cognitiva

e delle
emozioni

a manipolazione
della mente co
stituisce il ro

JBBBffBBBBfflHfiBBIfiflH
IGNE

cui è altamente ri-

cettiva e suggestio-
nabile. Così, in t u t t i
i momenti della vita
in cui veniamo mi-
nacciati nelle nostre
certezze, oppure
quando siamo in uno
stato di paura, d'an
sia o di stress ac-
centuato, diventiamo
facilmente dipendenti
dagli altri, più o me-
no come dei bambini,
e altrettanto facil-
mente manipolabili
psicologicamente.

Marco
La manipolazione della mente

Xi-nao: pulire la mente attraverso la privazione o l'interruzione del sonno,

espressione "lavaggio del cervello" fece il
suo debutto in un articolo pubblicato sul
«Miami News» nel settembre del 1950 da
Edward Hunter, un funzionario della CI A.
II termine venne coniato come traduzione del ci-
nese "Xi-nao", che significa "pulire la niente", in
riferimento a un contesto storico ben preciso, quello
della guerra di Corea. Durante questo conflitto, in-
fatti, i comandanti delle forze statunitensi avevano
notato che, tra i 7190 prigionieri di guerra ameri-
cani, ben il 70% aveva fornito al nemico informa-
zioni importanti e rinnegato i valori della propria
nazione a favore di quelli dei carcerieri. Una volta
liberati e ritornati in patria, ben pochi di loro
continuarono a sostenere le idee che
erano state loro inculcate durante
la prigionia. Ciò nonostante, il
fenomeno apparve preoccupan-
te e molti di questi soldati ven-
nero interrogati da psichiatri e
psicologi, proprio per capire le tec- Xi-nao
niche di manipolazione della mente
che erano state utilizzate su di loro. In tal modo
si comprese che il lavaggio del cervello subito da
questi soldati era avvenuto mediante l'utilizzo di più
tecniche combinate insieme.
Si cominciava con una fase di disorientamento.
Ai prigionieri veniva tolto ogni senso di certezza
la riduzione del cibo o la sua somministrazione ad
orari imprevedibili, la produzione di un'alternanza
irregolare e innaturale di luce e buio. Successiva-
mente i prigionieri venivano costretti a sopportare
sforzi fisici intensi (marce estenuanti o, al contrario,
immobilità assoluta protratta a lungo) e a soggior-
nare in spazi angusti per molte ore. La personalità
era ulteriormente degradata attraverso umiliazioni,
punizioni, insulti e totale mancanza di privacy.
Affinchè non si creassero legami di cooperazione,
ì soggetti venivano poi messi nella condizione di
dover competere tra di loro. A quelli che emerge-
vano come leader venivano affidati i compiti più
umili, mentre agli individui più remissivi e incapaci
erano assegnate mansioni di comando e con-
trollo. Si promuoveva anche un senso
di sfiducia reciproca, affinchè i le-
gami interpersonali non si con-
solidassero. Ogni differenza in-
dividuale era progressivamente
minimizzata e annullata, ad e-
sempio uniformando il vestiario e
il taglio dei capelli. Infine, c'era la mi-
naccia dell'isolamento, cosa che favoriva al mas-
simo la dipendenza psicologica. Sul piano ideolo-
gico e dei contenuti dell'indottrinamento, il lavaggio
del cervello operava attraverso la ripetizione coatta,
sia verbale che scritta, da parte del prigioniero, di
uno stesso messaggio. Le emozioni prodotte da

Accanto: ex pri-
gionieri americani
della guerra di Co-
rea. Il condiziona-
mento è molto vin-
colato all'ambiente
fisico in cui avvie-
ne. Se il soggetto
cambia ambiente,
gli effetti della ma-
nipolazione subita
tendono a diminui-
re. È per questo
che i prigionieri
americani, una vol-
ta rientrati in pa-
tria, dopo qualche
tempo ritornarono
quasi tutti alla loro
originaria ideologia
e mentalità.

