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Ìli, /
LE RIME
Pd^s
D I M.
FRANCESCO
PETRARCA
RISCONTRATE
CON OTTIMI ESEMPLARI STAMPATI,
E con fImma diligenza covette ,
Con Ja tavola di tutte le rime del
Canzoniere ridotte coi verfì rtiten'
fotto Je Jettere vocali.
IN VENEZIA
MDCCXXXIX.
Presso Giuseppe Bortoli. .
del pubblica
I gradimento , dimorato
per r edizione delle Opere di M. Le
te~
dovieo Ariofio , ** 1 u * li ». iitdì
ftì in
luce in tre Volumi in 12. m
ha. fatto ardito d'
in traprendere la
| 10 io
fi universale.
Ver poffare a rendervi minu-
quanto i è operato e dell or-
to conto dì
,
rinvenirete in cucjta
dine da me tenuto ,
blico ,
approfittandovi di quefie mit utili fa-A
fiche , e vìvete felici .
VITA
vn
VITA L
D E
SCRITTA DA MONS.
LODOVICO
ANTONIO GIGANTE
DA T 0SS0MBR0NE.
dilettevole eh' abbiamo >
L'Ozio
M effe r* Antoniomio, in qntt a
Giupana,ove il iol-
dolce tfola di
con va-
Uone feaza noja palliamo,
terra , e di
Affiora profpetto di
il debito che
già buon
«'invira a Pagare
nure,m invita
i ,.
ttere n ifc nt-
tcmp o vi \f ho
^rticaroenteStre volte vi
tUrS
i
nideUa
regr F^?cVsco
S Si ,
e fari del no-
Petkakc.; intor-
tornando di spagna
" ci
(T„
pentrailo . ove
0ve to ,
, .
u<. u>
ritenuti d amoreV0 l«s-
maromo fei meu >
za
vlii
VITA
TJLMornftgao ' Reverendi ffimo $*l 0 lct 0
;
ualt e
i ch'era vi?r 3 , r°i°' ™m'ozJ
Scrii*
del
^Criffe Giovanni
y»'*»' qua l riffe
di Firenze
U q
i
,
} dek delle cofe d
'
tempi del
Petrarca ,
c
f«
«^ U 3
par te de;
brile fc Ceciata V "domandavano !
Banchi; fh=
s f or « qual fa«o-
,
cit», della 4 .
che fu
pata Bietta-
E
,
raccolse
fi
fecondo alcuni ,
de
con la quale t
'J^WcJone
^ B ^
dofi in efi-
vicinQ
di ritornar-
la patria » ^^^r^cetto e nacque
E Petrarca
f
Nel detto luogo "
; che fu , co*
"S-f^fimofcrr
elio me
,
lunedi
il
ntldtL
ve, .Ili
^nm c tì nenaViadeirpr-
del 1304. } ?
poi per tua
mem f*lf
inem^riafuconfer-
Petrar _
>
to; laauale
B. dng'i Retini ^'{J^Jaidopo V
,
te^ P
ca forTe tra
oro nato Ste fc0 , .
'ioji che
acuito del figliuolo, zq
con la farnigl a
circa °£^ £«« A \ ritor-
di poi , eflendo P^^Rulò lìe
a fifa ,
u°i>'
elamoghe -oin« f Va l d
loro poffeflione
Arno di fopra , ed *
IV ^\ ^S'rò per lei anni
poco ac-
«iXfcrittori
« gu ic
Da quefto credo chche > :
pe _
l «
;
^«i tjra^to
abbiano ,
| y
,1 M.rt.tt-i- 0 ™ 1 !""*'
- * ,. vita
detto Garcio, il quale
Me buono, 04
viflfe ,
anni AnoJ .
narrando quanto
/prude, e s
h 7«. e
ST» «pubblicai
fuoconUgho. Donde
del
la
va Se*
chiaramente li ve'
deche fu per aouco lignaggio. di
Firenze.
Iliaca aPerracco fuo padre
teir
fecen^?'
ìu
mìdrc ndu ad
ove tenev "fa,
V01n ?
A a°
*
fi
°
K
e quel v i3 ggij
Za gran t,erico, di
Perdere il ffl
^
di tornare -Ila
coi
q
Per J ° finiftr0 °«orfo al ferì
v ro°rL F, i
'
Dof Itretto
poi ft?éirn!)
da neceffita , per foftentar Ì meglio!
t-orte del Papa eh'
allora fi riteneva in A v 1
,
Pr ° VenZa
?S ? eddi
ali età d, ri anni, e
• ^ per ven ut" il fi"] Uioia
vedendolo
gno , e molto atto alle lettere di buon' inge-
,
, lo mife in m.
gnone
J A
none li.migha ^SSf"^ ?&
dove Petrarca ; il
tk vicin
^
fi
* vi*
portò in
jiu -'i j
P
& Cg
^nt0 1 5. anni , vedén-
colpa de curatori,
finità o-iterne a male per
trattarono;, e iberato
rhe m'ie 5uel!a eredita
1
fi diede
liberamente
lai Z Sucllo Audio,
ancoraché
ftp lettere che più sii piacevano,
-
a.che fatto fo
Sciata imprefa delle lew i
di coftum.
do attefe ad oroarG
le quali avendo
già nome
^gjjf^
tra
dello Gilè fuo volgare
mente amato da Giacomo
Colonna
^_
3-"'7 ÌfK^»i*
,a E ?- 1' '
14 N*K»fr*- -
*« vita
m?-°
feSathfl! 7 %e i eCimo era fisa
an va Catello Zj2
//X°Jr?V«! .^ :
prozio T T cr
°/-
f-
s> aocp»ciié per nome
come "rive
) e ^° n0pUi dl 3Q '
f ;)
,
vo amata?
Card, «« 1
> che dal Vefco-
e^dffai^
medi
L
,ei 4 Ta)edmoke- cofeluogo,
011 " 3
"WatuoraiTe, da ai-
fepoltura di Madon-
trovate già «.anni nella
Avignone, come
na Laura in S. Francefcoin
nrefrofidirà;!equalidiieipartandodicono,
aD
poterno per.-
Nata in Mi' d' AUgncne. Donde
picciol luogo , noiijor.-
fare che fotte qualche
nei capitoli d= la
Snod' Avignone. E però
i
fa prima volta
che la vide, e di lei ?* "inae-
a' fci a AprUe
rò, tu in Avignone
del i
Chiara.come lafcio ferir
ce la chieia di Santa
to di fua mano dopo
Epiftola Latina, che colinoci*
hoi
£
vmz
libri di
L"? M»"
Virg.
Minibus He ftampata
la qua!' è ?o> ftata
ma,
cuni libri delle fue Rime ,
e tara anco nel hne
perquellocfcVdjò ne
E
S quefta frittura .
con S A*o fimo , di
Srzo Colloquio ragiona
maggior di lei 1 al cne
molti anni non era .
intojnpalln8.au-
Sere fi può ch'ella fofle
«cefo feut. va gran
g Ora come fi fia , di lei
a
sena; e perV età.e per la natura fua difoofta
fino a quel tem-
umile paflìoae. Ed ancoraché finge l-y
« a cuni peofafleroch' egli
più tofto
che «tta<
f ner aver foggetto da fcrivere ,
anto fuoco; nientedimeno
noi
SieflUflè
.
xW VITA
non nedovemo voler Caper più di quello eh
egira' ha in più luoghi fcritto , cioè eh* ?r
aentemente J'amafie Perchè oltre alle Ri
.
col£jnor Orfc
Éfpranica , ivi fi fermò
dron dd lgo^ ^Wade
£
.rial
avanti per eJer a quei «_ w ,
piti-
Scure , rifpetto
^"imw»*** tenuta al
aiua
nobili Rormm MaM»t eia ,
1 .
moli m.uch s
mcoiu-
t1m-ì fi»
Roma onorato per la fa-
£ccokò e da tutta ,
«««e •
dei
tutto fece con buona- grazia
(i ) W-?«< jf*«# : Ef *
ec,; '
,
refueed
**'« VITA.
in profa , ed in verfo , e tra l'altre
J Atnca con gran lode-del nome fuo,
^ece ancora di molte Rime fecondo
eh'
amore io ofpingev.i di che parlando in mi
:
djc*:FWw(,}W// ^«M<r»// ,
miferahh frd, ut quidam ditobsnt
, Jukimurl
vUettMkiHju, ctmphtem. Bine Ma tubo*
'<« i»v*mhvm hborum
Hem mo-bo *0m#t vU»mm
mnmm canti™ , ?v* e „.
y{uM «wpttfma
Era in que Juogb dalli
figari, edamici
de ia Corte allevo ce
mandar
mandarono
/ZL
a
P
tr3Sl1
vinato, ed alcuni di
f S#
1
polla, ^i'
3
^
dd no
ed andarono per vederlo ,
*' P^roI>it»vienie
4'
™^
com'e(Todice( » ) , uligine élu -
e
di quello ftl
dio ,e da Roma dal
Senatore ebbe lettere "hé
^viravano d'andare a coronari! Poeta 52
aue cictTed
Ile atta, ed accademie
^ CÌ3
!r ? 9fu e , 4 fé a perfima
Sfòttass affi
IT** JMM p /i affai cb,V Soli , ec.
n riferir»
Ora
.
per tornare
<e*j P
JS
<•» v v
J ;
fa, „ corona •
do velie an-
;
.
,
dare
lette re
,
per
».
ft
la
V"&Sello»
gran Roma. E di
•^^"Kr&tÌÌ™3e
conitghacoU m» col Roma;
- .
Signore i
mente fu
^ fsiorno ! tre continui
fa
Re
| ,erfi deli;
teavearcntto, e
rnava tanto
perlaq
11 cnc ^
r e
volle che gli P V^f". "\
Afnc., ; dbjgtae oiì
f
^^ ^
gran par-
,
poi
f
v
dl
xvlli V f T A
Poi ,»noonicM prima quel buon Re
morifle
non
'
J.
l
foflTe,
£ e gJi'tljffeche,
avrì
» !, fe co^i vecchi!
a voléri er^tffcom!
J™a poi eh andare.
non vj po tea , vi mwdò
aque S Ig , oriCo b
virente
te(ti m , n io delh &Ì
.
Giunto t „ Roma il Petrarca , eìK-n
^Senatore I Signor» ©rib da/1' Angu
Han
mo
àZlnT™
do fDjagHtrato;
torto fimrei
1
>f «.nolente ,* ° a, '
o^
S2
^C"d0 DR/Wzione
rdh,ù
'
*
fi
*ft
che
per C0 r0n
che "^ SS della
r'
^ra del
>
, venne afjiT d»
^u
SréSL
pezza fi
li
? nde co " 8 ran concorfo, edaiJe-
tece io
.
Campidoglio di c
UOgh '' e nei 4rfi Lati
le SI ^ P1
en
q-e*
corona a S ìfcZo
molti ann, '
'lTf
]'
'
lqUa e lv >*> confata
'
E per
^«»
.
cn t
ed impertinenti ,
-
cre fciu-
^
_
l'ce«» e
Lettera ho
EoMWÌtanto..non W
quC ftafa cilità,e
veduto, padelle
ali ™» ^V d
M
nome d>
otto
Cno.edal-
anùchi autori .jw^JJg^co o a ignori ,
,ri,
pubblicate
o a privati ,
f?'^ er
con ifcoi ^ «g
°od^qu o fec0 0
fa coS
, che
aC _
cofe tal i,e
peggio i com P^rt. ,
inventore di
queua u
corto T de la ,
vedeffeche "«^/"fcriVe
ic ri il Petrarca me-
fefta con
quel o eh l n e j
M
ciò fu data
ch' e(To
la. P« v
non ebbe
d
lo 0
,
q
! benefici cura-
v< fi e
neè voi
r ftUe
«
S r
fi dira di
come , h > è farina di
'
t i, ft
più
fenza parlarne ,
u J* p etr
„ rC a ;
po',
e non J»J™
di qui
kb
Lèdo tempo,
come facilmente è^^f'l'
fc«t™te *» ud Que kcofe (te
•
'pratica delle J
•
^
per loHpmac»
L voluto diren^B-^^,
,
f ntuo fi .
ìa , e feiocca dico che
ahi. c Roma
E tornando «t farca in , le
onorato delia
.f*
corona n ^ tum quel
ne pafsò i" ^^VdVmente , e giunto a
ran ";,
Sonori era amato = }ola da quelli da
c
,
xx v r T A
a" opera della fua Afr.ca
, ed a^i altri R
Qui non voglio tacere a iU
le, ch'egh ferire
una colf a(f ino afij
(,) e flbr e Ii in n 5J , X
vefeovo Colonna fuocin'fTlm^ '
1
Sa
fono
ui
flauti
cositi C° m°
1C ar rk0rd0 e
'
eTa ' e *«ti due
^
'
(0 K*iUf«». Ep „ &\ r\ ^ D1
$
t«
DEL TETRARCA.
tornò ad
4
Di pai
ricetto di
il
Petrarca
Vale* ula, ° ffi^fc^
SaRt0
al foli» c0Q
q«c i tre C«Hoqu ef_
^e fi vede ,
mor»
fendo Giovanna, PaP*
PtflagU »a nI & eta in Avignone mando
il
,
?
c4
torno
Stefano Colonna
•
,
gnor G lacomo
co a
rtffe „tj
lettore dal S. y
te a quel
tempo d> Padova,
d ;
edm
a lui
che 1°?!= B
,
WpSrca
fi delibero
(a)
ed a
guifa lo (limolò ^^'A^Lombardia , ,
[
•Ld.starlo , e
Padova del.i^T^nve
che fu due effo WSignore, il
[
anni 4 vaoti
la m or« « .
fo del , 3<9
^
:
I
» M t X°*°"L
e perchè
S
pi a
»£3 ™«o fi ritener, lo
ÌM
Canomco ai Padova .
fece creare
Inqueftotempofopravv^ne univ „-
a P
che portò £
{àle, che
r
corfe quak
t0
tutto f"S il
'
n'ondo, come de-
aa fu0 De-
m quell
ca merone;e f"° ^nt0 da lui amata
s
ne morì
Mad^Ua^jant ^ n„ ift
che ia ncor^ fèn-
e celebrataci
ttrft f»» Ep -
g)
xx ii t
guente
4 ed il r,
Petrarca in Lomb.rd
il
finn ir" •
morte f d predetto
Sig-G^como 1
il Cardinale Colonna , e
piacevolezza*
fuoi erano morti . Per lo che a
della villa d* Ayigno-
che foleva pre dere
cominciò ad eflergU
ne, e di quella valle
e dice egli; ji
*» grata, anzi nojofa »naufragio
«» em'ftmui -
Omiemd Me* *">t , cUm
WtdqueSne fvfp irio dici ntquit^rtntiftma
Lswr w" ramina tetuptfiat' : esami, qus
unamìbi nonmodo Sorgiam y [fd
Dru^uam T.-
(wftctratctTtort™ , K/ww ««« ««• M "
"'* fl
d' Invet-
^ferirti a Valchiufa i quattro libri
'tìve centra ( 5) ìt W
ed ic« , nel tempo che 1 £-
nocenzio VI fuceelTe a Clemente
VI. che^M
-
*fìA\ Padova , ove s' aveva
,
attcstai»
in aaov
volte al fuo Canonicato
1
effendo già ,
» f *
« vi» alle lettere facre,ed a morire,
S
fi , andava
u volre
e« & Signor medeumc
jerfo la fine, fentende
malattie-
idi il corpo dì» fiacco, e dalle
SS&odi^ affedht 0 ;cKe rantolo
8*
«»'
(l) fi***:
(a) It>» , il- -E?- s '
DEL PETRARCA, xxvii
di
ftranoglifapeva, quanto che fino ali* età
dal qua! tem-
64. anni era vitìuto famiiirao :
febbri, e
po la viltà indebolì , e fpefio tu da
dolori moleftato , e da certi accidenti
che io
di morbo
tenevano molte ore morto ; fpezie
volta tra
comiziale E fcrìve erto (>) che una
.
vede proli
ed umile Criftiano , com' anco , fi
eflendo aggra-
di ordini della Santa Chiefa ,
villa d Acqua-
vato di febbre , nella detta
ed amorevoli , al-
to . tra perfine a lui care ,
giorni avanti il
li+il. di Luglio 1374- due
fuo nataie, refe l'anima a
Dio , di etaap-
lepolmrà li
punto di 70. anni . Alla cui
Scudio di Padova ,
molle tutto il Clero , e lo
citta, com an-
ed il Signor medeGmo delia
libro vecchio delia
co fi vede notato in u-i
e. con onorevoli
fagreftia di detta- Chiefa ;
ouella Chielmola
funerali lo fe^pellirono a
così umilmen-
1 vicina della villa , ma non
1 mie roccnè t ran-
l te come aveva ordinato.
genero , co-
cico da BrotTano , fuo erede , e
una beli
me di fotto diremo, gli proccurà
:tro colonne, comeog-
arca di pietra fu qua
b t gwi
9- .fP- *•
(li Nelle fenil. W.j. Ef.7-
Iti». «3. IP- 9- e lìb. 15. E?. 14. W M,
*«'
r
fllt -
rk •*
Bembo
/
'
<ì»*>et.
*
+ Non fi acceda e*ì eoi <<
ftf WJ."/f
<«' XX.
. ,
SKViii I V T A _
.
e gli
gidì fi vede in mezzo quel cimitene» ,
S
.
nipotino , che I
cefco vide il Petrarca ( i ) un
quale viise aS. I
pur fi nominò Franceico , il
trovavano a I
m fi , poi mori a Pavia , ove fi
e
quel tempo. fece feppellire con un fcpita- I
Lo
fio di 13. verfi Latini, che
fonoquelti :
vohnusl
Vi* mundi novus hofp'teram, vitaqu*
Attigeram tenero limin.t dura fede .
-Jecttturm
Jrancifcurgenitor , gf nitri* Fr.meifc*
Mas de fonte {acro mmtn idem
tenui .
parentum :
Infatti fsrrnofus , filarne» dette
Nuttc dolor . hoc uno fcrs mas lata
miniti . 4
|
Cete' a fum feli» , & ver* gaudia
&f
Natlus <S <eterrs> torneiti , taJn facile.
,
tempio «
deliro a falcare , e
end f forze molte <0, ma
«lido per natura ; e
ve 0 e nel corfo , e il Set-
per nimica , e maffiroe
aveva l'eftate
Se
ì'er
Mangiava
e nella Tua
, ed
frutti (*) erbe vo-e»-
gioventù bevve feopro,
il ymotempera-
,
Sa ed invecchiando usò
E
SSeote ferbnndo in coftuine
•
fi
trovava a conviti
levava da tavola eh
avelseia Wfg^
zi»ra la fame . , % f_
Digiunava tutta quarefima (a) » e le
la
il digm-
Tliilie , ed oani venerdì faceva
! nof( , ) in e in acqua ; e cosi continuo
1
fi
» w<//'
te) nw/* f«. «*. ir- s.
. .
xxxii VITA
Fu molto /limolato dalla carne (i), e per
Jo gran difpiaccre che nefentiva, alle volte
defiderava efter di pietra. Si tenne quanto po-
tè , e fece sì, che giusto prefsoa' quarant'an-
ni , vifse caftiffimo cumadhttt fath bsberet ta.
:
nei confini di
neih diocefi d' Adria,- eh' e
Ferrara , e del Veneziano fui
Po ed è og- :
T
( 7)
Nelle fe» l'i- 9 £?< l 'i u Bp \-»i-tl*
Hp i- »
tp ii. e n- '
VITA efsendogh più; cTI
ricusò d' efser Vefcovo ,
cola ottenni
uni volta offerto di farlo . La qual
anzi, iaj
deva, come (0 dice , gli amici;
cendogli fcrivere Papa Urbano
che voleva
nipote rin-
ogni modo accrefcergli 1 entrata,
offerte , purchM
graziando , e non ricufando 1'
quali ncHnnoj
non foffero benefici curati ; oe
render conto
voleva", parendogli aflai il
come
non mancava dVjutarli, e loccorrerh ;
Boccaccio %) i u%
tra eli altri fu M- Giovanni (
molto debitore
nuale , parendogli d> effergli
Petrarca risponde i
fece fate feco ; a che il
effer con lui creditore le
non d
non fapere d'
lafci quello penfiero
amore j e però che Mori»*j
.
fcnttur.e di ma-
mente credo, per aver veduto
in pezzi di car-
no del Petrarca fatte eziandio
ta ftracda movendoti a fcrivere repentina-
-,
iiefsuno perle
I'
Ebbe molti amici, de' quali
tolfe.Fra , pnva :
Bai (, ) fc morte non glie lo
e Lelio. Quelli
i
ti grandemente amò
I
Socrate,
de' Signor, Co-
furono due giovani familiari
I Ennefi, coi quali
vifse fempre dometticamen-
partecipi del cuorTuo, co-
teh ed erano
| te
Lelio era Ko-
di fopra di Socrate ho detto
•
tu*.
tr) NelU famìl. Ep. ]0 7 .
(l) Ntlfr fin. Uh. .. . Ep. i,
Hitnc
tcxxv] ii VITA
Sane «W, ini c ars nimts Jptfqat un'uà mfirum, ]
F eceri s hoc ,
magni® te itetfóbU , & Mum \
Laudi bus noftra eximiuM decus urùis^ orbif.
tua virtute
PapaBsnedettoXI". Cernente VI. (ij In-
nocenzio VI- ed Urbano V. Io desideravano I
^verapprefso , e con onorate condizioni :e)|
, non mancò Papa
latto già vecchio Gregorio
XI. predarlo ìnftantemente a voler efset fe-
co 5 preparando
la fua venuta in Italia con h
Tribuno .
liti Romano 3 e Cola Renzio _
Dei
Ep. A?" t* ai}a 6 -
f
;
(t) Nelle (efl -
giurati
quefto bafts lapa'ola fnU, e non accadi
mtntò ; facendogli tal? onore in pretensa ddA
3a famiglia tutta * _
. M
Fu, com'è detto, caro ai Signori , eda: pri-
vati; e non già pereti' egli forfè adulatore, ef*
fendo nimico alle cofe mal fattej e rjfrrendgj
dolefenz i rifpctto ; di che fanno fede taM
fue compr<izioni,e ma (lime le Epiftole tenete
a Papi,e Presti ( j) . Per lo che alcuni mali-
gni , e viziofi m?.le lo comportavano, ed un
Cardinale tra gli altri per nuocergli fe pote-
va > e metterlo in difgrazi;: di Papa Innocen-
zio VI. dille ch'era eretÌco(4),perch5 ftudiafl
Virgilio, ( ) e che biàuffiavà la coree. La qual
ci-
l rj.EfS ì,
ti) Nr/Ufam.Èp.19, (1) Netirfr*
(ì) Nt'kfertjib. 17, IJ. Ep. Ubi Ì4»
f l<b. 1 1. Ep. 3.
f VjS ftì* fatui L Ep. Ì 7 .(s)N'llsftn.i, 1 Ep . . 4»
DEL PETRARCA. di quel
xti
!
così tconfolato tornò a
cafa fua : dove non
'1 Petrarca era
lungo tempo da poi intefe che
'
e Dio
ttmceu quefi* uomo io vedo p<à di va* ,
:
( 3 )
:
familiare
Iettava: e fece un fuo (hle ,
tempo il tuo
feeche'l mondo gli dava, col
non^'ingannò , e vide che non.
on giudizio
fogno che bagnava e dice mio
,
giunto al \
l0 giudizio
maturo, ancoraché ione nato a
rapi affai per detto
conto (lenii ; e per que-
ifcrive (3) die molte cofe fue che non era-
mano d' altri , abbruci ò .
OD in
:
jli , i quali
DEL PETRARCA. xW
tavaj volentieri gli cedeva il fecondo ; incen-
dendo per moderila che'l primo foffediDante.
Nè tacerò qui che } dolendofi coi Boccaccio
ch'alcuni lotto (lìo nome davano fuora corri-
porzioni j dice ancora eh' altri coti le lue Ri-
me vivevano, e però alcuni andavano a pre-
garlo che grazia lor ne fhceflejle quali poi re-
citavano dove che foffe » e ne ritraevano ve-
§Ì;ed altri preferiti Tal che ad un certo mo-
do faceva delle fu e compofizioni eìemofina?
Nelioftudio dell'iftorie , e virtù morali fi
[diletto molto { ) , piacendogli più di ben vi-
1
Autori antichi
dì fono
(.) ,
Cicerone (V
e
^J^M
tra l altre
.. 1
1'
^^Uodilungavjta^nziicr^aj
|
(1) Alla pojferirà , e nel 3, coli. Col. I 4,
! {3) De <gnor. col, 7,
| (4) Ep.adpcfier,
Sto piùnacque
degno ™^|^'«fl
quei fecoh,ed
è
a
d:
in tor-
j che
ve°r (?, e con poche ^ù;fde,d|
po Dio benedetto PWS* è del buono m-
,«.,„o
S
a- C
e della buona
Rcft' -rebbech'appretTo
vi C
fatto della vita, e
«stura tua.
quella Pl««»
coftumi di
«M.
mod«j
FraSo fiSSte vi diccflidel
ch'ufava in ridurre le lue
,
Rime
Seniia,
1S ore' bene ho potuto cor*
che affai
S^TSSS
Solo
il
£ daPefcia
fewaffa i quali fogli
erano da
;
le componeva, e
«Ami originali dove
-
S
•
fl
un Sonetto, chet
E aprima farà
S 0-
DEL PETRARCA xlix
SONETTO
Di M.Giovanni Boccaccio in morte dirvi-
Francesco Petrarca,
ORNel fa falite , cara Signor mio ,
regno a! qua! (alìr ancora affetta
Ogni anima da Dìo a quello eletta }
- Nrl faa partir di queflo mondo ria .
LAura ,
preprìic viriutilttt iJluflfit , ér meìt
longum cekhrata carm'tnìbus % prìmnnt
ttulismeir apparuìt fri pritnum adalefcenti*
mei tempus , anno Domini 1317. die <S. men-
ti Aprili: in Ecclefìa Sanila Clara Awinia-
nibora ma tutina . Et in endtm civitate , /«-
iim /nanfa Aprili s , eodem Ma 5. tadem ba-
ra prima , anno auttm Domini 1 5 4$, aa hac
iute lux il/a fubtraSia ejl ; e km Fe-
epa forte
rma affata , bau fati mei nèfcìut ! -Ramar auttm
Éìme Petrarca , C '«-
1
per
VITA
lìuras Ladtvei mtt me Par.
•
infili*
ni* reperir ann» elide m , me»}* Maji , dtt
t g. mane ,
,,
SO-
DEL PETRARCA. lì
SONETTO
Ritrovato nella fepol cura di MadonnaLau-
ra in Avignone <Jel 1533- f
QUì gì acci ex quelle enfi» , c fe'hi offa
, Di quelP alma gentil* , *,ftl» in tsrra .
funSìiffima^antum^
SUfc'p e fciK'reum,genstrix
Aiqt e aure: adv<-rte pìat ,
(ìp'ism'a cai»
Dignn fere»! vinus , aliot non fp-.rnit bi-
noret ,
I vili.t .
d Beccatelli 1
ella data della lettera
,!
bonefiat
li vfa rum a le Branda eh itti , pìetofque fu.
prema
Majeftafque animi , primifque incanta fai
onnis
Ctrport tam tximio tiulUm inte'tnijfa per
horam
Ttmpur ad extrttnum vita notlfftma clava ,
ftri .
Bat
DEL PETRARCA. Vùi
Sa( hnpim exfequias trUuarm t'tbi
\ fopi~
caduti
Cor perir int trituri* ,
<pioi aibuC w'gtt > »f fi-
nta , fub qua
fimi adbsc ;
gettar ì* , cutn jam tomprtffr-
ril urna
Un ttiam cintrtt ; nifi me peemat imme-
. mar atas ;
V'tvcmus pariter., pariter memorabimur ambt .
y tf:cuks
t libi nane tctidim ,
quot prabuit
annts
Vita , datmis : gemitìi! eetera dtgna tu-
lifti ^
Bum fietit ente oculot feretrum mìf«rabi!t
noilros ,
COM,
J$ M PEN DIODELLAVITÀ!
DEL PETRARCA,
Fatta dd Sigg.
•
m ~\ r ir venticinque Autori hanno ferirti
di
t
a
J Vita di Fra n ce! co Pe
diftefiiiiente la
Non può negarli , che tra lo
tr<jrea .
1
" condotto da loro in Avignone ,
circa fu
fpcranza di ripa-
avendo aià elfi perduta la prima i
fare Aveva e°li imparato due anni Cala-
Barlaamo
Si clementi dal celebre
Bafiliano, e poi Ve covo
di
£, Monaco
padre Ji4 lo man-
GeruV Da Avignone il
. )
;
dove ip quattt
Sin Carpentraflb allo ftudio, "tronca, e la
t apprefe la granitica , la
Settica S
ni
e altri quattro « «J^J
allo Audio del.
Mompelieri (1318.) intorno
Giovanni d An-
fotto la difcipHna di
proba-
to da PiQoj. , cai quale é
e di Cino
infognata l arte
che gli foffe Umilmente
bile
E» rimare nella voigar lìngua
1
Kfaeccellentiffin». Pafrò
quindi Bob- »
qui;
ina7.7* ì ) » eper tre anni applicò anche
fuoi mete
El ò'ftudio kgale,
BartobmmeodaOi-
effendov
Kevanni Calderina, e
I lungo tempo ,
ma tuttoché vi fpendeffe sì egli non vi fe
, vfofle cotetto dal padre,
"
- progreflb , non già per
mancanza d a-
.rati
il fuo
* \
1, ma per non faperyi accomodare
alla elo-
Lio troppo inclinato alla p^ena
(15x5-) de
Neil' imo ventelimowmo
L '
\
'
etàun, cflendoglilucceflivamence
LiUnuori
mancati
o«
ritornò i» Avignone ,
ditneftiCi aftan.Nel fuo
W
Ella necemtà de'fuoi l
.V
|
In OOMP. DELLA VITA;
cafadiSado. Intatto i! tempo, che queftj
che Sa fino ^11 6. d'Aprile del 1348.*
vifle-il i
* OffervaV o„ e .
* (,) Vedi
la Vita fcritu
«al Beccatelli a e xix.
DEL PETRARCA. Iva _
'ancora fujtttHf ,
tium se extra omvs firafeties
manente
toamovit, ìnuinfrta !**** «tri****
'
perfidia. . - *
flwtore j|
Dopi aver terminato il ncrftro
del t-etrarca
raccolti delle azioni principali
mte coffe della fua vita operate , ci da
dur il
del Tuo volto .
«n ritratto e del &io animo . e
ferirti , e de ino
Parla de' Cuoi Ltudj , de'fuoi
Enici Nomina i Prmwpi , da 9«a£ta
.
ge erofamence onorai,
e «a
EattroSereailf.mi Dosi della ooftra Repub-
blica, dalla nude «li fu donata m vita un
abitazione, vicino alle Monadi.
Pai comoda
Tetiù a p^na in e.iftepeora ,
effunu tp
(,)
tr.tdefmo Bernardo-
puf» il J;jJ.
Bui COM
P.DELLA VITA DEL PET.
<ìe! Sepolcro . E
da notarti , che non mai fix
iivFirenze, patria de' fuoi maggiori .Defi-.
deràdi eifervi rimcffo , ma non gli IH fatta
ìa grazia , che in tempo di fua vecchiaia r
e quando per le fue indifpofizioni non era più
atto a porli in cammino Non lafciò non per-
.
TESTA-
TE S T A. M E N" TO -
D I M.
FRANCESCO PETRARCA
Tratto* da' Comentaij d' Aldo il Gio-
vane fopra il' III. libro degli
Officj diGicerone cap.X.
ti ecclefiam E. Ambrojìi ,
]u\.ta primum in-
troiìum^ qui civitati muros cfpicit. Si Vapiis ,
\
Udori: T>elS. Vetri, ubi eritooportunius,vel
,
utnve>[ari foleo. Ac ,
JiParmg, iti ecclefia.
I
t V. a cane Ixxv,
Txvi TESTAMENTO
Sfinorum, fi fi t Hi: fin miniti -, in quaeumj,
qit; alia ecclefia , qua: vicinior fuerit loc&
mortit- H,-ec de [spulerò ,
^/«r/* fattor qt/ani.
vi-um aeBum cieceat , ab indetto dìBa fint .-
I II clie
: tic?, in eniefta Cnru drale addi 9. Luglio 3 o in:
altro giórno da'maggiori ufficj non impedito •
ixvììi TESTAMENTO
JEfUM. CHIÙ JT UNI . A mie ir minorisi
ttts ,
fci.icet cartffimis mibi , libeattr ma~
èoc 3
ditto Lumbardo , qui rerum fuarum cu*
ram {
quium
) Cbnflum
cea! & B. Virginem prò me Djj .
vano li ce
dova da molti curiali forelberi in
Be-n f.ici» 1 Potav
ca) (</?-'" ed C*rcii S.
Canonici , umbora qui illud , dono imetr,
;
«hi cum 9***4 a
tum fata» Romam dtittUt
,
:
C^eraAp
fifa* ******* <f**f M**»**
fittiti ausoni
(tùjtlhm trmnfrt '» G'**
Montagna™ p4ffit«im *P»d ff« '*» =
»
}}t wrt*s+G*m
raro vUitV. C. Laurent ial %
tHtJarvifmvs 5
aliique viti fréjtpnUt
DEL PETRARCA, hit
xomcrum facile principe/» dicium ab Hrro-,
ma
f«tii TESTAMENTO
mfini
celti
, in villa, fc* eafiri
Cavaillonenfl , quia fine
dubio eani»
plus
HfM>» %
illuc vi etiam mittendo , qttodammodo
expenderetur., {«i»f») «»" ' fi
dmWi&«•i* « ufui pauperunt
7t Hó(pitalis
Cbrlffi . Et ,
jT/ortf
vel
«o»
flamo , ™lo,
HT« , 9
qM
piente aliquote* ,
f,*trsm » * R^
% ima* , & Petri i
&JideU
ir Jkebatur, i* fuit
m ibi wlde St, fi
velo
m fmm
objequiofui
,
,
jet ecru*
< 3
alter obitfet , ,
ìmmobihbui inVadua ,
illud ™
dÌQUm 1 uoihAhso trL
*J
territorio Vada»
[um
.
volo
w vel in pofierum babiturus
mòd fiiberedismeì w «««r ""M »f
« ,
: firf
to' f#mpb,tbeofi
vendutone, aut dono
aut quov
tiole, «ut perpetua e
nec etiam pigne-rari ujqui
ad con,
alio modo :
obitui computai
«km xx. annoi , a die mei
ordini
% quod prò militate ipfiut bertàis
5
•
QU ii»noranm rerum
labi poflet; quai «
libenter akenabit.M
Ifcne noveriti puto non
morta ci ,n
autem forte, quia omneslumui Fra
òmnìm ardo monendt, dtBui
ullus efi
avertat Veut) ai
cucui de Brojfano (quod
Lumbard
mt monatto- ; tane bersi meui efio
prtdiBus qui piane animar» mei
a serico ,
invùàfideliffimum expt
nivìt-. quem,*t
obttum B
ttw , non mmuifidekmfperopofi
ruTSteflamtntiy M
alterni ultima volur.
DEL PETRARCA, hxm
ih feu quocumque alio triodo melìtir vali'
,
kfrafcriptor ,
rogavi , prout in forum fubfcri-
ptionibui infrafcriptis eontìneiur Unum ad- .
[
Ego Francifcus Vetrarcba fcripfi,: qui te-
(
hmentum aliud fecifiem > fi ejfem dives }
ut
\ i
mlgus infanum putat .
,
I Eumdem Petrarcham Bibiiothecam fuara
Reipublrcas Veneta; dono dediiTc ,
fcriptum eft in Tabularlo Ve-
neto hìs verbis
rtf
, (1) Vedi il Compendio della Vita del Pe*
trarca , a carte lix.
Ixxlv DONAZIONE .
he ,
quod in memoria bominum non eft ,
jorn?
[
quanta: g/orice futura JìtMi Dominio, ntmolite-
J
fàtui eft, puto, nec idiota, qui nefeiat. Quid Jt f
Vio,& Mo tanto "Patrono urbis noftree ctuxilian-
U, eontigerit , gaudebit ipfe t'rancìfvus , in &
Pomino glori abitur. f? quodam modo fuiffe prin-
cipium tanti boni Super quo , fi rei procediti ,
.
,
forte aliquid latini fcribet Verum , ut aliquid
.
Nane /</<^;
( F'atieijC i frd vi rf",& munere Rq"
Hét-tffVj efoiit eonfpitienda piis .
Del
DEL PETRARCA. Jxxi*
Sonet-
km ELOGJ
Sonetto a M. Laura
cui corporeo velo
ALma leggiadra
l-ovo sì bella
,
il
il
Fiorati» Poeta ,
P(7/> ;
faccia fntfe >
«
e p>eta y 3
Or tfjé , »* pìanfe , fra timore ,
Di O. M. S. >j
ET MEMO RI A E AETERNA E
D. L A V R A£ C V M PV DICI. ,
to N AE INCOMPARABILI
I
S)
Q_ V A E T A V1XIT VTT ,
M, D. LVI1.
ChrP
DEL PETRARCA, hxxì
Chriflophori Landini Epitaphium Francifei
Petrarcha; Posrae Fiorentini
Quantum Pindarico vix debet Grecia pfaijre
,
Et quantum Latta vis tibi , Fiacre , iyra
;
Tantum E trr.fi a pio Co netflit Muf/i Pittarci) *
s
Quo celebri fama Lau'a pudica viret ,
Aliud ejufdem Landini.
Cantefli patrie Tyrrbtus poemata vtrjtt :
f
Si ne te rande finn VhabiafiPetrarcba formati
Sirie vate: Fefiuìa doitus inurbi vires .
mi- I
dorè {empi* aft-Jinli, dum Uterat a multo avo
fere ùpelta s e G'ithidt fepulcris
excitaret , modi I
So-
Beccatelli , a carte xVuu e xliv. Lo ftefso
«baglio pur prefe Lilio Gregorio Gualcii
io
e fpargan fiori .
Bonetto d> Incerto fopra le (t) ceneri dei
Petrarca , e di M. Laura.
