella mortai vita a me non piacque^
, ,

DELLE RIME. _

che interra morendoci ciel rinacque


on al Tuo amante più Diati.-» piacque
ivide in mezzo dei te gelid' acque , 4+
Actvi.
"
graziando Natura, c'1 dì,ch'io nacqui: Sr
zo i! mio cor; che infiV a! lor'io giacqui
quel di innanzi a me mede uno
piacqui
fi&lcirn crede) fit/otto ch'io nacqui;
i%Ì
ra cuna, dove nitw
giacqui;
_

M !'-,rco- r a cui fol per legno


piacqui -
piaga ond'Amor teco non tacqui

la ,

Ada.
tor^errai ,
quando I' antica ftrada 7*
Bernal fi iiegus ciò , ch'adi occhi aggrada .
Or' a porta d\iWu; cemven che vada-
fesì vo ricercando ogni contrada» zif
Amor vien-meo , e raortrimi ond' io vada »
Tutti rivolti alla fure.aa- ftrada
ai- cor m'aggrada. «*
'-
|4 io Donna amoro
1

r regge fuo imperio fenza ipada.


riponete l'onorata fpada . Se
-fortuna dritto per la ftrada;
tei fieri lupi; e così vada "
late lei dunque» eh' ancor bada;
Gesù cingete ornai la fpada .
A ee-
itrìp; e dal caramin di Hh-ertade 25
; viltà , che del cor mi rade
«rafia, fol che contr' umikade
radice; e quella, in cui 1' erade t<S
-•giufta parte La fentenzia cade
:

enfon dritte al eie) tuu altre ftrade ;


verde il pregio d'oneftade;
rva
tavede virtù , quanta beltade >
oleetemno ddla primi etade : 1?
rò coro.' io viiFi*h liLertade
R 6 Ctv"
"1
SS*
Ch' io volli in ver
T A VOLA1' angelica bekade 1

Nel dolce tempo prima ecade.


della
Tutta la mia fioritae verde ctade li

Ove fcende la vita ch'ai fin cade


, :

Già incominciava a prender fecurtade ì


Mie pene acerbe Aia dolce onelìade :

Delle belle contrade, i»

Che fan qui tante pellegrine fpade ?


Anima, che di ncftia umanitade
Perchè ti fian rnen dure ornai le il rad* -1

E più lucente-, e d'altrettanta etadejM


Con famofa beltadc
Però eh' è delle cofeal mondo rade».
Quella, per mille ftrads ..

Ado.
La vitache peraltro non m'è a grado „ 4
,

Oi-mè , perchè sì rad*


Un'amico penfier le mofcra il' vado
Convien ch'altra via legna c mal Tuo grai
, ,

Scorgimi al miglior guado,. ió

A D'R E .

Che mancar quell'anime leggiadre


'n tei i
Irriverente a tanta, ed a tal madre!*
Tu marito, tu padre -

O natura pietofa , e fera madre ,.

Dirarcofe, e disfar tanto leggiadre? \


Ma tta» come'l confenti , o Lommo padre,
'

Dolci rime leggiadre ;

Chi verrà mai , che fqnadre-


Del tue* parto sentii figlinola e madre , il 1

Per te il tuj figlio y e quel dei fomrrw padri


Che , s' al ver mira qu" ft'antica "m: dre ;M
Fur mai cagion sì belle, o sì leggiadre.
E vedrai riufeir eofe leggiadre.
Ch'avanzaro: a quel mio diletto padre ;> •

Siccome piacque, al noftro eterno padre; <

Ama.-
,
.

DELLE RIME. J37


èmate belle giovani , e leggiadre
A d r. o .

Eie 'n queir.' età midivenir ladro


fai *y*
Del bel lume leggiadro :
A si'
io?
M'oal primo pender la mente vaga y
del fuo propno error l'alma s'appaga ,
E'emedefmi potrian fidarla piaga; 63
En.o già virtù d'erbe , o d'arte
maga,
B'ua fol dolce penùer L' anima appaga
Bfe la Ungerà di feguirlo. è vaga ;

s'appaga 99»
Ma come puA
alma dubbiofa > e vaga .
libertà, di vita alma sì vaga »|* -
; _

e cantar per qualunque t e


dà tal piaga.
Acce.
ich'io mi crédo ornai che montile piagge 3»
jpursìafpre vie , nè-sJ fe-lvagge
ente delia morte , e'1 cor fotrragge 1 66
irive, fiorite ombrofe piagge
ramo,o fronda verde in queftepiagge 2C&
Jefe ban quelHbofchi sì fe-ivagge-;
fpiri , che del cor profondo t ragge w 9>

cantar auge! letti-, e fiorir piagge >


no un deferto , e fiere afpre e felvagge-
leiv-.io-parole accorre e fagge 8*
Le notturne viole per le piagge ;

Accv.
Per mezzo bo ferii inolimi , efelvaggi ,
i J7>
i

litri, eh' il Sol, c'I'ad'amjr vivo i


raggi .

E vo cercando ^ o pecfier miei non figgi- )


Potine, e donzelle; e <ono abeti, e faggi
Quieta vede il p;iltor calare ra£gi 4* i
_

Lsffmdo 1' erba, e le fontane , e i faggi


, ,

39* TAVOLA
A
G C I A •
Nè tant'erbe ebbe mai campo, uè piaggia; iM
E miiafci dormir in qualche piaggia : -4
E i fiord' Aprii morranno in ogni piaggia i
Ganfafflando mi vo di piaggia 'n piaggia
A ' mici peniìer , che per quell'alta- piaggiaiJ
Con effa ,econ Amor in quella piaggia ni
Celare taccio > che per ogni piaggia joS
Che '1 cielo 'a odio n' aggia ..

Aggio.
Veduto viva , e ne! troncon d'ari faggio,* im
CornelldJa, che 'i Soi copre co] raggio
E quanto 'n più fefvnggio-
Riformi
Vidi
ftran fi all' ombr- d'un bel faggio J
affai perigliofò il mio viaggio ;
Ma di gir in (mi là
fanno il viaggio i 71
Ben mi può rifcaldaril fiero raggio,. >|
L'altrier nafcendo il dì piiino-di M.iggio,tj|
Bel dona, e d'un amante a lìrico e faggio ,
j
Da far innamorar un uorn fé! faggio
Di sCìviliaure i* ed amoro 0 raggio-
Errar non quel breve viaggio * 15»
dell'i 'n
Sforzaci alcielo , o mio fianco coraggio
Seguendo i pafTÌ onefti , e'idivo raggio-
A fornir ii viaggio -
.,35
Ch'aliai fpazio. non ag^io-
Appena {punta in Oriente un raggio
Ben s'io non erro di pietate-un raggio
,. , ij-S
AIJor raccolgo I' alma ; e poi eh' i' aggio
Ivi acculando il fuggitivo raggio , if
E farmi una. fon rana a piè d 1 un faggio.
Gran tcm-io- umido tenni quel' viario. I

ChTne foii funge;ormi fo]Ievo,or caggio i6f


Aer felice co! bel vivo raggio-
Che non pois' io cangiar teco viaggio ?
Come chi perder faceaccorto e faggio iga
'1
;
Vo ripenfando ov' io laffai'l viaggia
.

DELLE RIME, 3^
ma Signor valorofo , accorto > e faggio . 44:
Eia richiami a! Ilio antico- viaggio j

[Io parlo a te >.


però ch'altrove un raggio
A e h ir

Kriiifrefca in quel dì 1 "antiche piaghe j So


_ ino le luci mie di pianger vaghe
Ma forza aliai maggior, che ch'arti maghe'
vanirne fon quaggiù- del ben prefaghe -
Belle cui fante plaghe zfisi

Aghi..
gli occhi , che di femore pianger vaghi 33

candì e notte: pur cbigle n'appaghi

lice» cheda l'unge gli'atbarBaglia ; ai


^come vide tei cangiar Tenaglia ,
clrV mi ila;. non ch*'a mercè mi vaglia ;

qua! pietra più: rigida s'intugl:»


'1 pa riar a ul lo. Iti Te aggua
, c he a ; i S 6 t, I i

[infinita bellezza , ch'altrui abbaglia?,

ind'Amor cominciò carvi battaglia ; St. _

iduce or frutto , che quel fior agguaglia *


onde il voftro nome in pregio faglia ;.
nulla parte sì falda s'intaglia >
A an *
lor tace la lingtn , e*l cor f: lagna' il*,
ipendo'i diiol,che'n lei s'accoglie e (lagna
'•è chi fpeflo i mieidiping-„' 'bagna » 135
il cor l'anima fianca fi fcompngna ».

ito al m-ndo fi t.fie or»ra d'aragna


ondeféco >. e con Amor lagna fi ;

lanfueta, voftra e gentil agna ta


ie amor legittimo- feompagna >,

che del fuo fpofo (V lagna;


13 »

'infegtie Criftianiffime ->ccomoagna > 1*


>nAr-3gon latterà vota Hpagna »i
ilukerra eoa l' ifole che bagna .
AGJ5E
4©o
AGNE
TAVOLA .

Quel roGgiii»! » che sì foave piagne i:

Di dolcezza empie '1 cielo , e le campagne J


E tutta notte parche m' accompagne , .

Ch' altri che me non ho di etti mi lagne ha


co' begli occhi le campagne j
lì fiorir JJi

I>i lingua» che dal bitte li ("compagne » %i


Tuttje le notti fi lamenta e piagne,
Tu che da noi , Signor mio , ti fcompagtieJ|
Ormivi ,non finajrir l'altre compag e: ij
Alberga Amor, pei- cui (i ride, e piagne.
^
Acni.
Orfo , e non furo mai fiumi , ne fta?"ì >

Hi nebbia, che'l cie.l copra, ?'i mondo bagni


Né altro impedimento) ond'iomi lagni ; ti
E par che dica, Or conluma,e piagni., fm
ti

Ago •

Mira quei calie o fianco mio cor vago i?|


, ;

Or vorria rar degli occhi noftri un lago il


t

Tom tu in la, ch'io d'effe r io! m'appaga» I


!

O del mio mal partecipe


, e presago >9 ,

Che i' Centi trarrai della propria immago»


Ed in un cervo folitario, e vago-. A
r
Agro.
I>ali altra parte un pender do Ice, ed agro i!J
Non fiere
!
quand i'aggbi;ìccio,o quàd'io flagro
SU' Con pallido, o magro;
A r.
Per la pietà del (in Factor i rai , 4

Quanti' i fui nrefo , e non me ne guardai r


'
!

Conerà col d' Amor : però n' andai


Secar fenza fofyetto onde i miei guai
'1

In me movendo de' begli occhi irai


Primavera per me pur non è mai"
Ne tante voice ti vedrò giammai ; "
'
frega Seanuccio mio, quando 'b vedrai v i
. 1.

DELLE RIME. 40
Alti Iella ribertà , rome tu m' ai l 7*
Fece la piaga onci' io non guarrò mai
G ;

i '.
echi 'uvaghiroallorsìde' h>r guai ;

Lailo , così da prima gli avvezzai.


1' uon poria giammai 65
Di quella vira ho ner minori affai
L'arre percoilo da iordoici rai
1

i
US
Che' dir ncftro , e'I peMìer vince d' affai
I

Mad'oniT, dì virtu:e, Or quando mai


A mio potere, ed onorato affai 4.0
Ingrata liu p «3 , già però non m'hai
Per domandar mercede , allor ti (lai
r>re più fredda , e (e parole fai

del mal panato traggerguai 55


rido, ila ("umilerò, che fai ?
ce a me , Perchè fuggendo vai?
rimembra, il tempo palla ornai
veggio ove fcarnpar mi poffu ornai 85
gga'l cor , che tregua non ha mai
ir vorrei: magli amorofi rai
bàglian più che'i primo giorno affai ;
h*i» :^on penfo udircofa giammai , 34
mi conforti ad altro cheg trBi' guai .

lungo l'amjte rive andai ; 16


nar leppi gii amorofi guai ; 17
mi credea paffar mio tempo ornai : isj
ata aita , a che condotto m 1
hai ,

rzata dal terrno me n'andai? > 80


foerar di vedermi 'n terra mai
dubbiofo tardar , come tu fai ;
é'J jS8
mmeiar non ria per temoo ornai
ami avanti , s' alcun dolce mai 2ca
io tortuna in porto ; e ftanco ornai
tcmro , che tornar non puote ornai 201
a fconfolata ? che pur vai
d ut) ai un deferitti » e dipint' hai ;.

So a
. , .

402 TAVOLA
'Son levati, dì terra: ed è (ben fai)
Gli occhi, i qua! non devea riveder mai Mr •'

I miei cari penfìeri ; e 'I cor lafciai ? -


:

Tanta non yide'I Sol credo giammai ijt


A dir di lei quel , che tu fol ne fai
Sì chiaro ha volto di celefti rai ;
'i

Che non tu d' allegrezza a' fuoi dì mai iti


Togliendo anzi per lei tempre trar guaif<
E larebbe^ ora , ed è pallata ornai, m
E poner fine agl'infiniti guai:
Madalfuomal; conche Audio, tu 'I fair*
Con quella man , che tanto defiai 144 >

Dolcezza eh' uom mortai non fentì mai. 'i


Non pianger più , non m' hai tu pianto affai?
Solo per me, che '1 fuo Stelletto 'alzai ij*
,
Ove alzato per fe non fora mai •

Vagonugelletto, che cantando vai, ito


E 'idi dopo lefpaiie, eimefigai;
Se come i tuoi gravoli affanni fai
A partir feco i dolorofi guai :

E non tardar, ch'egli è ben tempo ornai : 24J


D'allor innanzi un dì non villi mai ;
E fe' begli occhi , ond' io mi ti morirai ; jA
Ch' i* mi palco di lagrime e tu '1 fai-
,

Sopra il monte Tarpeo , Canzon , vedrai 47


Donna , eh' a pochi fi moirrò giammai • 9jl
Dicendo, Io veggio ben , dove tu ftai
Siccome '1 Sol co' fuoi poffenti rai
Anzi l'elrrem) dì quella giammai; 79
Ben fi può dir a me Frate ru vai
,

Folli fmarrito > ed or fepiù che mai.


Nè di Lucrezia mi meravigliai iS*
Veiìgan quanti filofofi fur mai
Alba.
Peraver pofa almeno infin* all'alba . 14.

Edi io; da che comincia la bell'alba


E tM
.

DELLE RIME. 4cj


E le tenebre ridire altrui fann'alba
I non mi fianca primo fonno, od alba:
?i!Òriflorar molt'anni ve innanzi l'alba
iol'urja notte , e mai non forte l'alba;
Ma fofpiri e lamenti 'nfin' all' alba , i6">
Iften poi 1' Aurora , e l'aria fofca inalba;
A L:D a .

Od'ardente virtude ornata e calda iz%


Torre in altovalor fondata e faHa ;
Or amma > o rofe fparfe in dolce falda
Che lece fopra quanti Solnefcnida; '1

Co* vaghi raggi ancor' indi mi fcalda 13*


Elie la memoria ad ognur frefea e falda

Chi m'ha fianco tento


'1 echi 'I rifalda S*.
, ;

Ch'in un punto m'agghiaccia, e mi nfeaida 85.

A L D £ •

Confumar vidi marmi , e pietre falde . 191


Nà si freddo voler, che non fi fcalde •

Aldi.
Eia tenebre fon gli occhi 'nteri e laidi 257
forra è quella, ond' i'ebbi e freddi, e caldi
Non èchi faccia e paventoft , e baldi
(miei peniicrj né chi gli agghiacci^ fcaldi j
Aldo.
Iwn'è pungente, e faldo >. 97
Eh' aria parte de! caldo;

Iȏ dentro lento, rd- di fuor srrr.n caldo : 8^


L'altro col piè 1 ficcorrìe mai fu , laido .

Ale.
UfTo , quante fiate Amor m'affale ; 86
3Ée'l foco. del mio cor tanno immortale •

'vi m'acqueto ; e fon condotto a tale ;


fedi nuli' altro mi rimembra, 0 cale
Ma s'egli Mmor,perDio che coia,equaIe?n 1
1
ìebu na ; ond è l'effetto afpro e mortale ?
«arcai mio grado ; il lamentar che. >'ale ?
«04 T A V 0 L A
O vi*ra morte, o dilettolo nule»
Partendoti da me inoltrato, quale 7
Er 'i mio flato quando '1 primo flrale
i

Che'l fren de! la ragione ivi noavale;


Pcc* hanno a fchifo ogni opera mortale: I

Che naturai mia dote a me non vale , M


Sforzomi d'efier tale,
Spirto beato, quile 9;
Se ) quando altrui fai tale?
Poi le vidi 'n un carro trionfale, ìóJ
Non 'cole umane , o viiion mortile .

Anur m* ha oMlo come fegoo a ftr-»lc , m


Donna, mercé chiamando; fc a voi non caldi
Dagli occhi voftri ufcio '1 colpo mortalej
11 Sole, e'1 foco, e'I vento,ond'iofon tale»
L' alto Signor, dinanzi a cui non vale i?5
Con un'ardente ed afflorofo ftrale :
,

E benché'] primo colpo afpro ,e martalesB


E quinci, e quindi'! c >r punge, ed all'ale. J
Com'a lui piace , e calcitrar non 'ale; ìij
Deh retiate a veder quii e "I mio male , . ,

Arder dì, e notte; e quanto i '1 dolce male, 140


L'altra non già che 'I mio bel foco è rale>,u
;

Chi volar penfa , indarno foiega 1' ale- I


Infili* nilor percola di fuo tirale <i

Ver cui poco giammai mi valle, o vale 1


Arbor vitt -riófa , etrionfale, 1I7
In quella breve mia vira mortale !

Vera Donna ed a cui di nul la cale


,

Né 'nganno altrui conerà '1 tuo feniio vale. \

Non era 1' andar tuo cofa mortile, 75


Fu quel eh' i* vidi e fé non folle or tale ;
: •)

I' vo oenfandó e nel peniìer m'jiTate


, 1!?
Mille fiate ho chiedo a Dio quel!' ale
Con le ouai del mortale
Tanto più la vedrem , quanto più va'e t9J
DELLE RIME. 4cy
ppiterna bellezza, ch^* mortale }

ftrania Fenice ami edue l'ale i J7


k
eder forma celefì; ed immortale
*ptìifav 3 affii deliro efl'er full'ale ,
ai»
pircar idoaquelbel ncdoepuale;
.. vìimi all' o-ra via più lento e frale
Idflì; A cader vachi tr ono falc ; <

K fra mille dn ne una già tale; 139


Iglilpiiti te- eMi 'n v ila eguale,
icnte in lei lereno era o mortale;
igad' ir fecoape rfe ambedue l'ale
u\ pur viva , ed or fatta immortale , i?8
predo ornai fiami all'ir contro , e quale
fc'è :

Bior, edallfiftile ftmeo e frale,


^<9
irdirci , eh' è fatta immortale;
qu Ila
fcllefiie ove per le non fale;
lodi ,

Jrirtù, fé beltà n- n ebbe eguale


quaipoiì'n amar cola morta e 158
za levarmi avolo, avend'io 1' ale»
de) Cielo invifìbilc , immortale;
corri all'alma defviatae frale ,
ricuna di noi due nacque immortale 94 :

'
feri , a v- i die vale

mirrò alcun tc-mno.ed or lìaiu giunte a tale,


e colici batte l'ale .
Ali.
Pnc"Anr.ir m'avventò già mi!l«- Arali ; 73
Terch a!qu mti di ìcr nrn fut mortali ;

Rgk.ti m'è, laflb, d' i finiti nuli : .

Eriiù miduol j che fien meco immortali ;

fE
1
! mondo, e gli a-ìrriili 4*
Acque: ino i lor mali ;

pendoa ripofo i ini'eri mortali, 161


rovom' in pianto ; e rad; 'oppi. irfi i m li :

'1 cor in doglia» e fon fra gli animali


'ultimo sì-, che gli amoroiì Arali »
Si
,

4c8 T A V O L A
Sì gravi i corpi, e frali -.:

Tj-jìIl uomini mortali


;
Coi delio non pofTendo mover l'ali; -a
]se! qua! provo dolcezze tante, e'tali; iJ
Io chiedere' a fcamnar non arme, anzi ali;
J
Inganni i ciechi e mifcri mortali;
O di veloci più che vento , eftrali,
Che Natura a voier v' aperfe l'ali; ijtf
E le cofe_ mortali , \? .

Da volar i'opra'I ciel gii avea date ali ijjs


Per mortali
je cofe ;

Che mirand'ei ben filo, quante, equa!»


Quanto ftudio , ed A mor m'aizaron l'ali; im
Cole nove, e leggiadre, ma mortali;!
. Forme altere celefti , ed immortali;
Perchè non ruro all' intelletto eguali :

Alle piaghe mortali, io<


Piacemi almen,ch' mìei" fofpir fien,quali 1
i

0 Paolo, od Affricati fatti n cotaii


Pandolfo mio, queft' opere fon frali
Che fama gli uomini 'mmortali :~M
ia per
E le lagrime fante de' mortali n
AllE
Mi guida Amor ^ch'ogni legnato calle iotj
Se duo poggi (iede ombrofa valle
fra
;

Sé '1 , ond' é più cfuiifd quefh valle


faflo 50
A Roma il vifo, edaB-.bel le (palle,
1 miei fofpiri più benigno calle
Là dov'io 'J mando ; che fol'ua non falle :

E i naviganti 'a qualche chiufi valle 4M


E-laflì Ifpagna dietro alle fue foal e
Ne iun già ilmche ; e quid 'n ogni valle ifl
Ed unpenfier, che folo yn^ofeia dalle » 9
Tal, eh' ad ogni altro fa voltar le fpalle :

Fugge , e la morte n' è fovra le fpalle . ic;


Con -zen eh' arrive a quel dubbiofo calle . *ì

Al I
, .. .

DELLE RIME. 407


J paffar quella valle
er farvi volger lefpaHej
al bel delio to
'u quain'è f ^inofo calie,
per nsoftrar
Ih' al cieco mondo ha dia volte ie fpalle as
-0 qua! per mezzo quella ufcura valle >

Per drittiffimo calle


A l l 1 .

E 'a vece dell'erbetta , per le valli 55


Qp:,l lì leva talor di quelle valli
Non fuggirle da i poggi > e dalle valli . 54.
Ma hffo a me non vai fiorir di valli
, ,

Ile fere a m.-ranno ombrofe valli;


per mille valli
Tal, ch'i' di pi ufi poi
Sghiaccio , quando 'I Sol'npre le valli
fanno rifentir le valli >
In fui di 163
E'I mormorar de' liquidi criftalli
JJel cui amor non tur mai inganni, nè falli ;

Celiami al fuori degli amorufi balli 3

Allo.
OndMmnr l'arco r.o-.: rendeva in fallo; 127
Fiamma i fu fp ir ; ie lagrime criihal lo
Alma.
l'olirà mercede i' lento in
, mezzo l'alma 60
.
quii* ogni altra i, ilma
Rlcemente i gender centro all'alma
174
quella i-obil'nlmaj
ufcr Sorifca in
[Ha riprovato umiliar quel!' alma !

«arre odi vita , 0 di marti/ quell'alma.


Il'ultiiiio bifogno, o mifer' alma
|I(T.r non può , che quell' angelic'alma
t'n yerii tento lorda, e rigid'alma ; 17S
ticofa, edilettevol falma » 89

oli entro i'alma

fol per fama gloriofa, ed alma

Jial dolcezza fu quella v miff r' alma , ,


in
endo, in-sjunrdia la più nobil falma,
Così
1 .

401 TAVOLA
Così leve, efpedita, e lù'ta l'almi m
Per t ir me Hello a me più ra e f loia .

O mir,ccl gentile' ofelice alma!


Ivi ha del Tuo ben far corona , e palma I .

Dico ; Oade v rea' ih era » o lelke alma?if


Un ramufcel di palmi,
Tutta ingombrata l'alma.
Versine t'aera, ed almi,
Poi che fe'fgronibrodt-.ìi ;n^u:ior fa'ma, 75

Ogni cola crebra, c qu melali' alma


Alme,
Che fcrivendo d'altrui ;i;e _non cai me: i!j

Centra cui nullo inge^ò', o 'orza vai me


perchè tutta fpalméfl
i

*
Che giova dunque ,

A i ? e .

Canzone, okra nueii'.tbi •

La Tana, il Nilo, Ad ne. ,0!inip'>,; C--ilpe:W


Ch'Apennin parte,-': m ir ci re o la, e Alpe l

A 1 SE ,

Amor con tra di te giammai n n valiér^M


,

Tanti lacciuoP tante iru;;r meTe falle»


Diro! come perfona a cui ne calle ;


E eh.; M notai la fopra Pacale alle 1

Ch' amorofa paura il cor m' afiLilTe


Mirandola in immagini n >n f e
Od
a n d'akrocalfe
:jj

1 1
- M '

Siccome tati del ,

L'alica ch'arfe per lei s- fpeflò , daifel *


E'ntca'l Rodano, e'1 Reno, e l'onde falfeìfl
Ed a cui mai di vero m-gio calfe , i!

Alti.
O^ieft' un foccorfo trovo tri sii aTà'tì »j
La vita che trapaffa a sì gran (,. Iti .

Echi '1 ri antò j pender legpiadrijed alti»


E quei begli <xì hi,che: c: r Uwv In. alti,»
Col dir piend' intelletti dulci , ed ..Iti ; I

A J-TO
f . .

DELLE RIME. 40a


y. . ,
Alto.
Però turbata nel primiero
a ffa ] to
Ovver al poggio facicofo
ed alto
Ma qua! fuon pona mai fa lir tane'
affo > T»
Rimaier vinti nel primier*
affatto
Io temo si d e > begli
occhi l'affalto
Egran tempo è eh' io prefi 'I
«
primier
ID3 ora innanzi tadcofo, od aito)falco
Wtfando, come fuol , me freddo
frasi to
Lhe nel primier' aflalto
-e
Quello mia cor di fmaito;
F<fico,che dal dì .die'Iprimo afiTalto is
Nttoaveaa quali adamantino
fmaito,
incte m avete a ragionar
W, tane' alto :
che Madonna ha 'I cor di
Ne lenza fqu.llc s'incomincia
fmaito
*,
5

allatto : a,
Ut per Dio ringraziar fur pofte inalto .

1 , Altro,
lan a me noce, e l'altro
Altrui; 9j
|
ch'io non ie fcaltro.
,, Ama.
b ne .S' r« ov'altri'I chiama it
1,sr
R '.
?'
^ anco pm di voi, quanto più v'ama.
;

Wlprejiiator di quinto il
mondo brama <S?
M
benigno giudizio una fai
fama-
Me non altronde cordoglio chiama . I

Jml>nna attende* gloriofa fama ,«5


«'Siraicid, che lei afpetta
, e brama :
Remica, che mia Donna il
mondo chiama .
no
Ia7J# q f> come Dio s'ama ,
;<

m li
?-
d.ldice a chi più pregio brama . 19Q
r w, ,°
ad alta voce anco richiama
M qual
m cerei fempre con tal brama
10
ne fU()J begl, occhi,
1,4
e me non chiama
:

ki
r
tm
,rjD «>
°d
J
° "•^ ac « uift
d "Po fe mi chiama
"
fama* *ii
h'ei mifena chiama , 5-S4

he fama
Alcune» ciiciiivui""-»^"»» -
ifponde a chi nel chiama : 83

Altri dì e notte la iua mone brama


Anzi fedite là, dove vi chiama !i

tama.
Mille e unii' anni al mondo onere e j
L'antiche mura , eh' ancor teme ed ama 4J
Pi cai 3 che non faranno lenza faina 3
Ar&É-
Sivolfe, in ch'ella fi la il njertro (lame, 2Ji

Quella, perch'i ho di morir tal fame ;


Acciò che '1 mondo Ja conofea , ed ame . 138

Elia è-nei Cielo , a sè mi tiri, e chiame


Ami.
La voce fteffa , pur eh' altri vi chiami
rami
M
Ch' a parlar de' fuoi fempre\erdi
Isè però fmorfo i dolci ineleau
ami 14» ,

Me 'branco i verdi ed invefeati ramibramii


Fia innanzi, eh' io non Tempre tema, e

La fua bell'ombra , e ch'io non cdj, ed a imi


Come già fece al lor, eh' ipr uni rami 183!

Per cui fempve altrui più , che meitehoaM


Ecbi m'acquetai è ben ragion eh' bramii
,*
,

1' erbe , c i rumi, tri


Efiorian per le piagge
N->n vide il mondoleggiadri rami
si j

Onde più volte vago de' bei rami


Tornai tempre devoto ai primi rami,
Fuggir difpofi gì' invefeati ^ ini > 1

Per poter apnrefiar gli amati rimi :


_

Cerco (che n'èben tempo > ed altri rami il«


L'acque parlan d'Amore,e l'ora.e rami,M i

^mi .1
Tutti infeme pregando eh' l' lernpr
Ma tuberi nata che dal Ciel mi chiami
, ;

Preghi ch'i'fprezzi'l mondo , e'fuoi dolci affi


E feguir me , s'è ver che tanto m' amirami.
151 ,

Cogliendo ornai qualcun di quefU


Amma ,
, ,. . S

DELLE RIME. 4,1


H' A MA
E non Iafia in me dramma,
97
Che non ila foco e fiamma .
L'una piaga arde , e ve rio foco e
fiamma 176
incendio , che m' infiamma
Rallenta dell'
;
Ch'era mia fcorta ; e la foavè fiamma
, 19?
Ch' ancor lafio m'infiamma,-
ì non fi vide mai cervo ne damma ,

i ÀMM fi .

Di mia morte mi pafeo, e vivo in fiamme; 154


Mi giacqui un tepoiorall'eftremofamme
155
Amm 1

E?otrete penfar quai dentro fammi '59


Li 've dì e notte Irammi
Canzonati non m'acqueti,anzi m'infiammi 61
L Amò.
Q'jefti nemici , eh' i* tant'amo ?
dolci

mdrei morto , ove più viver bramo .
'oro, un ramo
e di r-erle teffe fotto 130
eil'arborfempre verde , eh' i' tant'amo
loiceed acerbo ; eh' V pavento, e bramo :
1 noti non tur mai dal dì ch'Adamo

quel bel vifo , eh' i' fofpiro e bramo 1 84


jell' onorata man che fecondo amo.
[cor prefo ivi , come pefee all' amo 5
•come novo augello al vifeo in ramo,
l'altra non veggio mai, né veder bramoji
04
lè1 nome d'altra ne'fofpir miei chiamo •
, ch'io loia amo , 143
limo Sol, quella fronde

iraale e noftro vide in prima Adamo


,
imo a mirarla , i'ti purprego, echiamo
Ifcggendo mi toi quel , che i' più bramo
peli famen guardia a quel, ch'i' bramo; 1 $4'
E come auge! in rami
W'Amor,eMadoi)na,e Morte chiamo, 15
' "ale
itella.prefi l'eica, e l'amo.
S a Lei
.

*„» TAVOLA me ftefs'amo J >|


Lei nè vita mortai , nè
Pimaendo la richiamo , J
rSc, Qu .mo il c ,c4', ed io poffiamo,^
tu mai dal di
ch'Adamo
Forma par
dell'altra fcampa; »|
Bee ,m>r ridendo; e chi

Sim.l fortuna ftampa


I
Voi «e i paffi, e vo> ch'amor'avvampa
.

S
Che perch' io viva , di mille

Sotto '1

O refrigerio
quii fi
un non fcarapiJ
U prima „e con più'ch.ara lampa «I
al
trionfa , non pur icampa
cieco ardor , eh avvampi
4
i

Che vider trilli là fpjetata ttampa


ÀMPI'
Solo e penfofo i più
deferti campi M
Ove vedisi» uman l'arena «ampi . _

Altro fchermo non crovoche


mi icarnpi
J
Difuorfi legge, com'iodentroavvampi-
\, on è proprio valor che me
ne Ica m pi 5j
i
,

avvampi.!
Rifalda il cor, perchè più tempo
O poggi, o valli, o fiumi, o teive, o campi) |

Per innondar i noftri dolci campi


icarnpU
Odetto n'avven' , or chi fia che ne
A M PO.
Canzon mia , fermo in campo
riconduce difarmato al campo i*
Mi nelcampo,
Là've tempre fon vinto; e s'io
lampo J
Me! mio cor le faville, e'1 chiaro
i

Che l'abbaglia* le llrugge.e'n eh jo m avva)


Batti che fi ritrovi'n mezzo 1 campo >
3

Gridando , D' un gentil defir avvampo .


]

AN A .

Quefta fola dal vulgo m'allontana


Nè giammai lingua umana
Sonavan' altro , che pur voce umana
Piaga per allentar d' arco non aria.
. .

DELLE RIME. 41}


Clis coatra 'J eie! non Val di fefa umana : 199
P» &tto
1 angelica feinbianza
gentil d'alma villana;
, umile , e piana,

Cd adorna e infiora la tua riva


manca , 1
Baciale*! piede, o la man bella e bianca,
Lobirto è pronto, ma la carne è fianca .

Non può più la virtù fragile


e (lanca 115
Cte'n un punto arde,agghiaccia,arroffa
3 e 'm-
Coraecolei che d'ora in ora manca
(bianca
Ch i>ra,e rip 0 fo dava all' alma
fianca 214
guanto al trillerò
mondo,e quanto manca
«ir in parte, ove la ftrada manca
, 197
E conla mente ftanca

fsmt 3 corrier tra via fe '1 cibo manca 2 j4


>
Usi mancando alla mia vita fianca
«rdarripofoalla mia vita fianca , 249
fonG del letto in lu la fponda muia,
«Slancia, che fu già piangendo ftanca
A quel cradel,ch'i luoi
, 49
fe^uaci'mbianca;
gal altro richiudete da man
manca
«rch alla lunga via tempo
ne manca :

Ance.
Kneite dolci tue fallaci ciance
2 <«
parcongiufta lance
An c h 1

Loro.e J e perle,! fior


vermiglie i bianchi^
a 10 piovo per lo petto.e per li fianchi;
poi di miei fien lagrimofi
, e manchi
;
pem vagheggiar voi ItefTa avete fianchi
Wk tenera etate , e i vecchi fianchi
: 45
boeri fraticelli , e i bigi, e i
bianchi 45
Anco.
Bota dolcezza unquanco
tìs
gemente tra '1 bel nero, e '1 bianco
pi toccò terra unquanco , 9?
S 3 Col
4M TAVOLA
Coi cermeti tofo fianco t
E del continuo lacrimar fon fianco: n
E voglio anzi un fepolcro bello , c oianco;
l'non fu' d'amar voi l'affato unquanco j
Sia la mia carne» ch« può ftarfeco ancori
Or full' omero deliro , ed or lui manco ut
:

E di tanta dolcezza oppreflb , e ftanco


ni
Ch' era fol di mirar quafi già ftanco ;
Cacciata da duo veltri , urinerò, un bianco;

Che l'uno, e l'altro fianco:


Non velli donna unquanco ;
L' anima', a cui vien manco
Ed aggio a foffrir anco.
Nel bel nero, e nel bianco,
Per quelle , che nel manco M
Tal già , qual io mi ftanco ,

Al fortunato fianco
Sue laudi fora ftanco,
Movefi 'i vecchiarel canuto e bianco m
M\
Che vede il caro padre venir manco
Indi traendo poi V antico fianco
Rotto dasii anni, e dal cammino ftanco :J
In ogni parte , e più fopra '1 mio fianco A :

Pcch* io di lor parlando non mi lìanco.J

O di diamante, od' un bel marmo bianco,»


Per cu' ho invidia di quel vecchio ftanco
Co! ferro avvelenato dentro al fianco
J
15J
Tal io con quello ftral da' lato manco;
Di. duolmi (traggo, e di fuggirmi ftanco
Amor con la man delira il lato manco 11
Ogni fmcraldo avria ben vinto e ftanco
Vomer di penna con fofpir del fianco ».4
Qual non fo già fe d* altre frondi unquanco'
Mario aperfe sì il fianco,
Quando afictaco e ftanco

A N3E
, 1 .

DELLE RIME. 4*5


Ande.
Di povere vivande .
41
Simili aquelle ghiande }
Malvagia;che da! rìume, e dalle ghiande; 1 6
Per l'altru' impoveri ffe fatta grande ;

Quanta m. il per Io mondo oggi G fparnde :

Di viti fervaj di ietti, e di vivande;


Ando.
Ed inqueito tra patto fofpirando, 109
Or potrebbe effer vero , or come > or quando
Ch'acqueta l'aere, e mette i tuoni'n bando. SS
Che farei dunque gii occhi fuoi guardando ?
Pmi rHcoflì ; ed ella oltre parlando 8f
Pisceri, *n quel faluto ripenfando
iaffo, che delia ndo fiy
Ch'Amor circonda alla mia lingua > quando
Ch' l'dicea foipirando joi
iQui coni' vena' io , o quando?
Tutto ii dì piango, e poi la notte quando 161
Cosi fpendo il mio tempo lagrimando
ptriftoumor vo gli occhi confumando.
Mitengon'ad ogni or di pace i'i bando.
P'andaflen fempre lei fola cantando ; 14E
Ma forfè feema fue lode parlando .

iaor con lue promefsc lufingando 63


Ch'ancorme di me (tetto tiene in bando .

fon me n'avvidi , latto, (e 110.1 quando


In libertà ritorno fofpirando -

Ser me sì dolcemente folgorando, «S4.


ppirte d'un cor faggio fofpirando
Qmlor'a quel di torno ripenlando,
Come ven.eio i miei fnirti mancando
Cheperch' io jion fipeadove né quando 1S
,

Mei ritrovarli ; fololagrimando ,


rivo fol di iperanza rimembrando 191
Non e si duro cor , che lagrimando
S 4 In
, . ,

4i« TAVOLA
In quelle carte orecchie avrei parlando «j
Qualche fanta parola fofpirando
Siwrgea foavemente mormorando t&
:

Ma Ninfe, e Mufe, a quel tenor cantando


Ivi ni' affi fi
; e quando
Che fe col tempo fone ito avanzando » m
Con (HI canuto avrei fattoi-parlando
Che di si ricco albergo il pofe inbando; ijj

Torto del mio sì lungo ir dettando •

Bello, e dolce morire era allorquando


Che Madonna mi mande a sé chiamando; 14
Cosi dentro e di fuor mi vo cangiando
, ;

Tutto '1 viver' tifato ho meffo in bando 1


Sarei contentodi fapere Usuando;
Quanto più difiofe 1' ali ìpando u
ITmio volare > e gir mi face errando .
<

li cor che mal fuo grado attorno manda,


,

L* altr' ier da lui partimmi lagrimando.


Andra.
Stranio cibo , emirabil falamandra! 15

Felice agnello alla penofa raandra


A Ne .

Usilo fpirito lor viver lontane:


Sciolti da tutte qua! itati umane?
Ange..
Eh frate ,T gre,Ni lo, E rm o,I ndo,eG angeli;
TaaaJftro,AIfeojGaronna,e'l mar cheirag
PoriaM foco allentar, che'l cor triftoange ;

Quant'un bel rio, ch'ad ogni or mecopiànl


Per forza converrà , che'l vìver cange « :

Tanta paura 5 e duol l'alma trilla ange ;


Mia vita in tutto , e notte, e giorno piange
Stanca fenza governo in mar che frange,
Anco.
Sìj che la neghittofa efca del fango*
1'
; che die notte del fuo ftrazio piango ;

A K-
,, , .

DELLE RIME, 417


Angue.
Punta poi nel tal loti d'un picciot' angue , «7
Come colto langue»
fior
izg
Che memoria del l'opra anco non langue;
»o«
Non più bevve del fiume acqua che
fàngue.
Che gli dà il tépo,Amor,virture,e'l
fangue;70
E del noti effer qui fi ftrugge, e langue
, -,
Ani.
Amor ,i' "1 f0 ; clie 'I provo alle tue manliss
Che vomendo e proemi , e lontani . 20
0 mondo , 0 penfier vani i

Di che deferti Urani io s


Se dai! e proprie mani
Dal qual miei palli non fur mai lontani :

Mirando , per gii effetti acerbi , e ftrani


,
Col cor levando al cielo ambe le
mani
I Ringrazio lui , eh* i giufti preghi umani
I Dicendo , Non temer eh' i' m'allontani} 94
I La qiial con le lue mani
I Anna.
t?
^•
1
0 dove fono ? e chi m'inganna 57
ar '° '

I Ncllun pianeta a pianger


mi condanna .
I fe morrai velo il mio veder'
appanna
I Meco fi ila chi dì , e notte m'affanna
1

Anni.
«Può tanto fchermire , e dagli affimni

TI
e
f
t iallar le V m
ghirlande , e i Verdi panni
,
per virt " de§\i ultim* anni
s
9

j-
' vili; (colorir che ne' miei danni
Non percoffadal Sol
1 molti, e niolt'anni : xj
>n V rrei qu
S' orno attender anni '

m ?1
Marerch: vola il tempo,e fu-igon gli anni
Onellanoftra etade , 0 ne'prim* anni ;

Uie,s'al contar non erro,op.gi ha fett'anni


^ Uital; che nafeerà dopo mill'anni ; ig
L.itbor gentil che forte amai niolt'anni; y>
,

S ; Alia
ili TAVOLA^
Alla Tua ombra) e crefcer negli affanni».
Poi che j fecuro me di tali 'nganuì , _

Che parlnn fempre de' lor trifti danni


Ch'aìior fioriva 3 e poi crebbe azi agli annijio*
Cagion fola , e ripofo de* miei affanni . ioj
Son le catene , ove con molti affanni 191
_

Quindici l'una> e l'altro diciottenni .;

Senza il.qual non vivrei 'natanti affanni. Ij4[


Così avefs' io i pritn'anni
I miei corti ripofi , e i lunghi affanni
Perchè lontanano' hai fitto da' miei danni? j
E' fòraitoilmio tempo a mezzo gli anni. .9
Mente mia , che. prefaga de'tupi danni 121,
Reiuie cercavi de' futuri affanni :

Agli atti, alle parole, al vifo, ai panni, j


Quello è l'ultimo dì de' miei dolci anni.
Trilla e certa indovina de' miei, danni , 131
Che dopo non mok' anni
Là 've cantando andai di te molt'anni , ioj
Di te piangendo nò , ma de' miei danni». J
Sol' un ripofo trovo in molti affanni ;
All'andar, alla, voce , al volto > ai panni
Quadrio mi volgo tdietro a mirar glianni;nj:
E fluito il ripolo, pien d'affanni;
Rotta la fè degli amorofi 'nganni;
£' perdutoli guadagno de' miei danni;
Quel che tu cerchi' è" terra già mck'anni: *5l
Ma per tratti d'affanni
Ogni giojrno mi par più di mil|'anni 5 14Ì
Per miglior via a vita fenz' affanni ;
E non mi pofson ritener gì' inganni
Ch'i' incomincio a contarli tempo, e i danni}
Pentito e trifto de' miei sì fpeft anni , 15}
Trammene fa Iva dagli eterni danni ,
In cercar pace v ed in fuggir affanni-
Alla fperanza mia , al fin degli affanni Si
,, . .

DELLE RIME. 4,9


Quella mia Donna mi menò molt'aunì 92
Inoltrandomi pur Pombra,o'l velo, o i panni.
Anno.
Nondevea fpecchio farvi per mio danno,
38
putito e quel corfo ad un termine
vanno :
untai diletto in quelle parti {fanno
90 .

Dannoa me pianto ed a' piè laflì


affanno ».

Luci tentir mi fanno, $t


Equmdo poi ringiovenifee l'anno
;
Qua! era ai tempo del mio primo
affanno
Ci e mio cor gli occhi foavi fanno .
nel
ff«
Ptutt. altre hel^zze indietro vanno.
'he- tranquilla fen za alcun'
affanno
Del mio Sig.w vittoriofe
fanno 65'
Quelli lo,i nue' b;g occhi, che mi (ranno !
i

peggio ben qimit'elli a fchifo m'hanno.,


! g
Pernia rertu non r>uo co a tra l'affanno .

Chi piango l'altrui noia, e nò'l mio danno ,


renio non veggia il gra
pubblico dan'no,i 7 g
Blocchi miei, che luce-altra non hanno
I orecchie
eh* udir altro non fanno
,

enon pongo al mio odi nato affanno


, aZ
no.mich'ogni giorno a rroge ai danno,
I preiso al decim'anno;
oedmofta't giorno, e* 1 mefe, e
-duo begli occhi , che legato
l'anno, «
m' hanno »
nedetto il -'rimo dolre affanno,
lagne , che infin al cor mi vanno
'se ,
Signor mio » Pundecìm'anno
ereredelmio non de;; no affanno
nova che d'anno in anno
il, E ;on
fa , *o
vo.to,. e le parole, che mi (tanno
portan gli anni , e non
ricevo inganno»
voglia, eia ragion
combattili* hanno
lunga guerra begl occhi mi fanno
i i

1 temo, lalso, nò'l loperchio


affanno
s « Che
4io TAVOLA
Glie HI, e notte nella mente fiatino »
Rifplendon sì , eh* al quinto deci ni' a un»

Ri'manfi addietro il feftodecim* anno 91

Forte '1 principio di cotanto affanno-,


L' amar' ni' è dolce, ed util' il mio-danno, 1
Morte begli occìii ,
i che parlar mi fanno.
Verdeggiar , che nel cor radice m'hanno;!*]
Casi di me due contrarie ore fanno t
IL tema 5 edodj chi m'adduce affanno
.
.

Qua! miodeftiiijqual forza, 0 quaì'ingan-no 1$


Maraviglia ne avrò ;s.' i'moro il danno?
,

Danno noagià ma prò si dolci fiatino


, :

E fon già ardendo nel vigefiro' anno.


Pafcendofi di duol , à' ira j e d* affanno; tS;
VoftrojDonnajil peccatole mio Fa' 1 da nno.
Ci eco, e ftaco ad ogni altro,ch al mio danojij!
1

Così veut'anni ( grave, e lungo affanno ) I

Che come i miei péfier dietro a lei vanno;»


Laiegua , ed io fta fuor di tanto affanno . >|
Ciò che s'indugia, è proprio per mio-danno;
O che bel morir' era oggi è cercano* ì
Di mia-falute» non quefto tiranno ; ij

Che del mio duol fi pafce,edel mio danno.


Pur per mia pena,.e per mio grave danno-' 16
Non è fiata mia vita altro j ch'affanna,
Mortai beJ-i ezza , atti f e parole m'hanno-
Non tardarjch'i'fon forfè all'ultim'afll^.15
Del Favarico inganno;
Peggio è lo lì razioni mio parerle*] danno.
Fanno noja fovente» ed a sè danno 4:

Le male piante che fiorir non fanno


Pattato è già piò che '1 rnìllefiin' anno
Ano.
L*arbor ch'amò già Febo in corpo umano; j

Sofpira> e fuda all'' opera Vulcano ,

Senza onorar più Cefare ; che Giano;


La
, .

DELLE RIME. 421


Li tern piante , e *1 Sol ci fta lontano
Ma poi che'l dolce ri A) umile e piano 3?
Nel bel guardo d'A rollo mano a roano-:i

L' anticniilimo fabbro Siciliano»


Ch' a Giove tolte fon l'arme di mano •

Voice guardato da' balcon fovrano


: Per quella» ch'alcun tempo mofle in vano
S' da preffo , odi lontano ;
albergarti;
Moftroflì a noi, qua! uom p^r doglia 'nfano
I TrarG'n difparte comandò con mano » «7$
Gli occhi , e la fronte con fembiante umano
M'empiè d* invidia Patto dolce , e Arano
Che tempre m* è sì pretto, e sì lontano; no
; Pofcìa ira me pian piano?
Non pur quell' una bell'ignuda msno, 14.9
t Son'aftringer' il cor timido, e piano >
Lacci Amor mille y e neffun tendein v^no
) Ch'aggiunger noi puòftil,nè ingeg -oumanoj
I Mode una pellegrina if mio cor vano. 47
lidi dir alta voce di lontano,

Ch'ella ti porgerà la bella mano» 3*.


I I Ond'io fon sì lontano ;
Dal Sol percola veggio di lontano ; '°ì
t Pen&ndo nel bel vifo più che uro ino
Pili volte già dal bel fembiante umano 134
La mia nemica in atto nini le eoi. ino ;
J Fanno poi gli ocebi fitoi mio pentì er vano ;
* [
Quei, che folo'i può far , l'ha poro in mano »

M'aperfe'l petto , e'1 corprefecon mano 17


< Tal, eh' i' conobbi ( o fenfoumano ' )
non la ,

E il riio,e il cato,e il parlar dolce umano jSo


Mi danno afsalti; e piaccia a Dio che'n vano.
Ov' è l'ombra gentil del vrfo umano x>4
( Ov' è colei , che mia vita ebbe in mano?
Que d'un, Morte m'ha tolto la tua
, mano , 20!
I Felice terra, quel bel vifo umano.
Po-
4i* T A V O L A
Pofcia che 'I dolce, ed amorofo , e piano
D' ai nri colli mirando il dolce piano; zcl
Ove nacque colei, eh' avendo in mano
Co! fubiro partir, che di lontano
Gli occhi miei fianchi lei cercando in :
vano
Mio ben non car>e.\i intelletto umano, uy
Deh perchè tacque, ed-allargò iamano?
Anta.
Son le rodici della nobil pianta . ifi,
L adoro , e inchino- come cofa fanta ..
Bellezza» ed omertà con pie- tanta
Che mai
j ut
rebellion V anima
Tanta
L una è nel cui , che fe ne gloria e
vantai»
-L altra è (otterra,che i begli
occhi araniatitaJ
Ante.
Ov' Amor vidi già fermar le piante
Ver me volgendo quelle luci fante
,
Un tmnagMe Gilda di. diamante
;
Che l'atto dolce non mi ftia davante
,
Tenni al bifogno e non fui più -dante
U lucendo, ale non giunti alle cpiante,
,
149»

Che de^l: occhi mi trae lagrime tante.


Anima ,, che dive rfe cofe tante- 15C
£e 1 orme impreffe dell' amate piante ?
Che feorgi al cor l'aire parole fante
;
1 er qu meo non.vorred- o pofcia,od
ante
operando alfin dalle foavi piante
„ iu>
Ri^if» alcun delle fatiche tante-.
V*arfl quanto'l mio foco ebbi davante
,.
;
Ch appena. te n'àccorfe il mondo errante 440'
.

Mi per piacer alie fue luci fante ..


13 umor vano follante
" ' tsme f ifi?
, tu di. fante
Guitton faluti, e metter Cino ,e Dante 10S
n I mia Donna puoi ben dire 'n quante
I '

Memorando il fuc bel vifo, e l'opre fante . i

Anti .
, , 4

SELLE: RIME. 4*?