20 Psicologia contemporanea, 193, gennaio febbraio 2OOB

BOX 1

La sindrome di Stoccolma

L
I espressione
"sindrome di
Stoccolma" è
i stata utilizzata
per la prima volta da
Conrad Hassel, agente
speciale dell'FBI, dopo il
sequestro che si verificò
nel 1973 a Stoccolma,
quando quattro impiega-
ti (un uomo e tre donne]
della Sverìges Kredit-
bank vennero tenuti co-
me ostaggi all'interno
della banca per quattro
giorni da due malviventi,
Jan-Erik "Janne" Olsson
e Clark Olofsson.
Una volta liberati, i se-
questrati si mostrarono
molto reticenti nei con-
fronti della polizia e soli-
dali con i loro seque-
stratoli, verso i quali
non nutrivano sentimen-
ti di rabbia o vendetta.
Quando furono chiamati
a deporre, le loro accu-
se si rivelarono presso-
ché insignificanti.
Da allora la "sindrome
di Stoccolma" sta ad in-
dicare quel processo
psicologico in cui la vitti-
ma viene a stabilire un
legame di attaccamento
nei confronti dell'oppres-
sore. La sindrome si
compone di tre stati af-
fettivi che possono com-
parire singolarmente o
insieme:
1) sentimenti negativi
della vittima nei confron-
ti delle autorità [magi-
stratura, polizia, ecc);
2] sentimenti positivi
della vittima nei confron-
ti dell'oppressore;
3] sentimenti positivi
dell'oppressore nei con-
fronti della vittima.
Kristin Ehnmark, uno
dei quattro ostaggi del
sequestro di Stoccolma,
affermò, una volta libe-
rata, di essersi trovata
bene con i suoi seque-
stratori e di aver avuto
paura soltanto dei meto-
di violenti della polizia e
del comportamento "in-
sensibile" dell'allora pri-
mo ministro Olof Palme.
In generale la sindro-
me di Stoccolma tende
a svilupparsi se, duran-
te il sequestro, l'oppres-
sore non tiene isolata la
vittima, intrattiene con
lei contatti positivi e non
ricorre ad abusi di tipo
verbale o fisico.
Sappiamo che in ogni
processo di tortura psi-
cologica coloro che la
subiscono tendono a re-
gredire verso forme di
comportamento sempre
più infantili. Dopo l'inizia-
le fase di disorientamen-
to sensoriale e di an-
nientamento delle cer-
tezze, il soggetto si tro-
va in uno stato di asso-
luta dipendenza.
È a questo punto che,
paradossalmente, se il
sequestratore esibisce
umanità, oppure pro-
mette dei benefici, la vit-
tima viene psicologica-
mente a percepire quel-
la persona come un
"salvatore", ovvero co-
me uno che, avendo po-
tere di vita e di morte,
decide per la vita e si
comporta di conseguen-
za. Ora la vittima è
pronta a solidarizzare
con luì e a rendersi il
più possibile disponibile
e collaborativa. ;

A sinistra:
Clark Olofsson
con gli ostaggi
durante il se-
questra. La fo-
to fu scattata
dalla polizia at-
traverso una
fessura. A de-
stra: la cattu-
ra di Jan-Erik
"Janne" Ols-
son, ottenuta
grazie ai gas
lacrimogeni.

questa sequenza di trattamenti erano varie: ansia
profonda, vergogna generalizzata, cioè indipendente
da cause specifiche, senso di solitudine e necessità
di avere contatti sociali, bisogno dell'approvazione
del carceriere, altissima suggestionabilità.Tutto questo
culminava in confessioni, informazioni, servilismo,
obbedienza cieca.
Questo quadro non deve far credere che il pro-
cesso di lavaggio del cervello facesse leva solo su
emozioni negative e punizioni. Come nelle più clas-
siche delle procedure di condizionamento, i premi
sotto forma di contatto sociale, approvazione, cibo,
promesse di miglioramento delle condizioni di vita,
venivano regolarmente somministrati per aumen-
tare la cooperazione e il convincimento della bon-
tà delle idee che si volevano far condividere ai pri-
gionieri. In situazione di deprivazione, anche insi-
gnificanti ricompense o semplici promesse possono
indurre riconoscenza e gratitudine. Sono proprio
dinamiche psicologiche di questo tipo che indu-
cono nelle vittime la cosiddetta "sindrome di Stoc-
colma" (Box 1).