\Ii trev* tn alcune
edizioni del Petrarca, chi
tu quelle del
Veìluteìk , e del Gtftutldi .
A U, i> imbina , t H*
Che /*cafte r,lifi* infante
Fraiicetco Rame»
+ Sonetto di M. Anton
in lode del Petrarca
1 .
dalGuhttn
Valle Ri™ dtlXMintti»
Ventila *j S *. «'«»*• 3*;
MUnit* raro, onde nell oro
Lp«M
Spiega Gigli i Cele/ti
il *» ««*Z3«w 1
J w cedo»
lauri
h Mufi:
a voi
a vtt
P e'gtne
}/
i
«*>•
mtrn }
piegano i :
le rtme
0«, dùve gii fonar t> ndian
ognor [«rene
Vo&re, vengo* con Paure
Ad entrarvi gii onorati flirt*.
Sonetto.
Spofaione di qff fio
Sonetto , é dai
Per intendere il prefente
per che in Parma è
comune opinione, e fan
uo benefit
Se H Petrarca avefse una cafa d
fuo foeto il nome di S. Stefano.ov'egli abita
con ino
Se voi te e la cafa ancor fi moftra
;
di que' tempi
contrari dell'antichità
benefizio.Ora in qi
cina a quella Chiefa dei
l'Autore inj^
oni, ritrovando*
Principe*
prefso alS. Pierluigi,cb e n'era
L,.do la voi e
la cafa ,
nome
°™™f<^Jrf£
Poe
di quell' altiffimo
celebrando il
I SONETTI E CANZONI
DI M.
FRANCESCO
PETRARCA
IN VITA E IN MORTE
,
DI M. LAURA.
:i(
la
k
vi
li
m
vi
'2
SONETTI E CANZONI
D I M.
F. PETRARCA
IN VITA DI
MADONNA LAURA.
SONETTO I.
"4
Ai S O-
, ,
4 PRIMA
SONETTO li.
SONETTO IH.
al Sol fi fcoloraro
EjRa Per
Quand'
M giorno eh'
Fattore i rat* 1
la pietà del fuo
prefo , e non me ne guardai,
i' fui
, Donna , mi
occhi legare
Che i be' voffr*
Ttmpo non mi parea da far ripa™
Contra colpi d' Amor : però a andai
Secur, fenza fofpetto onde i miei
:
gua
* S 0-
, ,
P* A R. T E. 5
SONETTO IV.
SONETTO V.
A 3 SO-
« PRIMA
SONETTO VI.
SONETTO VII-
SO-
..
PARTE.
SONETTO Vili.
1
SONETTO IX.
A 4 SO-
,
9 PRIMA
SONETTO X.
V
Gloriosa Colonna» in cui s* appoggia
Noflra fperanzà , e'1 gran nome Latino.
Ch* ancor non torfe dal vero cammrrro
L'ira di Giove per ventofa pioggia;
Qui non palazzi , non teatro > o loggia ,
Ma'n Iorvece un'abete» un faggio,™ pino
Tra 1* erba verde e'1 bel monte vicino»
,
SO-
.
, ,, t
PARTE. 5
SONETTO XI.
S O N E T TjO XI!.
A y CAN-
.
io PRIMA
CANZONE II.
SONETTO XIII.
SO-
. ,,
P A R TE.
S O N E T O x r V.
VifOvEsr "1 veccLiercI canuto, e bianco
Ivi. Del dolce loco ov'ha fu a età fornita ;
E dalla famiglinola sbigottita,
Che vede caro padre venir manco:
il
SONETTO XV.
T)Tovommi amare lagrime dal vifo
A Con un vento angofciofj di fofpiri
Quando io voi adivien che gli occhi giri,
Per cui fola dal mondo i fon divifo ,
A « SO.
, ,
,» PRIMA
SONETTO XVI. -
quella parte
^\Uand' io fon tutto volto in
bei yifo di Madonna
lue* ;
Vi Ove U
EVm'arde,e
rimafa
è
«rugge
nel penfier la luce
detro a parte a parte,
Che
parte
che temo del cor , che mi
fi
I> ,
SONETTO XVII.
mondo di sì altera
Oh* animati al j
•
S Vìfta
Altri
,
però
che'ncontr'alSolpurfid.feo^eS
cfce'l grati lume gii ottende*
,
fp enee
Gioir forfè nel foco, perche
scende.
Provan 1' altra virtù , quella che
Lafib,il mio loco è'»
quella ultima tchiera
la luce
Ch'i» non fon forte ad alpett.r
faretcherm
Di queda Donna, e non fo
Di luoghi tenebrai, o d ore »™e-j,
e n fermi
Però con gli occhi laenmofi ,
Mio dettino a vederla mi conduce arc«
:
$0*
,
PARTE. 13
SONETTO XVtlI.
SONETTO XIX.
MTti_E fiate, o dolce mia guerrera,
Per aver co* begli occhi voleri pace ,
V aggio proffertoil cor: m*a voi non piace
Mirar sì baffi' con la m.*nte altera :
1
CAM-
PRIMA
CANZONE UT.
Endn
PARTE.
trasformafle in verde felva
fi
i?
CANZONE IV.
quafi in erba,
La fera voglia che per mio ma crebbe l
;
Perchè cantando , il duol fi difacerba
,
Canterò, com 1 io vitti in iibertade , 5
Mentre Amor nel mio albergo a fdfgnos'
Poi feguiròjficccme a lui ne'ncrebbe (ebbe:
Troppo altamente,e che di ciò m'avvenne:
Di eh' io fon fatto a molta gente efempio :
afi P K I M A
Né rompe* ilfom\o:e quel eh me no eri, m
Mi pareva un miracolo in altrui.
LaiTo, che fon? che fui? S° .
P A R T E.. ir
Nè mai in sì dolci , «'ti sì foavi tempre
Rifonar feppi gli amorofiguai, » 65
Che'l cors* umiliaffe afpro e feroce-
Qual fu a fentir ; «he 'I ricordar mi cocc ?
Ma molto più dj quel eh' è per innanzi»
Della dolce , ed acerba mia nemica
E' bifogno ch'io dica ; 7C
Benché fia tal, eh' ogni parlare avanzi
Quella che col mirargli animi fura»
M'aperfeil petto, e'i cor prefe con manos
Dicendo a me, Di ciò non far parola:
Poi la rividi in altro abito (ola 75
Tal,ch*i non la conobbi , ( o fenfo umane! )
Anzi le difli '1 ver picn di paura:
Ed ella nel l'-u fata fua figura
Toiìo tornando , fece mi , oimè la Ab
D'un quafi vivo > e sbigottito faflo . S©
Ella parlava sì turbata in vifta
Che tremar mi fea dentro a quella petra
Udendo, I non fon forfè chi cu credi :
. E dicea.meeo : Se cortei mi fpetra ,
Nulla vita mi fia nojofa, o trifta 8$ :
Ma nulla è al
PARTE.
modo in ch'uom faggio G
* ig
fide:
Ch'ancor poi ripregando , i nervi e I* offa
S O.
_ , .
24> PRIMA
SONETTO XX.
* SONETTO XXL
AMOR piangeva
Dal qual miei
» ed
parti
io
non
con
fur
lui tal volta
mai lontani:
;
PARTE* ti
SONETTO XXU.
PVNave me
di lieta non fi vede a terra
dall'onde combattuta, evinta»
Quando la gente ài pietà dipinta
Su per la riva a ringraziar s' atterra ;
Nè lieto più del carter fi di (Terra
Chi 'ntorno al collo elbe Ja corda avvinta»
Dime, vedendo quella fpadafeinta
Che fece al Signor mio sì lunga guerra *
1
E tutti voi eh Amor laudate in rima»
Al buon teftor degli amorofl detti
Rendete onor » ch'era fmarrito in prima.
Che più gloria è nel regno degli eletti
D'un fpirito converfo, e più s* eftiraa »
Che di novantanove altri perfetti
SONETTO KXUI.
fuccelTor dì Carlo; chela chioma
ILCon la corona del fuo antico adorna;
Pi efe ha già V arme per fiaccar le corna
A Babilonia ,e chi da lei fi noma :
CAN-
, ,
PRIMA.
CANZONE V.
O Aspettata
Anima
in ciel
che di noftra umanitarie
,
,
-, .
P A. R T; E. x,
Ed a cui mai
vero pregio calfe,
dj
Dal Pireneo all' ukimo orizzonte,
35
ConAragon latterà votalfpagna:
Inghilterra, con Pifole che bagna
L' Oceano intra '1 Carro , e le Colonne
«
Jnfin la dove Iona
Dottrina del fanti/lìmo Elicona,
40
Varie di lingue , e d' arme , e delle
gonnej
Ali alta impre& cantati fprona
Deh qua 1' amor si licito , o si degno »
Qua' figli mai, quai donne
Furon materia a si giufto difdegno ?
45
Una parte del mondo è che fi giace
Mai fempre in ghiaccio, ed in gelate neri
Tutta lontana dal carromin del Sole :
Li fiotto i giorni nubilofi e brevi
, ,
TuY c'
hai j per irricchir d' un bel tela uro,
Volte l'antiche , eie moderne carte»
Velando alciel con la terrena fonia ,
Sai dall'imperio del figliaci di
Marte
Al grande A ugufto ; che di verde lauro 80
Ti c volte trionfando ornò la chioma ;
Nell'altrui ingiurie del fuo fangue Roma
Spefle fiate quanto fu coitefe :
Ed or perchè non fia
C irtefenòj ma conoscente > e pia 85
A vendicar le difpietate effefe
Col igliuol gloriofo di Maria?
'
Tu vedrà' Italia *
e l'onorata riva,
Canzon: C h'agli occhi miei
cela* contende
Non nw, non poggio , o fiume;
Maft o Amor che del faa
•
altero lume
Più m> invaghire dove
, più m'incende™ o
Ne natura può ftar control coftume
.
0 movi , non fmarrir l'altre compagne :
Che non pur fiuto bende
Alberga A,mor j per cui fi
ride , e piagne .
CANZONE VI.
VW E
V ,-Won
SI Pa
T
vcfti
J
j
fang«l gll i
donna unquanco,
IVe d or capelli in bionda
, ofeuri , 0 perfi
treccia attorie
Sì bella, come quefla che mi fpog ia
U arbìtri®,, edalcammin
di libertade s
[
dì m Per
Z°; a foflnr
FA aggio
Ed /T
r giaffin,ai
anco
inerii ,
*
i 5
Fio che nu fani '1 cor
colei che '1 morfe
Rubella di mercè , che
pur leWgli*,
Vendetta fia; fo! che
conerà umiltade
Orgo g h ;;) ed ira il bel patto
ond'io vegno,**
Non chiuda , e non inchiave
s 'l ^
Nel bei nero, e nel
tno ch'io le luci aperfi
bianco,
,
Chemifcacciar di là dov'
Amor cor<e,
. ,
26 p S. I M A
Novella d'efta vita che m'addoglia, 25
Furon radice , e quella in cui 1 etade
Noftra li mira , la qual piombo , o legno
Vedendo è chi non pavé.
Lagrima adunque che dagli occhi vem
Per quelle che nel manco 30 '
CAM-
,. .
PARTE. 27
CANZONE VII.
GIoyane s
donna fott un verde lauro
Vidi ,piu bianca, e più- fredda che neve
Non percoli a dal So! molti , e raolt'anni :
1
E'ifuo parlar , e'Ibelvifo, e le chiome
Mi piacque si,ch'i l'ho dinanzi a gli occhi
5
Ed avròfepre ov'io fia, in poggio,o'nriva.
Ailor farannoi miei penfieri a riva
»
Che foglia verde non fi trovi in lauro :
Quand'avrò queto il cor',afciuEti gii occhi,
vedrem ghiacciar il foco,arder la neve io .
i»
Per
PRIMA
far forfè pietà venir negli occhi
Dirai che nafcerà dopo mill'anni ; 35
Se-tanto viver può ben culto lauro.
L*attro, eitopazj al Sol fopra la neve
Vincon le bionde chiome, prefio a gli occhi
Che menar» gli anni miei si torto a riva
SONETTO XXIV.
PARTE. a»
SONETTO XXV.
QUanto più m'avvicino al giorno diremo
1(
Che P umana miferia fuol far breve ,
Più veggio '1 tempo andar veloce e leve,,
SONETTO XXVI,
S 3 SO-
.
;u PRIMA
SONETTO XXVII.
j
S O-
,
PARTE, 3*
SONETTO XXIX.
Io credetti per morte efiere {"carco
S'
Del pender' amorofo che m' atterra ;
Con le mie mani avrei già porto in eerra
Quelle membra uojofe , e quello in carco :
Ma perca' io temo , che farebbe un varco
DÌ pianto in pianto,e d'una in altra guerra;
Di qua dal paflb ancor che mi fi Terra ,
Es* Amor
PARTE.
fe ne va per lungo obblio ;
n
Chi mi conclude all'efca
Onde'J mio dolor crefca? S5
E perchè pria tacendo non m'impetro?
Certo criftalio , o vetro
Non rmftrò mai di fore
Nafcofto altro colore ;
Che l' alma fconfolata affai non moftri ? 60
Più chiari i penGer nofìri
1
Eia fera dolcezza eh è nel core;
Perii occhi, chedi Tempre piangervaghi
Cercai! dì) e notte pur chi gìien* appaghi .
jjovo piacer; che negli umani ingegni 6%
Spefle volte fi trova;
D' amar , tjual cofa nova
Pi 5 folta fchieradi fofpi ri accoglia!
Ed io fon* un di quei che '1 pianger giova :
E par ben , eh' io m'ingegni 70
Che di lagrime pregni
Eicn gli ocelli mie i, Accorri e*l cor" dì doglìat
E perchè a ciò m'invoglia
Ragionar de'begli occhi;
( Nè cofa è che mi tocchi » 75
O fentir mi fi fèccia cosi addentro )
Corro fpeflb , e rientro
Colà donde più largo il dtiol trabocchi j
Efien col cor punite ambe le luci >
Ch'alia ftrada d' Amor mi furo n duci to •
34. PRIMA
Mj fon tolte e perdono :
SO."
}. ,
PARTE. 3$
SONETTO XXX.
ORNè marenon
so , e'
>
furori mai fiumi,
ov' ogni rivo fi
né" flagrai
difgombra :
B 0 SO-
.
3$ PRIMA
SONETTO XXXII.
SONETTO XXXIII.
PARTE. ??
SONETTO XXXIV.
MA poi che 'I dolce rito umile » e piano
Più non afcotide fue bellezze nove;
Le braccia alla fucina indarno move
L'antiqui (Timo fabbro Siciliano;
Ch' a Giove tolte fon 1' arme di mano
Temprate in Mongibello a tutte prove;
E fua forelta par , che fi rinnove
Nel bel guardo d* A pollo a mano a mano >
Del lito occidental 6 mi ve un fiato ,
Che fi fecuro il navigar fenz'attej
E. detta i &or tra 1' erba in eiafcun prato ;
SONETTO XXXV.
L figliuol di Latona avea già nove
SO-
, .
3S PRIMA
SONETTO XXXVI.
QUel ch'in Tenaglia ebbene ma' si pronte
Afarla del civil fangue vermiglia j
SONETTO XXXVI I.
SO-
, . .
PARTE. 39
SONETTO XXXVIII.
(chi.,
SONETTO XXXIX.
fentìa cTentr* al cor già venir meno
IOGli fpirti che da voi ricevon. vita
> t
SO-
,
40 PRIMA
SONETTO XL.
SENèmainume
foco
fu
per foco non fi fpenfe»
giammai fccco per pioggia *
Ma fempre 1' un per 1* altro fimil poggia ;
E fpeflo Tun contrario l' alerò -accenfe ;
Amor, tu ch'i peniìer noftri difpenfe,
Al qual' un' alma in duo corpi s'appoggia a
Perchè fa' in lei condifufata foggia .
CAM-
, .
PARTE. 4i
CANZONE IX.
SONETTO XLII.
appreffarfi agli occhi mìei
POco era adche da lungegliabbarbaglia:
-La luce
Che come vide lei cangiar Teflàgfia>
Cosi cangiato ogni mia forma avrei :
E s' io non pollo trasformarmi in lei
Più ch'i'mi fi a , non ch'a mercè mi vaglia ;
CAN-
. . 5.
44 PRIMA
CANZNNE X.
NOhQuando amante ventura
al fuo Diana piacque
per tal
pili
tutta igni da
j
La vide in mezzo 1
delle gelid acqui V
Cfi a ms la paftorelia alpeftra, e cruda
Pofta a bagnar un leggiadretta velo,
5
Ch' a Làura il vago, e biondo capei chiuda
;
Tacche mi fece or quand'egli arde il cieloj
Tutto cremar d' un* amorofo gielo.
CANZONE XI.
CPfRTo gentil, che quelle membra reggi
rP r
qm ' P ere S rJna nd ° alberga
e tr ° aIle
Un fignor valorofo , accorto, e faggio ;
Poi che fé' giunto all'onorata verga,
Con la qual Romane fuoi erranti correggi);
fc la richiami al fuo antico viaggio;
Io parlo a te, però eh' altrove un raggio
Non veggio di vertù,ch'al mondo è fpenta;
Nè trovo chi di mal far fi vergogni
Che s' afperri non fo , ne che s' agogni 10
Italia 1 che fuoi guai non par che Tenta';
Vecchia , oziofa e lenta
Dormirà fempre, e non fiachi la fvegli?
Le man I" avefs' io avvolte entro e capelli
Non fpero che giammai dal pigro fonno 1
Mova la teda per chiamar eh' uom faccia ;
Sì gravemente è oppreflà e di tal fom a .
•
c e
PARTE. 4y
t A "eg^^ofa efca del fango.
3
I ; che di enotee del fuo ftrazio piango;
Di mia iperaza ho in te la maggior parte:**
Che fe'ì popol di Marte
DevefTeal proprio onor'alzar mai gli occhi;
Panni pur eh' a' tuoi di la grazia tocchi .
L antiche mura eh* ancor teme ed ama
E trema '1 mondo quando fi rimembra 30 ,
4S PRIMA
C'hanno sèiii odio , e lafoverchìavìeaj
E i neri fraticelli , e i bigi , e i bianchi 60
Con F altre fchiere travagliate , e 'inferme
Gridan%Ofignor noftro aita , aita. ,
P A R T E. «7
In flato la più n obi 1 monarchia. 95
Spanta gloria ti fia
'ir j Gli altri ì' aitar giovane , e forte
;
Quelli in vecchiezza là fcampò da morte !
'1 monte Tarpeo,
Jopra Canzon , vedrai
Un cava lier , eh' E tali a tutta onora ; 100
.
Peiuofo più ti' altrui , che di sè freflb
Digli Un che non ti vide ancor da preflb
:
,
Se non come per fama uom s'innamora;
Dice, che Roma ogni ora
Con gli occhi dolor bagnati , era: Ili 105
Ti chier mercè da tutti fette i colli
.
-
CANZONE XII.
CAN*
, .
4t PRIMA
CANZONE XIII.
rf^\UeL foco ch'io penfai clip foffe fpent»
v£,Dal freddo tempo,e dall' età me fretca;
Fiamma i enwrtir nell' anima rinfrefca
Non fur mai tutte fpente, a quel ch'i'vcggio ;
Ma ricoperte alquanto le faville : J
E temo nò '1 fecondo error fia peggio
,
.
SONETTO XLIIL
cieco defir che cor distrugge
SEContando
col.
l'ore non m* ingann'
'1
iofteffo;
^
Ora mentre eh' io parlo, i! tempo fugge
Ch'a me fu infu me: ed a mercè promeffo.
Qual' ombra è sìcrudel , che'l feme adugge
Ch'ai defiato frutto ca sì prefio^ j
E dentro dal mio ovil tnal fera rusge?
Tralafpiga, e la man oual muro è mefio?
Inailo , noi fo : ma sì cunoico io bene i
Che per far più dogìiofa la mia vita
Amor m' addufie in sì giojofa IVeue :
Ed or di quel eh' io ho letto , mi foyvene:
Che'nnaazi al dì dell' ultima partita
Uom beato chiamar non fi convene -
SO-
,
p A R T E. 4,
SONETTO XLIY.
M Onde
TE
, 7 ntur« al v e» ir fon tarde e
pigre •
SONETTO XLV.
uan c; a che fu già
[ //.
»
fianca» piangendo
L/ r
R.pofate
£ fiate cmai di; vói fMb più avaroV;*
fu l'tm, f,« nor
mioca
A quel crude! che fa» fc gliaci
imbianca:
*
T
La à
aI
i
Ì ,
feda a', meli! T
ri chlu et eda
Cuoi
manca
ch » iodi pafTaro,
Moftrandov.und'Agaflo, e di
Gennaro
colTirili
Il
U 8a VJ
terzo bevete un fuco d*
"
Cm P° 156 ^nca;
erba
V ;
Che purghe ogni peniier che']
i
cor 'affli ge
Do ce a !j a fi ne e nel principio ,
acerba !
te nponete ovc-'i
piacer 'fi ferba ,
Ta ch non tema del nocchi
,
i
di Stiee •
Se la preghiera mia
non è fuperba.
» ,
3o
PRIMA
CANZONE XIV.
PErche" quel che mi traffe ad amar prima
Altrui colpa mi
toglia;
Dei mio fermo voler già nonmilvoglia.
Tra le chiome dell'or nafcofe il laccio
Al qual mi ftrinfe , Amore : ,J
SONETTO XLVI.
PARTE. JX
SONETTO xLvrr.
OEnedetto fia TOeno*'! me fe,e l'anno,
E i bel paefe , e'1 loco ov» io fui
giunco
Da duo begli occhi , che legato m'
hanno
E
£??? ctt0 ''Pnow dolce affanno
ebbiad eOèr con
»V ar ?o, eie faette ond'i* fui
Amor congiunto:
I
E le piaghe eh' infìn 1 al
punto:
cor mi vanno.
Benedette le voci tante ch'io
Chiamando it nome di mia Dofia ho
fpartK
E i iofpiri, eie lagrime, e'1 delio.
te fian twte 'e carte
.
f
S'Ir
Wi è iol di lei j
^."V P enfier «io.
e>1
fkch'altra non v'ha parte
SONETTO XLVHI.
pAoHE del Cftt, dopo
i perduti giorni,
* uopo le notti
vaneggiando fpefe
Um quel fero defio eh' al cor s*
accefe
Mirando gh atti per mio mal sì
adorni:
Piacciati ornai, col tuo lume
ch'io torni
Ad altra vita , ed a più belle
imprefe;
Si, eh avendole reti indarno
refe,
li mio duro avverfario
fe ne feorni
C S nor
A°Mrhu
Cb r' £ "i
io l'undecim» anno«
M
^ « a«
' er
1< mio non degno affanno :
Riduci i penfier vaghi a miglior
luogo :
tUramenta lor, com' oggi folti in Croce.
C i CAN-
f
. . . ,>
fi PRIMA
CANZONE XV.
S O N E T O XLIX.
so.
, .
PARTE."
SONETTO L.
CANZONE XVI.
« PRIMA
Di che vanno fuperbi in vifla i fiumi; * 5
Né mai nafcofe il eie' sì folta nebbia)
Clic foprag giunta dal furor decenti
Non foggiffe da i Dogai, e dalle valli.
Ma, kfl'o, a me non vai fiorir di valli;
Anzi piangoal iereno , edalla pioggia >«
Ed a' gelati , ed foavi venti :
23!
>
so.
.. .
PARTE.
SONETTO LI-
DElDove
mar Tirreno
rotte dal
alla fin idra
riva»
vento pìangonl' onde»
Subito vidi quell* altera fronde
Di cui conven che'n tante carte feriva^:
Amor che dentro all'anima bolliva,
Per rimembranza delle treccie bionde
Mi fpiufe:onde in mi rio che l'erba afc8de»
Caddi , no» già come per fona viva
Solo y ov' io era tra bofehetti , e colli »
Vergogna ebbi di me; ch'ai cor gentile
B.iftaben tanto; ed altro fpron non volli
Pia cerni a! mei] d'aver cangiato Itile
Dagli occhi a' pièj fe del lor'efler molli
Gii altri afeiugafle ua più cortefe Aprile
SONETTO L1 1.
C 4 SO-
. , ,
36 PRIMA
SONETTO LUI.
BEnAmor
fapev'
co
che naturai confìglio»
,
io
te giammai non vaifeì
latra di
Tanti lacciuol' , tante impromefle falfe»
Tanto provato avea '1 tuo fero artiglio .
Ma novam ente ( oud' io mi maraviglio )
Dirol come perfona a cui ne caffè";
E che notai là fopra 1' acque falfe
'1
CANZONE XVIL
LAsso_me, ch'i'non fo in qual parte pieghi
La fpeme ch'è tradita ornai più volte :
,
P A R T E. 9 s?
Qualche dolce mio detto;
O me beato fopra gli altri amanti !
C $ CAH-
, ,
Si «PRIMA
CANZONE XVI ir.
^,>#f#»pSRCHE l la vita è breve»
X E T ingegno paventa all' alta imprefa j
PARTE.
Ma la paura un poco;
$9
L'amorofo penfier© .
Nè
«*
mai
PRIMA
flato giojofo
Amor', o la volubile Fortuna
Dieder' à chi pià fur nel mondo amici j
Ch'i* noi cangia fu ad una
Rivolta d'occhi: ond' ogni mio ripofo jj
Vieti, cora* ogni arbor vìen da fue radici .
Vaghe faville, angeliche, beatrici
Della mia vita ; ove *i piacer s' accende
Che dolcemente mi confuma * e ftmgge ;
Come fparifce > e fugge 40
Ogni altro lame dove 1 voflro fplende
Così dello mio core,
Quando tanta dolcezza in lui difcende *
Ogni altra cola » ogni penfier va fore ;
E folcivi con voi rimanti Amore ,
45
Quanta dolcezza ùnquanco
Fu in cor d*avventuroG amanti.; accolta
Tutta in un loco,a quel chTfen-tOiè nulla J
Quando voi alcuna volta
Soavemente tra'l bei nero t e'1 bianco jo
Volgete il lume in cui Amor fi traflulla :
CANZONE XX.
Ma
, ,
U P 'R I M A
Ma f
purconven che l'alca imprefa feguar>
Continuando l'amorofe noce;
Sì polfe.ite è M voler che ini trafporca :
lì la ragione è morta » zj
Che tenea'l freno; e cootraftar noi potè •
Moftriaii alinea, eli' io dica,
Amor', in gu. fa, che fe rtiii percote
Gli orecchi della dolce mia nemica;
Non mia ma , di pie-M la faccia amica •
30
Dico: Se *a quella etate
Ch'ai vero onor fur gli animi sì accefi ,
L'mduflria d'allucini uomini s' avvolte
Per divertì paeli
Tog?,i > ed onde palTandi ; e l'onorare jj
Cofc- cercando , il più bel rior ne coffe ;
PARTE. 6j
Senza lor* a ben far non moffi un* orma :
Così gli ho di me polii in fu la cima}
" Che'I mio valor per sè falfos'eftima . tf0
I* non pori a giammai
Immaginar-, non che narrar eli effetti
Che nel mio cor gli occhi fwvì fanno.
Tutti gli altri diletti
Di quella vita ho per minori affai
; 6$
E tute' altre bellezze indietro vanno.
Pace tranquilla fenz'alcuno aff.nno,
Simile a quella che nel ciePeterna.
Move dal lor' innamorato rifo.
Così vedefs' io fifo , 7f5
Cora' Amor dolcemente gli governa
Sol' un giorno da prefTo ,
Senza volger giammai rota funerna ;
«« PRIMA
SONETTO LIV.
SONETTO LV.
Begli occhi ond*Ì' fili percoffo in guifa
I Ch' e rac-defmi porian falda* la piaga i
E non i-ià vertit d' erbe, o d* arte maga
»
Odi pietra dal mar noflro divìfà ;
M* hanno la via sìd* .litro amor preci fa ,
Ch' un dolce penfier l'anima appaga t
fol
E fe la lingua dì feguir Io é vaga ;
La feorta può , non etìa , effer derifa .
Quefh fon que' begli occhi che l' imprefe
Del mio Signor vittoriofe fanno
In ogni parte a e più fovra 1 mio fianco :
Quefti fon que* begli occhi che mi fra imo
Scmpm nel cor con le faville accefe;
Perch* io di lor parlando non mi fUiico »
SO-
. ,
PARTE. gf
SONETTO LVI.
AMor
Mi
con fue promefTe lufingatido
ricondufTe alla prigione antica J
Edìè te chiavi a quella mia nemica
Cb' ancor me di me fteffo tene in bando.
Non me n' avvidi , lafto, fe non quando
Fu' in lor forza ed or con gran fatica
:
SONETTO LVII.
S
PRIMA
SONETTO LVIII.
SONETTO LIX.
Al principio rifponde il fine , e'i mszza
S' Del quartodecim' anno ch'iofof->iro, 5
Più non mi può fcampar l'aura, nè'ì rezzo;
Sì crefcerfento '1 mio ardente deliro . -
CAM-
PARTE. «»
CANZONE XXI-
f»
E l'ancore
PRIMA
gittar in qtnlche porro;
Se nonch" i'ardo , cerne acccfo legno j
Sim* è duro a laflar l'ufara vita
Signor della mia fine, e della vita»
Prima eh* i* fiacchi il legno tra li fcogll i
Drizza Ù buon porto l'affannata vela.
SONETTO LX.
ftanco fotto fafeio antico
fon
IODjllemie
sì *J
SO-
.
PARTE. 7X
SONETTO LXI.
non fu' d'amar voi
IOMadonna, nèlarò,
laflato unquanco ,
mentre eh' io viva:
Ma d'. odiar memedeftno giunto a riva »
E continuo lagrimar fon fianco.
del
E voglio anzi un fepolcro beilo , e bianco;
Che '1 voftro nome a mio danno fi feriva
In alcun marmo , ove di fpìrto priva
Sia la mia carne , che può ftar feco
anco .
Però s'un cor pien d*amorofa fede
Può contentarvi fenza farne ftrazio :
Piacciavi ornai di quefto aver mercede :
Se in altro modo cerca d'efler f zi
3 0
Voftro fdegno,erra;e non fia qud che crede:
Di che Amor , e me fleffo affai ringrazio
SONETTO LXII.
ti
PRIMA
SONETTO LXIIL
OCchi ,
accomnagnate il core
piangete ; »
SONETTO LXIV.
giorno io
?
PARTE, 1%
SONETTO LXV.
TO avrò ièmpre in odio
X Onde Amor m' avventò hgiàfeneftra
i
mille drall ,
Perch a quant, di lor non '
fur mortali"
U, è bel morir mentre la vita
é deftra
Ma I fovraftar neHa pr^ion
terrena
&g«m m «è lafib, d'infiniti
E più mi duol , che fìen meco mali :
Poiché l'alma d a l CO r non fi immortali
-
fcapertra
Mjfcra! che devrebbe efTer
accorta
rjet)2ia ,°™i
èchi r%
Non HIV' . '1 tempo
ndjctro volga, ochi
l'affieni
Pm volte
ho con tai parole fcom
l'
;
Votene, rnfia; che non va per
tempo
Chi dopo laffa i fuo i dì più
fcreni.
SONETTO LXVf.
PI' torto
,
come av vie n che l'arco feocefei k
?4
PRIMA
SONETTO LXVII.
venir troppo
che mia fpeme è lunga a
POiE della vita il trapalar si corto,
accorto ,
Vorreirai a miglior tempo effer
di galoppo
Per fuggir dietro più che
, esopeo
E fuggo ancor così debile m'ha (torto ,
.
ardore
Non v' induciate fe 1' eftremo
:
non lcampa-
Che perch' io viva ; di mille un
mia i
Era ben forte !a nemica
'1 core
lei vid' io ferita in mezzo
.
E
SONETTO LXVIII.
-
iaprebbe
Diceami '1 cor che per sè non
,
S 0-
. .
PARTE. 7S
SONETTO LXIK.
ERano] i capei d'oro
all'aura fparfi,
Che n mille dolci nodi gli avvolgea :
E'1 vago lume okra mi fura ardea
Di quei begli 0Cc hÌ c fe' or ne fon
sì fcarfi :
E I vi lo d; pjetofì color fàrfi ,
Non fo fe vero, o falfo mi
pa rea :
cncl'efca amorofa al petto avea,
I
Qual maraviglia, fe di fubk'arfir
Non era l'andar fuo cofa mortale,
Ma d'angelica forma; e ie parole
Sónavan' altro , che pur voce umana .
'
Piaga per allentar d'arco non lana .
SONETTO LXX.
LA bella
Subitamente
Donna che cotanto amavi,
s'è da noi partita :
E , per quel eh' io ne fperi , a! ciel falita
:
.
5>i turon gli atti filai dolci foavi
Tempo è da ricovrare ambe le chiavi
Del tuo cor eh' ella poffedeva
,
vita
E Jepuir lei per via dritta, efpedita. » ;
D * SO,
. . ,
jt PRIMA
SONETTO LXXL
PUNCETE donne,e 5
con voi pianga Amore»
Piangete, amanti, per cialcun paele i
Poi che morto è colui che tutto
mteie
In farvi , mentre ville al mondo onore .
SONETTO LXXIL
volte Amor m' avea già detto, Scrivi
Più'
Scrivi quel che vederti , in letcred' oro
SO-
,,
P A R T E. 77
sonetto Lxxrrr.
QJakdo giugne per. gli occhi al cor profÈ
L imagi n donna.ogni altra indi fi parte?
£
le vertu che l'anima
comparte,
La cian le membra qua fi immobiì
pondo :
£ del primo miracolo il fecondo
NafcetaW: che la fcacciata parte
iJasèltelia fuggendo arriva in
parte
Che fa vendetta , e '1 fuo cullo giocondo,
quinci in duo volti un color morto
appare :
percheil vigor che vivi gli moflrava
.Ua neliun lato è più là
dove flava.
fc di quello in quel di mi ricordava
Ch' i* vidi duo amanti trasformare
»
Eiar, qual' io mi foglio in villa fare»
SONETTO LXXIV,
COsi* potefs* io ben chiuder invertì
I miei pe ufier , come nel cor li chiudo :
Ch animo al mondo non & mai si crudo
Ch i*n<rafeceffi per pietà dolerfi .
d 3 sa
. , ,
pR I M J
A
S 0 N ET T O LXXV.
dell' afpettar' ornai sì vinto,
IOEfòn
della lunga guerra de ioipm;
i deliri ,
Ch' i' a°gio in odio la fpeme , e
avvinco
Ed ogni laccio ondeM mìo cor è
-
«rada
Allor' errai quando V antica
Di libertà mi fu precitate Dotta?.
aggrada.
4é Che imi fi fegiteciòch'a gli occhi
efciolta :
Allor corfe al fuo mal libera ,
che vada
Or' a porta d'altrui conven
che peccò foi' tuia volfa-.
L'anima,
SONETTO LXXVI.
A Era
Hi ,
Partendoti da
'1 mio
bella libertà,
me ,
come
quale
inoltrato
quando 'I primo tifale f
flato
tu m' hai
guarro mai
Fece-ta piaga ond' io non
si de lor guai,
Gii ocebi invaghirò allor
Che Mfren della ragione ivi nonmortale
vale ;
opera
Pere' hanno a fchifo ogni
:
S 0-
,
SONETTO LXXVH.
ORso voftro deftrier fi. può ben porre
, al
Un fré.che di fuo corfo indietro il volga;
Ma '1 cor chi leg!erà , che non fi fciolga j
Se brama onore, e '1 tuo contrario abborre ?
Non iofpirate: a lui itoti fi può taire
Suopregio, nerch' a voi !' ,mdar lì colga ;
Che, come fama nubblica divulgai
Egli è già là,che nuli' altro il precorre •
SONETTO LXXVIII.
D 4 SO.
. .
So P Vi I M A
SONETTO LXXIX.
SONETTO LXXX.
SO-
. ,
PARTE, %
SONETTO LXXXl.
CEsìre poi che '1 traditor d'Egitto
Li fece il doti dell'onorata te fra ,
Celando l'allegrezza rmnifefta
Ranfe per gli occhi fuor } fuxome è fcrittor
Ed Anni bài quando all'imperio afflitto-
,
Sonetto lxxxil
Vinse Annihàl' , e non feppe ufarpoi
Ben la vittoriofa fua ventura :
Ss PRIMA
SONETTO LXXXIII.
CANZONE XXII.
MAi non no
Ch'altri
vo' più cantar, compio foleva :
m'intedeva-ód'ebbi feorno:
E puoflì in bel foggiorno eflèr molefto .
Il fempre fofpirar nulla rileva-
Già fu per alpi neva d* ogn' intorno
5
I
: f
Ed è già preflo al giorno;ond' io fon dello .
'
V diè
PARTE.
guardia a fan Pietro; or non più,
in
gr
nò ">
Incendami chi può; eh' i' m'intend'io .
Grave Coma è un mal fio a mantenerlo.
Qu.mto poOo , mi fpetro ; e foi mi fto
Fetonte odo ere 'n Pò cadde, e morìo : zo
,
U P R I M A
Una chiufa bellezza è più ioave.
Benedetta la chiave che s* avvolte
AI cor* e fciolfe l'alma, e fcolia ave
,
1
Di catena sì grave, 55
£ 'rifiniti fofpìr del mio le n tolte-
Là dove più mi do! Te altri fi dole
,
:
petto ;
De! prefente mi godo , e meglio al
F vo contando «!i amai y e tacco ,egrid»J
So
E'n b?l ramo m'annido , ed in tal modo,
Ch' i* ne ringrazio , e lodo il gran duetto»
Che 1* indurato affetto al fine ha visto».
E nell' alma dipinto, V fare' udito ,
PARTE, ss
Per cm nel cor via più che 'n carte ferivo?
Chi mi fi morto , e vivo-
;
Chi in u puto m'agghiacciai mi rifcalda.90
CANZONE XXIII.
NO7A angeio-cta forra
Sctie ddi cielo
l'ale accorta 1
in fu la frefea riva*
Là 'nd' io pacava fui per mio dettino:
Por che fenza compagna, e fenza feorra
Wi vide un laccio che di feta ordiva * y
; ,
SONETTO LXXXIV.
VJOn veggio, ove fcampar mi" polla ornai y
1^1 Si lu-nga guerra
i begli occhi rai fanno :
U PRIMA
SONETTO LXXXV.