A NT I .

Talor m'affale in mezzo ai trilli pianti 10


Che qtiefto è privilegio degli amanti ,

Certo il fia de' mici pianti . . 6}


Viea da' begli occhi a! ri 11 dolce tremanti
Ultima fpeme de' coi teli amanti .
Gir per l'aere fereno Italie erranti , _
ioj.
Ch' i' non avefiì i begli occhi davanti ,

SogLion quelli tranquilli e lieti amanti , i8j


A me doppia la fera e doglia s e pianti.
L'uri Sole, e l'altro, quafi duo levanti

Di beltade e di lume sifembianci ;


Rngion'è ben j eli 'alcuna volta , 'canti i : 56
|
Per adeguar col rifo i dolor tanti .

Es io por efli far eh' agli occhi fanti


,.

0 me beato, fopra gli altri amanti ! 57


In un bofehetto novoi rami fanti. _
«fi
E di tua ombra ufeian si dolci canti ,.

Anto..
Saa paffion fotto il contrario manto Si
Però alcuna volta i' rido ,. o canto ,
s'
x
Via celare i mio angofeiofo pianto
eia ..

<5a
Efequefto mio ben curafTe alquanto,.
levido^, e me fuperbo 1' onor ranto:
Che l' eilremo del rifo affiglia il pianto »

Candido leggiadretto , e caro guanto 14S"


,

Cosìavefi* io del bel velo altrettanto


Una fera è foa ve > cqueta tanto «3
Che nulla più; ma pianto,
Corro fempre al mio rmle,e fo bé quanto 1 1

Sì mi trafporta , che '1 bel vifo fanto ,

Induhbiodi mio flato, or r»iango,or canto 181


Hai fopra '1 mio core afflitto tanto.
Or ha giammai che quel bel yifo fanto
Oli condanni a feinpiterno pianto;^
Ca mover d'occh:o,un ragionar', un caro; 1 So
. .

4 i4 TAVOLA
Quanto fia quel piacer , fe niello è tanto ?
Non t'apprefsar ove fia -;fo,o cinto, 169
Canzon mia, nò, ma pianto;
Rimalo fenza il u.me eh' amai tanto 110
, ,

Or fia qui 5 ne al mio amorofo canto


E la cererà mia rivolta inoiaoto.
Pafsato è il tempo ornai lafso , he tanto ut> , .

Ma (feiato m'ha bea la pena ,-e'ì pianto


1 , I

Pafsato è il vi Tosi leggiadro 1 e (unto :


Lei ch'avvolto 1' aveanel tuo bel manto. .?
,

Volti fubitamente in doglia e in pianto ijS*


Ma di menar tutta mia vita in franto,
Or non parl'io, nè pento altro, che pianto.
j
Giarmi tu col defir sì dolce il pianto ;

D :ntro a'bjgl i occhi, ed or l'ha •'olto 1 n pian»


Così mio cacar converfo in pianto-. (to.ijT
è'1

Viffì dì fpeme , or vivo pur di pianto,


Che piacer mi facea fiafplri e'I pianto, i ,
;

Chiuda ornai queftedue fonti di pianto


.Amor Tho molti e mok' anni pianto
,

Ch'aggiunga lei»ch'è fuor d'ira, e di piato -3!


Porto delle miferie , e fin del pianto: :1
Anzi,
E vivo dì defir , fuor di fperanza > t}
L'umana vifta il troppa lume avanza
Fofse difciolto, r'prenderei baldanza
Era alla man , ch'avorio , e neve avanzai 13?
E'1 pjacer. e'1 delire, e la f^eranza
Perchè con lui cadrà quella fperanza »>
J 1
l er leeofe dubbiofe altri s avanza
Ma pur di male in peggioqucl ch'avanza 97
Veggio di man cadérmi o^ni fperai za,
(Oji mt'è il poter d'una pre feruta ufanza!)i»
Tremandoordi paura, or d fperanza i

A fua impromefsa, ed alla mia fperanza .


Ben temo il viver breve , che n' avanza •

Cb'
.

DELLE RIME. 42*


Ch'altro, che fofpirar , nulja m'avanza , ut
Veramente fallace è la fperanza.
Che privo m'ha di sì dolce fperanza . 134
Solmemoria m'avanza;
Ancor (e queiìo è quel, che tutto avanza) 15?
Eran virtuti *n quella fua fperanza,
D'una in altra fembianza
Morain pace> ed in porto; e fe la danza 158
Aquelpocodi viver, che m'avanza,
Tu fai ben , eh' in altrui non ho fperanza j
Vergine ,'in cui ho tutta mia fperanza ; 163
N'ò'l mio valor, ma l'alta fua fembianza ,

E per ogni paefe è buona danza . 83


Ed anch' io fu' alcuna volta in danza .
Quel poco, the m'avanza,
Anzi.
Canzon, l'urna forella è poco innanzi ; C3
De'iniei fofpiri , ed io trapaflo innanzi 91
Verfo Periremo e parmi che pur dianzi
,

E'i viver grave


, e prego ch'egli avanzi

L'empia fortuna , e temo non chiud'anzi


M,i molto più di quei , che per innanzi , 17
Benché ria tal , eh' ogni parlar avanzi
Poich'alquato di lei veggio or più innanzi>9i
Io dico che pur dianzi ,

Ara.
0 beltà fenza efemoio altera, e rara ut
Quella, ch'ai mondofamofa e chiara

N6 perch'io fappia il quado:or è si amara, 145
Che nulla più Ben fa il ver chi l'impara j
.

Or'èdel ciel , che tutto orna e rifehiara ;


Fè mia requie a' fuoi giorni e breve , e rara ;
Arca,
venti , *n frale barca
Frasi centrar] 111
Si difaper, d'errar sìcarca^
lieve
E bea m'accorgo , che '1 dever fi varca : 171
s
Ond
4i« T A V O L A
Ond'a chi nel mio cor (lede monarca >
Nave di merci preziofe carca ;
Quant' io Tempre la debile mi:i barca
Vellica vai, non com; 1' altre circa -t|
;
Onde al fuo regno di quaggiù Ci varca; 3
Ecco novellamente alla tua barca >
Argo.
Chedi lagrime fon fatti ufcio e varco. M
E a voi armata non moftrar puri' arco . J
S' io credefli per morte eflere fcarco M
membra nojole » e quello incarco: ;

Ma perch'io temo , che farebbe un varco •

Mezzo rimango , lalTo , e mezzo *1 varco fl ,

Diirovienfi a Signor l'efler sì parco ijt .

Tu hai iiftraH, e l'arco:


Quando il ciel fofTe più di nebbia fcarco ni
Né dopo pioggia vidi '1 celcfte arco ;

Nei dì, ch'io prefi Famorofo incarco. ;


Quel vifo , al quale ( e fon nel mio dar parco!
Fu fopra'I gbiaccio,ond'io foiea gir carco. 19Ì
Fa ch'io ti trovi al varco
Preud' i dorati ftralì , e prendi l'arco
;
Salendo quali un pellegrino fcarco .
75
Biiogna ir lieve al perigiiofo varco ».

Arda.
Da ora innanzi ogni difefa è tarda.
Queiti preghi mortali Amore fguarda. «
Che miluratamente il mio cor arda :

Che fa di marmo chi da predo ii guarda ; Ut


D' effer fervano alla ftagion più tarda. '

FI Sol abbaglia chi ben fìfo il guarda


40
E per troppo fpronai- la fuga è tarda.
;

Che natura mi toife, e'i ciel mi guarda ; 24J


Deh com'è tua pietà ver me sì tarda ,
Della tua villa ed or foftieo eh' i' arda
,

Senza alcunrefrigerio , e chi 'I ritarda ?


Arde »
. ,

DELLE RIME. 4*?


AUDE.
, o d' ore tarde .
*i
Di luoghi tenebrofi
E io ben eh' i'vo dietro a quel che m'arde .

Or di madre,or d'amante;or teme,or


ardei07
Pregando eh' al levar l'alma non tarde ;

Ardi-
Che che penfi? che pur dietro guardi aot
fai?
Grugnendo legne al foco, ove tu ardi?
Le Soavi parole, e i dolci fguardi ;
Qui ricercarli 'utempeftivo , e
tardi.
Ardo-
Biunfi fol con Amor penfofo , e tardo : 90
Che il penlier mio figura,ovunqu'io (guardo.
Nèmi fa degno d'un sì caro {"guardo ; 62.

Eialfoco gentil, ond' 10 tute' ardo,


gal ben veloce v od al contrario tardo , 63
Ecoa l'andar, e col foave fguardo ìji
lEl'attomaofueto, umile, e tarda
Nafceil gran foco di eh' io vivo , ed ardo
E' mi condufle vergognofo e tardo 59
Per non efl'er ior grave affai mi guardo ,

Tanta virmte ha folo un voftro fguardo


Li veggio sfavillar, ond'io tempre ardo ioj
Se 'I Sai levarfi fguardo;
Se irdo ;
tramontarfi al t

Poi sì m 'abbagliarne fuggir m'è tardo, i 46 i 1

Che da (unge mi (busso, e da prefs ardo


L'involo or uno ed or un altro fguardo , 154
,

E di ciò inficine mi manco , ed ardo .

Oìmè il bel vifo, o mè il foave lguardo ;


ipj
Faceva umile ed 0,^11 uom. vii gagliardo
, ,

Ideimi il dolce nfo, onde uicio 'l dardo


Se non folli fra noi icefa sì tardo.
Quel viigo, dolce , caro , onefto fguardo t]4
Ch'arai quinci '1 piè modo a mover tardo .
Intelletto veloce più che pardo &
Quel*
,

4ìS TAVOLA
Queljche vedi ora ortsUiomi ''rugso.ed ardo?.
Che movea d'alto loco; e'I dolce f^uirdo,ii5
Sono fiariti, e le al feeuir f n cardo
Folli degno udir più , del deGr ardo, 5}
Tenne il ilio dolce fgmrda- 94
Are.
Suoni Iti parole sì leggiadre e care ; 14J
Aliar 1 inficine in men d* un palmo appare
Arte , ingegno , e Natura , e'I ciel può fare-
Giunga cortei, ch'ai mondo non ha pare; 161
Co! fuo bel vifo fuol del l' altre fare
Dicendo , Qu into quella in terra appare
Fia il viver bello , e poi '1 vedrem turbare;
Gentilezza di fangue , e l'altre care 187
L' alta beltà , ch'ai mondo non ha pare ,
S* io avelli peritato, che sicare nr
In numero riù fpefle in ftil più rare.
,

Morta colei , che mi Iacea parlare ,


Rime afpre e fot che far foavi e chiare :
-

Che fpezzòil nodo,od'io cemea fcamparengl


Chs giova A mor ruVingegni ritentare ?
, ,

Non fotTe dellinata al fuo ben fare ?


O dell* anime rare ;

Io fo ben quel, chVdico Or lalTa andare. : S]

Mal li conofce '1 fico A ine nur p^re


.

Quinci'ii duo volti un color morto appare: 77


Gh' i' vidi duo amanti trasformare ,
E mi foglio in villa fire
far qual io .

Cara la vitae dopo lei mi pare


, ili
Senz'oneftà mai cofe be le, ocare.*
Equa! fi lafciadi fuo onor privare/
Via più che morte e di più pene amare
, ; 1
Ari,
Non fou,com'a voi par, le ragion psri : 7»
Del voftro , e del fuo mai cotanto avari .

Gh' e perfetti giudic; fon sì rari


Cta
,.

DELLE RIME.
4 9 i
Che bagna faobel vif0 ,e
gli .echi chiarito
1

guanto v invidio gli atti


onelìi e cari:
rdcr co ,a
" « fiamma non impari m
PW,o
n * ,
Madonna aJtr' ufo impari
,

; 4P
:

* s ho alcun dolce è dopo tanti


i
amari ,

Anzi la voce d Tuo ninne


nfebiari , a6 ;
Se gli occhi) „oi ti
tur dolci, nè cari.
Mei duo bei lumi affai
più,ch'JSol,chhri,i 10
Vuol che vivendo, e
lagri mando impari ;
pMitanarme, e cercar terre, e mari
nquelhef.I; qunnt'e' vide, amari
i
'

U
i non lo Te le parti
, ianan nari :
z6o
D; che a me morte e il ciel fon tanto avari :
Gol membrar desici anni, e degli amari
A R t A
fi veggio andar ver la ft ;Jg 0 co trarla :
r>

fe« per etate il mio defi r


noti varia :

n . .
Asia.
Uipinge , e di lei parla
A voler poi ritrarla
:
,g
,
Ljnao tempo il cammin da feguitarfa 195
Wh eh Amor meco parla,
;

V /r
Ario,
Vo trapalando,
|
e iol d'alcune parlo, i,
I^Cffif.
cfi P ° Cen
fua man trarlo,
l&afel Amor con
cui fru il- ne parlo )
,
235
yueiloipirto, ond' 10 villi;
afesuiirarlo,
Per erbe o rer
, incanti a le rifarlo :
153
« non 1 ud.flì
}
ei la che'] vern parlo ; :
ue.egno vecchio mai non rofe
tarlo^
~, Arme.
<£t Dorelle al bif, , n „ „
render ;Vrne .

qual oggi vorrebbe


, e non
p Llu ai tarme
pwe vanno a gra ritchio
uomini ed arme 1 37
vclecur 10, elle non
può fpaventarme
W1 che ii <ael non
> pona Joiua.-a tarme :
Ch J
1

V,o TAVOLA
'Ch'io l'ho negli occhi, e veder fecoparme i ,

D'amor ufoi,quar>d' io non ebbi akr' ?.rme;«


Ch'almenjcom' iofolea, porta sfogarme?
Ch' aver dentr''a lui parme
Tutto dentro , edifuorfcnto cangiarmi njj
E '1 defir foco; e^nfieme con queft' arme i ti
Col dolce fpirto,ond'i<> non porto aitarme) i
Quel Romantico di virtuti , e d' arme 34»

Ennio di quel cantò-ruvido carme ;


Solea lontana in fonno confolarme lì*,

di daol , oè di tema porto aitarme :


Che ipeflo nel fuo volto veder parme
Che di gioia, e di fpeme lì difarme .

Aver fa morte innanzi gli occhi parm? , igft


E vorrei far difefa , e non ho l' arme
M
.

Alle pungenti , ardenti, e lucici' arme;


Giunto mi vidi: e non portendoaitarme 5 -

Prefo lafciai menarme


Partita è la ftagion : perduto hai Tarme m
Di ch'io trema va ornai che puoi tu forme? 1
:

Che porti ,e vogli al grm bifogno aitarm:;i6H


JSion guardar me,ma chi degnò crearme:
Al deftinatodì , fotto quel 1' arme ;5j

Col Signor mio,che non può leguitàrme; ••

Per Coi licito Oudio porto forme ;

Potrebbe forfè aitarme


Armo.
L'alma,ched'umiltate,e non d'altr'armo. id
Ma gli occhi hanno virtù di hrne un marmoJ
Quel foco è morto e il copre un picciol mnj
,

Di rimearmatOjód'cggi mi difarnio^mo.iJS
Ause-
E di querta nojofa , e grave carne ,

lei andarne
Potea innanzi
Prender Dio perfeamparne

À uno. I
DELLE RIME. 431
Arno.
TOel!a,perciti con S. rga hj cangiat'Arno,li8
Ed'iogià vifii,or ne ftrugg ;J ,e fcarno,
n pei più volte ho riprovato indarno
Nè col mio itile il iu;> bel vifo incarno.
Quante lufinghe, e quanti preghi indarno 26»
Il poich'i* nacqui in fu la riva ri' Arno,
Balia'mia; benché 'I parlar fi a indarno i"4
feera'l Teveio , e 1' Arno, 105
Aro.
Era'! giorno
eh' al -Sol fi fcoloraro
,
4
lei be' voftr' occhi, Do-ina , mi legato .

femponon mi p ire da far riparo 1

Ne! comune color s' incornine aro .


ingiar quefto mio viver dolce amaro: 10!
Fo:fe a ce ftelTb vile , altrui fe caro : ic.9
Anzi mi pregio , e tengopiù caro ; affai in
kll'onelta priglon de! dolce ,-.maro
,

'roncafte , eh' attorcea foave , e chiaro


taire almio laccio, e quell'aurato, e raro
id AnnibàPal^vrren voftro amaro, 254
ì d'i tutti ÌI più chiaro
bm'a ciafeun ìe fu e ire Ile ordì naro
;
en può far Morte i dolce vifo amaro :
; 149
te, a mi feo rg e o n d '03 n
I
ben ' i m pa ro : 1

quei, chede! fuo l'angue non fu avaro,


taquevien, Morteci tuo venir m'è caro:
«otateful 1' un Signor mio caro;
,
49
1 "ite cmai di voi (kfio più avaro
a ftrada a'mefii fuoi , ch'indi paffaro,
lolfrandovi un d' Agofto , e di Gennaro
;
Asmo.
bagna in mar l'aurato carnaio";
tando'l So!
n angofeiofa , e dura notte in narro :

Milano, a tal che non m'afcolra » narro


pon Amor, con Madonna, e meco garro -

Àrse.
, 1

45» TAVOLA
Arse.
E ^er farne vendetta > o per celarfe j

L'acqua nelvìfocon le man mi (parie


Che mirando le fn>ndi a terra fparfe,
Qu.ift ("degnando j e'o un punto difparfe:
Oide'lcordi piente , ed'amor m'arfei I

non nuófermarfe
C!is- voftra vifìa in luì
Ch' altro piò dolcemente mai non arfe j .

Fu confum.ito , e *n fi-.rnma amoros arfejnfl


Di vaga fera ie veftigie fparfe
D'amor, di lei, che si dura m'apnarfe-: j
Mal' ingegno j e le rime erano fcarfe
Arsi..
Dei bei veftigi fparlì qj

Sagri mando trovaffe ove acquetarfl .

E'1 primo di , eh' i' vidi all'aura ("par fi 104


1
I capei d'oro, ond io sì fubit' arfi
In alcun modo più non può celarli 1 55:

Vederti ben j quando si tacit' arfi :


Erano i capei d'oro all'aura fparfi
Di que* begli ocebi , ch'or ne- fon sì fcarfi; I
E'1 vifo di pietofi color farG
Qual meraviglia fe di fubit'arG?
3Sè così beilo il Sol giammai levarfi ut •

Per l'aere iti color tanti variarfi ;


In quanti fiammeggiando trasformarli
Nulla cofa mortai puote agguagliai *1
Un'altra voltaj e mai" più non fpogliarfi 19J :

Quand' alma , e bella farfi


Ch'or quinci j or quindi udia tanto lodarli; fi
Decedè il pregio di più laude darli ;
C hanno fuggendo i miei pen fieri fparfi; njj !
E fpentoil foco , ov' agghiacciando i' arQ;
E fol due parti d* ogni mio ben far fi
L'uria nel Cielo , e l'altra in terra fiarfi , 1
Lamia lingua avviata a lamentarli ?4j
Adir
,,

DELLE RIME. 4ìì


A-Jir di lei per eh' io cantai , ed arfi
,
Quella beata , e 'i cor racconciarli
,
Vedendo tanto lei domefìicarfi
CJ* i(JoJ fuoi faranno in terra {parli,
i
lt $
E luoi torrier di for , come dentr' , arfi
,
Terranno '1 mondo; e poi vedrem lui fatfi
Arso.
Effimeri ne un, ch'or fon divìfo,c fparfo; uj
Un fallo a trar più fcarfo
Pa'begli occhi fuoi,che'l cor m'han'arfo,ii4.
Holervito a fignor crudele, efearfo:
Ofw piangendo il fuo cenere fpario .

Ds'primi affanni , i» farei prefo, ed arfo, 200


Erotto 1 nodo, e '1 fòco ha fpento,e fparfo,
A RTA.
Forfè credea ; q ua nd o i a s ì poca carta
t o*
Scindo in sè fteffa, ha la fu a luce {parta
;
Aericene mai da lei non mi diparta :
Carcere ufceado , lafci rotta , eTparta
147
boa si tolte tenebre mi parta
Arte.
iicl ch'infinita
provvidenza , ed arte ?
Emanfueto più Giove , che Marte
;
lenendo in terra a illuminar le carte
Mei regno del Giel fece lor parte .

ÌjlììuT io fot) tutto volto


in quella parte t%
k m arde,e ftrugge dentro a parte a parte:
F 5 «rno del cor
, che mi fi parte
ienon fa ove fi vada e pur fi
parte .
,

ìuelt anima gentil


, che fi diparte *S
erra del ciel, la più
beata parte .
|lla nman fra '1 terzo
lume , e Marte,
anime degne intorno a lei fien
:
fparte .
Mot riprende ardir
Saturno , e Marte 3 fi
tua a tnftì nocchier governi, e farce :
, come fi parte
a leu tir , ed a noi

Rime Pe$ratta ,
<f
, .

43+
Che fa fecuro il
TAVOLA
navigar fenz* arte,
Stelle nojofe fuggon d' ogni parte
Per cui lagrime molte fon già (parte
E così trillo ftandofi itì difpatte j
.-

Sarà, s'io vivo , in più di mille carte


Si eh' e begli occhi lagrimavan parte:
Naturalmente quindi li diparte.
Di non ftar Tempre 'n odiofa parte .

Con gli altri ch'ebber fama di quell'arte ! fw


Ivlill'anni, non v'edrian la minor parte
Onde quella gentil Donna li parte :
Ivi ia vide , -e la ritrafse 'n carte ,
Quinta aria dal bel vifo mi diparte, 11*3

Che fai tu lafso ? forfè in quella parte J


À feguir 1 orme voftre in ogni parte , *8
Ed onde vien li ìnchioftro , onde le carte 4
CoIpad'Amor, non già difetto d'arte.
Per ifcoprirlo immaginando 'n parte; 4*|

Onde mai neper forza, nè per arte


A chi tutto diparte
Chiamando il nome di mia Dona ho ipartejij

E- benedette fian tutte le carte


Ch' èfol di lei, sì ch'altra non v' ha parte- j
E P immagini lor ion si cofpa-rte ;
Che'l mio avverfario 1 con rairabil' arte
Anzi tre dì creata er alma impnrte
parte,,
11 giornoavarrti , eia radicein
j
Edìio cerco poi'l.mondo a parte a parte ; ìw
Folto di fpine : ond' io hoben tal parte j
Pianta avrebbe uopo, e fana d'ogni parte
S'ancor teco la trovo in miglior parte j
.

Ch'ingegno uman no può fpiegar'm carte iJ|


S' acquiitan per ventura, e non
per-arte . •

e rallenta le già (tanche [arte


i<|
Bagna ,

Morta fra l'onde è la ragion , el arte


»a
Ebbe il cortrifto , e poi dall' altra parte
. . ,

DELLE RIME. Hi
nionocchier e rotte arbore
,
, efarte,
Love, ed Ap 0 Ilo, e Poliferno,
e Marte:
«wor non fo d> ufcir la via nè l'arte zt 9 ,
,
Jb iccom uom talor, -che piange,
e parte
Qe a ie far, come ftelle'ii cielo fparte
, 11S
«a poi eh io giungo alla divina
parte,
Un manca l'ardir, l'ingegno,
e l'arce ,
tornea a; me l'ottima sarre.
m niie Iperanze Inarte
z, 7

m rivoltarli in più fi Cura partey


:

24;r
P! dal tuo giogo, Amor, l'alma fi parte
,
pacato evi rtute, anzi è beli' arte
BmiBCia: O Donna intendi l'altra parte,*
Sj
-he il vero, onde parte fi

jett'iii fu 3 prima età


fu dato all'arte
quante lagrime ho già forte
,
, i5i
oando or quella , ed or quell'
altra parte
blande mondo la più bella parte.
l0 d
•vero; e le fortune
afflitte e fparte
eriegwre e 'n diforte ;

Donna,ogni altra indi 2 parte»?


'iffimagin
le virtù,
che l'anima comparte,
r, che: Ja
facciata parte
i r<? % r
HetteHa fuggendo arriva in
parte ;
vilmente, e nelle treccie fparte
a*
eranZ h in te la nwgs'ior
S
Prie 'i poiolr di parte 45
•te I
Marte
-te l'antiche, c le moderne carte 44
jdall impeno del Marte
figìiuol di

d Empireo , e di quelle fante parti


14,
li molli , e vengo fol per conciarti
B. Arto.
gio seroda' miei non ti
diparto : 01
|davanti , e me poi produffe
un parto . •

T 3 Arve,
. ,

„» T A V O L A
A RVE .

Molfanni a fardi me~que!,ch'a lui parve, 7I


Donne tuie , lungo fora ricontale ,
Viver un giorno : e poi tra via m apparve 1
Quel traditor'in sì mentite larve,
E lafciailc cader come a or parve 1 :

neve fott* al Sol cilparve


Nè giammai
Che giamai in donaov'amor -tofle,apparve,w
E tacendo dicea-( com'a me parve)
Libera farmi al mio Ceiare parve .

Quand'io caddi neU'acqua,ed ellafparve. 1


Asce.
Preme'! cor di defio di fpeme il pafee ;
, 1!»

E s'io l'occido , più forte ri nalce


.

Quello d'allor ch'i' m'addormì va in falce, J

Del liquido criftallo alberga , e pafee .' i|


Sua ventura ha ciafeun dal dì che nalce .

nf
Mira *i gran fafib donde Sorga nalce
Di tua memoria , e di dolor li pafee
amor to' ch'abbandoni, e lake,
Il noftro , ]

s c o .A
Move'l dolce, e l'amaro ond'io mi palco: li
Mille volte il dìmoro , e mille nafeo ;

A s 1 .

L'uman legnaggio ; che fen-z'ella è quaS M


Conobbil'io , ch'a pianger qui rimali;
Asma.
Da lei tene , e da me di cui biaima , Ci .

Mai notturno fantasma Aspe, i

Non dall' Ifpano Ibero all' Indo Idafpe li

Mè dal lito vermiglio all' onde Calpe ,


j

Canti '1 mio fato ? o qual Parca l'i nnalpe ?

Che trovo jietà forda,com'afpe, AsproJ


fol
Per paura forfè ,0 d'un dia fpro
la
E farei fuor del grave giogo , edafpro;
Onde ,come nel cor m'induro, e 'nnafpro; !

Cosifld mio parlar yoglioefler afpro.


BELLE RIME. 4Ì7
Ass a .

Con quanto tuo difnore tempo


il paflà ? i98
Noipuò mai fare, e refpirar noi laffa .

pia è gran tempo faftidita, elafià,


l Asse.
Dodici donne oneflamente Jaflè, 166
mi non fo s 1 altra mai onde ioIcafTe :

Siinilnt.fi credo, che Giafon portafle


jDe'q. a 'duo romor' a! mondo fa (Te
tal .

Ss non , come a morir le bi'fògnafle i SS


lAdirdi ciò; tutte lor vie fienbaife :

L Assi,
p' è refrigerio de'fofpir miei laflì , $o
liti non donne ma fontane , e farti ,
Bfh'e piè miei non fon fiaccati, e latìì £6
traendo inutilmente tanti: paOi ;
l'i'vo empiendo di vokfe'nciò fallarli ;
pn de' miei piè Jafiì 97
iidendo lei , che com'un ghiaccio ftaffì
;
Hoje'n terra m'ha mcchiufo ì paffi : 104
trek' a gli occhi miei lafii
[così meco ila (lì ,

ire Ciel con gloriofi parli ;


al u7
fommo Sole , iti pochi farli
iirnartdo al

Kco'piè vaghi , folitari, e la Zìi


cor grave, e gli occhi umidi, e baffi
Asso.
;mi rivolgo indietro a ciafeun paflb 10
ke'l far gir oltra, dicendo , Oimè laffb.

bi ripenlando al dolce ben , ch'io laflb


,
Eli occhi in terra 1 agri mar. do abbailo •

jk m'arrefto :e pur nel primo fafTb icg


'
tilapietate ; ed allordico , Ahilaflb,
privolfe ; e quirattenne '1 palTo : 88
pcaogiò '1 vifo. In quelli pender > la fio,
quei dubbiofo paflb: ioo
T 3 Che
,

Che
43 s TAVOLA
!o fpìrito laffo
Seco fi llringe e dice a ciafeun parto ;
, 17}

Ch'ègiàdi pianger, e di viver laflo •

Tu paradifo) i'fenza core un (arto-


Quel ch'i'fo;tu poi dir,Sott'un gran faffo 11^
V'èjfe nò Amor,che mai noi laici:! un palTo;
Torto tornando fecemi oimè laffo >
, , 17

D' un quafi yìvq e sbigottito faffo •

Vaghi penfier, che così parto parto Jf


Si forte , eh' io per me dentro noi parto : 1

T-ìla non degna baffo


di mirar si
A! qual pur contrattando io fon già laflo:
Com'alta Donna in loco umile e bado : M
Or fon fatt' io per !' ultimo fuo parto
Amor della Tua luce ignudo , e caffo
Devrian della pietà romper un faffo: J
Che 'n poco tempo In menato ai parto ;
ni
Ove chiufa. in un farto:
Com' ella venne in quello viver baffo if
Ed or carpone or con tremante paflo
,

Legno, acqua, terra, o laffo


Col dolce mormorar pietofo e , baffo : n
5
Gh'.avria virtùdi far piange^ un faffo. J
Itei rime dolenti, al duro laffo *}l

Benché'! mortai fia in Lcco òicuro, e baffo.


Ditele- eh'- i' fon già dì viver laffo ,
Dietro le vo pur cosi parto parto
Non mi lafciare in h\ V eftremo parto.' ti
Chc'n me ti mova a curar ci' uom si baffo
Medufn,e l'erro* mio m'hyn latto un laffo.
Lacrime j epie adempì '1 m;or corlaffok i

Asti.
Ch'abei principi volentier contratti; a
Per qual fentier così tacita entrarti
Troppo felice amante mi inoltrarti
j
Aauella, che miei preghi umili, ecarti.-j
, .

Te lolo afpei-to e quel che


DELLE RIME.
ranco amarti
,
a i«
m
;
the al luan de detti si
pietofi , e cafti
Che piacer ti de ; ma
fe tu m'amarti
, 250
guanto in lembianti e nel tuo dir
inoltrarti
,

Che icid di tue bellezze innamorarti


; 261
Santi penfien , atti pietofi , e cafti
Fortuna ingiurioù non contralti
4$
Ora Igombrando'l palle, onde tu entrarli
ATa .

Ma perchè la memoria innamorata


(o
lUmde (or poi l'entrata
;
Al li H di tua giornata
4I
plor è co tifo tata
Col gran delir d'
wihme della
udendo efTer beata
vita, che in è data,
1 «
ttcoalia mente mia , Tu fe'ingannata : *4<>
Vt\ corpo uicio quel!' anima beata .
Senza h;ie , o beata , z6l
k - Ate.
m
.

pco ie quella etate


ftggii edonde pattando,
e l'onorate
«rnon odio per lei per me pietate
,
I6z
fla canto Ja
divina Tua beltare :

Jnne.voicne mir 3 rte f ditate,


me vi doglia , e vincavi pietate
K , 9r
,
Circi altro ha 'I cielo,
e di fua chiamate sjs
gajel novo Ialiti di me
pietate ,
pome vinte qui '1 mio voffra
beltate,
|la morte vien dietro a gran
giornate, zoo
p le cole prelenti , e le pafsate
grquincj , or quindi sì , eh» in ventate,
W non eh 1 ho di me ftefso pietate ,
Ltie mento la fua invitta oneftate
zix
Mr de (oipir fra Finirne be;<te
liunle alla terza fua fiorita etate
> ttt
ppadria, né beìrace
T 4 Gli
, ,

440 T A V O L A
Gli occhi pieo' di letizia j e d'oneftatre ;
Cb?è vetitoied ombra ed ha nome Beltate;i4
3

Kon fu giammai, fe non in quefta etate ,

Per far ricco un,por gli altri iti povertatc:


Or versò in una ogni fua latitate:
Tornando a me sì piena di pietate ly :

Vera amica di Crifto, ed'oneftate.


Gli Angeli eletti , e l'anime beate n
Piene di maraviglia > e di pietate.
Che luce è quefta , e qual nova beltate ?
tonfali mai in tutta quefta etate .
Piene di'caftoamore > edi pietate; ijl

Leggiadri fdegni,che le mie infiammate


Con fonima corte fia fomma aneliate j
Fior di virtù ; foutana di beltate ;
Che per vera, ed al ti (lima umiltate
Tu partoriti il fonte di pietate
Talor mova,- e con pietà guardate
vi il
Dopo Dio fpera e ; purché voi mulinate
:

Seguo alcun di pietate;


Le voglie » che G moftran si 'ufi a minate : 1
Onde fien l'opre tue nel ciel laudate .
Fondata in cafta , ed umil po vertale , »
.Kegli adulteri tuoi *. nelle mal nate
A ti .

JMentr' io portava ì be' penlier celati


Fur'i biondi capelli alìor velati
M d ede A m or , me k'a un i e ran panati
i i > i

E dintorno al mio cor penfier gelati


Né per tranquillo mar legni fpaimati; li

Né per campagne cavalieri armati ;


Ne dir d'amore in ftìli alti , ed ornati;
Nè tra chiare fontane 5 e verdi prati
Fra miierie > e peccati
Aro.
Trovommi Amor del tutto iilarnuto » .4
Ferii
..

DE L L E RIME, 44t .

Ferir me di betta in quello flato,


/Giudea sì: canto fovr'os'nì flato
S
Ed or di ?jcciol bórgo un Sol n' ha dato
Erudeli ft. Ile , ed Orione
armato 3S
Solo Netruimo, ed a Giunon turbato
a
31 bel vifod ig!i Angeli afpettato.
t

' ,t0 ° ccici ental fi


si
move un (iato , 37
Edeu.t 1' hor tra
erba in ciafctm prato
i
:
Rlperie dal bel vifo innamorato:
Borrir non vide il vifo che laudato

f E

Fer
pietà lui
0 /'aere ritenne
medefmo a v ea

dilpcrata via fandilungato


i 1
ca ng ato
i

pri ino fta to


no
I Ua; li occhi 0 v'era i'non Co per qual faro )
(

I jjf j. Sf'
me Vl vo 5 a pianger nato :
,1 teciaò duo-Imi , perchè in tale (tato
Peneguendomi Amor 1 al luogo ufato;
87
AVi mie antichi pender mi flava
armato •

Voltimi e vidi un' ombra


:
, che da lato
|tm degna d' immortale flato
pju
.

tremo e vo co1 cor gelato


'In
f
V 1

IWto temer d'antiche prove è nato,


' 143
pi Uno 10 io ben, eli' un' amorofo
flato

FIto?
na avan2a d ci
conforto ufato
loquant' io mi viva in quefto
W^rdipan J(1 pe na col peccato
flato
: a

p
i 1 s
I fepa mi ridulTe al primo flato,
adattotalor, eh' in miglior flato
>»na in altrui biaimato .
i 34
hntoquel eh' i« foftegno in tale flato : 191
Lns con la Morte a lato
tona agguagliarci mio dogliofo flato ? 194.
Ini orbo mondo ingrato,
n Ca «ifate ; ed a gli amanti è dato
E? zi»
Tte ebbe invidia al mio felice
flato ;
za yij , come nemico armato .

T 5 Fui
,.
T
44i TAVOLA
Fui mal accorto a provveder mio flato, 4
Che tal morì già trillo e fcoiifolatoj
Cui poc' innanzi era il morir beato.
Così '] mio temno in fin qui trapalato 15»
Che ftringer pofsa 'I mio infelice flato;
E le mie d'elio ingrato
Ovver piangendo iftuo tempo pnùato, itoj

Vedendoti la notte > e '1 verno a Iato


Cosi faptiìì il mio limile flato;
Verrefli in grembo a quefto fconfolato
Volgi al mio dubbio flato; ìit
Ben provvide Nativa al poltro flato 105
S'è poi tanto ingegnato 1
Folì'l mioamor,ch'ìo fétoor sì'n fiammato:»!
Ond'a me in quefto flato
Poi chevoi,ed io più volte abbiam provato^
Levate '1 core a più felice flato .
Quella vita terrena è quali un prato ,
E perlaìsar più 1' animo. invefeato .

Atti.
Quali fpelonca di ladron fon fatti ,
Ogn'imprefacrudel par che Ci tratti
Deh quando diverfi atti
'

Atto.
E fe non fofse il fuo fuggir
sì' ratto , 14*
Alcun d*acqua odi
5 foco- il gufto,e'l tatta 1
|

Da mill'atti inonefli 1' l:o ritratto :

Che mai per alcun patto 15; 1

Giovane ìchìvo", e vergognofa in atto ,

Atro.
Foflìu sì lunge, avrei pien Ti le, e Battro, iti j

Poi che portar noi polso in tutte quattro 1

Ava- ,-(

Ilmio fperar, ehetror.-, alto montava.


1 Il
Là've tolto mi tu, dì e notte andava
Perchè'l vigor , che vivi li raoflrava
Da
v . '

DELLE RIME. 44J


Darelsun laro è più là dove flava.
E di quefto in quei dì mi ricordava
Al •
AVF -

Alcun giogo meri grave- 27


Fa'l veder lei foave.
mo chiuda, e noti inchiave .

Vedendo è chi non pavé .


3.5
Che le fue piaghe lave
Certo in più falda nave .

Vento mai che Paggrave


Dolce deimio cor" chiave? '
penna , di voi non ave .

A me nojofo e grave :
$r
Empendo d' un - enfi e r' alto , e foave
Qud coreond' hanno i begli occhi la
chiave
«(iella voce angelica foave.
3a
Cosìdeftiro in me l'anima grave .
Del mio cor Donna,! 'una e l'altra
chiave
Neloir, come colei che tien la
chiave ria :

Kmoftrarla in palefe ardir non ave.


Poi eh; de! ìlio giacer mi fè
gir prave eT
dolce villa , e'1 b 1 guardo ve .

Quatu'è 'l danno afpr.o , e ijrave :


I(3jf
Av,j m rdtt > La nave:
pi mar
per alto vidi una Nave ììS
Bmartramuillo e inaura er foave
, .

Kdiedi ed un cintar tanto fa, ve


,
, 154
ae p;-n rer b.ifso , .> gnve
m eh iuta bel lezz 1
è pi ù ùn ve .
84
W cor' e , 1 ciò feI
i
', :
mu , e fcofca l'ave
Buac'nd sì grave,,
L- A 1 -
F IV sgjo.I
-
dipartir, i-Ii arti fòavi • lt
Pgara e n l',,morofe chiavi
al fin
Ki icoHo, s quel detti fo.,vÌ jiS
htf con iJd», ed in^escofe chiavi
T 6 La-
.. .

444
Lagrime rare
TAVOLA
, e fafpir lunghi, e gravi
E le talor da' begli occhi foavi , iSj

E ni* allontane or fa cavalli or navi


, a

Que' begli occhi foavi


Che portaron le chiavi
E perch' il duro eiiliopiù m* aggravi j
Ma per me, lafl'o, tornano più gravi i tu
Quella , ch'ai ciel fe ne portò le chiavi 3

E 'n belle donne onefte atei foavi


Amor , che meco, ai buontempo ti itavi H5
Meco, eco! fiume ragionando andavi
Fior, frode, erbe, ombre ,a»tn , orde, aure ioaW
Del le fortune mie tante , e sì gravi
La bella Donna , che cotanto amavi > -M
Si furo» gli atei fuoi dolci, e foavi »
Tempo è da rieovrar ambe le chiavi j
1
Pelo terren non fia pi ù , che t aggravi .

Aura.
Là ver l^urora ,cfee si dolce Paura
Imiei fófpiri , ch'addokiflen Laura
EJIa fi fta pur coni* atpr* alpe all' aura
Nè pianger mio, nèi preghi pon far Laarì
l

Meri fra noi di vita alberga P aura


£ col bue zoppo audrein cacciando Pausa, ili
A V R O i

Giovane Donna fott' un verde lauro-


Che f>glsa verde non n trovi 'n lauro *
Seguirò P ombra di quel dolce lauro
Ch' Amor conduce a pi è d'un duro lauro j
L' idolo mio fcoJpito iti vivo lauro ,
Se tanto viver può ben culto laaro?
L'aura celefte , che 'n- quel verde lauro HI
Tjlche ìnia libertà tardi reftauro (.
Può quello iaiHe>che nel gran vecchio Maura
Là 've il S ol perde, non che l'ombra, o Panni
&ctcaè PaJcaColauaaie'l verde Lauro 194 ,

Dai
, , ,

DELLE RIME. 44 y
DjlBoreaalPAuftrojodalrnar'Indojal Mauro.
Tolto m'hai, Morte,'! mio doppio tefa uro,
Nè gemme orieiKal , né forza d'auro .

Tujc'hai, per arricchir ti' un bel tefauro , 24


Al grande A ugufto : die di verde laura
Azi a.
Di s è , nafcendo , a R orna non fè grazia s 5
Tal, che natura , e *i luogo fi ringrazia
(Che già d'altrui non può venir cai grazia)' 1S
Però di perdonar mar non è fazia
Azi.
Scritto a ve a d i dinmantr , e di topazi- ; 144
Gli occhi miei fianchi di mirar y non fazj ;
Azio.
Non ebbe tanto nè vigor, nè"frazio 3 4
Ritrarrai acc .reamente dallo ftrazio ?
L'ami del eie! , perii quali io ringrazio 5$
: Mi date quel , dond'io mai non fon Tazio? (Sa
Mirate , qua! A nur di me fa Orazio ?
Diche Amor, e me (refi© affli ringrazio? 7»
Psò contentarvi , fenza farneffrazio
Se in altro modo cerca d' efier fazia
Inatto, ed in parole la ringrazio 245
j
Del pianto 5 di che mai tu non f'e fazio
Con i'aura dc'iofpir per tanto fnazio
!
Che già fece di ms sì lutigo Orazio ijjp
Ed al Signor, ch'i'adoro, e ch'i' ringrazio.
Torno dauco di viver , non che faz/o .

Ea .

Ds' bei rami fee ^dea, 100


Ed ella fi fedej i OI
,
Io qua! parte del cielo in quii' idea
, 11&
Bo/ìrarquag*ià , quanto lafsù potea 5
Qa.il ninfa in fonti, in felve mai qualdea

Benché la forami è di mia morte rea .


Cli'ua di cacciando fi 3 com'io folea
Si
, , j

,446
Sì (laya
TAVOLA
quando il Sol più force ardea .
Che in mille dolci nodi gli avvolgca:
E'1 vago iume olerà mifuraardea
Non fo fe vero , o fallo mi parea :

l'i che Pefcaamorofa al petto ^vea;


I vidi Amor ,ch*e bc.gìì occhi volgea uri
SemmccioiI vidi , e l'arco, che tendea»
Spegner 1 almo mio lume , ond'io vivea
; ìm
Che mi ieaijon veder quel, chVvedea;
j
Canzoii mia , fpenfe mot te acerba e rea ,131
Che più bei corpo occider non potea .
Qik-1. che a" odore, e di color vi ncea
%g
D ogni rara eccellenza il presio avea
,
Dolce mio Lauro , ov'abitar folca
II mio Signor federfi»
e la mia Dea.
Edi mille miei mali un non fapea;. iìj
Era a ms morte , ed a lei firn-, rea .
Or tu , Donna del Ciel , tu noltra De.i
Tu vedi '1 tutto
e quel che non potea
;

EE Be .

Nullo {lato agguagHarfe ai mio potrebbe : fe


-Ma forfè altrui farebbe-
IviJa lei a m
mo j er le ,ch'a i I om tem 30 e bbe 1 7*
Qualche cura di noi, e le ne '«crebbe
Teata , fe forfè ancor tempo farebbe
Da k-emarnoftroduol che'ii fin qaì crebbe;
,

C,i u cordi marmo a pie;à mofso


avrebbe ut
Poi che 'un'animata l'ebbe,
Figgendo la prigione ov' Amor m' ebbe , 7+;
Quanto la nova libertà m' in crebbe
Pjceami '1 cor , che per fe non fypi ebbe
Che più f.ggio di me ingannato avrrbbe ,

La wra voglia , che oer mio mai civbbe ; 1)


Metre Amor nel mio albe r -oa fdegno s'ebbi
Po; (e;.'mtò, ficcome a lui ne incr^bbe
F Jìj che rma dura forte invidi.» n ebbe 135
Co.i
DELLE RIME. iA?
Con lettre di pietà quel, ch'avverrebbe
Piagerl'aere.ela terra e*J mar devrebbe
242
Non la conobbe'I mmdo mentre
l'ebbe ,

|
Spinfe Am-r'edolor'ov'ir non debbe, 24?
Ijuel , che ie fofse ,ver
torto farebbe
Eb'afsai'J mioir.ìto rioquetardevrebije
Con coiai , che vivendo, 'n cor iempr' ebbe
;
Ebbia.
L'aere gravato , el' importuna nebbia
53
I Hodi gravi pender tal una nebbia
;
mai nafeofe '1 ciel si folta nebbia
ÌS'è
|
, 54
Dentro, e di fuor fenza. Pufata nebbia,
Fiadinanzi a' bey. h cechi quella nebbia
|
,
Nè fuori curava di (pezzata nebbia.
Ebro.
Non re fin,Pò,V'aro,Arno,Adjge,eTebro J i23:'

Rod a no,Ibero,Ren,Sena,Albia,Era,F.bro,
N n cdra, abete > pin, faggio, o ginebro
,
Conì'arboicel, che'n rime orno, e celèbro,
EcCH I A •

D'ef*:r molto predata ; in lui fi fpeccfiia iS


Dell'uà mal,chi dell'altro s'apparecchia.
Ecc HI.
Che'l verno devria f.r languidi, e fecchi
; 39
Son perme acerbi , e vetenofi ftecchi ;
Chespriduo] rade volte av vien eh' invecchi
j

Ma più ne incolpo i micidiali pecchi


| Contai dolcezza fi-fte di noi fpecchi
234
E'Ivoflro, per farv 'ira, vuol che'nvecchi.
Per le camere tue fWiulli , c- vecchi j 16
Co' mantici , col foco , e cogli fpecchi .

Ma nuda ai vento , e fc .iza fra U ftecchi :

Eccmo.
In qitefto pafsa'I terreo, e' nello fpecch io. 1 3 j
Or fi* che può: già fol'io non invecchio : 4

Ecco,
.

44* TAVOLA
Ecco.
E'1 troncon rotto,e quel vivo umor fecco;:i7
Volle m
sì fteifa i! Iwcco
Eco.
E parli al cor pur come fofleor feco >
,
175
Tu te n'andarti e' rimafe leco ,
, li

CanzQii , fe 1* effl-r meco


Venuto è di dì in dì creicetido meco ,

No può queitp dello più venir feco.


ii

Ma fe il Latino, e il Greco

Gran cagion ha di dever pianger meco ; 194


Che quel bench'era in te 5 perduto hai leco. 1
E tu che copri, e guardi ed hai or teco 101
,

Me dove lafci fconfolato , e cieco ,


Lume degli occhi miei , non è più meco ?
Non farà il ragionar del mio mal feco n» •

Vede, fon certo, e duoifene ancor meco .


E di tal villa; aprir vidi uno fpeco , 127
E portartene feco
Chiaro moftrando al mondo fordo, e cIeco,ì3i
Quanto lume del elei folfe già feco.
Ecl io fon qui rimato ignudo , e cieco 147
M'impetri grazia eh' io porti efler feco
Eda.
Io l'ho più volte(or chi fia che mei creda?)ioj
E'11 bianca nube si fatta , che Leda
Moflb farà , fin eh' io fia dato in preda 4t
Nè-fo ben anco che di lei mi creda • 4)
Edda.
Bollir le notti, e'n fu.! giorno efler fredda; 11*
E tanto fi,, raffredda » *
Eddo.
Cazon,<jui fono,ed. ho'l cor via più freddo, 191
Edi.
P"i che'l cammin sa' è chi ufo di mercede, no
Riporto il guidardon d'ogni mia fede-
Pa-
.

DELLE fiJME. ,
44?
Pafco'Icordi fofpir,ch*altro non chiede)
Edolce'l pianto "iù. ch'altri non crede >
Ben fai , che sì bel piede 99
Onde '1 cor Liflo riede
Ove or penfando , ed or cantando fiede } 177
|$ fa qui de'celefti fpirtTfede

E fé gran fenno , c più fe mai non riede )

Va or cantando 3 ove da quel bel piede


Piagne 5
dove mirando altri non vede. 114
Ch'agran fpera zi uom mi fero non crede.
Però s'un cor pien d' ,-imorofa fi de 71
Piicciayi ornai di cuiefro aver mercede :

Veltro Wesno,ern-e non


fin quel che crede:
5
Latto ch'i yrdo , ed altri non mei crede 1 50, :

Ella non par che'l creda , e sì fel vede .


Infinita bellezza, e poca fede,

Al fonte di pietà trovar mercede.


Indietro veggio , e così bella riede no
Alla mia lingua , qual dentro ella fiede ,
Quella feueftra un Sol fi vede ove ì' So
Ne' b r evi giorni , qumdo Borea '1 fiede ;

|'I fa Ho ove a grandi penfo fa fiede


-

Co mai d'ombra, o difegnò col piede ;


ri

Laflc, benfo che dolorofe prede


,

Il mondo e picciot tempo ne tien fede


j

Veggio a_ molto l:,tip.uir poca mercede;


Che l' tifato tributo a ali cechi chiede •

Mai noi laffa feguir,chi troppo il crede: 190


Tira in mezzo la fronte, ov'altri '1 vede ;

Che mortai cofa amar con tanta fede ,


Mia fpene, e'1 guidardon d'ogni mia fede, 4i&
Tolta m'è quella, ond'attendea mercede •
[ Nei mezzo del mio cor Madonna fiede »
1
E crai è la mia vita , ella fel vede .

S* ontlto amor può meritar mercede J '


239
A Madonna 3 ed al mondo è la :nia fede _ s
Già
, . .,

«*5°,
Già di me
TAVOLA
paventofa or fa, noi crede]
O vedea'l ToJto,or l'animo, e'1 corvede :

Tien atura , e n cima fede ;


di noirra ri ij

Qua fi uora, che


cerne rriorteje ragion chiede
ITiricomincio Madonna il manco piede
:

Ti Hai, come tua vita alma richiede , u>


Affifa in alta e gloriofa fede ,
Or nel volto di lui , che tutto vede ,
Vedi '1 mio amore , e quella pura fede
Chi la chiamò con fede. tSt
Vergine fe a mercede ,

Che'n cor venale amor cercare } o fede ioj


Qual più gente poffede;
Edi.
La Donna noftra vedi ; 34
Credo ben » che tu credi ;

Non la toccar ; ma riverente a piedi


Udendo, I' non fon forfè chi tu credi: tj
A farmi lagri mar , Signor mio , riedi
Coinè , non fo , pur io moffi 'lidi piedi i

Caduta è la tua p.loria, e cu noi vedi ; 194


Nè 1
d efTer tocco da' fuoi tanti piedi :
ChVfon d'altro poder, che tu non credi; 130
E reggo , e volvo quantoal m'ondo vedi .