SONETTO LXXXVL
Amor
L Asso
Che
, quante fiate
fra la notte» e'1 di fon pt.u di
Torno dov' arder vidi le faville
to' affale
mille»
;
so-
. .;
PARTE. Sf
SONETTO LXXXVIL
Perseguendomi Amor' al luogo ufato
Riftretco in guita d'uo ch'afpetta guerra* .
SONETTO LXXXVIII.
LALàDonna
dove
che M mio
fol fra bei
cor nel vifo porta
penfier d'amore
i
S G-
U PRIMA
SONETTO LXKXIX.
SONETTO X.C,.
PARTE. I»
CANZONE xGL
DEll' empia Babilonia , end' è fuggita
Ogni vergogna , ond 1 ogni bene è fori
;
Albergo di dolor , madre d' errori
Suri fuggi t' io
per allungar la vira.
Qui mi ito folo ; e come Amor m' invita
,
»
Or rimej e verfi, or colgo erbette » e fiori
5
Seco parlando , ed a' tempi migliori
Sempre penfando i e quefto fol m' aita.
Né del valgo mi cai , né di fortuna,
Né di me molto nèdicofa vile;
«
SONETTO XCII-
mezzodì duo amanti onefta altera
INVidi una Donna e quel Signor , coti lei
Che fra gli uomini regna
, e fra gli dei ;
E dall'un iato
Sole , io dall' akr* era .
il
Poi cheaccorfe chiufa dalla fpera
s'
Dell' amico più bello ; a gli occhi miei
Tutta lieta fi volle e ben vorrei :
S O-
_ , ,
50 PRIMA
SONETTO XCIII.
SONETTO XCI V.
ond' è più chiuda quefta valle ,
faffb
SE'l
Di che '1 fi» proprio nome fi deriva »
Tenede vulto per natura fch iva
A Rami il vifi, edaBabel le fpalle ;
I miei benigno calle
fofpiri più
Avrian per gireove lor fpeneè viva :
Or vanno epurciafeuno arriva
(partì ;
S O-
PAR TE.
SONETTO XCV.
C A N Z O N E XXIV.
oi PRIMA
Quefla mia donna mi menò molt'atinì
Pien di vaghezza giovenile ardendo»
Siccom' ora io comprendo ,
Sol per aver di me più certa prova,
Moftradomi pur S'ombra ,o*l;veI<r,o'pafiiiè
Talor di sè mi
'1 vifo nafcondendo :
?
Ed io , credendo
laflo ,
E re-
. ..
E
PARTE,
regna altro fi gnore,
„
Che promette una vita pìw tranquilla .
Ilei a tua mente Amor, che
prima a prilla ,'
M p R I M A
Penfofa mi rifpofe, e cosi filo
laggiadre 95
Amate belle giovani c
, ,
1
molli ,
Poi che i piè ffiùi tur _
altrui ; 1
Io venni fol per ifvegliare
Se chi bi' impofe qapfto, t ,
SO
PARTE. 9s
jt a SONETTO XCVI.
QUklle pietofe rime in ch'io m'accodi
Di voftro ingegno, e del cortefe affetto i
Ebben tanto vigor nel mio cofpetto ;
Che ratto a quefta penna la man porli , *S»
Per fa r voi certo , che gli eftremi morii
/UtZsf
Di quella ch'io con tutto '1 mondo afpetto *M*„g^
Mai non Tenti ma pur fenz fofpetto
: i
'n.
Infin'all'ufcio del Tuo albergo corft
**f :
CANZONE XXV.
ORTuo vedi, Amor, che giovinetta donna (ra;
regno fprezz;,,e del mio mal no cu-
E tra duo ta' nemici è sà fecura .
Tu le armato
ed ella in treccie, e'n gonna
,
Si fi ed mezzo i fiori, e l'erba: 5
e, e fcalza in
Ver ree fpieta t« , econtra te fuperba .
SO-
. ,
|« P R r M A.
SONETTO XCVII. *
\j
DTcesett' anni ha già rivolto il cielo
Poi chc'n prima giamai no mi fpefii
arfi,e
Ma quando avven eh" ai mio fiato ripenu
Sento nei mezzo delle fiamme un gelo
Vero è'l proverbio j eh' A Uri cangia il pelo
Anziché'] vezzo: e per lentar i fenfi >
Gli umani affetti non fon meno intenfi :
Ciò ne fa l' ombra ria del grave velo .
Oimè latto! e mando fr i quel giorno_ t
Che mirando '1 fuggir de- li anni miei 1
SONET T O XCVIII.
SO.
p A R T E. 9T
^
SONETTO XCIX.
AM DianefT"^
affliggon sì
eIami ^ntcfchir»
>
c h> io porto alcuna
volta
Invidi a q uei che fon fui'
altra
Amor mi ftrugge '1 cor j Fortuna riva .
il priva
D ogni conforto: onde
[a «ente Lira
a adira e piagne; e cosi in
,
pena
molta
\
Sempre conven che comedo
Nèfpero .ideici di Eornino viva?
indietro [
Ma pur di nule in peggio quei eh* ava« 2a
E di mio corfo ho già 3 (| at0 il
p me2 ^
vi ?°" dld,an ™>
ma d'un vetro
nC ermÌ ogni pranza;
Irfn??L™
tutc 1 m,cl P"fier Ì
romper nel mezzo
CANZONE XXVI,
E tpenfier che mi ftmgse*
s>? m *.P«^cnte, e faldo,
Cosi vefhflè d'un
color conforme;
Forfè t i
? m
'arde, e fugge
Cl'a^m parte del caldo; ,
E dertemfi Amor Jà doy' or 5
Men dorme :
Solitarie 1' orme
Foran de' miei piè Jalìì
Per campagne, e per
colli:
Meo gli occhi ad ogni cr molli
r
: ra
É
b uon
che c tmi
hfffiin me dramma
non lalfa T ^cio Saffi ;
9S
Ma
PRIMA
non fempre alla fcorza
Ramo, nè'nfior, uè *« foglia
•
Moflra di fuor fua nacur.il virtude •
\
jhe Ia
. ^ l'erba:
vita acerba
CANZONE XXVII.
E a ( Con
. .
la carne travagliata , e 1
olia .
Fuggir
Tempo verrà ancor forfè
Ch' all' "fato log giorno
Torni la fera bella , e maniueta ;
E là V
ella mi fcorfe
Nel benedetto giorno,
1
Dolce
.
P A R. T E jrtV
Dolce nella memoria,
Una Poggia ai fior fovr a 'I fuo grembo
id ellaiedea
li
;
CANZONE XX VII L
TN quella parte dov' Amor mi (prona
1 Gonven C V ,o volga le dogliofe rime
,
,
Che fon feguaci della
mente afflitta .
J<w P R I M A
Mi dubbio; sì confufo ditta .
lafcia in
Ma pur quanto P iftoria trovo feruta
In mezzo '1 cor t che sì fpeflo_ rincorro
Con la ina propria man de' miei martìri
Dirò ; perchè i fofpiri io
Parlando han triegtiajed al dolor {occorro .
Dico, che» perch'io miri
Mille cofe diverfe attento) e fifa»
Sol' una donna veggio » e'I fuo bel vifo .
Poi che ladifpietata mia ventura >5
M' ha dilungato dal maggior mio bene
Nojofa, incurabile, e fuperba;
Amor col rimembrar foi mi mantene :
Onde» s'io veggio in gioveiul figura
Incominciarfi'l mondo a veftird' erba ; IO
Parmi veder in quella e^ade acerba
1 "
La bella giovinetta » eh ora è donna
Poi che formonta ribaldando il Sole;
Parmi, qual'effer fole ,
Ma quando il dì fi dole
Di lui , che paflo palio addietro torni \
Veggio lei giunta a' fuoi perfetti giorni
In ramo fronde, ovver viole in terra
Mirando alla ftagion che'l freddo perde>3°
E le ftelle migliori acquiftan forza ;
Negli occhi ho pur le violette , e'I verde
Di eh* era nel principio di mia guerra
Amor'armatosì, ch'ancor mi sforza;
E quella dolce leggiadretta feorza 3J
Che ricoprìa le pargolette membra
Dov' oggi alberga l' anima gentile
Ch' ogni altro piacer, vile
Sembrar mi fa sì forte mi rimembra
:
&*5 *
*«
Sf2
/ ' notturna "ver„ó
*oh vidi mai do^o
Ite -
che m'innamori-
nnarao «-
Se tramontare ai
tardo:
Parme] veder qu? Wp
fi volge altrove
LaOando tenebrofo onde fi
move . %o
! iTl rt de rofe con
°/°
J
biglie
7
Allori
AUor allor da verrine
.
man colte:
Veder penfaro ,1 vjfo di colei
Ch avanza tutte .l'altre
miraviglie 77
Con tre belle eccellenzie
ii, ui raccolte ]
xo4. PRIMA
Ov' ogni latte perderia fua prova ;
E le grande eh* adorna un dolce foco
Ma pur che l' ora un poco ,
^®
Fior bianchi , e gialli per le piaggie mova :
CANZONE XXIX.
ITalia mìa ; benché '1 parlar fia indarno
Alle piaghe mortali
Che nel bel corpo tuo sì fpefTe veggio ;
Piacerai almen, eh' i miei fofpir Ben quali ,
Spe-
,
Spera '1
PARTE.
Te vero
Arno,, e I'
Iot
-
| I Pò , dove dogiiofo e grave or feggio .
K.ettor de! ciel , io cbegglo
,
ìo« P R T M A
S" annidati sì, che femore il miglior gemer
Ed è nu<uS del feme>
Per più dolor » del popol fenza legge-
Al qual , come fi legge
Mi rio aperfe sì 1 Banco» 45 '
a te
Le lagrime del Dopo! dolorofo,
Che fol da voi rioofo
ea
Dopo Dio fpeta e ; pur che voi :
inoltriate
jegno alcun di oietate
;
Virtù con tra furore
Penderà l'arme enYl combatter corto :,-
ic8
Canzone 3 io
PRIMA
t'ammonifco,
Che ma ragion cortefetnente dica :
CANZONE XXX.
DI Mi
pender
guida
1
in penfier
Amor ;
, di monte in monte
ch'ogni fognato calle
Provo contrario alla tranquilla vita .
Ed appena vorrei 20
Cangiar quefto mìo viver dolce amaro :
Ch' i' dico ; Forfè ancor ti ferva Amore
Ad un tempo migliore :
Fosv
_ . P A
R. E,T ì€9
*orfe a te fteflo vile , altrui fe
caro :
Ed in quello trapalo fofpirande,
25
Or potrebb'c flcr vero, or come, or
"ve porge ombra un pino alto od quando .
, un colle,
lalor in arrefto r e pur nel primo failo
Di'egoe con la mente il fuo bel vifo .
i
01 eh a me torno, trovo il
petto incile io
Della pi etate ed nllor dico ,
; AbilafTo,
Dove le giunto, ed onde fedi Vifo >
s Ma mentre tener ftfo
Polio al primo penfier la mente
E mirar lei , ed obbliar me fteflb vaga, f« ;
SONETTO C.
SO-
? A R T E.
SONETTO CL
TO canterei d'amor si novamente»
-I. Ch al duro fianco il dì mille fofpirj
Trarrei per fòrza , e mille alti deliri
Raccenderei net'a gelata menre :
E 1 bel Tifo vedrei cangiar fovenre,
E bagnar gli occbl > e più pietofi giri
vjdel r°
E
me ^,0
'i
Tuo error
' ^ ^S'*
quando non
altrui martiri
vai
,
, , li pente >
E le rofe vermiglie- infra la neve
Mover dall' ora; e di ("covrir l'avorio
Che fa di marmo chi da preffo guarda '1
;
I tutto quel perchè nel viver breve
Non rincrefeo a me Beffò , anzi mi glorio
I> elier lervato allaftagbn più tarda •
SONETTO CU.
t
Amor non è;che dunque è quel ch'i Tento?
S Ma èAmor; P erDio,checofa,e quale?
s egli
Se buona; ond èreUettò afpro mortale?
-Se ria ond' è sì dolce ogni tormento?
;
SO-
,
si* PRIMA
SONETTO CHI.
AMor m' ha pollo come fegno a
Sol neve, come cera
Colli' al
ftrale
ài foco,
•>
SONETTO CIV.
T),\ce non trovo e non ho da far guerra »
,
CAN-
,
PARTE. „3
CANZONE XXXI.
Q^ [
UAL P ; " diverfa, e nova
j Cofa
r
fi, mai in qualche
Quella v fe ben fi flima
Più m, raffcmbra; a tal
,
flranio clima;
:
Un lailo a trar più fcaiTo
Carne , che ferro o cruda mia
ventura
.
E da-
,
n4
E doglia 5
PRIMA
e morte Cenema gli occhi porta :
_. ., .
PARTE.
àtod giammai né Sol vide, niftella:
70
Ch un cor dj marmo a pietà motto
avrebbe
Poi chi afiammata i'ebbe»
Rifpenlela vertu gelata, e
belli :
Cos. .Pìu vo te h 'I cor , rarefi , e f«nto ;
l
1 lo c he i fe «o,- e f?e ab me a 'adiro
Fuor tutt'i
,
75
' 5 .
noftri lidi
Neii'ifole frniofe di Fortuna
Due fonti ha : chi dell* una
Bee ; mor ridendo; e chi dell'altra,
fcampa
aimil fortuna (lampa
g0
Mia vita , che morir porla rìdendo
Uel gran piacer ch'io prendo
.
.
.
i
efee Sorga,
Si Ry. né chi lo feorga,
V e,le no Amor,ch e mai noi
(„
Jafcia fi
h i immagine d'una che io flrugge : paffo ;
Che perse fugge tuct'altre perfone.
SO-
., ,. .
jiS t H I M A
S O N E T TO' CV.
piova
FIamma dal cicl fu le tue treccie
M.ilvagia;che dal fsume 5 e dalle ghiande
Per iMt m'impoverir fe ricca , e grande i
Poi che di mai' oprar tanto ti giova :
SONETTO CVI.
S O-
,. ,.
PARTE. » I7
SONETTO CVII.
"pONTAKA di dolore, albergo a* ira,
^n
Già Roma ,
crrori » e tempio d'ereCa,
or Babilonia fai fa , e ria
;
CUI rant0 fi P'agne
"
« r , e fi fofpira j
l^c'na a' inganni , o prigìon dira
;
Ove ben more , e'1 mal fi nutre, e cria;
1
1 VI rno;
?
Se ^Ì. TÌ™« ceco Url grat5 miracol fia,
CRISTO al fine non s' adira
i
SONETTO CVin.
QUanto più difiefe l'ali fpando
Ve Ho di voi , o dolce feBIéra amica :
Tanto Fortuna con più vifeo intrica
Il mio volai e e gir mi face errando .
,
; JL artr jerdalmpartimmilagrimando.
l da man manca ,e' tenne il cammin dritto
I tratto a forza ed e' d'Amore feorto :
,
S O-
. .
ui PRIMA
CANZONE CIX.
CAM-
,. .
PARTE.
CANZONE XXXII.
A Lu dolce ombra delle beile frondi
Agendo un difpietato lume
C^r ho quagliti
1
Wwn fi
m'arde»
»
Non
fi
v;j'!
n
-r ie
W, * erbe, eirami.'
l
; s
*
Nè morie
vento mai si verdi frondi;
J
.
Né g.amma, ritrovai tronco , né frondi , ? :
è
,
0f /
SS" lo cbeggw » «5 «ngia U tempo i
F*»*» perdono
Ond a Ui ft q a frondi ,
Se "volgendo poi mole'
anni il cielo
F^girdifpofi gì» inveteri
iclfo eh incominciai
di veder lume. 50
n aCq " e r; ™^ il d Ice
c h'i^fr'
Cri paflai con Wil ect o
i
lume,
affai gr; „ noesi
^.
Per poter 3 ppr e ff3 r gli
ama ti rami?
Ora
. >
.
ito PRIMA
Ora la vita breve > e 'I loco e'1 tempo >
SONETTO CXI.
QUand'ìo v'odo parlar si dolcemente} (Isk
^on'Amor proprio a'fuci feguaci iuftiU
L'aceefo mio defir tutto sfavilla)
Tal, che 'nfiammar devria l'anime fpeate.
Trovo la bella Donna allor prefentc ,
Ovunque mi fu imi dolce o tranquilla ,
»
S O-
,. ,.
P A R. T E.
SONETTO CXII.
NE'Quando'!
così hello H Sol
ciel fofle più di
giammai
nebbia (carco;
levarfi ,
i» PRIMA
SONETTO CXIV.
OD'Alma
ardente virtute ornata > e calda
gentil , cui tante carte vergo j
Ofol già d 1 oneftate intero albergo.
Torre in alto valor fondata , e falda;
O fiamma ; o rofe fparfe in dolce falda
Di viva neve, in ch'io mi fpecchio,e tergo:
. O
piacer' onde 1' ali àJ bel vjfo ergo ,
Che luce fovra quanti '1 Sol ne fcalda ; ,
SONETTO CX V.
QUando'1 voler che co duo fproni ardeti,
E con un duro fren mi mena) e regge >
,
S O»
, . . ,.
P A E. T E. Ss
SONETTO CXVI,
XT0 N T c nn,Pà,Vi l ro ,Arno > Àdig e)e Tebr a>
r n ajI ft r o,Alfeo ,G 3 rofi3,e'l
;)
. marche frSgc,
Rodanclbero, Renana, A Ibia,Era,
Ebro*
«onedra , abete , pin fa ggi 0j 0 ine br 0
g ,
Fona foco allentar che '1 cor trifio
l
ange :
VHaat un bel ricch'ad ogni or meco
piage»
a bofce che ' n rir"e orno,
'
n,-ff? r L e celebro.
Queit un (occorfo trovo
tra gli Miti
,
D
Amore , onde con ven eh' armato viva
_ Li vita che trapaflà a si gran falti
ca 1 be! Laur ìa fafn riva
* chi
E L-tf
piantò
»
;
peniìer leggiadri , ed alt*
mm !
dolce ombra
,
.
C A N Zr O N E XXXIir.
TV tempo in tempo mi fi fk meu dura
**T ,r angelica figura, e'1 dolce rifo:
L i aria del bel vifo,
E degli occhi leggiadri meno ofeura
-Lhe ianno meco ornai quefti fofpiri
, s
Mie naicean di dolore
E moftravan di fore
La mia angofeiofa, e difperata vita?
b avven che'l volto in quella parte giri
ler acquetar il core,* io
Parmi veder Amore
Mantener mia ragion, e darmi aitar
Ne però trovo ancor guerra finita
,
We tranquillo gni fiato del cor mio;
.
SONETTO CXVIH.
"^TOn d' atra , e tempeftofa onda marina
i\ Fuggìo in porto gianvii ftaco nocchiero;;
Coni' io dal folco» e torbido penfiero
Fuggo,ove'I gran defio mi fprona 5 e'nchinai
Nè mortai vifta mai luce divina
Vinfe ; come la mia quel raggio altero
Del bel dolce foave bianco e nero »
In che i fuoi Arali Amor dora , ed affina .
Cieco non già, mafaretrato il veggo;
Nudo ) fe non quanto vergogna il vela ;
Garzon con P ali , qoo-pinto , ma vivo ,
Indi mi moftra quel ch'a molti cela :
S O-
. ,
PARTE. i2 T
SONETTO CXIX.
QUesta umil fera,un cordi dgrejod'orlà;
f he'n vifeumanaje'n forma d'agel vene?
In rifo , e'n pianto j fra paura , e fpetie
Mi rota sì , eh' ogni mio flato inforfa .
Se 'a breve non m'accoglie, o non mi fmorfa ,
Ma pur , come fuol far » tra due mi tene ;
,
!
Per quel ch io fento al cor gir fra le vene
Dolce veneno, Amor, mia vita è corta.
Noti può più layertù fragile, e fianca
Tante varietali ornai foffrire : {'mbiaoca.
Che- n «n punto arde» agghiaccia, arrofla» 6
Fuggendo fpera i fuoi dolor finire ;
Come colei che d'ora in ora manca :
Che ben può nulla chi non può morire
SONETTO CXX.
TTe > caldi fofpiri , al freddo core :
Sarem
fuor di fperanza , e fuor d' errore -
Dir h può ben per voi , non forfè appieno
*
Che 'I noftro (Uto è inquieto , efofeo;
Siccome '1 fuo pacifico , efereno
Gite fecuri ornai ; eh' Amor veti vofeo :
E ria fortuna può ben venir meno;
S'aifegni del mioSol l'aere conofeo.
F 3 SO-
iì6 PRIMA
SONETTO CXXL
LE (telle, e'1 cielo, e gli elementi a prova
Tutte lor' arti , ed ogni eltrema cura '
SONETTO CXXII,
PARTE. li?
SONETTO C XX III.
I'Vidi in terra angelici coftumi
E celefti bellezze «il mondo fole»
'
Tal j che di rimembrar mi giova , e dole :
S O-
nS PRIMA
sonetto cxxv.
OVePer eh' i' pofi gli occhi laSì , o giri
qtietnr ] a vaghezza che gli fpinge
;
Trovo chi bella donna ivi dipinge,
Per far Tempre mai verdi i miei de fi ri
Con leggiadro dolor par ch'ella fpiri
Alta pietà , che gentil core ftringe :
Ojtra la yifta agli orecchi orna e 'nfingc
Sue voci vive, e fuoi fanti fofpiri .
Amor' , e '1 ver fur meco a dir che quelle
Ch' Ì 1 vidi , eran bellezze al mondo fole s
Mai non vedute più fotto le ite Ile
Nè si pietofe » e sì dolci parole
S' udiroii mai ; nè lagrime sì belle
Di sì begli occhi ufeir mai vide il Sole
SONETTO CXXVI.
INEra
qual parte del crei*, in quale idea
l'efempio onde Natura tolfe
Quel bel vifo leggiadro, in eh' elJa volfe-
TVloftrar quaggiù , qaanto lafsù potea ?
Qual Ninfa in fonti , in felve ma? qua Dea
1
SO-
i
PARTE. 129
SONETTO CXXVII.
'SONETTO CXXVIII.
O O
Passi fparfi o penfier vaghi > e pronti
O
;
F 5 SO-
P :
E- I M: A
SO N E T T O CXXIX.
T T che
^V
fi ° ri
?
efeIici
Madonna- panando premer
> e ben nate erbe,,
-*-fr fole;,
Piaegia , ch'afcolti fue dolci:
parole
±1 del bel piede alcun velli
gio ferbe •
Schietti arbofcelli , e verdi
frondi.acerbe '-
Amorolette e pallide vi I e ; ,
SONETTO CXXX;,
A^
wNelir
ÒS
^
;
^^r-'^.onde
1
Che v di
°/ ni p,eo{iero aP"to
ru fol mi feorgi ;
s ,
c^r
Che fon si°a "v
fljjnco.e'l fentier m'è
Ben veggio di lontano il troppVto
, dolce lume
Ove,per a fpre vie mii proni
, e giri :
Ma non no , .come tu , o*à volar
,
piume ..
Aliai contenti- lafci i
mieidèfiri,
JLar che ben defiando
- i'mi confurne :
Nèle difpiacua, che per lei fbfpiri ,
. ,,
P ARTE- 131
SONETTO CXXXI-
JONE T T O CX XXII.
COMEdolcicandidooneftamente
I
'1 è per erba frefea
move,'
paffi'
pi 1-
Vertù che'ntorno i
, apra , e rinnove ?
fior'
Delle tenere piante fue par ch'efea
Amor, che folo i or leggiadri invefea
Nè degna dì provar fua forza altrove ;
Da' begli occhi un piacer sì caldo piove
Ch'i'non curo altro ben,nè bramo altr'efca-
E con l'andar, e col foavefguardo
S'accordan le dolciffime parole,
E l' atto manfueto,- umile , etardo .
Di Cài quattro faville , e non già fole s
Nafce 'i gran foco di eh* io vivo , ed ardo :
Che fon fatto un' augel notturno al Sole »-
ij* PRIMA
SONETTO CXXXIII.
S'tofoffi flato férmo alla fpelunca -
Q(
L' acqua che di Parnafo> fi deriva:
iercui in alcun tempo ella fioriva-
Coti^ fvenmra , ovver colpa mi priva
D. ogni buon frutto , fe Teterno Giove
Delia MI grazia f&pra- me- non piove. .
SONETTO C XXXIV.-
na*
Uàndo Amor 1 ! begli occhi a t'erra inchi-r-
,
E i vaghi fpirti-in un forpiro accoglie.
"Con le fue mani
e poi in voce gli fcioglie
;
sa
PARTE. jj}
SONETTO CXXXV.
AMok.
-
mi manda quel dolce penderò
Che
fecretario antico è fra noi due ;
E mi conforta; e dice che non fue ( ro »
1
SONETTO CXXXVL
T}Ien d'un vago penfier , che mi defvls
X Da tatti gli altri 3 e fammi al modo ir folo ;
r
SO-
t& PRIMA
S O N ETTO CXXXVII.
Più' volte già dal bel fembiante umano 1
r
Il meglio è ch'io mi moraamando,e
taccia:
Che pona quella il R.en,qualor più agghiaccia,-
Arder coivgh occhia ropre ogni afpro feo-
Bd ha si egual'alle bellezze orgoglio, (glio;
"
Che dipjacer altrui par che le fpiaccia .
, e fpiri :
JNed ella a me' per tutto '1 f
uo difdcsno
1 orra giammai ; nè per fembiante ofeuro,
A-e mie fperanze e i miei dolci fofpiri
,
SO-
» ,
P A R T E. rr
* :
S O N E T TO CXXXIX.
OTnvidia, nemica di virtute ;
s> o n: e. t t o c x l..
MIrando '1 Sol de' Begli occhi
fereno>
Ov'è chi fpeffo i miei dipinger bagnaj
Dal cor l'anima (tanca fi {compagna.
Per gir ne! paradifo fuo terreno::
Pòi trovando! di dolce s e d'amar'
-. pieno 5
, Quanto al mondo li tefie 3 opr» d'aragna
Vede v. ondè-fecoj e con Amor fi la glia,-
C ha sì caldi gli fpron , si duro il freno .
Per queffi eftremi duo contrarj » c mifti
Or con voglie gelate , or con accefe
Staffi così fra mifera 3 e felice::
Ma pochi lieti > e molti penfier tri ffi j
E'I più fi. pente dell' ardite imprefe :
Hai frutto, nafte di cotal radice;,.
s:a-
Ufi PRIMA
SONETTO C X L I.
FERAftelIa ( 1
cielo ha forza in noi j
Te
Quanc'alcun crede) fu>fotro ch'io nacqui;
E fera «mai dove nato giacqui ;
"E fera terra) ov'e pie Hioh*ì poi;
E fera donna » che con gli occhi fuoi ,
E con 1' arco a cui fol perfegoo pfaCqtu»
Fè la piaga ond' , Amor , reco noti tacqui ;
Che con quell'arme rifaìdarla puoi ,
Ma tu prendi a diletto i dolor miei:
Ella non già ; perché non fon più duri y
E *ì eolpoèdi faetta , e non di fpiedo.
Pur mi confola > che languir per Jei
Meglio è che gioir d' altra j e tu mei giuri
Per l'orato tuo ftraìe; ed io tei credo.
SONETTO CXLH.
QUaìjdo mi vene manzi il tempo, e'I loco
Ov'io perdei me (ìeff<> e'i caro nodo
;
SO-
.
PARTE. m7
SONETTO CXLTII.
1
Vo licur io che non può fpaventarme
;
SONETTO CXLI V.
MIlle piagge in un giorno 5 e mille rivi
Moflrato m ha per la famofa Ardenna
1
^•n .
so-
138 PRIMA
SONETTO CXLV.
A mi 0>rona
iecur aie lpaveta;arde,ed agghiaccia
V '
iti un tempo, ed a Arena 5
r j
tjradiice,e r
ldegna;a sè mi
;
chiamai fcaccia:
r mi tei1c in ^Peranz a ed or' in pena
Or?alto
» .
i
S O N E T T O CXLVL
VkU
-qaatado tal or meco s* adira
fai Ct- L a ™a
P„h- ^7 dolce nemica, eh' è si alterar
^ yn contorco m'édato, eli' i' non pera ,
ol ° er cui vercà
.
/m. ^ P -
l> alma refpira;
£^Ovunqtf elJa ideando
,
M .^™
-f- a
,.V er «eh che 'I volto di Medufa
F A R T E. 129
SONETI O CXLVII.
ben può tu portartene la fcorza
PO'»
Dime con tue polenti, erapid' onde t
SONETTO CXLVIII.
AMor
D' oro
fra r erbe
una leggiadra rete
, e di perle tefe fott' un ramo
1
Dell' arbor fempre verde eh' i tant' amo ;
Benché n' abbia ombre più trifte,che liete :
V efea fu 'lfeme ch'egli fparge 5 e miete
Dolce,ed acerbo; eh' io pavento, e bramo :
Lenotte non fur mai dal dì eh' Adamo
Aperfe gliocchì , sì foavi e quete :
s a-
PRIMA
SONETTO CXLIX.
AMor. , che ncede *1 cor d' ardente zelo
Di gelata paura il tien coftrecto
E ;
qua! fia più , fa dubbio all' intelletto
La lperanza, o'J timor, ] a fiamma ,o '1 gielo.,
i remo al più caldo, ardo al più
freddo ciclo »
Sempre pien di de (ire, e di fofpetto
Pur come donna in un veftire fchietto;
Celi un'uom vivo o fott'un picciol velo.
,
SONETTO CL.
dolce fguardo di cortei m' suicide»
SE'I
E le fo .'ivi parolettc accorte ;
E s'Amar fopra rae Ja fa sì forte
Sol quando parla , ovver quando l'orride
;
L31T0 j che fia , fe forfè ella divide
O
per mia colpa , oper malvagia forte
Gli occhi fìioi da mercè ; fìcchè di morte
Là dov'or irTaffecura , allormi sfide?
Però s'i' tremo, e vo col cor gelato
Qua! or veggio cangiata fua figurai
Quello temer d'antiche prove è nato.
Femmina è colà mobil per natura ;
Ond'iofoben, eh' un' amorofo flato
In cor di donna picciol tempo dura.
SO-
.
PARTE.
SONETTO CU-
AMor, Natura, e la bell'Alma umile
Ov' ogni alta virtute alberga , e regna ,
.
SONETTO CLII.
QUesta Fenice dell' aurata piuma
Al fuo bel collo candido gemile
F irma fenz' arte un si caro monile ,
C . ogni cor' addolcifce, e'J mio confuma
Forma un d^idema naturali ch'alluma
L'aere d'intorno 5 e'1 tacito focile
DAmor tregge indi un liquido fottile
F co , che m' arde alla più algente bruma
Purpurea verta d* un ceruleo lembo
Soarfo di rofe i belli omeri vela;
Novo abito e bellezza unica e fola
, , .
SO-
W PRIMA.
SONETTO CLIIL
Virgilio, ed Omero aveffìn vitto
SEQuel Sole ilqual vegg'iocogii occhi mleij
Tutte lor forze in dar fama a coftei
Avrian pofto , e V un fui eoa 1' altro mifto :
SONETTO CLIV.
GIunto Aleflandro alta famofa tomba
Del fero Achille, fofpirando difTe :
S O-
. ,
PARTE. ni
SONETTO CLV.
A Lmo Sol quella fronde eli' io fola amo
,
SONETTO CLVI.
Assa la nave mia colma d' obblio
P Per afpro mar' a mezza notte il verna
S l!a ' eCariddi; ed al governo
c" j ,f
Siede 1 Signor', anzi 'I nemico mio:
A cialcim remo un penfier pronto, e rio»
Che la tépeft a ,e'I fin par eh abbi a fcherno :
Lhe
gn > e
rì lon
r ^ lem le S ià banche fatte?
d error con ignoranza attorto:
Celanti i duo miei dolci ufati fegni
:
SO-
iU PRIMA
SONETTO CLVIT,
erba
UNa. candida cerva {"opra I'
SONETTO CLVIII.
SO*
PARTE.
SONETTO CLIX.
STiamo, Amor', a veder la gloria noftra
Còfciopra 'natura altere , e nove:
Vedi ben , quinta in lei dolcezza piove :
Vedi lume che H cielo in terra rcfofrra :
\ eòi r qjiant' arre dora , e'mperla , e 'À'noftrsi
L abito eletto, e mai non fffio altrove
!
;
Che dolcemente i piedi, e gli occhi move
Ter quefta di hei colli ombrofa chioftra
V erbetta verde, e i fiordi color mille
!
SONETTO GLX,
"pAsco h mente d'un sì nobil dóo ,
A Ch'ambrofiaie nettar nò invidio a Giove:
Che fol mirando, obblio nell'alma piove
D'ogni altro dolce, e Lete al fondo bibo.
Ta.or , di' odo dir cofe , e'n cor defenbo,
Perchè da fofpiràff Tempre rkrcve
;
Ratfo per rmnd' Amor; nè fo ben dove;
Doppia dolcezza in un volto delibo:
Che quella voce inftV al ciel gradita
Suona in parole si leggiadre, e care,
Che penfar noi porla chi non 1' ha udita -
Allor ìnbeme in meo d' un palmo appare
Viabilmente, quanto in qu-fta vita
Arte, ingegno, e natura , e'i ciel può Gre .
Rt'mf Petrarca.. Q s q„
M6 PRIMA
SONETTO CLXI.
L'Aura gentil che raiTerenn i poggi
Dettando i fior per quefto ombrofo oofcoj
SONETTO CLXII.
SO-
,
PARTE,
SONETTO CLXIII.
L*Aura Verena che fra verdi fronde
Mormorando a ferir nel volto vietume
;
Fammi rifowenirquand' Amor diemme
_,ff
P^me piaghe, sì dolci, e profonde;
h L bel viio veder ch'altri m' afeonde
;
Che fdegno, o gelofia celato tiemme;
E le chiome or'avvolte in perle, e'n geme )
Allora fciolte , e fovra or terfo bionde :
Le quali ella fpargea sì dolcemente ,
E raccogliea con si leggiadri modi
Che ripenfando ancor trema la mente.
Tortele il tempo po' in più faldi nodi;
E fi ri ii fé '1 cor d' un laccio si poflente »
Che Morte fola fia eh' indi lo fnodi ,
SONETTO C L X I V.
L'Aura celefle
1
che V quel
verde Lauro
^
Spira ov Amor feri nei fianco Apollo
t
Ed a me pofe un dolce giogo al collo
,
Tal , che mia libertà tardi reftauro;
Può quello in me che nel gran vecchio Mauro
Medufa , quando in felce tras formoli o :
Ne póflb dal bel nodo ornai dar crollo,
.
Là Ve'l Sol perde,non pur l'ambra, o l'auro:
Dico le chiome bionde , e '1 crefpo laccio
Che si foavemente lega , e ftringe
L' alma, che d* umiltate,e non d'altr'armo,
L' ombra fua fola fa'l mio core un ghiaccio
*
E di bianca paura il vjfo tinge :
Ma gli occhi hano virtù di farne u •marmo.
G % SO-
i4« P R I M A
S 0 N E T T O CL.XV,
L'Aura foave eh' al Sol fpiega , V vibra
L'auro eh' A mordi fu a min fila,e tede ;•
Là da begli occhi , e dalle chiome fteffe
Lega *1 cor laflo, e i levi fpirti cribra . \
Non ho midolla in olio, o fangue in fibra , I
Ch'i'non fenta tremar; pur ch'i'm'appreffe
Dov'è chi morte , e vita infìeme fpefle
Volte in frale bilancia appende , elibrai
Vedendo arder i lumi ond' io tri' accendo ;
E folgorar i nodi ond' io fon prefo,
Or fu l' omero deliro , ed or fui manco
J* noi poflo ridir; che noi comprendo;
Data' due lucie l'intelletto offefo,
E di tanta dolcezza oppreflb , e ftalico.
SONETTO CLXVI.
SONETTO CLXVIII.
G 3 SO-
m P R I m a\
SONETTO CLXlXl
D'Un bel
Move
, chiaro , polito ,
SO-
.
P '
A R, T E.
SONETTO CLXXI.
ANima ; che diverfe cofe tante
Vedi,odiieieggì)C parli,efcrivi,e peni!,
Occhi miei vaghi; e tu fra gii altri fenli
Che fcorgi al cor P alte parole fante ;
Per
Eller giunti al cammin che sì imi tienfi
;
Per non trovarvi i duo hei lumi accenfì j
Nè P orme impreffe "dell 1 amate piante 'i
SONETTO CLXXI I.
G 4 CAN-
iji PRIMA
CANZONE XXXIV.
S'Il dilli mai; ch'i' venga in odioa quelli
Del cui amor vivide fenza 'I qual morrei :
Paura, e geloiia
E la nemica mia
.^'4 feroce ver me Tempre, e più tei la.'
S il difìi ; Amor l'aurate fue qtiadrella io
Spenda inme tutte, e l'impiombate in lei :
"Dal dì che
PARTE.
mammella
la
153
CANZONE XXXV.
BEnCome
mi credea paflar
pattato avea
mio tempo ornai}
queft' armi addietro »
Sena' altro Audio , e fenza novi ingegni:
Or; poi che da Madonna i* non impetro
L'ufata aita; a che condotto m'Hai, 5
Tu' vedi , Amor; che tal'arte m'infegni •
1
35
Ove men teme, ivi pi & tolto è colto ;.
Così dal fuo bel volto
L'jnvoloor'uno, ed or* un»" altro fgiiardo
Ediciòinfieme mi nutrico, ed ardo ..
SONETTO CLXXIIL
Rapido fiume ; che d'alpertra vena
Rodendo intorno, onde'! tuo nome predi
Notte , e di meco defiofo feendi
Ov'Amorme, te fol natura mena
Vattene innanzi tuo corfo non frena
: il
Né franchezza , uè fon no
e pria che rendi:
SONETTO CLXXV,
S 0~
Vi
Il
i5»
Di
PRIMA
SONETTO
noflra cieca
Regnano
Dell' un vago
i fenft
CLXX'Vr.
SONETTO CLXXVir.
BEato in fogno , e di languir contento ,
D'abbracciar I'obre,e feguir l'aura efti va,
Nuoto per mar che non fra fondo , o riva :
Solco ondeje'n rena fondo,e ferivo in veto;
i^.*^egg5» sì, eh* egli ha già fpento
Col fuo fplendor la mia vertù vifiva;
Ed una cerva errante, fuggitiva
Caccio con un bue zoppo^'nfermoje lento*
tieco,e «anco ad ogni altro,ch'al miodannoj.
Il qua! dì, e notte-
palpitando cereo ;
Sol Amor, e Madonna, e Morte
chiamo.
Cosi venf anni { grave , e lungo affanno .'
>
Pur lagrime, e fofpiri , edolor merco:
la tale (fella prelì l'efca, ePhamo*
S O-
r
PARTE. 15?
SONETTO CLXXVIIL
CANZONE XXXVL
s o.
PARTE, »f*
S O N ETTO CLXXIX.
core*
Frutto fenile >n fui giovenil fiore,
E'n afpetto penfofo anima lieta,
Raccolto ha 'n qusfta Donna il fuo pianeta ,
Anzi '1 Re delle fteile ; e '1 vero onore ,
Le degne lode , e '1 gran pregio, e'I valore
Ch' è da fiancar ogni divin poeta .
Amor s'è in lei con oneriate aggiunto;
Con beltà naturale abito adorno*
Ed un' atto che parla con filenzio;
,E non fo che negli occhi , che 'n un punto
Può far chiara la notte, ofcuro il giorno»
E'I mei' amaro, ed addolcir T aflenzio,
SONETTO CLXXX.
TUtto dì piango; e pol la notte, quando
'1
mi dole
Più l'altrui fallo che '1 mio mal
:
S O-
l6s PRIMA"
SONETTO CLXXXX
fjrv defiai con sì giufìa
Querela,
Ui uu foco di pietà fcffi
fentire
Al duro cor di» a
mezza ftate gela :
empia. nube cbe'l raffredda
'
RomperTe a
,
aura del m »' ardente
%
vela,
O dire/'
fefc queIJ'altru'in
odio venire
ohi
Or fM^
non „d
1 h
per
p*
IO J ei
ftr Ugg0
, per me
, occ bi mi ceJa
;
Cerco: efie quel non vo>
, qae {i 0 aon poir
TaJ fu ta, a ftdla , e tal mia
cruda forte -
Ma canto fa divina fila beffare:
Che quand'i» Cadi queft, carne
feoffo
Sappia 1 mondo che dolce è
la mia mone
SONETTO CLXXXII.
•TTRa quantunque leggiadre donne, e beffe
rCol fuoiH
g C0H< CÌ}'* mo ^o »on baparej
?
]
SO-
, ,
PARTE- 163;
SONETTO CLXXXIII.
1" Aurora
Così mi fveglio a falutar
E '1 Sol , ch'èfeco, e più L'aItro,ond 10 lui
SONETTO CLXXXIV.
e di qua! vena
O Nde tolfe Amor l'oro,
P(_r far due treccie bionde'e'n
^ quali Ipine
Colfelerofe; e'nqual piaggiale brine
Tenere, e frefche ; e die lor pollo, e lena ?
Onde le perle in eh' ei frange, edaffrena
Dolci parole, onefte , e pellegrine?
Onde tante bellezze, e sì divine
Di quella fronte più che '1 eie ferena f
SO-
l6 4 P R I M A
SONETTO CLXXX7.
E
fon già ardendo nel
vigefim' .nn
p
Sento ,>cflì * ™ (Vap
<
rnora^ ófe
Veggio , begii o ;c hi
, e folgorar
^ °:
dSahte •
;
I e
di quel Sole
Doghole per fua dolce
«finìT
La quaUe coglie invidia
JSà-
«euu i ali almi; al corpo ir a , e d afprezL •
Quello ora jh lei taJor
*
proVà in nnf
Ma fpeffo nella fronte
,
il
Ci
corl%g°J°
l v «!emmo ofcurar 1'
'
l
E a ca bellezza
|
s o-
, .
PARTE. i6j
SONETTO CXXXVH.
I^VJàndq'I Sol bagna in mar l'aurato carro,
V^E !'aer noflro,e la mia mente imbruna
J
Col cielo , e con le ftclle , e con la luna
Un'angofciofa edura notte in narro :
,
SONETTO CLXXXVI1I.
Q'Una. fede amorofa un cor non fioro i
O Un languir dolce, un ittita cortefe
,
;
S' onefte voglie in gentil ti co accefe;
S' un tatfs© error' in cieco Uberinto
;
Se nella fronte ogni penfier dipinte*
Od in voci iiiteirotte appena intefe,
Orda paura, or da vergogna ofrefe ;
S'un pallor di uicla , e d' amoretto
;
S'aver altrui più caro, che sè ftcfl'o;
Se Uprnn:,r, e 'ofpìrar mai femprp ;
Pafcèndòfidj duol , d'ira, e d' affanno ;
S'arder da lunge , ed agghiacciar da p-eif
;
Son le cagfon eh',-mando' i' mi diftemnre
,
Voilro Donna,'J peccato^ mio tìa'l danno.
:
S O-
i66 PRIMA
SONETTO CLXXXIX.
DOdici donne Qneftamente laffe »
Anzi dodici ftelle e 'n mezzo uri Sole
j
SO,
. ,
PARTE. x6 7
SONETTO CXCI.
AUraj che quelle chiome bionde, e crefpe
Circondi , e movi , e fe molla da loro
Soavemente, efpargi quel dolce oro,
E poi'l raccogli , e'u bei nodi *1 rincrefpe ;
Tu Ibi negli occhi ond'amorofe vefpe
Mi pungon sìjche'n fin qua il fento,e ploro»
E vacillando cerco il mio teforo,
Com'animal che fpefib adombre, e'ncefpe :
S O-
pM P R I M A
SONETTO CXCtir.
SONETTO CXGIV.
Piansi; or canto; che'l celeftelume
I' Quel vivo Soleocchi miei non cela >
a gli
Nel qual' onedo Amor chiaro rivela
Sua dolce forza , eiuofanto coftume :
Onde e' fuol trar di lagrime tal fiume
Per accorciar del mio viver la tela ;
Che non pur ponte, o guado, o remi, o vela*
Ma fcampar non potìetnmi ale, nè piume*
Si profond'era, e di sì Jarg3 vena
TI pianger mio; e sì lungi ta riva»
Ch' i' v' aggiungeva col penfìer r appena •
Non lauro , o palma, ma tranquilla oliva
Pietà mi manda ; e '1 tempo rafl'erena ;
E'1 pianto afeiuga; e vuol' ancor eh* i'viva.
S O.
, ,
PARTE. t Sp
SONETTO CXCV.
T'Mr vivea di mia forte contento
J. Senza lagrime , e fenza
invidia alcuna :
Ohes altro amante ha più deftra fortuna
,
Mille piacer non vaglion' un tormento
.
SONETTO CXCVX
Vincitore AleiTandro P iravinfe,
E fel minor* in parte, che Filippo -
SONETTO CXCVIII.
SO-
,
PARTE. 1Jt
SONETTO CXCIX.
Am
~
T A $$ ° > <> r mi trafporta ov'io non lo-
E oen tn accorgo che 'I derer fi varca *
,
SONETTO CC.
H i CAM,
s7 s PRIMA
CANZONE XXXVII.
SONETTO Cd.
REal natura , angelico intelletto,
Chiar*aima,prata rida .occhio cerviero,
Previdenza veloce j alto penfiero,
E veramente degno di quel petto:
Sendo di donne un bel numero eletto
Per_ adornar' il dì fefto , ed altero;
Subito fcorfe il buon giudicio intero
Fraranti, e sì bei volti il più perfetto :
L'altre maggior di tempo, o di fortuna
Trarfiin dìfparte comandò con mano;
E caramente accolfe a sè quell'ima:"
Gli occhi, e la fronte con fembian te
umano
Baciolle sì, che rallegrò ciafcuna
Me empiè d'invidia P atto dolce ,e ftr S no
SS»
H 3 C A N-
»74 PRIMA
CANZONE XXXVIII.
LAAl tempo
1
ver l'aurora
novo
» che
fuol
sì dolce l'aura
mover* i fiori (
Egli augelletti incominciar lor verfi;
Sì dolcemente i peoùer dentro all'alma
Mover mi fento a chi gli ha tutti irrforza; 5
Che ritornar convienimi alle mie note
Temprar potefs' io in sì foavi note
I miei fofpiri > eh* ad dolci (Ten Laura »
Facendo a lei ragion , eh' a me fa forza :
Ma pria ria *1 verno la (ragion de' fiori , 10
Ch'amortìoriica in quella nobil'alma j
Che non curò giammai rime, né verfi
Quante lagrime y lafibj e quanti verfr
Ho già fpartì al mio tempole'n quante note
Ho riprovato umiliar quel! alma 13
1
!
P A R T E- t
175
Se noftra ria fortuna è di più fòrza >
Lag rimando } e cantando i noftri verfi , 35
E col bue zoppo andrem cacciando 1* aura .
In rete accolgo 1* aura* e 'n ghiaccio i fiori :
E '11 verfi tento forda , e rigid' alma ;
Che ne forza d'amor prezza , nènote.
SONETTO CCII,
1
Ho pregato Amor e nel riprego ,
,
H 4 SO-
-
i?6 PRIMA
SONETTO Cd II.
SONETTO CC IV.
MIra quel colle o fenco mio cor vago
Ivi laiciammo ier
5 ;
leich'a'can tepcebbe
Qualche cura di noi > e le ne'ncrcbbe
Or vorria trar degli occhi no'ftri un lago .
Torna tu in là, ch'io d'effer fol m'appago :
PARTE. , 7-
SONETTO CCV.
"pRESccombrofo, fiorito, e verde colie;
J. Ov or penfahdo , ed or cantando fiede ,
b. fa qui de' celefti
fpirti fede
Quella eh» a tutto '1 mondo fama tolle
Il mio cor , che per lei lafciar mi volle ;
~ le 8 ran 'e uno e pii fe mai non riede j ,
Va or contando ove da quel bel piede ;
Ssgnata è l'erba, e da queft* occhi
molle .
b "° ''"f/nge, e dice a ciafeon puffo;
"eh fofse or qui quel mifer pur' un poco
S-j3 platl S er e di viv er laflb,.
* li
hìta r f
iel ride s e non
»
è pari il gioco ;
Tu paradifo ìjfeoaa core un faflo
, .
SONETTO CC VI,
I
**?*7 H?? aS ml preme '
e mi fP av e"t3 il peggio ;
r ^
U
che ce ne '"ganna amore
IT"*
ip./fff. Che ipefloocchio ben fan fa veder torto
;
;
;/ Purd alzar l'alma a quel celefte reguo
Ùud E 'I raioconfilio
, e di fpronare il core :
S e.v^
' '
e rchè 1 ca&il, e ^"Soj e'J tempo è corto,
g .
H 3 SO-
» 7S PRIMA
SONETTO CCVIT.
SONETTO CCVIII.
l'aureo crinewf
L'Aura che'l verde Lauro,emove
Soavemente fofpirando
Fa con fue vifte leggìadrette , e nove
; . ^
L'anime da*lor corpi pellegrine.
Candida rofa nata in dure fpine •
s o-
,
PARTE. 179
SONETTO CC IX.
PArra' forfè ad alcun , che'n lodar quella
ChVadoro in terra,errante fia'l mio flile»
Facendo lei tovr* ogni altra gentile,
Santa faggia , leggiadra , 0 ne Ita ? e bella
,
:
SONETTO CCX.
CHi vuol veder quantunque può Natura
E Ciel tra noi venga mirar cortei
'1
a
3
; j
Ch 1 è fola
un Sol, non pur'agli occhi miei 1
M'al mondo cicco , che vertù non cura :
Evenga torto ; perchè Morte fura
Pri'ma i migliori , e lafcia rtar i rei :
Qjweftà afpettata al regno degli dei
Cofa bella mortai parta , e noci dura-
Vedrà, s'arriva a tempo, ogni virtute»
Ogni bellezza , ogni real cortame
Giunti in un corpo con mirabil tempre •
H « SO-
ìSo PRIMA
SONETTO CCXI.
Qlf al paura ho quando a mente
mi torna
Quel giorno ch'i'ìafdai grave,e penfofa
Madonna > e'1 mio cor fecoi e non è cofa
Che sì volcntier penfi e sì foveate , .
SO-
PARTE. itt
SONETTO CCXIII-
O Misera
E 1
t ed orrlbil vifione
dunque ver ch'innanzi tempo
Sia l'alma luce che fuol far. contenta
!
{penta.
S O N ET T O CCXIV.
-
SO-
i»* prima
SONETTO CCX 7.
V
£\ Dolci
Or
fguard;
o paro] ètte accorte;
,
ria mai '] di ch*io vi
rivegsua,ed ods>
O chiome bionde, di che 'ì cor m'annoda
Amor , e cosi prefo il mena a morte:
V bei viio, a me dato in dura
force,
Di cl^io fem pre pur piange mai no
goda :
U doice inganno, ed aimrofa froda
"Janni un piacer che fol pena
m'appone ?'
li le talor de* begli occhi
foavi
Ove mia vita, e'I mio pen fiero
:
alberga ,
i-orie mi vieti qualche dolcezza
onefla ;
t0 C10 ch, °S ni miobendifperga,
r »'
?f
firn allentane, or fa cavalli, ornavi
fortuna , eh' al mio mal fempr'è si
pretta .
SONETTO CCXVI.
Py*, afcòlto; e non odo novella
[
d olce ed ama
tÌTì- ,
Sa mia nemica :
£Jé io che me ne penfi
, o che mi dica
-
SO-
. ,
PARTE. j> 3
SONETTO CCXVII.
S O N E T T O CCXVIII.
FAr potefs'io vendetta colei
Che guardando, parlando mi diltrugge»
e
di
SO-
*U PRIMA
SONETTO CCXI^,
JN quel bel vifo eh'
fófpiro „ e bramo-, i'
mi eran gìi occfli <teùo&i e'ntenfì:
<->
. Quand' Amar porfe , quali a dir Che penfi ?
Quel!' onorata man che fecondo amo.
lvij come pefce alJ ' a|no;
n°j
Onde °
a ben far per vivo efempio vietiti :
Al ver tuo volfe gli occupati fenfi :
O come novo augello al vifeo in ramo S
Mala viltà privata del fuo obbieìco,
Quail fognando, fi ficea far via;
Senza la qual'ilfuo ben'd imperfetto;
1,113 e aftra 8 [oria
A
yual ri ,
SONETTO CCXX,
*\/ IvE faville ttfeian de' duo bei turai
V Ver mesi dolcemente folgorando
£ parte 4 ancor faggio fofpirando,
_ìj alta eloquenza sì foavi numi
;
SO-
.
PARTE. il«
SONETTO CCXXI.
SONETTO CCXXII.
ftelìa duo begli occhi vidi
INTutti
tale
pien' d' oneriate j e di dolcezza ,
Cfiepreflb a quei d'Amor leggiadri nidi
11 mio cor laffo ogni altra vifta (prezza.
Non il pareggi a lei qual più s' apprezza
In qualch' etade , in qualche ftrani lidi :
Non chi recò con fua vaga bellezza
In Grecia, affanni , in Troja ultimi ftridi :
SO-
1*3 P R. I M A
SONETTO. CCXXIII.
QV#J~*
,Dileniio,
attende a gloriofa fama
di valor, di eortefia;
Min tifo negli occhi a quella mia
Nemica che mia Donna il mondo chiama .
Come acquifta ooor , come Dio s' ama
Comègjunta oneftà con leggiadria,
Ivi s impara ; e qual' èdritta via
Di gir» al Ciel , che lei alpe età , e brama
i
ivi parlar che nullo (Hle agguaglia;
r.1 bel tacer, e quei fanti coftumi
h ' lt> Se$ao uman non può fpiegar in carte,
,
L,
^mimica bellezza ch'altrui abbaglia,
Non vis* impara: che quei dolci lumi
a acquiftan per ventura, e non
per arce,
SONETTO CCXXIV.
CAra dopo lei mi pare
la vita , e
Vera ooeftà che 'a bella donna Cu .
,
(
L. ordine volgi: e' non
fur, madre mia,
5enz onefhmai cofe belle, o care:
b qua! fi lafcia di fao ouor privare,
Nè donna è più , nè viva e fe qual pria,
:
SO-
PARTE. i! 7
SONETTO CCXXV.
CANZONE XXXIX.
Vo penfando, enei penfier m1 affale
ì
a0
Mitera , non intendi ,
Con quanto tuo difnore il tempo pafla
?
Prendi partito accortamente,
prendi;
i. del cor tuo divelli
ogni radice
l>el piacer che felice
I?
Noi può mai fare, e refpirar noi
hfTa .
Se |« è gran tempo Midita, elaflTa
»e ai quel fallo dolce fuggitivo
Cfie'i mondo traditor può dar altrui: -
npcn ' più la fP er;"iza iti lui ,
A,
Ciiedj ogni pace, e 30
di fermezza é privo?
Mentre che'l corpo è vivo
Hai tu'l fren'in balìa de' penfier tuoi
Deh ftnngilo or che puoi
;
Che dubbiofo è 'I tardar come tu fai : ,
35
_.p (cominciar non ha per tempo ornai,
lai tu ben, quanta dolcezza porfe
A gli occhi tuoi Ja vifta di
colei
-La qual' anco vorrei
Ch'a nafeer foiTe per più noftra pace
Ben ti ricordi ( e ricordar ten'dei) 40
.
Che
,
.P A R T E. ^ 1S9
Che dove del mal fuo quaggiù silicea
Voftra vaghezza acqueta
Un ffiovetd'occhiojitii ragionar', un canto ;
Quanto fia quel piacer , fe quefto è tanto ?
Dall'altra parte un pender dolce ed agro jy
Con faricefa, e dilettevol falma
Sedendoti entro I* alma
Preme '1 cor di delio , di fpeme il pafee ;
Che fol per iama gloriofa, ed alma
No fece quad'io agghiaccio^ quad'io flagro
ìs'i'fon pallido, o magro;
E s io 1' occido , più forte rinalce.
Quefto d' allor ch'i' m'addormiva in fafee }
Venuto é di dì in dìcrefeendo meco,
E temo ch'un fepolcro ambedue chiuda. 65
Poi che fia l'alma delle membra ignuda
Non può quefto delio più venir fcco .
Ma fe'I Latino » e'1 Greco
Parlati di me dopo la morte > è tm vento:
Ond' io, perchè pavento 70
Adunar Tempre quel eh' un' ora fgombre
Vorre'il vero abbracciar, lavando l'ombre.
Ma quell'altro voler di ch'i' fon pieno,
Quanti prefs' a lui nafeon par eh' adugge :
E parte il tempo fugge, 7%
Che fcrivendo d'altrui , di me non calme :
E '1 lume de' begli occhi che mi ftrugge
Soavemente al fuo caldo ferenoj
Mi ritìen con un freno
Centra cui nullo ingegno, o forza valme- So
Che giova dunque perchè tutta fpalme_
La mia barchetta , poi che '«fra gli fcogli
E' ritenuta ancor da ta' duo nodi ?
Tu, che dagli altri che'n diverti modi
Legano '1 mondo , in tutto mi difciogli , Sj
Signor mio > che non togli
Ornai
ilo PRIMA
Ornai dal volto mio quefta vergogna?
Ch' a guifa d* uom che fogna
A ver la Morte innanzi gli occhi parme>
• E vorrei far difefa , e non ho l'arme. 90
^-Quel chYfo, veggio, e non m'inganna il vero
Mal conofciuto ; anzi mi sforza Amore,
Che la ftrada d' onore
Mai noi lafià feguir , chi troppo il crede :
. PARTE.
Vergogna» e duo] che'ndietro ini
191
, rivolvej
Dall'altro Boom* affo ve I
SO-
eoi PRIMA PARTE.
SONETTO CCXXVH.
l ig i»»'
rk . QTcnor mio caro j ogni penfier mi
y tira
j^.y O
Devoto a veder voi , cui iempre veggio :
niu^-eiéf a ^ m
a fortuna ( or che mi può ftr peggio? )
'
Mi
tene a freno , e ir.i travolvc ; e gira .
,*
. - Poi quel dolce defio ch'Amor mi fpira.
Menami a mortegli Ynon me n'av veggio;
f*
0 5jftC
- E
mentre i miei duo lumi indarno cheggio,
/ y D.ivunqu' io fon , dì, e notte fi iofpirà-
' Carità di fignore, amor di donna
^? bM , Soii le catene , ove con molti affanni
Legato fon ) pereti' io fteflo mi Itrhilì
Un Lauro verde) una gentil Colonna,
Quindici l'una , e l'altro diciottenni
Portato ho in feno>e giammai non mi feinfi-
SO-
.
,
SONETTI E CANZONI
D I M.
F. PETRARCA
IN MORTE DI
MADONNA LAURA.
SONETTO CCXXVIII.
IME' il bel vifo; oimèilfoa-
ve fg nardo ;
Oimèil leggiadro portamen-
to altero ;
Pimi Petratta .
CAN-
i .. . .
1^4 SECONDA
CANZONE XL.
CHe debb'io
Tempo è ben
che mi
morire
far ?
di
configli 3
:
Amore ì
E volendol feguire , 5
Interromper conven quell'anni rei.
Perchè mai veder lei
Di qua non fpero; e J' aipettar m* è noja-
Pofcia eh* ogni mia gioja
Per Io fito dipartire itt pianto é volta ; io
Ogni dolcezza di mia rìta è tolta
Amor , tu *! fenti , ond' io teco mi doglio j
Ma io ,1che";fenza
laflo
Lei uè vita mortai , nè me (tefs* amo ; 30
Piangendo la richiamo :
PARTE.
Olmè, terra è fatto il fuo bel vifo
Che folea far del Ciclo,
jj
E del bea di lafsù fede fra noi.
L'jnvifibil fua forma è in Paradifo
Diiciolta di quel velo
Che qui fece ombra al fior degli anni fuoi
»
Per rivetti rfe 11 poi 40
Un'altra volta , e mai più. non fpogliarfi
1 ;
Qttand alma > e bella farfi
Tanto più la vedrem , quanto più vale
Sempiterna bellezza , che mortale
Più che mai bella » più leggiadra donna 45
Tornami innanzi » come
Là dove più gradir fua vi (la fente
Qtseft' è del viver mio 1* una colonna:
L'altra c 'I fuo chiaro nome,
Che fona nei mio cor sì dolcemente. 50
Ma tornandomi a mente
Che pur morta è la mia fperanza viva
Allor eh' ella fioriva ;
Sa ben* Amor, qual' io divento e fpera
:
s^S SECONDA
Dov' è viva colei ch'altrui par morta ; 70
-
E dì fue belle fpoglie
Seco l'orride ; e fot di te fofpira ;
E Tua fama » che fpira
In molte parti ancor per la tua lingua
Prega che non eftingua;
Anzila voce al filo nome rifcbiari;
Se gli occhi fuoi ti fur dolci, nècari
Fuggi '1 fereno, e '1 verde;
"
Non t* appreflar ove lia rifo , o canto ,
Canzon mia , nò, ma pianto:
Non fa per te di lìar fra gente allegra
Vedova fcon folata in velia negra".
S O NETTO CCXXIX.
CANZONE XLL
AMor, vuoi ch'i* torni
Come par che
fe al giogo antico
tu moftri ; un altra prova-
Mara vigliofa , e nova ,
Per
,
i98 S E C O N D A.
E poi che l'alma è in fua ragio più forteto
Redj a gli occhila gli orecchi il proprio ob-
Senza a j qual' , imperfetto (bietto;
E lor* oprar 1 , e 'l mio viver* è morte
Indarno or _fopra me tua forza adopre
;
Mentre'! mio primo amor terra ricopre. 4;
fa eh' io riveggia il bel guardo eh' un Sole
Fu fopra'l ghiaccio, ond'io folea gir carco
Fa eh" io ti trovi al varco;
Onde fenza tornar pafsò '1 mio core
Prendi i dorati Arali , e prendi l' arco
j 50
E facciami fi udir ùcqome fole,
Col fuon delie parole
Nelle quali io 'mparai , che cofa è amore
Movi la lingua ov' erano a tutt' ore
Difpofti gii ami ov* io fui prefo , e Tefca 55
Ch* i*bramo fempre: e i tuoi lacci nafeondi
Fra i capei crefpi 5 e biondi :
Che M mio voler altrove non s 1 invefea
Spargi con le tue man le chiome al vento :
Ivi mi legai e puorai far contento . fio
Dal laccio d'or non fia mai chi mi feiogìia
Negletto ad arte 5 e'rmanelJato , ed irto ;
Nè dell'ardente fpirto
Della fua vifta dolcemente acerba ;
Laqualdi^e notte,più che lauro,o mirto,*!
Tenea in me verde l'amorofa voglia \
, Quando fivefìe, e fpoglia,
DÌ fronde il bofeo , e la campagna d' erba *
Ma poi che Morte è fiata sì fuperba,
Che fpezzò'f nodo ond'io temea fcapare; 70
trovar puoi , quantunque gira il mondo»
Di che ordifchi 'l fecondo ;
Che giova 1 Amor * tuo' ingegni ritentare ?
Panata è la flagion perduto hai Tarme
:
PARTE.
L'arme tuefuron gli occhi onde 1'
i£9
accefe
1
Saette ufcivan ti invifibil foco >
E ragion temean poco»
Checontra'l del non vai difefa umana.*
Il penfar' , e'1 tacer' j il rifo , e'1 gioco ; So
L'abito onefto; e'1 ragionar cortefe;
Le parole che 'ntefe
A vrian fatto gentil d'alma villana;
L'angelica fembianza » umile , e piana*
Ch'or quinci jor quindi udia tanto lodarli ;8j
E '1 federe > e lo ftar j che fpefTo altrui
Pofer' in dubbio a cui
;
Pevefle il pregio di più laude darli
Con quell'arme vincevi ogni cor duro:
Or fé tudifartmto i' fon fecuro .
; 90
Gli animi ch'ai tuo regno il cielo inchina *
\ Leghi ora in «no , ed or' in altro modo;
Ma me fol' ad un nodo
Legar potei che 'I ciel di più non volfe »
;
3
Quell'uno è rotto; t n libertà non godo: 3?
Ma piango, e grido: Ahi nobil pellegrina »
Qual fentenza divina
Me legò innanzi, e te prima difciolfe?
Dio, che si tolta al mondo ti ritoife>
Né moftrò tanta) e si alta virtute 100
Solo per infiammar noflro delio .
Certo ornai non tem' io
Amor, della cua man nove ferute
Indarno tendi V arco : a voto fcocchi: (105
Sua virtù cadde al chiuder de' begli occhi
Morte m'ha fcioko> Amor» d'ogni tua legge 5
Quella che fu mia Donna , al Cielo è gita .
Lafciando srifta , e libera mia vita.
I 4 SO-
teo SECONDA
SONETTO CCXXX,
L'Ardente nodoov'io fui d*ora in ora
Contando anni ventuno interi prefoj
Morte difciolfe : nè giammai tal pefo
Provai uè credo eh' uom di dolor mora
:
.
SONETTO CCXXXI.
y"\ A vita fugge non s' a rrefta un'ora
, e-
;
-*—f
E w morte vien dietro a gran giornate :
E le cofe prefenti e le pafi'ate ,
Mi danno guerra, eie future ancora :
E 1 rimembrar', el' afpettar m' accora
Or quinci, or quindi si, che 'n ve ri tate >
Se non ch'i' ho di me fteffb piotate,
I* farei già di quelli pender fora.
Tornami avanti , s' alcun dolce mai
Ebbe n cor tritìo ; e poi dall' altra parte
Veggio al mio navigar turbati i venti.
Veggio fortuna in porto , e fianco ornai
II mienocchier', e
rotte arboree farte s
ii i lumi bei che mirar foglio
, fpenti.
SO-
,
PARTE-
SONETTO ccxxxir.
/""^Hefai ? che pentì ?che pur dietro guardi
Vj Nel tempo che tornar non potè ornai»
Anima fconfolata ? che pur vai
Grugnendo legneal foco ove tu ardi?
Xe foavì parole, e i dolci fguardi
Ch' ad un' ad un deferitti , e dipint' hai »
Son levati da terra ; ed è ( ben fai )
Qui ricercargli intempeftivo , e tardi .
Deh non rinnovellar quel che n' ancide ;
Nonfeguir più penlìer vago_ fallace
Ma laido , e certo , eh' a buon fin ne guide -
SONETTO CCXXXIII.
I 5 SO-
*oa SECONDA
S O N E T T O CCXXXIV.
OCchi miei % o (curato è*ì noftro Sole;
Anzi èfalito al Cielo, ed ivi fplende :
S Q N ET T O CCXXXV.
POiPerche- la viltà angelica ferena
fubita partenza in gran dolore
Lafciato ha Palma > e 'n tenebralo orrore ;
Cerco parlando d* allentar mia pena ..
SO-
> .
PARTE. ioj
SONETTO CCXXXVr.
Amor novo configlio non n'apporta / •
I « SO-
.
104 SECONDA
SONETTO CCXXXVII3.
SEMover
lamentar augelli, o
lievemente
verdi fronde
all'aura eftiva
O roco mormorar di lucid' onde
j
SONETTO GCXXXIX,
1 notl *"u * 1S parte ove * J cniat veieffi
ÌVf A
j
' c
^ e vedervorrei,poi ch'io rol vidi;
Né dove in tanta libertà mi fteììì;
N .ewgipffi '1 del di
sìaraorofi ftridi :
SO-
?.
PARTE. 'io?
SONETTO CCXL.
jT"\Uantf. trace al mio dolce ricetto
V£^F uggendo a}trui,e>s'efler può,me ftefi&v
Vo con gii occhi bagnando l'erb.i.e'l petto;
Rompendo co' fofpir l'aere da preflo :
SONETTO CCXLI,
A Con
A
felice, che ferente torni
Lisia
confolar le mie notti dolenti
gli occhi tuoijche Morte non ha vpéti*
Ma forra *t* 'mortai modo fotti adorni;
Quanto gradifeo eh' i mici trifti giorni '.
A rallegrar di tua vifìa confenti :
Così incomincio a ritrovar prefentr
Le tue bellezze a fuo' ufati foggiomi «
•li. 've cantando andai di te mole' anni,
Or 5 come vedi > vo di te piangendo;
Di te piangendo nò, ma de" miei danni
Sol un ripofo trovo in moiti affanni ;
Che quando torni , ti conofeo » e 'ntendo
'
All'andar } alla voce , al volto y a' paoni.
4o6 SECONDA
SONETTO CCXLII.
Discolorato hai "i Morte, il più bel volto
Che mai vìde;ei più begli occhi fpéti;
fi
SONETTO CCXLIII,
T
SI* breve è tempo e pender
'1
, I sì veloce
Che mi rendon Madonna così morta >
Ch' al gran dolor la medicina è corta :
SO-
PARTE- %oj
SONETTO CCXLIV.
pietofa maire ai caro figlio»
NE'Nèmaidonna accefa alfuo fpofo diletto
Diè con tanti fofpir, con tal fcfpetto
In dubbio flato sì fedel configli©;
Come a me quella che '1 mio grave efiglio
Mirando dal fuo eterno alto ricetto,
Speffo a me torna con l' tifato affetto »
E di doppia pietate ornata il ciglio ,
Or di madre, or d'amante: or teme» or'arde
D'onefto foco ; enei parlar rniirtofira
Quel cfie *n queiro viaggio fuega , o-fegua »
Contando ì cafi della vita noftra;
Pregando eh' a! levar 1* alma non tarde :
S O-
. , . .
icS SECONDA
SONETTO CCXLVI.
SEnnuccio mio* benché dogliofo , e fole»
M' 1
abbi lafciato , i pur mi riconforto
Perchè del corno ov' cri prefo , e morto *
Alteramente fé levato a volo
Or vedi infieme 1' uno ; e l'altro poloj m
Le itelle vaghe , e lor viaggio torto ;
E
vedi , : i veder noftro quanto è corto-;
Onde col tuogioir tempro '1 mio duolo
Ma ben ti prego che 'n la terza fpera .
'
.
SONETTO CCXLVII.
TT'Hopien di fofpir queft' aer tutto
D' afpri colli mirando il dolce piano- ,
SO-
parti:. ì«o
SONETTO CCXLVIII.
L '
Alma mia fiamma oltra le belle bella ;
Ch'ebbequi '1 ciel sì amico,e sì cortele;
Anzi tempo* per me nel fuopaefe
E' ritornata , ed alla par fua flella
.
SONETTO CCXLIX.
»
Quel che più mi difpiacque: or veg£iy,e
Cbe peraver tormento, ( fento
falute ebbi
Ebreve guerra per eterna ;iacc .
so-
. ;. ,
aio SECONDA
SONETTO CCL.
QUand'ìo veggio dal elei feender l'Autor,
Con
I
la fronte d, rote , e
co' crin d 'oro
Amor m'affale : ond' io mi difcolom
:
Chalinea di notte UJ
tornar colei
a
by
CÌì
Ì° h
bianche chiome
LerÌ!;°°
mie notti fa tnfìe, e i giorni
:
ofeuri
Quel a che n'ha portato i penfier
Nè di sè m' ha lafciato altro che'l miei ;
nome
SONETTO CCLI.
r>U occhi di cV io parlai si caldamente
V
VJ E le bracale le mani, e i piedini
vifofi
Che m' avean sì da me fi e flo di vjfo ,
*
E latto fingular dall'altra
gente;
Le ere pe chiorae d'or puro
lucente,
E 1 lampeggiarceli' angelico rifo;
Che (oJean £r m terra un
paraaifo ;
Poca polvere fon , che
nulla fente :
Edio par vìvo: onde mi doglio
, e fd e g„ 0 ,
Riroafo feoza '1 lume eh'
amai tanto
In gran fortuna, e'n
difarmato legno
Or fia qui fine al mio anwofo
canto -
Secca è h vena dell' uf
at o ingegno,
la cet « ra mia rivolta in pianto
SO»
. >
PARTE. S.11
SONETTO CCLII.
aveffi penfato, che sì care
S''Io
Foflin le voci de' fofpir mie' in rima'j
Fatte l'aurei dal fofpirar mìo prima
In numero più fpeffe , in ftil più rare .
Morta colei che mi facea parlare,
E che fi flava de'penfier mie' in cima :
Non poffo ; e non ho più sì dolce lima i
Rime afpre > e fofebe far foavi , e chiare
E certo ogni mio ftudio iti quel temp' era
Pur di sfogare ii dolorofo core
In qualche modo , non d'acquiftar fama i
Pianger cercai, non già del pianto onore.
Or vorrei ben piacer : nu queìla altera
Tacito fianco dopo sè mi chiama.
SONETTO CCL1IL
SO-
. . ,
m SECONDA
SONETTO C-C L IV.'
COleano i miei penfier foavemeote 1
, ode , e fente :
Altra di lei non è rimafo
fpeme .
O i" lr àcol gentile / o felice 'alma
O beltà fenza efetnpio altera ,
!
e rara !
^he tolto è ritornata ond'
ella ufcìo
ivi fia del Tuo ben far corona,
e palma
Que la ch'ai mondo si famofa , e chiara
*e te iua gran virtute, e furor mio. '1
SONETTO GC L V.
T' Mi foglio accufarc ; ed or mi feufo ;
J. Anzi mi pregio e tengo affai più caro;
,
SO-
P A R T E- «f=
SONETTO CCLVI.
DUe grS nemiche
Bel lezza
ed Oneflà
,
inficine
,
erano aggiunte,
con pace tasta >
Che mai rrbellion l'anima fanta
Nonfer.tipoich'aftar feco fur giunte:
Ed or per morte fon fparfe , edifgiuntc:
L'una è nel Gel, che fe ne gloria, e vanta :
L altra (otterrà , cb'e begli occhi ammanta
Otid'ufcir già tanre amorofe punte-
L atto foave , e '1 parlar faggio umile ,
Che movea d'alto loco - e '1 dolce fguardo j
Che piagava '1 mio core , ancor i' accenna ;
Sono fpariti e s'al feguir fon tardo,
:
SONETTO CCLVTI.
S O-
;
2(4 SECONDA
SONETTO CCLVIII.
SO-
. ,
PARTE. aij
SONETTO CCLXt.
LEvommi 1
il mio penfier in parte ov' era
SO-
. ,
*7<s SECONDA
SONETTO CCLXII.
AMoel, che meco al buon tempo ti ffavi
Fra quelle rivea'penfier noftri amiche;
E per faldar le ragion noftre antiche i
Meco , e col fiume ragionando andavi :
Fior,frodi,erbe,ombre/) ant:ri,oiide)aure foavi;
Valli chiufe > alci colli, e piagge apriche >
Porto dell' amorofe mie fatiche ?
Delle fortune mie tante, e sì gravi:
0 vaghi abitator de' verdi bofehi ;
ONinfe ; e voi che'I fi efeo erbofo fondo
Dei liquido crithallo aderga 5 e pafee :
SONETTO CCLXII I.
SO-
, .
PARTE. ut
SONETTO CCLXIV.
A Mima
Poh
Che
bella j da quel nodo fciolta
più bel mai non feppe ordir Naturai
mente ai li mia vita ofeura
dal Ciel
T)g sì a pianger volta-
lieti peiifieri
La tal fa oppinion dal cor s'è tolta,
Che mi fece alcun tempo acerba » e dura
Tm dolce vifta ornai tutta fecura
: v .JV
Volgi a me gli occhÌ,e miei fofpiri afcoltaw^
i
SONETTO CCLXV.
QUel Sol che mi mortrav.i il cufrin deliro
,
Di gire al Ciel con gloriofi paffi \
Tornando al fommo Sole in pochi faflì ,
1
Chiufe 'I mio lameje fuo career terreftro:
!
aiS SECONDA
SONETTO CCLXVI,
penCava
IONon per
affai deliro effer fu l'ale,
lor forza , ma di chi le (piega
_ »
Per gir cantando a quel bel nodoieguale
Onde Morte m' affblve , Amor mi lega i
SONETTO CCLXVII.
QUeixa per cui cÓ Sorga ho cagiat' Arnoi
Con franca povertà ferve ricchezze^
,
PARTE. 2
SONETTO CCLXVIII.