Che pur tanta baldanza al mio cor diedi ; 91


Ch'i' le mi fi ri oli a' piedi
Dinanzi a'miei, midifTe ; Amico or vedi.»,'!
Com'io fon bella, e chiedi.
Edo.
E il colpo è di faetta , e non di fpiedo . i3<
Per 1'orato tuo Arale ; ed io tei credo.
E g a .

Ma il tuon , che di dolcezza i fen fi lega, !|i


Così mi vivo, e così avvolse , e fpieca
Non per lor forza ma di chi le fpiega ni » ,

Onde marte m'aflòlve, Amor mi lesa:


D'un :
.

DELLE RIME-. _ 4M
D'un picciol ramo, cui gran fafcio piega ;
Nèfi fa ben peruom quel, ch'i! del nega.
Esce.
: Econ un duro fren mi mena > c regge l*t
Trapana ad or adx>r l'ufata legge
I Del cor proto nco nella fronte legge;
E vede Amor, che fue imprete corregge,
Cbiponfrenoagliamanti,o dà lor legge? 1^4
Ma fpeflo nella fronte il cor fi legge: (199
f i
Morte m'ha Iciolto, Amor, d'ogni tua legge ;
Fere felvagge , e manfuete gregge 105
; i
Per più dolor , c< popol fenza legge ;
l 106
I
Al qual , come fi legge >
l' mi fido in colui, che'l monde reg-ge , $3
Mi meni a palco ornai tra le fue gregge •

E cg i a .

Tolto efie giunto ali* amorofa reggia S-S


Amor nell'alma , ov'ella fignoreggia >
Non perch'io norv m' nvveggia 58
CfeV vidi quel jche penlier non pareggia ;
Che volger non mi pollo, ov'io non vegg-'a 85
Solo ci'un lauro ta! fd va verdeggia :

g g r .E
fervo d'Amor , che quelle rime leggi ; 156
Ben non ha'l mondo che'! mio mal pareggi
,

i
Spirto gentil- che quelle membra reggi , 44
Con la qua! R: rai,e fuoi erranti correggi
Eccio.
No far mai tutte fpéte, a quel ch'io veggio;4S
; E temo nò '1 1 econ do error fìa peggio .

In tante parti , e si fella la veggio 1C9.


Chefe i'errordurau*e,aItro non cbieggio.
Geotil mia Donna, i' veggio 61
Dentro là , dove fol con Amor feggio»
; E talor farfe un fegsio pg
E più certezza averne fora '1 peggio
Ogni
. . ,

4-.* TAVOLA
Ogni loco m* atcrift.tjov' io non veggio . li
5* io dormo o vado , o leggio, i
,

Altro giammai non chieggo;


Devoto a veder vi, cui Tempre veggio : 19J
La mia fortuna (or che mi ?uò fàr peggio^)
Menami mortcch'i' non ine n'.ivveggio;
a
E mentre miei duo lumi indarno cheggio,
i

Al fin' ambo con ver lì al giufto feggio ; 15?


Che nel bei corpo tuo sì fpefTe ve«2Ì-> 1C4. ;

E Pò, dove dogliofo, e gi&veor feggio. joj


'1

Rettor del.ciel') io cheggio,


11 mal mi preme,e mi fpaventa il peggio: 15?
E con duro penfier reco vaneggio :
Ne fo fé guerra , o pace a Dio mi cheggio; !

Quel ch'ordinato è già nel fommo feggio.


Ecco.
Cieco non già, ma faretrato il veggo 114 j

Ch* a parte a parte entra'begli occhi leggo


Echi.
LafTo mejch'i' non fo in qua parte pieghi jS 1

Perchè fparger al eie! sì fpeffi preghi ?


Ma s'egli avvien ,ch' ancor non mi fi nieghi
Non gravi al mio Signor, perch'ìo'l ripreghi>
Le fue carte iuiinghe , e giudi preghi 10? i

Secondo lei conven mi regga , e pieghi


Forfè devoti , e gli amorofi preghi ,
i u
Che per marito ior punto fi pieghi
Eg 1 •

Qui fi vii foma egualmente j di fpregi - 1Ì7


Di caflità par ch'ella adorni , e fregi
EGIo .

Edifpregiardi quelch'a molti è'n pregio:iJ9t


Che perder libertade iv' era in pregio
Caro j dolce , alto e faticofo , pregio ,
•>

Fia di quel nodo od'è'l fuo maggior pregìo,ifo


Ma tu , Signor } c'hai di piotate 'I pregio ,
L'er-
. .

DELLE R'IM E. 4;}


L'errante mia contorte, e ria iuo'1. pregio;
Egli.
Dormirà fempre , e non Sa chi !a fvegìi/ 44
Le man l'ave fi 'io avvolte entro e capeglì.
Egli g .

Che fola agli occhiai lei fu lume,e fpegliono


Di riveder cui non v*.der fu '1 meglio .
Bicemi fpeflo il mio fidato fpegìio ,
256*
Non nafeonder più : tu fe pur veglio ,
ri

Obbedir à Natura in tutto è il meglio :


D'un lungo } e grave ionno mi rifveglio :
EGn a .
Cosi laudare, ereverire infegna
5
Od'ogni reverenza , e d'on or degna :

Se non che forfè Apollu fi difdegna


}
Lingua mortai prefuntuofa vegna
Ov' ogni alta virtute alberga , e regna 141
>
Contrame fon giurati Amor s" ingegna»
.

Liccio > che nullo sforzo è che foftegna :

Ella è sì fchiva , ch'abitar non degna

Amor, che nel penfier mio vive, e regna, 11S


Ifili loca , ed ivi pon fua infegna .
1
Quella eh amare , e fofferir ne 'nfegna
j
Di noRro, ardir fra sè ile Ha fi fdegna :

Perch'ai vifo d'Amor portava infegna


, 47
Ch' ogni altra mi parca d'onormen degna:
Vini! '1 mondo, e me fteffa: il lauro fegna
1J0
Trionfo; ond'io fon degna;
Egn 1

Seroi potette perturbati fegni , 51


Torcendo '1 vifo a' preghi onefti, e degni,
Bfcirgiammai, ovfer per altri ingegni ,
Fofle giuda cagione a' voftri fdegni":
Or con sìchiara luce , e con tai fegni 1 j»
. Che ne può far d' eterno albergo degni .

Perla nebbia entro de' fuoi dolci ("degni

Novo
i

Novo
491 ,
TAVOLA"
piacer , che negli umani 'ngegnì a
E par ben ch'i' m' ingegni,
Ohe di lagrime pregni
Pioggia di lagrimar , nebbia di fdegni 14}:
Celanfi i duo miei dolci ufati fegni :
Senz' altro ftudio , e fenza novi ingegni, ijj)
Tu '1 vedi , Amor ; che ch'arte m'infegni: 1
Non lo, s' me ne fcìegnij
1

Che col bel vifo , e co' foavi fdegni iqf.


O leggiadre arti, e lor' effetti degni ;
Eono.
Seco mi.tira si , eh' io non foftegno
Ogni delira imprefa , ed og.ù fdegno
Orgoglio.ed ira il bel palio, ond'io vegno, A
No!lra lì mira , la qual piombo , o legno 1S
Per lei fofpira l' alma , ed ella è degno
E non s'afpira al gloriofo regno
Ove noiifpira folgore, nè indegno
Chi gli occhi mira d'ogni valor fegno,
Quanto '1 Sol gira , A mor più caro pegno»
E (ale ad una immagine m' attegno , no
Ma miglior maftro, e di più alto ingegno. Ì
S'ancor non fiziadel mio efilio indegno , "I

Quando a gli ardenti rai neve di vegno ; 5!^


Voftro gentile (degno
Fallir forfè non fu di feufa indegno . 35
Fur della fede mia non ìeggier pegno .

Mentre i bei rami non m'ebber'a fdegno, jtH


Fiorir faceva il mio debile ingegno
Fece di dolce sé fpietato legno ;
T rivolfi i penfier tutti ad un fegno ,
Mi rifolpigne al loco ov' io mi fdegno ììj
A quefta-volta e non è forfè indegno ;
:

Scevro da morte con un- picciol legno; 69'


Non pur d'intorno avea,ma dentro al legno. 1

Chiufogran tempo in quello cieco legno ,

Vide
,

DELLE R. I MEn '

45? :

Yidemai d'alto mar nave, riè legno,


Poi temo, che mi veggio 'n fragii legno;

Seion ch'i' ardo come acceio legno , 70


[D'indegno fo cosi di mercè degno; 18
pia talor umiltà fpegne difdegno;
levar' io per mio 'ngegno
[Sulla roflo 1 34

Ned ella a me per tutto il fuo difdegno


,

Pai con quel cor che di sì chiaro ingegi:o>i 75


pevae dir pìetofa , e fenza Cdegno ,
Edio pur vivo, or.de mi doglio, e ("degno: sto-
Rngrs;i fortuna, e *n diiarmaro legno
[Secca è la vena dell' ufato ingegno ;
Hr'al tuo mar venir non degno
rii h-i;
197 :

[Che Ggnoria non bai fuor del tuo regno .

Tanto più, -[-.imito 0.1 men verde legno: 200


J

[teatro ia quai r.o:i va! forza ,nè ingegno.


Miir.on poi in volar penna d'ingegno ; 218
In'òteHendo il mio dolce ritegno:
In adornarlo , ch'i'no^ era degno

Dolce mio caro e pre.- o'o regno


, ,
;

143
tOu'ato di mia vita foftegno?
Eufuo tu far il mio fon no almen degno
Kwlafsu non ^berga ira ni fdegno :
,

Kiovanetto^pos' io nel coilui regno 151 :

d'altro eh' ira , e fdegno


sporgi mano all'affannato ingegno 259
1 cittadina del celefte regno.
kmmi, Sjguor,cr,e'l mio dir giunga al fegno
I mondo , che d' aver lei non fu degno .

[arami, che puoi, dd la fua graziadegno ìfii


ni coronata nel fuperno regno

facciavi porre giù V odio e lo f "degno 107


•>

'smpo fpende , in qualch'atto più degno


fi

) di mano, o d'ingegno,
Mi qua! amor sì licito, osi degno; ij
ffui-oa materia a sì giiifto difdegno ?

Vai
. .

4s<*
Pur d'
TAVOLA
onorato fin ti farà degnò
'

Donna vedrai per fegno ,


BerichVnon ria di quel grade onor degno ij?

Pur d'alzar l'alma a quel celefte regno


Ego.
V fio pregato Amor' , e nel riprego» ijj

Fede da! dritto mio fentier mi piego .

V noi pollo negar , Donna » e noi nego ;

Talor' in parte ov' io per forza il lego.


Peccatrice; i' noi nego, tf*

Vergine ma ti prego ,
;

Egra.
Sparfi fotto quell'elee antiqua» e negra, MS
S' accende intorno ; e 'n villa fi rallegra
Non fa per te di ftar fra gente allegra j
Vedova fcon folata in velia negra .
Egri.
Le perle e le ghirlande,e i panni allegriii!»
,

Or trifti auguri e fogni e penfier negri


, ,

L' ultimo 5 lalFo ,de' miei giorni allegri; ijj


Forfè prefagode'dì trifti , e negri .

QuaTha già i nervi,e i polire i penfier'egri,


1
Venirle "i fin de miei ben* non integri •
Eg ua.
Qualche breve ripofo , e qualche tregua. 6Ì
Or m'abbandona al tempo , e fi dilegua.
Ma pur con ven che l'alta imprefa fegua, 64
Prima eh' i'erovi in ciò pace, nè tregua; 4SI
Che per difdegno il giutto fi dilegua
Tempo era ornai da trovar pace,o tregua «1
Chi ledifaggu.ìglianze noltre adegua:
Che , come nebbia al vento fi dilegua ,
Ed or eonven che coi penfier la fegua •

Quel che 'n quello viaggio fuggajO feguaj MI


E fol quant'ella parla> ho pace>o tregua
Egueì
DELLE RIME, .. y

0 riporto m.o bene e quel chefegue


;
Or pace : t4
A
, or guerra , or tregue ,

I Ei.
Ha pai eh' i' vengo a ragionar con lei ; «g
Se niponder favelle a' detti miei
ngmahon , quinto lodar ti
dei
« avelli quel eh' i' fnl» una vorrei »

t nemico mortai degli


occhi miei .
I0 j
Gira 'I tormento ch'i'
| porto per lei
iti appena vorrei
Vidi un; donn,,
I
e quel Signor
,
con lei , Sa
tra gli uomini regna , e fra gli
«fei
amico P1 u beilo; agli occhi
miei
-auleta volte, e ben vorrei,
fi

^lbelvifotr,fTe„gliocchimiei
5 9o
P'«l) che voientierchiuli gli avrei
Mente a contemplar fola coirei;
altro non vede;
g
W.ungo,
e ciò
che non é lei,
e d 0 lce ragionar
conici- fi-
Kir.cn di parlar mecoi
pender miei '
« era ad apprettarli
agli occhi mi •

b cangiato ogni mia


forma avrei,
o nonpoflo trasformarmi
io J«
niolo nella viftj 0 ggi f ,
a ei .
|prendj.a diletto i dolor
miconfola; che languir
miei: n«
3
re- lei
JioJeil qual vegg'iocó gli occhi
miei Mi
flle, U.^Te.eghaltn Semidei:
?ue che reffe anni
cinquantafei
u om fe non f.f, co
ogni
"fé e
,
| ; Trf°.
T5
eWogniaItra, ec hVfolà;'Vre; .

e T
J fÌ- ?'L'«r "egli
•M.Memael!,,
n
occhi miei?
pur devrei i'
, . ,

4S S T A V Q .1* h
io vorrei
Vedrò mai't di che pur quant'
,

d' oro vider gli occhi miei


la vaìel
Veder penfaro il vito di colei _

colei i!j
Far poteiV io vendetta di _

occhi a me si dolci, e rei,


Celando gli
pender miei
Così gli afflitti, e fianchi ;

La notte allor quand' io poiar


devrei . im
però che con atti acerbi, e
rei_
Uè miei
.

Poria cangiar fol un de' pender


:
;

fpen in
Fia ch'io non l'ami, e chVnon
lei :

J
Del cui vivo, e fenza'l qua! morrei: >i
amor
e rei,
S'Udirli; ch'i miei di fian pochi,

in lei: ,1
Spenda in me tutte ,e l'impiombate
S'ildifli icielo e terra , uomini, edei
,
,

S' il diffj mai ; di quel eh' i'


men vorrei
in colta,;
Crefca in me,quanto il ficr ghiaccio
gli occhi miei
1

S'il diffi ; unqua non veggian


perseguir gli Ebrei
Qual Faraone in
S'il dilli ; coi fofpir , quant'io
mai tei »

Sì dolce allor che vinto nu


rendei :

S'ildifli; io fpiaccia aquella eh


i correi
'

Da me l'alma , adorar : forfè '1 Urei .


Quando più non potei,
Che me perdei)
(iella
'

Uè più perder devrei


Dinne quel the dir dei :
I' beato difi .

Tre volte , e quattro , e iei


$4è con altra iaprei
Viver , e fofterrei» , .

E'1 Ciel tra noi ; venga a mirar


cottei ;

Ch'è fola un So!,non pur agli occhi miei,


migliori e lafcia (far i rei :
Prima i ,

Quella appettata al regjio degli dei


Amor vìen nel bel vilo di coirei ;
Quanto ciafcuoa è men bella di lei
m

n >
,
D tfjfcE RIME. «
4 59
"Ito.ifflff^gli occhi m ld;
S1
&j
Ed.co: Amma, affai ringraziar
Ag iocch. tuoi Javiftadi
de ,
'
colei xSS
" qu.il' anco vorrei

f,V
iri rdi «
,( e ricordar rendei)
Ed fco tardato
più ch'i' noti vorrei
joterromper con ven
. ,„
U
queir anni rei :
fercfte mai veder lei

C n aporc to P enfieì miei


N
N«i tS
potè 3I
-
5
durar / *
dinanzi a lei
-
;
'

|
Wi fcr cor coftui gì'
, inganni miei
.

.
5*
Turchi, Arabi,
,
e Ci Idei,
i

Jm tuttiquei che fperan negli


dei
feotc fian da prezzar,
»
co.iofcerdei
empierei eciv:z
IT l'V Ì

ppnr noYoio.'dan v ggi 0 ,er


Pullara, non già quand* io H
le
vorrei,
|Wo, ie-on q U:)nt0 vergogna vela; tIi
il
*
queI ch '* aiticela-:

^r-ioave a cui governo, e vela

P oi fu dalla gonfiata vela


N ch'inon vorrei piena la
vela,
i Urei vago di voltar
la vela,

£ M ab n Porto I',fà
|<leÙ a C on si
i
nata vela
gmftj quercia,

7<>

JWor, ch'arrazzate .'eh-


[^^T,ube,cf:e'; raffredda'., v'-t,

r
f* «.w monti li-i ri^ne, e còla-
fimo Soie agii orchi urei non «fa'
, .68
v * Nel
4*o t a v qa&A
Nel qual'onefto Amor cWPf rivela
Per accorciar del mio viver la tela;
Che roti pur po ite,o guado,o re.mi>o vela)
, edVr la
Con le farte di fera vela , zìi

il vela:
E'1 del iqual'èjfe nulla nube I

Eie.
Per feguirquc-fto lufinghier crudele 15» !

Tante , e sì gravi , e sì giufte querele ? j


O poco mei , molto aloè con tele *

Ella.
Ciafcuna. delle tre faria men bella ,

Nel quinto giro non abitrebb' ella


1

Che con Giove fia vinta ogni altra tei la. J i

Già fiammeggiava l'amorofa ftella '•}

Rotavairaggi fuoi lucente e bella; I ,

Levata era a filar la vecchierella


Che per li fa usa a lacrimar gli appella jJ

Di cui fi fcrive , eh' eflendo iredd' ella ti


Ogni fpenta facella
Simil giammai uè Sol vide , riè della: uj

Rifpenfela vertù pelata, e bella:


mnijch'i'venga in odio a quella i|
S'il dilli
E l'anima ancella
di vii figeoria :

S'il dlffijcontra me s'arine ogni (Iella ;


più feroce ver me femore , e più bella.
S'il dilli Amar l'aurate fu; quadreria
i.

Miu.inconcrarj, ed effa oaior più fella |


S'il dilli ; chi con fua cieca facella
Ver me fi inoltri in atto
, od in favella.
Sol chiaro s o fua furella;
Nè donna» ne donzellai
Ma terribil procella}
Sol cbiufa in iofea cella
Dal dì che la mammella
Lafciai > fin che fi f ve' la
Mio cor a fpeme nslì' età novella }
^

DELLE RIME. . <<*i


Reggi ancor quella fianca navicella
Peroro, o per drudi , opercaftella:
iVina'lver dunque , e fi rimanga in fella ;
Quando Ciò] ne rappeila,
'i

Quanto mai piovve da benigna ftella ; 175


|Ei perchè ingordo , ed io perchè si bella

Parrà forfè ad alcun che *n lodar quella 179


feti», faggia, leggiadra, onefta , e bella :

A me par' contrario; eterno ch'ella


il

chi noi crede , venga egli a vedella .

P pur' alcol to ; e non odo novella 1S1


Icortema e (peranza mi puntella
, .

fflocque ad alcuna già l' effer si bella :

Torrsalla terra, e'n Ciel farne una ftella ;


Nè degno eri mentr'ella 104
Perchè cofa si bella (114
olgea'l mio core in quella parte, e'n quella ?

pr'è'Ibel ciglio e l'ima e l'alerà ftella


,

l'accorta, onefta, uinìl, dolce favella ?


Ore ion lebeliezz; accolte in ella ,
Klraamia fiamma olerà le belle bella 209 ;

p ritornata ed alia par tua ftella


,

comincio afvegliarmi; e veggio ch'ella


tmpròcorì una vidi d .Ice , e fella .

ornami a mente, anzi v'è dentro, quella 140


Putta accela d.-' raggi di fua ftella >

pine! mio primo occorfo onelta , e bella

s'ndon le cheggio Ina dolce favella .

fè dato a parer tale: ed ancor quella 151


irò piti che mal. bella
,

Kqueitotempeftofo mare ftella; ì.6z


burnente, in che terribile procella
iticcia lieto udendola novella'
,
4j
Pdice ,Roma mia farà ancor bella .

ialpfttata in ciel beata, e bella , n


IDio diletta , obbediente ancella

V 3 Fa
,

Fa
4<ft TAVOLA
fubito fparir ogni altra ftella ; H
Cosi par* or men bella
E% E e .

Torcer da mele mie fatali ftelle . i'

E con molto penderò indi fi fvelle .

Ma poi eh' accende le fue ftelle ,


il ciel ti

Poi, quand'io veggio fiammeggiar le delle»


Miro penfofo le crudeli ftelle
Sbornio fermo defir vien dalle (Ielle .

Prima ch'i' torni a voi, lucenti ftelle» Il

E non vedefs' altri che le ftelle ;


ci
1*1 giorno andrà pien di minute ftelle, ij

Ondel Motor* eterno delle ftelle


Soti l'alti opre sì belle;
Ebeno i cigli; e gli occhi erari due ftelle , ttfj

Dolor formava ardenti voci, e belle;


.Amor', e '1 ver fur meco a dir che quelle iti

Mai non vedutte più lotto le ftelle-


S* udiron mai ; nè lagrime si belle
Tra quantunque leggiadre donne, e belle 1*1
Quel che fa'I di delle minori ftelle .

Amor par eh* all' orecchie mi favelle .


Pe-rir vertuti , e '1 mio regno con elle.
Ad una ad una annoverar le ftelle , jO*

In quante parti il fior dell'altre belle


Che colpa è delle delle, J?

© delle cofe belle ?


Nè per fereno ciel' ir vaghe (Ielle ; i»
Nè per bei bofehi allegre fere , e fnelle;
Nè d' afpettato ben frefche novelle i
Dolce cantare onefte donne , e belle ;
I! dì che coftei nacque , erari le ftelle , »J&
Tenean le parti ignoriti, e belle;
E le luci empie , e felle
Eni .

Tolta m* è poi di que' biondi capelli > s»


. . .

DELLE RIME. 463


'

E'i volger diduo lumi onefti , e belli


ricantar novo , e'1 pianger degli augelli 16$
Gin per lucidi frefchi rivi , e fnelli
Qjella c'ha neve il voltooro i capelli ;
,

Pettinando al fuo vecchio j bianchi velli

Che mai fplendefl'e; e dai più bei capelli , 24J


Chefacean l'oro, e '1 Sol parer men belli ;
Senza moverli avrian quai più rebelli

Fur d'Amor mai;da'più bei piedi fnelli»


Ello.
za fior prato» o fenza gemma anello . 14%
Ciel,che del mio pianto or fi fa beilo,
e ce voi , che Ce fa re > o Marcello > Si
bude giammai, nè per martello?
lungo andar^na'I noftro Audio è quello
Elo
mi governa il velo , S
jxm.per mia morte ed al caldo,ed al gielo»
L'opra fu ben di quelle che nel cielo 6f
Dve le membra fanno all'alma velo .

Cfcefiiditcefo a provar caldo, e gielo;


Quello rimedio provvedere il cielo • 6t
Torto mi face il velo ,
E faccia forza al cielo, 10O
jAiciugandofi gli occhi col bel velo •
,/mor,che' 11cer.de '1 cor d* ardente zelo, 14O
ttafperanza,o'l timor, la fiamma,o'l gielo.
Tremi al più caldo,ardo al più ireddocielo>
Celi ua'uom vivo,o lott' un picciol velo.

D. dì in dì vo cangiando il vile, e '1 pelo: 146

M'artYtr che nè Sol cura , né gielo .

Senz'acqua il mare , e fenza (Ielle il cielo


l'alta piaga amorofa che mal celo.
1
Cefett anni ha.già rivolto il cielo 9S
Moto nel mezzo delle fiamme un gelo .
ffWoè'l proverbibjch'Aitri cangia il pelo
V 4 Ciò
, .

AH
Ciò ne fa
TAVOLA
P ombra ria del grave velo.
E fiammeggiar fra la rugiada'! gielo j itsj

Qual' io gli vidi all'ombra d'un bel velo :


E ficcome di lor bellezze il cielo
Né fù , che fpazio mi fi defle il Cielo 190
Antiveder per lo corporeo velo ;
Jvla variarli il pelo
Che'n fin quaggiù m'ardea dal terzo ciclo;n»
Ma della pianta più gradita in cielo
Un Lauro mi diffèfe allor dal cielo :

Seguendo ove cbiamarm' udia dal cielo ,


1

Se rivolgendo poi molt'anni il cielo


Mòftramrai altro fentier di gir al cielo , iw
Che folea far del Cielo,
Difciolta di quel velo,
Che già il contrario era ordinato inCieIo,ijJ
Wa'nnanzi a gli occhi m'era paltò un velo> ;
l

Che la vera è lotterra anzi è nel cielo ; tòt


;

A gli occhi nò : eh' un dolorofo velo


E me fa sì per tempo cangiar pelo .
3
Ella'J fe ne portò fotte rra , e n Cielo ; in
Così difciolto dal mortai mio velo ,
Poco aveva a indugiarle gli ani,e'I pelo»»
Ee mie lunghe fatiche, ch'or dal Cielo
E Jaggiufoè rimafo , il mio bel velo . H|
Poco mancò eh' io non rimafi in Ciclo. .

In fua prefenza del mortai mio velo , i}5


A veder preparar fua fedia in Cielo :

Or T andrò dietro ornai con altro pelo


E vivrà fempre fu nell'alto Cielo; 114
% vo foP in penfar cangiando *J pelo ,
Qual* a vedere il fuo leggiadro velo .
% T altre doti a me date dal Cielo ? 152
Che vo cangiando 'I pelo ,
Pofi in quell'alma piata ;e'n foco,e Tn gieloifl
Allor che Dio per adornarne il Cielo »
La-
. . ,

DELLE RIME. 4«*


lafciafli in terra , e quel foave velo
Ecortefia ; e'I Sol cadde del cielo :

Volo con l'ali de' penfieri al Cielo 25*


Lafciando in terra lo fquarciato velo.
Talor mi trema cor d' un dolce gelo
'1

'1 pelo
Pere' hai co fiumi variati , e

D:;Uj iogo anrico , e da fqtiarciar_ il velo 23


Iclie '1 nobile ingegno che dal cielo
Ma non me! tolfe la paura , o'I gielo 92 :

ella, che rimoflo avea già il velo


aabagnarun leggiadrerto velo, 44 _

a!,che mi fece or quand'egli arde il cielo,


tto tremar d'un'amorofo gielo
Else .

Al cader d'una pianta , che ììfvelfe, 11 j


Spargendo a terra le fue fpoglie eccelfe
Vidi un'altra , ch'Amor'obbietto fcelfe ,

Che'l cor m'avvinte, e proprio albergo felfe >

Elva.
torna a cala, e qual s'annida in felva 14
Qiial

Svegliando gli animali in ogni felva »


Cbemi fa in vifta un'uom nudato in felva.
Non credo che pafcefte mai per felva
0 tomi giù nell' amorofa felva
inori fi trasformarle in verde felva ij
Ma io farà fotterra in fecca felva ;

E M A.
Urlando ogni fu a f 'refa;e piagnee tremai 18
Se non ftar feco in fin' all'ora eftrema ?
Em b o
Una pioggia di fior fovra '1 fuo grembo > 101
Coverta già dell' amorofo nembo :

Qual fior cadea fui lembo ,

Purpurea vefta d* un ceruleo lembo 141


Fama nell'odorato, e ricco grembo

V 5 EMJf-A.
. ,

4?6 TAVOLA
Embra,
Un dubbio , come poffbn quelle membra io
Ma rifpondemi Amor:Non ti rimembra>
Ove le belle membra
( Con fofpir mi rimembra) mo
Che ricopria le pargolette membra ibi
Sembrar mi fa ; si forte mi rimembra
Spirto dogliofo errante mi rimembra ,
, ifj
E ritornai nelle terrene membra.
Ti tremai mondo quando fi rimembra
,
E i faffi dove far c-hiufe le membra :
4f!

EM E .

Ma chi pensò veder mai tutti infeme 7:


E fe non eh' al delio crefee la fpeme
E nel voftro partir tornano infeme ;

: 60
Di là non vanno dalle parti ed reme :

Nafce di me da voi vien prima il feme


; :

Onde, come colui


Ma freddo foco
cbe'l colpo teme
e paventofa fpeme
m
,
Quali un fior fiede'ovverquad'ella preme iìj
Vederla ir fola coi penfier fuoi 'nfieme
Date. udienza infieme 10»
Alle dolenti mie parole eflreme .
Dicea ridendo) efofpirando infieme; 17!
Onde 'I cor laflo ancor s'allegra- e teme
Al cor mi nacque la tenace fpeme
15J
Onde 1* annoda , e preme
Che mai noi penfo ch'i'non arda,e treme; 217
Si tella, ch'oro , e nev e pareainfeme :

Ma le parti fu preme
Di Jor' obbietto ragionar infieme; su
Forfè or parla di noi, o fpera, o teme
Poi che ultimo giorno, e l'ore eftremé
1'

Altra di non é rimafo fpeme-


lei
Morend'io, non moria mia vita infieme; 23
Ha Morte ; e poca terra il mio ben preme ; j
. .

DELLE RIME. 467"


E vivo, e mai noi penfo chVnoti freme.
Lieto nel foco , enei duol pìen di fpeme: 257

Poi che Madonna j e'1 mio cor feco in freme


Di tanto error ; che di virente il feme
Haquafi fpento e le mie p;irti eltreme
:

S'atinidan sì, ctie fempre il miglior geme: 10S


Ed è quello del feme,
I perverti dell' amorofa fpeme 30
Sìreclrem poi per maraviglia infieme
La viltà mia , cui maggior luce preme, gj
Ck quella , e me d'.un feme ,
Emme.
ormora rido a ferir nel volto viemme ; 147
mmi rifovvenir nuand' Amor diemme
fdegno, o gelofia celato tiemme ;
lechiome or'avvolte in perle,e\j gemme»
Emo.
Di foverchia dolcezza ; com'io temo 65
Neper mio ins,egno(ond'io pavento,e tremo)
Trovo'l gran foco delia mente feemo :

Quarto più m'avvicino algiorno diremo, 29


E'I mio di lui fperar fallace , e feemo .

l'dico a' miei penfier,Non molto andremo


Si va Aruggendo: onde noi pace avremo:
altrui efépije del mio flato tremo; 18S
Per gli

Ch'acri mi fprona,e fon forfeall'eltremo.


5
Migiunfealcor , e giugnerà l'eflremo: 219
Piircom' or folle , ripenfando tremo -
DW bel diamante quadrone mai non feemo
Madelmifero flato ove noi femo 7
Dnfol conforto , e della morte -,avemo :
Uqual'm forza altrui, preffo all'eltremo
Em ? 1
a piangendo i miei pa (Tati tempi * 258
dar forfè di me non baffi efempi
iì, che vedi i mìei mali indegni ed empi»
V ó E'1
, .

E
4««
'J
TAVOLA
fuo difetto di tua grazia adempì
Empiè.
Tutto'1 cor di dolcezza-e d'amor l'empie;^
E per fàr.mie dolcezze amare, ed empie,
j
Dei fiorir quelle innanzi tempo tempie •

Se bianche non fon prima ambe le tempie, 71*


Talor%ov'Amor l'arco tira ed empie ,

Kon temo già, che' più mi ftrazi,o fc empie»


Con fue faette velenofe , ed empie .
Empio.
Di ch'io fon fatto a molta gente efempio : in
Benché-'l mio duro fcempio
Vergine fola al mondo fenza efempio ; 161

AI vero Dio facrato, e vivo tempia


Empo .

Per lunga efperienzia ornai , che'I tempo ?}


Vattene, trifìa; che non va per tempo
Così gli occhi mìei piangeri d'ogni tempo;! 15
Per belliffìmo amor queft'al fuo tempo : 151
Ella più tardi ,ovver'io più per tempo ? 'jj

A vefpro tal 5 qual'era ogsi per tempo : 13I


Pur quel nodo mi moftra,e'l loco,e'l tempo,
Quefta fperanza mi ioftenne un tempo 31 :

Or vien mancando,e troppo in lei m'attempa


Però c' ho fofpirato sì gran tempo ; ji

Che mai non incomincio affai per tempo I

L'aura amorofa , che rinnova il tempo; ir>


Come a rne fi inoltrar quei primo tempo;
Che non cangiaffer qualitate a
tempo.
Però più fermo ognor di tempo in tempo.
J
Quant'è creato, vince, e cangiali tempo: 1

Ora la vita breve, e'1 loco e'1 tempo «fl


,

Dicean' O lumi amici, che gran tempo iu


;

Il Ciel n afpetta a voi parrà per tempo 1


, :

A faticofa imprefa affai per tempo


Spero per lei graa tempo
Empre .
DEL LE RIME. 4S9-
Empie,
E fiumi, e fel.ve fappian di che tempre 30
Cercarnon fo, ch'Amor non venga Tempre
Un che Madonna Tempre 98
Per me non baftoje par ch'io me ne (Tempre:
Gbem'ha sforzato a Tofpirar rhai fe-mprej $3
Ecol defio le mie rime contempre:
Ma non in guifa > che lo cor fi Iteinpre
L'onde,che gli occhi trifti verTan tempre? 48
Vuol che tra duo contrari mi diitempre :
E tende lacci in sì diverfe tempre ,
Che volendo parlar , cantava Tempre 16
Kè mai in si dolci , o 'n si Toavi tempre 17
Chi noi Tadi eh' io vivo , e viflì Tempre 15S
Chi può Ta ver tutte 1' umane tempre ?
Se lacrimar, e Toipirar mai f.-mprc ; 16J
So:; le cagion,ch'amando i'mi diftempre,

Giunti in un corpo con mirabil tempre . 179


Ma Te più tarda, avrà da pianger Tempre.
Ma io che debbo altro che piager Tempre 150
Pcrjion provar dell'amorofe tempre .

Ed ella; A che pur piangi, e ti diftem :re?


Con voce allordi sì mirabil tempre 92
Che temer , e fperar mi farà Tempre :

E n a •

Rapido fiume ; che d'atpelrra vena 15*


Ov' Amor me , .te fol Natura mena ;

Vattene innanzi : iltuocorfo non frena


L'erba più verde e l'aria più ferena
? .

E'1 volto, che lei fegue, ov'clla il mena , 108

Si turba , e rafTerena ,

Mifero amante! a che vaghezza il mena ? 73


Oraveggendo come'l duol m'affrena
,

Non è per morte , ma per più mia pena :

Come fanciul, ch'appena 98


Cosi '1 delìr mi mena
Onde
,

470
Onde tolfe
TAVOLA
Amor l'oro , e di qual vena I5|
Tenere, e frefche; e diè ior polfo, e lena?
Onde le perle in ch'ei frange, ed affren-a
Di quella fronte più che'l ciel ferena?
Tacerem quella fonte; ch'ogni or piena j ny
Ma con più larga vena
L'anima aldipartir pretta raffrena .
Quefta loia fra noi del ciel fureria
Amor mi lprona in un tempo , ed affrena, 1$
Or mi tene in fperanza , ed or' in pena .

Or' alto x or baffo ilmio cor Iaffo mena;


D'error si novo la mia mente à piena .
E le fere , e gli augelli il fon no affiena » iji
Notte'l carro ftellato in giro mena,
.Sempre m'è innanzi per mia dolce pena ii

Guerra è'1 mio flato; d'ira , e di duol piena; >

Quella che con tua forza al fin mi mena! ijjj


La colpa è voflra;e mio'I danno, e la pena- ,

Sì profond'era , e di si larga vena iSi


Ch' i* v' aggiungeva col penfier'appena .
Pietà mi manda ; e '1 tempo rafferena ;

Che mi feufi appo voi , dolce mia pena > 1 7J


Amaro miodilecto fecon piena ,

Che ragion. ch'ogni buon'alma affrena»


la
Nonfiadal voler vinta ; ond ei mi mena
Valle, chede'Lraenti miei fe "iena ; UJ
Che l'una e l' altra verde riva affrena ;
Aria de' miei folpir calda, eferena;
Ov' ancor per uianza Amor mi mena;
Poi che la vifta angelica ferena 101
Cerco parlando d'allentar mia pena .
Giufto duol certo a lamentar mi mena :
Contrai fiftidj onde la vita è piena .
Zefiro torna, e 1 bel tempo rimena > iij
E garrir Progne ; e pianger Filomena ;
Bidono i prati > e '1 ciel fi rafferena ì
L' aria
.,

!
DELLE RIME. 4-71
L'aria,el acqua,e la terra è d'amor piena:
Cfie'l Re fofferfe con più grave pena > 148
li or novellamente in ogni vena
? non turbò la Tua fronte ferena
Vergine fanta , d'ogni grazia piena; 261
Edigiuftizia il Sol , che rafierena
Venti contrarj alla vita ferena :
tof
E quel che 'n altrui pena
Condotte dalla vita altra ferena*
7
Cle vendetta è di lui eh' a ciò ne mena;
SUman legato con maggior catena
Sai Valentinian , eh' a ììmil pena 169
Ira è breve furor' ; echi noi frena.

Che sran temenza gran delire affrena : 112


Talor fu a doice villa rafi'erena.
E
N B E .

Vifia, ch'incontr'al Sol pur fi difende : il


Altri ,
però che'l gran luir.e gli offende >
nel foco, perchè fplende ;
Gioir forfè
virtù, quella che'ncende •
Provan l'altra
Poi che voftro vedere in me rifplende
,
, 77
E fo ch'altri che voi ne'fun m' intende
, .

Altri che voi, fo ben,che non m'intende-


58
Forfè eh' allor mia indegnirate offende
,
Non tempra fle l'arfura, che m'incende
|
;

,
Della mia vita; ove'l piacer s'accende 62
[Ogni altro lume dove '1 voftro fplende,
Quando tanta dolcezza in lui diteende ,
Per dar luogo alia notte ; ondedifeende
41
L'avaro zappador P arme riprende ;
Rompete il ghiaccio che pietà contende; 125
E, fe prego mortale al ciel s' intende
[Di quel lo ove'l bel guardo non s'eftende .*

Bepurfuaafprezza, o mia ftella n'offende,


[QuelSolchefoIoa gli occhi miei rifpléde,i 6
[E così di Igucaa m'alluma ; c'ncende
;

Ad-
,

A-^i
Anzi
TAVOLA
è falitoal Cielo j ed ivi fplenda : Mi
Ivi 'I vedremo ancora ivi o' attende , ;

Suonano in parte ov' è chi meglio incende


Piè miei voftra ragion là non fi'ftende
j

Ch'or per lodi anzi a Dio preghi mi rende 141


Che Hi le ultra l'ingegno non li ftende ;

Tanto fi vede men quanto più fplende J , .

Forfè ch'ogni ui>m,che,legge,non s'incede:!]"


Non fia zoppa
:ggc^ ov'altri attende.
la 1

Ogni foccorfo di tua rrfan s'attende : 4S

Che'l maggior padre ad altr'opera intende- •

Canzon'ch'agli occhi miei cela, e concede li


Più m' invaghilce dove più rn' incende :
j
Che non pur foito bende
E ndi • .

Rodendo intorno,onde'i tuo nome prendi;! j{


Notte e , meco defiofo fcendi
di
Nè ftanchezza , nè fonno e pria che rendi :

Suo dritto al mar; tifo, ù fi moftri, attendi


|
Che pur' agogni ? onde foccorfo attendi ? iHij
Mi fera, > non intendi
Prendi partito accortamente) prendi;

Mia vita 3 che morir poria ridendo UJ


Del gran piacer, ch'io prendo;
Forfè j ficcome 'l Nil d 1 atto caggendo 40
Nello sfrenato obbietto vien perdendo ;
Vedendo arder' i lumi,ond'io m'accendo; 14!
l' noi pollo ridir ; che noi comprendo ;
La lontananza del mio cor piangendo ; lOf
Ma quinci dalla morte indugio prendo .
Starò: eh' egli è difnor morir fuggendo. iSf,
E me fleffo riprendo
Elfendo fpen:a;orche fea duniue ardendo?!}?
Ond'ho già molto amaro, e più n'attendo;
Se ben me fletto e mia vaghezza intendo I
1
:

Or
DELLE RIME.'
Or, come vedi , vodi te piangendo ] ioJ
m
Che quando torni , ti conolco , c '.stendo
Irdrittoalto m'infegna;ed io,che'ntendo 107
dolcezza 1 che
Per la fuo dir prendo ;

Non mio voler, ma mia ftella i'eguendo : 13*


Di memoria , e di fpeme il cor pafeendo :

Orlano , alzo la mano ; e I' arme rendo


Otempo , ociel 1 che fuggendo »4l
voi ubi 1

Or'abefperto voftre frodi intendo:


Ma feufo voi , e me Hello riprendo :

U tenni onde vergogna, e dolor prendo


;
.

Nobile Donna , tua tentenza attendo . *5J


Ella allor Corridoi] do ;
Temiemi Amor' anni ventuno ardendo 257
Salirò al Cieì, dieci altri anni piangendo.

Ornai fon fianco , e mia vita riprendo


;
Alto Dio, a te divoramente rendo
Rendi vaghezza giovenile ardendo } 91
Siccom' ora io comprendo,
Talor di sè ; ma '1 vifo nafeondendo :

Ed io, lafio» credendo


E N E .

Che di voftro fallir morte foffene . 72


Così fempre facciamo e ne conve:ie
;

Là ci: dc ancor,come in fuo albergo, vene .

oi aprimmo la via per quella fpene


gli

prefervato m' hanno a tanto bene ; 61


lei di' a tanta ipene
fuo leggio maggior nel mio cor tene; 118
alor' armato nella fronte vene:
voi '1 gran della , l' accefa fpene
che
|

;ion vergogna , e reverenza alitene ;


,

Io, noi lo ma sì conofeo io bene »


! 4!
ir m' adduffe in sì giojola fpene :

,ordi quel eh'- io ho lettoci fevvene :

Uom
,». ..

474 TAVOLA
Uom beato chiamar non fi". coti vene .
Che'n villa umana^ii fórma d'angel venejujl
In rifo 5 e'n pianto, fra paura, e f >e ne
Ma pur, come fuol far, era due mi tene ; ]
Voi pofledete , ed io piando '1 mio bene . 16I
Sì è debile il filo, a cui s' ateene
31
Che dal dolce mk> bene
Feci, fol' una fpene
Efca del toco , e di sì lunghe pene ? gj
Piaccia a quell'occhi, e quanto fi con vene? 1
M'ha dilungato dal maggior mio bene ìot ,

Amor c.o[ rimembrar fol mi mantene I :

Simile al fuo Fattor fiato ritene : ii


Dopo quantunque offefe a mercè vene :

E- centra fuo ftile ella fofrene


le
Che per noftra falute unqua non velie ; iti'
Ortifolleva a più beata fpene,
Quello mi avanza di cotanta fpene 194
;
E quefto iole- ancor qui mi mantene
Come donna in fuo albergo, altera vene, 108
L alma , che tanta luce non foftene
Quefto noftro caduco , e fragil bene : 140
Tutto in un corpo; e ciò fu per mie pene.
Che Natura non voi , nè lì convene
Perdonimi quaP è bella , o fi tene ,

Fuggir com"ombra; e non vider più bene 114 \

Ch'un batter d'occhio,e poche ore ferene,


Del tutto è cieco chi'n te pon fua fpene :

Che'n te mi fu'! cor tolto ; ed or fel tene


Perchè fr geine altera ir ti convene ;
i
lol
E le voglie fon piene
Perchè inchinar a Dio moltoconvene 14
Che gli anni tuoi riferva a tanto bene
Putta sfacciata ; e dov'hai oo!ri fr»ene ? 117
Ma tolga'! mondo trillo , chc'I fuftene

£mi •
. . .

DELLE RIME. 47?


Eni.
è chi 'ndie,tro volga, o chi 73
l'affreni .
Non
Bidopolaffa ifuoidìpiù fereni
Dolor , perchè mi meni t
59
Occhi fopra '1 mortai corfo fereni ;
Emo.
Così lo fpirto d' or' iti or vieti meno 141
Es'aMorre pietà non ftringe il freno»
Che gentil pianta in arido terreno S1

L'efer altrove provvedete almeno


;

Avvetirurofo più d' altro terreno , 86


I-Che fanno intorno a se l'aere fereno :
Prima poria per tempo venir meno
Delqual'ho la memoria,e'l cor sì pieno :

Trovo un dolce fereno, 99


Creio che nel terreno
Con l'angelico feno ; 10©
Aer facro fereno >
I Dir può ben per voijnon forfè appieno, 125
fi

Siccome '1
fuo paci ileo , e fereno
E ria fortuna può ben venir meno ;
[lefe-tiadentr'al cor già venir meno 3»
I Centra la morte ogni animai terreno ;
v
[Larga'idefio, ch'i'teng or molto a freno;
Ed io contra fua voglia altronde *i meno
Mirando '1 Sol de' begli occhi fereno , UJ
[Per gir nel Parad ifo fuo terreno :

IPoitrovandoI di dolce ,e d'amar pieno >


I C'hasì caldi gli fpron ,
sì duro 'ì freno .

D'invidia multa ir pieno; 35


l'i bel guardo fereno ;
Clie mi fanno anzi tempo venir meno ;

Alle lagrime trifte allargai


'1 freno , iS
io fentì me tutto venir meno
Corri'

Mafosi;com'u6 ch':!rde,e'l foco ha'n fenoli


Che 'ìduol pur créfee , e ls> ragion vìen
meno
Pur
476
Per non
TAVOLA
turbar' il bel vifo fere no :

Non polio più; di man m'hai


tolto il freno;
Ma quell'altro voler, di eh' fon pieno, id
i*
Soavemente al fuo caldo feretio,
Mi ritien con un freno
E da quel fuo bel carcere terreno 231
Di tal foco ha '1 cor pieno;
Ed un di lauro trae del fuo bel feno;
24»
E diceDal fereno
,

O felice quel dì, che del terreno 14;


Vo'ando. tanto fu nel bel fereno,
Voi cui Fortuita ha porto in mano ii freno io!
Perché 'I verde terreno
EN NA .

Moftrato m'ha per la fàmofa Ardenna 137


Amor,ch'a'fuoi le piante,e i cori impenna, i
Dove armato fier Marte, e non accenna ;
Quarl fenza governo , e fenz' antenna
Canzone, i' fento già fiancar la pinna 65
Che piagava'! mio core, ancor l'accenna; 113
Consacrerò con quefta fianca penna .
Enne.
Della miaDonaal miodeltr'occhio venne 170
E pur ; com'j ute! letto avefle , e penne ;
E natura , e pietate il corfo tenne .

Tinto di dolce invidia; All'ai ottenne f151


Perche non la vid 'io J perchè non venne
Troppo alta menteje che di ciò m'avvenne:i5
SiaScritto altrove si, che mille cernie
IVI ife l'aurate e le purpuree penne;
, 225
Che lotto le fuealiil mio cor tenne ;
Ov'è "J bel vifo ; onde quel lume venne
Che vivo, e lieto ardendo mi mantenne ?
Lo mio cor;che vivendo in pianto'l tenne tSj
Eper laperlo, pur quel che n'avvenne,

Enno .
. -

DELLE RIME. 477


Enno.
OVèla fronte, che con plcciol cenno 214
Ch'ai corfa del mio viver lume denno?
Ov'è il valor , la con fcenza 5 e'1 fenno »
Che gran tempo di me lor voglia fenno ?
ENSE .

Se ma foco per foco non il f^enfe ,


ì 40
Eipeflo F un contrario l' altro accenfe ;
Amor, tu ch'i penfier noftri dif-enfe ,
Men per molto voler le voglie intenfe ?
Sicché foco di Giov e in parte fpenle
" 1 rg :

Ma lui ben fiamma eh 'un rxl guardo accenfe


;
Ensi-
(Però, laffo, convieni! 6©
E 'ntern mpendo quelli fpirri accenti ,
A me ritorni , e di me fteffò peni!
Vedi e iegai, e pr.rl;, e fcrivi,e penfi; 151
di s

Ofchi miei vaghi, e cu fra di altri fenfi


!

Efer giunti al cammio,che si mal tienfi;


Per non trovarvi i duo bei lumi accenti ,
Ferini eran gli occhi deiìolì, e 'ntenfi 1S4. :

Quand'Ami. r per fé, qua fi adir ,Che penfi ?


Onde a ben far per vivo d'empio vienfi
;
AUernon volte gli occupati fenfi :

Foiche'n prima ar(l,e gk.riiai non niifpenfi:9<S


Mj quando avveri ch'ai mio iìato ripetili,
Anzi che vezzo : e per lentar i fenfi ,
!

Glium.mt affetti non fon meno intenfi .'

Quanta a Dio fol per debito convieni! , 190


Là ragione fviara dietro ai fenfi]
Mi Derchè l'oda» e penfi
fedir lice, e convienfi; 163
Vergine d' alci l'enfi ,

E nso .

Tirar mi fuol'uti defiderio intenfo : 1C9


K dolorosi nebbia i! cor condenfo,

Allor
- ,

*?S
Allor eh*
TAVOLA
i' miro, e pento.
E MTA
S'infiamma d'oneftate, e tal diventa ; i;tj

Baffo defir non è eh' ivi fi fenta


Fu per fomma beltà vii voglia fpenta? I
Da gir torto ove fpera effer contenta : H
Alla Tua lunga, e mia morte confenta
Sì ricca donna deve effer contenta ijj
S'altri vive del. fuo , eh' ella noi fenta .

Peròs'oltra fuo (file ella s'avventa ; 171


Ch'ogni afpra^ia per Tua falute tenta :

C'ha in sé Madonna:or fa'lmen ch'ella'! fecri


E' duv.quc ver ch'innanzi tempo fpenta iIh
Sia l'alm luce che fuol far contenta
i

Per altri mem* » o per lei ftefl'a i! fenta ? 'I

Or già Dio , e Natura noi confenta ;


Pregando umilemente che confenta ijS
E per tardar ancor vent' anni , o trenta , A

Non veggio di vertù, ch'ai mondo, è fpenta;^]


Italia ; chefuoi guai non par che fenta '

Vecchia, oziofa , e lenta


Ente.
Favola gran tempo onde fovente
fui :
;

E'I pentirfi , e'icono'cer chiaramente} "i

Mi rivedrai fovr'un rufeei corrente , no


Ove l'aura Ci (ente
Perchè non più fovenfe to
E perchè mi fpogliate immautenente
De! ben , ch'ad ora ad or l'anima fente ? i

E io ch'i' ne morrò veracemente;


5 ni]
Ma si m' abbaglia A mor foavemente ,
"

E cieca al fuo morir l'alma confente .