Alto, e uovo miracol eh* a' dì noftri
L' Apparve al mondo,e ftar feco non volfe;
Che iot ne tnoftrò *1 Giel , poi fel ritolfe
Per adornarne i fuoi fteilanti chiofrri ;
5
Vuol eh i' dipinga a clii noi vide , e'1 moliti »
Amor , che'tt prima la mia lingua feioife
Poi mille volte indarno all'opra volfe
Ingegno, tempo, penne, carte, e 'nchioftri.
Non fon' al fommo ancor giunte le rime :
In me'I conofeo ; e provai ben chiunque
E' in fin' a qui che d'amor parli o feriva ,
SONETTO CCLXIX.
*V'Eri ro torna i e '1 bel tempo rimeria
£-i E i fiori , e l'erbe , fua dolce famiglia ;
E garrir- Progne ; e pianger Filomena;
E. primavera candida , e vermiglia .
Ridono i prati , e '1 ciel fi rafierena ;
Giove s'allegra di mirar fua figlia:
L'aria, e l'acqua, e la terra è d' imor piena*
Ogni animai d'amar fi riconfi?,lia
Ma per ms,lailo , tornano i più gravi
Sofpiriche del cor profondo tragga 1
£ i SO.
;
ito SECONDA
SONETTO CCLXX.
QUel rofigniuol che si foave piagne
„ Forfè fuoi figli , o fna cara conforte »
Di dolcezza empie il cielo , e le campagne
Con tante note si pietofe , e fcorte :
E tutta notte par chem'aceompagne ,
E mi raramente la mia dura- forte *
Ch* altri che me non ho di cui miYagne;
Che'n Dee non credev' io regnale Morte .
SONETTO CCLXXI.
NE'Nèperperfereno
^
ciePir vaghe ftelle;
tranquillo mar legni fpalmati
Nèper campagne cavalieri armati)
Nèperbeibofchi allegre fere, efnelles
Nè d'afpettato ben frefche novelle;
Nè dir d'amore in flili alti, ed ornati;
Ne tra chiare fontane, e verdi prati
Dolce cantare onefte donne, e belle;
Nè altro farà mai ch'ai cor m' aggiunga ;
Si feco il feppe quella feppeliire
Che-Cola à gli occhi miei fu lume,e fpeglio.
Nojair^è '! viver si gravofa » e lunga »
Cerchiamo il fine per lo gran delire
Di riveder cui non veder ru'l meglio.
SO-
. , , .
PARTE. «i
SONETTO CCLXXII-
SONETTO CCLXXIU.
K 3 SO-
.
*2i SECONDA
SONITT O CCLXXIV*.
#
T" Utta la mia fiorita
ì
e verde ecade ,
Pa«ava ; e 'ntepidir ferula già'l foco
Ch arfe J mio cor'; ed era giunto al loco.
Ove fcende la vita , ch'ai fin cade
da
in cominciava a prender ficurtade
:
,
m
' a Cara nem 'ca
.
a poco a poco
I>e imi fofpetti; e rivolgeva in gioco-
Mie pene acerbe fua dolce oneftade:
Fi-dio era'] tempo dov' Amor fi fcontr&
ConCaftitate; edagli amanti édato
Sederfi in Géme, e dir- che lor*i neon
tra ,.
SONETTO CCLXXV.
* I "EMPo era ornai da trovar pae&, o tregua
* Di tanta guerra ; ed erane in via forfè*
Se non ch'elicti palli indietro torfe
-j^hiledifagguagliaiize nofire adegua:
S-*2 » come nebbia al vento fi dilegua *
C -osi fiu vita fubito trafcorfe
Quella che già co' begli occhi mi fcorfe
;
£-a or con ve n che col pender la fegua .
Poco aveva a 'indugiar , che gli a» ni ,e'ì pelo.
Cangiavano i coftumi onde fofpetto
:
SO*
. ,.
PARTE. «3
SONETTO CCLXXVI.
SONETTO CCLXXV1I.
& 4 SO-
, . ,
«4 SECONDA
SONETTO CCLXXVHI.
V} miei più leggier chp neffim
7 cervo,
J-i- uggir, com* ombra; e non vider
più bene
Ch un batter d'occhio, e poche ore ferene,
Cb amare, edolei nella mente fervo .
Milero mondo iaftabile , e protervo
,
,
Del tutto è cieco chi 'a te pon
fa fpene ;
Che -n te mi fu'l cor tolto i ed or fel tene
L al eh è già terra ,e. no
giunge olio a nervo*
Ma la forma miglior, che vive ancora»
E vivrà tempre fu nell'alto
Cielo;
Di iue bellezze ognor più
m'innamora;
^ lormpenfar cariando'! pelo,
Qua ella è oggi e'nqual parte
dimora *j
Qual'a vedere il fa leggiadro
velo,
SONETTO CChXKlX.
QEifTo P aura mia antica e i dolci
»J Veggio apparir onde '1 bel lume colli-
;
nacque
Che tefie gli occhi miei^metr'al ciel
piace;
Bramofi e lieti ; or li tien trirti
, e molli
O caduche fperanze , o penlier folli'
Vedove I» erbe e torbide fon
, L' acque :
'
il?',' io
r>«lqual
^ eddo J nido ch ' el] a giacque ,
. vìvo, e morto giacer volli-
Sperando al fi n da le foavi
1
piante
E da begli occhi faoi.che'J cor m'hanno
rfo,
Ripofo alcun delle fatiche
tante.
rvr° 3 fignor cnjdele, e fearfe-
SO,
,..
A R T E<p «J
SONETTO CCLXXX.
Questo '1 nido in che la mia Fenice
T£ parole, e fofpin
anco ne e.Ket
radice :
O del dolce mìo imi prima
venne
Ov'è'l bel vifo onde quel lume
Che vivo, e lieto ardendo mi mantenne
t
SONETTO CCLXXXI.
le mie luci afcìutte
Ti fi Ai non vedranno
3
UÌV1 Con le parti dell' animo tranquille
Quelle note ov' Amor par che sfaville i
,'v*. £ pi et à. di fua man V abbia conftrutte ;
s Spirto già invitro alle terrene l«Ke*
**- Ch'or fu dal Ciel tanta dolcezza Ihlle >
^« Ch'alio ftil'onde Morte dipartile,
•.»!*.- Le difviate rime hai
ricondutte.
Di mie tenere frondi altro lavoro
I Credea moftrarte ; e qua! fero pianeta
! A.3^Nè'nvidiòinlieme? ormo nobii retore,
e vieta
;e Chi 'nnanzi tempo mi t' afconde ,
'
' K 5 CAK-
. ,
a *6 S E C O N D A
CANZONE XL1L.
CTandomi un giorno folo alfa fineftra;
»-^Onde cole vedea tante, e si nove,
e loldl mir ar quafigià fianco:
„ I?
Una Fera ni appara da man delira
^on fronte umana , da far arder Giove
, *
facciata da duo veltri, un nero, un bianco
Che I uno e l' altro fianco
7*t »
n genciì mordean si forte
Che n poco tempo J a menaro
al palTo
Ore emula in un fatto
JQ
Vinfe molta bellezza acerba
morte :
• h mi
fe lofpirar fua dura
forte
indi per alto mar vidi una
Nave.
Con Je farte-di feta , e d' or la vela
luttad avorio, ed'ebeno contefta;,
E 1 mar tranquillo
tM
, e i> aura era foave .
Che
O
ta tBrbà sì 1* asre
°£f»la Nave
iI , e 8,
percolTe ad unoicoglio.
che grave cordoglio!
]W
,
^
Brere ora oppreffe, e poco fp 3Z i 0
afeondS
L alte ricchezze a nuli' altre feconde.
i« un bolchetto novo i rami fanti a^fl
Fiorian d' un Lauro giovenetto,
e fchiettot j
^h uri degli arbor pa rea di paradifo
t-di iua ombra ufci'an sì
dolci canti
. V
Di varj augefli e tanto altro diletto, *
,
Prima penfai ,
Giunfe , ed al Fonte che la terra invola .
Ógni cofa al fin vola : . SS
Che mirando le frondi a terra fparie
E'1 troncon rotto , e quel vivo umor lecco :r
Volte in se ftefla il becco
Quali fdegnando ; e 'n un punto dnparfe :
Come
SECONDA
fior colto Lingue,
7„
Lieta fidipattìos noti che dcura .
* Ahi, nuli' altro che pianto, al mondo
dura .
AMor / quando
Mia fpeae.e'I
fio ria
Ma pur'ognor prefente 10
'
PARTE,
Ch'era dei Panno , e di mia etate
2*9
A prile )
(
A coglier fiori io «pei prati d' intorno)
Speràdoa di occhi fuoi piacer sì adorno". 15
Muri eran d'alabaftro, e tetto d'oro,
D'avorio ufcto, c fincffre di zaffiro;
O.ide'l primo lofpiro -
Coronati d'alloro ,
"
D'un bel diamante quadrone mai non lctfàio
Vi fi vedèa nel mezzo un faggio altero t$ i
ijo S E 0 C
A N D
Farfetfa un m:irmo,e'mpièr di
maravi?n .
Gw Pi
n
rateakr
^lcnte i! ciel "°" v "!ve . 75
Ui a dirver , non fu degno
,1
Cofa nova a vederla, <"«ia,;
d'averla
Già fantiffi'ma, e dolce
, ancor' acerba ;
Parca ehmfa in 0 r fin candida
perla Se :
ta-or carpone, orcon tremante
parlò
£ ^°
e y acqua , terra , o fallo .
P A K T F.. «#
^fiorir co begli occhi.le campagne i
1 8?
Ed acquetar i venti , e le temperie
Con voci ancor non prette
Di lingua che dal latte u feompagne ;
;
onestate; 9?
Gli occhi pien' di letizia ,e d
E '1 parlar di dolcezza , e di falute
Tutte lingue fon mute
A dir di lei quel che tu Ibi neiai.
Schiaro ha'l volto di celefti rai ,
w
voftra vifta in lui 116 può ter
marie; io©'
Che
E da quel fuo bel carcere terreno
Di tal foco hai '1 cor pieno ; _
S4&
, * , . v
, .
SECONDA
SONÉTTO CCLXXXIL
V
^R.' hai fatto I?e[tremo di tua pofl'a
O crudel Morteior'hai'l regno d'Amore
Impoverirò or di bellezza il fiere
;
,
,
i. 1 lume hai
fpento, e chi ufo in poca fo(T
a ,
Or hai i poghata riblrra vita,
efeoffa
P ogni ornamento, edel fovran fuo
Ma la onore :
fama , e'1 valor,
che mai non more
Non e :n tua lorza abbiti igrmde Via : »
:
l
SONETTO TXLXXXIII.
>A "^,erodore,e'l
T
J-w Del dolce Lauro , e fua viltà fiorita
refrigerile l'ombra
,
^urne eripofodimiaftanca
vita,
io! to ha colei che tutto '1
mondo fgombra
Come a noi 'l So! fe fua foròr l'
,
adombra
^osi i aita mia luce a me fparita
^cnegg.oa Morte incontr' a Morte alta
«*si Icjifi penheri A mor m'
;
ingombra
iJormrto hai , bella Donna
, un
Or ic fveghata fra gli f i rt ibreve fonno ; *
p eletti ;
Ov c nel fuo fàrtor l'alma
s'interna
le mie rime alcnaa cofa
ponno-
:
SO-
. . .
PARTE- *3.
SONETTO GCLXXXIV.
e telici
CU occhi belli ora in Cie.I chiarì ,
lume onde falute , e vita piove,, ,
Del
i miei qui
Ufciando mi feri , emendici
nove ;
Dicean lor con faville onefte , e
Rimanetevi in pace , 0 cari amici
:
nò ma nvcdrerme altrove
Qui mai più ,
SONETTO CCLXXXV.
momento,
O O
Giorno, o
O
ora, o ultimo
delle congiurate a 'impoveritine
rido fguardo, or che volei
tudirme,
^
sa-
';
*34 SECONDA
S ON E T. T 0 CCLXXXV7.
dl me uei cf] e tu
ri,» ™ a * '
puoi
• <J :
mover
Intelletto veloce piS tarda
che
Pigro m
antiveder i dotar tuoi,
Come non vedefiu negli
occhi W
J voftro per
1
«*,Ynol che'nveccfei
CANZONE XL V.
S 0An*J aUa ^
f nraua
Uàr
°
>
di
e cercar terre, e
«A
mari
vita
Non
hi^l mio voler •
ma mia
, fteUa ieeu™do
J :
° £ vide a ™ri
Di Le Iri '
Tr » ?
3,20 l man °; e l'arme rendo
A i
empia, e f
violenta mia Fortuna
Che privo m'ha di sì dofce
Sol fperSTzV
iefanZa
nrenwna m' ava„ za •
'
SQ
20
•
• Si?? alma vien men
wnae 1
I\«"^ f r /i
frale , edisiunV
°
Così mancando
fea o ir
alla ma
•
„
ì via
Quel:
.
? A R T E.
Quel caro nutrimento m che di
morto
'
dettino .
E così vada ; s' è pur mio
M a quella mortai vita a
r
me non piacque 4ff
con cui fpefio ne parlo)
( Saffel Amor,
Se non per lei ; eoe fu'l foo
lume , t i mio .
Ciei rinacque
Poi che*» terra morendo, al
•
35>
Che tal morì già trillo, e fconitìlato
beato.
Cui poco innanzi era '1 morir
»1 mio core ,
Negli occhi ov* abitar iolea
ebbe
Fin che mìa dura forteinvidran
,
^
in bando,
Che di sì ricco albergo il pofe
^ mo [^°
Di fua ma propria aveadefentto avverrebbe
lettre di pietà quel ch'
Con
lungo ir dettando
Tutto del mio sì
quando
Bello e dolce morire era allor
,
miieme ,
Moreud' io , noti moria mia vita
Auziviva di me l'ottima parte .4* .
non creme .
mai noi penlo eh'
E vivo , e 1
intelletto
Se flato lotte il mio poco
vaghezza 50
Meco 3 bifogno ; e non altra
volto ;
L' aveffedefviando altrove
fronte a Madonna avrei
ben letto,
Nella
* * C O N D
CANZÓNE XL Vi,
Ma di meoar
E i giorni ofcuri
tutta
e
mia
u vita
rf„„L£
n bSn
pial ,to J
H
-
.
J miei era vi "«Si iole notti, io
r-i "j/y ' lo non vanno in rime-
a
c
L
C0, lct0
,
"0 "
.
mio amorofo ftile.'
-
PARTE. »J7
Or m* è '1 pianger amaro più che morte »
Non fperando mai 'I guardo onefto- e lieto t
Alto {oggetto alle mie bafle r i me t
*,8
E
SECONDA
però mi fon moffo a pregar Morte,
Che mi tolla di qui, per farmi lieto;
Ov è colei ch'i' canto,e piango in rime, fi»
Sesi alto poti gir mie ftaliche rime
.
,
Ch aggiungati lei ch'è fuor d'ira s e di piato
E fa'! Ciel' ordi fue bellezze lieto
;
Ben rkonofcerà'i mutato itile;
Che già forfè le piacque anzi che Morte 5e
Chiaro a lei giorno, a me fé/Tea ere notti
O voi cheiofpirace a miglior notti;
Ch 5 afcoltated* Amore , odite in rime:
Pregate non mi fia più /orda Morte',
Porto delie mifèrie, e fin del pian to
70 :
SONETTO CCLXXXVII. .
SO-
• .
F A R, T S. 53»
SONETTO CCLXXXVI1I.
Q
OE ancor può quantM
fe pietà e la fuol
>
SONETTO CCLXXXIX.
fra mille donne una. già tale \
VIdi »
so-
.
140 S E C O N D A
SONETTO CCXG.
CORNAMI a mente, anzi v'è dentro.quelU
ti* 5?r «
m lì
ìs trecento
quarantotto
Il di
fello d» Aprile , in I»
0 r 3 prima
Del corpo ufclo quell'anima beata.
SONETTO CCXCI
QUesto noftro caduco
, efragil bene,'
Cn è vento,ed obra,ed ha nome Bel tate:
Non fa giammai , fé non in quella etate
,
rutto in un corpo e ciò fu per mie
; pene .
Che Natura non vo! , nè convene, fi
SO.
. ,
PARTE» Hi
SONETTO CCXCII.
O O
Tempo » del
Inganni
,
i
volubil , che fuggendo
ciechi » e miferi mortali ;
di veloci più che vento, e Arali,
Or'abefperto vofìre frodi intendo:
Ma leu fo voi , e me Ite ilo riprendo :
•
SONETTO CCXCIH.
341 SECONDA
SONETTO CCXCIV.
Lasciato haijMorte, fenza Sole il mondo
Ofcuro,e freddo; Amor cieco,ed inerme;
Leggiadria ignuda ; le bellezze inferme ;
Me fconfolato, ed a me grave pondo;
Corteiia in bando» ed oneriate in fondo:
Dogliom* io fol > riè fol' ho dadolcrme :
SO-
. .,
"PARTE. Mi
SONETTO CCXCVr.
SONETTO CGXCVI'I.
Li SO-
.. .
&<4 SECONDA
SONETTO CCXCVIII*
SONETTO CCXCIX.
SO-
,. ,,
..
PARTE. *4s
SONETTO CCC.
Amore;
FUNo forfe un tempo dolce cofa
perch'io fappia il qaadojor'è sì amara,
s
Che nulla più Ben fa'l ver chi l impara >
.
SONETTO CCCI.
L 3 SO-
44& S E C O N D A
SONETTO CCCII.
/^L Li Angeli eletti , e l'anime beate
Cittadine del Cielo, il primo giorna
Che Maddonna pafsò, le fur* incorno
iet| e di maraviglia, e di
^ pietate.
Ghe luce è: quella , equa! nova heltate ?
Dicean tra lor , perch' abito sì adorno
Dal mondo errante a quefl' alto Soggiorno
Non faii mai in tutta. quella etate.
Illa contenta aver cangiato; albergo
Si paragona pur coi piti
perfetti ;
r Parte ad or* ad or fi volge a terso ,
Mirando s' io la feguo; e par ch' afpetti :
S-ONET T 0 CCCriI.
TV**? * 1
' cte liet a «i principiò nortro
1 cometua vita alma richiede!.
A ir?
Alma la alta,,e gloriofa fede ,
E d' al tro ornata, che di perle , o d* olirò
O deJle donne altero , e raro moftro ,.
;
i al in quarora è in Cielo
; e mal non volti
Altro da tecbe.'l So! degli occhi
tuoi ..
Dunque per ammendar la. lunga guerra
Per cut dal mondo a te fola mi volfi ; '
Prega eh i venga cofto a ftar eoa voi .
,.
P A R. T E . ur
SONETTO CCCIV.
SONETTO CCCV„.
L 4V SO--
443 SECONDA
SONETTO CCCVt
L'Aura mì% facra al mìo fianco ripofo-
t
Spira sì fpeffb
ch'i' prendo ardimento
;
SONETTO CCCVH.
^TVGni giorno mi par più; di miti' anni
X-f Ch iegua lamiafiaa, e cara duce,
i
SO-
,.
p A K T E'. U9
SONETTO CCCVIII.
dolce amaro Tifo
NOnMapuò Mortedolce
far
può
'! dolce vifo
il
Morte far
;
•
fcorte ?
Che bifogna a morir ben' altre
Quella mi fcorge ond ogni
ben imparo.
non iu avaro,
E quei chedelfuo iangue
porte
Che col pie ruppe le tartaree ,
_
1 fon giunto i
Seco fu in via , e feco al fin
E mia giornata ho co* iuoi pie fornita
CANZONE X LV II.
,Uando il foave mio fido conforto
J. Perdarripofo alla mia vita stanca,
manca
Pon del letto in fu la fponda
fi
ringrazio
fa atto, ed in parole la
Umiiemente; epwdornendo; Qr dotice
tntt onue
Sai tu'i mio Usto? ed ella -Le ,
i*
Del pianto di efee mai tu uoti le f azio ,
- Con inaura de'- fofpir , per tanto ipazm
L s"
1
- ,,.. . j,
*59' S E C O N D A'
Paflano al Cielo e turban
Sj forte
,, la mia pace*
^'
ti difpiace-
Che. di. quefta miferia fia
partita
£ giunta a miglior vita ; 20l
8? a e; t E". tsv
(SSrtìii s'altri ti
sforza,
A lui ti volgi , a lui chiedi loccorio ,
Si .
al fine del tuo corto .
che fìarofeco 51
nodo
SonquefH i capei biondi-, e l' aureo
occhi
Dico io,ch'acor mi ftrfgeys quei begli
Che tur mio Sol?Non errar con U (ciocchi »
modo.
Nè parlar,- dice, o creder a Ior 60
Spirito ignudo fono, c'n
Ciel mi godo :
molt anni
Quel che tu cerchi , è terra già
Ma per trarci d'affanni,
M* è dato 3 parer tale; ed ancor quella
Sarò pici che mai bella
A te più cara si felvaggia, e pia» «5
Salvando inlìeme tua faiute, ernia.
V piango ; ed ella il volto
Con ieiue man m'afciuga 1 e poi loipira
Dolcemente, e s'adira
parole che i fatti romper ponno 7»
Con :
ragion chiede.
Ouafi uora che teme morte,e
E'ncomincio: Madonna .il
,
manco piede
i»
Giovinetto pos'io nei coftui regno :
Le parole- , e i foipirl .
sy4
Iti
SECONDA
dolce virai ch'ei miferia chiama?
Salito in qualcKe fama'
Solo per me, che *I fuo intelletto alzai
Ov'alzato per sè non fora mai . go-
Ei.fa che 'I grande Atride r e l'alto Achilie
Ed Annibàh al terreir v offro amaro, 5
E sì dolce idioma 1
E: si alto fa lire'.
Hfeci, che tra' caldi ingegni' ferve"
IITuo/nome , ede'fuoi detti conferve
Sifanno con: diletto in alcun loco 115 :
S.O>
SECONDA
SONETTO CCCUC.
D E
Ice mi fperTo il mio
L' animo ftanco i c la cangiata fcorza
la Cremata mia deprezza , e forza :
fidato fpeglio r
SONETTO CGÒ£.
SO-
P A R T E.. i$t
SONETTO CC CXI-
(mi:
MOrte ha fpétofonquel Sci ch'abbagliar fuol-
occhi interi e laidi
gli :
E'n tenebre
Terra è quella ond'io ebbi e freddi) e caldi:
Fatti fon' i miei lauri or querce , ed
ohm ;
Di eh' io veggio ! mìo ben* ; e parte ducimi
1
SONETTO CCXII.
TEnnemi Amor' anni ventuno ardendo
di fpemc-J
Cieco nel foco,e nel duo! pien
Poi che Madonna , e'I mio cor feco ìnfieme
Salirò al Ciel , dicci altri anni piangendo .
Ornai fon fianco , e mia vita riprendo ,
Di tanto error; che di vinate il feme
Ha quafi f pento e le mie parti efireme »
:
S G-
.
SONETTO CeCXIII.
d
-
VoI °» avend' io
f
l'ale,"
Don baffi efempi
-
dj tUa Sra2ia
Sicché a ^mV-
'
M„
Mora
' j*
30 Vl(ìl
in pace
™ Sierra, ed in tempefa
, ed in porto e fe 1» fl« J '
FB :
a , j"v aI
r n fia b PartIta
-
-
Tu fa.* .1'
er tua m a n prefta :
iHlaibe^ch-n-aitruL non ho fpwma .
SONETTO CCCXIV.
D 0
Ke«d^T'-
Leggiadri fdegni ,
ep,aci<Ie
c h e fe
^««e,
mie infiam mite
'
C C hlar ° refuì f«
Co, Fnmm 3 C0 efia
r' r '
r° mmì ondiate-
FWJ? vi^tù;
Fiord! > ?
fontana di beltà» •
W §P%
M COIlforta
bel variar
^miafaìute-; ch'altramente
era
5
^
mi *
J
frale vita
a radice
:
ita..
PAR T F. %m
SONETTO CCCXV.
'Pirto felice che si dolcemente
j-
e le viole.
Mover i piè fra l' erbe ,.
Non come dò ima > ma conv A n gei io le ,
^
pretente ,
Di quella eh* or m'è più che mas
cu poi tornando al tuo Fattore
La qual
ve.o
in terra, eque! toave
Lafciafti
Che per altodeftinti venne in torte.
«Nel tuo partir partì del mondo
A more,
Cielo:
E cortefia; e'ISot cadde delmorte
'
E
dokre incominciò, farfi la.
.
SONETTO CCCXVI,
porgi mano all'affannato ingegno
DV Eh
Amor', ed allo ftile fianco, e frate;.
Per dir di quella eh' è fatta
immortale,
,.
S.C-
4fl0
SECONDA
SONETTO CCCXVtt.
m
*
venati!
verrem ln grembo
i° a
A
Fu
parto
f«
qupfto
&
Cfieqaellacuit api angj!
_
fe co j
le parti fari
-
è&i
.
+
Ma J a flagioce
l
J' e „i
CANZONE XLIX.
Vergine be%, che diSoireft'J
' 5
irt.fi p 0 re
gjo» lei che ben fim^ffi
£to chiamò con fede.
[a '
*S5 B, .Be » *
mercede
M'iena eterna d ett3
amaae cofe
TWt » -) r
Ja Sferra ;
A a-
P A
R. "E.T iGi
An-zi laprima, e eoa più chiara lampa i
genti
O laido feudo dell'afflitte
Fortuna
Coctra colpi di Morte, o di ì
io
O refrigerio a! cieco ardor ch*av vampa
Qui fra mortali fcioccM »
Vergine, que'bogli occhi
Che vider tritìi la ipietata Haiapa
Ne' dolci membri del tuo caro Figlio*
Volgi al mio dubbio flato; -
*5
Cheiconfigliato, a te vien perconliglio.
Vergine pura, d'ogni parte intera,
Del tuo parto gentil figliuola , e madre ,
Ch' allumi quella vita , e l* altra adorni ;
k-fhoPadre,jo
*
Per te il tuo Figlio equel del
altera ,
O fineftra del Ciel lucente , _
alcolci »
SaUflialCiel', onde miei preghi
Tu partorirti il fonte di pìetate , "
.
, e folti: 45
11 fecol piea d'errori ofeuri
1
Tre dolci , e cari nomi ha in te raccolti a
Madre, Figliuola, e Spofa,
Verdine gloriola , . . .
6t E c O N D A
p \,ap aghe 1 c r vera
,
beatrice,
ndJ ?
Verrtl ti ? m
fe "^efempio,
r^l
Che r- °, .?
pie di tue bellezze
1 innamorarti •
Cm prima & finii, nè feconda - 'j
SaLUpenfien, aftx pietofi,
:
f° ^
. > procella
1 mi ritrovo fol fenza governo, .«
Ed ho già da yicin P ultime -
(Irida
Ma pur' m te
l'anima mia fi fida;
'
laccatrice; l'nol nego,
Vergine ma ri preso :
Non
. , .
? A *EL T "E.
"Non tardar; ch'i' fon forte all' ulti m'arino
I di miei più correnti che Lietta ,
Fra miferic , e peccati 9©
Sonfen' andati ; e fol Morte n' afpetta .
Vergine , tale è terra , e polio ha in doglia
Lo mio cocche vivendo in pianto il tenne;
E di mille miei mail un non l'apea;
E per laperlo , pur quel che n'avvenne , 95
Fora avvenuto eh' ogni altra Ina voglia
;
iU SECONDA PARTE.
Se dal mio flato aliai mifero, e vile
Per le tue man refargo, nj
Vergine; i' facro , e purgo
T R I G N-
TRIONFI
D 1 Af.
FRANCESCO
PETRARCA*
$67
S^M ^t f ft 3&É$l££.
•7&&!!Xf/L Vh^^tV
. .
TRIONFI
D I M.
F. PETRARC A.
DEL
TRIONFO D'AMORE
CAPITOLO PRIMO.
El tempo che rinnova i miei
fofpiri
memoria di quel
«i. ^| giorno
Che fu princioasi lunghi martìri)
Scaldava il Sol già i' uno, e l'altro corno
M 3 Or
.
i 7o DEL TRIONFO
dritto;
Qrdikii fi trionfa ; ed è ben
Se vinfe i! mondo
ed altri ha vinto lui i;
,
D r
A MORE CAP. I. s?r
altro è Deroofonte , e quella è Fille
t
Queir
Quel!' é Giafofi' ,e quell' altra è Medea j
Ch' itpipr' 3 e lui fegui pertante ville :
E quanto al padre -, ed al fratel fu rea , ijo'
Tanto fuo amante più turbata 3 e iella ;
al
Che del fuo amor più degna effer credca
Ifinle vien poi e- duolfi anch' ella
:
W
3
W i,, DEL..
. , .,.. ,
47*
DEL
TRIONFO D'AMORE
. CAPITOLO SECONDO.
STanco già di mirar, non Tazio ancora »
Or q-uinci,or quindi mi volgea guardando
Cofe eh* a ricordarle è breve l*ora .
D» AMORE CAP.
'1 cor me ho
II. »73
Avendo in quei fomm' uom tutto
Tanto, eh' a Lelio ne do vantoappena ;
Ovunque tur fu e infegne» fui lor pretto .
A itti Fortuna fu fempre ferena :
% 7 4- DEL TRIONFO
Pianto fu '1 mio di canta fpofa erede;
In lei ogni mio ben' , ogni fperanza-
Perder elefli , per non perder fede
Ma cerca ornai , fe trovi in quefta danza 705
Mirabil cofa ; perchè 'I tempo è leve ;
*
paffi volte;
Coi fin delle parole i
6 Vari
i76 DEL TRIONFO
Varj di lingue , e varj di paefi ,
Tanto, che di mille un no ieppi'l nome:i4©
E fanno iftoria que* pochi eh' io 'ntefi
Perfeo era 1' uno : e volli faper come
Andromeda gli piacque in Etiopia ,
Vergine bruna i begli occhi , e le chiome . -
i fregi
'1 norace'l real manto, e
Lafciogli
VìdiH pianto d'Egeria, e'nveced
ofie
la penna da man
delira,
E quella de
Icnva ,
Coinè dogliofa, edifperata
Ime.tra
E'1 ferro ignudo tien della
:
viva ;
Pigmalion con la fua donna
E mille che'oCaftalia,
edAganippe 1S5
Vidi cantar per l' una e l'altra rivai
d'un pomo beffata al fin Cidippe
E
IV
avea già tacendo inrefo: io
Ed egli;
Tu vuoi faper chi lon quell'altri ancora 1
V tei dirò, le '1 dir non m'e contelo.
Vedi quel grande , il quale ogni uomo onora :
Edi è Pompeo , ed 'ha Cornelia (eco ;
Chedel vii Tolom-o fi lagna , e plora 15 .
«0 D EX TRIONFO"
Altra fede, alerò amor vedi Ipermeftra:
Vedi Piramo e Tisbe ia&tme ali'ombra, i
Leandro in mare, ed Ero alla fineftra.
Quel sì penfofo è UiilTe afebil* ombra
Che h calla mogliera afpecta , e prega :
Ma Circe amando glie! ritience'ngornbra
-U altr è'ihgliuo] d'A
milcar' ; e noi piega I
hi cotant' anni Italia tutta , e Roma;
Vi te^mmel la iti Puglia il prende,e
lega
Quella che '1 fuo ti&nor con breve chioma
Va feguitando, in Ponto fu reina:
Or' j„ at!:o fervi sè i
doma .
Porzh
À tr?,\ '
chd,i ferro ai
yaell altra éGiulia ; e-duolfi del marito
foco affina
Elia .
, . . .
erte lume
o Me al
:
vento,
Gli occhi eh' accefi d' un ce
M'infiamman si,ch' I0 fon d'arder contento-
Chi porla '1 minine to alto coltunie
virtute, 140
Agguagliar mai parlando o la :
fiume?
Ov'V'l mio ftil quali al marpicciol
Fove cofe , e giammai più non vedute
Nè da veder giammai più a una
volta
icipUa ; '45
Così pr*fo mi trovo , ed ella _
•
E prego giorno , e notte ( o (Iella iniqua ;
Ed ella appena di mille uno alcolta.
ODhqua
Dura legge d' Amor ma benché :
,
aggiunge
Servar convieni!; però di' ella
.antiqua 1 50
Di cielo in terra, universe .
tregua;
E come fa fer pace, guerra , e punge .
E coprir tuo dolor quand' altri 1
dorme
e
Come iempre fra due vegghia langue. ,
fi ,
ir,iqual gmia
E cerner di trovarla; e fo
nell' amato fi tras
forme
L'amante
, ;
.
So
m D E L T R
fra lunghi fofpiri, e brevi
rifa
I0N FO
Staro, VQgUa,, color cangiare
fpc-fl"o :
Viver, ftatuMal' cor l'alma div'ifa-
ift
So mille volte il dì ingannar
So
me iteflo
leguendo mio foco, ovunque fueaei
: «
,
fifoni*,
e ì canti '
£,/
t breviffimo tifo , e i lunghi pianti
E-qaal ci mei temprato con l'affenzio.,
;
JE
; che far
si umani
Sennuccio , e Franceichin
Com'ogni uom vide:e poi v'era un drappello.
Di portamenti , e di volgari ftiraai^
?
*S4
*ra tutti
DEL TRIONFO
primo Arnaldo
ii
5
Ancor
a" n
f Daniello
ro d'amor, ch'alia
on or col dir polito, e
fi
fua ter
belio I
F
W ardo
^ ? ,e v,dl¥*«»» ed A «felino: 3
^
' .»
m, M
ni lle
a tr
I
f J V acni 3 li„g U 3
^&
. ' 1
fem rc P e ed elmo
E '
glf^'««ft";
qh
e vidi'] buon Tornaffoi
O
orno Bologna
fugace do ««a! o viver
ed or M
ffi n:) ?pi
g * ° „
latto'
Uu mi tolie si torto dinanzi,
uaI " onfaP^ mover un
DolT ^ 5 chem eco eri pur diansi?
'patto?
r >i>j
±>en e J vivermortaJ,
•
che si n'aggrada 6«
Sogno d'jnfcrrai , c loia di '
romanzi.
Poco era fuor della comune
flrada
guado Socrate, e Lelio vidi in
<UM ior pia lunga via couvien prima:
eh' io vada .
Oqua] coppia d' amici r che
i ona
nè 'n rim 3
né n proia affai ornar, %
,
nè 'n verfi
.Siccome di virtù nuda fi ftima *
,1
Da
,. .
DELLA CASTITÀ', it 7
.Sollecito furor' , e ragion pigra :
:
5
.Ratte fcefe all' entrar' } all'ufcir erte :
Dentro confufion turbida , e mifchia
Di doglie certe , e d' allegrezze incerte •
;
Non bollì mai Vulcan /Lipari, odlfchiaj
Stromboli,o Mongibelloin tanta rabbia:i5S
Poco ama sè chi 'n tal gioco s* arrifehia
Jn così tenebrola , e (eretta gabbia
.Rinchìufi liimmo ; ove le penne ufate
Mutai per tempo , e ia mia prima labbia •
. JE 'ntanto.pur fognando liberiate 160
L'alma, c.he'l gran defioiea pronta, e leve,
I Coniolai -con veder le cefe andate»
j
.Rimirando er'io fatto al Sol di neve
Tanti fpirti , e sì-chiari in career tetro
Quali lunga pittura in tempo breve 165 :
TRIONFO
DELLA CASTITÀ
1
I .
in abito il j
DELLA CASTITÀ.
Mi virtù ; che da' buon' non fi (compagna
;
Moflbò a quel punto ben coni'a gran torto
,
i 9o TRIONFO
Senno e Modeftia all' altre due confine
s
:
agi
Poi vidi
TRIONFO
fra le donne peregrine
Quella che per lo fuo diletto e fido 15S
Spofo > non per Enea , voife ir al fine :
Taccia '1 vuolgo ignorante: i' dico Dido;
Cui Audio d' oneriate a morte fpinfe,
Non vano amor; coni' è '1 pubblico grids .
Al fin vidi una che chinie e fìriufe
fi , 60 1
DELLA MORTE, ^n
Con parecchi altri ;e fummi'i nome detto 190
D' alcun di lor, come mia (corta feppc
Ch' avean fatto ad Amor chiara difdetto
Fra quali vidi Ippolito , e Giofeppe
DE L T R I O N F O
DELLA MORTE
CAPITOLO PRIMO.
QUesta leggiadra) e gloriofa Donna»
Ch' è oggi nudo- fpirto , e poca terra»
1
'
E
fu già di valor alta colonna;
Tornava con onor della fua guerra _
E le e glifcettri, e le corone»
gemme,
Le mitre con purpurei colori?
Mifer chi fpeme in cofa mortai pone : 85
( Ma chi non ve la pone ? ) e s' ei fi trova
BEL TRIONFO
Dopo l'impreie perigliofe, e vane,
E co! fangue acquiftar terra, e te- foro,
Via più dolce fi trova l' acqua , e'I pane n
E J vetro,e'I legno,che le gemme, e l'oro: ict
Ma per non feguìr più sì lungo tema,
Tempo è ch'io torni al mìo primo lavoro..
1 dico che giunt' era 1* ora eltrema
Di quella breve vita gloriola ,
E'I dubbio pafio di che'i mondo trema. lÉ
Er' a_ vederla un* altra vàlorofa
Schiera di donne non dal corpo fciolta
(
Per laper s» efier può Morte pietofa-
Quel fa bella compagna ex' ivi accolta
Pur' a veder, e contemplar il -ti ne ito
Che far con vi enfi , e non più d' una volta.
Tutte fue _amic.be, etutteeran vicine: I
Allor di quella bionda tefla fvelfe .
DEL TRIONFO
DELLA MORTE
CAPITOLO SECONDO.
LA notte che feguì 1' orribil cafo 1
Clic fpenfe '1 Sor,anzi'l ripofe in Cielo;
Ond'io fon qui com.' uom cieco rìmafo T
Spargea per l'aere il dolce eftivo gielo, I
Che con la bianca arnica di Titone J
Suoi de' fogni confali torre il velo;
Quando Donna fembiante alla ftagione»
Di Kemrne orientali incoronata
Moffe ver ine da mille altre corone;
E quella man già tanto defiata 10
A ine parlando , e fofpirando porfe ;
Ond' eterna dolcezza al cor m' è pata «
Riconosci colei che prima corfe
I parli tuoi dal pubblico viaggio»
Come'l cor giovenil di lei s'accorfe. ij
Così penfòfa in atto umile» e faggio
S* a flìfe » e feder femmi in una riva»
La qual 'ombrava un bel Iauro,ed un faggio.
Come non conofco io Palma mia Diva ?
Rifpofi in guifa d'uom che parlai ploralo
Dimmi pur , prego , fe fei morta j o viva •
Viva fon' io ; e tu fei morto ancora
Difs' ella : e farai fempre infin che giunga
Per levarti dì terra V ultimerà.
Ma
, ,.
o Ieri ve 60
Sol di lei penfa, o di lei parla , .
{4 6 A llof "
'
ioavenieute ,
Drizzai 'n te gli occhi alter
105
Salvando la tua vita , e'1 noflro onore ,
E fe fu paffion troppo poflente ;
£ fronte, e la voce a lalutarti
la
Mofiì , or timorofa , ed or dolente . _
'1 crederti.,
Quelle d' ogni mia fè,pur eh' 10
Dilli tremsndo, e non col vifo asciutto
Di pcea fede ; or' io , fe noi iapefli , .
'Wirei ? i*S
Re non foffe ben ver , perchè
R'dpofe ; e *n villa parve s' accenderti
.
DEL TRIONFO
3oi
Quel mancò iolo : e mentre in atti trilli
Volei moilrarmi quel eh' io vedea Tempre
Il tuo cor cbìufo a tutto'l
mondo aprirti. j 3 i
Che
, .
alzava a tantoamore
Terza del ciel m'
,
DEL TRIONFO
DELLA FAMA
CAPITOLO PRIMO.
volto
DApoi che Morte trionfò nel
me fteffo trionfar , folea
Che di
tolto
E fu del noltro mondo il iuo Sol ,
rea ,
Panini quella difpietata* e
vifta , orribile , e
fuperba , s
Pallida in
Che'l lume di bcltate fpeoce-av^;
. ,
bada tenne
Che con arte Annibalica
•
_
eiso.
Un' Fabio, e duo Caton con
altro
duo Marcel
Duo Paoli, duo Bruti, e
non se tic so ,
Un Regol, ch'amò Roma ,e !
WUjJ
.fi. più
Un Curio', ed u» Fabrizio, Mida o Crai&o
Conia lor povertà che , ,
furoo nbelh.
Con Toro, ond'avirtu
:folc,ur
Cincinnato , eSerran, che
gran Ummiltó
Senza coftor non vanno: e
1
marte offerte .
Che'l P adre : e'l figlio ad una
devoto 7 «
Curdo con lor venia non meri
lo Leco
Chedisè, e dell' arme empie
orribilmente voto.
In mezzo '1 foro
Mummin , Levino .Attilio ej«g*f«» ;
.Greco ?5
Ma con pietate il popò
affai più
.
DEL TRIONFO
*>«
E quel eh aroaato fol difefe il monte, 1
Onde poi ft, fofp-uto ; e quel che
Colo lo
C nera tutta Tofcana ten ie il
-onte;
n me2zo dcl nemico ittiolo
«- »
Molle la ramo indarno,
e rofeia l'arfe,
Siieco irato , che non fenti '1
i
duolo •
plebe-
Poi ridi un grande con
atti foavì
E fe non che 'I fuo lume all' elW,o; hebe,00
Fors e^a 'I primo ; e certo fu
fra noi
yual bacco , Alcide , Epaminonda
a •
Tebe
e 81 vi er tr °PP°
A ? ^ £
QuelP ch ^
e del eftrfgo
• e vidi poi
i' deftro, e leggiero
bòbe 9s
I nome ; e fu '|
degli anni fuo i fior •
Un cor'infuo altofecreto,
chiirfo
padre, ^r;de;
Metello d co; efuo Numidi
Macedonia , e de'
Che già di
E di Creta, e di
Spagna adduffer prede, no
Elio Adriano, e
M tuo Antomn Pio i
infino a Marco ; US
Bella fuccéffione
il naturai defit. .
Ch' ebter' almeno
.
DEL TRIONFO
DELLA FAMA
CAPITOLO SECONDO.
maraviglia
d'infinita, enobil
PTeìj il buon popol
di Marte ,
Prefi a mirar
mai firmi ìarmgìia
CV al mondo non fol'antiche carte.
Giuaneala-vifta con
Ove fon nomi , e i iommi pregi 5
gli alti ,
gran parte
E fentia nel mio dir mancar
•
egregi
M, disiarmi i peregrinicantato mv^&
Annibal primo . e quel
gran fregi
Achille diedi fama ebbe
,
io
I duo chiari
Trojan J e» duo granPeri
Indi
figliò, che da Pella agi
Filippo, e'1
viiife paefi diverto
.
Correndo
.
s'allaccia,
Equel che , come un' animai
Con la lingua ponente lego il Sole, «S
Per giugner He' nemici luoi
latracela.
gentil chi Dio ben cole ,
.'
|0 fidanza
Quanto Dio ha creato, aver loggetto,
f
o
padre nuftro, a cui tu detto 7
Poi vidi 'l
loco
!
Ch'ufcifle di tua terra, egifle al
Ch' ah* umana fatute era già eletto
:
cui tu gioco
Seco 'Inolio, e" nipote, a
1
1
iaggio e catto
Fatto delle due f ofe; e '1
'
_
, ,
Ma
. .
Evi-
. ,
DEL TRIONFO
DELLA F AMI
CAPITOLO TERZO.
non fapea datai villa levarnie;
IOQuand' io udì Pon mente: altro all' Iato
Che s'acquilla ben pregio altro che d'arm(
Voltimi da man manca, e vidi Plato;
Ch'in quella fchiera adò più predo al fegn>
Al qual' aggiunge a chi dal cielo è dato .
Arinotele poi pien d' alt ingegno :
>
O z TRI-
.
%\6
TRIONFO
DEL TEMPO;
D E i. L'aureo albergo con l'Aurora innanr
Poi
, .
; I
Quali in un pilto il gra freddo,e'l gra caldo;
Che pur'udendo par mirabil cofa •
[
I
Che più d'un giorno è la vita mortale
Nubilo , breve , freddo, e pien di no]a ;
Che può belia parer, ma nulla vale?
1
O 3 Veg-
. , . . . .
3 tt trionfo
Veggio la fuga del mio viver pretta »
TRIONFO
DELLA DIVINITÀ*.
DA pm_ che fotto 'I cìel cofa
Stabile , e ferma ; tutto sbigottito
nan vidi
A che
tanti penfieri ? un'ora fgombra
Quel che 'n mok'anni appena fi raguna
Quel che l' anima nofitó preme, e 'ngombraj
Dianzi,adelTo, ier,diman,mattino,e fera,Sj
Tutti in un punto pauserà ti , com'ombra-
Non avrà loco fu , farà , n£ era ;
^Ma è folo > in prefente , e ora > e oggi)
E fola eternità raccolta > e 'ntera .
Quanti fpianati dietro , e innanzi poggi , f
Ch* occupavan lavifta! e non fi 3 ir* cui
Noftro fperar', e rimembrar s'appoggi:
pianto 95
Ecco chi pianfe fempre, e nel tuo
Sopra '1 rifo d* ogni altro fu beato
:
1
Ma innanzi a tutti eh a rifar
fi vanno,
13
E» quella che piangendo il mondo chiama
j
Con. la mia lingua , e con la fianca penna!
Ma-'l Cieì pur di vederla intera brama.'
A riva un fiume che nafee in Celerina j
Amor mi die per lei sì lunga guerra . jf|
Che la memoria ancorai! core accenna.
Felice fafTo cbe rJ bel vifo ferra '.
Che
poi ch'avrà riprefòil fuobel velo'J
Se beato cti la vide in terra,
fir
IL FINE DF TR.ION.FIr
Gì UN-
GIUNTA
D'ALCUNE COMPOSIZIONI
DEI
PETRARCA parte delle qua-
Che lì dicono da lui rifiutate ;
FRANCESCO PETRARCA
Cbt in Alcun* tdìvwi fai <»U«*'?
Trionfo dill» Morte .
svanti il
gforiofo colle :
Trionfi" ornaro il
Via
Quanti prigion pattar perla
i>mi Sacra
volle
Sotto '1 monarca eh' al Tuo tempo
Far il mondo deferi ver universo:
gli altri folle .
verio
Tutti poco, o niente foran
QuelKun eh' io dico ; e
^«n^oci
no
fembraffe ur corvo
Non fu giamai, che non
e benigno .
Prefs' al bel vifo angelico ,
E così in atto dolcemente torvo occalo
L'onefta vincitrice in ver 1
e corvo.
Segnò'l HtoTirren fonante,
maggior vaio
Ove Sorga , e Carenza in
CongiSf on le lor chiare, e
acque 5«^de
mioParnato^
La mia Accademia un tepore nacque
Ivi , ond' a gli occhi miei il bel lame
rat tenne
volfe a boo porto ,
fi
Che gli
far prima mi
piacque-
Quella per cui ben
C A-
m GIUNTA
CAPITOLO
E I M,
FRANCESCO PETRARCA
Che in alcune edizioni va innanzi
al Trionfo della Fama.
^^EL cor pien d' amàrirtìma dolcezza
*>ji Riiotiavano ancor gii ultimi accenti
Del ragliar ch'ei fot traina, ed apprezzai
kvoleadjr, Odi miei tariffi?^ e lenti/
Epiù cofealtre ; cfj«iad''io vidi allegra-
Girtene lei fra belle alme lucenti.
AveagiailSol la benda umida e negra: ,
AL PETRARCA. 319
EPapirio Curfor , che tutto fmaglia
:
eialta-
Che d'aver vinto al lor tempre s
330 GIUNTA
Vidi duo Paoli , e ') buon Marco Marcello I
Che 'n fu riva di Pò , preliba Capeggio
Uccife con fua mano il grati ribello .
E volgendomi indietro ancora veggio
I primi quattro buon eh' ebbero in Roma
Primo > fecondo , terzo , e quarto feggio,
15 Cincinnato con la incu'ta chioma)
E '1 gran Rutilian col chiaro fdegno,
E Metello orbo con fua nobil foma .
AL PETRARC
Antonio
A
e Marco
. 3 1*
,
Traiano , ed Adriano,
X
,
ficea d'adottar
ancora il meglio;
Al fin Tendono dì
ben far non parco :
Quello fu di virtù
l'ultimo fpegho i
monte pellegrino .
Alba Lunga in quel
e Silvio e Prora •
Ed Ari, e Nutmtor' , , t
n e,
Cartag.
Vidiokra un rivo •! gran i
Italia punge -
La cui memoria ancor' paefe
L* un» occhio avea
labiato in.rnio
il fiume Tofco
Stagnando^ freddotempo
,
AL P E T R A RC A. 33 J
Quando gran fiamma di malizia eftingtte -
3J4 GIUNTA
Ahi grave> e crudel fai ma,
Che n'avei fianchi per sì lunga via.
Come non io pria
giurili
E di molti Romagna: s t
AL PETR A R C A . 33;
Era; nè carte, e inchioftro
Bafterebben' al vero in quefto loco»
Onde meglio e tacer , che dirne poco .
Però non Cato , quel sì grande amico
Di libertà, che più di lei non ville;
Non quel che '1 Re Superbo fpinfe fore ,
E l'opra è da gradire
Non meno in chi , falvando il fuo paeie »
'
3i 6 G I U N T A
Canzon, de' miglior quattro ch'Io conofa
Per ogni parte ragionando andrai :
NOva bellezza
Volfe mio core
abito gentile
il amorofa
in
all' lchiefa;
Ov' il mal fi ioften' e 'I beo (i fpera
, .
A L PETRARCA', fjy
Ch*avvegna ella fi tnoftre acerba , e nera;
Umil' amante vince donna altiera.
Rime Petrarca. P In
, , , I
338 GIUNTA
mondo, ed alla gente, I
INAll'
ira ai cieli
abiffo, alla terra, a
, al
animali^ gli
Poffi veuir , cagioti di tanti mali , M
Empio, malvagio i duro, e fconoicetite.
E tue menzogne
al -tutto fieno i'pente. I
Poi che fpefio al tuo vifco m' adeichij
sì
E con falfi piacer mi leghi, e prendi, I
E
poi di molto amaro il cor m' invefchi. I
Con vaghi fegni mi ti moftri , e rendi
Più volte; pofciaparche ti rincrefchi: [
Las-
, .
AL PETRARCA 33»
340 GIUNTA
Nei MS, del P. Zen» a e. 49 1 rttlP idiyìttt
Fitrtntina , tra le cefc riputate.
AL PETRARCA. 34 i
I faglienti
Harem in un Coditi MS. JclU Libreria
m
dm Sonttti lengo/s» al Bui ti al Pc
Am
héma ;
cerne Mfe il Ci, Sìgn. Murtsteri ,
(arte XV.
P 3 FROT-
. . .
34* GIUNTA
FROTTOLA DI M.
FRANCESCO PETRARCA
Tratta dal libro VI. del I. Volume dell? Let-
tere di M. Pietro Bembo ; da luì mandati
ji M. Felice Trofimo ,
Arcivescovo Teati-
no . Si trova a c, 1 74. dell' edizione di
Gualtero Scoto del i$s 8.
AL PETRARCA. 343
. di' io non mi lievi a volo, e noti mi parta •
Maggio
Bella ftagione è il :
E giovenette donne
Sotto leggiadregonne andar cantando .
Aacor'altro domando; il quale é fempre.
p 4 Ecco
. .
344 GIUNTA
Ecco ben nove tempre: e pare un fogno,
Certo affai mi vergogno dell'altrui colpe
Che grati coda ha la volpe' e cade al laccio
Fuor' è di grande impaccio»
Chi vano fperar perde .
Meco
. ,. .
AL PETRARCA. 345
Meco mcdefmo un poco .
ai petto.
Evieni a mano a mano;vien,cn io t
Deh che fia maladetto ehi t' attende ;
£ fpera in treccie , e 'n bende
Già corfi molte miglia:
Or non fia maraviglia
S' io mi (bri grave, e zoppo,
Ed è così difeorfa
La fperanza , e la fede .
346 G I U N T A
Sta lieto. Or chi non. pò?
Certo j* Adice , e Pò fon due bei fiumi,
Tu ini fianchi e confumi
5
Or vo in giù
or ve in fu
, :
STRAMAZZO DA PERUGIA
AL PETRARCA.
LA (anta
Jpua/i
fama della qua! fin prive
i moderni
, e gii di podi fuen»
,
frat:ttfvo y gran pregia vi dona
,
Càe del tefir Apollo (tate dive.
Or piacela che mìa preie sì votive
La v*Jlra noèti mente renda prona
Par.
.
AL PETRARCA.
Elice»'
347
fgrttciparme al fonte d' •
Lucilie .
Siccome ferivi Seneca a
carte io.
Celandoli i
defra :
dm Sol cP e* pi A
Osti che pià natura , feien\a vi [pira , o
'» tal maniera
Cèe deggia far colui che
Trattar fi vide \ dite e (e da [citerà ;
RISPOSTA,
'
quando talor meco s' adira a
Gerì ,
.
348 GIUNTA
GIOVANNI DE'DONDI
A M. F. PETRARCA.
IOS'non fé ben f vedo quei cP io veggio,
io
io tocco quel cP palpo tuttavìa io : 1
quel cPPodo, oda; e fa bugìa
J>
,
Overe ciicPioparlo, e ciiePio leggio.
Sì travagliato fon, cP io notimi roggio
,
Ni trovo loco, ni fa s 1 io mi fa ;
~E quanto volge pià la fa nt afta
,
Piò rP abbarbaglio né me ne enrreveio, t
Vna fperanx* > *"> configli» , un ritegno
Tu fol mi [ti in sì alto fiuptrt ;
RISPOSTA.
Il mal mi preme e mi fpaventa
, ir peggio:
a carte 177.
SENNUCCIO DFL BENE, O BENUCCÌ
A M. F. PETRARCA
OLtra P tifato modo fi rigira
II verde Lauro bai qui , dot? io
orfeggwL
£ più attenta , e cerP pià la ri veggio
,
Df gai in qui cogli occhi
fifa mira ;
E par mi ornai cP un dolor
mìflo d'ira
L '
affligga tanto , chi tacer noi dejgit
s
Onde daW atto fuo ivi y avveggio m
CPeffo mi ditta che troppo martiri.
E l fignor nofiro in deftr fempre abbonna
Dì vedervi feder ne Ili futi (canni;
E i
netto % ed in parlar quefio dìfilafe ..
Me*
, .
AL PETRARCA. 34?
ili fondila di lui ucvat Colonna
Non pare/ti in cinqu* altri janGiovanrt! ,
RISPOSTA.
Signor mio caro, ognipenfier mi tha". ac4Ji,
trans
Smito di M..F- Petrarca a Sennuccio ,
colia rìfpofta , dalie Rime
Antiche pefie infine
della Bell" Mano di Giufio
de' Conti , della
ora
Così perdendo il tempo afpetto 1
innanzi di me tu la vederti,
E fe
Io ti prego, Sennuccio, che mi delti.
15° GIUNTA
Pur fi amattina colle luci preti? e
Nel fuo bel vìfo dì colar d' avere
Vidi sì fatta , cP ogni atira lavavo
Della natura , e d i arte non far eente ,
Onde in gridai a Amere in full* ora
,
Die i che? occhio dì colui [t jdor ma 1
3
Còe il Sol Is-bando [eco fi conforma .
tlsrt fo Ù
grido gir'nfe a vofira norma
il
;
Mai fe venifi e \en\a far dimora i
Qui pure è giorno , e ntrt /' annotta ancora
Non foglionc effer pie mai tanto prefli
,
Quanto quei dì color da Amor richìtfti
,
'
Piacciavi fanne di quel monte dono
Cb io v'ho furato in quel ch'io vi ragioni)
GIACOMO COLONNA
A M. F. PETRARCA *
RISPOSTA.
Mai non vedranno mie
le luci afeiutte a c UJ
Neil'
.
AL PETRARCA.
Firenze
35»
dagli eredi di
Neil' edizione fatta iu
Giunta l'annoisi*- viene attri-
Filippo
buito il feguente Sonetto a Giacopo de
Garatorì da Imola
,
in cui
e
S aff ondo
lucidi lefora
J}e! trionfai poetico calore ,
ma è alquanto diverfo .
|W
Che
GIUNTA
U
affettano dam \ cP a ciò acco"9
>
RISPOSTA.
INcegxo ufato alle queftion profonde»
Ceflàr non fai dal tuo proprio lavoro TÈ
Mi perchè non dei ftar anzi un di loro -Jj
Ove fenza alcun forfè fi rifponde?
Le rime mie fon defviate altronde >
Dietro a colei per cui mi difcoloro ,
A' fuoi begli occhi , ed alle treccie d' oro,
Ed al dolce parlar, che mi confonde . 1
Or fappi , che 'n un punto , dentro al core,
1
Nafce Amor , e Speranza: e mai l'un fenzj
L'altro non poflon nel principio ilare.
Se'l defviato ben per fua prefenza
Quetar può P alma ; ficcome mi pare ;
Vive Amor folo, e la forellamore
10Elhegiorno
gli letto il pianto dei Trtjani
che dsl haono E
iter far prie! j
Genie di ler diftfa , e Ur conforto »
E i tur ftrmtn far difrttoji , / Vani
V erfo di quei che far devrien lì vìvi
Che fperm di vìrià giungere ti! pone ,
.
AL PETRARCA.
£^ m6T{ e * 6
553
Sei per la fama «"»
KtvelUmeme in fu P
ifrl» pìngue ;
In fa per circuire
Li Suoi Latini aperti }
E quai fa'an gli fperti
Iti faper colorar pervadendo}
AL PETRARCA.
Or eran
[appi chi
35S
Bafeiandol tutto . qutfit
Melpomene , ed Erate , e Polinìa ,
Tali* , yJ/f»0 ,
Calliope , * C/f« ,
Che fi
convenne al poetico fiuolo .
Dirò , Filofofia ;
dico di quella
ì
Ter cui /' intende al fin fol d efer buono :
'
M« GIUNTA
Cbebebbero de IP acqua di tal vaft
,
Virgilio
) Ovidio ,
Lucrezio
J
«venale , e Stadio
y
} pcrjto , Lucano , e Orazio
,
1" Gallo e t duoi cbt fan mia
j mente forda
Cis chi lode s'accorda
,
E «/<•«« piA di cofini già non
fu degni t
P#i j/d angelico regno
1 '
„ pare
AL PETRARCA. 357
n pareli Lamento di Ma zza cucco; e comincia i
li ho già letta il Rtmani,- piamo dèi
Dal la Goniìde razione del Talloni ( che nell*
edizione del Muratori fi legge a c^Ofopra
il VII. Sonetto del Petrarca pollo in que-
,
' k
s
Antt> eìa\cuno a co>iqtùfiar teforo
I JLIn ogni modo fi & rivolto, e dite )
f A te ricorro , mi [ojlegni
« prego
Ctnt'a li fati adverli a mìa fatiti "
'
Ma perdonimi il Lelio, ch'io non lo vedere
raes abbia a fare il Sonetto de! Pctnrci no-
vo con cuefto quale le pur'.ivelTe voluto
; a!
Iti f.-o nele re, no n poflb darmi a credere eli'; non
jjS G
I U 'N T A
hanno tenuto che'l Petrarca rifppndefTeal fcl
gueute,cbc dicono eflergli flato fcrkto damul
Donna da f Fabriano, o da Saffo ferrato :M
vorrei pur dri\\ar quefte mìe piarne
IOCol% Sigftir dive V def.o ni' invita
j , ,
Ali PETRARCA.
Gli rifpmde il Petrarca , pur egli
, . ìi e 1' autore ,
FRAM-
.
3 «o
GIUNTA
FRAMMENTI COPIATI 4
j
BALL' ORIGINALE
DEL PETRARCA,
Pubblicato in Rema r anno 16.4.2. da Ff.
derico Vbaldini .
Fai
. . .. . . ,
AL PETRARCA. t St
Dirai
D'W mio fervo vuol più, ma non potè
vd vuol ma più ( Rie placet
)
rf GJi orecchi
e quella mia dolce nemica
quella collaltre fi miglia n ti
note
wra coflei vorria
**/ vuol ben ma pifi non potè (Hie/tUcti)
fpene .
tt poi dicea fe vita mi
follene
1 erapo fia di tornarfi alaere tofeo
Uanbedue que confin fon oggi in
banda .
Cfiogni vii fium icel me
.
gran diibrbo.
tt qui lon fervo
: liberta fognando.
J
Mi grava
l auro corona
m gii, la fronte, '
ma d « ;1 torto
or vadimando.
.
T
3 6i
GIUNTA
Ser d'iQtifalvi petri di (iena.
guardi,
EL
-
b.llocthìo dappollo dal (hui
Sereno , &
vago Urne Junea J'ente
Vlendo a virtù ttrtfirar p ijf'-nte .
fi,
Rìfpojfa .
discolora
Ma fe pur chi voi dite il
ville-
•
AL P E T R A C A. 363
3«4 GIUNTA
1 1 q$ Novemfr. 30. inttr nonam
. {?> vefptt,
cccurrit hodie . pridtc tranfcripjt infrafcrì
ptam carni. Et b. nudiusdum infralì, . ,
CHe
Dopo
le fubrte lagrime cbio vidi
un dolce fofpiro nei iuo bel vìfoi
Mi furon d. p.
Mi furon gran pegno dei pietofo core .
AL PETRARCA ^
ttfSmb. 30. mere, eaitm bora fàlicet ìnter
msTÌAkm wnam
A Mor che eielojé c«r getile core alberghi
[ * Tu vedi glinfiammati miei defiri
Ve Merrai , che mai fetnpre fofpiri.
Re.
. . a
3 5S CINTA
Refpenfro me* Damine jubentt .
AL PETRARCA. 3*7
CANZONE
DI GUIDO CAVALCANTI,
Accennata dal Petrarca nella fua XVII.
pofta a carte 56.
DOtrna mi priega ;
per eh* io vaglio dirt
D' uh accidente , che [avente è fere ,
Id ì il alter* j cP i chiamiti Amore i
I
Qiofan da Unte , d' una cptiritate
j
La qua! da Marte viene , e fa dimora .
j6S
Noi è vertuti-
GIUNTA , ma da quella vieni
y
Ch* è p e*feniani che fi pone tale ,
E ehi
AL PETRARCA,
forma
jffg
E, ehi ben va de ,
non fi vede \
Yfcbi lo mena ehi da Iti proddt
luci- di celere d' efftre di vifa ,
Ajfifo in tneiZ" ofeuro faci rade ,
CANZONE
DI DANTE ALIGHIERI,
Accennata dal Petrarca nella fua xviKaX'57>
Q 5 Quali-
.
no
Quanto
GIUNTA
legno di mar , che non lieve onda,
E V ptfù eht to' affonda y
E' lai y che nel potrebbe adequar rima .
<Ì 6 CAM-
,
j7 i GIUNTA
CANZONE
DI M.CINO DA P ISTOJA,
accennata a c. s 8 -
LAUt dolce
1
t>i(i/t
f vidtr mei f
Ch' P ho perduto y mi fa parer grave
X» vita sì , fi' fV db traendo guaì *
E '» vece di penfer leggiadri , # g«»
CP aver [alea d? amore ^
Porto desìi nel core
Che fon nati di Morte ,
Trovandomi partuts
Da qui 1
hegii cechi ov* io t'ha già veduto ,
la »' ha veduto in que" begli occhi , Amare ,
1
E fa ri grande
fi
hi era di dolóre
Dentro alla mente , che P anima (Iride
AL PETRARCA- 575
Che dentro ritener non pojfo il pianto s
s
a evi [ori fan-te-
,
£ cih che ncontra a gli tedi , più attrìfia
Dunque mercè , che la tua m.irt la chiuda
Da e' ho perduti P amor tifa vijìa :
TRA-
, .,
174
TRADUZIONE DELLA CANZ. XXVII,
DEL PETRARCA,
Cie incarni nei a : Chiare , frefche > e dolci
acque j fatta
'.
DA M. ANTONIO. FLAMINIO.
Ed è »! Carmen VL 'del libro 1. de' furi eli-
gantiffuni Verft Latini, riftampati ultimi-
mente con grande accuratezza , e con rini-
ti tlluflrazioni dal Cornino.
DE DELIA,
OFoks
*
Mei ioli facer ,
Ut fufniria ab intimo
Fundens pecìore> faepìus
Dìcerero 1 Huc ego qua viaj
Qujve tempore veni ?
IN-
3
INDICE
SONETTI DE'
DEL PETRARCA.
Ammetta liberta , (ime tu w* hai a C. jS
Al cader d' utta pianta che fi fvelfa , w\
lima feli(t , che fovertte terni ,
105
lima Sol quella fronde (Pio fola amo , 143
$mr j (he meco sì buontempo tifavi 116
jjscr , che ì ncende 7 e or jj' ardente \elo , 140
imr ,
che nel penfier mio vive , e , 118
irtir, ci? wA (g-"' penfier:) aperto , 130
Amor con la man defifa il lato mane» 167
/«(! «rf jW lufngando
prornejfe 67
Am? , ed io sì psen dì maraviglia , llp
jter , Fortuna , « /« w'd *»r«ff [china 97
Amar fra P erbe una leggiadra rete 133
jfewr' , io fallo \ e veggio V «wo fallire : 1 71
j)/wtf »)' ^ a frale y T:2
ijsmr mi manda quel dolce penile'» 13
Amor mi fprona in un tempo , ed affrena \ 138
jfirai', Natura-, eia bel" alma pmìle 14 i
Colonna , *«
Gtortofa '''appoggia
M
M Ai nenfu' in parte ove sì chiar vedejfi 104
Mff< 05» vedranno le mie luci afeiutu zz j
Ma p*/ che'! dolce rifa umile, e piano 37
Mente mia , ebeprefaga di'* tuoi danni Sii
r
Metisre cbg l Cor dagli amorofi vermi 2i<S
Mi* ventura , Amor m' avean sì adorno 1 49
Mi'f venture al venir fon tarde , e pigre ; 49
Utile fiate , » p gaerrera , 1
Miilt piagge in un giorno , e mille rivi 137
Wttando l Sol de' begli occhi fereno , 1 3S
Mira qi'el celle , 0 fianco mio cor vago: 176
Mjrf f yp^rj, j / M Sd
cb' abbagliar fuolm't: 157
Mfrrfi'J vecchi crei'lanuto , elianto 11
3?x INDICE
N
Sei giammai levarfl t uri
NE'NeW età (uà così bilia
,
il
e più, fiori tu , 10|
pili bella
o «3
OJ?f//<i «w# , fiff *>» dìfiringl V , ul,
O
cameretta , che già fofti un parte i;0
Occhi miei , efcarato è il mfi'o Sole ;
Occhi, piangete ; accompagnate il core, 7J
B E s
SONETTI. 3 «*
| S
A! principio lifpctlde il firn ,
,
e l me^t 6S
S' V Amore , o A! ?rfr dà (juakie firoppio
Pimf bch? ,
f£e dunque r,il c b 'i'fensa? ti j
S Amo' ontn a' apporta ;
in va (**;•£!
203
Wf bianche non (un prima ambe /e ttmpit jl
,
pire/ rifrt t^A'r ,i<V rcr
43
Kr ime mar a pretti , c iv,/i fronde -04
>w «j/j da P afiro tormenta
g
ttardo d eoti&i mi* ancide 1
3 140
" onorata fronde cbt preferite 20
WV pf'A f/iif^à j»^,, valle ^ 50
/«< * p*r /ro» yf pj/f£r
/ , 4Q
furetti ,
i'vo' ci" fappi , in <ju il maniera 8g
Bffis «f.'o , kenihè dogliofo , ,? y^/jj 2 eS
',0? mira mia anti.'a ; ? » <<,/.'/ 4j+
aura (nave de*
Xpilì*
f fpiri ^qj
Wfpìio , Omero av (fin vi
fia j^X
Mt p«r/ p»j- j« ^,j;f /.
:
^«/'
irtve è 'i ternpr- , SI penjier sì veiut 2o5
ittsm* tlerna vita è* veder £)»'(,
wio caro, of,v p-nfier mi tira 192
V-h asijfi pajtiis , he ir e-ire 2U
y
trio
« trtdtlfi
fi
per morte effers fi arto
fermo atta fpzlunca
^t
fi fta 0 j àg
V'/jf , fi/wc avvien ilei'' arco fiocchi
} 73
1/ tr r.tlito è V /t'.'?!? ij'f/fa
g
~f5l,j?i^ ?'/; |c«/ju
confidar tue jgo
» «fé» p»nfit foavunenle l j t
v
ebe cantando vai , iM
YAto attgelktto
F-»//* ,
,
già tale
Vidi fra milk donni una
:
,
Bei lumi
Vivt faville ufcian de' duo
l'erba i«
Vn* candida cerva [opri [coree .ih
Vttlia mi fproxa Ami- mi guida, e
:
frV ch'aboliate in
rime fparje il J«OM ì
al Chi*
Volo con l'ali dipendi
I N D I C E
DELLE CANZONI49.
DEL PETRARCA.
Lia dolce omh-a delle bilie frendi a CI»
wt gravato P
importuna nebbia
e
W me
il
y
rapido inchina 41
a/ /ìiii amante più Diana piacque , 44
«<j ;a/jf» ammali ti mar f a Pi,ndt lyì
m angeletta fovra P ale accorta gy
sfittata in
tèi mit-i lajjì
del beata e bella
mentre ih'' io vi giri
H
, jo
Wi") ^Msr 3 f^i? giovinetta donna
55
ir^' «/ »//*£> ^' ,4^,. portava infegna
, 47
fffW /a Bi7r7 S breve
W ««' f 'ojT*
,
R 1 ,£W
5 88 INDICE DE' TRIONFI.
'Quel più d*vrfa, e w.Va
il (o.iie "'io pd° conforto ,
:.
Ottundo
[pento
foto eVté penfai the fcffe
"{Z. ti 4S
I N D i C E j
DE' T R I O N F I.
JTrrf
Io «s.* pf"
</" ^
le va' me i ]
'
340
Can\. Quel c' ha noftra natura in fe più degi«|
3J 1
S. Quella che gl'i animali del mondo ali
terrà,-
S. Quella, che'l giovenil miocor'avvinli
3 30 j e 360
S. Quella ghirlanda che la bella frote 349
S. Quando, Doinia,da prima io rimiraijd
S. Quado talora da giuda ira enrhoflo 3^
Capit. Quanti già nell'età matura ed acraìtj 5
T A V O L A
, Di tutte le rime del Canzoniere del
Petrarca, con i verll interi.
Abbia.
Tedefca rabbia . ioj
PiOfe fra noi e la
Che a! corpo fano ha proccurato fcabbia-
I Or dentro ad una gabbia .
Accia..
I Verso? n and ; tabr di' ancor fi taccia 13
[Tal che nuli'a'tra ha mai che mi piaccia :
meglio è eh
1
io mi mora amandole caccia^
fceporiaqu?!!.; il Rcn,<j u-a'.v r p: ù a:- ghiaccia
Medi piacer altrui par che le fpiaccia .
K0)o!cipiro ,0 hgrimar eh' i'iaccia, 1X7
fcgnoèjché mal fuo grado a terra giaccia,
«elle pietole braccia
man la per chiamar eh' uom Ciccia : 44
tetta
Eia r.on lenza dettino alle tue braccia;
R. 4. Accio,
39i TAVOLA
Acci o
Tra ìe chiome dell*' r nafcofe T laccio ,
;
1
Radia , eh or fiL-de in cielo, e'n terra giace j
Partano ai cielo , e turbali- la mia pace ; 150
;-Sì force ti dil piace r
jfctccounndami al tuo fi gliuol verace 164
Ch' accolga' mio flirto ultimo in pace,
1
R. 5 Acca»
394 TAVOLA
Acce
n
L'avara Babilonia ha colmo il ficco ni
Non Giove e Paiia , ma Venere e Bacco.
3.
DELLE RIME. _
Ada.
tor^errai ,
quando I' antica ftrada 7*
Bernal fi iiegus ciò , ch'adi occhi aggrada .
Or' a porta d\iWu; cemven che vada-
fesì vo ricercando ogni contrada» zif
Amor vien-meo , e raortrimi ond' io vada »
Tutti rivolti alla fure.aa- ftrada
ai- cor m'aggrada. «*
'-
|4 io Donna amoro
1
Ado.
La vitache peraltro non m'è a grado „ 4
,
A D'R E .
Ama.-
,
.
s'appaga 99»
Ma come puA
alma dubbiofa > e vaga .
libertà, di vita alma sì vaga »|* -
; _
Accv.
Per mezzo bo ferii inolimi , efelvaggi ,
i J7>
i
39* TAVOLA
A
G C I A •
Nè tant'erbe ebbe mai campo, uè piaggia; iM
E miiafci dormir in qualche piaggia : -4
E i fiord' Aprii morranno in ogni piaggia i
Ganfafflando mi vo di piaggia 'n piaggia
A ' mici peniìer , che per quell'alta- piaggiaiJ
Con effa ,econ Amor in quella piaggia ni
Celare taccio > che per ogni piaggia joS
Che '1 cielo 'a odio n' aggia ..
Aggio.
Veduto viva , e ne! troncon d'ari faggio,* im
CornelldJa, che 'i Soi copre co] raggio
E quanto 'n più fefvnggio-
Riformi
Vidi
ftran fi all' ombr- d'un bel faggio J
affai perigliofò il mio viaggio ;
Ma di gir in (mi là
fanno il viaggio i 71
Ben mi può rifcaldaril fiero raggio,. >|
L'altrier nafcendo il dì piiino-di M.iggio,tj|
Bel dona, e d'un amante a lìrico e faggio ,
j
Da far innamorar un uorn fé! faggio
Di sCìviliaure i* ed amoro 0 raggio-
Errar non quel breve viaggio * 15»
dell'i 'n
Sforzaci alcielo , o mio fianco coraggio
Seguendo i pafTÌ onefti , e'idivo raggio-
A fornir ii viaggio -
.,35
Ch'aliai fpazio. non ag^io-
Appena {punta in Oriente un raggio
Ben s'io non erro di pietate-un raggio
,. , ij-S
AIJor raccolgo I' alma ; e poi eh' i' aggio
Ivi acculando il fuggitivo raggio , if
E farmi una. fon rana a piè d 1 un faggio.
Gran tcm-io- umido tenni quel' viario. I
DELLE RIME, 3^
ma Signor valorofo , accorto > e faggio . 44:
Eia richiami a! Ilio antico- viaggio j
Aghi..
gli occhi , che di femore pianger vaghi 33
Ago •
DELLE RIME. 40
Alti Iella ribertà , rome tu m' ai l 7*
Fece la piaga onci' io non guarrò mai
G ;
i '.
echi 'uvaghiroallorsìde' h>r guai ;
i
US
Che' dir ncftro , e'I peMìer vince d' affai
I
So a
. , .
402 TAVOLA
'Son levati, dì terra: ed è (ben fai)
Gli occhi, i qua! non devea riveder mai Mr •'
A L D £ •
Aldi.
Eia tenebre fon gli occhi 'nteri e laidi 257
forra è quella, ond' i'ebbi e freddi, e caldi
Non èchi faccia e paventoft , e baldi
(miei peniicrj né chi gli agghiacci^ fcaldi j
Aldo.
Iwn'è pungente, e faldo >. 97
Eh' aria parte de! caldo;
Ale.
UfTo , quante fiate Amor m'affale ; 86
3Ée'l foco. del mio cor tanno immortale •
'
feri , a v- i die vale
fE
1
! mondo, e gli a-ìrriili 4*
Acque: ino i lor mali ;
4c8 T A V O L A
Sì gravi i corpi, e frali -.:
Al I
, .. .
Allo.
OndMmnr l'arco r.o-.: rendeva in fallo; 127
Fiamma i fu fp ir ; ie lagrime criihal lo
Alma.
l'olirà mercede i' lento in
, mezzo l'alma 60
.
quii* ogni altra i, ilma
Rlcemente i gender centro all'alma
174
quella i-obil'nlmaj
ufcr Sorifca in
[Ha riprovato umiliar quel!' alma !