Sederfi 'n pirte , e cantar dolcemente ; i6<


Che conducete sì leggiadra gente !

Potrefti arditamente ioi


Ufcir del boico , e gir infra la gente .

Neil'
. , .

DELLE RIME. ,479


Nell'eirremo Occidente ji3
L'altro puofiì veder fecuramente . 114
Ma io incauto dolente
quella fera > angelica) innocente.
Di'

E'mbmnir lecontrade d'Oriente; 41


Move ia fchiera fua foavemente : 41
Pei lontan dalla gente
Io canterei d'Amor si novamente> 111
Raccenderei nella gelata mente:
E'1 bei vifo vedrei ca ;giar fovente ,

Edelfuo e rror, quando non vai) fi pente;


Che fa d inerte rim embrar lage.itej
i 52
Pietà vi molTe : onde benignamente
v'odo parlar sì dolcemente»
Quind' io ila
Taliche'ntiammardevria l'anime fr-ente.
Trovo la bella Donna allor prefente >
Madifoinii mi fa deftar fovente
Rara vertù . non già d'umana gente : 159
Sotto canuta mente ;
biondi capei
E'I che nell' anima fi lente :
cantar
vago fnirto ardente
L'andar celeile; e'1
«
Che ne fé inneggiarci lungamente aj
Sìvedrcm chiaro poi , come fovente
tequsli ella fpargea si dolcemente 147
Che rinenfando ancor trema la mente :

Iflrinfe 'I cor d'un laccio si pofiènte


Ehi .perchè '1
peccar più fi pavente : 1S
Cile non ben pente fi ri
Quii paura ho quando mi torna a mente 1 1S0
Chesìvolentier penfi , e si fovente
i'ia riveggio ila r fi umi temente

Come chi teme ed altro mal non fente


,

li, dove più gradir fua villa lente . 195


Che fona nel mio cor si dolcemente .
Ma tornandomi a,meùce
Gii occhi, d; ch'io parlai s; caldamente 210 ;

£fat-
r

E
4.S0 TAVOLA
fatto (iugular dall'altra gente; I

Le crefpe chiome d'or puro lucente»


Poca polvere fon , che nulla Teme:
E mie fperanze acerbamente ha f pente:
Seguir non pofTo; eh' eì la noi coniente :
Ma nur' ognor prefenre
Scritto e fuor tra lincea sì chiaramente} ttjj
Chi mi tèa lieto , e fofpirar fovente .

Di tuor iiccome dentro ancor fi fente


.
in ;

La qual'era pofTente
Di ferenar la temneftofa mente,
Ma'l cieco Amor' e la mia lorda mente tà ,

Volle 'I mio corfoie 'empia voglia ardente { l

Solean-o miei penfier foavemente


i : :

Pietà s'apsr-lfi , e del tardar ii nenre :


Spogliar di lei quefta vita prefente;
N'olirò irato dal Ci vede, ode , e fenteiM 1

Che ne conobbe, a Dio, ed alla gente : la


Di ciò ihu->erbo fi lamenta , e pente
L' odori fero , e lucido Oriente , ìjj
Frutti, fiori, erbe, frondi. onde'! Ponente '

Ogni bellezza , ogni virente ardente


Vedeva, alla Ina ombra onellamente
Spirto felice ,. che sì dolcemente : ;

Vive , ch'ancor mi fonan nella mente;


Già ti vid' io d' onefto foco ardente
Di quella ch'or m'è più che mai prefente; j
Ove nudrir<< fui ìì do'cemente? 101I

Che copre l'uno e l'altro mio parente?


, j
Per Dio, quefto la mente
S-cio non lo il andrei 11 >n altramente
, ijl
Ch;: ficea marmo diventarla sente.
Osni altr* aita e'Ifu-gir vai niente
:

Del popolo infelice l'Oriente 14


Che djfefe Leon con ooca gente
ii
$
Le ginocchia, e la mente.
Voi
DELLE RTME. 4j t
Voi fantine i e cercato aver
,
la mente , 7»
Seguite i pochi , e non la velgar
gente
iWollrando altrui la via dove fovcnte"
,

It
Enti.
gonmiirandoa F^lìì cardi , e lenti -,
,
Egli occhi porto per fuggir
intenti.
BriDumteiio» accorger delie aenti
ì
Krcaè negli atti ci' allegrezza fpenti
Bdicei ir.-. imo cor , Perché paventi ?
tM.'/agl'jOv'io mi ftruggo.eran prefenti.
U
PjDSUu ìod.2 begh occhi
'lucenti,
Kxnprcba intorno da rabbiofì
ferrate incontra agii amoroll
venti, »
venti
;ks fopraggmcta dal furor de' venti
<4
da gelati , eda'foavi venti:
fetrae del mio si dolorofi venti»
odebb'io perdonare a tutt* i venti
UBontuggJo giammai sabbia :isc
venti,
fanea forza di venti
g.
gl'i' Ingegno d'amor
, r.li occhi locenti

Bacio voler,che con duo


1
fproni ardéti/ii
thrin parte i miei fpirti cernenti
:
few chi le paure e gii ardimenti
,

«orar ne turbati occhi mingenti


:
Tilagnmofa pioggia, e fieri venti
I?t
[altrui noje , a ie
doglie , e tormenti
Rgioa mio navigar turbati i
venti zoo .
illumi bei che mi
nr foglio, fpenti
uaitipeneri, e mici fofpiri ardenti,
i
li*
, onde con gravi accenti
fcioradici
tololar le ime netti dolenti
2CS
Mi occhi tuoi, che Morte non fa a fpenti
allegrar di tua vift a conienti :
hmcomincio a ritrovar prefenti
tema] li vìde;e i più begli occhi
fpenti;t06
Irto pillarcelo di vintiti ardenti
*"»t Veruna
, X Pt>-,
«li T A V O L A
Pollo hai filenzioa'put ioavi accenti _

Che mai s' udirò ; e me pieii di lamenti :

Talor fi pafce degli altrui tormenti _


1
Tu,che dentro mi vedi,e'l mio mal lenti.
Con la ma ombra acqueta i miei lamenti.
Delle beate vergini prudenti; -

O faldo Tendo dell' afflitte genti X


Edito.
Se la mia vita dall' afpro tormento
Donna, de'be'voftr'occhi il lume fpento:
£i cape' d'oro fin farfi d'argento,
A lamentar mi fa paurofo , e lento :
I' mi vivea di mia forte contento
Mille piacer non vaglion' un tormento
Or que'begli occhi ond'io mai non mi pento
Che'l Sol della mia vita ha quafi fpento . }
( Così ci fofs' io intero , e voi contento )
I

Venni fuggendo la tempefta , e'1 vento


Non , come fogliosi folgorar pavento ;
E perchè mitigato , non che fpento
S'Amor non £;che dunq;è quel ch'i lento?!
Seria; ond'èsì dolce ogni tormento?
S' a mia voglia ardo;ond'èì piato.e'l lame!
Come puoi tanto in me,s'io noi confento?
Allor pie» di fpa vento,
Jl divin portamento ,
Così più volte ha'l cor raccefo , e fpento: 1

Facean piangendo un più dolce concento


Ed era'l cielo all' armonia sì 'ntento
Tanta dolcezza avea pien i'aere,e'i vento.
Quel foco ch'io penfai che fofle fpento
Avete in mano: e di ciò fon contento)
Pretto di navigar a ciafeun vento :
Cosi di ben amar porto tormento; ^ i

Chiuder gli orecchi: ed acor no men peto,i


Beato in fogno > e di languir contento , i
DELLE RIME. 4 g,
I
|
ìli l
ISo
"

Cacao con un bue


P5
vagheggio Si) ch'cgli ^
,do e fcriv
ha già
° •
£"a f ' f " vento

fp eiJto

*

zoppo,e'nfermo,; lento
P rl
?
„ di medopo ] a morre
Ona io, perché
,è vento ? 8,
*
m
pavento
Ogiorno o ora , o ultimo
Parend > , momento , , „
"
, per non efTer mai con
O conoJco «t 0 >
, mi ci danni : or mi rifcnt. :
gante fper anZe fe „ e porta ,
ìj v
» u dolcezza prenda, di tal
,e 1 ,oco ;°" d, ancor
concento , „7
Ir u u
E ce
doglia fento '
ol la memoria mi fgomento ?
Eie a r lieti ,e tritìi
in un momento * 5JO
™ leggiera che 'i vento

few
S f i
tUCman
e i?
P«°rnV far contento
chi ^eal vento:
.
I9
9s

aver
n F
r-' V Iute ,
ebbi tormento
pm
Z?™V H° per "«cento:
? WEior fermi contento
>

1!
ittóia, o polvere ai vento 35

K F?V
eia
il /
C
M^pre
mal.chV ho fenato,
principio a si lungo
do ardimento 24Ì
e fento;
tormento :
ome mirer<>> e contento
Il -
5
ignudo, paventofo,
[
I

eletto:
m tutti 1 colpi fuoi commette al vento
25

Vntit mi:fi feccia**]


addentro)
PWipcflo, e rientro
Enza.
r - 1 ue( " temenza «
m n! C e '"
« *
ter
lepm caroli
-f monr,
^ ] prefen Za
che'l viver fenza.
Quaggiù, d'aver fua
couolcen» .,4
X 1 De-
4 S4 T A O L V A
Devea'l Ciel' adornar di tua pre-lenza

Maio, laffo , chefenza


E o.
Che d' Omero dignimma, e d'Orfeo, u
Stella difforme, e fato fot qui
reo
Ep p i . , ti

Dim,Oimè,'l giogo,e!e catenese cer-pi? i

Miferome che tardo il mio imi leppi: J


•'

Era.
Soii' animali a! mondo di sì altera

Non efeon fuor fe non vedo la iera


,
:
1

£d altri col delio folle che ipera ;

LalTojil mio loco è'n ima Schiera,


queft.ì ulf
mia guerre™
IVI i II e fiate, o dolce ,

JVIirar sì baffo con lamente altera ;

E fedi lui fori' altra donna fperai


era.
Eller non può giammai così ct-m ,

Ch' ancor lafsù nel ciel vedere ipera


i
:

La de fiata voftra forma vera .

In mezzodì duo amanti oneira altera J .

E dall' un lato il Sole , io dall' aìtroera.fl


Eoi che s* accorfe chiufa dalla ipera
Che mai non folle inver di me più Iera .

vo' che fappi 'n qu i' maniera?


Sennuccio, i'

Laura mi vo!ve;c fon pur quel eh i


m era. ;

Qui tutta umile , e qui la vidi altera ; I

©rmanfueta, or difdcgnofa e fera. ,

Angeli molle , e di qua! Ipera H


Da quali
Di qual Sol nacque l'alma -luce altera
Dall'immagine vera;
Credendo effer in ciel , nonladov era. 1

E gli occhi vaghi fien cagion eh'


io pera , i

Dal mattino alla fera


T ha fatto di mia fchìera ;

Quant'ha'l mio cor penfier ciafcuna iera. I

Di dì in dì fpero ornai ,
1' ultima fera .
DELLE RIME. -
m fofpirando andai mattino
4s 3
, e fera ,
lUttO} com' imbrunir veggio la fera,
Lij ch'ioafpettotutto '1 di la fera,
Iqudta, di' anzi vetpro a me fa fera
,
Ricca piaggia vedrai dimanda fera-
173
oaipea'ifonno:e que!,che'ii me iióera,iS
vitali hn', e 'idi loda la fera .
nti fovven di quel}* ultima fera , jSo
tei dico per cola ei'perra , e vera
;
certo ogni mio Audio in quel
tempo era 211
vorrei ben piacer : ma quella altera
za mi con venia dove morte era .ioj
wgando affrenò , perch' io non pera
'ommi il mio penfier in parte , ov'era 21
j
lividi più bella , e meno alrera
.

fman mi prefe,e diflb; In quella fpera


compie' mia giornata innanzi fera :

alm^attrafleairamorofafchiera' 15»
m i' non m inganno
5
, era
ine pura , d' ogni parte intera
, i6t
oeftra delCiel lucente, alrera,
mia dolce nemica , ch'è si altera . 13J
conforto
1
mè dato eh' i' non pera
di luce privar mia vita fpera;
modroimiei pien' d'umiltà sì vera,
locata l'aveau là dov'ell'era.
'nova gente oltra mi fura altera,
^
«dunque la nemica parte fpera
74
ipMSTOfta dalla contraria fchiera ?
iboancor mi traile alia fua fchiera : 91
pre innanzi mi fu leggiadra
altera :

fper lei tornai da quei cli'i'era


ben ti prego che 'n la terza fpera ics
cefcliin noltro 3 e tutta quella fchiera.
i'vivo ; e fon fatto una fera

X 3 £».
4^3 TAVOLA
E R5A .

Si fiede-.e fcalza in mezzo i fiorj,e l'erba: Jl


Ver ms fpietata , econtra te fuperba.
1' fon prigioni ma fé pietà ancor ferba
A voi ftefla piacendo , afpra e fu inerba . 3I

Benché di sì bel fior fia indegna 1' erba .

Ancor e i' erba


tra fiori , :
ìi

Che la mia vita acerba


Qual miracol è quel, quando fra l'erba U}
Qual dolcezza è , nella Cagione acerba
Porami ove '1 Sol occide i fiori , e l'erba ; iti
Ed ov' èchicel rende , 0 chi cel ferba".
Forum' in umil fortuna, od in fuperba ;
Alla matura etate , od all' acerba :
Nojofa , ineforabile, e fuperba 101

Incominciarfi '1 mondo a vedi r d'erba ;


Parmi veder in quella etade acerba
Che nafcer vide , ed ancor quaft in erba ,

Perchè cantando , il duol fi difacerba ;


Non quefte valli, o foglia d'erba ; ifll
fior' in
Che non fappian 3 quant'è mia vita aceiba. J
Alfin vid'io per entro i fiori > e l'erba, 117

Umile in sè> ma 'ncontr'Amor fu p erba:


Già fantiflìma, e dolce, ancor'acerba ; im
Verde facea, chiara) foave; e l'erba
Con le palme, e coi pie frefca 5 e fuperba; ì
Della lua vifta dolcemente acerba;
Di fronde il bofeo, e la campagna d'erba.
Ma poi che Morte è liara sì fuperba , .m
E gli augelletti,e i pefci,ei fiorile l'erba, iCfl
Per lamemoria di tua morte acerba
Una candida cerva fopra l' erba m
Levando '1 Sole alla itagion* acerba •

Era fua vifta si dolce fuperba j


Con diletto 1' affanno difacerba .
Che ti foftenne nella vita acerba
Se-
[ DELLE RIME. 48 7
Seder la Donna
noftra {opra l'erba,
Ecol terzo bevete un fuco d'erba; 49
Dolce alla ne , e nel principio acerba
ri
:

Mi riponete ove 'J piacer fi ferba


Se la preghiera mia non è fuperba.

Erbe.
Lieti fiori,e felici , e ben nate erbe , 130
Eoel bel piede alcun vefìigio ferbe
;
fciietti arboscelli, e verdi frondi acerbe;
jievi fa co'iuoi raggi alte , e fuperbé
;
F ERCHIO .

litri ch'io fieflb, e'I defiar


foverchio ? 57
Bàjs'i'trafcorro il eie! di cerchio in cerchio,

L »
Eleo.
hn\ dì, e notte palpitando cerco J58
;
Rir lagrime, e lofpiri, e dolor merco :

Eroe.
filando mia fpeme sia condotta verde laal
[parca dir » Perchè tuo valor perde?
Mormorando fuggir per l' erba verde
137 •

ben che del mio Sol troppo fi perde


llell'acqna chiara , e fopra l'erba verde
109
Ma ben detto , che fu. a figlia perde ;
rrtfco, fiorito , e verde :
99
Issi nulla feri' perde :

jliaveffer data e per cortei la perde ?



50
lai, cheli fecchi ogni i\u foglia verde,
filando alla ftagicn che'! freddo perde, ioz
h\i occhi ho pur le violette ,e'l verde
xendomi d'uom vivo un lauro verde 16
;

feper fredda iìagion foglia non perde,


bfgi'lfereno e '1 verde :
, igS
Illa infegna verde;
vittoriofa 119
poacu'in campo perde
k'è'l pianto ognor frefeo,
e fi rinverde,
non hi albergo , poilfi in fui verde: 8i
X 4 Chi
*9£ TAVOLA
Chi non ha l'auro, o '1 perite ,

Erdi
E lei fegu.er.tlo fu per 1' erbe verdi 4}
Ahi quanti gaffi per la fèlva perdi
Ere.
Da indi in qua m'incominciò a parere . iti
Ed è si vaga anccr del rivedere .
Erga.
Ne' quali Amore, e lamia morte alberga; Mj
Ch'i' fuggo lor , come fanciul la verga ; 1
Eoco non fia, do^'c'I voler non s'erga;
Per. non fcontrarcfii i miei fenfi difoergaS
Dei-gran Pianeta al nido, ov'egli alberga; d
Drizzali in piedi ,e eoa l'ufata verga
La frale vita eh' ancor meco alberga-) js

Che, come fuol pigro animai per verga r'M


Ove mia vita , e'1 mio penderò alberga , iSt
Subito, acciò ch'ogni mio ben difrerga-, I
Ove '1 gran Lauro iu picciola verga ; 14}
Ove'l mio cor con la ìua Donna alberga»
E eh* c feguaci tuoi nel befeo alberga ; H
Che con pìetofa verga
Dentro alle qua' peregrinando alberga A
Poi che fe'giunco alV onorata verga ,
Esco.
E 1' altra fento *n quel medefmo alberga H

Apparecchiarli ond'io più carta vergó*v


:

Alma gentil c:i tante cane verpo ;


, i«j

O fol già d' aneliate intero albergo-)


Di viva neve, incL'.o mi lrecchio>e-terg«J
O piacer'onde l'ali al bel viio ergo >
Ella contenta aver cangiato albergo tA
E parte ad or' gd or fi volge a tergo ,
Ond'io voglie, e peniier tutti al Cici'ergo 4
Eri.
Morte può chiuder loia a' miei penile ri il
DELLE RIME. «S?
Per meno obbietto perchè meno interi
:

Egli atti fuoi foavemente riiteri, y$


:Mi celan quefti luoghi alpeilri j e feri:
E non fo s' io ini iperi
Darsuii p.-:ce, o duri miei penfierr: io*
Senza trovarmi dentro altri guerrieri?
E tu m;o cor' , ancor fe pur qual' eri
LVmiei nemici si pronti, e leggieri :

IiRecelelle , i Cuoi alati corrieri :


147
ChYia,chs vede tutti i miei peniìeri
ER la .

Ct'a dir il ver , non fu degno d'averla ; 430


Cola nova^a vederla)
Parea c'iiufa in or fin candida perla :

E E RL •

[l'oro forbito, e perle lor


ko quel dì a vederle.-
La belia bocca angelica» di perle 149
Eia fronte, e le chiome eh' a vederle
E R LO.
Eraveforna è un mal fio a mantenerlo , 8$
Iliadi là dal rio pafFato è'1 merlo.
Erma.
S'erge la fpeme
e poi noti fa ftar ferma
-,
j 34
Ma ricadendo afferma
Erme",
Ofcuro e freddo; Amor cieco ed inerme
; 142

feiadria ignuda; le bellezze inferme ;


Dogi ioni 'io fol ,nè fol'hodadolerme :

Ciiefvelt'bai di virtute il chiaro germe,


«donne lagrimole, e'1 vulgo inerme 45
gl'altre fchiere travagliate , e'nfernre 4S

Ermi-
K quefla Donna , e non fo fare Tenermi is
«ròcoii gli occhi lacrimo!! , e 'nfermr
fctre che 'icor dagii amorolì vermi zi6
X S Ce**
TAVOLA
Cercai per poggi folitarj , ed ermi ;
Ed ebbi ardir cantando di dolermi
In quella etate a'penfier novi, c'nfermi
Ermo.
L' occhio non può flar fermo;' J7

Così l'ha fatto infermo


Quando del l'A lpi fchermo io;
Ma'l deur cieco>e*ncontra'i fuo ben fermo
E R na •

Simile a quella che nel eie!* eterna ,


, <5
Com* Amor dolcemente li governa >
Senza volger -giammai rota faperna :

-Avrem mai treg'ja?od avre guerra eterna?ii4


Che fiadi noi, non fo:m.i in quel ch'io feerna» |

Di fiate un ghiaccio,un foco quando verna?


Ella non ; ma colui che gli governa .

Ove nel fuo Fattor l'alma s' interna : 131


Eia del tuo nome cui memoria eterna •
Son giù te innanzi alla pietà fuperna : 11
Fuor di fuo corfo la giuftizia eterna :
Ma quel beuigno Re che'l ciel governa»
R ne E •

Buon fagittario, di lontan difeerne i 73


Qual colpo è da fprezzare,e qual d'averne
Donna , (entilìealle mìe parti interne
Dritto paffare^ndeconvien, ch*eterne
Ekno,
Mi trovo in a'to rmr fenza governo,
E tremo mezza
m 1

1 ardendo il verno.
fiate,
Niente apprezza > ma diventa eterno ; 103 1

Nè ftare cangia, né lo fpegneil verno.


il

Ch'è ne! mio mar'orribil notte, e verno; 171!


Dtfartnata di ?ele , e di governo.
Ufcir buone di man del Maftro eterno 57:
\
Ma me , che così addentro non difeerno»

Per afpromax'amezza notte il verno H)|


In-
DELLE RIME. 4 ot
Infra Scilla , e Cariddi ; ed al governo
Cìie l.i tempera, e'1 fin par ch'abbi'a fcherno:
La vela rompe un vento umide eterno
Nè verrei rivederla in queir' inferno ;
Che più bella che mai , con l'occhio interno »
,
A piédel fuo,e mio Signore eterno-
Vergine chiara , e ftabile in eterno ; i6z
DÌ ritrovo fol fenza governo ,
Per far fi , come a te , di fama eterno : 46
Che puoi drizzar, s'i'non falfo diicernoj
Ero.
Moiìrò nel fuo mirabil mag i itero :
5
Che criò quello,e quell'altro emifpero ,
Si'avean niolt'anni già celato il vero,

To'feGiovanni dalla rete , e Piero


Cbiar'almaj pronta vifh,occhio cerviero, 175
Previdenza veloce , alto penfiero,
Per adornar' il diletto, editerò;
Sabitofeorfe il .buon giudicio intero
L'amorolo penfìero 60
Eicon di me si fatte altor , eh' i' fpero
Faggio in porto giammai fianco nocchiero;»4
Cam' io dal fofeo e torbido penfìero
'Viale; come la mia quel raggio altero

Del bel dolce foave bianco , e nero»


Al celato amorolo mio penfero; 10*
focosi lunga guerra anco non pero:
Amor mi mand quel dolce penfiero
i I3J
Maiicom'or,prcftoa quel ch'i'bramo,e fpero.
lo menzogna > e talorvero
che talor
Rèsi uè nò nel cor mi fuona intero
, .

Fuggo-, ma più me ftefTo. e'1 mio penfero: 170

ijCfì'd pensò mai?)per mio refugiochero;

Baleitivien l' amorofo penfero , 9


Ch'ai ciel ti feorge per deliro -entiero ;
-SìchVvo già della fperanza altero
X * Quel
m ,
T A V O L A
Qiie]5ch'iofo,veggio;e n<5 m'ingafia'l veroJ
Un leggiadro difdegno afpro; e fevero
Ch'ogni occulto penfiero
Oimèii leggiadro portamento altero ; im
Oimè'l parlar ch'ogni afpro ingegnose fero 1
Di che morte,altro bene ornai non fpero: 4
Alma real, digniilima d'impero,.
Sa ben' Amor, qual'io divento: e fpero 195
Vedal colei , eh è or sì predò al vero .
Che ficean'ombra al mio ftalico penfero io5 :

Perdut' ho.quel che ritrovar non fpero


Che mi fisa viver lieto , e gire altero
EriiWar noi può terra» néimpero-
Vi fi vèdea nel mezzo un leggio altero; tal
Criilallina > ed iv' entro ogni penfiero
Che mi fa vaneggiar fol del penfero, 197
Cofa feguir che mai giugner non fpero •
Egualmente in non cale ogni: penfiero : ij»
Sperai ripofo al fuo giogo afpro, e fero.
Mi ferola che quel chiaro ingegno altero,
Marte fuperbo , e fero,, ioj
Ivi fa cbe'l tuo vero
Dì , Non ho cura perchè tofto fpero }
:
H
Ch'altro alesaggio 'i. vero,
Eree:.-
Come quella che ferro, o vento fterpe»-»»
Eloftrando al Sol la fur fquallida flerpe
;
Subhietto io me Calliope , ed Euterpe -

r
Qual.per troncojo per muro edera ferpe,.
E.R P I-

Grfi » lupi leoni, aquile eferpi tfi


Che t'ha chiamato,acciò che di lei fterpr
Erra.
Rei penfier' amorofo , che m'atterra-; }»!
Con le mie mani avrei già porlo in terra
3>i pianto in piaato,* d'una'n a l Ira guerra;
Di
DELLE RIME".
Di qui dal patto ancorché mi fi ferra »
m
A qualunque animale alberga in terra ; 14,
A fcuorer l'ombra incorno della terra
Che m' tranne fatto di ienfibil terra ;
Che bench' i' Ila mortai corpo di terra*
Lafiando il corpo , che fia crìta terra :
Che Apollo la fe-guìa ouaggni per terra . 1 ?
Riiìretto in guiia d'uom cb'afpert3 ctierra, 87
Cheli provvede, e i raffi internò ferra ,
Stampava il Sele ; e riconobbi in terra-

Quella che , fe '1 giudicio mio non erra »


Pace non trovo, e non ho da far guerra ti-s ;

Evo!o fopra'l cielo , e giaccio in terra ;


Tal m'ha in prigionie non m'apre-, né Terra;,
Enon m'aBcide Amor', e non mi sferra ;
Degnò moflrnr del luo lavoro in terra j 6t
Eche'l cammino a tal vita mi ferra ,
Pei mi rivolgoalla mia ufata guerra
Venite a me , fe'l pafTo altri non ferra 70- .

1
Ch j' mi ripofi , e levimi da terra ?
In ramo fronde » ower viole in terra: io*
Di eli' era nel principio di mia guerra.
Non curi che fi fia di loro in terra rSc
In tal p.iura
, e 'n sì perpetua guerra
;Qual chi per via dubbiala teme , ed erra •
Quando novellamente io venni interra 190
A foffrir l'afpra guerra
Né poffo il giorno che la vita ferra >
Con quel celefte portamento interra; i95-
A tanca pace , e me ha lafciato in guerra;.
Hai, che s'altri mi ferra-
Sant'invidia tr porto, avara ferra ; H4-
Dove pace trovai d'ogni mia guerra!
ne porto al Ciel,che ehiude,e ferra,
(pianta
E per altrui sì rado fi diflerra!
Diinius nercfiè mi date quella guerra ? ^as
Ve-
494
Vederla
TAVOLA
udirla , e ritrovarla in terra .
> ;

Che iegaj e fcioglie,e*n mi punto apre, e ferri;


Quella ch'io cerco,e non ritrovo in terra:n|
Ivi fra lor che '1 terzo cerchio ferra
Sarai ancor meco,fe '1 defir non erra :
I' fon colei } che ti die' tanta guerra >
Difpofto a follevarmi alto da terra .
E* mi tolfe di pace , e pofe io guerra .
E fenti che ver te il mio core in terra
Dunque per ammendar la lunga guerra
Soccorri alla mia guerra; iSe
Che la pietà che ti condurle in terra > 105
Di che lievi cagion che crudel guerra : '\

E i cor che 'ndura 5 e ferra


Ed hanno i corpi abbandonati in terra ; 45'
Onde 'I cammin' a' lor tetti ferra ;fi

Che fur già si devoti , ed ora in guerra


Più di me lieta non fi vede a terra ìi
Su per la riva a ringraziar s'atterra;
Nè lieto più del career fi di (Terra -

Che iece at fignor mìo sì lunga guerra

Non la bel la Romana che col ferro 1


85
Quefta eccellenza è gloria ( s' i'non erro ) :

E»SA.
A! mio imperfetto alla fortuna avverfa
>

E la man che sì fpeffo s'attraverfa


1

E gii occhi ; onde dì , e notte fi rinverfa


Le chiome all'aura fparfe, e lei converfa 110
Ma '1 foverchio piacer , che s'attraverfa
Erse.
Subito in allegrezza fi converfe 2g
Un nuviletto intorno ricoverfe;
Leggiadra ricoverfe ico
Ov'Amorco'begli occhi il corm'aperfe;
D' un' arnorofa nebbia ricoperfe > 96
Con
DELLE RIME, 49;
Con tanta maeftade al cor s'ofterfe»
Vede i'un l'altro ; in tal guifa s'arerfe
Qu;l pietofo penfier ch'altri non fcerfe t

L'ima ver l'altra con amor con verfe , 230


Quali in tutto del ciel' eran difperfe .

Il Sol rmi sì bel giorno nonaperfe;


Conobbijquanto il ciel gli occhi m'aperfe 241
un ioggetto ogni ftella cofperfe
Cfie'n
L'altretante sì lìrane } e sìdiverfe
Lamia debile vifta non forTerfe .
IW mente al temerario ardir di Serfe ; 24
Tutte veftite abrun le donne Perfe
Ersi.
M volte già per dirle labbra aperfì : 1 3
Più volte incominciai difcriver verfi :

Verdi panni, fanguigni, oi"curi,o perfi 25


E fe s'arma talor' a dolerfi
pur
Di quanto per amor giammai fofferfi ,
Ma l'ora > e'1 giorno> eh' io le luci aperfi
Lagrima adunque , che dagli occhi verfi 16
Da me fon fitti i miei penfier diverfi ,
Benigne flelle che compagne ferfì
,

Soio ben > eh' a voler chiuder in verfi

jhfsò che la parola :' non {offerii ,


; 87
Ormi ritrovo pien di sì divsrfi
Così ben chiuder in verfi
potefs' io 77
Ct'i'non facefli per pietà dolerli.
Mavoi, occhi beati ; ond*io icfrerfi
Jenchè'n lamenti ilduol non fi riverii :

SgH auge! letti incominciar lor verfi , 174


Ckenon curò giammai rime» nè verfi
Quante lagrime > laffb , equanti verfi
Amor, come fi legge, in profa, e*n verfi ;

Wall' al mondo è,che non pofr'ano i verfi:


lagrima lido) e cantando i noftri verfi , i75
Midice con pietate: a che pur verfi
W$ TAVOLA
Di me non pianger tu , che miei di ferii ,
Quando morirai di chiuder gli occhiai perii,
lwo ebbi mai e tanti e sì diveril
; 5 i jt
Tormenti ivi {offerii,
Piangan le rime ancor,piangano i verfi ; 3$
Pianga Piftoja , e i cittadin perverti , J
Esso,
Nè gran profperitàil mio flato avverTo ìM
Pianti, ecantai nonio più mutar verfoj I
:

Per la lingua, e per gii occhi sfogo,e verfo,


Erta-
Nè farà ,' credo.:, ma fu sì coverta , 14'
La poca vifta a me dal Cielo offerta ,
In qualche oneflo Audio converta
fi : 107
E ia ftrada del ciel fi trova aperta
Erto.
Ond' alla villa ,uomdi tal vita efperto roti
Diria, Quelli arde>e di fuo flato è incerto . Il
Amor, che vedi ogni penfiero aperto,. ijfg
A te palefe* atutt' alrricoverto .
Sai quel che per fluirti ho già fofferto :.

Che fon sì iianco,e'l fender in'é tropp'erto,


r v e E .

Mieto:? taJ merito ha chi 'tigrato ferve. 154]


K feci , che tra' caldi ingegni ferve
11 fuo nome, e de' fuoi detti conferve
E r v o.
Idi miei più leggier che ned un cervo , li*
Ch' amare e dolci nella mente fervo
, .

Mitro mi nclo, inftabile


protervo r , e
Tal eh ègiatt:rra,e non giunge olio a nervo.
Ekza.
Ch'alzando '! dito con la Morte fcherza. 106
Più largamente , ch'altr'ira vi sferza
Halk. mattina a terza.
DELLE Ri ME. 40
ESA .

all' alta iraprefa ; 3i


E P ingegno paventa
Ma ipero che fta intefa
Accende ; e fpegne qual trovane accela. 114
L'anima mia, ch'otfefa r
Nafconder , uè fuggir , nè far difeia ;
i/»
Di bel piacer m' avea la mente
accela
Folle da sé ; per avanzar fu a imprefa
Dna faetta di pietate ha prefa :
Più lieve ogni altra offefa , 34
Che PelTermi contefa
Deftar folea con una voglia acce fa :
Ch' altroche da me ftefib folle intefa ; 134
E ve?gi'ar ben , che cantate
accefa
Dicela turba al vii guadagno inteia.
6
Non Iaffar la magnanima tua imprela

Esca.
Come '1 candido piè per l'erba frefca 131
Delletenere piante tue parch'efca .
Amor , che folo i cor leggiadri invelca 4
Ch'i'non curo altro ben,nè bramo akr'eica.
Dai freddo tempo , e dall' età non
frefca ; 4$
Fiamma , e martir nel 1' anima rinfreica

ha fteo le faville , e l'efea >


Dal cor ,c'
K»n pur qual fu, ma pare a me che crete».
Cheiuand'ho più tperanza che'l cor n elea»
Ailnr più nel bel vifo mi rinveica .
fcffò^, fé ragionando fi rinfrelca 3*
Chi mi conduci; all'elea 33
5
I Onde '1 mio dolor crefea
Ove "cavem.:nte il cor s'invefea - '5*
Nel labirinto intrai ; nè veggio o«d elea •

ami ov' 10 fui prefo.e l'efea 19»


Difpoftì gli
Che': mìo voler altrove non s' invefea
Che rei più chiaro fondo di Sorga efea ,
Or l' ha veduta fu per i' erba fretta
Ma -
45S
Moftrandoin vi/lacche
TAVOLA di m; ic'ncrefca. i

^Marvel?afpettar m 'increfce ^
* Jmar fenz'ond^e r l'Alpe ogni pefce* :

E corcherà, l Sol là 1C
;

'
cine end' efce
Chiufa feS* è piò ardete; e fe
Or de miei gridi a me medefmopur crefceJ
increfee J
r . : Esci.
Fere fi ve/Ire vaghi .-.ugelli
e pefei
, ,
Dolce fenner , c h e si amaro ,

riefei ;
Colie , che mi piacerti
or .ni rincrefei, I ,

E punir in un dì ben mille offefe ,


Melatamente Amor P arco riprefe
,
er fa r
i
Quando
» e ne gli occhi Tue difefe
'7 , :

colpo mortai laggiù difeefe


i

Queflilon que begli occhi che l'i


mprefe 61
Sempre nei cor con le faville
accefe :
iJel volito nome fe mie rime intefe
,
farti del mondo udrallo in
il bel
Uopo le notti vaneggiando fpepaefe
;

f
Con quel fero delio , ch'ai cor e 5«
s'accefe
Ad alerà vita , ed a più
belle imprefe !
»i eh avendo le reti indarno tefe
,
Or con voghe gelate, or con accefe
,

* 1 Più fi pente dell'ardite imprefe :


Un languir dolce , un defiar
cjartefe ; 155
5 onefte voglie in gentil foco
Od voci interrotte appena accefe
m l

or da paura , or da vergogna intefe


.

offefe ;

n e raS10narCOrtere;
Let"re :L°'nt efÌ
Cif ebbe qui '1 ciei sì amico, e sì cortefe; *o 9
Anzi
DELLE RIME. «9
Anzi me nel fuo paele
tempo per
Per lo migliore al mio defir conteie
E" quelle voglie
giovanili acceie
Ti volga al tuo diletto
almo paele . 105
Vedi, Signor cortefc , .

Che convien ch'altri impare alle me ipeie 83


Seano,a non cominciar
tropp'alte imprefc:
lade voite adivien, ch'all'alte
imprele 46
Forniti perdonar molt* altre offefe :

quanto fu cortefe-
Spefle fiate
a4
\h vendicar le difpietate ottele
N:!l' umane difefe ;

Piangete , amanti , per cialcun paeie ; j«


Poiche morto è colui >che tutto in tele
Non Gan da lui le lagrime
conteie ;
Emi Cadi fofpir tanto corcete ,

Est
Cri' al vero onor far gli animi sì accefi ,
64
Per diverfi paefi.,
Furmi in fuicominciar tanto correli ; 15*
Vidimi ; che nè lor , nè altri offeu .
Or; bench'a me ne pefi ;
prendo che del canto preii: » 0*
Del pianger ,

Ch'alia cagion , non all'effetto intefi


Ed atti feri , ed umili, e correli
Porto eguilmente nè mi gravan ;
pefi j

'
ha fatto deferti pae" ; *5*
Milie lacciuoli ogni parte
in teli j *53
lE'l verno in Urani meli
Es o
io fon prefo , 48
i nodi , ond'
1
Efolgorar
Da ta
!
due luci è l'intelletto offe lo »
Dolce mal , dolce affanno, e dolce pelo , 15»
Dolce parlar', e dolcemente untelo
n ha ottelo
E tempra il dolce amaro , che
Col dolce onorane d'amar
quella Lai preio
Coa-
500 TAVOLA
Contando anni ventuno interi prefo 2 0«
Morte difciolfe: nè giammai tal pefo
Ebbe un' altrolacciual fra l'erba telo
b. di nov efea un'altro foco
accefo.
Espe
Ann, che quelle chiome bionde,ecrefpe iM
E poi 1 raccogli, e 'n bei nodi'l rincrefpej 4
Tu it.n negli occhi ond amorofe vefoe
Cora animai die fpeflb adombre, e'ncefpe: ij

r-
Esp o .

Col (no candido fe io un verde cefno ? iìj


Te/iendo un cerchio all'oro terfo, e crefpj?
J
Che ferirti Iagrim 3 r chi le ntendefle . «
Ma le ferite imprese
V \ r?'
Lag*
ch'Amor di fua man a ,e tefle; 4 t
u
begli occhi e dalle chiome ftefìe
,
fi! i

Cb non lenta cremar;pur ch'iV.'aPDrcfle


i

Dov è chi morte e vita iniieme ipeffe


,

Ola nemica mia pietà n'averte. u«


Ch Amorco'fuoi begli occhiai cor m'iprefle.
Essi,
Mai non fu'in parte ove si chiar vederti 104'
We dove tanta libertà mi ftefiì
111
;
Wè giammai vidi valle aver si fpeffi
Ne credo già, eh' Amor' in Cipro aveflì
. Esso.
Emjrar lei > ed obbliar me Iteli»; ì09
tento Amor si da predo,
So;' un giorno da pretto
, 6S
Ne penfaffi d'altrui , nèdi me Itcflb ;
h I
batter gh occhi miei non folle fbefio
Quanto 1 ! Sol mota, e quato è più da preflb:iu
Cosi avven" a me lteffb ;
Contando l'ore oon m' ingann' io IrefTo ; <g
Ca a me fu musmè , ed a mercè p-romeffo .

Ch*
DELLE RIME. 501
Ch' ai sì preflb ?
defitto frutto era
Tra la e la man qual mino è mcflo ?
fpiga ,

Niti altrui incolpando , che me ftf (To , 17


La penna al buon voler non può gir predo;
S'aver altrui ->iù caro , che sè (fello ; 165
1
S'arder da lungi. , ed agghiacciar da preflb;
1 ov' io lafciai me frefio ,
dolci colli 1 57

caro pelo cìj'A mor m'ha coraraeflb -


Quel
I me mi maraviglio (peflo ;
Metodi
iMacom'più m-. :i'r,llur,go,e più m'appreso-
Ura pietà si forte dì me fteflo, 1S7
Cie mi conduce fpeflo
Che ''evendo ogni giorno i! fin più prefToj
può, me {ceffo, 105
Fiifgenno.;-.!crui,i-»s'ef?er
ta\ do co' lofnir 1' aere da preflb
ii :

ombrciì e fofchi mi fon me Ab


P r hi. t.hi ,

Che Morte ha *o'r ^nnd'iola chiamo fpeflo:


Tsl cordoglio j e paura ho di me fi -flb ai 3 .

Ctnij m'avete in ballo (lato meflo !

I R:!?ondo,Io no p:.!t'£o a'rroche me (ìeflojis©


Come di cofa rh'it m' jde da preflo.
ICime Dio e N tura avrebben meflb
iCiiYnon devea , e nien curar me fteflo: 151
Per una Donna ho meflo
Dicio m'iif.Tr configlier f l'eflb
E' ini par ci' or' in ira d re i! meflb 2+7 i; 1

E no in non m-?,!t an ù si dimeflo ,


i<

eoa 'le no'co ornai ine fteflo :


Ct'a.i

Mapurdfvrei.be il tempo eflerda preflb.


Feo fole niù d'altrui , chedi sèfteifo. 47
Di;'; : Un che non ti vide ancor da preflb»
Poi c lj '
rf Itero f'I occhi fuci da preflb : 91
Per ino tm.r m'er'io meflb
Està .

Pcrchin.-r fli occhi- o per piegar la terra) 52


Ojerdìèr più d'altra al fuggir pretta
Del
m TAVOLA
Del petto, ove dal primo Lauro innefta
Amor più rami ; i* direi ben efie quefta
Li fece il don dell' onorata teda > Si

Celando l'allegrezza manifefta


Vide farfi fortuna moietta,

Rife fra gente lagrimofa, emetta
Stanco nocchier di notte alza la tetta éi
Cosi nella tempetta
Forfè mi vien qualche dolcezza onefta;
Fortuna,ch'aI mio mal fempr'é sì pretta-
M
Alla mia lunga , e torbida tempetta uj
Fra gli anni dell'età matura onefta
E l' alta fede non più lor moietta .
Ahi, Morte ria 3 come a fchiantar fé pretta
Tutta d'avorio e d'ebeno contetta «f
Ella carca di ricca merce onefta.
Poi repente tempetta
Soave fguardo ; al chinar l'aurea tetta ; 144
Al volto; a quell'angelica modetta
Nè vivrei già, fé chi tra bella , e onefta
Qua! fu più, lafciòin dubbio, non sì pretta,
Sicché, s'io vitti in guerra, ed in tempetta, 15^
Fu vana , almen fia ha partita onefta
Ed al morir degni e (Ter tua man pretta :
A piede' colli , ove la bella ^efta ;

Spetto dal fonno lacrimando detta :

Libere in pace patta vam per quefta


Cofa j ch' ai noftrs andar fotte moietta
E
S T E .
A quelle belle care membra onefte, hi
Latto , ben veggio, in che ftato fon quefte
Che con grave mio danno fi rivefte ; i«
Ma duo bracci accorrce prette
l'altra, e le )

Fraqaelle vaghe nove forme onefte;


Ch'adornar sì l'alt' abito colette :

Catta bellezza in abito celefte 1Ó7


Fe-
DELLE RIME. 503
Felice incarco ; e con preghiere oneflc
Edacquecar i venti , e le tempefte 231
Con voci ancor non prette
E'infiarpn: eV> p„T.e;e quante utili o« e tre 251
:
;

Vie fprezzni , quante felle >

Squal' ingegno ha si parole prette,


ESTo.
Come femiiante Aslla ebbe con quello 141
Kqueft'altr'io ed o pur non maieiìo
:

«mando la virtù che 'I fea gir pretto ; 234


Dicchi'] rr.Óc'o fa nudo,e*J mio cor mefto;2 35
Il dolce acerbo, e '1 bel piacer moietta
Deh qua! pietà, r:ual* Angel fu sì prefto 243
Madonna in quel tuo atto dolce ooefto
acquetar il cor mi fero , e metto ,
iti

E vivo, e '1 viver più non tifè indetto


tibtion configli , e'1 converfar' onetto
; 159
aperte gli occhi in primarebafti or quello-
Epuoflì in bel fosgiorno efìèr molelto . 8t
P \
già predo
giorno;ond'io fon detto.
al
[Fari i ti più chiara
voce manifetlo . 94*
iechi m'impofe quello,
ESTRA-
loavrò fempre in odio la fenetlra , 7J
CVè bel morir , mentre la vita è delira
ia'liovraftar nella prigion terreltra
'oicheralmadat cor non fi fcapeftra .
Standomi un giorno foto alla feneftra j 2)6
Una Fera m'apparve da man delira-
E s tre .

Matropp'era alta al mio pefo terreftrej 139


Obelie, ed alte, e lucide fineftre.

Estro.
[uelSol,chc mi moftrava'l cammin detiro «7
liiue'l mio lume,e'i fuo career terreltroj
Ood'io fon iàtto un'animai iilveftro
304 T A V 0 L A '

j
Al mondo) eh' è per me un dc'erro ^Ipeff ro«.
Età.
Par che fi di feon venga; e però lieta ;']

Ma poi vi.ftro deftino a voi pur vieta


Torni la fera bella , e manfueta ; 10M
Volga la vifta deiiofa 5 e lieta j
Cercandomi: ed, o pietà!
di' ur non ebbi ancor,non dirò lieta» M
Nè per vo^erdi del , nè di pianeta. !

Ad aita voce 5 e 'n viltà afeiutta , e lieta iti


Per tutto ció la mente non s' acqueta , .

In nobi f.ingue vita umile i equetai


I iSil
E 'n afpette penfoio anima lieta,
Raccolto ha' n quella Donna il tuo pianeta, j
Ch'è dj (bncat ogni divin poeta .

Che dove dei mal Tuo quaggiù sì lieta


Voirra vaghezza acqueta
Làdo v ' Apollo diventò nrofeta; i]

Fiorenza avria fors' o ^gi il fuo Poeta »


Dell'umor di quel fnflo ; altro pianeta %
.Convt-n cfi'i'legua>e dei m;ocamno mieta
Credea moftrane ; e qual t-ero pianeta "f
Cbi'nnauzi tempo mi t'afeonde, e vieta j
E'n tej dolce fofpir, l'alma s' acqueta
Ete .

Il mio avversario ; in cui


Più che'n guifa mortai ,fcx.vi , e liete.
veder folete ^
Per conilglio di luL Donna) m'avete
D'abitar degeo , ove voi loia Cete •
Luci brace , e liete ;
Ma quante volte a ine vi rivolgete j
Conofcete in altrui quel che voi liete.
Amor fra 1' erbe ur.a leggiadra rete :
:

Benché n'nbbia ombre più tr Ile. die liete:


L'efca fu'l temo ch'egli fparge, e miete
Aperfe gii occhi , si foavi , e quete ;

Eti ,
P°or d'i muratori, e
DELLE..UME.
di poeti;
^K
|H»ti,m'ha, tatto,di ,g,
7

te^ rte
dogJiofi Vjieti

Amor vjfco «mi ali


» o lacci ,
mieti;
o reti ;

Pia benigna fortUM .

|n forando m g Uardo
o^ft^;"

pTifle giammai più dl me ]££:


/.torni a riveder
quei rifc lieto

" CieI'ordifue 1

^uo m 'attnfta,bellezze lieto-


mc Pu ࣰs i, icto
CR .

tremar mi fea dentro


à quella pi etra
tonico: Se cortei m^e^ ?

. - ETR E .

Cj erra ,r'-fr le pietre


t

,
-T

Veemente, che n.errèn,'ì ,C0


IDpctre »
._, . ÈTRO,
"
E e ZSr« K
Pepili
"" vetro
vo.telofpiundo indietro ,

74
peltro ,d«, cl di. ornino i
dietro-
e?
U
P me iamfiJ.or pai*.
>ddie ro 3»
"1

s o6
TAVOLA
E perchè pria tacendo non m' impetro ? d
Certo criftallo, o vetro
Come pafiatoavea quell'anni addi; ero ,
ij|

Or; poi che da Madonna i'non imporro |

Chi{marrit'hala{trada,tornj indietro
1
. 9
Spenga la lete fua con un bel vetro -
Come raggiodiSol tialuce in vetro m .

Lafib, non a Maria, non nocque a Pietro^


Ett a .

Per una leggiadra fua vendetta »


far' U
Com'uom ch'a nocer luogo, c tempo alpetta.
Era la mia vinate ai cor riftretta,
Ove iblea fpuntartì ogni fretta .
L'arco tuo faldo, e qualcuna faetta ;
Pa di te , e di me , Ggnor vendetta , . ,

Che la mia nobil preda non più Aletta iffl


Contra lo sforzo fol d' un' angioletti ;
Per far almen di quella man vendetta
A gente , che di là forfè V afpetta ; v
Raddoppiai pa fli , e più e più s'affretta:
E poi così fo letta
Equal cervo ferito di faetta _

Eugge, e più duolfi,quanto più s'affrettai 1


Che mi cortfuma , e parte mi diletta ; ,

Vede cofa che gli occhi , e'1 corV Ietta» il


Che fu fola a'fuoi d ì cofa perfetta
Sola tu fotti eletti -

Vergine benedetta ;

rdi miei più correnti che faetta -"l

Sonfen'andati ; e fol Morte n'afpetta


Eit e .

Vittoria tea' promette ;

Ma Maratona , e le mortali ftrette

Ed altremille, c'hai feor-ate, e lette


Alquanto delle fila benedite
Perchè tiea' verfo me le n a n sì flrette
Etti ,
DELLE RIME. ycy
Etti,
Bffiagiaar, non che narrar gli effetti Sy
'atti gli a!tri diletti
Ite producoii fra voi felici effetti
, 230
p luoghi alti , ed eletti }
«nere e'i Padre con benigni afpetti
,

fefvegliata fra gli fpirti eletti 531


;
pfecata t: ì '-
nobili intelletti^
s

Bcor'ioii nido di penlìeri eletti


241 .

km tra 'I mondo de' fuo' oror perfetti


paragona rur coi più perfetti 24$
;
Minndos'10 ia leguo ; e par ch'afpetti :

fcrch'io l'odo pregar pur di


'affretti. Vm
U buoii teftor degli amoroli detti
21
li più gloria è nei regno degli eletti
|kci novanta no-e aitri perfetti
Etto.
|(riniafe ia voce in mezzo. '1 netto. 15
lah peana mano , e i' intelletto
, e ia
tei natura , angelico intelletto , 1 ? y
iveramente degno di quel petto i
'aio di donne un bel numero eletto

ra tanti
, e si bei volti il più perfetto ?
tawk> gitane a Sirr.ot: l'alto concetto
6S
(ila figura voce ed intelletto j ,

ioipir molti mi fgombrava il petto:


li

pettendomi pace 'nel! 'al petto » 1

0*1 mio forcamo diletto, 5*


per istigar i! petto ,
gran di.-fio ,
le forma ticn dal variato afpetto»
igelata paura il ticn coftretto
; 140
qui! ila più, fa dubbio all' intelletto
>
[opre pien di delire, e di fofpettoi
jrcome donna in un veftirefchietto
Ij la villa privata del fuo obbierto, ij*
m la qual' il fuo ben' è imperfetto :
¥ a Qual
S oS
TAVOLA
Qnal celefie non fo r.ovo diletto ,
Pafìermai fobtario in alcun tetto
Altro Sol: nè quell'occhi hanii'altro obbià
Lacrimar tempre è'1 mio (omino diletto^
E duro campo di battaglia il letto .
E per pianger ancor cori più diletto ;
E'1 bel giovenil petto
Torre d'alto intelletto
Sicch'io cangiava il giovenile afpetto : I
Cli'allentar non lafTava il duro affetto : 1
Lagrima ancor non mi bagnava il petto,j
Porgeise alcun diletto
Qualche dolce mio detto
A pri 'I tuo cafto, edifdegnofo pecco Jl .•

Grande a me fommo diletto)


'
a Natura ,

Cangiavano coflumi onde lofpetto I


i :

Con che onefti fofpiri l'avrei detto


Fiorian d'un Lauro giovenetto,e khietto,'
Di vari augelli ,e canto altro diletto 5 jj
Rendi a gli occhi, a gli orecchi il proprio
Senza '1 qual', imperfetto (bietta;
Quante fiate al mio dolce ricetto !

\ o con gli occhi bagnando l'erba,e'l petto;


Qaante fiate pien di fofpetco
Col
Cercando col penlìer l'alto diletto
Né donna accefa a! (uofpofo diletto :
Diè con tanti fofpir , con tal fofpetto
Ivi irando dal Tuo eterno alto ricetto»
Spedo a me torna con 1' ufato affetto
Se ftato f He ÌI mio poco intelletto
Nella fronte a Madonna avrei ben ietto,
Quell'ingrato, diràfenza difetto.
Tolto da quella noja al mio diletto
Lanv nt irridi me ; che puro , e netto
1 rso^ean vita i miei fpirti;or n'ha diletto
Sol' un conforto al J e mie peti e afpetto ;
DELLE RIME. 509
ano lenza {oggetto :
,o 7
interne d'intelletto ,

fan di terra al eie! noftr* intelletto


t .

tanto ben f0 l tronchi e fai imperfetto,


prefente mi godo, e meglio afpetto ; S+
'ne ringrazio,e lodo il gran difdetto
v' era che da noi forfè '1 difetto
94 .

tornar all' antico fuo ricetto :

r me fono un'umbra,ed or
t'ho detto
olirò ingegno , e del cortefe affetto
; 95
E tanto vigor nel mio cofpecto
;
quella eh' io co;\ tutto'! mondo afpettoj
U nou (enti ma pur fenza fofpetto
;

Eva.
litro lagrimar , ch'i'oon foleva : 1 Sf
cernoftr' intelletto al Ciel fi leva:
inori' a qui niente mi rileva
ai non vo più cantar, com'io foleva : Ss
Jjnpre fofpirar nulla rileva . .

Ève-
,
più bianca , e più fredda che neve tj
ghiacciar il foco,arder la neve
.
.

iù ardente Sole, e per la


neve,
mìftruggoncosì , come '1 S ti neve :

te.e'l giorno, ;;i caIdo,ed alla


neve
opurfoco, efrcandida neve
'
, e
to -azj al Sol iopra I3 neve
i
1
h
vita é breve,
5S
bramo, e là d v'efler deve ,
'io

refeve-miglie infra la neve


forco quel perchè nel viver breve
m
l'umana miferia fuol far breve , *j
ii 'l tempo andar veloce
e leve,
parlando ornai c' e'i duro, e greve
incarco come frefea neve ,
m
,

ince lui 'i ghiaccio , e la neve


ì Y
Po mini }
<io T A V O L A
Poro mi ov'è'l carro fuo temprato, e levejjl
AI dolce aere fereno, al fofco e greve :
Ponimi alla notte; al dì Iungo,ed al breve; 1

Della paura > che gelata neve j i}i

Gran parte ornai della mia tela breve;


3SIè mai pefo fu greve
Che pochi ho viflo in quello viver breve
Gianc'era ; e fattoi cor tepida neve.
Cui domeftica febbre alTaiir deve;
T3I mi fentia , non fapend' io che leve;]!
Evi.
Mai fempre in ghiaccio, ed in gelate nevi *
Là fotto i giorni nubilofl , e brevi
Ezza .

Pien di quella ineffabile dolcezza


Per non mirar giammai minor bellezza ;

LaiTai quel ch'i'più bramo:ed ho sì avvezza


Già per antica ufanza odia , e difprezsa .

l.a divina incredibile bellezza


Mifurata allegrezza
Semplicetta farfalla allume avvezzi n
Volar negli occhi altrui per fua vaghezza»
Degli occhi onde mi vien tanta dolcezza, 1

Cbe'l fren della ragion'Amor non prezza; '

Nerl'un'all'almaiai corpo ira, ed afprezzsH


J
Sì vedemmo ofeurar l'alta bellezza ,
Cantai; or piando ; e non inen di dolcezza»
Son' i miei fenfi vaghi pur d' altezza :

ìndi e manfuetudine , e_ durezza,


Kè l' arme mie punta di ldegni fpezza .
Tutti pien' d' onerate , e dì dolcezza , il

Il mio cor Jafiò ogni altra villa (prezza


INon fi pareggi a lei qua! più s' apprezza
!Mon chi recò con faa vaga bellezza
(•cine già in altri, hifìno alia vecchiezza,'
Romper lepietre, e pianger dì dolcezza-
DELLE RIME. 5,1
Meco al biiogno e non alerà vaghezza
,
13»
llftnfe giunto d' ogni tua dolcezza 256
llnqu.into ;imaro ha la mia vita avvezza 251
Boa fua {.[Ha dolcezza;
chi troppo afTottiglia , fi fcavezza. 83
Tal par gran maraviglia, e poi fi fprezza.
iQiii.cìo ti ruppi al cor tanta durezza
, 76
Hi rendon i'" arco eh' ogni cofa fpezza ,
Ezz e .

Novo fior d'oneftate , e di bellezze! nz


Bilia'! mio igegno,e'l mio lodar nofprezze.
Belle divine I;>r' alte bellezze 15*
Che 'ri guilad'uomcui non proprie ricchezze
JCjii franca povertà ierve ricchezze ; 11 £
ijfollg in amaro fue fante dolcezze
,

P fecol che verrà, l'alte bellezze


Roger cantando,acciò che l'ameie prezze:
Ezzo.
'si principio rifponde il fine, e'1 mezzo 62
iùtioa mi può fcampar l'aura,nè'i rezzo;
jsor ( con cui penfier mai non hao mezzo,
'almi governa, eh 'io noti fon già mezzo,
dimio corfe ho già paffato il mezzo g?
•tute* mie; penlier romper nel mezzo,
i

fefparga'i fa;uie,e veda i'alma a prezzorictf


on per odio d'altrui, né per disprezzo .

no trefeando , e Belz^bub-iii mezzo ufi


ìià non fofiu nudrita in piume al rezzo
j
r vivi sì, ch'a Dio ns venga il lezzo .

lefpecchìo eran di vera leggiadria . 141


wefperanze ond' io viver l'olia .

iarsfe nel cor, non per l'alata via 19


;
'
ento, cangiata } oimè da quel di pria
Sitato fono, e qua! vita è la mia. 82
domi , e ftruggo ancor , com'io folla :

Y 4 Or»

1

Oraipra, or piana
TAVOLA , ordifpietata , or pia}
Òr vefHrfi oneftate , or leggiadria
;
Nel cominciar credi a
Mi porfe a ragionar quel cb*j*fentia i
D'alcunbreve ripofo ; ovMIa obblia
Lanoja, e*I mal della paffata via.
Crcfce , qualor s* invia
Delie mie colpe , e dell* ufanza ria
;
Ch'i* temo forte di mancar tra via,
Per fomma, ed ineffabil corteuaì
Poi volò fuor della veduta mia *
Ond* io configlio voi che liete in via
,

Era ben forte la nemica mia l


Quali fognando, (I ficea far via,
L alma trai* una , e 1' altra gloria mU
E qual Urania dolcezza fi fentia ,

Ove alberga One da te, e cortefia »


Edov'io prego, che'l mio albergo Ita
Pie ti d'un vago penfier , die mi defvia
Pur lei cercando, che fuggir devria : I
E veggioìa pafTar sì dolce , e ria ,
Quella bella d'Amor nemica, e mia*
Donne che ragionando
, ire per via ;
Ove la vita , ov'é la morte mia ?
Dogliofe per fua dolce compagnia,
La qual ne toglie invidia, e gelofia ;
E lagrime, che l'alma a gli occhi invia-
bile! può fol'o addolcir la doglia mia .
E dal mio Iato fia
Paura , e geìofia ;

E h nemica mia
Dritto a morte m'invia»
Pur come fuoj , fi ftia;
Nè mai più dolce, o pia
Piena trovi queft'afpra , e breve via t
S'ildifljj ilferoardarchemidefvia,
DELLE RIME. 51
15 per tue morta, ecortelia:
pietà
fri di ili; il dir s'nnafpri , ches'udia

s' io noi diflì , chi si do'ce ;ipria iyj


governo di fua pietà natia»
diventi a'cr.i ; ma pur qu.il folla
pi chi tanta fè si torto obblia •
noi dirli giaurri ti; né dirporia
vinta a terra caglia la bugia -
in me il tutco Amar: s'ella ne fpia;
fai

devendo languir , fi morì pria


i

Rathil* ho fervito > e non per Lia:


iraen con ella in fui carro d' Elia .
ifenno, di valor, dicortefta,* iS6
infilo negli occhia quella mia
ìcm'è giunta oneftà con leggiadria»

s' impara ;
ili equal'è dritta via
ìentre '1 fegui a! fommoben t'invia , 9
Rieti prezzando quel, ch'ogni uom defia:

Da lei viea l'amorofa leggiadria»


jbnPolifl'ena , Iftifile , ed Argia. 1S5
Miche ? vie» tardo , e fubico va via
wpoftaavea 1' ufata leggiadria, ita
Così'n dubbio lafciai la vita mia ,

Ecosì per ragion c .inveii che fia : 187


Clicchi poflendo ftar, cade- era via»

Hans' or fua (anta , e dolce compagnia ; 1 r*


M'avendo fpencoin lei la vita mia,
nnu ,onor' ,e virtute , e leggiadria, 167
lami trovo al perro, ove eh* i'fia ;
'il

domar me, conventi vincer pria : 197


0k Mj.il'albersar la vira mia:
'eglièverche tua note zi fia
kVodo di colei, chu qui fu mia aoj
^na.or'è in cL'lo,ed ancor par qui fia ,
lovei parlando / sì setoli 1 e pia

orna qv' io fon , temei-do non fra via

Y % A te

1
5i4
A te più cara
t

a
felvaggia
vola ,.e pia
Salvando infìems tua fallite, e mia .
Va' tuoi pregili ,'a*M A RI A ,
vergi uè dolce, e pia,
Non è quefto JJ rerren, ch'iWai pria ?
i
Madre benigna , e pia ,
I relè delle terrene
membra pria
La Donna che colui eh' a tene 'uvia,.
Vita mortai, ch'ogni animai delia,
senza toipetto di trovar fra
via
Povera e nuda vai FJIofofia
, ,
i
Pochi compagni avrai er
p l'altra via
xJov io bramo e raccolto
, ove che fin : ti
efie au conducon per più
piana via
Adiaom mortai non fi- aperta la
via s

Jn Irato la pai nobil


monarchia
Quanta gloria ti fia
Ed or perchè non fi a
Cortefe nò, ma conofeente
e pia ,
M)l Fjglitjo] gloriofo di MARIA ? .
.
, era oneiìa che 'n Lei la donna ila
,

^ordine, volgi e' non fur, madre


. i
:
mia,.
Né donna è pai , né viva e fé qual pria :

Appare m
vifta , é tal vita
afpra , e ria
Al Tegg,o sì larga , e piana via
qjia]
Ch fon* jntrato in fimil frenefia
i
; |
Mie 1 danno è grave e la vergogna;
è ria E
Ma perche più I anglnr ? di noi
s

fia
Amor , quando fioria tt jj
Acola d'errori , e tempio
d'érefia , ni
Gu Roma, or Babilonia falfa, e ria;
Ove! ben more, e '1 mal fi
nutre, e cri a ;
•L'i vivi inferno
; un gran miracol fia

Pafco
y ogn
la mente
altro dolce
d' un sì nobil cibo , m
, e Lete al fondo bibo .
I
DELLE RIME. _ s*?
[alor, ch'odo dir cofe,e'n cor dtefcrl'uo ,

Doppia dolcezza in un volto delibo :

I b R a
L'Aura fon va, ch'ai Sol (piega , e vibra u*
fcga'I cor lalTo , e i levi fpirti cribra
No ho midolla in oflo, o 1 angue in fibra,
,

(folte in frale bilancia appende) e libra i


Ica-
dunque il de fio, fenza ch'io dica.
felli 77
Ltede eh' a me fol tanto è nemica :
,

primi almen ch'iodica , i _


fi *
Ili orecchi delia dolce mia nemica ;

lon mia , ma di pietà la faccia amica •

Ek fempre il ridica »
trae tu m' eri ami.??. .

totfe ancor
fi a chi fofpirando dica 15*
Fortuna agii occhi miei nemica!
yilttijO

Hi ricondufi'e. a Ha prigione antica", 67


Idié le chiavi a quei la mia nemica
fe'ii) ed or con gran fatica
lor forza :

pi'l crederà, perchè giurando il dica?)


fannia fortuna a me ìempre nemica 1S5
fella man' cid' io ferivo è fatta amica
Della dolce, ed acerba mia nemica *7
bifogno ch'io dica;
folla duice ed amata mia nemica ;
,
«*
ffièfoche me ne penfi o che mi elica , ;

lé più d'altra è bella , e più- pudica


Iirfevol Dio tal di virtute amica
EJo3iiierrorch'e pellegrini intrica; 25!
bra p^ricol preferite , e con fatica , 25 J
Bicolli», nè quell'altra mia nemica
le tua ragion cortefeme^te dica: icB
Bìdell'uianza pelli ma , ed antica
ver fempre nemica . ""V

ftrfodi voi , o dolce fchiera arnica ; i'7


Y 6 Taa-r
Tanto Fortu ira co più vifco intrica
TAVOLA i

E con voi femore in quella valle aprica


Uve 1 mar Hofiro pìÙ la terra
implica :
t>

j Ice.
Ricercando del mar' ogni pendice,
,51

n i'jdeliro corvo f d u "a Fenice.


l
*
"è tem è P iù '

Uual a qua! manca cornice ,

Weroondc fperavaefler felice :


Mafli cosi fra mifera, e
felice: „.
Tal frutto nafcedi cotal radice.
?
1U fl brama , nè bramar più lice ;
J,. , 4i
Cosi me , Donna , il voi veder , felice
luminai fe
al cor l'occhio ridice
; vero
Va ce del mio penfier' ora beatrice
1
:

;
il Sonno, è veramente
, qual' u»m dice > i65
Solo al mondo paefe almo
felice,
Ch non penfo e (Ter ma i fe non felice itt
!
.
«Molta* è del m.o amaro la radice.-
£ u n Pen lie r paria con la mente , e dice:
h
.

del cortuodivelfi ogni


iSt
radice
f' acer ' che felice
ì.
E quello '1 nido in che la
mia Fenice HJ
t. p r \ e fufpiri anco ne elice ?
u f f<-
del dolce mio mal prima radice,
So a eri in terra, or fe nel
Ciel felice:
Folgorando »l pereofle; c da radice ut
Une, fa pianta felice li?
Divino.f uardo a far P UO m
felice »
fi
ijt
A Quel che giuftamente fi difdice »
Quello hsl variar fi la radice
il fatto mondo libero e felice;
ri ego eh appaghe^il J
cor vera beatrice
Hi
ito-
.

Fra qwfteriVearpenfier n'offri amiche; 116


ìera f;ion noflre antiche,
VvaiU
/r ì- r
cfiiuie 5 ski colli , epiagge apriche,
Porte
DELLE RIME. yir
Porto «feì 1* amorofe mie fatiche i

Eie torri fu^erbe a! ciel nemiche ; n9


Anime belle, e di virtute amiche
Aureo tucto, e pien dell'opreantiche
lei.
eder'a chi più fur nel mordo amici ; 6z
len . coni' ogni arbor vien da fue radici*

pe faville , angeliche , beatrici _

oC-hi beili ora io Ciel chiari,e felici »3 J


feiandoimiei quimifefi, emendici
inunetevi in pace * o cari amici :
carne già fe de' miei rari amici ; _ 93
(ari gli occhi cuoi via più felici.
Ito.
fon sì ftrtaco Cotto *] fa feio antico- 7*
di cader in min del mi» nemico-
venne a dilivrarmi un grande amico
mirarlo indarno m'affatico:
eh* a
Fora uno fdegno a lato a qu<-l eh' i' dico. pS
1
Chi m allontana il mio fedele amico?
Amor,fe vuoi ch'i* torni al giogo antico* 19S
Cfc m' è nafeoflo , ond'io fon sì rn.- ridico; 19?
E'I cor faggio pudico
Proverbio* A ma chi t'ama ,è fatto antico. 3j
Da' cmiil donna grama un dolce amico .

Ida.
Del mioben oia?a,edel mio pianger rida;i3$
Noi oerchè mille volte il dì m'ancida >

Ine s'ella mi foaventa * Amor m' mda .

Come quetìi '! mio core, in che s'annida» 153


E di morr lo sIÌH.t
.- .

D'ogni fedel nocebier fidata fruirla : i«5t

ho aia da vjcin l' itltinv ftnda : 1

rmr' in te t'anima mia fi fida j


"
*i tuo aeraico del mio mal uoa rida
yiS T A V O L A
I DE .

Se il dolce (guardo di cortei m'ancide, i#


Sol quando p irla, ovver quando Torride
;
Lafli) , che iia , Te forfè ella divide
Làdov'or n/afì'ecura, allor mi sfide?
C'-.m • chi m.ìi cofa incredibii vide ; rij>
Miriam coilei quand'ella parla , o ride ;
Sfayillan sìle miedu; ftelie fide.
Ch'alno lume non è ch'innarami,ogm'de j

Chi gli occhi di cortei giammai non vide) iti


Non fa corri Amor Tana» e come ancide
E come dolce parla y e dolce ride.
Sempre lì moilra quel che mai non vide ioj
Ch'è quando i' foipirando ella Torride,- ,

Degnò mirarmi , e riconobbe , e vide il.


Ma nulla è al modo in ch'uom faggio il fideujl
Deh non rinnovellarquel che m'ancide Wmj :

Ma faìdo, e certo, ch'a buon fin ne guide.. •

Che mal per noi quella beltà fivide,


Idi.
Fuor tutt'i nortri lidi .
uy
Se noi temprafl'en doloro!! Aridi
Amor , ch'ancor mi guidi
Ma più ne! tempo , che Madonna vidi
Dal dì che prima que' begli occhi vidi ijy.
Per cercar terra , e mar da tutt'i lidi
In tale rtella duo begli occhi vidi iSj
Che prefica qu^i d'Amor leggiadri nidi I
In qualch'etade, in qualche rtraui lidi :
In Grecia affanni, in Troia ultimi ftridi:
Come ardevamo in quel punto eh* i 1 vidi iir
Quando a lor, come a duo amici più fidi ,
Quel che veder vorrei,poi ch'io noi vidi: idi
N empierti 'I eie! di sì amorofi ftridi :
Luoghi da lifpirar riporti , e fidi ;
®; in. altra riva sì foavi nidi
Id i a .
DEL UE RIME. yi$J
Idia.
Che fè non Zeufi , o Praflitèle, o Fi^ja , no
Qual Scitia m'aiìicura o qual Numidia
j
j"

Eost'nafccfto mi ritrova Invidia?


I'd o .

le fi oofaffe fotto'I quarto nido 3)


r griao
li effa fola av ria. la fama , e l

Ma vola più alto , affai mi fido


fe •>

i°9-
Loco mi trovo , c'n più deferto lido ,
Quel dolce error , pur li medsfmo affido
leggio fenz'òcchi;e no holirgua,c gridojira-
Palcomi di dolor ; piangendo rido ;
3'
Sèdi !ui,nè di lei molto mi fido ; 5

La doglia mia, la qual tacendo i' gridò ;:


Echi leggiadri, dov'Amor fa nido
Quel vivo Lauro ove folean far nido «3"
1 1 Gel traslato in quel fuo albergo fido
,

Della fua frale vita A quefto un ftndo i Jft


.

Lagriraofo alzo j e grido ;

Non è qu: ilo '1 mio nido » _


l0 7
Non é quella ia patria in ch'io mi fiuO ,

De'paff.itì miei dimni piango, e rido ;

E scontando gli anni; e taccio,e grido;.


Ie..
Che quafi-un bel fercno a mezzo 'i a:e 31

ler le tenebre mie > .

Oche dolci accoglienze , e caffè, e Die i44i


La lunga ifforia delle pene mie-
Tornali al Ciel , che fa tutte le vie ;
Ifi.
E Laura mia con fuo; fanti atti fchifi
felice Autumcdcn , felice Tifi >-
Ice.
Che purghe ogni penfier,che'l cor'àfHige; 4&
FÌalj.ch'i'non t«ma del noccbierdiSuge;

Irja:.-
Si» TAVOLA te?..
Ov'io la vidi ; e fol tra, che m'affìigi , n;
Lei non trov'io ; ma iuoi Giriti ve/ligi
Veggio lungeda'ìaphi Sverni , eStigj.
fcio.
Ercer dir'all'eftremo il gran fervigio, ij*
Ed in pender , poi che fatt'era uom ligio ijjl
Di lei eh' alto vedigio
I G L l 'A ,

A farli de} ci vii fangue vermiglia ; }J


Pianfe morto il m.irito di fua figlia
Ì*iaufe la ribellante fua Simiglia;
E fopra 'I buon
cangiò le ciglia:
S;iul
Amor*, ed io sì pien di maraviglia» 119
Che fol sè fletta, e nuli* al era fi miglia-
Dal bel feren delle tranquille ciglia
Chi d' am tr altamente fi con iì glia .

Gli occhi fereni e le frullanti ciglia; 14)


,

Che_ fanno altrui rremirdi m traviglia;


E i fiori, e l\rbe
, fua doke fi mi glia
; nj
E primavera candida» e vermiglia.
Giove s'allegra di mirar tua figliai
Ogni animai d'amir fi rìconfiglia .
Far fétìa u marmo,e'mpièr di maraviglia;^
All'atto della fr nte , e delle ciglia,
Meco, mi ditte » meco ti con fi glia :

F, la retetal tende, che non piglia :

molte miglia
c l 1 e I .

Se mai candide rofe con vermìglie


»oj
Ch avanza tutte l'alfe maraviglie „
I G L I ..
C •
•>e non ti maravigli;
1?
Affai raen fiach' Italia co'fuoi
figli 14
Tacco, chcperGESU' la lancia pigli

IciiO- ì
DELLE RIME. 5"
Iolio.
die naturai configlio »
fon fapev' io 56
Tanto provato avea 'I tuo fero artiglio .

Manovametite ( ond'io mi maraviglio)


Tralariva Tofcana, e l'Elba. e*l Giglio-
Scorgo ira '1 nubilofo altero cigli»; 1J3
Di Covrirle ilmio mal prefo co' 'fillio»
Cetco del viver mio novo confi, lio ; 191
Eveggio '1 meg!io,ed al peggior m'appiglio-
Némai pietofa madre al caro figlio , zof
Indubbio (Leo sì fedcl configlio;
Come a me quel la che'l mio grave eiìglio
Edi doppia pietate ornata il ciglio ,
Lei ne ringrazio, e '1 fuo alto configli» , 109
LWon la lingua oprar,l'a!tra col ciglio,
Ch'Amor rnoiìrommi fotro quel bel ciglio 135
Per danni altro configlio :

Ne'dolci membri del tuo caro Figlio» 161


Chefconfigliato, a te vien per conuglio .
Igne*
Softien'ch'iovada ove'l piacer mi fpigne 5» .

Nèdi eh' a tal nodo mi diftrigne •


lui
Vedete ben, quanti color dipigne
Tornare; il mal coftume oltre la fpigne 19* :

li agli occhi dipigne


Fece l'erbe fanguigne icS.

Orpar, non lo perchè , fteile maligne»


Col Tedefco furor la fp.ida c gne ; 2?
Di qui dal marche fa I' onde faaguigne >
Che ferro mai non ftrume >
I G N O -

1
Mentre potèo,del fuo cader maligno : 1 6
|
Orid' io preti col fu'-n color d'un cigno .

ICKE.
,
Mie venture al venir fon tarde e pigre ; 49
Epoi al partir fon più levi che tigre .

Laffo %
5tt T A V O L A
Latto, le nevi fien tepide enigre
, t
D' un medefimo fonte Eufrate e Tigre;
j -a
Ile.
Amor, Naturarla bell'Alma umile ,J
ChVroora affatto, e 'n ciò fegue Ino Siile J :

. Natura tien cortei d' un sì gentile


Più nella vita faticofa, e vile,
Ch' a mio nome gli pofe in man lofiile fi
;
S avene dato all'opera gentile
Che ciò ch'altri han più caro,a me fan vile: ij
Però che 'n vifta ella li moftra umile
,
A voi rivolgo il mio debile ftile M
Tiea dalfuggetto un'abito gentile; <H
Levando, il parte d' ogni penlier vile i 2
Al fuo bel collo candido gentile 141
Forma fen2*arte un sì caro monile ,
L' .aere d'intorno ; e '1 tacito focile
D'Amor tragge indi un liquido fottile
Vergogna ebbi di me ch'ai cor gantile
;
5J
Piacemi almen d' aver cangiato ftile
Gli altri afeiugafle ua più cortefe Aprile .
j
Dot oggi alberga l'anima gentile i<§
Ch ogni altro piacer, vile
Del portamento umile
L'alma , eh' è fol da Dio fatta gentile; 1»
A chi col core e col fembiante umile
Tengan dunque ver me l' tifato ftile ifir
Arda, o mora, o languifca; un più gentile
j
v mute , onor , bellezza atto ger.tiic
, , 1 jf
Su l^ora prima il dì fedo d' Aprile
Ch'i'adoroin terra ,erra nte fia'l mio ftile,i7jl
Facendo lei fovr* ogni altra gentile,
Non abbia a fchifo il mio dir troppo umile, '{

I>egna d'affai piiValto , e più fottile;


Ogni angelica vifta, ogni atto umile 9*
Chinava a terra il bel guardo gentile ;

P.co
DELLE RIME. 5*?
taoera fiata ancor l'alma gentile «!
(Cfc'era(iell'anno,eòi mia etate
Aprile) "9
i97
ifaimmTcntir di quell'aura ..gentile
Sgombrar d'ogni nebbia cicura , e vile ;

Ed'alzava'I mio ftile .


'1 parlar faggio ami e ,. z i %
L'arto fiate , e
'1 bel nome gentile
forfè avverrà che
e '1 dolce Itile *3 6
E i foavi fofpiri ,

ogni «ile .
E '1 mio duro martir vince i

«ile
Ov' è condotto il mio amorolo
.

Che condii di dolcezza ogni agro «ile,


»37
Ondlo vo co! pender cangiando
itile ,

Ko.i ha '1 regno d' Am:r


sì vano lille ;
«ile ,
Edoppiar.do '1 dolor , doppia lo
-Amor alzando il mio debile «ile.
Pr'avefs'io un sì pietofo urte,
thie ;
io grave danno in- doloroio
'1 mutato ftile ;
in riccnofcerà

luti una volta quel fuo


antico tuie
lui piacer non potèo
cofa Vile *5* :

limi.e
'imprefle al core , e fecei fuo
gentile,
uanto ha de! pellegrino , edel
umile: 1S3
iiierere d'un cor contrito
he devrò far di te cofa
gentile ?
•dal mio flato affai mi ferò., e vile *6+
1 tuo nome e pen fi eri, e'ngegno ? e itile;
ien caro altrui chi tien sé* cosi
vile . jc#
(angue gentile

atin ,

è di me molto, nè di cofa vile;


oleor ver me pacificato , e umile ;

Ilr
! man bianche fottili ,
3*
le braccia gentili
ideici fdegni alteramente umili,
SU TAVOLA
Illa.
Lagrime l'altra che 'I dolor diftilla
,

Ni oer duo fonti fol' una favilla


Com'Amor proprio a Tuoi feguaci indilla,
L'accetomio defir tu'to sfavilla,
Ovunque mi fu mai dolce , o tranquilla, .
Neli'.tbito ch'ai fuon non d'altra fquilla,
Poi che !uo fui. non ebbi ora tranquilla
, 15;
Sovra miei fpirri; e non fonò poi fquillai
Ov* io fia in qualche villa,
Perbreve tèmpo al men qualche favilla : ;i
Che promette una vita più tranquilla .

Della tua mente Amor,che prima aprilfa,


I L l e •

Che fra la notte , e'1 dì fon più di mille ; U


Torno dov' arder vidi le faville
Ch'a nona,a vefpro,all'alba,ed alle fquiìle
Le trovo nel penfìer tanto tranquille
,
Ma ricoperte al-uanco le faville :
Per lagrime ch'io fpargo a mille a mille, I
Conven cbe'I duo! per gii occhi fi difille.
L'erbetta verde , e i fi >r di color mille
mjJ
E'icield-i vaghe, e lucide fi ville
Nè porian' infiammar fo s'ancor mille: id
Rimaner dopo noi pien'di faville.
Ch'io ho cercate già vie più di mille 154
,
Corre pur' all' angeliche faville
;
Ei fa ch'il grande Atride,e l'aito Achille,^
Lalciai cader in vii* amor d' ancille :
Ed a coftui di mille.
Con le parti dell' animo tranquille ii|
Quelle note ov'Amor par che «faville
Ch'or fu dil Ciel tanta dolcezza ftille
;
Ch'alio ftil', oodeM-rte dipartii le,
"copre lefue piaghe a mille a mille; 4C
J'
Ch arde oggi tutta ; affai poshc faville
Spe-
DELLE RIME. 515
Spegnendo , fieri tranquille.
I l l o .
'Setto 'I più ardente S^l , com'io sfivillo 19
Cerate dunque tonte piò tranquillo ;
di quel che lacrimando flillo
'Salvo

Ima.
pjnnaj per me vcftra bellezza in rima ij
Ricorro a! tempo , ch'i't'i vidi pr ma ,
piovra da polir con la mia lima:
Però l'ingegno , che <u 1 forza e.flima ,
perchè quel che mi trulle ad amar prima , so
Eli eh' ioli vidi in prima, 64
Cosigli ho di me porti in fu la cima; 65
Chem'o v.ilor per sè fa'fo s' eftima
i .

Cola fu m;i in qualche Uranio clima iij


;

[Quella le ben fi {lima


,

fc) mi-) voler' ec sìin fu la cima :

'
E rosi torna al fin (tato di prima :
'

Uo, che malaccorto fui da prima 53


mia vira , e n< (io in lu la cima .
Della

Llo non credea » per forza di fu-i lima


Waccsì va chi fo ra '1 ver s' effima .
Di quelle pene è mia propria la prima
, 740
Nè'n pender cape, non che'nverfi,o'n rima:
H'ngni uom paressi*, e de! fuo lume in cimi
[ Forlì n le voci de'fofpir mie' io rima ; »i 1
Fstre l'avrei del fofpirar m'o prima
le he fi flava de' pender mi --'in cima;
Non pollo e r.on , ho più si dolce lima ,

I'com'uom ch'erra, e pni più dritto eltirna;i4<>


lidi fedo d'Apri le , in l'ora prima ,
lCheioiiicala.il Fattorchi ben l'Htirna: 255
jfotea levarli al!' alta camion prima :

dei l' ha detto alcuna volta in rima •

E tutti voi, ch'A mor laudate in rima , ij


'

Heiidete onor, ch'era fmarrito in prima


D' no
W
«5 TAVOLA
un fpiriro couverfo > e più s'eftima»
Ime.
Conven» ch'io volpa le dogliofe rime ,
isd
Qaaificn'ulcimclaffo.equa'fìeii prime? T
E temo* e {"pero; d in fofpin ,c'n rime iH
<

Sfogo '! mio incarco Amor tutte Tue lime


:

Renda a queir.' occhi le lor luci p ime?


( Laflb,non fo,che di me
fteflo eftime ) :

Non fon' al fommo ancor giunte ìerime:


Chi fa penfare il ver tacito eftime
,

Che folea rifoiiar in verfi, e'n r. me ;

I miei gravi fofp'.r^non vanno in rime ;


U' fono i verfl , u'fon giunte te rime ;

Alto (oggetto alle mie bafle rime .

Chiaro legno Amor pofe alle mie rime


E '1 Globo tifato alle mie roche rime :

Che trae del cor sì lagrimofe rime.


Quando penfieri eletti tefTea in rime»
i

Com' Euridice Orfeo fua fenza rime :


Ov'èc'nleijch'i'canDMepi ngo in rime, ijl'

Se sì alto pon gir mie franche rim;;


Ch'afcoltate d'Amore, o dite in rime ;
E 'n afpro ftile i e'n angofeiofe rime
Imo.
L' ultimo colpo chi mi diede il primo : ij<

E ria
; dritto eftimo
s' i* ;

Senza terreftro limo ;


Ina.
Non d'atra e tempeftofa onda marina 114 _

Fuggojove'l gran detio tisi (prona^nchina:


Né mortai vifta mai luce divina
In che (poi tirali Amor dora , ed affina
i

Nella ftagion , che'l eie! rapido inchina 4|


La fianca vecchierella pellegrina _

Quado A"mor'i begli occhi a terra inchina;^


Chiara, foave, angelicaj divina ;
Sea»
DELLE RIME. 517
luto ràr de! mio cor dolce rapina»
le 'I eie! si onefta morte mi decina :

Kaziech'a pochi'! ciel largo d< ftina : 159


inumil don^a alta beltà divina ;

ìeggiadria fmguLre, e pellegrina;


Sn'ogni dur romr>e,ed ©ani altezza inchinar
llianimi ch'ai tuo regno il ciclo inchinai!??
a piango, e grido : Ahi nobil pellegrina»
Bua: Sentenza divina

[atto citar dinanzi alla Reina 151


Cne la parte divina

hi, coni' oro , che nel foco affina *


Giannini ti volfe,al mio pregot'inchina: 160
fcnch'i'fia terra ,etu del Ciel Regina.
Pinovi ponti oltraggio alla marina: 24
E tinto 'in rodo i E mar di Salamiaai
E non pur quella mi fera ruina
I tsci ,

'1 cor'or quindi


feraflalirnii , or quinci» 78
imor j con quanto sforzo oggi mi vinci !

Ine.
l'ore del pianto , chefon già vicine» 10
Prendere or' al la fine
E che mi feorge
al gioriofo fine: 61
Contar poria quel che le due divine
iquando '1 verno fparge le pruine»
bferdue treccie bionde?e'n quali fpine 163
alfe le rofe ; e'n qual piaggia le brine

Mei parole, onerte, e pellegrine?


We tante bellezze, e sì divine
.'aura, che'l verde Lauro,e l'aureo crine 17*
•anime da' lor corpi pellegrine .

inditi;) rofa nata in dure fpine •'

landa prego il mio in prima che'l fuo fine;


iwpuòmolto lontan'efler dal fine : 69
i te caga ju del mio dogiiofo fine
5*8 T A V 0 L A
Ch'anzi 'Imio dì mi trafporcava alfine:
Ed aIJor folpirai verfo 'i mio fine .

Non perch' io fia fecuro ancor del fine :

Ed arrive il mioefilioad mi bel fine;


Per fpelonche deferte , e pellegrine > I

Ed ancor poi trovai di quel mal fine >


Finir anzi al mio fine
Quelle voci mefehine;
Con le ginocchia della mente inchine idi
E la mia torta via drizzi a buon fine .

L'anime che lafsù fon cittadine, 4]


Del lungo odio ci vi ri pregati fine,
l

Ioga.
Di che nulla pietà par che vi ftringa ; io)

Del barbarico fangue fi dipinga ?


Vano error vi lufinga :

I Ng e .

Per qnetar la vaghezza, che gii fpinge ; iti


Trovo chi bella donna ivi dipinge,
Aka pietà, che gentil core ftringe :
Oltra la vi fra agli orecchi orna e'nfinge
Ch'e si foivemence lega , e ftringe 14
E di bianca paura il vifo tinge :

In g uà ;
In molte parti ancor per la tua lingua , W
Prega che non ettingua ;
Ino.
Poi che per mio dettino
Sia la mia fcorta, e 'ufegnim'il cammino;
S'egli è pur mio dettine)
Qualche grazia 'I mefehino
O voi che travagliate ecco'l cammino
, :

Quii r.izia , (jual'amore o qua! dettino ,

Là'nd'io " ifi \va fol ner mi dettino : 'i

Tefefn l'.-rba* Wè
verde 'I cammino:
l' foggia le tue mani , e per camini- o j
M'aa.
DELLE Ri ME. 5 t9
l' andava fcouofciuto, e pellegrino;
er darmi a diveder , eh' al fuo dettino
'cofada ftancar Atene , e Arpino , 17$
ingua marta « al Tuo fiato divino
1 per elezion , mi per delfino,
.feconfe itimrnto é di datino ; 196
midi gii occhi fempre , e '1 vifo chino ?
W perde agevolmente ?n-un mirtino
ili fa d'ora in ora onde '1 ca-njnino
: i3y
Ingo per più non ettcr pellegrino:
vada.: s'è pur mio dettino»
ite-si

taami al tuo Signor' .illor 5


inchino 756 : m
ifpondejEgii è ben fermo il ruo dettino:
sai colpa, qua! giudiciojoqual dettino,
106
ili idi re vicino
il

to nome Latino j
fperanza , e'I gran t
b'jncor non torfe dal vero cammino
jj'n vece un'abete,un fàggio,un pino
lor
lì l'erba verde , e'I bel monte
vicino,
erch j '1 nottro amorofo Metter
Cino yS
beperdut' hanno si dolce vicino,
Inse.
icitore Aleffandro I» ira vinfe
, i<5$
Ragliar folo, ed A pelle il dipinfe?
ira Tidéo a ti! rabbia fofp nfe ,
floaveaSilla , all'ultimo I' ettinfe.
Issi.
gato fon., perch' io fteffb mi ttrinfi . tps
(tato ho in feno,r giammji non mi feinfi.

I
Iuta.
'infiniti fofpiri or I' hanno fpihta : ifi
fta .enon altro
già dall'onde vinta
,

la tace, e di pietà diointa


ii

148
ide l'anima mia dai vinta * doV
«dall'onde combattuta , e vinta , ir •

indo la gente di pietà


dipinta
Rimi Petrarca. Z Chi
sì o
Chi'ntorno
TAVOLA
al collo ebbe la corda avvinta,
|

Di me reggendo quella fpadacinta


I NT O •

Tempo ben fora ornai d' avere fpinto 3

Nell'altrui fangue già bagnato e tinto , :

Che mi lafsò de' fuoi color dipinto ;


Io fon dell' appettar' ornai sì vinto ,
Ed ogni laccio onde'l mio cor'è avvinto.
Ma '1 bel vifo leggiadro che dipinto
Pur fon centra mia voglia rifofpinto.
S' una fedeamorofa , un cor non finto , 16
S'un Ìuhfo error' in cieco labeiiiKo;
Se nella fronte ogni penfier dipinto,
S'unpallor di viola, e d'amor tìnto
Che l' indurato affetto al fine ha vinto ,
E inoltratone a dito ; ed barine eftinto.
Tanto innanzi fon pinto,
Io-
Fuggo; ma non sì ratto, che'l defio
Farian pianger la gente ; ed i' defio j
Donna, nort vivid'io,
Poi , che'n me conofcefte il gran defio

Quelli poter tìlenzio alfigoormio,


Veggendo in voi finir voRro defio:
D' abiflfo , c tinti lièi l' eterno obblio ;
Sì traviato è
'1 f. ile mio defio

Vola dinanzi allento correr mio:


Che quanto richiamando più l'invio
Ch'Amor per fua natura il fa reftio
E viene a Roma feguendo'I delio
Così laflb , talor vo cercanti' io «
,

Qui dove mezzo fon , Sennuccio mìo ,


>

C hanno fubito fatto il tempo rio .

Qui fon fecuro evovvidir, perch'io


:

Nà mica trovo il mio ardente defio .

Ma contrattar non poflò al gran defio ;


DELLE RIME. jn
J Che
hac.pio
I agguagli
altrui parlar', o mio.
de! mio dolce ftaco
rio,
faante volte difc'io
i>sì carco
d'obbJ io
er gli occhi
miei del volto fato Ho '
?s
t7



la pietà crefce »I
defio .
ta c hai pollo re
:
fletto in obblio,
la! dipartir del tuo
fommo defio
rivedergli occhi leggiadri
;ond'io, »,
Wummi un tempo ornai :ch>al
viver mio
pu morrò, s'io non credo al defio.
«dette le voci tante ch'io -r
™?m> e le lagrime, e'Idefio.
fumala le .cquifto: c'1 pender mio
:come eterna vita è veder Dio,
breve, e frale vi ver mio.
iir.qir.fto
M
piitcfla, coni 'or, bella
vid' k>
evince ogni altra fpeme,
ogni defio .
pi ardente defio
nacque il giorno ch'io
J
! Amor fé ne va per lungo ebbi io
;

pfiamina si, die obblio


«nel tango il bel teforo mio: rj ?
"«lei vide, e fai Madonna,
ed io.
tranquillo ogni ilare del cor mio :
S ts ,
e pi m'aTde'l delio,'
il

'ave mia colma d'obblió


t ISig.io^,
anz i 'i nemico mio :
,
u
Kttn rem un penfier pronto
i
, e rio
mr, diloeranze, e di defio:
Pefci vifi.,ni al lì gnor
mio tt *
«.latto un dolce di
morir defio.
«"'dai a mir-nr con tal dello,
ime (tsfloj e'I mio mal pofi
1M
i u obblio .

Z « So-
m« T A V O L A
Solo per ipri mimt noftro delio -

Certo ornai nuli tem' io j


è ritornata orni' ella uicio sa
Che tofto , .

Tua gran virtute e'1 furor mio.


Fè la ,

Se non per lesene fu'J fuo lume, e^l


mio 135 .

Licito fode > è '1 mio fommo defio


I .

Ma da dolermi Ho ben fempre , perdi 10


Ouefti m' ha fatto men' amare Dio
Sempr* aguzzando il gioverai deùo
All'empia cote , ond'io
Uomo , e verace Dio ;

Apollo; s'ancorvive il bel defio _

Volgendo gli anni già pofte in obblio ;

Dal pigro gielo, e dal tempo afpro.e rio,


Ove tu prima, eroi fu' invelcat* io :

Intendami chi può; ch'i'rrTintend'io . 8;

Fetonte odo che'n Pò cadde, e mono


,
:

'Ch'Annibale non ch'alto farla n pio


, , : 4<

E fe ben guardi alla magion di Dio


Mi dice cofe veramente, ond'io
Veggio » che '1 gran defio
Ippo.
E fcl minor' in parte che Filippo:
Che vai fe P rpotele e Lifippo
li ,

Che morend'ei refe Menalippo fi :

L' ira cieco del tutto , non pur lippo


Ira.
Contra l'arco d'Amor jche'ndarno tira $ ;

Da'be' voftr'occhi mudifdegno, ed ira- ;

Ordì tua lontananza fi foipira n :

Ed in quello penfier l'alma refpira


Per far dolce fere :o ovunque fpira ;
Si che'l cor latto altrove non re fpira »

Di ch'io ragiono come a chi la mira J


-, :

Dal vigor naturai che v'apre, e gira


Felice l'alma, che per voi lofpira
DELLE RI ME. sn
Chepotràdir chi per Amor fofpira j 5°
li privilegi; ed al Sol venga in ira
Per divina .bellezza indarno mira n!
Comi; foavemente ella gli g/ra.
Cbincm fa come dolce ella folpira ,

'1
rifò ,pianto , e la paura , e l'ira . a?
e'1
c»me indarno fi fofpira .
fpefl")
iftior mio caro , ogni penfie' mi tira 19*
Mitene a fren^ e mi travolve , e gira .
|q el dolce delio eh* Amor mi fpira »
ovumuè io fon , dì , e notte fi fofpira .
{dirà ben; quello ove quelli afpira , 179
Hantov a,e S nirna,e l'u>ia e l'altra Lira-
«Giunger non puote^Am-ir la lpinge,e tira
ppcfde'l Ci;, lo , ove'i tuo core afpira , 1 95

Beco Torride ; e f >1 di ce fofpira ; 19*


E fua fama > che fpira
JFifo mira pur me ; parte fofpira ,

[Mentre piangendo allor feco :>' adira >


[Cin le fue man m'afeiuga ; e poi fofpira »5i
[Dolcemente) e s'adira
[Gerì, quando tatar meco s* adira i3*
Kolopercui vertù l'alma refpira ; _

lOifunou' ella fdegnando gli occhi gira j


jch'a forza ogni fuo fdegno indietro tira.
Idi occhi per grazia gira : »* _

lOode nel petto al novo Carlo fpira


|si; che molt'anm Europa ne fofpira >
{lontana di dolore 5 albergo d'ira, 117
Per tanto 2 piagne , e fi fofpira ;
cui
[Oiiiclnad' inganni 1 o prigion dira;
|S: GIUSTO teco al fine non s' adira

Ire.
Trovar parlando al mio ardente defire «3
lOuelta tperanza ardire
Ufelrainar colui quelli a ferire ,
**«
,
Z 3 Che
Che
534 _
TAVOLA
pietà non avefle (pente l'ire,
Volle, a vederla, e fuoi lamenti a udire
;
Per colmarmi di doglia, e di defire,
Tante varietali ornai {"offrire : n>
Fuggendo fpera i Éupi dolor finire '
Che ben può nulla chi non può morire <
I n sì fervide rime farmi udire , ifii
Ch un foco di pietà felli fentire ,

Rompefle all'aura del mi' ardente dire


O /efii quell'alt™' in odio venire
;

Pianti molt'anni il mio sfrenato ardire:


ij
Credo, per più dolor' ivi fentire.
Ilegu; rantolanti il mio delire,
Sento i melfi di morte ove apparire 1
64
Poi, s'avrai ch'apprettando a me li gire,
Ch i'nol fo ripenfar , non che ridire:
n°r ' e veggio '1 mio fallire
^j è già
j£H
}? : 1/1
quali vinta dal martire .

Solea frenare il mio caldo defire,


£. l'alma difperando ha prcfo ardire.
Ma più, quand'io dirò fenza mentire
;
Donna mi prega; per ch'io voglio dire .

Che 'ncontra me medefmofeppi ordire; ije


Veggio^, e dentro cangiarli ogni defire.
Or ch'i' mi credo al tempo del partire
Per voi conveu ch'io arda,e*n voi refpire:
19J
Di fperanza m'empiette , e di defire
Tempo è ben di morire; m
JE volendo! fcguire,
Sìfeco il feppe quella feppellire tic
Ch i* chiamo il fine per lo gran defire
Canzon tu puoi ben dire
,
; ji!
Cantando d'acquetar gli fdegni e l'ire ijj
;
Aovra d'i sè , dov'or non pori a gire ,
Agguaglia la fperanza col defire
;
Che fon rimafo in tenebre , e'n martire , v>i

Cer-
DELLE RtMTÌ. S 3S
Certo Tempre del tuo al Ciel falire,
Quefì j fu il fdegnì, e l'ire ,154
fèl, quelli gli
pa d mne, e cavalier piacea'l Tuo dire:
E sì aito falire
Cercar gente» e gradire» lofi
Io parlo -per ver dire »

I R I .

Ch'i' vi difcovrirò de' miei martiri g


Efe'l rempo è contrario a' bei defiri ;
jAkuii foecorfo di tardi fofpiri.
Con un vento angofciotb di fofpiri , _
li
Ouand' in voi adivien che gli occhi gin ,
m'acqueta gli ardenti miei defiri »
|Emi fottragge al foco de' martiri;
Eddlla lunga guerra de' fofpiri ; 7<
Ch'i'aggio in odio la fpeme , e i defiri
Porto nel. petto, e veggio ove ch'io miri;
Mi sforza : onde ne' primi empj martìri
Vedendo » Amor V infpiri io«
Ilo guifa , che fofpiri
lEITerqual viltà mai ver lei fi giri : 114
I Purché occhi non miri,
gli
|0»'e eh' i'pofi gli occhi laffi , o giri _
11$
Per far fempre mai verdi i miei defiri
ICon leggiadro dolor par ch'ella fpiri
liti voci vive, e fuoi fanti fofpiri
ICh'al duro fianco il di mille fofpiri ut
Trarrei per forza > e mille alti defiri _

Ebugnarg'i occhi > e più pietofi giri^


Far) come fu ol chi degli altrui martiri
I0«e per afpre vie mi Iproni , e giri j 130
Affai contenti laici i misi defiri >

éledifpiaccia che per lei fofpiri


Con la fua propria man de' miei martiri ioz
Dirò; perchè i fofpiri
I Dico » che, perch'io miri
Z 4 Che

1
Che
556 TAVOLA
fanno meco om:ii quefti fofpiri ,
S'awien che'! "volto in quella parte giri,
1
Rimbombi fno;i de' miei gravi fofpfri ,
!
i
Come fuol fare ; ifcufinla i martiri
L altro e d'un marmo che fi mova,efpiri: ij,
Le mie fperanze , e i miei dolci fofpiri
Se quel!' aura fbave de' fofpiri io-
M viva, e fenta, e vada, ed ami, e fpiri ;
'

Ritrar poteffì o che caldi defiri


;

Mi fb fichi, o'ndietro,o da man manca giri:


Quinci nafcon le lagn me e martìri , i , *jj
Le parole , e i fofpiri
La lingua, e '1 cor, le lagrime, e i fofpiri. jfii
E prendi in grado cangiati dcfiri .
i

_
Irmi.
Oftelle congiurate a 'mpcrerirme ! 73:
O fido fguardo , or che volei tu dinne
,
Cb i 'crede va {a hi credenze vane,e'nfìrme)
-Perder parte, non tutto , al dipartirne
Irò.
Occhi miei [affi , mentre ch'io vi giro h
Che già vi sfida Amore ; ond*io fofpiro.
Breve conforto a sì lungo martiro-
Cbe bel pie fece in quel cortefe giro
*1
. U
Dj qualche lagrimetta , o d' mi fofpiro .
Un'altra fonte ha Epiro; JM
A quella fredda ch'io fempre fofpiro,
Arie tutta ; e martiro
*' f°> che'i finto; e fpeffo
'\ me n* adiro .115
Del quartodccim' anno cb' io fofpiro , «1
Sì crefcer feiito '1 mio ardente deftro
Si'tto cui giogo giammai non refoiroj
'1

Per gli occhi all'ai mio ma! sì fpeffo giro.