401 TAVOLA
Così leve, efpedita, e lù'ta l'almi m
Per t ir me Hello a me più ra e f loia .
*
Che giova dunque ,
A i ? e .
A 1 SE ,
1 1
- M '
Alti.
O^ieft' un foccorfo trovo tri sii aTà'tì »j
La vita che trapaffa a sì gran (,. Iti .
A J-TO
f . .
allatto : a,
Ut per Dio ringraziar fur pofte inalto .
1 , Altro,
lan a me noce, e l'altro
Altrui; 9j
|
ch'io non ie fcaltro.
,, Ama.
b ne .S' r« ov'altri'I chiama it
1,sr
R '.
?'
^ anco pm di voi, quanto più v'ama.
;
Wlprejiiator di quinto il
mondo brama <S?
M
benigno giudizio una fai
fama-
Me non altronde cordoglio chiama . I
m li
?-
d.ldice a chi più pregio brama . 19Q
r w, ,°
ad alta voce anco richiama
M qual
m cerei fempre con tal brama
10
ne fU()J begl, occhi,
1,4
e me non chiama
:
ki
r
tm
,rjD «>
°d
J
° "•^ ac « uift
d "Po fe mi chiama
"
fama* *ii
h'ei mifena chiama , 5-S4
he fama
Alcune» ciiciiivui""-»^"»» -
ifponde a chi nel chiama : 83
tama.
Mille e unii' anni al mondo onere e j
L'antiche mura , eh' ancor teme ed ama 4J
Pi cai 3 che non faranno lenza faina 3
Ar&É-
Sivolfe, in ch'ella fi la il njertro (lame, 2Ji
^mi .1
Tutti infeme pregando eh' l' lernpr
Ma tuberi nata che dal Ciel mi chiami
, ;
i ÀMM fi .
S
Che perch' io viva , di mille
Sotto '1
O refrigerio
quii fi
un non fcarapiJ
U prima „e con più'ch.ara lampa «I
al
trionfa , non pur icampa
cieco ardor , eh avvampi
4
i
avvampi.!
Rifalda il cor, perchè più tempo
O poggi, o valli, o fiumi, o teive, o campi) |
icarnpU
Odetto n'avven' , or chi fia che ne
A M PO.
Canzon mia , fermo in campo
riconduce difarmato al campo i*
Mi nelcampo,
Là've tempre fon vinto; e s'io
lampo J
Me! mio cor le faville, e'1 chiaro
i
AN A .
Ance.
Kneite dolci tue fallaci ciance
2 <«
parcongiufta lance
An c h 1
Al fortunato fianco
Sue laudi fora ftanco,
Movefi 'i vecchiarel canuto e bianco m
M\
Che vede il caro padre venir manco
Indi traendo poi V antico fianco
Rotto dasii anni, e dal cammino ftanco :J
In ogni parte , e più fopra '1 mio fianco A :
A N3E
, 1 .
4i« TAVOLA
In quelle carte orecchie avrei parlando «j
Qualche fanta parola fofpirando
Siwrgea foavemente mormorando t&
:
A K-
,, , .
Anni.
«Può tanto fchermire , e dagli affimni
TI
e
f
t iallar le V m
ghirlande , e i Verdi panni
,
per virt " de§\i ultim* anni
s
9
j-
' vili; (colorir che ne' miei danni
Non percoffadal Sol
1 molti, e niolt'anni : xj
>n V rrei qu
S' orno attender anni '
m ?1
Marerch: vola il tempo,e fu-igon gli anni
Onellanoftra etade , 0 ne'prim* anni ;
S ; Alia
ili TAVOLA^
Alla Tua ombra) e crefcer negli affanni».
Poi che j fecuro me di tali 'nganuì , _
Anti .
, , 4
Anto..
Saa paffion fotto il contrario manto Si
Però alcuna volta i' rido ,. o canto ,
s'
x
Via celare i mio angofeiofo pianto
eia ..
<5a
Efequefto mio ben curafTe alquanto,.
levido^, e me fuperbo 1' onor ranto:
Che l' eilremo del rifo affiglia il pianto »
4 i4 TAVOLA
Quanto fia quel piacer , fe niello è tanto ?
Non t'apprefsar ove fia -;fo,o cinto, 169
Canzon mia, nò, ma pianto;
Rimalo fenza il u.me eh' amai tanto 110
, ,
Cb'
.
Ara.
0 beltà fenza efemoio altera, e rara ut
Quella, ch'ai mondofamofa e chiara
sì
N6 perch'io fappia il quado:or è si amara, 145
Che nulla più Ben fa il ver chi l'impara j
.
Arda.
Da ora innanzi ogni difefa è tarda.
Queiti preghi mortali Amore fguarda. «
Che miluratamente il mio cor arda :
Ardi-
Che che penfi? che pur dietro guardi aot
fai?
Grugnendo legne al foco, ove tu ardi?
Le Soavi parole, e i dolci fguardi ;
Qui ricercarli 'utempeftivo , e
tardi.
Ardo-
Biunfi fol con Amor penfofo , e tardo : 90
Che il penlier mio figura,ovunqu'io (guardo.
Nèmi fa degno d'un sì caro {"guardo ; 62.
4ìS TAVOLA
Queljche vedi ora ortsUiomi ''rugso.ed ardo?.
Che movea d'alto loco; e'I dolce f^uirdo,ii5
Sono fiariti, e le al feeuir f n cardo
Folli degno udir più , del deGr ardo, 5}
Tenne il ilio dolce fgmrda- 94
Are.
Suoni Iti parole sì leggiadre e care ; 14J
Aliar 1 inficine in men d* un palmo appare
Arte , ingegno , e Natura , e'I ciel può fare-
Giunga cortei, ch'ai mondo non ha pare; 161
Co! fuo bel vifo fuol del l' altre fare
Dicendo , Qu into quella in terra appare
Fia il viver bello , e poi '1 vedrem turbare;
Gentilezza di fangue , e l'altre care 187
L' alta beltà , ch'ai mondo non ha pare ,
S* io avelli peritato, che sicare nr
In numero riù fpefle in ftil più rare.
,
DELLE RIME.
4 9 i
Che bagna faobel vif0 ,e
gli .echi chiarito
1
; 4P
:
U
i non lo Te le parti
, ianan nari :
z6o
D; che a me morte e il ciel fon tanto avari :
Gol membrar desici anni, e degli amari
A R t A
fi veggio andar ver la ft ;Jg 0 co trarla :
r>
n . .
Asia.
Uipinge , e di lei parla
A voler poi ritrarla
:
,g
,
Ljnao tempo il cammin da feguitarfa 195
Wh eh Amor meco parla,
;
V /r
Ario,
Vo trapalando,
|
e iol d'alcune parlo, i,
I^Cffif.
cfi P ° Cen
fua man trarlo,
l&afel Amor con
cui fru il- ne parlo )
,
235
yueiloipirto, ond' 10 villi;
afesuiirarlo,
Per erbe o rer
, incanti a le rifarlo :
153
« non 1 ud.flì
}
ei la che'] vern parlo ; :
ue.egno vecchio mai non rofe
tarlo^
~, Arme.
<£t Dorelle al bif, , n „ „
render ;Vrne .
V,o TAVOLA
'Ch'io l'ho negli occhi, e veder fecoparme i ,
Di rimearmatOjód'cggi mi difarnio^mo.iJS
Ause-
E di querta nojofa , e grave carne ,
lei andarne
Potea innanzi
Prender Dio perfeamparne
À uno. I
DELLE RIME. 431
Arno.
TOel!a,perciti con S. rga hj cangiat'Arno,li8
Ed'iogià vifii,or ne ftrugg ;J ,e fcarno,
n pei più volte ho riprovato indarno
Nè col mio itile il iu;> bel vifo incarno.
Quante lufinghe, e quanti preghi indarno 26»
Il poich'i* nacqui in fu la riva ri' Arno,
Balia'mia; benché 'I parlar fi a indarno i"4
feera'l Teveio , e 1' Arno, 105
Aro.
Era'! giorno
eh' al -Sol fi fcoloraro
,
4
lei be' voftr' occhi, Do-ina , mi legato .
Àrse.
, 1
45» TAVOLA
Arse.
E ^er farne vendetta > o per celarfe j
non nuófermarfe
C!is- voftra vifìa in luì
Ch' altro piò dolcemente mai non arfe j .
Rime Pe$ratta ,
<f
, .
43+
Che fa fecuro il
TAVOLA
navigar fenz* arte,
Stelle nojofe fuggon d' ogni parte
Per cui lagrime molte fon già (parte
E così trillo ftandofi itì difpatte j
.-
DELLE RIME. Hi
nionocchier e rotte arbore
,
, efarte,
Love, ed Ap 0 Ilo, e Poliferno,
e Marte:
«wor non fo d> ufcir la via nè l'arte zt 9 ,
,
Jb iccom uom talor, -che piange,
e parte
Qe a ie far, come ftelle'ii cielo fparte
, 11S
«a poi eh io giungo alla divina
parte,
Un manca l'ardir, l'ingegno,
e l'arce ,
tornea a; me l'ottima sarre.
m niie Iperanze Inarte
z, 7
24;r
P! dal tuo giogo, Amor, l'alma fi parte
,
pacato evi rtute, anzi è beli' arte
BmiBCia: O Donna intendi l'altra parte,*
Sj
-he il vero, onde parte fi
T 3 Arve,
. ,
„» T A V O L A
A RVE .
nf
Mira *i gran fafib donde Sorga nalce
Di tua memoria , e di dolor li pafee
amor to' ch'abbandoni, e lake,
Il noftro , ]
s c o .A
Move'l dolce, e l'amaro ond'io mi palco: li
Mille volte il dìmoro , e mille nafeo ;
A s 1 .
L Assi,
p' è refrigerio de'fofpir miei laflì , $o
liti non donne ma fontane , e farti ,
Bfh'e piè miei non fon fiaccati, e latìì £6
traendo inutilmente tanti: paOi ;
l'i'vo empiendo di vokfe'nciò fallarli ;
pn de' miei piè Jafiì 97
iidendo lei , che com'un ghiaccio ftaffì
;
Hoje'n terra m'ha mcchiufo ì paffi : 104
trek' a gli occhi miei lafii
[così meco ila (lì ,
Che
43 s TAVOLA
!o fpìrito laffo
Seco fi llringe e dice a ciafeun parto ;
, 17}
Asti.
Ch'abei principi volentier contratti; a
Per qual fentier così tacita entrarti
Troppo felice amante mi inoltrarti
j
Aauella, che miei preghi umili, ecarti.-j
, .
440 T A V O L A
Gli occhi pieo' di letizia j e d'oneftatre ;
Cb?è vetitoied ombra ed ha nome Beltate;i4
3
DE L L E RIME, 44t .
f E
Fer
pietà lui
0 /'aere ritenne
medefmo a v ea
I jjf j. Sf'
me Vl vo 5 a pianger nato :
,1 teciaò duo-Imi , perchè in tale (tato
Peneguendomi Amor 1 al luogo ufato;
87
AVi mie antichi pender mi flava
armato •
FIto?
na avan2a d ci
conforto ufato
loquant' io mi viva in quefto
W^rdipan J(1 pe na col peccato
flato
: a
p
i 1 s
I fepa mi ridulTe al primo flato,
adattotalor, eh' in miglior flato
>»na in altrui biaimato .
i 34
hntoquel eh' i« foftegno in tale flato : 191
Lns con la Morte a lato
tona agguagliarci mio dogliofo flato ? 194.
Ini orbo mondo ingrato,
n Ca «ifate ; ed a gli amanti è dato
E? zi»
Tte ebbe invidia al mio felice
flato ;
za yij , come nemico armato .
T 5 Fui
,.
T
44i TAVOLA
Fui mal accorto a provveder mio flato, 4
Che tal morì già trillo e fcoiifolatoj
Cui poc' innanzi era il morir beato.
Così '] mio temno in fin qui trapalato 15»
Che ftringer pofsa 'I mio infelice flato;
E le mie d'elio ingrato
Ovver piangendo iftuo tempo pnùato, itoj
Atti.
Quali fpelonca di ladron fon fatti ,
Ogn'imprefacrudel par che Ci tratti
Deh quando diverfi atti
'
Atto.
E fe non fofse il fuo fuggir
sì' ratto , 14*
Alcun d*acqua odi
5 foco- il gufto,e'l tatta 1
|
Atro.
Foflìu sì lunge, avrei pien Ti le, e Battro, iti j
Ava- ,-(
A me nojofo e grave :
$r
Empendo d' un - enfi e r' alto , e foave
Qud coreond' hanno i begli occhi la
chiave
«(iella voce angelica foave.
3a
Cosìdeftiro in me l'anima grave .
Del mio cor Donna,! 'una e l'altra
chiave
Neloir, come colei che tien la
chiave ria :
444
Lagrime rare
TAVOLA
, e fafpir lunghi, e gravi
E le talor da' begli occhi foavi , iSj
Aura.
Là ver l^urora ,cfee si dolce Paura
Imiei fófpiri , ch'addokiflen Laura
EJIa fi fta pur coni* atpr* alpe all' aura
Nè pianger mio, nèi preghi pon far Laarì
l
Dai
, , ,
DELLE RIME. 44 y
DjlBoreaalPAuftrojodalrnar'Indojal Mauro.
Tolto m'hai, Morte,'! mio doppio tefa uro,
Nè gemme orieiKal , né forza d'auro .
Ea .
,446
Sì (laya
TAVOLA
quando il Sol più force ardea .
Che in mille dolci nodi gli avvolgca:
E'1 vago iume olerà mifuraardea
Non fo fe vero , o fallo mi parea :
EE Be .
|
Spinfe Am-r'edolor'ov'ir non debbe, 24?
Ijuel , che ie fofse ,ver
torto farebbe
Eb'afsai'J mioir.ìto rioquetardevrebije
Con coiai , che vivendo, 'n cor iempr' ebbe
;
Ebbia.
L'aere gravato , el' importuna nebbia
53
I Hodi gravi pender tal una nebbia
;
mai nafeofe '1 ciel si folta nebbia
ÌS'è
|
, 54
Dentro, e di fuor fenza. Pufata nebbia,
Fiadinanzi a' bey. h cechi quella nebbia
|
,
Nè fuori curava di (pezzata nebbia.
Ebro.
Non re fin,Pò,V'aro,Arno,Adjge,eTebro J i23:'
Rod a no,Ibero,Ren,Sena,Albia,Era,F.bro,
N n cdra, abete > pin, faggio, o ginebro
,
Conì'arboicel, che'n rime orno, e celèbro,
EcCH I A •
Eccmo.
In qitefto pafsa'I terreo, e' nello fpecch io. 1 3 j
Or fi* che può: già fol'io non invecchio : 4
Ecco,
.
44* TAVOLA
Ecco.
E'1 troncon rotto,e quel vivo umor fecco;:i7
Volle m
sì fteifa i! Iwcco
Eco.
E parli al cor pur come fofleor feco >
,
175
Tu te n'andarti e' rimafe leco ,
, li
Ma fe il Latino, e il Greco
DELLE fiJME. ,
44?
Pafco'Icordi fofpir,ch*altro non chiede)
Edolce'l pianto "iù. ch'altri non crede >
Ben fai , che sì bel piede 99
Onde '1 cor Liflo riede
Ove or penfando , ed or cantando fiede } 177
|$ fa qui de'celefti fpirtTfede
«*5°,
Già di me
TAVOLA
paventofa or fa, noi crede]
O vedea'l ToJto,or l'animo, e'1 corvede :
DELLE RIME-. _ 4M
D'un picciol ramo, cui gran fafcio piega ;
Nèfi fa ben peruom quel, ch'i! del nega.
Esce.
: Econ un duro fren mi mena > c regge l*t
Trapana ad or adx>r l'ufata legge
I Del cor proto nco nella fronte legge;
E vede Amor, che fue imprete corregge,
Cbiponfrenoagliamanti,o dà lor legge? 1^4
Ma fpeflo nella fronte il cor fi legge: (199
f i
Morte m'ha Iciolto, Amor, d'ogni tua legge ;
Fere felvagge , e manfuete gregge 105
; i
Per più dolor , c< popol fenza legge ;
l 106
I
Al qual , come fi legge >
l' mi fido in colui, che'l monde reg-ge , $3
Mi meni a palco ornai tra le fue gregge •
E cg i a .
g g r .E
fervo d'Amor , che quelle rime leggi ; 156
Ben non ha'l mondo che'! mio mal pareggi
,
i
Spirto gentil- che quelle membra reggi , 44
Con la qua! R: rai,e fuoi erranti correggi
Eccio.
No far mai tutte fpéte, a quel ch'io veggio;4S
; E temo nò '1 1 econ do error fìa peggio .
4-.* TAVOLA
Ogni loco m* atcrift.tjov' io non veggio . li
5* io dormo o vado , o leggio, i
,
Novo
i
Novo
491 ,
TAVOLA"
piacer , che negli umani 'ngegnì a
E par ben ch'i' m' ingegni,
Ohe di lagrime pregni
Pioggia di lagrimar , nebbia di fdegni 14}:
Celanfi i duo miei dolci ufati fegni :
Senz' altro ftudio , e fenza novi ingegni, ijj)
Tu '1 vedi , Amor ; che ch'arte m'infegni: 1
Non lo, s' me ne fcìegnij
1
Vide
,
45? :
143
tOu'ato di mia vita foftegno?
Eufuo tu far il mio fon no almen degno
Kwlafsu non ^berga ira ni fdegno :
,
) di mano, o d'ingegno,
Mi qua! amor sì licito, osi degno; ij
ffui-oa materia a sì giiifto difdegno ?
Vai
. .
4s<*
Pur d'
TAVOLA
onorato fin ti farà degnò
'
Vergine ma ti prego ,
;
Egra.
Sparfi fotto quell'elee antiqua» e negra, MS
S' accende intorno ; e 'n villa fi rallegra
Non fa per te di ftar fra gente allegra j
Vedova fcon folata in velia negra .
Egri.
Le perle e le ghirlande,e i panni allegriii!»
,
I Ei.
Ha pai eh' i' vengo a ragionar con lei ; «g
Se niponder favelle a' detti miei
ngmahon , quinto lodar ti
dei
« avelli quel eh' i' fnl» una vorrei »
^lbelvifotr,fTe„gliocchimiei
5 9o
P'«l) che voientierchiuli gli avrei
Mente a contemplar fola coirei;
altro non vede;
g
W.ungo,
e ciò
che non é lei,
e d 0 lce ragionar
conici- fi-
Kir.cn di parlar mecoi
pender miei '
« era ad apprettarli
agli occhi mi •
e T
J fÌ- ?'L'«r "egli
•M.Memael!,,
n
occhi miei?
pur devrei i'
, . ,
4S S T A V Q .1* h
io vorrei
Vedrò mai't di che pur quant'
,
colei i!j
Far poteiV io vendetta di _
fpen in
Fia ch'io non l'ami, e chVnon
lei :
J
Del cui vivo, e fenza'l qua! morrei: >i
amor
e rei,
S'Udirli; ch'i miei di fian pochi,
•
in lei: ,1
Spenda in me tutte ,e l'impiombate
S'ildifli icielo e terra , uomini, edei
,
,
n >
,
D tfjfcE RIME. «
4 59
"Ito.ifflff^gli occhi m ld;
S1
&j
Ed.co: Amma, affai ringraziar
Ag iocch. tuoi Javiftadi
de ,
'
colei xSS
" qu.il' anco vorrei
f,V
iri rdi «
,( e ricordar rendei)
Ed fco tardato
più ch'i' noti vorrei
joterromper con ven
. ,„
U
queir anni rei :
fercfte mai veder lei
|
Wi fcr cor coftui gì'
, inganni miei
.
.
5*
Turchi, Arabi,
,
e Ci Idei,
i
£ M ab n Porto I',fà
|<leÙ a C on si
i
nata vela
gmftj quercia,
*°
7<>
r
f* «.w monti li-i ri^ne, e còla-
fimo Soie agii orchi urei non «fa'
, .68
v * Nel
4*o t a v qa&A
Nel qual'onefto Amor cWPf rivela
Per accorciar del mio viver la tela;
Che roti pur po ite,o guado,o re.mi>o vela)
, edVr la
Con le farte di fera vela , zìi
il vela:
E'1 del iqual'èjfe nulla nube I
Eie.
Per feguirquc-fto lufinghier crudele 15» !
Ella.
Ciafcuna. delle tre faria men bella ,
V 3 Fa
,
Fa
4<ft TAVOLA
fubito fparir ogni altra ftella ; H
Cosi par* or men bella
E% E e .
AH
Ciò ne fa
TAVOLA
P ombra ria del grave velo.
E fiammeggiar fra la rugiada'! gielo j itsj
'1 pelo
Pere' hai co fiumi variati , e
Elva.
torna a cala, e qual s'annida in felva 14
Qiial
E M A.
Urlando ogni fu a f 'refa;e piagnee tremai 18
Se non ftar feco in fin' all'ora eftrema ?
Em b o
Una pioggia di fior fovra '1 fuo grembo > 101
Coverta già dell' amorofo nembo :
V 5 EMJf-A.
. ,
4?6 TAVOLA
Embra,
Un dubbio , come poffbn quelle membra io
Ma rifpondemi Amor:Non ti rimembra>
Ove le belle membra
( Con fofpir mi rimembra) mo
Che ricopria le pargolette membra ibi
Sembrar mi fa ; si forte mi rimembra
Spirto dogliofo errante mi rimembra ,
, ifj
E ritornai nelle terrene membra.
Ti tremai mondo quando fi rimembra
,
E i faffi dove far c-hiufe le membra :
4f!
EM E .
: 60
Di là non vanno dalle parti ed reme :
Ma le parti fu preme
Di Jor' obbietto ragionar infieme; su
Forfè or parla di noi, o fpera, o teme
Poi che ultimo giorno, e l'ore eftremé
1'
E
4««
'J
TAVOLA
fuo difetto di tua grazia adempì
Empiè.
Tutto'1 cor di dolcezza-e d'amor l'empie;^
E per fàr.mie dolcezze amare, ed empie,
j
Dei fiorir quelle innanzi tempo tempie •
E n a •
Si turba , e rafTerena ,
470
Onde tolfe
TAVOLA
Amor l'oro , e di qual vena I5|
Tenere, e frefche; e diè ior polfo, e lena?
Onde le perle in ch'ei frange, ed affren-a
Di quella fronte più che'l ciel ferena?
Tacerem quella fonte; ch'ogni or piena j ny
Ma con più larga vena
L'anima aldipartir pretta raffrena .
Quefta loia fra noi del ciel fureria
Amor mi lprona in un tempo , ed affrena, 1$
Or mi tene in fperanza , ed or' in pena .
!
DELLE RIME. 4-71
L'aria,el acqua,e la terra è d'amor piena:
Cfie'l Re fofferfe con più grave pena > 148
li or novellamente in ogni vena
? non turbò la Tua fronte ferena
Vergine fanta , d'ogni grazia piena; 261
Edigiuftizia il Sol , che rafierena
Venti contrarj alla vita ferena :
tof
E quel che 'n altrui pena
Condotte dalla vita altra ferena*
7
Cle vendetta è di lui eh' a ciò ne mena;
SUman legato con maggior catena
Sai Valentinian , eh' a ììmil pena 169
Ira è breve furor' ; echi noi frena.
,
Della mia vita; ove'l piacer s'accende 62
[Ogni altro lume dove '1 voftro fplende,
Quando tanta dolcezza in lui diteende ,
Per dar luogo alia notte ; ondedifeende
41
L'avaro zappador P arme riprende ;
Rompete il ghiaccio che pietà contende; 125
E, fe prego mortale al ciel s' intende
[Di quel lo ove'l bel guardo non s'eftende .*
Ad-
,
A-^i
Anzi
TAVOLA
è falitoal Cielo j ed ivi fplenda : Mi
Ivi 'I vedremo ancora ivi o' attende , ;
Or
DELLE RIME.'
Or, come vedi , vodi te piangendo ] ioJ
m
Che quando torni , ti conolco , c '.stendo
Irdrittoalto m'infegna;ed io,che'ntendo 107
dolcezza 1 che
Per la fuo dir prendo ;
Uom
,». ..
474 TAVOLA
Uom beato chiamar non fi". coti vene .
Che'n villa umana^ii fórma d'angel venejujl
In rifo 5 e'n pianto, fra paura, e f >e ne
Ma pur, come fuol far, era due mi tene ; ]
Voi pofledete , ed io piando '1 mio bene . 16I
Sì è debile il filo, a cui s' ateene
31
Che dal dolce mk> bene
Feci, fol' una fpene
Efca del toco , e di sì lunghe pene ? gj
Piaccia a quell'occhi, e quanto fi con vene? 1
M'ha dilungato dal maggior mio bene ìot ,
£mi •
. . .
Siccome '1
fuo paci ileo , e fereno
E ria fortuna può ben venir meno ;
[lefe-tiadentr'al cor già venir meno 3»
I Centra la morte ogni animai terreno ;
v
[Larga'idefio, ch'i'teng or molto a freno;
Ed io contra fua voglia altronde *i meno
Mirando '1 Sol de' begli occhi fereno , UJ
[Per gir nel Parad ifo fuo terreno :
Enno .
. -
E nso .
Allor
- ,
*?S
Allor eh*
TAVOLA
i' miro, e pento.
E MTA
S'infiamma d'oneftate, e tal diventa ; i;tj
Neil'
. , .
£fat-
r
E
4.S0 TAVOLA
fatto (iugular dall'altra gente; I
La qual'era pofTente
Di ferenar la temneftofa mente,
Ma'l cieco Amor' e la mia lorda mente tà ,
It
Enti.
gonmiirandoa F^lìì cardi , e lenti -,
,
Egli occhi porto per fuggir
intenti.
BriDumteiio» accorger delie aenti
ì
Krcaè negli atti ci' allegrezza fpenti
Bdicei ir.-. imo cor , Perché paventi ?
tM.'/agl'jOv'io mi ftruggo.eran prefenti.
U
PjDSUu ìod.2 begh occhi
'lucenti,
Kxnprcba intorno da rabbiofì
ferrate incontra agii amoroll
venti, »
venti
;ks fopraggmcta dal furor de' venti
<4
da gelati , eda'foavi venti:
fetrae del mio si dolorofi venti»
odebb'io perdonare a tutt* i venti
UBontuggJo giammai sabbia :isc
venti,
fanea forza di venti
g.
gl'i' Ingegno d'amor
, r.li occhi locenti
fp eiJto
•
*
zoppo,e'nfermo,; lento
P rl
?
„ di medopo ] a morre
Ona io, perché
,è vento ? 8,
*
m
pavento
Ogiorno o ora , o ultimo
Parend > , momento , , „
"
, per non efTer mai con
O conoJco «t 0 >
, mi ci danni : or mi rifcnt. :
gante fper anZe fe „ e porta ,
ìj v
» u dolcezza prenda, di tal
,e 1 ,oco ;°" d, ancor
concento , „7
Ir u u
E ce
doglia fento '
ol la memoria mi fgomento ?
Eie a r lieti ,e tritìi
in un momento * 5JO
™ leggiera che 'i vento
few
S f i
tUCman
e i?
P«°rnV far contento
chi ^eal vento:
.
I9
9s
aver
n F
r-' V Iute ,
ebbi tormento
pm
Z?™V H° per "«cento:
? WEior fermi contento
>
1!
ittóia, o polvere ai vento 35
K F?V
eia
il /
C
M^pre
mal.chV ho fenato,
principio a si lungo
do ardimento 24Ì
e fento;
tormento :
ome mirer<>> e contento
Il -
5
ignudo, paventofo,
[
I
eletto:
m tutti 1 colpi fuoi commette al vento
25
Era.
Soii' animali a! mondo di sì altera
Di dì in dì fpero ornai ,
1' ultima fera .
DELLE RIME. -
m fofpirando andai mattino
4s 3
, e fera ,
lUttO} com' imbrunir veggio la fera,
Lij ch'ioafpettotutto '1 di la fera,
Iqudta, di' anzi vetpro a me fa fera
,
Ricca piaggia vedrai dimanda fera-
173
oaipea'ifonno:e que!,che'ii me iióera,iS
vitali hn', e 'idi loda la fera .
nti fovven di quel}* ultima fera , jSo
tei dico per cola ei'perra , e vera
;
certo ogni mio Audio in quel
tempo era 211
vorrei ben piacer : ma quella altera
za mi con venia dove morte era .ioj
wgando affrenò , perch' io non pera
'ommi il mio penfier in parte , ov'era 21
j
lividi più bella , e meno alrera
.
alm^attrafleairamorofafchiera' 15»
m i' non m inganno
5
, era
ine pura , d' ogni parte intera
, i6t
oeftra delCiel lucente, alrera,
mia dolce nemica , ch'è si altera . 13J
conforto
1
mè dato eh' i' non pera
di luce privar mia vita fpera;
modroimiei pien' d'umiltà sì vera,
locata l'aveau là dov'ell'era.
'nova gente oltra mi fura altera,
^
«dunque la nemica parte fpera
74
ipMSTOfta dalla contraria fchiera ?
iboancor mi traile alia fua fchiera : 91
pre innanzi mi fu leggiadra
altera :
X 3 £».
4^3 TAVOLA
E R5A .
Erbe.
Lieti fiori,e felici , e ben nate erbe , 130
Eoel bel piede alcun vefìigio ferbe
;
fciietti arboscelli, e verdi frondi acerbe;
jievi fa co'iuoi raggi alte , e fuperbé
;
F ERCHIO .
L »
Eleo.
hn\ dì, e notte palpitando cerco J58
;
Rir lagrime, e lofpiri, e dolor merco :
Eroe.
filando mia fpeme sia condotta verde laal
[parca dir » Perchè tuo valor perde?
Mormorando fuggir per l' erba verde
137 •
Erdi
E lei fegu.er.tlo fu per 1' erbe verdi 4}
Ahi quanti gaffi per la fèlva perdi
Ere.
Da indi in qua m'incominciò a parere . iti
Ed è si vaga anccr del rivedere .
Erga.
Ne' quali Amore, e lamia morte alberga; Mj
Ch'i' fuggo lor , come fanciul la verga ; 1
Eoco non fia, do^'c'I voler non s'erga;
Per. non fcontrarcfii i miei fenfi difoergaS
Dei-gran Pianeta al nido, ov'egli alberga; d
Drizzali in piedi ,e eoa l'ufata verga
La frale vita eh' ancor meco alberga-) js
E E RL •
Ermi-
K quefla Donna , e non fo fare Tenermi is
«ròcoii gli occhi lacrimo!! , e 'nfermr
fctre che 'icor dagii amorolì vermi zi6
X S Ce**
TAVOLA
Cercai per poggi folitarj , ed ermi ;
Ed ebbi ardir cantando di dolermi
In quella etate a'penfier novi, c'nfermi
Ermo.
L' occhio non può flar fermo;' J7
•
1 ardendo il verno.
fiate,
Niente apprezza > ma diventa eterno ; 103 1
r
Qual.per troncojo per muro edera ferpe,.
E.R P I-
1
Ch j' mi ripofi , e levimi da terra ?
In ramo fronde » ower viole in terra: io*
Di eli' era nel principio di mia guerra.
Non curi che fi fia di loro in terra rSc
In tal p.iura
, e 'n sì perpetua guerra
;Qual chi per via dubbiala teme , ed erra •
Quando novellamente io venni interra 190
A foffrir l'afpra guerra
Né poffo il giorno che la vita ferra >
Con quel celefte portamento interra; i95-
A tanca pace , e me ha lafciato in guerra;.
Hai, che s'altri mi ferra-
Sant'invidia tr porto, avara ferra ; H4-
Dove pace trovai d'ogni mia guerra!
ne porto al Ciel,che ehiude,e ferra,
(pianta
E per altrui sì rado fi diflerra!
Diinius nercfiè mi date quella guerra ? ^as
Ve-
494
Vederla
TAVOLA
udirla , e ritrovarla in terra .
> ;
E»SA.
A! mio imperfetto alla fortuna avverfa
>
Esca.
Come '1 candido piè per l'erba frefca 131
Delletenere piante tue parch'efca .
Amor , che folo i cor leggiadri invelca 4
Ch'i'non curo altro ben,nè bramo akr'eica.
Dai freddo tempo , e dall' età non
frefca ; 4$
Fiamma , e martir nel 1' anima rinfreica
•
^Marvel?afpettar m 'increfce ^
* Jmar fenz'ond^e r l'Alpe ogni pefce* :
E corcherà, l Sol là 1C
;
'
cine end' efce
Chiufa feS* è piò ardete; e fe
Or de miei gridi a me medefmopur crefceJ
increfee J
r . : Esci.
Fere fi ve/Ire vaghi .-.ugelli
e pefei
, ,
Dolce fenner , c h e si amaro ,
riefei ;
Colie , che mi piacerti
or .ni rincrefei, I ,
f
Con quel fero delio , ch'ai cor e 5«
s'accefe
Ad alerà vita , ed a più
belle imprefe !
»i eh avendo le reti indarno tefe
,
Or con voghe gelate, or con accefe
,
offefe ;
n e raS10narCOrtere;
Let"re :L°'nt efÌ
Cif ebbe qui '1 ciei sì amico, e sì cortefe; *o 9
Anzi
DELLE RIME. «9
Anzi me nel fuo paele
tempo per
Per lo migliore al mio defir conteie
E" quelle voglie
giovanili acceie
Ti volga al tuo diletto
almo paele . 105
Vedi, Signor cortefc , .
quanto fu cortefe-
Spefle fiate
a4
\h vendicar le difpietate ottele
N:!l' umane difefe ;
Est
Cri' al vero onor far gli animi sì accefi ,
64
Per diverfi paefi.,
Furmi in fuicominciar tanto correli ; 15*
Vidimi ; che nè lor , nè altri offeu .
Or; bench'a me ne pefi ;
prendo che del canto preii: » 0*
Del pianger ,
'
ha fatto deferti pae" ; *5*
Milie lacciuoli ogni parte
in teli j *53
lE'l verno in Urani meli
Es o
io fon prefo , 48
i nodi , ond'
1
Efolgorar
Da ta
!
due luci è l'intelletto offe lo »
Dolce mal , dolce affanno, e dolce pelo , 15»
Dolce parlar', e dolcemente untelo
n ha ottelo
E tempra il dolce amaro , che
Col dolce onorane d'amar
quella Lai preio
Coa-
500 TAVOLA
Contando anni ventuno interi prefo 2 0«
Morte difciolfe: nè giammai tal pefo
Ebbe un' altrolacciual fra l'erba telo
b. di nov efea un'altro foco
accefo.
Espe
Ann, che quelle chiome bionde,ecrefpe iM
E poi 1 raccogli, e 'n bei nodi'l rincrefpej 4
Tu it.n negli occhi ond amorofe vefoe
Cora animai die fpeflb adombre, e'ncefpe: ij
r-
Esp o .
Ch*
DELLE RIME. 501
Ch' ai sì preflb ?
defitto frutto era
Tra la e la man qual mino è mcflo ?
fpiga ,
Estro.
[uelSol,chc mi moftrava'l cammin detiro «7
liiue'l mio lume,e'i fuo career terreltroj
Ood'io fon iàtto un'animai iilveftro
304 T A V 0 L A '
j
Al mondo) eh' è per me un dc'erro ^Ipeff ro«.
Età.
Par che fi di feon venga; e però lieta ;']
Eti ,
P°or d'i muratori, e
DELLE..UME.
di poeti;
^K
|H»ti,m'ha, tatto,di ,g,
7
te^ rte
dogJiofi Vjieti
|n forando m g Uardo
o^ft^;"
" CieI'ordifue 1
. - ETR E .
,
-T
74
peltro ,d«, cl di. ornino i
dietro-
e?
U
P me iamfiJ.or pai*.
>ddie ro 3»
"1
s o6
TAVOLA
E perchè pria tacendo non m' impetro ? d
Certo criftallo, o vetro
Come pafiatoavea quell'anni addi; ero ,
ij|
Chi{marrit'hala{trada,tornj indietro
1
. 9
Spenga la lete fua con un bel vetro -
Come raggiodiSol tialuce in vetro m .
Vergine benedetta ;
ra tanti
, e si bei volti il più perfetto ?
tawk> gitane a Sirr.ot: l'alto concetto
6S
(ila figura voce ed intelletto j ,
r me fono un'umbra,ed or
t'ho detto
olirò ingegno , e del cortefe affetto
; 95
E tanto vigor nel mio cofpecto
;
quella eh' io co;\ tutto'! mondo afpettoj
U nou (enti ma pur fenza fofpetto
;
Eva.
litro lagrimar , ch'i'oon foleva : 1 Sf
cernoftr' intelletto al Ciel fi leva:
inori' a qui niente mi rileva
ai non vo più cantar, com'io foleva : Ss
Jjnpre fofpirar nulla rileva . .
Ève-
,
più bianca , e più fredda che neve tj
ghiacciar il foco,arder la neve
.
.
Y 4 Or»
1
S«
Oraipra, or piana
TAVOLA , ordifpietata , or pia}
Òr vefHrfi oneftate , or leggiadria
;
Nel cominciar credi a
Mi porfe a ragionar quel cb*j*fentia i
D'alcunbreve ripofo ; ovMIa obblia
Lanoja, e*I mal della paffata via.
Crcfce , qualor s* invia
Delie mie colpe , e dell* ufanza ria
;
Ch'i* temo forte di mancar tra via,
Per fomma, ed ineffabil corteuaì
Poi volò fuor della veduta mia *
Ond* io configlio voi che liete in via
,
E h nemica mia
Dritto a morte m'invia»
Pur come fuoj , fi ftia;
Nè mai più dolce, o pia
Piena trovi queft'afpra , e breve via t
S'ildifljj ilferoardarchemidefvia,
DELLE RIME. 51
15 per tue morta, ecortelia:
pietà
fri di ili; il dir s'nnafpri , ches'udia
s' impara ;
ili equal'è dritta via
ìentre '1 fegui a! fommoben t'invia , 9
Rieti prezzando quel, ch'ogni uom defia:
Y % A te
1
5i4
A te più cara
t
sì
a
felvaggia
vola ,.e pia
Salvando infìems tua fallite, e mia .