D avorio ufeio , e fiuerti e di zaffiro ; 219
Onde *1 primo fofpiro
ludi imeffi d' Amor' armati ufeiro
Irti •
DELLE RIME- 53?
I B. T I

Jj Quell'i i fmli, e famelici miei fpirti . 155


Amor' { e vo' ben dirti )
5 •
Irto.
Negletto ad arte, e 'nnanellato, ed irto ; 198
1
Ne dell' ardente fpirto
I La qual tlj,e notte, più che Uuro,o rn;rto,
'
iQual vaghezza di Lauro? qual di mirto ?
*
]
Tanto ti prego più, gentile fpirto ,
Isa.
Itegli occhi ond' i'fui percoflb inguifa, 6*
,"

Odi pietra dal mar noftro divifa


M'hanno la via sì d'altro amor p-ecifa,
Ufcortapuò, non ella, efler derifa.
1

Ischi.
j
poco a poco pariche'l tempo miteni; 7*
Ch'a
'
I Securonon farò , bench' io m'arrifchi _

I Né mi rrtenga> perch'ancor m'invjfchi ; _

|Nè m'apra il cor } perchè di fuor l'incifchi»


Iseo.
iLicrime , e doglia , il cor laffo ntidnfco.*44
'lEi'pefr tremo, e fpeflb impallidifco
t?mpo; a! letto in ch'io langwilco,
Ebbe al fito
Vicn , eh appena a rimirar
tal l'ardifco ;
Canzone, io t'ammonifeo, io8
lih c-'a novella eh' ora ordifeo; '
3^
l'Es'io mi ùolvo dal temee vifco
I Tra de'modernUe'l fcrmon prifeo;
lo 11:1

Che ( paventofamente a dirlo ardifeo )


I s e .
lOui cintò dolcemente, equi s'afl'fe :
1 Qui difTe ur.a parola , e qui forrife :
Di'orvene, ove '1 noftro ferro mìfe. 100
I Voli va mercè , cui tanto fi commife j

Voltre voglie divife

Z 5 Iso ,
3it TAVOLA
. I so .

Piovommt amare agri me dal vifo ]

Per cui foia dal mondo i'fon divifo


Vero è che '1 dolce manfueto rifo
,

JWentr'iofon 1 a mirarvi intento, e filo


Per mirar Poiicleto a prova filo
Della beltà che m' ave i! cor conquifo
Ma ceno ii mio Simon fu in paradifo ,
.

Per far fede quaggiù del fuo bel vifo.


D«egna con a mente il fuo bel vifo
]
.

Dove fe giunto, ed onde fedi vi fa?


Ma mentre tener filo
!>'aura foave , che dal chiaro vifo
Quafi un fpirto gentil di paradifo»
Move dal lor* innamorato rifo.
Cosi vedefs'io fifo,
Cortei per fermo nacque in paradifo
!
i. I volto e le parole e '1 dolce rifo
M aveano
,

, e sì divifo
,

Quando primier sì fifa


Gli tenni nel bel vifo,
Due roie frefche , e coke Iti paradifo
Tra duo minori egualmente divifo:
Con sì dolce parlar* , e con un rifo
E l'uno, e l'altro fè cangiare il vifo .
Che quand' io mi ritrovo dal bel vifo
Cotanto effer divifo,
Mi Ile cofediverfe attento, efifo,
Sol' una donna veggio , e '1 fuo bei vifo
L angelica figura, e'i dolce rifo
;
E l'aria del bel vifo
Quel vago impallidir , che 1 ! dolce rifo
Che h fi fece incontr' a mezzo 3 1 vifo .
Conobbi. allor, ficcome in paradifo
Ma vidi!' io , ch'altrove non m' affifo .

Oimè, terra è fatto il fuo bel vifo,


DELLE RIME. $19
fua forma è in paradifo <a
'invifibil
le mani» e piedi, e 'I vifoj
br.icciaj e le i n«
Che m' a.vea:i sì da me fteffo divifo ,
E'1 lampeggiar dell' angelico rifo
Cliefoìe.in far in terra un paradifo ;
fe' un degli arbor pareadi paradifo . 116
Che dui mondo m* avean tutto divifo:
£ mirandul' io fifa
[era in terra, e '1 cor' in paradifo
Di tempo antica ; e giovane del vifo > 233
[Vedendomi si filo
Da'più begli occhi , e dal più chiaro vifo 247
più dolce parlar, e dolce rifo ,

Dai.'eman, dalle braccia , che conquifo


Dalli perfona farta in paradifo
ìenfofa mi rifpofe , e così fifo _ 94
Ch'ai cor mandò con le parole il vifo .

ISSE-
Bel fero Achille , fofpirandodifie : H*
Trovarti , e chi di te sì alto ferine :

jAcji non lo s'al mo do mai pnr virte;


|Cosi fon le fue forti a ciafcun fiffe ;

Issi.
refrigerio in mezzo '1 foco vifiì : 211
ato è quella, di ch'io pianfi, e ierilfi

panando,! dolci occhi al cor m'ha fini,

cor già mio ; che leguendo partirli


equant' io di lei parlai , deferirti; *4*
u breve Iti Ila d' infiniti abillì :

per aver uom gli occhi nel Sol finì »

Isso- _

as'io v'era con faldj chiovi fino , 38


to fevi rimembra diNarcìflo;
1
mni in cielo,od in terra, od in abiffo ; ili
ero fpirto : od a* fuoi membri affino :
ròqaal fui : virrò com' io fon viflo ,
Z 6 Ista •
540
_
TAVOLA I S T A .
Lilio, la dolce viffo;
jt
Col Tuo fuggir m'atmfta :
Ma pe chèben morendo onor s'acquila ;
Ch e pur voi folte nella prima vifìa jt
{loò ^ uel ' che più ch'altro n'atr riffe,
9 r ,2 ualtrui
Ed .

colpa altrui biafmo s'acculila


La geiofia , che 'n fu la prima ritta Sj
A luì la faccia Jagrirnofa , e trilla
Sol dVore, e tal fama fede acquea
; ha
I perché non della voftr'alma villa ì
Sia dell'amata vifb
; j,
Mantienti, anima trinar
O IVI perduto ben ntti fi racquifta?
Elia parlava turbata in villa :

,7
Nulla vita mi fia oajofa , o trillar
Ben paria ancor pietà con amor roiffa 150
Ma io noi credo , né '1 conofco in villa
Con quel l.i dolce angelica fua villa ilSo
Madonna: or mi lpaventa,e mi con trilla;
vera pietà con grave dolor mifl a ;

Ed udircofeondc'l cor fede acqui Ira


Che pofs'i'o piò , fe no aver Palma trilla, i»i
0 ooftra vita, eh' è sì bella in villa
;
Quel che'n moit'annia gran pena s'acquiftl
1 fcrittoera in fua dolce amara villa. 133
Pgrfarmi t i vita fubiro più tri da
Al tempo lieto già penfofa , e trilla. Mi
SI intentamente neU r atmra- villa
Alfa nov 3 pietà con dolor miila
>
Potei ben dir; fed' t tutta eri avvinar
Cangiofs' ilciel'intorno; e tinto in- villa- «5
Subito tvelfc onde mia vita è trilla :
;
2ij
Che fimi Inombra imi non fi ncqui 'la ,
E poco poi m'ufci'n tutto dì villa : tj?
Oade colei % che molta senw attrite ,
ÌSTi.
DELLE RIME. j<t
Isti.
Per quefli eftremi duo centrar; » e mifri , 135
Ma pochi lieti , e molti penfier trilli ;

Con la f ronte ferena i pender cri (li . ioS


Del di che quefta via coti gli occhi aprifti.'
I st o .

SeVirgilio, ed Omero ave (fin vifto 14I


Arrian pofto>eì'un ftilcon l'altro mi fto:
Diche farebbe bnea turbalo, ecrifto,
Siberie il mondoje quei ch'ancife Egitto»
Ita.
Anzi tempo chiamata all'altra vita ; ìt
Selaffifoè , quanto effer de'
, gradita;
Fia la Sole fcolorita ,
vifta del
ÉPoicb'a mirar (u:i bellezza infinita
jpro'o contrario alla tranquilla vita. ìcJ
I Ivi s'acqueta l'alma sbigottita!
|£, coni' Amor la 'nvita>
Del dolce loco, ov'ha fua età fornita; 11
E dulia famigliuola sbigottita,
Per l' eltreme giornate di fua vita,
Qjanto più può , col buon voler s' aita
E bramo di perir, e ebeggio aita ; ni
•Egualmente mi fpiace morte, evita.
Oteftimon' della mia grave vita, S5>
Lodar mi lìrugge,e'l fuggir non m'aica .

Non m'.ift'renafìe ; via corta, e fpedita


Una pietra è sì ardita i»3
Condotta ov' affondar con veri mia vita :
Qotì l'alma ha sfornita
Ad una. viva dolce calamita.
Chi èfermuo di menar fua vita <6
,Commi fi entrando all' amnro'a vita
Poi piacque a lui cIk; mi produfle invitai
Vid' io le 'nfegne di quell' altra vita>
1

i graia viaggio in così poca vita


5**
Sj ih' é
TAVOLA
dura a lafìfàr 1' ufata vita .

Signor delia mia fine , e della vita ,


Gii fpirti die da voi riccvon vita :

E perché naturai mente s'aita


E miiil per h via quafi fnurrita;
Pt-rò t_ne dì e notte indi m'invita;
,

Che per far più dogli-fa la mia vita


Che '.manzi al dì -dell' ultima partita
Di quella morte , che fi chiama vita .

Vedem 1 arder nel foco , e non m' aita .


Cercato ho femore folitarìa vita
O-elaftradadelCiel'h nino fmarrita :
E le mia voglia in ciò fotte compita
Sorga; ch'a pianger, e cantar m'aita
.
Che niella voce infili' al eie! gradita
14»
Che r>enfar noi poria chi non 1' ha udita .
Viabilmente , quanto i'nquefta vita
La gravoia mia viti,
Che, s'altri non i'aita,
Pe-òcliedopo l'empia dipartita
La mia aagófciofa , e difper ta vita ? ci n-i
Mantqpejriaia ragion' , e darmi aita:
raperò trovo ancor guerra finita,
Ch'acquiftan fede alla penofa vita :
15
E le qui la memoria non m'aita,
Gli occhi foiviond' io foglio aver vita
M4
Ma celato di for foccorfoaita
,
,

Anzi un Sole : e fe quello è, la mia vita


, ih
Songiunnal fine. Odur 3 dipartita,
La mia favola breve è già compita
tJ angelica vita, 10 -
Non di lei, eh* è fai ita
Non, laflo, in me; che di sì lieti vita,
'
li?
Ì^j°/.veder ' ond ai C; '^
Ahi diipietata morte , ahi crudel
«ita

* iei che leu' è gita


vita : »S
DELLE RIME. 543
Ma parimi, che fua (ubica partita 131
rollo ti 6a camion d' amara vita -

Quella 1 che fu mia Donna, al Cielo è gita 199


Lsfciandi trifh , e libera mia vita .

Neil' età fua più bella , e più fiorita ; 103


E' Lam a mia vinai da me partita :

E vivi, e beila , e nuda al Ciel (alita ;


L'ultimo dì , ch'è primo all' altra vita ?

De! dolce Lauro , e fua vili. fiorita »


1 23»
Lume 1 e ri polo di mia fianca vita >
Casi 1' alta mia luce a m; fparita ,

Iochieggio a Morte incontr'a Morte aita;


Scled dalla fontana di mia vita 234 _

Sfempre andai (tal' A mor diemmi aita )


Cfc'iudi per Lete efTer non può sbandita ; 140

gtial'io la vidi in fu l' età fiorita


fegiola iti se raccolta , e sì romita ; _

Qi'i'grido;Eirè bea deffa;ancor*è in vita;


ICkedi quella mi (e ria fi a partita» 150
I giunta a miglior vita :

P'a! fine vinta fu quell'ufi ni ta *ì 1

[Mia pazienza, e 'n odio ebbi la vita 2 il


Khe quella, cui tu piangi, è forfè iti vita; 260
«aiallagione , e l'ora iwen gradita

teco con pietà m'invita-


parlar
te Madonnapafsò di quella vita 249
Ernia giornata ho co' fuoi piè t'imita •

fiero in alfrenar la mente ardita 158


prtfto a confortar mia frale vita :

ìmia fallite ; eh' altramente era ita .


..GINEbeiia, che di Sol veftita,
non fo'ncominciar fenza tu' aita,
. Uccome la vita lC 7
,

foifeteorqui : penfatealla partita ;

model mondo ogni virtù sbandita j *


id' è dal corfo fuo quafi fmarrita
,
Usi

À
5 44
Del eie!
TAVOLA
par cui s' informa umana vita ;
j

Che per co fa mirabile s'addita


Dell' empia Babilonia , oiid'è fuggita Ij

So» fug pte^i© per allungar la vita,


Qui m ftv. folojejcome A mor m'invita ,
S.FTipre peti la rido ; equeftjfol m'aita,
C'hanno sè in odio , e la foverchia vita ; 4I
Gridati*, O lig.ior noftro, aita, aita.
E lapovera gente sbigottita
E fe tornando alt'amorofa vita, io
E quanto jlo^fira , e dura la falita
Subitamente >' è da noi partita ; ;j
E, per quei ch'io ne fperi, al ciel tifica ;
Del tuo cor , ch'ella pofledeva io vita >
Efegmr Jei per via dritta , e fpedita .
Ite.
Piace mi aver voftt eque fli uni udite; s;j
Ma più tempo bifogna a tanta lite .
'

Iti.
Che fece per calcar i noftri liti n
E vedrai nella morte di' mariti
Ito,
E quella fpeme m* avea fatto ardito . it
Lunga ft.^ion di tenebre veftito:
Ch'a (juei pregili il mio lume era fparito.
E oell'alm.L dipinto, l'fart'udito, 84
Ch'il dut d.rò : Non folla canto ardito .
'

Novellamente s'è da noi partito. 36


E ralJegrefs* il Cielo , ov'eìii è gito.
Ittai
Che fon feguac; del fa mente afflitta . ici
Mi lafci.i in dubbio* si confufo ditta . »oi
Ma pur quau o l'iftoria cravo feruta
hit.
Onde più cofe nella mente téritte r)
O cfar focevrfo alle virenti afflitte:
DELLE RIME. 5 *j
ILevive voci m'emano interdittc :

Ittoi
ICefare poi che traditor d* Egitto
'1
ti
IPisrife per gli rechi fuor,ficcomc è fcritto:
Ed Annibàl , quand' all'imperio afflitto
Per isfogare il fuo acerbo dcfpitto .

E rome vero prigionero afflitto, 6?


•E'! cor negli occhi, e nella fronte ho fcritto.

Mirai ;S' i'guardoj e giudico ben dritto ;


Ir da man manca,e'tennc il carnmin dritto:ii7
Egli in Gierufalem' , ed io in Egitto.
IChe per lungo ufo già fra noi preferitto,
pi tornai 'ndietro pei ch'io vidi fcritto 55
5

INon era giunto a! mio viver preferitto ;


Dunque s'acqueti oniai'I cor voflro afflitto;
Iva.
EJavròfemprc ov'io fia>in poggio,o'n riva 27
Aliar faranno i miei pcafieri a riva,
Si, ch'ai la morte in un punto s'arriva

Onde procede lagrimofa riva;


Che fofpirando vo di riva in riva
Sempre piangendo andrò per ogni riva
Che mertan gii anni miei sì tofto a riva 18
Me freddo , pietra morta in pietra viva ; icj
Jiìguifad'uom chepenfi,e pianga>e feriva.
!)iche '1 fuo proprio n ime fi deriva , 90
Tentile volto per natura fchivj
Avrian per gire ove ior fpene è vìva :
Or vanno fparfi , e pur ciafeuno arriva
E di tutt' altro è fchiva ; 98
Odil tu verde riva
;

D'Amore^ onde eenven ch'arrosto vìva 113


Così Lauro in frefea rivai
crefca'i bel
dolce ombra al fuon dell'acque feriva,
Nella
tte'ncarne ?ffendo>veggio traimi a riva 1 13
Mandò si al cori' immagine fua viva ; 1*7
Ch'
T4<S
^'ngegno^o
TAVOLA(ìiì no:*, ha imi che'] deferirai
E'1 dolce .muro lamentar eh' i'udiva 1

Facean dubbi.tr. fe morrai donna odiva


i
'

Madonna , farò m.-ntrech'io viva :


riè
71
Ma d' odiar me medefmo giunto a riva,
Che '! voftro nome a mio datino fi feriva
la alcun marmo , ove di fpirco priva
Scefe dal cielo i ri fu la frefea riva , tj
Miyi<fe; sn laccio , che di fera ordiva ,
Dei m..r Tirreno alJ.Hìniftra riva , >|
Di cui conyen che 'n tante carte feriva :

Amor, chedentro all' anima bolliva, :

Caddi , non già come perfona viva .


Amor, Fortuna, e la mia mente fchi va .«I
Invidia a quei che fon fu 1' altra riva .
Amor mi ftrugge '1 cor. Fortuna il priva
Sempre conven che combattendo viva .

Cosi fol d'una chiara fonte viva i}i


E perchè'! mio marcir non giunga a riva}
Ella fia difuocorfo a riva:
enfio
E' llato infin'a qui cagion ch'io vìva.
Dicendo , Perchè priva
II pianger^mio e sì lunge la riva ,
;
iti
Non lauro» o palma, ma tranquilla oliva ,
E'f pianto afeiuea, e vuol'ancor ch'i' viva. I
D'abbracciar i'Óbre.e feguir l'aura efti va, 15J
Nunto ;-er mar, che non ha fo ido, o riva:
Co] fuo filendor la mia vertù vifiva ",

Ed una Cerva errante , c "fuggitiva


pur morta è la mia fperanza viva i?J \

Allor ch'ella fioriva;


Soleafì nel mio cor ftar bella 1 e viva in
,
Non pur mortai, ma morto; ed ella è diva. '
L'alma d'ogni fuo ben fpo-jliata, e priva,
Ma non è chi lorduol racconti, e feriva :
Morcr foavemente all'aura efti-ra ,

S' ode
DELLE RIME. 547
fede d' lina fiorita , e frefea riva;
Là V
io feggia d'amor pentolo, e feriva;
r
iepgiojCd cdojed ìntendo:cli*aocor viva
Dr'iti forma di Ninfa, o d'altra Diva 205
j

E pongali a feder in fu la riva ;


Calcar i fior , com' una donna viva ,
Hi traviavan sì , eh' andar per viva 209
fenedetta colei, eh' a miglior riva
5
E' 'iì fin a qui che d' amor parli, o feriva 239
feti gli occhi che la vider viva .

.'acqua5 che di Parnafo fi deriva : 134


'ercui inalcun tempo ella fioriva .
Così fventura , ovver colpa mi priva
virtù , che 'n voi fioriva
l'afpettata Si
E che 'mia fpeme fa venirea riva.
'eròmi dice'l cor, ch'io in carte Cetili
trfar di marmo una perfona viva-
Fn vedrà' Italia , e f onorata riva . tj
I V E .
fin non dimanderei che s'alcuii vive
: 144.
Icquetsn , cofe d'ogni dolzor prive;
le l'onorata fronde , che preicrive 20
le fuole ornar chi poetando fcrive ;
l'era amico Dive
a quelle v olire ,

Wl'inventrice delle prime olive :

Ivi.
piagge In un giorno, e mille rivi
lille 137
terzo ciel volando ir vivi
kr farli al .

Dólce m' è fcl ienz* arme efier ti, ito ivi

Ifgnoin mir,pien di penfier gravi, e fchivi,


Tatto fu li K-i;diche noi Morte ha privi. 159

'iangendo il dico; e tu piangendo ferivi


Più volte Amor m'avrà già detto, Scrivi, 76
momento 1: fo morti , e vivi
i'nun
tempo fu , che 'n te [ledo 'J fentivi
In

Migii tiraggiuns'io mentre fuggivi:


Ivo •
34S T A V O L A
Ivo.
Inque'bei lumi ond' io giojofo vivo J
;
Quello, e quell'altro rivo
Garzrn con I' , non pinto
vivo, n,
, ma
Quaii t' io parlo d ' Ama re,e quauc'io ferivo. I
Se di quel_ faJfo dolce fuggitivo iS!
Che d' Oijui pace , e di fermezza è privo?
Mentre che'l corpo è vivo
Ch' i'pur fui voftro: efe di voi fon prìv ;
19]
Quandi' io partì dal fonimn piacer vivoì
Per cui nel eor,via più che'n carte ferivo; tj
Che mi fa morto e vivo,* 1

1 2 o 1

Per te fpera faldar ognifuo vizio.


45
Romor laggiù eie! ben locato offizio!
Come ere*, che Fabbrizio
»..'. °* .
I diè in guardia a fan Pietro;or non più,nò:Sj
Quanto puffo 1 mi fpetro ; e fol mi ilo ,

Chefopra i più foggetti è più feroce. 51


Rammenta lor , com'oggi forti in Croce.
Mercè chiamando con eurania voce: it
Che 'J cors* umiliaffe afpro e feroce . 17
Qual fu a rentir ; che 'i ricordar mi coce ?
Sì breve è '1 tempo , e '1 penfier si veloce to&
Pur nientr' io veggio lei , nulla mi noce . I

Amoi-jctieni* ha legato,e tiemmi in croce;


Sì dolce in villa , e sì'foave in voce .
'

A! facro loco ove fu pofto in croce,


V «
La vendetta ch* a noi tardata noce
Tal } che fol della voce
Occhi,
Mi piacquen sì,ch'i i'ho'dinanzi a gli occhili
Quand'avrò queto il eo^afeiutti gli
occhi,
tm ch« 1 ultimo di chiuda queft' occhi
Noja
DELLE RIME, *49
Km fur -giammai valiti sì begli cecili
pe con vera pietà mi moftri gli occhi
Per r forfè pietà venir negli occhi
f*; *!t
ineon le bionde chiame, prefl- a gii occhi
Jved'altra moot: gna mi a non occhi } 103
i
1

adi miei riarmi a mifu'ar con gii occhi


1

> come -tv vien che l'a'c


-
i tulio :c ceti) 73
de ch'ai deitinat fegno t- echi 1

imilemeute il col r»o de' voftr' occhi


aprirne per Ih piaga il cor trabocchi,
imcr e que' begli occhi
, 98
ivvsn che' il pianto, o'n amentar trabocchi;
Milero,e pien di penlìer v:ini,e fciocchi [175
ìunalcofe dentro a* luoi begli occhi .
Prfga-pur.che'ì bel pie li premrt>o tocchi;J4S
D'elìer fatto feren da sì begli occhi.
Kajio'-ar de'begli cechi; 33
Kc cola è che mi tocchi ,
Cola donde più Lrgo il duo! trabocchi

Jnzidel mio ;che devea torcer gli occhi 15$


Che di dolce veleno il cor trabocchi

Ifpett' io pur, che feocchì

Warno tendi l'arco : a voìofcocchi 199 :

«aviitù oddeal chiuder de' begli occhi.


Dico iOjch'acor mi (lritige,e quei begli occhi
Che fur mio So'.'Nó errar con li fciocchi,(: 51
Cuifra mort ili feiocchi ,
%6x
Vergine, que' begli occhi
Devt-lTeal proprio onor'alzar mai glioccbi;4j
Parrai pur eh' a'tuoi di la grazia tocchi
Oc c o.
Pregiato poidal vulgo a varo , e feiocco :
43
Cheta < n le (uì Ipal ìe umbra a Marrocco-
Oco.
Oliscile ri pofo : ogni abitato loco 10J
*e!la mia donna, che fovenre in gioco
Si fra-
.

T A V OLA
Sì tr ile oggetto a sì poffènte foco ;
;

Ma la paura un poco; :

Sì , chv m'avanzi ornai da disfar poco? i|


Che m; cuocono 'ìcor'in ghiacciolo foco?
:

Deli forte or qm qud mifer pur'un poco,


17;
Ella lei ride» e non è pan il gioco;
Oiacro, a venturof., e dolce loco.'
Ancor non era d' amorofo foco; 114
Apprefi indoli un poco
Tu no.i vorrai mirarti in ciafcun loco: 43
E d'altrui loda curerai si poco,
Come m' ha concio '1 foco
Coro' al boi neve--, come cera ai foco ut)
,
E co:ne nebbia a! vento ; e fon già rocoj
Cìiura cu; non mi vai temno , né loca :
Da voi iolo procede ( e parvi un gioco)
Altra, che
Non
di
prego già
provar ,s'a(T,i , o noco m
, nè puote aver aiù loco ,
Ma che fui parte abbia cortei del foco .

Quell' arder , mio


che vi cai sì poco , 150
di
Ch'i' veggio nei peufier dolre m-o foco,
, *

Quando mi vu ne innazi il temt>o,e*l IocoijSi


Che l'am ìi'm._fedolce,e'l pian», r aiocoj
Solfa , ed elea io 1 tutto, e '( cor'un foco»
I
E di ciò vivo e d' altro mi cai poco
;

Ca'izon , s' il dolce loco


54
E le guancie ch'adorna un dolce foco . 104
Ma pur che l'ora un poco
Torna alla mente il'heo,
C sì m'ha fitto A mor tremante, e fioco.
Chi p o dir com'egli arde,è'n picciol foco.
Ll

Ove sfavilla il mio foaveù>co, 14J


La dolce v ; fta dei beato loco
Paflava ; e Stepidir fenda jjià'l foco «i
Ch'arfe'l mio cor'; ederagiunto.il loco
La mia cara nemica a poco a po'-o
1
De
DELLE RIME. jjt
Tuoi fofperxi ; e rivolgeva in gioco
ette ufeivan d' invifibil foco» 1S9
ragion temean poco ;

e 'l tscer' ; il rifo , e '1 gioco ;


?enfar*-,
fenno con diletto in alcun loco J J4 :

or faria forfè un roco


d'ellajOr mira,e leva gli occhi un pocoj9 J
più riporto loco
cei'do novo dentro maggior foco;
ella il prele in gioco »
Oda-
ge la lingua , e fnoda ; 98
dire : v,..' che ro* oda
e
amai '1 dì ch'io vi rimeggia » ed oda? iSs
Kcm bionde , di che cor '1
1
annoda m
ch'io fem'pre pur pianga, in o ri m goda:
dice incanno , ed amorofa fenda;
1 tu Padre 1 e 'ntenerifei >e fnoda : i°S
,

l'iomi fia ) per la mia lingua s'oda .


Ode.
qualche bella lode» 107
quaggiù fi gode,
Od H
copliea leggiadri modi,
con 147

feleil tempo po' in piùfaldi nodi;
Morte fola Sa eh' indi lo fnodi .

ritenuta ancor da ta' duo nodi? 1S9


chedagli altri che *n diverfi modi
Odo.
quelch'effer non puote in alcun modo; Sf
mente quel nodo
10 rerdt me (lelTo i e 'I caro nodo
i 13$
Amordi fua man m'avvi nfe in modo,
quei foavi fpirti i quai fempr' odo ,
cefo dentro si, ch'ardendo godo >

priten 3 ch'io non recida il nodo; 195


,

55*
Ma e' ragiona
TAVOLAdeacro in cotal modo:
Taciti sfavillando, oltra lormodo sji

Md chi o ; ftrinfj qui , diflolve il nodo;


Leghi ora in ed or* in altro modo: ijs
uno >

Mi me Col ' ad un nodo


Qu^lì* uno è rotto ; e*n lib-rti non godo :
Che non cnngiafle 'I fuo natura! modo, MI
Morir contenta > e viver in tal nodo -
Son quetti eaoei biondi, e l'aurea nodo, 151
i

Nè parlar , dice ,0 creder a 'or modo .


Spirito ignudo fono , e 'n Cie! mi godo :

Perchè molto mi fido in qu^l chVodo. -ijH


E 'n bel ramo m'annido « ed ia tal modo)
Ruppetì iatanto di -verd igna il nodo %
E 'nconii.iciai: S'egli è >'cr quel ch'i'odo;
a Ogg 1 ,

Tofto conven chi: fi converta in pioggia :


5;

Quando cade dal ciel più lenta pioggia.


In picciol t-mpo patta ogni gran pioggia J

Anzi piango al fereno-, ed alla pioggia) Si


Che fa nafcer de'miei continua pioggia ;
L*orribra,o^*iofuì che nècalonnè p-oggiai
C m: quel dì ; nè mai fiume per pioggia?
jSè lìutne fu gummji fecco per pioggia) *3
Ma fempre l'un per l-'aitro fimil p.iggia;
'

Al qujl'un' alm in du ) corpi s'app. ggia,


1

Perchè fa' in 1 si eoa di bufata loggia


Non vidi mai dipo notturna pioggia io;
v Ov^ la (linea mia vita s'appoggia;
Che ppì difeefe in prezioH foggia ? «
E fui V uccel che più per l'^er-.- poggia ,
Gloriof Colonna in cui s' appoggia
1 ,

L'ira di Giove per ventofa pioggia; ,

Qti non palazzi noi teatro o loggia >


1 ,

Ondetì feende poetando, e poggia.

Oggi
DELLE RIME,
553

Cerro 'I m o Sole e f&pm „1j '


g '
.

no
20

l'aliai t- fi a penfar di pogein f„ tó,



3>
4J
li
tr
. , Oci.i a ,
pru: cojpa mi togli,-,;
50

N vo che cfat.l .odo Amor nvfi fnpii,


25

«3

fa©*^ 5 Aa che
Che
„< TAVOLA
ben mor chi morendo elee di doglia-
X di fa ver mi fpoglia; «
Ramo, nè'n fior, uè 'n foglia 93
voglia
Ch'i'fon già pur crefeendo in nueita
4lj

Nè pofs'indovinar chi me ne feioglia .

W
Amor, fenno, valor, pittate e doglia , .

D'ogni altro che nel mondo udir il loglia-


Che non vedea in ramo mover foglia
fi
:

Più folta fchieradi fofpiri accoglia 3J !

doglia; I
Sien gli occhi miei,ficcome'l cor di
E perchè a ciò m? invoglia
Afpro core, e felvàggio, e cruda voglia ifl
Avrandime poco onorata fpoglia:
Che quando nafce,e mor fior',erba,e foglia;
J
Di Madonna,e d'Amore onde mi doglia.
Son fatto albergod' infinita doglia .
Lafcìando in terra la-fua bella fpogha I .

L' una m'ha pollo in doglia ,

voglia,
L'altra mi ten quaggiù co ltra mia
ì

Dal laccio d'or non a mai chi nn


fi
feioglia 19I

Tenea in me verde 1' amorofa vogiiai


Quando fi vette e fpogha
,

doglia t»9
Ond' i' fpero che 'nfi a al Ciel «
Eiperoch'al p.->r giù di quella (poglia
Kè cangiar poflo l'oftinata voglia;
Così in tutto mi fpoglia
doglia «fl
Vergine, tale è terra, e noiro ha in
Fora avvenuto : ch'ogni altra fua voglia
Oglie.
Onde tal polTa C sì contrarie voglie
ifjj
,

D' un vivo fonte ogni poter s accoglie :

Che del tuo caro dono altri nelpoghe?


E poi cb.e'1 fren per forza a sé raccoglie ,
<
Sol per venir' al Lauro onde
fi coglie
videa! mondo mai si dolci ipoglie <4|
>
Chi
Pur quello è furco;e vien eh' i'me ne fj»'™|
' dl fue beile fp
og ]ie '95
I Oc LI J 9S
gl'onde fiUaci, ererl.T
c
»' «" cono'utfe in p
,." ' 'cogli , ff ,
cnto indie o

|oeic a vivo de' C "SÌ1


ima c i' i'iJ-, , h;
dubbiarlco;;l1r '

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SkU

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? ,0 fo S ,io >
J
frfer co gli occhi (. r««
*-Amormi t«fD ori og ' 10
. * '
. .

ss*
TAVOLA
duro orgog io.
Dalle percoOTe del Tuo
Amor tVl lenti, ond* io ceco miicogho , l|
doglio
uno
Anzi del noftro perch' ad :

Che la nave percoffe ad uno fcoglio


.

O che grave cordoglio. «


A portar fopra'l Cielo il mio cordoglio? ^
Ch'ancor fento tornar, pur come , loglio
orgoglio ,
Piena si d umiltà , vota d'
mi ntogho,
E'n fomma tal.ch'a Morte i' orgoglio li}
Vergine umana , e nemica d'
Amor con si mirabil fede loglio,
Deh venite a vederlo or io non
voglio
:
,
q
Afiai mi doglio
E 'n tra le fronde il vifco. ,

Quand'un foverchio orgoglio

Perch* io t'abbia guardato di


menzogna *C

Rendu/oonor, ma facto ira e vergogna: ,

Che quando più 'Imo ajuco mi bifogna


Som* imperfette,e quafi d'ucm che
logna. .

Stetti a mirarla: ond'ella


ebbe vergogna, M
Vero dirò forfè e' parrà menzogna :
:

Prefo lo or prender mi bilogna ,


ftil cW ijj

Che'n giovenil fallire è men vergogna .

Ornai dal volto mio, quella vergogna?


19C

Ch'a guifa d'ucm che fogna»


OGNE
31 mio avverfario con agre rampogne 1
Da vender parolette anzi menzogne» ,

Kè par che fi vergogne


Ogbi.
fi vergogni
Nè trovo chi di mal far

Che s'afpetti non fo , nè che s'agogni


Ocso.
D'i me medefmo meco mi vergogno
:

Che quanto piace ai mondo è breve logno. J

Oeo.
. . ,. . ,, .}

DELLE RIME. SJ7


Oso.
Mp'I maggiore, e'1 più fpedito giogo io?
jorninciuc'orante lagrimando sfogo
,

perchè un poco nel parlar mi sfogo;


41
nd ?he fia? perchè nò'I grave giogo?
t" , °
n fui iommefTo ai difpietato giogo ,
51
itoci i penfier vaghi a miglior luogo
,
j a O .

qiiellor'jnchinar , ch'ogni mia gioia


igion làra che 'riti anzi
35
tempo i* moja
iliChe mi trare del cor' ogni
altra gioja: 6<s
tmi immortai , perchè la carne moja
Sgeal voftro apparire angofcia>e noja;
ie dir non (a, ma '1 più
tacer gli è noja: 98
raia dolce nemica > anzi eh' io moja
lode ogni fua gioja
giànoii fpero; e I* afpettar
m'è noja . 194
Ina eh ogni mia gioja

Oi .

Bnà'io movo i fofpìri a chiamar voi


, j
«ondi' primi dolci -accenti fuoi
"crollato real , eh' incontro poi ,
faltr'omeri foma , che da' tuoi
fclifpiriti miei s' agghiaccian poi, -i 1
egrave colpa ha d 'ambedue noi 13
frano immaginar, non qui fra noi , 67
itsfiafè, nè la potea far poi,
iti mortai fentiron gli occhi Tuoi .
'idolce sfavillar degli occhi fuoi.
Sj
iduoi non fento , nèfentimai
poi
Mo mia laude èingiuriofa a voi : jt
quale è in me da poi
li e more, e riprende i nervi fuoi; 113
flella ( fe '1 cielo ha forza in noi , 1
terra , ov' e piè molli poi ;
Aa 3 E fer»
. , _.

55 S
E fera donna
TAVOLA
, che con gli occhi fuoi

Checon quell'arme rifaldarla puoi .


Allor fai'prefo ; e non mi fpiacque poi , J

Si dolce lumeufcla degli cechi fuoi


Quello ora in lei , talor fi m ova ni noi . ili

E tutti rugiadofi gli occhi fuoi •


_

Ben mi credea dinanzi af,]i occhi fuoi f

Talor l'enfiamma : e ciò fepp' io dapoi


Hai tu'l freno in balìa de'necfier tuoi . il

Deh Stringilo' or che puoi:


ij
E del ben di lafsà fede fra noi f
. _

Che qui fece ombra al Hor degli anni moi,


Per riveftirfen poi
Dir parea , Tò di me quel che tu puoi »3 :

Che mai più qui non mi vedrai dapoij j


Pigro in antiveder i dolor -tuoi , .
.

Come non vedeftù negli occhi fuoi


E nelP abiflb : ( perchè qui fra noi U
Quel, che tu vali, e pud,
Ch'altamente viverti qui fra noi,
E che fubito al Ciel v 'afti poi
D'error non fu sì pian , co:a'ei v er uri : tj

Ch*è in grazia dapoi


Altro da te cbe'ISoI de:ii occhi tur .
U
1
Prega eh i' venga coft j ftar con voi t - 1
Vi nf e A
n uiba 1' , e •••-ufeppe ufrr poi I

CU lirailnvnte n<.-n a f venga a voi .

L' orla rabbiofa per «li oi Gechi fuoi,


Per vendicar fuoi danni fopra noi . ;

Per più dolcezza trar degli occhi Iuoi ,

Quanto par G convenga agli anni tuoi •


Madonna , dilli, già gran tempo in voi
Ola.. I

Ivi è'1 mio cor', e queib che'l m'invola : A

Qui veder puoi l' immagine mia fola .

A dir di quel , eli' a me i Le ilo m'invola : J


. , .

I BELLE RIME. „,
Però fia
cerca di non éfler fola.
Veno Occidente e che 'i di noftro vola :
4t
reggendoti in loti tao paefe
fola
Wv 0 abito, e bellezza unica,
e fola,
«e per lo noftro ciel si altera
vola.
Wd io non potè' mai formar
parola
p
la lingua altrui
pendo
, gli fpirti invo
a me Di
nvola
, ciò non far parola
'7
I la rividi in altro abito
:

foia
fedendo per ! a felva
, altera , e fola ; zi,
*Me, ed al Fonte che la terra invola
.
ini cola al fin vola:

Ttrqueljch'egli 'mparò nella


mia fcola , 2 54
ii colei che fu nel
mondo fola .
«Elio ben , che 'I noftro viver vola , 2 <«
11 mezzo '1 cor mi fona una parola
Une fuoi giorni al
mondo fu si fola, i

il tempo, e
"f re vola, if .
vigilie unica, e fola;
Nor, mirate, come 'I tempo
vola, io»
7
e l'alma ignuda, e fola '

Olce.
w di man di colui che punge,
e moke, z s?
•trovo in liberiate amara
, e dolce :
tpurcol ciglio Ciel
il governai folce;
Olci.
lad'un faflbjed acque frefche,e
Pallori appreliavan
dolci u7
, nè bifolci ,
I
, .
Ole.
«wffei, eh* donne un Sole,
è tra le ,
JM amor peneri, atti , e parole
:
Munii venga , come
venir fole .
,,
t le lagrime
fpargan fole. mie fi
»nie alquanti c'Jianno in
odio il Sole; 1*
» ornai tnegua di
fofpir col Sole
dedico il dì ch'i' vidi
'I Sole
" «liei jC h'i
'piango all'ombra' e al Sote
Aa 4 Puo«-
,

s6o TAVOLA
Trottimi arricchir dal tramontar del Sole.
Con lei fofi' io da che fi parte '1 Sole ;
Prima ch'a sì dolce alba arrivi '1 Sole . 15

Ivi è quel noftro vivo , e dolce Sole ijf

Forfè ( o che fpero! ) il mio tardar le dole.


Dille;!! baciar fìe 'ovece di parole :

Siccome talor fole *;

.Anzi mi ftruggo al fuon delle parole


Pur, com'io un uom di ghiaccio al Sole-
loffi
Come talora al. caldo tempo fole n!
Ond'awen ch'ella more, altri fi dole :
Cosi fempr 1 io corro al fatai mio Sole
Jì chi difcerne è vinto da chi vole .
Che Madonna paffnndo premer fole ; i|
Piaggia, ch'afcolti fue dolci parole» 1
Amorofette, e pallide viole ;
Ombrofe felve , ove percote il Sole j
S' accordati le dolcifiime parole, 1)
"Di tai quattro faville, e non già fole» J
Che fon fatto un augel notturno a' Sole .
Anzi'dodici ftellcje'n mezzo un Sole li
Vidi in una barchetta allegre , e fole
Al vello, ond'oggi ogni uom veftir fi vole;
Nè'l paftor, di che ancor Troia fi dole ;1
l'I mondo rimaner, fenza '1 fuo Sole a :

Nè l'alma , che penfar d'altro non vole ; 1


Senza l' onefle fue dolci parole .
Piena, edirofe, e parole»
di dolci 1
Di Hate a mezzo di vincono il Sole .

Che dal deflr' occhio , anzi dal deliro Sole ij


Il mal che mi diletta , e non mi dole :

Pafsò quali una della , che 'n ciel vole ;


:

Una fontana , e tien nome del Sole ;


Che per natura fole
Ch'è'l mìo Sol, s'allontana; e trifle>e fole!
£ ira/i veggioapparirdel vivo Sole;
DELLE RIME. 56!
I ptnfier fon faette
, e'1 vifo un Sole . 1 is
l'angelico canto, e le parole ,
bellezze al mondo fole j
celefti 117
Tal che di rimembrarmi giova , e dole :

han fatto mille voice invidia al Sole :

d lidi fofpirando dir parole ,

li'i' vidi, eràri bellezze al mondo fole } nS


è si pietofe 3 e sì dolci parole
1 sì begli occhi tifar mai vide' Sole 1 .

fio; che pur dall'uri all' altro Sole* itìi


l'altrui fallo che'l mio imi mi dole
iù :

chiaro lume che fparir fa '1 Sole-»


'1
139
vaghi , e l' angeliche parole ,
liattì
od vede un fi mil par d'amanti'l Sole , 17S
Cosi partia le rofe , eleparo'e:

Come Natura al ciel la Lunaj e '1 Sole ; 161


511'nomo, e l'intelletto , e le parole ;
Tanto, e più fien le cofe ofeure, e fole ,
Le treccie d'or , che devrien far'il Sole 33
E P accorte parole
hii nel mondo, o fole.
Poiché formonta ribaldando '1 Sole ; 10*
hml , quaTeffer fole
mi quando^ il dì fi dole
'Lieteepenfofe, accompagnate, e fole 164
Perchè non è con voi , com' ella fole?
liete fiam per memoria di quel Sole

Che d'altrui ben , quafi fuo mal , fi dole


Mamiracol non è , da tal fi voi». 154
EFortuna, ed Amor, pur come fole . >5J
Cosi rofe , e viole
Cfce di noftre parole 5?
turi) che'l ciel non vole;
forma ; eie parole
d'angelica ?$
Uno fpirto celefte , un vivo Sole
Via men d' ogni fventura altra mi dole • 193
Aa s Ma
. ,

5<5* TAVOLA
Ma vento ne portava le
'1
parole
E foche de! mio mal pefa
ti , e dole; ij
Ed in un punto n" è fcurato il Sole .
QuaP ingegno a parole
Occhi miei ^)fcurato è'I noflro Sole
ìai
E di noftro tardar forfè li dole.
;

Orecchie mie, l'angeliche parole


Oy^è colei, eh' efercitar vi fole.
Tié pur gli occhi,com'aquiIa,in quel Solejij»
Parte dà orecchi a guefte mie parole .

Fa ch'io riveggra il bel guardo ch'un Sole 19!


Eiaciamifi udirficcome fole»
Col fu&n delle parole
E fe pietà ancor può quarte' ella fuole ; 1»
Mercede avrò:che più chiara che'l Sole,
Che quello ftefTo , ch'or per me fi vole
Sempre fi volfe ; e s' ella udìa parole
,
Con la tua viltà , ower con le parole s«j
Fedel mio caro , affai di te mi dole :
Dice ; ecosVilrred'arreftar il Sole .
Contra'l defio che fpefìf'o il fuo mal vole i«i
,
L U1 tenni, ond'er G dole.
Volgei quegfi occhi più chiari che'l Sole; ìjfc
t, formaci i fofpui , e le
parole
Mover i piè fra l'erbe , e le viole .

Non come donna, ma com'Angel fole


» |
Coronata di ftelle, al fommo Sole
i5»,
Amor mi fpinge .a dir di te parole :

La dove più mi dolfe altri dole :


, fi
Che pi» noi fento;ed è non men che
fuole.
l'Urta lontana dal cammin
del Sole tA -

Nafce una gente, a cui'l morir non


Vuelta le più devota chenonfo'e,
dole 1 .

Una donna più bella affai che Sole,


Vuelta m penfieri, in op*e
'1

} ed io parole ; j

Olga.
.

DELLE RIME. 5 «3
LG A O .

Onde tal frutto , e fimile fi colga : ?


Ma come eh' ella gli governi , o volga j
Un fren, che di fuo corfo indietro il volga; 79
Ma'I corchi legherà, che non fi fciolga ;
Suo pregio » perch'a voi l'andar fi tolga ;

Che, come fama pubblica di volga»


OLG O •

Ovunque gli occhi volgo 5 9§


(Jiialunque erba, o fior colgo -

Ohe.
Che*! lonno tenea-cbiufa, e'1 dolor molle ; 19
Veder quelli occhi ancor non ti fi tolle .

Ove porgeombra un pino a!ro,od un colle, 109


Pei eh' a me torno, trovo il petto molle

Frefco , ombrofo , fiorito, e verde colle ; 177


Duella ch'a tutto '1 mondo fama tolle;

Miniocor , che per lei lafciar mi volle ,


guata è l'erba, e daqueiV occhi molle -

L'ombra che cade daquell'umil colle, 143


folcendo mentr'io parlo,- a gli occhi tolle
Olii.
^campagne, e per colli: 57
kn gli occhi ad ogni or molli ;

(alle campagne,e da' iolcati colli 4» .

ferchèdì,e notte gli occhi miei fon molli?


filerò me » che volli
fio, ov'ioera tra bofehetti , e colli jj
afta ben tanto; ed altro fpron non volli
togli occhi a'piè ; fe del lor' cfler molli
jialor tenera neve per li colli ioj
te può da Itmge sii occhi miei tar molli,
t,ehVl:tfcui gli occhi tuoi molli, iS©
non tei potei dir'al lor , nè volli:
Mo l'aura mia antica ; ei dolci colli 134
lamofi, e lieti; or li tien trilli, e molli -
A a 6 ca- O
. ,

5«4 TAVOLA
Ocaducbefperanze, o penfier folli.'
qual'io vivo, e morto giacer volli ;
Con gli occhi di dolor bagnati e , molli A
Ti chier mercè da tutti fette i colli.
Ollo, .

Spira , ov'Amor feri nel fianco


Ed a me poie un dolce giogo al collo ,
Apollo , J
Medufa , quando in felce trasformo! lo :

3<!èpoffo dal bel nodo ornai dar crollo


,
Dunque ora è*J tempo da ritrarre il collo 9
Per grazia tien' dell'immortale Apollo
Olmi. (157
Morte ha fpentoqueISoI,ch'abbagliar fuolJ
Fatti fon'i miei Iauri,or querce, ed o'mi; j
Dich*Io veggio'! mio ben'; e parte duolmi,
!Nè chi gli empia di fpeme,e di duol colmi.
j •
O l o
A 'duo
>
lumi , c'ha feinpre '1 noflro polo ; (4
Sono il mio fegno,e'l mio conforto folo .

Laffo, ma troppo è più quel che ne 'nvolo ;

Nel fuo bel vifo è folo,


E pretta a* miei fofpirsì largo volo
M'accompagnate , ov'io vorrei fìar foto, à
E voi sì pronti a darmi angofeia, e duolo, m
Da tutti gli altri,e fammial mondo ir foiosi
Ad or' , ad or* a me ftefio m' involo
Crie l'alma trema per levarfi a volo
*
Tal d armati fofpir conduce fluolo
Che feguendol talor .levomi a volo . ijl
Tal paura ho di ritrovarmi folo .

E me lafciato hai qui mifero y e folo ,


11J
Che per te confecrato onoro» e colo,
Onde prenderti al Ciel 1* ultimo volo
;
E ben m'acqueto , e me fteflo con folo
; 14S
Anzi voglio morire, e viver folo .

Con gli Angeli la veggio alzata a volo


Far» 1
DELLE RIME. 5 5?
Ferro e non le baftafle'I dolor fo!o
, 1 36 .

Equfft'una vedremo alzarli avolo-


iSsnnuccio mio. benché dogliofo , efolo 108
Alteramente fc levato a volo.
Or vedi infieme 1* uno , e l'altro polo
j
Onde col tuo gioir tempro il mio duolo .
Olpo.
Infinch'i' mi di follo, e fnervo, e fpolpo » 146
Ch'altri, che Morte, od ella fam'I colpo,
•rfi l'alma (lanca > e'1 mortai colpo 150
fra
è dì ciò lei .» ma mia ventura incolpo:
Morte la memoria di quel colpo xoi
firchè d' ogni mio mal te folo incolpo .

OlSE.
L'indnflria d'alquant' uomini s'avvolfe C*
Cole cercando , il più bel fior ne colfe ;

Poiche Dio, e Natura , ed Amor volfe


Era T efempio , onde Natura tolfe 1 *S

Quel bel vifo leggiadro , in ch'ella volfe


Chiome d'oro sì fino all'aura fciolfe ?
fìuand'un cor tante in sé virtuti accolle?
Legar potei che'l ciel di più non volfe . 199
;

le legò innanzi , e te prima difciolfe?


io , che sì tolto al mondo ti ritolfe ,
Apparve al mondo, e ftar feco non volfe ti? ;

Che lol ne inofìrò'1 Ciel , poi fel ritolfe


Amor,cne'n prima la mia lingua fciolfe»
Poi mille volte indarnoall' opra volfe

"Mmeladiè, ma toltola ritolfe. 155


ilponde Io nò ma chi per fe la volfe
, , .

nedetta la chiave , che s'avvolfe S4


'afiniti fofpir del mio fen tolfe -

i verde lauro una ghirlanda colfe, 94


Intorno intorno alle mie tempie avvolte.
Oisi.
Dunque s'a veder voi tardo mi volli . 1$
E'1
,

;66 t A V G_ L A
E'1 cor che ci i paura tanta feiolfi :

"Tal fu, qual'ora è in Cielo;e mai non Voìfi U


Per citi dal mondo a te fola mitolfi
Olia*
A feguitar colici , che 'n fuga è volta i I

E
de' lacci d' Amor leggiera-, e fciolta
la fecura ftrada , men m' afcoka ;
Per
Nè mi vale fpronarlo , o darli volta ;
'
Di libertà mai fu precifa , e tolta v 7I

Allor corfe al fuo mal libera i e fciolta :


L'animai clic- peccò fol'uoa volta-
Fu in cor d'avventuro» amanti ; .accolta fl
Quando" voi alcuna volta
M'agghiaccio detro 1 guifa d'uo ch'afcolta Jj
Poi torna il primo , e quello dà la volta :
Combaum* hanno, e non pur'una volta •
Di quel che vede, e nel pannato volta , qi
M'afffiggon sì, ch'io porto alcuna volta
D'ogni con forto onde la mente Molta
:

S'adira, e piange; e così in pena molta


Che maraviglia fanno a chi l' afcoka . m
Morte mi s' era intorno al core avvolta ,
Sola penfandoi pargoletta, e fciolta 15?
Ch'apprefìar noi poteva anima fciolta :

Mi rendeffèr* un dì la mente fciolta . 160


Ma > laflo , or veggio che la carne fciolta
A^gio fornire ; ove leggèra , e fciolta
a
Rendimi, s'effer può , libera , e fciolta
Da me fi parte ; editai nodo fciolta. 1I3
Mara v igHomi ben , s* alcuna volta
Non roaipé*! lonno fuo ; s'ella l'afcolta •
Perlo fuo dipartire in pianto è volta ; 194
Ogni dolcezza di mia vita è tnlta .

Ailafua Donna , the dal C el n'afcolta. «J*


Alta umiltate in fe (te(Ti raccolta?
Nella bella prigione 1 ond* ora è fciolta
E fe
,

DELLE RIME. 567-


I non foli e efperienzia molta
E fe tco
• m* ha liberato un' altra volta
Morte ;

Anima bella, da quel nodo {"sciolta 217


I Da si lieti penfieri a pianger t'olta-
i Lì fatfa opinion dai cor s'é tolta,
Volgi a me £liocchi,e i miei fofpiri afcolta.
^Ecli'efternonfipuòpiùd' una volta; t$«
IDi leich' è ordalfuobel nodofciolta
;
'jClia tutte , s'i'non erro, fama ha tolta .
Umor piangeva , ed io con lui tal volta ; 10
IL' anima voftra de' Tuoi nodi fciolta .

jOr ch'ai dritto cammmPha Dio rivolta;

Benignamente, fua mercede , afcolta .


Ila condurrà de' lacci antichi fciolta is
Al verace Oriente , ov' ella è volta.

I Glie.
Iltmssnamente affai par che m*afcolte ; 68
Mteir immagine tua, fe mille volte
alloc- da vergine man colte,"
lAllor' »oj
ICsntre beile eccellente in lui raccolte;
e treccie fosra'l collo fciolte 5
alpe me, eh' è tradita ornai più volte: 5S
jCfis le non echi con pietà m'afcolte
;
I Olti,
p fon di là sì dolcemente accolti , 90
tergran delio dei bei luoghi a lor tolti
Feggio la fera i buoi tornare fciolti 41
jtaiei fofpiri anse perchènon tolti»
«lidi al CieI\onde miei prieghi afcolti; z6i
IC pici d' errori ofeuri , e folti :
fecol
Tre dolci, e cari nomi h.i'in te raccolti
«tanna del Re, che noiìri lacci Ki fciolti,

L OltOi
TOivi di pietate ornare il volta." S
EP^morofo fguardo in fe raccolto,
jd-elche più deiìava in voi } m' è tolto ;

Amor
, ,

5 63 TAVOLA
Amor fovente in mezzo de! mio volto ; 4
Addofìb coi poder c'ha in voi raccolto
Se non che'] veder voi ftefte v'è tolto :

La tefta or' fino e calda neve il volto }


;
ili

Perle, e rofe vermiglie , ove l'accolto


Folgorava d'intorno ; e '1 fune avvolto 135
Così caddi alla rete ; e qui m' han colto
Erati più dolci che l'andare fciolto .

Dell'errar' ov'io {lefi'o m'era involto!


Ove men teme, ivi più torto è colto , 154
Così dal iuo bel volto
Ch'abbracci quella cui-vedcr m'è tolto j ih
E mi contondi aria del bel volto
1'

E sì cupidamente ha in sè raccolto
Lo fpirto dalle belle membra fciolto »
Ogni mio beii crudel Morte ni' ha tolto ; 145
Puòconfolardi quel bel fpirto fciolto .

Ma dì, duo! nell'alma accolto , I


e notte il

Ritogli a Morte cjuel ch'ella n* ha tolto $ 197


E ripon le tue iniegne ne'1>el volto
Difcolorato hai, Morte, il piti bel volto ioS
Del più leggiadro, e più bel nodo hai fciolto.
In un momento ogni mio ben m' hai tolto:
Quant'io vegsio^m'è noja,e quaut'io afcolro.
l'pnngo; ed ella il volto 151
L' avefìe defviando altrove volto; *J5
« Ed al principio del tuo amaro molto. 13S
Quello intendendo , dolcemente fciolto
Ch'i' fti' a veder e l'uno, e l'altro volto 156 •

Parrà a te troppo , e non fia rero molto-


Poco vedete; e parvi veder molto: 1C5
Colui è più da' fuoi nemici avvolto.
O diluvio raccolto
E di due fonti un fiume in pace volto* ;^fl
Amor', egclofia m' hanno '1 cor tolto ;
E i feg»i del bel volto
A!-
DELLE RIME. $69
litrovolere, o difvoler m' è tolto . S>*

lifpolCj e con un volto,


LV A O
che per gli occhi fi rifolva ,13»
Kon d'acqua
Poi quali maggior forza indi la ivolva ;
;

O LV E .

De' fuoiaìti penfierial'Sol fi voi ve; 113


E così fi rilolve;
C]iìproni,e'l fren'ondVmi puge,e volve 119
S'alcuna ha'l módo;e voi nude ombre,e
polve;
I Vergogna, e duol,che'ndietro mi
rivolve; 191
Dall'altro non m'afiolve
La qual temo che 'n pianto fi rilolve, 233
Se piotate altramente il eie! non volve
Del tempo andato, e 'ndietrn fi rivolve ; 45
Se r univerfo pria non fi diflblve;
E tutto quel ch'una ruina involve »

OM A -

De' miei dolci penfurr l'antica foma ; «3


Cangiati i volti, e l'ima e l'altra coma
,
.

I Eeachè Lucrezia ritornale a Roma; 15*


E sì dolce idioma
I £i gravemente è oppreffa 5 e di tal
loma 44
1 L'"or commeflb il noftro capo Roma .

I Pon man' in quella venerabil chioma


I llfucceflor di Carlo ; che la chioma *i
A Babilonia , e chi da lei fi noma :
E'1 Vicario di CRISTO con la foma
Vedrà Bologna, e poi la nobil Roma .
Volando al ciel con la terrena loma . 34
Tre volte trionfando ornò la chioma;
Nell'altrui ingiurie del fuo fangue Roma
OmbAi
Ma Iafua voce ancor quaggiù rimbomba : 70
Mi darà penne in guifa di colomba ;
A leflandro alla famola tomba 14»
Giunto
O ior-
,. .

576
O fortunato
TAVOLA
, che sì chiara tromba
Ma quella r-ura , ecmdida colomba; '
Is'ei mio flil frale affai poco rimbomba:
.
Ombra.
Eaflare il velo , o per Sole , o per ombra
j
Ch ogni altra voglia dentr'al cor mi inombri
JUe be voftr'occhi ii dolce lume
adombra
JNé mare , ov'ogni rivo fi disgombra
; j,
rjò di muro , o di poggio,
o di ramo ombra;
Qualunque piò V umana vita ingombra ; È
guanto d'uà ve],che due begli occhi adombra:
la.ito più bella il mio pen/ìer
l'adombrato*
-Poi , quando 'I vero fgombra
Ove fi (iede all' ombra. „j
Se dolor che fi fgombra;
Dagli altifilmi monti maggior l'ombra •
41
Ogni gravezza del fao petto fgombra
E poi la roenfa
:

ingombra
Seppi laflarche pur a fua dolce ombra : »
: l

Ogni menbel piacer del cor mi fgombra .

Se non mia;cui tanta doglia ingombra, iti


la
Veramente Cam noi polvere , ed ombra :

JL aura,e l'odore, e'I refrigerio*


l'ombra 13*
loltoha colei cb? tutto '1 mondo fgombra
*
Come a noi 'I Sol , fe fua foror l 'adombra .
£J sikun penfieri Amor m'ingombra
1
.
J rofignuol
, che dolcemente all'ombra
U am-jrofi penfieri il cor ne ngombra .
S

£1 quefte jinareffion i 5 aere difgombra


iar delle lue braccia a sè ftefs
.
30
ombra
Ombre-
Adunar femore quel eh' un'ora fgombre, 1 Sa
Vorre il vero abbracciar,I a ffando l'ombre-
E , rr ... Ome.
E Ifuo parlar'
,'

e '1
bel vifo , e le chiome
,
1?
Non ho tanti capelli io quelle chiome
O co»
, .

DELLE RIMI.chiome;
57*

Ocon legnine i o con le bianche


le chiome-
C ha rami di diamante^ d'or
i

l' temo di cangiar


pria volto , e chiome,
Sol con quelli penCer ,
con altre chiome
foella mia morte che fol del :
fuo nome 7*
come
m pie fanno altra via, nè le ma»,
i

di penfar , ficccme
o&
Io fon già Manco
ffer fuggir de' fofpir sì gravi Icme;
E come a dir del vifo
e delle chicme
«

il voilro nome ;
Dì, e notte chiamando
ionie; i>
Voce rimafi dell'antiche
Chiamando Morte , e lei fola per
nome-
Tornami innanzi , come
J 9S

L'altra è *1 fuo chiaro


nome,
chwra.etii»
Cheno ha a fchifo le tue Bianche
altro che '1 nome
Nè dì se m'ha lattato
1

vederete , come i o5
Dì voi penfate ; e
Sgombra da te quelle datinole lome
:

Non far idolo un ne me


OM P A .
pompa toa
In te fpiega Fortuna ogni fua ,

Che l' avanzo di me conven che rompa •

Onit
ragiona 7»
Nè mi lece afcoltar chi non
Voempiendo P aere , che sì dolce tuona

Amor^in altra parte non mi Iprona ;

Lodar fi pofla in carte altra periona.


ma '1 gran piacer lo iprona : 5*
Pigro da sè ;
E 'chi di voi ragiona, «•
la nona,
Quando a lui piace, e l'altro in fu
tuona
Equella dove l'aere freddo
Madonna , e fola fece fi ragiona ;
Con quanti luoghi fua bella
pedona
perdona
Di noi fa quella eh* a null'uom ,

Eche rapidamente n' abbandona


E già T uhimo dì usi cor mi tuona
:
o

l
S7*
er tutto quello Amor non
TAVOLA
mi fprieJona . I
In quella parte dnv'Amor
mi fprona
£o ui che dei mio mal meco ragiona ,, , '

Welia trasfigurata mia


perfona
£i che Iperato avea già Jor
:
J
corona : }
^el.ael sì grande, come fi ragiona,
!

107
Credo che 'I lenta ogni gentil
perfona )
^o.) .naveffe difdetta la
corona
Le qua vilmente il fecolo
abbandona :
Ma
quella ingiuria già lunge
mi fP rona
land la dove fona
Dottrina- del fantiffirno
Elicona,
aJt a imprefa cantate iprona.

Che de' bei rami mai no^ràoffcn


iiancor chi chiami,e non è
fronda : »»
chi ridonda-
vei ano onde i Signor mio
fépre abbondaci
Penfando alia fua piaga afpr
,e profonda.
Ma chi ne prinu, fimil , nè afeeoada
B pierofa s'a/iide in fu la fponda .
Cui nè prima fu , Gmil , nè
feconda ; ri»
fecero ni tua virginità
feconda.
t Òla ,1 a 1' ita eft r gioconda;
oJ .in,
uve L !
iiaiJo abbondò , fa grazia
'
,

abbonda .

o- efu le ,
Onde,
Quali i

treccie bionde ; 10I


Uua pofava in terra , e qua
ti
fu l'onde
I
:

^1 legno in
Uuelto
i
guifa , ch'i navigj 3 ffonc? e • nj
prov'io fra l'onde
Gcttan le membra.poi che'I Sol s'afconde,
lo;
a%
*
V ?
P? r «hé s'attuffi in mezzo 1' onde,
Ali ; «rei venns alla terra
erbe,e
Ed al mar ritoglierle i pefei , e 1' fronde» »6i
onde ;
S-e Morte gl, occhi
cbiude.ed afeonde. Ui
A^itancom' i venti , e 'I cielo
, e l'onde ;6
Quind*
DELLE RIME. ffi
luand'eccó i cuoi mi ni (tri (i' non fo donde:)
(al chi contratta, e mal
chi (ì nasconde.
).ve rette dal vento piangon l\>r,de , SS
jbito vidi quell'altera fronde
terrimembranza de! le treccie bionde
Bfpinfeionde iu un rioch'l'erba afeonde
'aun ferena , che fra verdi fronde H7
[prime oiaghe si dolci e profonde;
1 be! vifo veder , ch'altri 'afeonde ; m
ilora fciolfe , efovraor terio bionde i
ìmj ba tanti animali il mar fra
l'onde ; 171
ìifcevri in me dal vivo terren 1' onde,
ofia,in primi ch'i 'pofi.ii m r lenz'onde;
ilpirdel petto,e degli occhi efeon'onde,
ioeaiidovocol mormorar dell' onde
'Idi fi e '1 Sol frmpre nell'onde
fteffe, i7J
,icapei vidi far di quella f onde 16
CcmVgn. membro all'anima rifponde)
'iventar due radici l'opra l'onde,
lima co tue rodenti , e rapid'onde
i *39 :

blofpirto, eh' iv' entro Ci nafeonde >


irittoper l'aureal fuo defirleconde
ittendo 1' ali verfo 1' aurea fronde ,
turbò si l'aere , e l'onde >
Iriental "5
teve , e poco fpazio
ora uporefife afeonde
ricchezze a nuli' altre feconde .
'alte
plamentar augelli , overditronde ^04
Iroco mormorar di lucid' onde
Piche'l Ck-1 ne myftiò,tcrra n'afeonde:
isìjontano a' iofpir miei rifponde.
hc*ì mio caro teforo in terra afeonde
:

chi d:-il Ciel rifnonde ;


ich.icffl.ite
Delnavigar p?r quefte orribil' onde :
laricogliendo le Tue frane fronde
Imilemente ; e poi domando; Or donde »49
litui mio flato ? ed ella ; Le trift' onde
,

J7* .
TAVOLA
Che t'infiammava alle Teffalich' onde ; m
E fe noti hai l'amate chiome bionde
Che dura quanto i! tuo vifo s* afconde ;
Difendi or l'onorata) e facra fronde
Non è gioco uno fcogiio in mezzo l'ond«> fj

Molte virtuti in bella donna afconde .


Ondi.
A' la dolce ombra delle belle frondi nj .

Nè nooffe 'I vento mai si verdi fi ondi ;


Nè giammai ritrovai 'ronco, nè frondi
E quando a terra fon fparte le frondi
Ed' io chieggio perdo -o a quelle frondi,
E di far frutto non pur fiori e frondi tW
; , .

Cb i*bramafempre,e tuoi lacci nafcondìttj i

Fra i canei crefpi e biondi in i ,

<2he vaglion inmoTar quel le due frondi? t%


Ed ella; Tu med e fina ti Dipendi ,
Ondo.
trovar puoi quantunque gira il mondo,^!
E>i che ordifchi *l fecondo ;
O 1
Ninfee vtiì che frefco erbofò fondj ni
!

Come Morte, chi.-*! fa Così nel mondo .

Lafci ituh ii, Morte, fc-nza Sole il mondo 241


Me fconfolato ed 3 me grave. pondo
,
;
C rtefia io b? .do ed oneftite'n fondo;
,

•Spento il nrimo v.ìlorirjual fi ; , il fecondo 3


Quando giugne e
gl occhi a! cor profódo;; •

LafcianU- membra qu immobil tondo: , fi

E del nrimo miracolo il fecondo


Che fa vendetta, e'1 Tuo eGlio giocondo .

One.
Per l'Oriente , e 1* altra che Giunone «J
Suol far gel- fa , ne! Settentrione
Difcinta;efcalzi,e dello avea'I carbone:
E gii ambiti pungea quella ft.igione,
Chi fpiafle , Canzone» 1 1<
'

Che
.

DELLE RIME. 5?J


k per sè fugge tutt' altre perfotie
mifera ed ornbii vifionei *St
liavieain pene , edin fperanze bone?
a corri' è che sì
gran romor non Ione
tifa fra mia tnfta opinione .
sì colei ,
1
per ch'io fon in prigione»
_

«o
arcdofi ad un balcone ,

ichè d'Orfeo Uggendo > e d'Annone


sj
delti al fuon del tuo chiaro fermone »4
nulla fua tenzone
Oni.
ilfài; che si l'accendi , e sì la/proni ,
lyi
pi '1 fanno i celefti , e rari doni
le mie colpe a sè ftefl'a
perdoni.
On na.
tredi, Amor , che giovinetta donna 95
ile armato.ed el la-in treccie,e*n gonna
le colei , cbefola amepar donna; 99
lei di fare a! bel fianco colonna; ioo
h, e fior , cbe la gonna _

riti di- fignore > amordi do na ras


i Lauro verde, una gentil Colonna >
in efsermi pafsato oltra la ponna , i8
in fua fcorta
ife una pofsen te donna;
t fortegn dime, doppia colonna
< «5°
quella dolce mia nemica , e donna
:

iella giovinetta ch'ora


èdonna i« :

inmad'amor.che'n cor'alto s'indonna ;


cbe m bella- e più leggiadra donna 19S
i

1' una colonna :


tft'idel viver mio
ifofa ir sì leggiadra e bella Donna ;
«7
arra in dofso sì candida gonna ,
e fola fedea la bella Donna. "9
«ansi una colonna
[m'ha pofto in obblio con quella Donna »55
l'i' li die' per colonna
T A VOLA
Quefta mia greve,e fra! e, e mortai gonna;»
Ch'i'veggia il mio Signore, e la mia Donna.]
Ad una gran marmorea Colonna
Di corto r piange quella gentil donna
OnnEi
Sul duro legno , e fotto l'afpre gonne • 1
E Granata, eMarrocco, e le Colonne; ì
E uomini
f>\\ e le donne,,

W Oceano intra Carro , e le Colonne» J


'1

Vane di Jin»ue,t? d arme- , e delle gonne- I


Qua? figli mai, quai donne
Onno.
Lagrime ornai dagli occhi ufeir non ponno:ji
Nonsjch'i'ardaje può turbarmi il fanno,
Dormito hai,bella Donna.,un breve fonno:i!
E fe mie rime alcui"> cola ponno ;
Con parole c he falli romper nonno
i
J :

E dopo q ut fto fi parte e! la, e '1 fon no.


Né fpero aver;e le mi,- notti il fonno n
Sb.nd irò, e più non ponno
Per inganni ,e per forza e fatto donno
Non fpero cf ; siammji dal pigro fonno 4
Che fcuorer forte , e folle varia ponno
; ]
Oso.
Voi t h' afcoltate in rime fparfe il fuono
- Quand'era in parte altr'uom da quel ch'i'fooj
Del v.iri..> itile, in ch'io pi mgo,e ragiono :

Spero trovar pietà , non che perdono.


Che quel chevienda graziofo dono: i
E quel poco eh i' fono
1

I miei pender' in voi fianchi non fono


;
E come vjta ancor non abbandono,
E de'begli occhi ond'io fempre ragiono,
Non è mancata cimi fa lingua, e'I fuono
ru de' besli occhi voflri aperto dono
,
Dn lor conofeo l'-eflcr' ov' io fono :

Cv'
, o .

DELLE RIME. „7
Ni raggi d Amor sì caldi fono, , 3
Semiler gaàdi sè cortefe
dono.
Hi !on tolte
e perdono :

fe
tenendo H crude] , di ch'io
ragiono , 16
gegtìo
,
o fo^a , o dimandar perdono
Può mi trasrormaro in quel ch'i'iono,
Mei peccato altrui cheggio
perdono i jS
W troppo J u me , e di fi ren e ai fuon ,

pel ch'in Teffaglia ebbene man sì pronte 3 S


Jlbgurato alle fattezze
conte-
[paftor eh' a Golia ruppe
la fronte ,
I affai può dolerli il fiero monte ,
penlier
,„ penfier, di monte in
monte io*
1 loiitana piaggia rivo, o
11
fonte ,
tempo parta e l'ore fon si
proaee 3x
eh' ali' altro monte
pi avverrò orizzonte
ti udì mai d
'uom vero nafeer fonte > iS
hrJocofe mani felle e conte.
Nnque alberga tra Garonna,
UPueueo all' ultimo orizzonte
e'imonte, "
ti
,
'

„ Ont 1 .

Mffi fparn 0 penfier vaghi


; , e pronti : , 1
9
techi miei , occhi non già , ma fonti ;
fonde, onor delie fcmo.fe fronti
Bini tate ir cercando pìagge,e monti;
0 11 e la( ' 0 in ° uelli mouti
11 j>
d
' ; 10S
la acqua non vien di quelle fonti;

em hanno congiurato a torto incontra . 45


Romaici! lor grazie non m'incontra.
jera'I tempo dov' Amor (1 f
ferii infieme, e dir
cotltra
che foi' incontra
m
malia ipeme; e feglili all'
incontra

tHime Vettona g
. f, QplA _
,

-, 7 t
J
TAVOLA
O P i A .

Che non bolle la poi ver d'Etiopia


propia
Perdendo tanto amata cola

foilene inopia
Che'l miod' ogni licor
,

Oppio,
flroppjo \Ì
S' A more,o Morte non dà qualche
vero accoppio;
Mentre che un con l'altro
1'

lavor si doppio
I' farò forfè un mio
a Roma n'udirai Io
Icoppio.
Infili*
Oppo.
venir troppo,
Poi che mia fpeme è lunga a 74
galoppo :
Per fuggir dietro più che di
debile , e zoppo
E fuggo ancor cosi intoppo.
Segni ch'io preiì all'zmorofo
"Opra.
E*l cielo in ciò s'adopra.
Corpo fra voi ricopra;
fornir I opra
Jvla però che mi manca a
3

l opra
Contra tua iifanza? i' prego che tu
:

O P R. E
Ch' alberga dentro , mi fi difeopre 1
in voi
parole , ed opre
* Onde adopre «
'Tacer non poflb, e temo non
agguagliar 1 opre
Con oarole mortali
Divine, e quel che copre
adopre; I
Indarno or fopra me tua terza
'

ricopre.
Mentre'l mio primo amor terra
Ora.
Ma voi; che mai pietà non difcolora } |
Kè lagrima però difeefe ancora
Glìotchivtsftri,ch'Amore,e ICiel onora,.
Con le non fue bellezze v'
innamora
torà ;
Sci-ciato del mio do'ce albergo
efilio avvenga eh' io non
fora
M.fero
Io amai lem e , ce amo
force ancora ,

Sp
r (Te fiate
quand'Amor m accora
E i-jr
, . .,

DELLE RTME. 579


fon fermo d'amare il tempo , e l'ora
Di bea far co" fuoi efempj tu' imi 3 mora
.
Ecerco lotiche voi diccfteailora yr
;
•ecoloftraleond'Amor voi eh* e' mora
Quel che mi fanno i miei nemici ancora
Dico eh' ad or* ad ora , f0
Dinojofì pcnfier difgromhra allora
Le quai fuggendo tutto '1 mondo onora,
41
Ma chi voi fi rallegri ad ora ad ora :

Ma ripa fata un'ora


Odei Pallor eh' ancor Mantova onora
, j 4t
^ornmife a tal,che'l fuobel nome adora:
" , che'1 tuo ragionar'
intendo allora » 55
ovella ebedifubito l'accora:
ual vincerà, non fa ma infino ad ora
:

ederla ani:! eh* io mora :


34
Però eh' ad ora ad ora
)i mai non veder lei , eh' il ciel
onora ;
Splendeaquel di; così bagnati ancora
103
genito il lume apparir che in' innamora
:

.a fera dciìar, odiar l'aurora


piattina è per me più felice ora ;
'he fpciTo in un momento apron 1 allora
JP anco '1 ciel deila terra s' innamora
;
Cosi mi CyegJioa fa lutar l'aurora , 1S3
Neipnm'anni abbagliato, e fono ancora.
»arlì infieme,e in un ponto, e'n un'ora
Jìiì tua man, non pur bramando, i'mora: J55
jjffi' un bel morir tutta la vita onora
.

Quando fra V altre donne ad ora ad ora


0
|T;,nro crefee il delio che m'innamora
,
.

Plenedico il loco , e '1 tempo e l'ora ,


>
Che fofti a tanto onor degnata allora
Aine pur giova di fperare ancora iBi
j
Chememantene,e'I fecol noftro onora-
ficitaèpur del bell'albergo fora;
Bb : la
. ,.

,s 0
TAVOLA aperte ancora , i«
In ch'io mi fidcveggio
Ma temenza m accora io ora »oo
Oriente nodo ov'io fui d'ora dolor mora
ProvS crtio cb' «om di
volendomi Amor perder ancora ,
NoÈ fcampato fora .

ch?à eran pena indi


L v'ita fuSe, c
non s' arrefta un'ora ;

accora
e l'alpettar rn
BM rimembrar ,

T farei già di queftj


Quapd'io veggi»
^f^S- Aurora»
dal ciel ice noer_ «

gd cd fofpirando tuInlai*£w%£J-
;
,
ben ora
O felice Titon .' 1

Ch feU W
riveder, conven eh' fmora
che vive anco a
.

*4
Mala forma miglior,
eognorpiùmMnnamora
,

Difu e belIez Z dimora,


;

n ,Ìl'%lU èo»?i,e'nqual pane


Sindoaquel eh' oggi orCiel'onora
addolciva m'accora ed
il
^
Voce che m' ,

a verte- aurora .

Fotte al mio lcampo 1


ijo
rifpond' io allora ,
Fvolea dimandar 4
Tii la cui penna
tanto 1' una onora .

dunque i accora, iij


Mentre'l novo dolor
ancora
afe v può dar dopo la morte
tutta onora ; 4t
lì «vilier , eh' Italia

Roma ogni ora


Dice, che
Vìftainnn allora,
SS' io non l'avea
Mei core; ed evvi ancora,
|
limitar , che
' tempo anco-
Èi fopra 'I
il di nèil ora ^
Bench' io non yi leggeri, ,

quando si 1 onora ;

£ cerchi uom degno ,


Orba.
T'ultimo (trai la difpietata corda
,

DELLE RIME. jtr


Ed io ne prego Amore, e quella Torcia
[fi di chiamarmi a sé noti Is ricorda .

Col gran fuono i vicin d'intorno afiorda; 40


[Cosi'l defio j che feco non s'accorda ,

[Che piangó détro,ov'ogrci orecchia è forda,ni


•Veramente la voglia è cieca , e 'ngorda :

iCh'a gli animoiì fatti mal s' accorda . 46


ICh* almen qui da sè fteffa fi difcorda :
Però che quanto'l mondo 11 ricorda )
,

[N'ho fofferto,e n'afpctto : ma l'ingordo 114


[Voler , eh' è cieco , e Tordo
Ore.
I Di quei fofpiri ond'io nudriva il core 3
Ih fui mio primo g io veni le errore ,

Frale vane fperanze » e'1 van dolore i


Ove fia chi per prova intenda amore )
Ed aperta la via per gli occhi al core ; 4
fero, ai mio parer } non li fu onore
E'! nome che nel cor mi feri (Te A more;
5
LAUdando s' incomincia udir di fore
Raddoppia all'alta imprefail mio valore:
Ma,TAci > grida il fin che farle onore :

Quando 'I pianeta che diftingue l'ore , ?


Che velie il mondo di novel colore »
E non pur quel cSfe s' apre a noi di forc s
IGravido fa di fe il terreftre umore
: mi darà tanta baldanza Amore ,
"
9
ìua'fono flati gli anni,e i giornee l'ore.
Sion fia che almen non giunga al mio dolore
Al qual mi ftrinfe Amore; 5»
e mi paffò nel core
ori la vertù d' un fubito (plendore »

chipiangete accompagnate il core , ja


;

mentar più l'altruijche'i noftro errore-


prima ebbe per voi l'entrata Amore
li

B là 3 Chg
,

TAVOLA
Clic motte dentro da colui che more
.

Parroi d'udirla, udendo i rami, e l'ore , 137


Raro un filenzio , un lolitano orrore
Ch* i' dico , Forfè ancor ti ferva Amore 10J

Ad un tempo migliore :
Là dove fol fra bei penfier d amore
Sedea, m'apparve ; ed io per farle onore»
A me fi volfe 'n sì novel colore
Ch' avrebbe a Giove nel maggior furore
Qui co begli occhi mi tra fili e '1 core :
1

Jiótfe,edì riemmi'l fignornoftro


Amore- <ì
Cosi dello mio core , ,

Ogni altra cofa , ogni penfier va fore ;


^fol* ivi con voi rimanti Amore.
Oade Amor paventofo fugge al core ri

Ivi s* sfconde , e non 2ppar più fore


.

Che pofs'io far, temendo il mio fignore y


ben* amando more
Che bel fin fa chi .

sc
Qual con un vago errore
'

Girando, parea dir; Qui regna Amore.


O bella man che mi diftnngi i core ,
,

pofer Natura , e '1 Ciei per farli onore ;


Di cinque perle orientai colore ,

Confenteor voi, per arricchirmi Amore.


Più mi raffembra; a tal foneiunto, Amore r:
Là onde '1 dì vien fore
Ite , caldi fofpiri , al freddo core r I

Morte y o mercè fiafineal mio dolore. I
Ite dolci penfier , parlando fore
,

Sarem fuor di fperanza , e fuor d'ertore .


r

Quel dolce pianto mi dipinfe Amore » '

Mi (criffeentr'un diamante in mezzo'! con


Ancor torna fovente a trarne fore
Nel giorno , ch'a ferir mi venne Amore .

Ch' a raffo a paffb è poi fatto ffguofe


Che punto di fermezza) o di valore
Ivlan
5

DELLE RIME. 5*3


Manca fle inai nell' indurato core :
Volgendo gli occhi al mio novo colore , 5»
Salutando tenefte in vita il core-
1
Ch'ogni cofa da voi ni è dolce onore.
0 tenace memoria ; o fero ardore ; 119
0 pofleiue delire; o debil core;
0 infegna al gemino valore}
fola
0 fatreofa vita , o dolce errore »
Ed in alto intelletto un puro core , itfr
frutto fenile in fui giovenil fiore)
Anzi '] Re delle fìelle; e'I vero onore ,

li degne lode gran pregio , e'I valore


, e'I
Non v'induciate fu V eftremo ardore, 74
Elei vid'io ferita io mezzo 'J core .
E'I fiero pafTo , ove m'aggiunfe Amore ; 80
Altamente confitte in mezzo 'I core ;
So, come idi, cornei momenti, e l'ore
Sette, e fett'anni; e vincerà il migliore ;
Non moflrò mai di fore 3J
Kafcofto alfo colore ;
E In fera do", ezza , ch'è nel core ;
Cnme'iS 'l neve, mi governa Amore } 103
Ma da nrdio gli abbagliai vince il core,
0«' fra*] bianco , e l'aureo colore
Che ri.afce.tn di dolore» H£
1 moft-avan di foie
'et acquetar il cor.-
.'armi veder Amore
Miiconofciutoj an^i mi sforza Amore, 19»
the la fìr;-,da d'onore,
Efento ad or ad or venirmi al core
Chedebb'i'j far? che mi conGgii, Amore? 194
donna è morta , ed ha feco'l mio core ,
crude! Morte; or'hai M regno d'Amare iji
óverito; or di bellezza il fiore)
ni ornamento, e de! fovran fuo onore:
Bb 4 Ma
,

Ma
,5*
la.
TAVOLA
e'1 valor, che mai noti more,
fama,
la te fecreti Cuoi mefiaggi Amore }
x 101
In te vaghi pender s' armari d'errore
i :

Per fubita partenza in gran dolore 9


Lafciato ha l'alma, e'n tenebrofo orrore;
SafleI chi n' è cagion' , e fallo Amore :

s
Ch'altro rimedio non avea l mio core
Pur di sfogare il dolorofo core tv
Pianger cercai, non già del pianto onore. I
Fu forfè un tempo dolce cofa Amore ; H\
Com' ho fatt'iocon mio grave dolore •

Quella.ehe fu de! fecol noftro onore T


Or m'ha d'ogni ri pofo tratto fore •
Tranquillo porto avea inoltrato Amore it
Chei vizi fpogiiaje vertù verte, e onore-
Già trahiceva a' begli occhi '1 mio core
Il frutto di molt'anni in sì poche ore !
M'aperfe;e piatovv'entro in mezzo'! core ìi
Un Lauro verde sì > che di colore
. "E'1 piover giù dagli occhi un dolce umore
L'adornar sì, ch'ai ciel.n' andò P odore ,
Contrario effetto la mia lingua al core ; M
Che vorria far onore
Come pofs'io; fe non m'inlegnij Amore; i
Onde feaza tornar pafsò '1 mio core . 1
Nelle quali io 'mparai,che cofa à amore. ]
Movi la lingua ov' erano a tutt'orc
Ben torna a confolar tanto dolore
Ridir potè ili ; accenderei d* amore y
Scacciando dall' ofeuro, e grave core j

Sofpira > e dice ; O benedette l' ore.


Negli occhi ov' abitar folea '1 mio core, ^
Di fua man propria avea deferitto Amore
Onde quaggiulo un ben pietolo core
Sì, ch'egli è vinto nel fuo regno Amore. I
E fola puoi finir tanto dolore;
DELLE RIME. 5Ì5
Quell'antiquo mio dolce empio Signore 251
Mi rapprefento carco di dolore)
Di paura , e d' orrore ;
Laqual cu poi tornando al tuo Fattore 159
Nel tuo partir partì dal mondo Amore
>
Por fine al mio dolore; 263
Virtù conerà furore 107
jjjhel'antico valore j.-
E dolendo } addolcisce ìL mio dolore; S4
pd'10 ringrazio Amare,
Piangete, donne, e con vo^i pianga Amore; 76
Jii farvi , mentre vi (Te al mondo, onore .

'0 per me prego il mio acerbo dolore ,

guanto bifogna a disfogar itxcore .

Chi udendo ragionar del mio valore gz


Non fi fertid j al core
Tolta la fpegne : ond*ogni vertù more ;
E regna altro fignore
, 53
Ira conduce ; e fai quei che ne more , io>
E' lun^o , che'l fuo poflcfiore
furor
Che tu mi fai; che te ne 'nganna amore
; 177
fi mio configlio , e di fpronare il core :

ORGA
In una eli «fa valle ond'efee Sorga j
i iij
fi «a 2 nè chi lo feorga ,
Orge.
Ch'i'non vo'dirdi lei ; ma chi la feorge, 157
ifTanto n'ha feco , e tant'altrui ne porge:

|r infinge j o non cura, o non s'accorge


Jogiia mi fprona:Am.jr mi guida,e feorgens*
Eia man delira al cor già fianco porge :

Il mifero la prende ; e non s'accorge


Dall' un vago defio l' altro rjforge
.

Orci.
^uri paffì onde tu fol mi feorgi; !30
Rifondo del mio cor gli occhi tuoi porgi
Bb 5 E tu
, ,

E
5*6 TAVOLA
tu pur via di poggio iti poggio forgi
Di giorno in giorno;e di me non c'accorgi*
Orco.
T
Sì chiufamente 5 ch i*non me n'accorgo , «I

Appena infiV a qui l'anima fcorgo;


Ch' or mei par ritrovar ; ed or m'accorgo i«;

Ch'or quel chVbramo,or quel ch'è vero,fcor-


Rimanti e tu-corrente> e chiaro gorgo (go
:. 5

Orra .

Dolce nella memoria » 1O1

Umile in tanta gloriar


Quaftd'un più bel So!, s'allegra, e gloria; »J
i. Sa i mondo de'buon'fempre in memori*
Vinca'1 cor vofìro in lua tanta vittoria j
Okt.
A ì tempo novo Tuoi mover' i fiori' » _
17
Ma pria fia'l verno la ftigion de' fiori
Dolce la qua! ben move f rondi , e fiori >
:

Ed io'l provai in fui primo aprir de'fi«ri:


Non che 'i gieJo adornar di novi fiori^ ,

B,idon*or per Te niaggie erbette» e fiori


In rete accolgo l*^ura,e'u ghiaccio i fioririj
Di dir libero un di tra l'erba , e i fiori t \

Drez éT ratfan ti qui e"1 ciant etndstrii fi .

Ogni vergogna ond ogni bene è fori;" 1


Albergo di dolor , madre d'errori ,
Or rime) everfi; or colgo erbette , e fiori

. Seco parlando , ed a' tempi migliori,


Orio.
r
Mover dall' ora ; e di covrir l'avorio ri
Non rincrefeo a me ftefio i anzi mi'glorio
Orma .

C
Mi
iuinci,or quìndi^om' Amor m'ìnforma;i
fa di loro una perpetua norma
"

Senza Ior*a ben £ tr non moflì un' orma < :

©sabra di lei > uè pur de' fìioi piedi orma


Cora'
.

DELLE RÌMÉ. 5»?


Cotti' uotn che tra via dorma»
Orme.
Ch'i', noti m'inchini a ti cercar bell'orme S6
Ala fe 'n cor valorofo A mar -on dorme ;
Così vcftifìe d'un color conforme , 97
ÈdefterKifi anior là ^ dov'or dorme:
Mori tolifane 1' onrie
In lenza penfier s'adagia 1 édormé ; 4*
Ahi crudo Arnor,mattta]lor più m'informa
ti voce', eipaffij e l'orme;
Seri ricorjofco in voi l'ufate forme ìrf
(Juìhcì vedea'l mio bene; e per eiuefì' orme
Ormo.
fri felva in felva fatto mi trasformo . 19
Eii ancor de' miei cam fuggo lo ftorrao

Orni.
Ad albergar col Tauro G ritorna ; >
Cade virtù dalle' infiammate corna ,
Le rive e i colli di fiorétti adorna
J
Ma dentro, d >ve giammai n'ori s'aagiornaj
Cpm'id m'accorgo; che riefut.i mai torna , 0»
Cesi occhi è'1 duol;che torto che s'aggiorna»
i

Edi fagrimeonéffeil vi fa adorna ; 248


Sciolta dal fonno a sè ftefa ritorna .
porla corina del fuo antico adorna ; ìt
Pfe'fe fu già l'arme per fi Kcar le coma

Delle chia vi ,edel manto al id'i tot" aa :


jScchèv s'altro accidente' noi dirtorna*
Cont^atuoi fondatori alzi le corna 117
icchezze taute J of Coftantin non torna;
Ors(.
ladre del Ciel dopo i perduti giorni , ji
ilirmdo gli atti per mio mal sì ado r ni
acciari o'iò'ai»- col tuo
me- eh' i-> torni
I

mipduro avverfario fene'fcorrii .


h lai , sa miglior tempo ancor ritorni , 51
.

Ed
58B TAVOLA
a più lieti giorni ?

Di luì che paffo paffo addietro torni; _


io!
Veggio lei giunta a' fuoi perfetti giorni
Alma felice, che lovente torni i:j

Ma fovra'l mortai modo fatti adorni ; ^


Quanto gradifco ) ch'i miei trilli giorni
Le tue bellezze a fuo' ufati foggiorni .

Ch'allumi quella vita, e 1' altra adorni ; idi


Venne a falvarne in fu gli eftremi giorni;
E. fra tutt' i terreni altri foggiorni
Che'l pianto d' Eva in allegrezza torni :

Orno.
Tempo da travagliare è quanto è'I giorno :i<|

Vo lagrimando , e defiando *1 giorno .


Quando la fera fcaccia il chiaro giorno ,
Si afpra fera , o di notte , o di giorno ;
Vedefs'io in lei pietà:ch'in un iol giorno |

Per m'armi di braccia , come il giorno ì


E fonper amar più di giorno in giorno 7]

Quel dolce loco ove piangendo torno


'Ch'ogni vii cura mi levar d'intorno j
E
più colei lo cui. be! vifo adorno
In una valle chiufa d' ognintorno , f
E
1* immagine trovo di quel giorno ,

Ch* all'ufato foggiorno


Nel Benedetto giorno»
Mia venturajed Amor m'avean sì adorno 14
Penfando meco a chi fu quell'intorno:
mi riede alla mente mai quel giorno
Piera di vergogna, ed'aroorofo feorno ;
Surge nel mezzo giorno H
Che fon fonte di lagrime , "e foggiorno \ *•

O >nndo '1 bel lume adorno ,


Schiaccio farme ; cosi freddo torno .
Quel feropre acerbo , ed onorato giorno 1!
,
Mafpeffo a lui CQn la ipemoria torno .

L' act«
DELLE RIME. 589
L'atto d'ogni gentil pietate adorno 5

Folle che 'i ciel raflerenava intorno .


Tutto penfolo ; e rimirando intorno 47
E torna 'ndietro quali a mezzo il giorno.
Eilringcndo ambedue» volgeaC attorno 178 •

0 felice eloquenza o lieto giorno '


.'

Con beltà naturale abito adorno; 161


Può far chiara ia notte, ofcmoil giorno ,
Così mancando vo di giorno in giorno , 68
I Ké fa quanto fu meco fuo fogjiiornc
il :

jOimèlaflo! e quando fia quel giorno 06


^Quell'aria dolce del bel vifo adorno
prima atmfti j or fola al bel fosgiorno 143
I Verdeggia» e fenz3 par, poi che Tadorno
0 Sole ; e tu pur fuggi ; e fai d'intorno
Ombrare i poggi, e te ne porti'l giorno;
Ed io non ritrovando intorno intorno jS
1
Gictaimi ftanco.fopra l'erba un giorno .

I
Mi poteflc tener invitami giorno: 154
Ed io, che fon di cera , al loco torno ;
E pongo mente intorno
Tutte le cofe di che '1 mondo è adorno , 57
1 Abbaglia il bel che mi fi moftra intorno :

lEs' al verofpiendor giammai ritorno:


Pur la fua propria colpa, e non quel giorno,
Che'ncontri'lSoijquandoe'nemena il giorno
Tu te ne vai col mio mortai fui cor^o ( 139

Torna volando al fuo dolce foggi orno .


La dolce villa del bel vifo adorno , > Si
Seper falir all'eterno foggiorno
Prejjo, non tardi i! mio ultima giorftie .

Mirando'! ciel , che ti fi voi ve ime 0 iti


Immortai' , ed adorno :

Tal,che pien di duol fempre ,•»


215
I
Veggendo a' colii ofcuja not*
E dove gli occhi tuoi foiear
A co-

i
,

T A V Ó L A
A coglier fiori in nur-i r-rati d'intorno * il
Sp-ra-ida agli occhi fuoi piacer sì adorrid , i
'Ntjfr.tìmi to(cbi ) al bsl Collo d'intorno 144

Ed era 5 Sol già yokoal m zzo giorno;


!

Cittadine del Cie'oj il primi giorno ni


Che Madonna paisà) le far* intorno
Diceantra lor, perch'abito si adorno
Dal Mondo errante a queft'alto foggierno
Ch'altri non m*rnfendeva*,ond ebbi {"corno: Si
Già fu rer l'alpi rieva d'ogn' intorno i
C .'alla mia lingua era di/lretto intorno 93 .

Su ne! primiero kornd


Beato il padre , e benedetto il giorno
C fia di voi '1 mondo adorno ;
Oro.
Son le mie luci ; é fritte ofcura è loro; iU
Àrdo allor* mi fé l*oro*
Canzon 5 > i non fu* mai quel nuvol d'oro' fj

Alzando lei che ne' miei detti onoro :


Uè per nova figura il primo alloro
Cofe tra noi , perle , e' rubini , ed oro , iti
Ho]a. (e ie non quanto il bel teford
Circondi * e movi , e fe Biotta da loro 1 i)

Soavemente e fpargi quel dolce oro


Mi pu.igon siche infili qua il leotoje ploro
-E vacillando cerco il mio tefoiò,
Ov'or trionfa or nata dei]' Alloro; 1

Hi
Ch*a f ìtzi mi rieri qui » foli'io cori loro
Di porpo a v Ititi e *i cap;> d'oro',
1
,- ti?
Primi penfii fin th" allo fve! to Alloro
Muri eran d'ai hiftro , emtod'oro» il?
Di f ette , e di fico: ond'iodi loro"
CotDriiti d* alloro'
C>m la fronte' di rofe , e co' cnn d'oro ; 21*
Amor m'affale s>ti<F io mi dilcoloro;
:

Pa ricovrare il Tuo caro feforo i


U3
- ,

DELLE RIME. 5 §r
310 che debbo Far del do! ce A Il^ro ?
erdk- m'apparve con doro corna d'ore» 14<
a due risiere al t'ombra d'ui/A fioro
Ch' i'iafeiai per f<-guij la ogni lavoro :
Come l' avaro jc he *n cercar tesoro
SI fpeff.- volte , che quau" u-n di loro

Efler mi par c' fiann ivi il ^uo teioro >


Udendo lei per eh* io mi difco.'om
Dirmi ; Amico, or t'atn'ia,cd or t'onoro,
jScrivi quel che vederti t in lettre d*oro; ?6
Siccome i m.ei ("eguaci difcofoTo i
Volgare eiempio ali' aniorofo coro :
Poi di nun mi ti tolfe altro lavoro ;
Di mie tenere frondi altro Lvoro- US
fìe'nvidiòinfieroe ?o mio nobil teforo»
Che col cor veggio te con la lingua onoro f
Oj PO r
Di che péfandoacor m'agghiaccK>,e Corpo 23$
Trovò la via d'entrar in si be! corpo I

Orfo , al vortro deftrier" li può ben porre 7$


Se brama onore,, e '1 Tao contrario abborre?

Non fofpirate : a luì non fi può torre


Egli è già la , che nulTaltro il precorre'.-
I L'altre puoi giuio agevolmente porre jj
IBen vedi ornai » ficcome a morte corre
Or e. o
A lor fempre ricorro r ,
€4.
E quando a morte defiando corro ,
Sol di lor viltà a mìo ffatfo {occorro *
1

In mezzo 'i cor che sì fpevTo rincorro' ipc


Parlando hatì trie'fCtfa#<d al dolor fbecorra
Olisi.
Quella urriiì fera un cor dr tigre o d'orta* «5
Mi vota si eh' o?ni mio flato infòrfa
,
1

.-

I Ss 'n breve non' m'accogliejo non mi i inorfs»


.

T A V O L A
Dolce veneno , Amor , mia vita è corfa
Orse-
Ne d'or capelli in bionda treccia attorie ;

Configlio, ove'l marcir l'adduce forfè - m ,

Fin che mi farri '1 cor colei cbe'i morfe


Che mi fcacciar di là , dov' Amor corfe > .]

Lato mi bagna chi p'rìmier s'accorfe>


L'amata fpada in sè ftefla contorfe
Quando'1 bel parto giù nel mondo fcorfe'
Chi più degna la mano a fcriver porfe •
Tempo verrà ancor forfè n
E là 'v* ella mi fcorfe
Già fai tu ben , quanta dolcezza porfe il

Dell'immagine fu a ; quand'ella corfe 1


Al cor , là dove forfè
Di tanta guerra ; ed erane in via forfè ; a:
Se non eh' e lieti paffi indietro torfe
Così fua vita fubito tra fcorfe
Quella, che già co'begli occhi mi fcorfe ;

Qua! mi fec'io,quando primier m'accorfi :

E piedi, in ch'io mi (letti, e mofTie corlì,


i

A lor quand'io del fuo accorger m'accorfi :


|

E tutto tempo eh' a vedervi io corfi


'I :

K (e mai dalla via dritta mi torfi ,

Qu He pietofe rime in eh' io m'accorfi j

Che r <rro a quefta penna la man porG ,

Per f.r ve i certo , che gli eflremi morG


Inhii'all'ufcio ci.:l fuo albergo corfi :

Ali. m~o i he di lei prima m'accorfi ; ai


Onde fubito corfi
Orso.
La fio, risi m' è feorfo \
Lo mio dolce foccori'o
Nell'efiif» i. felice alcun foccorfoj >

Feria fmd.rirc il fuo naturai corfo ;

E dall'
DELLE RIME. 55?
'

E dall'tm'óbra all'altra ho già'l più corfo 1 Si


Che pietà viva , c '1 rruo fido fcccorfo
1 QuelVancor dubbia del fatai fuo corfo 1 59

I E tal piacer precipitava al corfo ;

]
pfatodifviarne a mezzo '1 corfo .

Che zoppo n'efco>e'ntraivi a sì gran corfo.i€«


* P:en di lacci , c di (lecchi un duro corfo
!
Che 'nterrompendo di mia vita il eorfo
l

S'alcun pregio in me vive,o'n tutto è corfo,


trovo in quefta vita altro foccorfo zcé ,

Ì Non dico d'uom , un cor di tigre , o d'orfo


Conven per forza rallentar il corfo. 134
Quel caro nutrimento in che di mqrfg ijs
Alni ti volgi , a lui chiedi foccorio 151
Si> che iìam fece al fine del tuocorfo .

O 3. T A .

C'hanno la mente defiando morta , %


Ma poi 5 ch'Amor di me vi fece accorta ,
Che mal mio grado a morir mi trafporta > 5
dittando , affligge più , che non conforta .

:l
La Donna , che'! mio cor
nel vifo porta 5 S7
Modi con fronte reverente , e fmorta .
'3 che del mio flato fuflì accorta ,
Tello
l'arme di mano , e l'ira morta
Tolto •

che devrebbe edere accorta


Mifera! 7J
'J Più volte l'ho con tai parole feorta ;
jSÌ peflente è '1 voler che mi trafporta: 64
Eia ragione è morti,
Edoglia>e morte dentro a gli occhi porta. 114
• Molto convene accorta
Nova Angeletta fovra l'ale accorta S j
Poi che fenza compagna , e lenza feorta
>• Piacer mi tira ulanza mi trafporu
: : 138
• Speranza mi
lulìnga > e riconforta -

il Di noltra cieca , e disleale feorta :


l&cgnano i l ;nfi
;
j eia rasiere' è morta]
Con
594 TAVOLA
Pori freno al gran dolor che ti trafporta : li
Dov' è viva colei eh altrui par morta ; ij

S* Amor novo configlio non m'apporta", V


Che'l defir vive , e la fperanza è morta ;
Onde fi sbigottisce , e fi (conforta
E'n dubbia via fenza fidata feorta .
Che mi rendon Madonna cesi morta ; ioj

Ch'ai gran dolor la medicina é corta :


Trema quando la «ede ta fa a porta '

De!I'a'ma,ove ip'ancide accorsi feorta .