Va' tuoi pregili ,'a*M A RI A ,
vergi uè dolce, e pia,
Non è quefto JJ rerren, ch'iWai pria ?
i
Madre benigna , e pia ,
I relè delle terrene
membra pria
La Donna che colui eh' a tene 'uvia,.
Vita mortai, ch'ogni animai delia,
senza toipetto di trovar fra
via
Povera e nuda vai FJIofofia
, ,
i
Pochi compagni avrai er
p l'altra via
xJov io bramo e raccolto
, ove che fin : ti
efie au conducon per più
piana via
Adiaom mortai non fi- aperta la
via s
Appare m
vifta , é tal vita
afpra , e ria
Al Tegg,o sì larga , e piana via
qjia]
Ch fon* jntrato in fimil frenefia
i
; |
Mie 1 danno è grave e la vergogna;
è ria E
Ma perche più I anglnr ? di noi
s
fia
Amor , quando fioria tt jj
Acola d'errori , e tempio
d'érefia , ni
Gu Roma, or Babilonia falfa, e ria;
Ove! ben more, e '1 mal fi
nutre, e cri a ;
•L'i vivi inferno
; un gran miracol fia
Pafco
y ogn
la mente
altro dolce
d' un sì nobil cibo , m
, e Lete al fondo bibo .
I
DELLE RIME. _ s*?
[alor, ch'odo dir cofe,e'n cor dtefcrl'uo ,
I b R a
L'Aura fon va, ch'ai Sol (piega , e vibra u*
fcga'I cor lalTo , e i levi fpirti cribra
No ho midolla in oflo, o 1 angue in fibra,
,
Ek fempre il ridica »
trae tu m' eri ami.??. .
totfe ancor
fi a chi fofpirando dica 15*
Fortuna agii occhi miei nemica!
yilttijO
;
il Sonno, è veramente
, qual' u»m dice > i65
Solo al mondo paefe almo
felice,
Ch non penfo e (Ter ma i fe non felice itt
!
.
«Molta* è del m.o amaro la radice.-
£ u n Pen lie r paria con la mente , e dice:
h
.
Ida.
Del mioben oia?a,edel mio pianger rida;i3$
Noi oerchè mille volte il dì m'ancida >
i°9-
Loco mi trovo , c'n più deferto lido ,
Quel dolce error , pur li medsfmo affido
leggio fenz'òcchi;e no holirgua,c gridojira-
Palcomi di dolor ; piangendo rido ;
3'
Sèdi !ui,nè di lei molto mi fido ; 5
Irja:.-
Si» TAVOLA te?..
Ov'io la vidi ; e fol tra, che m'affìigi , n;
Lei non trov'io ; ma iuoi Giriti ve/ligi
Veggio lungeda'ìaphi Sverni , eStigj.
fcio.
Ercer dir'all'eftremo il gran fervigio, ij*
Ed in pender , poi che fatt'era uom ligio ijjl
Di lei eh' alto vedigio
I G L l 'A ,
molte miglia
c l 1 e I .
IciiO- ì
DELLE RIME. 5"
Iolio.
die naturai configlio »
fon fapev' io 56
Tanto provato avea 'I tuo fero artiglio .
1
Mentre potèo,del fuo cader maligno : 1 6
|
Orid' io preti col fu'-n color d'un cigno .
ICKE.
,
Mie venture al venir fon tarde e pigre ; 49
Epoi al partir fon più levi che tigre .
Laffo %
5tt T A V O L A
Latto, le nevi fien tepide enigre
, t
D' un medefimo fonte Eufrate e Tigre;
j -a
Ile.
Amor, Naturarla bell'Alma umile ,J
ChVroora affatto, e 'n ciò fegue Ino Siile J :
P.co
DELLE RIME. 5*?
taoera fiata ancor l'alma gentile «!
(Cfc'era(iell'anno,eòi mia etate
Aprile) "9
i97
ifaimmTcntir di quell'aura ..gentile
Sgombrar d'ogni nebbia cicura , e vile ;
ogni «ile .
E '1 mio duro martir vince i
«ile
Ov' è condotto il mio amorolo
.
limi.e
'imprefle al core , e fecei fuo
gentile,
uanto ha de! pellegrino , edel
umile: 1S3
iiierere d'un cor contrito
he devrò far di te cofa
gentile ?
•dal mio flato affai mi ferò., e vile *6+
1 tuo nome e pen fi eri, e'ngegno ? e itile;
ien caro altrui chi tien sé* cosi
vile . jc#
(angue gentile
•
atin ,
Ilr
! man bianche fottili ,
3*
le braccia gentili
ideici fdegni alteramente umili,
SU TAVOLA
Illa.
Lagrime l'altra che 'I dolor diftilla
,
Ima.
pjnnaj per me vcftra bellezza in rima ij
Ricorro a! tempo , ch'i't'i vidi pr ma ,
piovra da polir con la mia lima:
Però l'ingegno , che <u 1 forza e.flima ,
perchè quel che mi trulle ad amar prima , so
Eli eh' ioli vidi in prima, 64
Cosigli ho di me porti in fu la cima; 65
Chem'o v.ilor per sè fa'fo s' eftima
i .
'
E rosi torna al fin (tato di prima :
'
E ria
; dritto eftimo
s' i* ;
Ine.
l'ore del pianto , chefon già vicine» 10
Prendere or' al la fine
E che mi feorge
al gioriofo fine: 61
Contar poria quel che le due divine
iquando '1 verno fparge le pruine»
bferdue treccie bionde?e'n quali fpine 163
alfe le rofe ; e'n qual piaggia le brine
Ioga.
Di che nulla pietà par che vi ftringa ; io)
I Ng e .
In g uà ;
In molte parti ancor per la tua lingua , W
Prega che non ettingua ;
Ino.
Poi che per mio dettino
Sia la mia fcorta, e 'ufegnim'il cammino;
S'egli è pur mio dettine)
Qualche grazia 'I mefehino
O voi che travagliate ecco'l cammino
, :
Tefefn l'.-rba* Wè
verde 'I cammino:
l' foggia le tue mani , e per camini- o j
M'aa.
DELLE Ri ME. 5 t9
l' andava fcouofciuto, e pellegrino;
er darmi a diveder , eh' al fuo dettino
'cofada ftancar Atene , e Arpino , 17$
ingua marta « al Tuo fiato divino
1 per elezion , mi per delfino,
.feconfe itimrnto é di datino ; 196
midi gii occhi fempre , e '1 vifo chino ?
W perde agevolmente ?n-un mirtino
ili fa d'ora in ora onde '1 ca-njnino
: i3y
Ingo per più non ettcr pellegrino:
vada.: s'è pur mio dettino»
ite-si
to nome Latino j
fperanza , e'I gran t
b'jncor non torfe dal vero cammino
jj'n vece un'abete,un fàggio,un pino
lor
lì l'erba verde , e'I bel monte
vicino,
erch j '1 nottro amorofo Metter
Cino yS
beperdut' hanno si dolce vicino,
Inse.
icitore Aleffandro I» ira vinfe
, i<5$
Ragliar folo, ed A pelle il dipinfe?
ira Tidéo a ti! rabbia fofp nfe ,
floaveaSilla , all'ultimo I' ettinfe.
Issi.
gato fon., perch' io fteffb mi ttrinfi . tps
(tato ho in feno,r giammji non mi feinfi.
I
Iuta.
'infiniti fofpiri or I' hanno fpihta : ifi
fta .enon altro
già dall'onde vinta
,
148
ide l'anima mia dai vinta * doV
«dall'onde combattuta , e vinta , ir •
f»
P«
la pietà crefce »I
defio .
ta c hai pollo re
:
fletto in obblio,
la! dipartir del tuo
fommo defio
rivedergli occhi leggiadri
;ond'io, »,
Wummi un tempo ornai :ch>al
viver mio
pu morrò, s'io non credo al defio.
«dette le voci tante ch'io -r
™?m> e le lagrime, e'Idefio.
fumala le .cquifto: c'1 pender mio
:come eterna vita è veder Dio,
breve, e frale vi ver mio.
iir.qir.fto
M
piitcfla, coni 'or, bella
vid' k>
evince ogni altra fpeme,
ogni defio .
pi ardente defio
nacque il giorno ch'io
J
! Amor fé ne va per lungo ebbi io
;
Z « So-
m« T A V O L A
Solo per ipri mimt noftro delio -
'1
rifò ,pianto , e la paura , e l'ira . a?
e'1
c»me indarno fi fofpira .
fpefl")
iftior mio caro , ogni penfie' mi tira 19*
Mitene a fren^ e mi travolve , e gira .
|q el dolce delio eh* Amor mi fpira »
ovumuè io fon , dì , e notte fi fofpira .
{dirà ben; quello ove quelli afpira , 179
Hantov a,e S nirna,e l'u>ia e l'altra Lira-
«Giunger non puote^Am-ir la lpinge,e tira
ppcfde'l Ci;, lo , ove'i tuo core afpira , 1 95
Ire.
Trovar parlando al mio ardente defire «3
lOuelta tperanza ardire
Ufelrainar colui quelli a ferire ,
**«
,
Z 3 Che
Che
534 _
TAVOLA
pietà non avefle (pente l'ire,
Volle, a vederla, e fuoi lamenti a udire
;
Per colmarmi di doglia, e di defire,
Tante varietali ornai {"offrire : n>
Fuggendo fpera i Éupi dolor finire '
Che ben può nulla chi non può morire <
I n sì fervide rime farmi udire , ifii
Ch un foco di pietà felli fentire ,
Cer-
DELLE RtMTÌ. S 3S
Certo Tempre del tuo al Ciel falire,
Quefì j fu il fdegnì, e l'ire ,154
fèl, quelli gli
pa d mne, e cavalier piacea'l Tuo dire:
E sì aito falire
Cercar gente» e gradire» lofi
Io parlo -per ver dire »
I R I .
1
Che
556 TAVOLA
fanno meco om:ii quefti fofpiri ,
S'awien che'! "volto in quella parte giri,
1
Rimbombi fno;i de' miei gravi fofpfri ,
!
i
Come fuol fare ; ifcufinla i martiri
L altro e d'un marmo che fi mova,efpiri: ij,
Le mie fperanze , e i miei dolci fofpiri
Se quel!' aura fbave de' fofpiri io-
M viva, e fenta, e vada, ed ami, e fpiri ;
'
_
Irmi.
Oftelle congiurate a 'mpcrerirme ! 73:
O fido fguardo , or che volei tu dinne
,
Cb i 'crede va {a hi credenze vane,e'nfìrme)
-Perder parte, non tutto , al dipartirne
Irò.
Occhi miei [affi , mentre ch'io vi giro h
Che già vi sfida Amore ; ond*io fofpiro.
Breve conforto a sì lungo martiro-
Cbe bel pie fece in quel cortefe giro
*1
. U
Dj qualche lagrimetta , o d' mi fofpiro .
Un'altra fonte ha Epiro; JM
A quella fredda ch'io fempre fofpiro,
Arie tutta ; e martiro
*' f°> che'i finto; e fpeffo
'\ me n* adiro .115
Del quartodccim' anno cb' io fofpiro , «1
Sì crefcer feiito '1 mio ardente deftro
Si'tto cui giogo giammai non refoiroj
'1
Ischi.
j
poco a poco pariche'l tempo miteni; 7*
Ch'a
'
I Securonon farò , bench' io m'arrifchi _
Z 5 Iso ,
3it TAVOLA
. I so .
, e sì divifo
,
ISSE-
Bel fero Achille , fofpirandodifie : H*
Trovarti , e chi di te sì alto ferine :
Issi.
refrigerio in mezzo '1 foco vifiì : 211
ato è quella, di ch'io pianfi, e ierilfi
Isso- _
À
5 44
Del eie!
TAVOLA
par cui s' informa umana vita ;
j
Iti.
Che fece per calcar i noftri liti n
E vedrai nella morte di' mariti
Ito,
E quella fpeme m* avea fatto ardito . it
Lunga ft.^ion di tenebre veftito:
Ch'a (juei pregili il mio lume era fparito.
E oell'alm.L dipinto, l'fart'udito, 84
Ch'il dut d.rò : Non folla canto ardito .
'
Ittoi
ICefare poi che traditor d* Egitto
'1
ti
IPisrife per gli rechi fuor,ficcomc è fcritto:
Ed Annibàl , quand' all'imperio afflitto
Per isfogare il fuo acerbo dcfpitto .
S' ode
DELLE RIME. 547
fede d' lina fiorita , e frefea riva;
Là V
io feggia d'amor pentolo, e feriva;
r
iepgiojCd cdojed ìntendo:cli*aocor viva
Dr'iti forma di Ninfa, o d'altra Diva 205
j
Ivi.
piagge In un giorno, e mille rivi
lille 137
terzo ciel volando ir vivi
kr farli al .
1 2 o 1
T A V OLA
Sì tr ile oggetto a sì poffènte foco ;
;
Ma la paura un poco; :
55*
Ma e' ragiona
TAVOLAdeacro in cotal modo:
Taciti sfavillando, oltra lormodo sji
Oggi
DELLE RIME,
553
no
20
«3
fa©*^ 5 Aa che
Che
„< TAVOLA
ben mor chi morendo elee di doglia-
X di fa ver mi fpoglia; «
Ramo, nè'n fior, uè 'n foglia 93
voglia
Ch'i'fon già pur crefeendo in nueita
4lj
W
Amor, fenno, valor, pittate e doglia , .
doglia; I
Sien gli occhi miei,ficcome'l cor di
E perchè a ciò m? invoglia
Afpro core, e felvàggio, e cruda voglia ifl
Avrandime poco onorata fpoglia:
Che quando nafce,e mor fior',erba,e foglia;
J
Di Madonna,e d'Amore onde mi doglia.
Son fatto albergod' infinita doglia .
Lafcìando in terra la-fua bella fpogha I .
voglia,
L'altra mi ten quaggiù co ltra mia
ì
doglia t»9
Ond' i' fpero che 'nfi a al Ciel «
Eiperoch'al p.->r giù di quella (poglia
Kè cangiar poflo l'oftinata voglia;
Così in tutto mi fpoglia
doglia «fl
Vergine, tale è terra, e noiro ha in
Fora avvenuto : ch'ogni altra fua voglia
Oglie.
Onde tal polTa C sì contrarie voglie
ifjj
,
;i i >
,COI
? ,0 fo S ,io >
J
frfer co gli occhi (. r««
*-Amormi t«fD ori og ' 10
. * '
. .
ss*
TAVOLA
duro orgog io.
Dalle percoOTe del Tuo
Amor tVl lenti, ond* io ceco miicogho , l|
doglio
uno
Anzi del noftro perch' ad :
Oeo.
. . ,. . ,, .}
Oi .
55 S
E fera donna
TAVOLA
, che con gli occhi fuoi
I BELLE RIME. „,
Però fia
cerca di non éfler fola.
Veno Occidente e che 'i di noftro vola :
4t
reggendoti in loti tao paefe
fola
Wv 0 abito, e bellezza unica,
e fola,
«e per lo noftro ciel si altera
vola.
Wd io non potè' mai formar
parola
p
la lingua altrui
pendo
, gli fpirti invo
a me Di
nvola
, ciò non far parola
'7
I la rividi in altro abito
:
foia
fedendo per ! a felva
, altera , e fola ; zi,
*Me, ed al Fonte che la terra invola
.
ini cola al fin vola:
il tempo, e
"f re vola, if .
vigilie unica, e fola;
Nor, mirate, come 'I tempo
vola, io»
7
e l'alma ignuda, e fola '
Olce.
w di man di colui che punge,
e moke, z s?
•trovo in liberiate amara
, e dolce :
tpurcol ciglio Ciel
il governai folce;
Olci.
lad'un faflbjed acque frefche,e
Pallori appreliavan
dolci u7
, nè bifolci ,
I
, .
Ole.
«wffei, eh* donne un Sole,
è tra le ,
JM amor peneri, atti , e parole
:
Munii venga , come
venir fole .
,,
t le lagrime
fpargan fole. mie fi
»nie alquanti c'Jianno in
odio il Sole; 1*
» ornai tnegua di
fofpir col Sole
dedico il dì ch'i' vidi
'I Sole
" «liei jC h'i
'piango all'ombra' e al Sote
Aa 4 Puo«-
,
s6o TAVOLA
Trottimi arricchir dal tramontar del Sole.
Con lei fofi' io da che fi parte '1 Sole ;
Prima ch'a sì dolce alba arrivi '1 Sole . 15
5<5* TAVOLA
Ma vento ne portava le
'1
parole
E foche de! mio mal pefa
ti , e dole; ij
Ed in un punto n" è fcurato il Sole .
QuaP ingegno a parole
Occhi miei ^)fcurato è'I noflro Sole
ìai
E di noftro tardar forfè li dole.
;
Olga.
.
DELLE RIME. 5 «3
LG A O .
Ohe.
Che*! lonno tenea-cbiufa, e'1 dolor molle ; 19
Veder quelli occhi ancor non ti fi tolle .
5«4 TAVOLA
Ocaducbefperanze, o penfier folli.'
qual'io vivo, e morto giacer volli ;
Con gli occhi di dolor bagnati e , molli A
Ti chier mercè da tutti fette i colli.
Ollo, .
OlSE.
L'indnflria d'alquant' uomini s'avvolfe C*
Cole cercando , il più bel fior ne colfe ;
;66 t A V G_ L A
E'1 cor che ci i paura tanta feiolfi :
E
de' lacci d' Amor leggiera-, e fciolta
la fecura ftrada , men m' afcoka ;
Per
Nè mi vale fpronarlo , o darli volta ;
'
Di libertà mai fu precifa , e tolta v 7I
I Glie.
Iltmssnamente affai par che m*afcolte ; 68
Mteir immagine tua, fe mille volte
alloc- da vergine man colte,"
lAllor' »oj
ICsntre beile eccellente in lui raccolte;
e treccie fosra'l collo fciolte 5
alpe me, eh' è tradita ornai più volte: 5S
jCfis le non echi con pietà m'afcolte
;
I Olti,
p fon di là sì dolcemente accolti , 90
tergran delio dei bei luoghi a lor tolti
Feggio la fera i buoi tornare fciolti 41
jtaiei fofpiri anse perchènon tolti»
«lidi al CieI\onde miei prieghi afcolti; z6i
IC pici d' errori ofeuri , e folti :
fecol
Tre dolci, e cari nomi h.i'in te raccolti
«tanna del Re, che noiìri lacci Ki fciolti,
L OltOi
TOivi di pietate ornare il volta." S
EP^morofo fguardo in fe raccolto,
jd-elche più deiìava in voi } m' è tolto ;
Amor
, ,
5 63 TAVOLA
Amor fovente in mezzo de! mio volto ; 4
Addofìb coi poder c'ha in voi raccolto
Se non che'] veder voi ftefte v'è tolto :
E sì cupidamente ha in sè raccolto
Lo fpirto dalle belle membra fciolto »
Ogni mio beii crudel Morte ni' ha tolto ; 145
Puòconfolardi quel bel fpirto fciolto .
O LV E .
OM A -
576
O fortunato
TAVOLA
, che sì chiara tromba
Ma quella r-ura , ecmdida colomba; '
Is'ei mio flil frale affai poco rimbomba:
.
Ombra.
Eaflare il velo , o per Sole , o per ombra
j
Ch ogni altra voglia dentr'al cor mi inombri
JUe be voftr'occhi ii dolce lume
adombra
JNé mare , ov'ogni rivo fi disgombra
; j,
rjò di muro , o di poggio,
o di ramo ombra;
Qualunque piò V umana vita ingombra ; È
guanto d'uà ve],che due begli occhi adombra:
la.ito più bella il mio pen/ìer
l'adombrato*
-Poi , quando 'I vero fgombra
Ove fi (iede all' ombra. „j
Se dolor che fi fgombra;
Dagli altifilmi monti maggior l'ombra •
41
Ogni gravezza del fao petto fgombra
E poi la roenfa
:
ingombra
Seppi laflarche pur a fua dolce ombra : »
: l
e '1
bel vifo , e le chiome
,
1?
Non ho tanti capelli io quelle chiome
O co»
, .
DELLE RIMI.chiome;
57*
di penfar , ficccme
o&
Io fon già Manco
ffer fuggir de' fofpir sì gravi Icme;
E come a dir del vifo
e delle chicme
«
il voilro nome ;
Dì, e notte chiamando
ionie; i>
Voce rimafi dell'antiche
Chiamando Morte , e lei fola per
nome-
Tornami innanzi , come
J 9S
vederete , come i o5
Dì voi penfate ; e
Sgombra da te quelle datinole lome
:
Onit
ragiona 7»
Nè mi lece afcoltar chi non
Voempiendo P aere , che sì dolce tuona
•
l
S7*
er tutto quello Amor non
TAVOLA
mi fprieJona . I
In quella parte dnv'Amor
mi fprona
£o ui che dei mio mal meco ragiona ,, , '
107
Credo che 'I lenta ogni gentil
perfona )
^o.) .naveffe difdetta la
corona
Le qua vilmente il fecolo
abbandona :
Ma
quella ingiuria già lunge
mi fP rona
land la dove fona
Dottrina- del fantiffirno
Elicona,
aJt a imprefa cantate iprona.
abbonda .
o- efu le ,
Onde,
Quali i
^1 legno in
Uuelto
i
guifa , ch'i navigj 3 ffonc? e • nj
prov'io fra l'onde
Gcttan le membra.poi che'I Sol s'afconde,
lo;
a%
*
V ?
P? r «hé s'attuffi in mezzo 1' onde,
Ali ; «rei venns alla terra
erbe,e
Ed al mar ritoglierle i pefei , e 1' fronde» »6i
onde ;
S-e Morte gl, occhi
cbiude.ed afeonde. Ui
A^itancom' i venti , e 'I cielo
, e l'onde ;6
Quind*
DELLE RIME. ffi
luand'eccó i cuoi mi ni (tri (i' non fo donde:)
(al chi contratta, e mal
chi (ì nasconde.
).ve rette dal vento piangon l\>r,de , SS
jbito vidi quell'altera fronde
terrimembranza de! le treccie bionde
Bfpinfeionde iu un rioch'l'erba afeonde
'aun ferena , che fra verdi fronde H7
[prime oiaghe si dolci e profonde;
1 be! vifo veder , ch'altri 'afeonde ; m
ilora fciolfe , efovraor terio bionde i
ìmj ba tanti animali il mar fra
l'onde ; 171
ìifcevri in me dal vivo terren 1' onde,
ofia,in primi ch'i 'pofi.ii m r lenz'onde;
ilpirdel petto,e degli occhi efeon'onde,
ioeaiidovocol mormorar dell' onde
'Idi fi e '1 Sol frmpre nell'onde
fteffe, i7J
,icapei vidi far di quella f onde 16
CcmVgn. membro all'anima rifponde)
'iventar due radici l'opra l'onde,
lima co tue rodenti , e rapid'onde
i *39 :
J7* .
TAVOLA
Che t'infiammava alle Teffalich' onde ; m
E fe noti hai l'amate chiome bionde
Che dura quanto i! tuo vifo s* afconde ;
Difendi or l'onorata) e facra fronde
Non è gioco uno fcogiio in mezzo l'ond«> fj
One.
Per l'Oriente , e 1* altra che Giunone «J
Suol far gel- fa , ne! Settentrione
Difcinta;efcalzi,e dello avea'I carbone:
E gii ambiti pungea quella ft.igione,
Chi fpiafle , Canzone» 1 1<
'
Che
.
«o
arcdofi ad un balcone ,
Cv'
, o .
DELLE RIME. „7
Ni raggi d Amor sì caldi fono, , 3
Semiler gaàdi sè cortefe
dono.
Hi !on tolte
e perdono :
fe
tenendo H crude] , di ch'io
ragiono , 16
gegtìo
,
o fo^a , o dimandar perdono
Può mi trasrormaro in quel ch'i'iono,
Mei peccato altrui cheggio
perdono i jS
W troppo J u me , e di fi ren e ai fuon ,
„ Ont 1 .
tHime Vettona g
. f, QplA _
,
-, 7 t
J
TAVOLA
O P i A .
foilene inopia
Che'l miod' ogni licor
,
Oppio,
flroppjo \Ì
S' A more,o Morte non dà qualche
vero accoppio;
Mentre che un con l'altro
1'
lavor si doppio
I' farò forfè un mio
a Roma n'udirai Io
Icoppio.
Infili*
Oppo.
venir troppo,
Poi che mia fpeme è lunga a 74
galoppo :
Per fuggir dietro più che di
debile , e zoppo
E fuggo ancor cosi intoppo.
Segni ch'io preiì all'zmorofo
"Opra.
E*l cielo in ciò s'adopra.
Corpo fra voi ricopra;
fornir I opra
Jvla però che mi manca a
3
l opra
Contra tua iifanza? i' prego che tu
:
O P R. E
Ch' alberga dentro , mi fi difeopre 1
in voi
parole , ed opre
* Onde adopre «
'Tacer non poflb, e temo non
agguagliar 1 opre
Con oarole mortali
Divine, e quel che copre
adopre; I
Indarno or fopra me tua terza
'
ricopre.
Mentre'l mio primo amor terra
Ora.
Ma voi; che mai pietà non difcolora } |
Kè lagrima però difeefe ancora
Glìotchivtsftri,ch'Amore,e ICiel onora,.
Con le non fue bellezze v'
innamora
torà ;
Sci-ciato del mio do'ce albergo
efilio avvenga eh' io non
fora
M.fero
Io amai lem e , ce amo
force ancora ,
Sp
r (Te fiate
quand'Amor m accora
E i-jr
, . .,
,s 0
TAVOLA aperte ancora , i«
In ch'io mi fidcveggio
Ma temenza m accora io ora »oo
Oriente nodo ov'io fui d'ora dolor mora
ProvS crtio cb' «om di
volendomi Amor perder ancora ,
NoÈ fcampato fora .
accora
e l'alpettar rn
BM rimembrar ,
gd cd fofpirando tuInlai*£w%£J-
;
,
ben ora
O felice Titon .' 1
Ch feU W
riveder, conven eh' fmora
che vive anco a
.
*4
Mala forma miglior,
eognorpiùmMnnamora
,
a verte- aurora .
quando si 1 onora ;
B là 3 Chg
,
TAVOLA
Clic motte dentro da colui che more
.
Ad un tempo migliore :
Là dove fol fra bei penfier d amore
Sedea, m'apparve ; ed io per farle onore»
A me fi volfe 'n sì novel colore
Ch' avrebbe a Giove nel maggior furore
Qui co begli occhi mi tra fili e '1 core :
1
sc
Qual con un vago errore
'
Ma
,5*
la.
TAVOLA
e'1 valor, che mai noti more,
fama,
la te fecreti Cuoi mefiaggi Amore }
x 101
In te vaghi pender s' armari d'errore
i :
s
Ch'altro rimedio non avea l mio core
Pur di sfogare il dolorofo core tv
Pianger cercai, non già del pianto onore. I
Fu forfè un tempo dolce cofa Amore ; H\
Com' ho fatt'iocon mio grave dolore •
ORGA
In una eli «fa valle ond'efee Sorga j
i iij
fi «a 2 nè chi lo feorga ,
Orge.
Ch'i'non vo'dirdi lei ; ma chi la feorge, 157
ifTanto n'ha feco , e tant'altrui ne porge:
Orci.
^uri paffì onde tu fol mi feorgi; !30
Rifondo del mio cor gli occhi tuoi porgi
Bb 5 E tu
, ,
E
5*6 TAVOLA
tu pur via di poggio iti poggio forgi
Di giorno in giorno;e di me non c'accorgi*
Orco.
T
Sì chiufamente 5 ch i*non me n'accorgo , «I
Orra .
C
Mi
iuinci,or quìndi^om' Amor m'ìnforma;i
fa di loro una perpetua norma
"
Orni.
Ad albergar col Tauro G ritorna ; >
Cade virtù dalle' infiammate corna ,
Le rive e i colli di fiorétti adorna
J
Ma dentro, d >ve giammai n'ori s'aagiornaj
Cpm'id m'accorgo; che riefut.i mai torna , 0»
Cesi occhi è'1 duol;che torto che s'aggiorna»
i
Ed
58B TAVOLA
a più lieti giorni ?
Orno.
Tempo da travagliare è quanto è'I giorno :i<|
L' act«
DELLE RIME. 589
L'atto d'ogni gentil pietate adorno 5
I
Mi poteflc tener invitami giorno: 154
Ed io, che fon di cera , al loco torno ;
E pongo mente intorno
Tutte le cofe di che '1 mondo è adorno , 57
1 Abbaglia il bel che mi fi moftra intorno :
i
,
T A V Ó L A
A coglier fiori in nur-i r-rati d'intorno * il
Sp-ra-ida agli occhi fuoi piacer sì adorrid , i
'Ntjfr.tìmi to(cbi ) al bsl Collo d'intorno 144
Hi
Ch*a f ìtzi mi rieri qui » foli'io cori loro
Di porpo a v Ititi e *i cap;> d'oro',
1
,- ti?
Primi penfii fin th" allo fve! to Alloro
Muri eran d'ai hiftro , emtod'oro» il?
Di f ette , e di fico: ond'iodi loro"
CotDriiti d* alloro'
C>m la fronte' di rofe , e co' cnn d'oro ; 21*
Amor m'affale s>ti<F io mi dilcoloro;
:
DELLE RIME. 5 §r
310 che debbo Far del do! ce A Il^ro ?
erdk- m'apparve con doro corna d'ore» 14<
a due risiere al t'ombra d'ui/A fioro
Ch' i'iafeiai per f<-guij la ogni lavoro :
Come l' avaro jc he *n cercar tesoro
SI fpeff.- volte , che quau" u-n di loro
.-
T A V O L A
Dolce veneno , Amor , mia vita è corfa
Orse-
Ne d'or capelli in bionda treccia attorie ;
E dall'
DELLE RIME. 55?
'
]
pfatodifviarne a mezzo '1 corfo .
O 3. T A .
:l
La Donna , che'! mio cor
nel vifo porta 5 S7
Modi con fronte reverente , e fmorta .
'3 che del mio flato fuflì accorta ,
Tello
l'arme di mano , e l'ira morta
Tolto •
Di volontaria morte
O dolci (guirdi
1
o p iroette accorte ;
,
i' 1
Gitia-
, ,
DELLE RIME. s? s
Olinto 'I vedrai per vie lunghe, e dittone.
Le vice fon sì corte ,
E
596 TAVOLA
però mi fon m^fTo a pregar Morte , t-i
Orti.
E ch'avete gli fchermi fempre accorti 5
Mi vedete ftraziare a mille morti :
Nel bel vifo di quella , che v'ha morti ) 1
Orto.
Col corpo franco > ch'a gran pena porto ; 1
v
Ne l'iman 'oqual'era e fonimi accorto ,
1
"È
59?
!
TAVOLA
vedi } i veder nollro quant* è corto ; -
OR2A.
Però eh' Amor mi sforza , !
Osa.
Non fpero del mio affanno aver mai pofa »
ergine gìoriofa j
»be 'I furor di lafsù gente ritrofa i°7
iccato è noftro > e non naturai cofa •
Osco.
henoftro (tato è inquieto , e fofeo ;
'I 125
ite (icuri ornai , ch'Amor vien vofeo :
«•o T A V 0 L A
ChYnon veggio'l bel vifo ,enon conofc»,
II ridiy doglia ; il cibo aflenzio } e tolco ;
Ose .
„
ÒELLE RIME, $|
Uievivend'ella non farei ffotoofo.
,
lo ncomincjo da quel
guardo amorofo
Pi di m
dìj d'ora in ora Amor m'
ha rofo
Le lagrime del popol dolorofo,
107
Che ioì da voi ripofo
Ossa.
Uè 'n più tranquilla fona ®'
I0
Fuggir la carne travagliata , e l'offa .
tedi, ch'io farò là torto ch'io poflk
, 34
Ifpirto ignudo,od uom di carne,t d'ofta.
fo- che Madonna da pietà commoflà
l'ancor poi ripregando , i nervi, e l'offa iy
Bivojfeio dura felce; ecosìfcoffa
r hai -fatto l'eftremo di tua pofla, 231
[Hurne hai fpento,e chiufo in poca fona,
'rhti fpogliata noflra vita-i e fcnffa
Job è in tua forza: abbiti ignudisi' offa
™ Ossi,
;
6o4 T A V O L A
Soffiti aflor traete lenti , e rotti
Pcffenti arifchiarar nbifio, e notti, 1
Con i fofpir foavemente rotti :
DELLE RIME- 6z 5
itie poco umor già per continua prova tgi
'reg.mdo j amando talor non fi fmova ;
lOmepar che tu moflri ; un'altra prova 196
Iaravi gliofa 5 e nova
mio amato teforo in terra trovi , 197 '
6o« T A V O L A
Quando fìa chi fua pari al mondo trave ?
Gloria di noftra etate-' 0 vivo Giove,
S* altra fperanza le mie rime nove 5!
o dettino a vederla
:
mi conduce :
amorofo cammin che li conduce
apuoffiavoicelar !a voftra luce
e mi moftra la via ch'ai
ciel conduce 6l
afi viabilmente il
cor traluce .
e(l' è la vifta ch'a ben far m'
induce ,
'1 dì m'adduce 41
a laflo,c?ni dolor che
r partirli da noi t' eterna luce .
quella, ofimii' iodi accefa luce - *J
go fra i rsmKovunque vuol,
m'adduce.
'Amor per forza a lui mi riconduce ; 14©
'1 ciel per quella luce ;
a perir mi dà
mia forte ventura a che m' adduce! '55
di che vaga luce
macinata guida la conduce;
nde più che mai chiara al cor
tratuce ;
ntende lor la defiata luce;
105
adonna, ove pietà la riconduce;
fe coai' ella parla, e come luce,
'i'fegua la mia fida, e cara duce,
14$
he mi condufle al mondo,or mi
conduce
1 mondo ; ch'il
conofco e tanta luce
:
1
Ce 4 Denti:
. , .
6o8
Dentr'al mio core
TAVOLA infin dal Ciel traluce»
Uc i
Ce 5 Va
, .
Gio TAVOLA
Va perfeguendo mia vita , che fogge '{ .
Ucgo.
Nè &rò io r efepur taìor fuggo; il
U
g i o .
DELLE RIME. _
6ii
Già di perder a voi cagion non fui 101
Morte biafmate ; anzi laudate lui
E dopo 'i pianto fa far lieto altrui.
E'I federe, e loitar, che fpeffo altrui 19$
fer* in dubbio a cui
atafc> che può' beare altrui
tellette da noi foli ambedui..
a pur per noftro ben dura ti fui »
Ulgo-
orrhorador di corti , un'uom del vulgo: 2,5*
1' efalto, e divulgo
Urti.
otta in un Ioco,a quel chVfenro,è nulla; 6*
olgete il lume in cui Amor fi traflulla:
credo, dalle fafcé, e dalla culla
n fai,Can^6,cbe quant'io parlo, è nulla 104
tonno è'n bando; e del ripofo è nulla 165 :
E la prigion'ofeura ov'
è'1 bel lume : U
|e la dolce paura, e'1 bel coli urne ;
J5
iNonimr, non poggio > o fiume;
|Ma fo!o A raor che del fuo altero lume
;
Unii .
Acci®
.
su Tavola
Acciò che*! rimembrar più mi con fu mi;
E'1 bel tacere, e quei fanti coftumi iU
,
Non vi s'impara che quei dolci lumi
:
Onde
i
DELLE K. I ME . 6rj
[<We l'alma vieti raen frale , e digiuna •
Uno.
I 6ual ventura mi fu 1 quando dall' uno 1 70
I Motte vertù chefè'i mio inferirle bruno!
I Seu4* io tornato a folvéf il digiuno
I Se tutte altre mie grazie infieme aduno i
I Divento ingiuriofo, ed importuno - *54
I Cie 'i povere! digiuno .
éi6 TAVOLA
U n au e •
Unto. »
Ma non £a primi dentro il penfier giunto, Sj
Come col ba|enar tona in un punto >
E d'uu_dolce falutò infierne aggiunto .
Qua-
.
6i8 TAVOLA
Or conofco io , che mia fera ventura
Come nulla quaggiù diletta, edura.
Eranoawolte d'una nebbia ofcura : 217
Lieta fi dipartìo , non cbeficura. 218
A hi,iml l'altro che piantoci trio do dura- I
Dolcemente obbiiando ogni altra cura : 2:9
E mia viva figura
Quand-uoa Donna affai pronta, e (ìcura, 2j<J
Che più bel mai non feppe ordir Natura , ai;
C ci mente alla mia vita ofcura.
Poìi dal
Che mi fece alcun tempo acerba ,.e dura
Tua dolce vifta ornai tutta fecura.
:
*
., . ?
•
ISe voi dir che fi a
furto;
Usa.
ih veder lei, che'i volto di Medula; H*
efclula
ICosì dunque fa tu ; eh' i' veggio
noitro ula .
|D nanzi ali' ali che '1 Signor
:
Use.
alfe le man di pietà invidia m' ha chjuie ; 1 5*
iF-iiiie amorfa e 'I non poter mi fcule
,
" Usi '
Sto TAVOLA
Sfrale onde morte piacque oìtra nonVufo.'
Di liberei queftò crude!, ch'i'accufo; z i
Ch amaro viver m'ha volto in dolce ufo. sI
Che fpender fi deveano in mislior'ufo ,
15;
Signor;che'n quello career m'hai rinchiufo;
Chi'conofco'l mio follo, e non io feufo .
XJ s t r. r.
In alto poggio
Pommi con
in valle ima e paluflre ;
;
Ch a te onore, ed a me 6a fa kit e .
Uto.
. .
SO-
SU
SONETTO
Del Signor' Abate Domenico Lazzru'ini
fopra il Sepolcro del
Petrarca,
da Amore, e
SEQuel te apprefe ,
dolce ftil che ti
noijjjftltrom
fatanti onore
Quefto Cigno beato , */ cui migliore
Or gode in Cirfo-ìf il frale Arqua nafeondi
NOI
. .
Ci?
Pipi RIFORMATORI
DELLO STUDIO DI PADOVA.
\ Vendo veduto per la fede dì Reviso-
ri. -Lts ed Approvazione del P. F- Paolo
.,
j
[cromalo Manuelli Inquisitore d'i Venezia,
et Libro intitolato Rifnfi di M. Francese»
*str<irt4 , non v' efler cofa alcuna contro