Sol di lei ragionando viva , e morta j ijl

Piacciale al mio pattar' efler accorta ;

M'afciuga occhi,e col fuodir m'apporta»


gli
Che vai , dice % a faver ,chi fi {"conforta ?
Ch'or follu vivo, com'io non fon morta.
Prego che na mia feorta;
O Rte .
Così davanti ai colpi della Morte

Tacitò vo ; che le parole mo'te
Move col iuon delle parole accorte,
Sempre in quell'aere par che mi conforte; ]

'E le foavi perdette accorte; M«


E Amor fopra me la fa si forte
s*
Oper mia colpa, c per malvagia forte
Gli occhi fuoi da mercè, ficchè di morte
"Quante volte m* udifte chiamar Morte ? fl

Ahi dolorosa forte!


Tal fu mia mia cruda forte : iw
(Iella, e tal
Sappia'I mondo che dolce è la mia morte •
Vola ua'augel che fol fenza conforte

Di volontaria morte
O dolci (guirdi
1
o p iroette accorte ;
,
i' 1

Aiìiir , e osi prsfo il mena a morte :


O bel vifo a me daf in dura forte ,
1 ;

D.t m'' un piacer che fol "eoa m'apporte.


r

Pur'apcnfarjcorn'io corro alla morte. i .

Gitia-
, ,

DELLE RIME. s? s
Olinto 'I vedrai per vie lunghe, e dittone.
Le vice fon sì corte ,

ìo prefo ardir con le mie fide feorte 1 34

)'aflalir con parole onefte accorte


'erch'pgni mia fortuna, ogni mia forte,
dio ben, mio male,e mia vita,e mia morte
li tai lamenti ; sìdolce èrnia forte» iJé
Ulto > foipiri, e morte-
la piacer per ufanEa in me sì forte, 131
ih' a patteggiar n'ardifee con la Morte.
Quanta invidia a quell'aDimejche'n forte n*
Quanta alla difpierara > e dura Morte;
Non batta bé,che Amor, Fortuite Morte *oi
Hi fanno guerra intorno, e 'n fu le porte»
)isìeal' a melol ; che fere feorte
Vai ricettando , e fei fatto conforte

Forfè fuoi figli , o fua cara coniorte , aio


"m tante note sìpietofe, e feorte :
imi rammente fa mia dura forte :
Che *n Dee non credev'io regnafle Morte.
Della Fera gentil niordean sì forte j 21*
Vir.fe molta bellezza acerba morte :

E ini fé fofpirar fua dura forte.


E poi che l'alma è in fua ragion più forteto*
E' !or' oprar*, e Minio viver' è morte.

Ch" i'purto invidia ad ogni efìrema forte; nj


Omia ftella , o Fortuna, o Faro , 0 Morte
Odiar vita mi fanno, e bramar morte 13*
Crudele , acerba » ineforabil Morte,
A parlar ri' ira
, a ragionar di morte .
Orm'è'l pianger amaro più che morte , 137
E ripregando te, pallida Marte,
Che non fanno trattar al tro che morte :
'Nècontra Morte fnero altro che M rte.
Mcrtrm'h; morto e foli può far Morte
;

iChe ÌUiUin mia poteffe torre % Morte


Epe-
,

E
596 TAVOLA
però mi fon m^fTo a pregar Morte , t-i

Per tarme a fegrtitar collante , e forte ;


Incrò di lei che m'era data in forte ;
Ma 'I dolce vifo dolce può far Morte > a<
Che bi fogna a morir ben altre fcorce ?
Che col pie ruppe Je Tartaree porte ;
Col fuo morir par che mi ricon forte ;
Che per alto deftin ti venne in forte . 25
E dolce incominciò farfi la morte .

Dir Gli altri "Paitar giovine, e forte; t

Quelli in vecchiezza la fcampò da morte !


|
Ajaee in molti , e po' in sè ftelFo forte 16 .

Spello a vergogna , e talor mena a morte .

Orti.
E ch'avete gli fchermi fempre accorti 5
Mi vedete ftraziare a mille morti :
Nel bel vifo di quella , che v'ha morti ) 1

Pregovi , fiate accorti :

Orto.
Col corpo franco > ch'a gran pena porto ; 1

E prendo alior del volti 'aere conforto ,


Al cammin lungo , ed al mio viver corto ; ,

Ferino le piante sbigottito , e fmorto ;


Ond'io divento fmorto ; {

v
Ne l'iman 'oqual'era e fonimi accorto ,
1

Che quello è'1 colpo,di eh; Amor m'ha morti


Se quella fpene porto 10
Non poria mai in pi fi ripolato porto
Però farebbe da ritraili in porto,
E fperaodo venire a miglior porto;
Ch'^lmen da lunge m'apparifTe il porto ,

C »oie lune di notte in alcun porto


Che volendo col giorno efTcr a porto
E l'ancore gittar qualche porto ;
in
Qual foco non avrian già fpento , e morto 4
Amor ( avvejua mi iìa tardi accorto )
DELLE RIME. 597
Cascatene mie gran parte porto : 67
«andò farai del mio colore accorto >
Stiri avea poco andare ad effer morto

iella vita il trapalar sì corto : 74


urreimi a miglior tempo effer accorto ,
ÌI'uli de 'la ti , ove '! defio m'ha fiotto ,

feto ornai j ma pur nel vifo porto


efpt-flo occhio ben fan fa veder torto; 177
rchè'l cammin'é lungo, e'1 tempo è corto .
ledij e notte nella niente porto ; 1C4
lo per cui confurto

eben m'avria già morto


ezzo tutto quel dì tra vivo , e morto , 17
laperchè '1 tempo è corto ,
tameretta , che già foiti un porto 17O
e'I dì celate per vergogna porto .
letticciuol 5 che requie eri , e conforto
lo ver me crudeli a sì gran torto
.'

^'.011 d'error coiì ignoranza attorto J43 : ,

1 , ch'incomincio a difperar del porto .

indo il foave mìo fido conforto, 349


m enei iuo do' ce ragionare accorto
ttodi pietà , e di paura fmorto
stenderà l'arme, e tìa'l combatter corto: ic7
fell'Italici cor'non è ancor morto

I tatto a forza , ed e'd'Atnosv feorto n?


:

8 tafoftei'enza è nel dolor con'oi to :

coltro enei '] nfieme è raro , e corto .


:r gir a miglior porto j «
wm vento occidental dolce conforto ,
« piangiamo il noftro e l'altrui torto ;
III che s' i' arrivo al defiato porto, 91
llfer, quand'aeri mi terrà per morto .

•'abbi laffato ; i' pur mi riconforto : 10S


thè del corpo, ov'eri prefo ,e morto,
ftelle vaghe j e lor viaggio torto,
E ve-
,


59?
!
TAVOLA
vedi } i veder nollro quant* è corto ; -

OR2A.
Però eh' Amor mi sforza , !

Ma non femore alla feorza !

E le ftellemigliori acquiftan forra . 4


Amor'armato sì , eh* ancor mi sforza ;

E quella dolce leggìad retta feorza


E mi face obbliar me fteflb a forza :

Che tien di me quel dentrojed io la feorza.


Mover mi fentoa chi gli ha tutti in forza;r
Facendo a lei ragion j ch'a me fa forza :

Ma noli a può fé 'ncontr'ha maggior forza.


"Uomini, e dei folea vincer per forza
.Accampa ogni tuo ingegno, ogni tua forza,
Se noli ra ria fortuna èdi più forza, i

Pò , b£n può' tu portartene la feorza i

Non cura nè di tua , nè d'altrui forza :


Lo qual fenz' alternar poggia con orza
L\ìcqua,e'! vento,e la vela, e i remi sforza.
Qinnd'aver fuol.Amor'in noi più forza , i
Lafciando in terra la terrena feorza
Indi mi fignoreggia, indi mi sforza
Deh perchè me del mio morrai non feorzj
Mercè 'dì quel Signor che mi die forza - i
Or tu, s'altri ti sforza,
L animo ftanco , e la cangiata feorza , *
E la feemata mia deprezza, e forza :

Ch'a contender con lei il tempo ne sforza.


Subito allor, coni 'acqua il foco ammorza, ,

Osa.
Non fpero del mio affanno aver mai pofa »

Effer può in prima ogni impofiibil cola ,


E quant* era mia vita allor gioìofa
M 5
infegni la prefente , afpra e nojofa.
Per provar fenza lor , fe mortai cofa i

L'anima i poi eh' altrove non ha pofa ,


,

DELLE RIME. 59?


Apri giorno ch'i' lafciài grave» e penfofa i So
Madonna , e'1 mio cor feco ' e non è cofa
ra belle donne j a guifa d'una rofa
ijra minor fior , nè lieta , ne dogliola ;

wledre-j Figliuola > e Spofa; sfii

ergine gìoriofa j
»be 'I furor di lafsù gente ritrofa i°7
iccato è noftro > e non naturai cofa •

l'atto dolce onefto è gentil cofa • tz


e 'n viltà vada altera , e difdcgnofa »
011 fuperba , e ritrofa
sì foccorre alla fua amata fpofa » *s
cremar Babilonia , e ftar penfofa
_ .

volea dir Quelt'è impoifibU cofa >


, 9}
itto inchinai la fronte vergognofa
Oschi,
edo che tei conofehi : 99
imanti in quefti bofehi .
e rive il far.no,e le capagnee i bolchi) iSj
r fuggir quell'ingegni fordi ,e lofchi

uor del d<Jce aere de'Paeti Tofchi


ncor m'avria tra fuoi be' colli fofchì _

è tanti augelli albergar! per li bofehi ; 17^


on fìjfFcrfe , quant'io fanaolfi i bofehi «
ich'Araor ferrimi un cktadin de'bofchi.
ibagnar l'erbe , e da crollare i bolchi •
città fon nemiche , amici i boichi
:

ddoraientato in qualche verdi bofchì ,

anzon , nata di notte in mezzoi bofehi» tyf


vaghi abitatorde' verdi bofehi ;
216
miei dì fui sixhiari ; or fon sì fofchi ;

Osco.
henoftro (tato è inquieto , e fofeo ;
'I 125
ite (icuri ornai , ch'Amor vien vofeo :

ai legni del mio Sol l'aere conofeo .

fai fuj quant'io ; nè fera in alcun bolco: 1 66


Ch
,

«•o T A V 0 L A
ChYnon veggio'l bel vifo ,enon conofc»,
II ridiy doglia ; il cibo aflenzio } e tolco ;

La notte affanno i e'1 ciel feren m'è folco ;


Dettando i fior peT quelFombrolo bofcoj 14
Al foave !uo fpirto riconolco ;
F.uggodal mio natio dolc'aere Tofco ;
Per far lume al pentier torbido e fofco ,
Intrò di primavera in ur< bel bofco 15 .

Tra un teneio fior nato i:i iuel b Ico


Che ratto mi vcig' fti ai verde bofco
Saldin le piaghe bofco
c-h'i'prefì 'n quel
Forgimi la min delira in aiK-it'> bofco :

M'ban fatto abitacor d'ombrofo bofco :


O l'alma fciolta > o ritornata al bofco .
Chiara Fon'. aw in quel inedefmo hoico 11
Al bei faggio porto , ombrolo , e fofco
; i

Ose .

Che con l'ale amorofe 5

Con quelle jìzxto vengo «1 dire or cofe


Clio portf te nel <;or gran tempii alcofe •
Glie coptia netto avorio > e frefche role-j U
O iiicnftaiiza dell'umane cofe !
óìxì vifò^-©?' Amor'jnlieme pofe h
On-ime gentili , edamorofe; *

Piacerti sì , che 'n te fua luce afcofe ; ló'

E di colui , ch'amando in te fi pofe .


Invoco lei che ben fempre rifnofe ,
Milena eftrema dell'umane cole
Oso.
Nè mai rtito gioioto ;

Rivo'ta d'occhi ond'ogni mio ripolo


:

Che'n p.irte rafl'erena il cor dogliofo : il


Tanta le ho a dir , eh' incominciar non ofol
Nè pur'il mio iecrcto ,e'l mio ripofo 171

II vulgo a me nemico, edodiofo


Laura mia facra al mio fianco ripofo
Che'
.


ÒELLE RIME, $|
Uievivend'ella non farei ffotoofo.
,

lo ncomincjo da quel
guardo amorofo
Pi di m
dìj d'ora in ora Amor m'
ha rofo
Le lagrime del popol dolorofo,
107
Che ioì da voi ripofo
Ossa.
Uè 'n più tranquilla fona ®'
I0
Fuggir la carne travagliata , e l'offa .
tedi, ch'io farò là torto ch'io poflk
, 34
Ifpirto ignudo,od uom di carne,t d'ofta.
fo- che Madonna da pietà commoflà
l'ancor poi ripregando , i nervi, e l'offa iy
Bivojfeio dura felce; ecosìfcoffa
r hai -fatto l'eftremo di tua pofla, 231
[Hurne hai fpento,e chiufo in poca fona,
'rhti fpogliata noflra vita-i e fcnffa
Job è in tua forza: abbiti ignudisi' offa
™ Ossi,
;

in far mai Giove j eCefare sì molTÌ 12S


'or dell' ufat'arms ambeduo fcoflì .

ìngea Madonna ;e'I mìo Si gnor, ch'io foffij


ricercarmi le midolle , e gli olii .
tento per te sì breve intender puoffi . 94
™oi che i pi è fuoi fur moiìì ,
Osso .

.erco:che quel non vo' , quello non poffb: i6z


tequand' i' fi a di quefta carne feoflo
jper più noti poter , fo quaut' io poffo :
91
g per mille rivolte ancor fon motto ,
'artendoonde partir giammai non pollo; 157
panno innanzi;ed emmi ognot'addolib
F'i'pur vo fempre,e non fon'ancor moffo>
'al bel giogo più volte indarno feoffo :
Osti.
me quel, di che già legnata fofii:
partir teco i lor penfier nafeofti
Pttrtrea , Cc Co-
m TAVOLA
Così avefhi ripofti
Osto.
Un modo di pietate occider torto, 15

Non" eflend' ei difpofto


Pur vivendo veniafi ove depofto ti

Ed ella avrebbe a me forfè rifpofto


OSTRA' f
Stiamo, Amor' , a veder la gloria noftra i<
Vedi lume che 'I cielo in terra moftra J :

Vedi , quant'artedora e 'mperla, e'nnofti


,

Per quella di bei colli ombrola chioftraì


L'afpetto facro della terra voftra 5

Eia viadifalir alciel mi moftra.


Ma con quefto penfier' un' altro gioftra ;

Di tornar a veder la Donna noftra ,


D' onefto foco ; e nel parlar mi moftra il

Contando i cafi della vita noftra ;

De' miei tanti fofpiri ecosìmoftra. ; li

Venga per me con quella gente noftra


Ostri-, «ij

Che l'alma feonfoiata aft'ai non moti ri


Più chiari i penfier noftri ,
L'alto, e novomiracol, ch'a' dì noftri ^
Per adornarne i fuoi fteilanti chioftri ;

Vuol ch'i'dipingaa chi noi vide,e'l moftn,


Ingegno,tempo,penne,carta)e'n<;hioftri. M
r
Ch'è ftato avvolto intorno agli occhi noftrij
'il 1 eloqusnzia fua vertù qui inoltri
Or con h lingua) or con laudati inchioda:
Ostro.
Ond'io gridai con carta> e con inchioftro
Non fon mio,nò:s'io morosi danno è voftro
Donna che lieta col principionoftro
5
li

E d'altre ornata che di perle , o d'oftroj


E delle donne altero eraromoftro, -.
, ;

I?er ch'io tante verfai lagrime,e'nchioffro:


. j

DtLLE RIME, fio 3


icordki, che fece il peccar noftro» afit
al tuo virginal chioflro .
maaa carne
uolmetie forte affai più ch'i'non mofiro: s>j
Ma fé dell' effer voftro
Ota.
S'a voi fofie sì nota 59
fon avria'l cor: però forfè è remota
Setto quefto 5 alla (uà volubil rot3 , 231
E come intentamente afcolta , e nota 244
biche '1 di chiaro parche la percota>

J.uiàa gli occhi ,e l'una e l'altra gota


Ote.
iàntinuando 1' amorofe note ; <4
Cb teneu'l freno; e contrattar noi potè .
jmor' , in guifa , che fe mai percote
Cerne M Sol volge le 'nfiammate rotej 41
E con p:iro!e , e con alpeftri note
Che ritornar convienimi alle mie note. 174
iTemi'Hìr potelVioin sì foivi note
ogià fnarei al mio tempole'n quante note
a nè'l mio Signor, uè le fue note ,

gli afpidi incantar fanno in lor note }


:on lenta 'Ifuon dell* amorofe note
le. uè forza d' amor prezza > nè note -. 17
Oto.
Ch'almen l'ultimo pianto fia divoto , 263
!
I Come fu 1 primo non d'infania voto.
Otte-
yide mai tante delle alcuna notte; 171
Che fol vo ricercando giorno, e notte-
l' non ebbi giammai
tranquilla notte:
Idìpenfofo; poi piango lanette;
Ver lo dolce filenzio della notte ,
ISolavenifle aftars'ivi una notte; 17J
Ott 1

iLagrime trifte j e voi tutte le notti 4»


Cc a So-
. .. .

6o4 T A V O L A
Soffiti aflor traete lenti , e rotti
Pcffenti arifchiarar nbifio, e notti, 1
Con i fofpir foavemente rotti :

I chiarigiorni > e le tranquille notti , \


E i giorni ofcuri , e le dogliofe notti
Ov' è '1 favoleggiar d* amor le notti ?
E vegghiar mi facea tutte le notti
Che mi fottragghi a sì penofe notti. 1
Fuggito è '1 Tonno alle mie crude notti
Neflun vive più trillo e giorni , e notti ;
L'aura dolce, e la pioggia alle mie notti;
S'elTer non può
; qualcuna d'elle notti

Uè da te fpero mai rnen fere notti :


Chiama giorno,a me feffe atre notti-
lei i
Ovoi che fofpirate a miglior notti;
Farmi può lieto in una, o'n poche notti:
Otto.
Tal or rifponde , e talor non fa motto 2, :

Sai j che 'n miIIe"trecento quarantotto


OVA .

Una dolcezza inuGtata , e nova ;


Sì che di mille un fol vi fi ritrova:
,

Quel tanto a me,noii più (del viver giova:


Qual più diverfa e nova^ , i

Rinafce , e tutto a viver fi rinnova:


Così fol fi ritrova
E vive poi con la Fenice a prova-
Le delle, e'1 cielo, e gli elementi a prova 1
Si fpeccfjiarf'i Sol,ch'altrove par non trova
L'opra è sì altera , sì leggiadra , e nova ,
Par ch'Amor* e dolcezza, e grazia piova-
Spene volte fi trova ;
D' amar , qua! cofa nova
Ed io fon'un di quei che'i pianger giova:
Ov'ogni latte perderia fila prova; 1
Fior bianchi, e gialli per le piaggie mova;
. 6

DELLE RIME- 6z 5
itie poco umor già per continua prova tgi
'reg.mdo j amando talor non fi fmova ;
lOmepar che tu moflri ; un'altra prova 196
Iaravi gliofa 5 e nova
mio amato teforo in terra trovi , 197 '

on fu firn il bellezza antica , o nova > 240


ofto dilparve; onde '1 cangiar mi giova
>1 per aver di me più certa prova s $1
iderne affai ; tutta 1* età mia nova
itfai contento;e'l rimembrar mi giova,

amtrn dal ciel fu le tue treccie piova j 1 1

« che di mal' oprar tanto ti giova:


ido di tradimenti ; in cui fi cova
1 cui luiìuria fa 1' ultima prova
Ove.
lancio^ dal proprio fito fi rimove 36
I rinfrefcar l' afpre faette 'a G
ìovb :

or tona, or nevica, ed or piove


usi'
: fua cara amica vede altrove
la
h non afconde fue bellezze nove i 1?
braccia alla fucina indarno move
"e emprate in Mongibello a tutte prove ;

fua forella par , che fi rinnove


figliuol di Latona avea già nove
Boi fofpiri , ed or gli altrui commove :

bij che cercando fianco non feppe } ove


he molto amata cofa non ritrove :

li dir parole in quel puntosi nove €j


olgon per forza il cor piagato altrove :

'1fangue fi nafcoude i' non fo dove ;


dolci oiieftamente move i
pafli 131
erticene *n torno i fior'apraje rinnove }
degna di provar fua forza altrove ;
ìe'Legti occhi un piacer sì caldo piove»
Semente fofpirando move; 17S
con fue vifte leggiadmte , e nove
Ce 3 Quìi:-
,.

6o« T A V O L A
Quando fìa chi fua pari al mondo trave ?
Gloria di noftra etate-' 0 vivo Giove,
S* altra fperanza le mie rime nove 5!

Nè poeta ne colga mai; uè Giove


Cofefopra natura altere, e nove: 14
Vedi ben 1 quanta in lei-dolcezza piove :
L'abito eletto, e mai non villo altrove ; '

Che dolcemente i piedi, e gii occhi move


Ch*ambrofia,e nèttar non invidio a Giove:
Che fol mirando, obblio nell'alma piove $
Perchè da fofpirar fempre ritrove ;
Ratto per man d'Amor ; nè fo ben dove ;
Or qui fon lafio , e voglio efier altrove, •
E d'antichi de.fir lagrime nove
-

Farmel veder quando fi volge altrove id


Lavando tenebrofa onde fi move
Da por fua cura in cofe altere , e nove , ij
. Che v* eran di Iacciuo' forme si nove ,
Se veifi'o pietre , o fuco d'erbe nove té
Prima che medicine antiche, onove
Vinca '1 tuo Sol le mie tenebre nove .
Guarda'! mio flato , alle vaghezze nove
Or' ecco in parte le qucltion mie nove;
Del lume , onde falure, e vita piove »
Dicean lor con faville onefts » e nove ;
Qui mai più nò, ma rivedrenne altrove .
' Onde cofe vedea tante , e si nove
Con fronte umana , da far'arder Giove »
Nè v'accorgete ancor per tante prove 10
Ma 'I voftro fangue prove

L'oliva è fecca; ed è rivolta altrove ij


B' ogni buon frutto, fe P eterno Giove
Della fua grazia fopra me non piove.
Oro.
Per alti monti , e per feive nfpre trovo i«
A ciafcun palio nafce un. penfier novo
Ozza .
,

DELLE RIME. «07


Ozi a-
jrerella mia, come fe rozzi! 99
U
B B I O
ntendomi perir ienz' alcun dubbio: 191
pur deliberando ho volto al fubt>«i
Uc A 1

1 comune principio amor t'induca» ifiJ

e fepoca mortai terra caduca


Uce.
il
e'1 bel vifo di Madonna
luce;
m'è ritnafa nel penfier la luce
veggio pretto il fin mia luce;
della
mmene in guifa d'orbo fenzaluce,
la luce
'io non fon forte ad afpettar

o dettino a vederla
:
mi conduce :
amorofo cammin che li conduce
apuoffiavoicelar !a voftra luce
e mi moftra la via ch'ai
ciel conduce 6l
afi viabilmente il
cor traluce .
e(l' è la vifta ch'a ben far m'
induce ,
'1 dì m'adduce 41
a laflo,c?ni dolor che
r partirli da noi t' eterna luce .
quella, ofimii' iodi accefa luce - *J
go fra i rsmKovunque vuol,
m'adduce.
'Amor per forza a lui mi riconduce ; 14©
'1 ciel per quella luce ;
a perir mi dà
mia forte ventura a che m' adduce! '55
di che vaga luce
macinata guida la conduce;
nde più che mai chiara al cor
tratuce ;
ntende lor la defiata luce;
105
adonna, ove pietà la riconduce;
fe coai' ella parla, e come luce,
'i'fegua la mia fida, e cara duce,
14$
he mi condufle al mondo,or mi
conduce
1 mondo ; ch'il
conofco e tanta luce
:
1
Ce 4 Denti:
. , .

6o8
Dentr'al mio core
TAVOLA infin dal Ciel traluce»
Uc i

E dea col cor punite ambe le luci , _


1
Ch'alia ftrada d'Amor mi furon duci
Ubi.
Ch'Amor queft'oochi lagri mando chiuda; idi
E torni Palma al proprio albergo ignuda-
La morte fia men cruda
Sì > ch'appena fia mai chi '1 pafTo chiuda « 7Ì
Ma romper nò, l' immagine afpra,e cruda-
Mimoflìi equella fera bella, e cruda i<

In una fonte ignuda


E temo ch'un fepolcro ambeduo chiuda i?j •

Poi ché fia l'alma delle membra ignuda


Quando per tal ventura tutta ignuda 4.
Ch'arrje la paflorella alpelìra, e cruda
Ch'ìfLaura il vago,e biondo capei chiuda;
Ude.
Parlo in rim'afpre , e di dolcezza ignudc: 9
Mofìra di fuor fua naturai virtude 4 •

-Miri ciò che 'I cor chiude ,


lo con tremanti, ei con veci altCse crude; J5
Ciafcun per sè conchiude ,
Tal jch'a 'buon {blamente ufeio fi chiude; 41
E tra gli altari , etra le ftatue i guade
Udì .

- E 'n poco fpaziola mia vita chiudi; tu'


Man' , ov'ogtii arte
, e tutti loro ftudi ;

E mie piaghe acerbi) e crudi >


fol nelle
Diti lchietti foavi ; a tempo ignudi
Udo.
I' mi rifeuoto; e trovomi si nudo, u
0 per me fempre dolce giorno, e crudo ,
1 miei penfier come nel cor li chiudo:
,
j
Ch'animo al mondo non fu mai si crudo »
Quel colpo ove non valfèelmo,nè feudo j

.

DELLE RIME. «cf


Dìfor'j edentro mi vedete ignudo;
Ue.
Contrai doppio piacer si inferma fu e; 1S4
ìbba ridonarmi fu fpeflo intra due
e fecretario antico è fra noi due ; 133
mi conforta j e dice che non lue
0 ritrovato le parole fue ;

on fo s'il creda ; e vivomi intra due:


lode mai non d'altra, e proprie fue; ut
r' ardifeo ombreggiar or'una , or due >
'un chiaroje breve Sole al mondo fue;
Ugge.
(Che dolcemente mi confuma , e ftrugge ; 6z
Come fparifee , e fugge
Per non ravvicinarmi a chi mi ftrugge; 3J
più dico:CÌie'l tornare a quel ch'uom fugge:
le '1 penfier che mi ftrugge , 97.
forfè tal m' arde , e fugge ,
El'immagine d'una che lo ftrugge;
Lfeguir d'una fera , che mi ftrugge 5 4*
Elei non ftringi, che s'appiatta,e fugge .

Mipuge Amorjm'abbaglia^ mi diftruggents'


fon l'aura innanzi a cui mia vita fugge •

Eecol cieco dffir che'l cor diftrugge , 4*


fora mentre ch'io parlo , il tempo fugge
(kal'ombra è sì crudeljche'l fé me adugge
t dentro dal mio ovil qua! fera ruggei
|E quella che guardando H cor mi ftrugge
68
ICbe la morte s'apprefla, e'1 viver fugge-
Che guardando, e parlando mi diftrugge, 1 8 j
Eper più doglia poi s'afeonde , e fugge
|A poco a poco confumando lugge;
[E'n fui cor, quafi fero leon , rugge
Move la fiamma che m'incende,e ftrugge,is®
Esì le vene, e'I cor m'afeiuga , e lugge ,

Cerne irato ciel tona , o leon rugge ,

Ce 5 Va
, .

Gio TAVOLA
Va perfeguendo mia vita , che fogge '{ .

Quanti prefs'a lui nafcon parcJiVo^ge : i

lì parte il tempo fugge


E *ì lume de' begli occhi che mi ftrugge
AItri,chi'l prega , fi dii egua , e fugge: ;

Altri al ghiaccio fi firn gge :

Ucgo.
Nè &rò io r efepur taìor fuggo; il

Sempre è prefenterond'io tutto mi ffruggo. 1


'

U
g i o .

Che Morte al tépo é non duoI,ma refugioS


E chi ben può morir,non cerchi indugio-
Ug k e .

Per quel ch'i'féto ov 'occhio altrui no giugni


Che'l dir in' infiamma , e pugne (<
' *
.
u *'
Sia la mia vita; eh' è celata altrui , 5
Ragionando con meco 5 ed io con liti
I mi rimango in fignoria diluì;
Acerbo frutto y che le piaghe altrui,-
Per mirar la fembianza di colui j
Donna quant' è poflìbile in altrui
,
Ed ho in odio me ftelìo , ed amo altrui : jij
In quefto flato fon , Donna , per vui -
E torre l'alme a corpi y e darle altrui j 15I
Da quelli magi trasformato fui
E'1 Sol) ch'è feco, e piò l'altro, ond'ìo fui 16:
V gli ho veduti alcun giorno ambedui
Quel far le ftelie , e quefto fparir lui ;
]\ìj pareva un miracol in altrui .
k
Laflo j che fon ? che fui ?
E per prender il Ciei debito a lui , i ?i
Di ch'egli e'1 Soie,e non veggiono altrui?
Vivo , eh* i'non fon più quel chegià fui
;
Che'l mondo traditor può dar altrui ; iJJ
A che ripon'più. la fperauza in lui *
Già
.

DELLE RIME. _
6ii
Già di perder a voi cagion non fui 101
Morte biafmate ; anzi laudate lui
E dopo 'i pianto fa far lieto altrui.
E'I federe, e loitar, che fpeffo altrui 19$
fer* in dubbio a cui
atafc> che può' beare altrui
tellette da noi foli ambedui..
a pur per noftro ben dura ti fui »

eh* io mi vo fiancando, e forfè altrui : ssS


ludica tu ) che ine conofei , e lui *
eràartdo, ardendo affai felice fui. »4t
fi ritolfe; e cofa era da luì.
infinita fperanza occide altrui : &Ì
chi noi fchifi , s'i
'1 vo'dare a lui

venni fol per ifvégliare altrui ; 94


on m' ingannò j quand' io partì da lui •

Ulgo-
orrhorador di corti , un'uom del vulgo: 2,5*
1' efalto, e divulgo

Urti.
otta in un Ioco,a quel chVfenro,è nulla; 6*
olgete il lume in cui Amor fi traflulla:
credo, dalle fafcé, e dalla culla
n fai,Can^6,cbe quant'io parlo, è nulla 104
tonno è'n bando; e del ripofo è nulla 165 :

e nò;ma'I Sol che*l cor m'arde,e trailullaj


e fol? che fenzs te fon nulla ;
Stilerò, 15 9
'or fofs'io fpento al latte,ed alla culla)
U LSÉ.
olei durezze 1 e placide repulfe \ 158
glie tempraro(or me n'accorgoje nfulfe;
Gentil parlar', in cui chiaro refulfe
'ogni baffo penfier dal corm'avutfeì
UmA
ijefta Fenice dell'aurata piuma i4*
?
'ogni cor'iidduicifce,c l mio coniuma:
Ce 6 For-
6it TAVOLA
Forma un diadema naturai, ch'alluma
Foco>che m'arde alla più algente bruma.
Disi alta virtute il cielo allumai _ 17;
Che può quelli altro?iI mio volco'l confurrn;
Ume
Rimébrado ond'io vegno>e co quai piume, 1

Ma'l bel paefc > c'1 dilettofo fiume


Il cor già volto ov* abita il Tuo Jume .
Nel mover de'voftr'occhi un dolce lume, 61
H per lungo coftume
Penfando , Qui percofTe il vago lume .
59
Aggia radice ov' ella ebbe in coftume
Gir frale piagge, e'1 fiume,
O foave contrada; o puro fiume > 130
E prendi qualità dal vivo Jume ;
Non fia in voi fcoglio omai,che per coftume '

Ben vegg' io di lontano il dolce lume ;


^Ma non ho , come tu , da volar piume .
Pur che ben delia n do i' mi con fumé ;
Non di Penèomia d'un più altero fiume ; 36
L.'effer coverto poi di bianche piume
Che mi fccer cangiar vita » e coftume ? 155
L'un vi ve,eccoj d'odor là fui gran fiume:
la qui di fòco , e lume
Fpianfi; or canto; che'! celefte lume 16Ì
Sua dolce forza, e fuo fanto coftume;
Onde e* fuol trar di lagrime tal fiume
Ma fcampar non poti em mi afe , né piume.
Ogni bellezza , ognireal coftume 173
L'ingegno offefo dal foverchio lume :

Re degli altri , fuperbo, altero fiume 139 ;

E n Ponente abbandoni un più bel lume;


L'altro coverto d' amoroiè piume
Corfi , fuggendo un difpietato lume , ng
Tal, che temendoceli' ardente lume
Taitt' onorate dal iuperno lume
E feor-
. , ,

DELLE RIME- «il


E fcorto d'un foave , e chiaro lume
Tolto eh' incominciai di veder lume .

Tanto mi piacque prima il dolce lume


Altro amor', altre frondi, ed altro lume,
»zo
Riponi entro '1 bel vifo il vivo lume 197
Ctm ta! delio cercar fonte , nè nume ;
Dual io *l dolce coflume
104
Deh perchè innanzi tempo ti coniume ;
Degli occhi trifti undolorofo nume?
Morendo , eterni ; e nell'eterno lume ,
oziofe piume 6
La gola , e 'I fonno , e l'

Koltra natura vinta dal coftuine :


Ed è sì fpento ogni benigno lume
(Chi vuol far d'Elicona nalcer
fiume .

E la prigion'ofeura ov'
è'1 bel lume : U
|e la dolce paura, e'1 bel coli urne ;
J5
iNonimr, non poggio > o fiume;
|Ma fo!o A raor che del fuo altero lume
;

|Nè natura può ftar contr'al cottume .

Unii .

lE già fon quafi di criftallo i fiumi: 53


fiumi ,
JE circondate di (lagnanti
.

Di che danno fuperbi in villa i


numi; 5+
Ich'i'vedrò fecco il mare,e lagrime burnì-
iMentre ch'ai mar difenderanno 1 numi.
IPer amor d'un che 'n mezzo di duo fiumi
,1*7
li' vidi in terra angelici coftumi ,
turni:
IChe quant'io miro,par fogni,ombre,e
|E vidi lagrima* que' duo bei .lumi .

Ichefarian giri monti, e ftar 1 numi.


faville ufeiande' duo bei
lumi 184
Ivive
I D'alta eloquenza
sì foavi fiumi; .

I Che pur il rimembrar par mi confumi


I Al variar de' fuoi duri coftumi
3^
1 Quinto mar , quanti fiumi
IM'aicondon qus'duo lumi .

Acci®
.

su Tavola
Acciò che*! rimembrar più mi con fu mi;
E'1 bel tacere, e quei fanti coftumi iU
,
Non vi s'impara che quei dolci lumi
:

Per lo mar* avean pace , e per li fiumi , l«


Fra tanti afnici lumi
Fiere j e ladri rapaci ; ifpidi dumi ; id
Dure genti , e Coftumi,
Monti j valli * paludi , e mari 3 e fiumi >
Una.
Senza lagrime , e fenza invidia alcuna i i Si
Che amante ha più delira fortuna,
s'altro
Delie mie pene, e men non ne voglio una;
fai nebbia copre > sì gravofa e bruna * ,-

L'altre maggior di tempo , odi fortuna


17?
1 caramente accolfe a sè quel runa:'
Baciolfesl, che rallegrò ciafcuna,
f
E così avveri* che l'animo ciafcuna 81
Ricopre con la viltà or chiara, or bruna.
Faccio! percfi' i'non ho fe non qucft'una
Amor', o la volubile Fortuna 6i
Ch'i* noi cangiaci ad una
Neil' ifole famofe di Fortuna a<<
Due fonti ha: chi dell'una
Pur' all'ombra di fama occulta, e bruna
J
Veggia'm,<fuandc col Tauro il Sol s'aduna:
El'aer nt,ftro , e la mia mente imbruna i6j
;
Col cielo , e con le (felle , e con la luna
E la tua luce avrà '1 Luna;
Sol dalla
Né feto ho mai , fe non quanto
la Luna .
Che'I Sol fi parta e d ia luogo alla Luna
Deh or fjls'iocol Vago della Luna,-
Sovra dure onde al lume della Luna
» ifM
Amor» Madonnari mondo,e mia fortuna: 16S
State dei mio norìèfotto la luna-
All'empia, eviclem. mi a Fortuna,
t palco *U'
1 gran delii ioi d; kjueft? una :

Onde
i

DELLE K. I ME . 6rj
[<We l'alma vieti raen frale , e digiuna •

Un'altro edivirtute,- e di fortuna; 254


Donne elette eccellenti n' elefif una;
Qual non fi vedrà mai fotta la Luna ,
Vergine faggia , e del bel numero una
Contra cofpi di Morte, e di Fortuna; 16
iKèdel vulgo mica! * nèdi fortuna, 8?
Sol due perìone chieggio ; e vorrei l'una
U NCI.
0 caletta > o fpelunca 42
Di verdi frondi ingiunca
fermo alla fpelunca
|S' io fotti (tato 13*
iNonpur Verrina e Mantoa > e Arunc'a
-,

Maperchè'i mio terreil più non s'ingiunca


Lappole) e tacchi con la falce adunca «
Unga
T
,-

al cor m"ag giunga \ I2©


1

«altro farà mai ch


Noia m'è '1 viver sì gfavofa j e lunga t
Ungi..
lUna man fola mi rifana , e punge. iji
Tanto dalla filute mia fon lunge*
Veggio i begli occhi, e folgorar da lunge: 164
lAmor con tal dolcezza m'unge, e punge,
Che nè ingegnomè. lingua al vero aggiunge.
|£iVer vicino j o non moleo da lunge , i#o
Balla man deftra-ch'a buon porto aggiunge:
lE dall' un lato punge
Il dì s'appretta , e non potè efler lunge ;
164
I FI cor' or confcienza , or morte punge -

Uno.
I 6ual ventura mi fu 1 quando dall' uno 1 70
I Motte vertù chefè'i mio inferirle bruno!
I Seu4* io tornato a folvéf il digiuno
I Se tutte altre mie grazie infieme aduno i
I Divento ingiuriofo, ed importuno - *54
I Cie 'i povere! digiuno .
éi6 TAVOLA
U n au e •

In nie'i conofco ; e provai ben chiunque ìrj


Ch'ogni ftii vince;e poi fofpire: Adunque
Unte.
Due gra nemiche iniìeme erano aggiunte,»)
Non lenti poi ch'a ftar feco iur giunte :

Ed or per morte fon fparfe, e difgiunte :

Ond'ufcir già tante amorofe punte .

Unto. »
Ma non £a primi dentro il penfier giunto, Sj
Come col ba|enar tona in un punto >
E d'uu_dolce falutò infierne aggiunto .

Dolci parole ai bei rami m'han giunto - 15?


Mille trecento ventifette appunto
D'un bell'aurato, e ferico trapunto; 14;
Ch'ai fomrno del mio ben quafi era aggiunto
Che mi fé* ricco , e povero in un punto ;
Ch'i'non da d^ira , e di dolor compunto ,
Eh flagione,e'l tempo, e l'ora,e'l punto , si
E Ibel pa'efe , e'1 locoov' io fui giunto
Ch'i' ebbi aderTer con Amor congiunto :
E l'arco, e le faette ond' i s iur punto ;
Amor s'è in lei con oneftate aggiunto; 161
E non fo che negli occhi, clie'n un punto
Ch'i'fug.gia, mi lafciavan fol'un punto :
253
Onde s* 1' non fon giunto
E le non fofle, e'fu'1 tempo in quel punto;*4$
Seco fu' in via , e fsco al Un -fon giunto
;

Pur giunto al fin della giornata ofeura, 137


Sento dì troppo ardir nafeer paura.
Con ferena accoglienza ralfecura
Or ride, or piange, or teme, or s'aftìcura 5 io*.
Ed in un'efl'er picciol tempo dura:
Vidi , onde nacque Laura dolce , .e para 8$ ,

Racccfe il foco e fpenlc la paura


, :

Qua-
.

DELLE RIME. «17


fouaìor veggio cangiata fua figura; 140
[Femmina è cofa ìnobil per natura ;
liti cor di donna picciol tempo dura.
[Ma ; Te maggior paura 59
Trarrebbe a fiii queft'afpra pena, e dura ;
I la colpa è di tal, che non ha cura,
i per l'Indico mar ; che da natura 113
'raggeasè il ferro , e '1 fora
jrando '1 cor , che fu già cofa dura I
-arne , che ferro o cruda mia ventura
.

Tutte lordarti, ed ogni e (trema cura n6


Pofer nel vivo lume in cui Natura
3ie mortai guardo in lei non s' affi cura j
Tanta negli occhi bei for di mifu'ra
Tuo regno fpretza 9e del mio mai non CHfà>93
J, tra duo ta' nemici è si fecura
[Poi che la difpietata mia ventura ics
[Onde ,io veggio in giovenil figura
s*

JDi in tempo mi fi fa men dura


tempo 113
1E degli occhi leggiadri meno ofcura.
Quanto più la fperanza m' aflìcura
lQuelta che col mirar gli animi furai 17
Anzi le diflì '1 ver pien di paura:
Ed ella nell'ufata fua figura
In dolce, umile, angelica figura, 191
Ise l' imprefo rigor gran tempo dura »
I Quando è'1 dì chiaroje quando è notte oicura ,
I Piango ad ognor.Ben'ho di mia ventura,
I Chi voi veder quantunque può Natura, 179
I M' al mondo cieco, che vertù non cura :

I E venga tolìo perchè Morte fura


:

I Cofa bella mortai palTa e non dura


,
.

Soave sì, ch'ogni altra vifta ofcura t*i


Tal, che mia vita poi non fu fecura ,
Oche lieve è ingannar chi s' alTecura ! no
Chi pensò mai veder far terra ofcura?
Or
,

6i8 TAVOLA
Or conofco io , che mia fera ventura
Come nulla quaggiù diletta, edura.
Eranoawolte d'una nebbia ofcura : 217
Lieta fi dipartìo , non cbeficura. 218
A hi,iml l'altro che piantoci trio do dura- I
Dolcemente obbiiando ogni altra cura : 2:9
E mia viva figura
Quand-uoa Donna affai pronta, e (ìcura, 2j<J
Che più bel mai non feppe ordir Natura , ai;
C ci mente alla mia vita ofcura.
Poìi dal
Che mi fece alcun tempo acerba ,.e dura
Tua dolce vifta ornai tutta fecura.
:

Kon chéftil grave, o lingua , ove Natura 2 il


Seguili,! Amor con sì mirabil cura
Pur della vifta ; mi
mia ventura.
fu
Anzi tetti"") da morte acerba , edura; 233
Pietà celefte ha cura
Proverai tua ventura 10!
Di lor, Chi m'afiicura?
E'I fuon che mi foctngge ogni altra cura ; 84
E le fere felvaggs entr'alle mura;
Ben la vittoriofa fu ventura i Si :

ero, fignor mio caro , aggiate cura»


Che trovaron di Maggio afpra paflura
Rode sè dentro, e denti, e l'unghie indura,
i

Efecofadi qua nel ciel fi cura ; 4;


Per cui la gente ben non s' afficura ;
CanzoiijC.hi tua ragion chiatnaffe ofcura, 54
U_R b a .

Rado fu al mondo fra così gran turba , gì


Ma l'avverfaria mia,che*l ben perturba-
Uri. ;.v

Ella non già; perchè non fon più duri , 13*


Meglio è che gioir d'alrra;e tu. mei giur.i
I voftri dipartir non fon sì duri; . i.if
Le mie notti fa trifte., e i giorni ok-urì
Uaco.

*
., . ?

DELLE RIME. «i»


Urgo.
2.64
»erJe tue man refurgo ,
tergine; i' facro, e purgo
URNE.
Mie gravi tempere mie diurne; 170
;
onte fe or di lagrime notturne
lutanti affanni; di che dogliofe urne
li Ti bagna Amor con quelle mani eburne
Uro.
duo più begli occhi che mai furo } 170
I De' I

i Mirandol di dolor turbato ,


e fcuro
Diveder lei che fola al mondo curo;
Fummi'l ciel, ed Amor men che mai duro;
Dei bel diamante otid'elt'ha il cor sì durai» 3!
;lTorra giammai,ȏ per ferobuute oleuro,
Con quell'arme vincevi ogni cor duro : 19?
Or fetu difarmato; i'fon lecuro
Urto.
e n:i al v i ver C urto j 1 5
JQu; n ci , e n ni n d I a i ir,
1


ISe voi dir che fi a
furto;
Usa.
ih veder lei, che'i volto di Medula; H*
efclula
ICosì dunque fa tu ; eh' i' veggio
noitro ula .
|D nanzi ali' ali che '1 Signor
:

Use.
alfe le man di pietà invidia m' ha chjuie ; 1 5*
iF-iiiie amorfa e 'I non poter mi fcule
,
" Usi '

Eivoftri onori in mie rime drfiufi 150


chui'i
Fredda una lingua,e duo begli occhi
Uso.
61
Io penfo: Se laflufo ,

Aprili la prigion' ov'io fon chiulo ,


11' mi foglio accufare;
ed or mi {culo; »u
kjlpo eh' i' portai già molt'anns chiuio
llnvide Parche, sì repente il tufo
fctra*
. i

Sto TAVOLA
Sfrale onde morte piacque oìtra nonVufo.'
Di liberei queftò crude!, ch'i'accufo; z i
Ch amaro viver m'ha volto in dolce ufo. sI
Che fpender fi deveano in mislior'ufo ,
15;
Signor;che'n quello career m'hai rinchiufo;
Chi'conofco'l mio follo, e non io feufo .

XJ s t r. r.
In alto poggio
Pommi con
in valle ima e paluflre ;
;

fama ole ara , ocoh illuftre:


M
Continuando il mio fofpir trilujtre.
Uti. •

O invidia nemica di virtute; ijj


In q u el bel petto,e con qual'arti il
mute?
Da radice n'hai fveìta mìa faiute:
Gradi alcun tempo,or par eh 'odi, e refute.
Poi che crefeendo in tempo,ed In virtute iji
E 1 parlar di dolcezza 1 e di faiute.
Tutte lingue fon mute
Fecemi ardendo penfar mia faiute 109 .

Io.gloriain lei ,ed ella in me virtute!


Far altri, è nulla alla tua gran virtute 253 :

Ch a te onore, ed a me 6a fa kit e .

Al dolce porto della lor faiute. 10


Siete formati, e di, minor virtute .
Però dolenti , anzi che (san venute
Locai; compitamente ogni virtute 64
Non convien ch'i'trapaflè,e terra mute :
Come a fontana d'ogni mia faiute
Quella benigna angelica faiute
34
Che'l mio cor' a virtute
Vedrà , s'arriva a tempo , ogni virtute , 1 79
Allordirà, che mie rime fon mute,
Ne moftrò tanta e si
, alta virtute 199
Amor della tua man
, nove ferute .

In un cor giovedì tanta virtute; t5a


Se r eterna i^iute ,

Uto.
. .

DELLE RIME. fin


Uto
'grandi Sci pioni , o fecel Bruto» 45
"auto v' aggrada > fe gli è ancor venuto
UTte .

di non vedranno le mie luci afcititte 115


Pietà di iua muti l'abbia cordi; ut. e;
.rtn già invitto alle terrene lutte »
defviate rime bai ricondutte
UT T I .

à 've i miei pender ferirti eran rutti 1' 114


gh occhj miei.'che mai non tienoaiciutti.
Utto,
ben veggi' or » si come al pop-1 tutto 3
a
del mio vaneggiar vergogna è'1 frutto,
nde s' alcun bel frutto 60
per me lon quafi un t rreno afciu'ro
Ito da voi, e'I nregin è voftro in tutto,
ho pien di fofpir queir' aer tutto icS
io cor' , in fui fiorire, e'n fui 6r frutto,
gita al Cielo , ed ha&Uni a ral co;idutto
Preffo di sé non lafTan loco afeiutto.
ù dolci affai che di nu! l'altra il tutto 154 .

i buon feme ma' frutto


l'avea (otto 1* al< mie condutto,
là dov'era il mio dolce ndutto,
76
Forfè non avrai fempre il vifo afeiutto >

SO-
SU
SONETTO
Del Signor' Abate Domenico Lazzru'ini
fopra il Sepolcro del
Petrarca,

da Amore, e
SEQuel te apprefe ,
dolce ftil che ti
noijjjftltrom

fatanti onore
Quefto Cigno beato , */ cui migliore
Or gode in Cirfo-ìf il frale Arqua nafeondi

Si bello al par della famofa fronde ,


Che in SozQ* & arfe di celefte ardore ,
Fa ancor ìfuell altro mio lume e fpie fidar
'

Tra ì' E/ino, e f Aterno, e il monte ^ e- Fona

"Perche poi le fue rime alzare, epicanto


Sì cV et rì andane, al del come cclomh
E me verfo di lui lafciar nel fangv ?

pur io , come in luì potè (fi tanto ,

Veggio , rifponde e quefla (aera tomba


",

Son tre fecali ^ e più ch'i'guardo (piangi ,

NOI
. .

Ci?

Pipi RIFORMATORI
DELLO STUDIO DI PADOVA.
\ Vendo veduto per la fede dì Reviso-
ri. -Lts ed Approvazione del P. F- Paolo
.,

j
[cromalo Manuelli Inquisitore d'i Venezia,
et Libro intitolato Rifnfi di M. Francese»
*str<irt4 , non v' efler cofa alcuna contro

\ Santa Fede Cattolica w£s; pari mente per


Lttellato del Segretario Nòtffq-,! niente con-
io Principi , e buoni ©ofTurai x concedia-

te Licenza a Giufeppe B^A^irSTamp-itor di


fcfl. iia , che polla eflere' ^Mj^to , off;r-
^Rdo gli Stampe , e
ordini in materia di
Sdentando copie alle Pubbliche
le folite
Birerie di
j Venezia
e di Padova
Dat. ir. Aprile 17J9.

« ( Z. Piero PafquaUgo B:f.


I ( LoreitioTi spilo Cav. Prue. Rtf,

.egiftrato in Lib. a carte a.

Agofiino Cadaìdìnì 'Segretari*

1739. 11. Aprile - Regìltrato nel Ma-


lto Fccel. contro la Beitemmia

Vtti;r GradtnìgQ Segretarie.

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