Psicologia contemporanea, 193, gennaio febbraio 2006

21
La manipolazione della mente
Neotenia e regressione
L
a possibilità del lavaggio del cervello la si deve
principalmente al fatto che la nostra mente
è altamente plastica e pronta ad apprendere.
Nella nostra storia evolutiva il processo di
maturazione risulta notevolmente rallentato: è ciò
che gli esperti definiscono "neotenia". I neonati
della nostra specie nascono con un cervello in cui
le strutture nervose sono altamente indifferenziate
e richiedono un processo di maturazione molto
lungo. Basti pensare che l'asportazione di un emi-
sfero in un neonato non porta conseguenze di-
sastrose: una volta diventato adulto, le sue presta-
zioni intellettive diventano assimilabili a quelle di
un neonato con entrambi gli emisferi. La perdita di
un emisfero in età adulta, viceversa, porta a una no-
tevolissima compromissione delle capacità cogni-
tive e comportamentali.
Il periodo di cure parentali nella nostra specie è
il più lungo che si riscontra nel regno animale, ar-
rivando anche a periodi superiori ai vent'anni. Nes-
sun'altra specie potrebbe permettersi un periodo
così lungo di cure da dedicare alla crescita della prole.
Questo rallentamento implica una massimizzazione
delle possibilità di apprendimento, con la conse-
guenza che è possibile plasmare la mente del bam-
bino in modo quasi totale. Lo sviluppo dell'intelli-
genza nella nostra specie è fortemente radicato a
questo processo di neotenia.
Ma il fatto di nascere così immaturi comporta
anche risvolti negativi. Solo nella specie umana pos-
siamo contare una frazione così elevata della popo-
lazione con disturbi mentali e del comportamento
ed è solo nella nostra specie che si riscontra una va-
rietà molto alta di patologie psicologiche (pensiamo
ad esempio alla molteplicità di fobie che si annove-
rano nell'uomo). Laddove le strutture nervose sono
più semplici, meno plastiche e più rigidamente de-
terminate, i disturbi dello sviluppo tendono invece
ad essere notevolmente ridotti.
Siamo generalmente abituati a pensare al lavaggio
del cervello come a qualcosa di eccezionale, che può
verificarsi solo in situazioni estreme: guerre, mafia,
dittature... In realtà, i principi che ne sono alla base
operano, seppure in forma meno vistosa, in molte
altre circostanze della nostra vita. Si pensi all'effetto
placebo: se una persona insonne assume una sostanza
inerte credendola un farmaco contro l'insonnia, ma-
nifesterà probabilmente miglioramenti nella qualità
del sonno e facilmente attribuirà il merito al medi-
cinale, pur essendo questo del tutto inattivo.
Oppure si pensi a qualche cambiamento signifi-
cativo nel corso della nostra esistenza. Supponiamo,
ad esempio, di dover vivere per un po' di tempo al-
22
l'estero. Improvvisamente nella nostra quotidianità
vengono a mancare molte certezze, come la pro-
prietà della lingua, la presenza di persone familiari,
i riferimenti spaziali che ci consentono di aggior-
nare costantemente la nostra posizione. In questa si-
tuazione ci troviamo ad essere molto più sugge-
stionabili, disponibili, attenti alle opinioni degli altri,
sottomessi nei confronti delle nuove autorità. In ter-
mini psicologici, è come se questo stress si tradu-
cesse in una regressione ad uno stato psicologico
infantile, in cui siamo meno autonomi e più di-
pendenti dall'ambiente circostante e dalle figure di
accudimento.
Il legame fra stress e regressione del comporta-
mento è ben consolidato in psicologia ed è molto
evidente nelle prime fasi dello sviluppo. E noto, ad
esempio, che un evento stressante, quale un lutto in
famiglia oppure un trasloco con contemporaneo
cambio di scuola, possono produrre in un bambino
che ha già raggiunto il controllo degli sfinteri la re-
gressione ad uno stadio comportamentale prece-
dente, caratterizzato da incontinenza.
I volti del condizionamento
U
no dei meccanismi cognitivi che stanno
alla base del condizionamento mentale è
il fenomeno delle profezie che si autoav-
verano (effetto Pigmalione). In un famo-
sissimo esperimento (che oggi non sarebbe più pos-
sibile ripetere per evidenti ragioni etiche) gli psi-
cologi Robert Rosenthal e Lenore Jacobson som-
ministrarono, all'inizio dell'anno scolastico, un test
d'intelligenza a tutti gli allievi di 18 classi. Succes-
sivamente scelsero, del tutto a caso, il 20% degli al-
lievi di ogni classe. Questi alunni furono indicati agli
insegnanti come dotati delle maggiori capacità in-
tellettive. I quozienti di intelligenza reali, ovvia-
mente, vennero tenuti nascosti. Il rendimento di
questi allievi venne poi monitorato per diversi anni.
I risultati furono sbalorditivi: gli allievi che erano
stati indicati casualmente come più intelligenti mi-
gliorarono di 2 punti il quoziente d'intelligenza ver-
bale, di 7 il quoziente di ragionamento e di 4 il quo-
ziente d'intelligenza globale. Gli insegnanti giudi-
cavano questi allievi come più piacevoli, affezionati
ed equilibrati. Nei loro confronti investivano mag-
giori energie, li guardavano e li rinforzavano di più.
Gli alunni, a loro volta, reagivano con maggiore in-
teresse nei confronti dello studio e con più atten-
zione verso gli insegnanti.
Altre interessanti osservazioni sono state effettuate
in ospedali psichiatrici, dove può capitare che certi
soggetti, in seguito a sporadici episodi di compor-
Psicologia contemporanea, 193, gennaio febbraio 2DDB
BOX 2
Come si misura
la suggestionabilità
L
a manipolazione
della mente non
raggiunge gli
stessi effetti su
tutte le persone, ma la
sua efficacia è modulata
dalla personalità della
vittima. Alcune persone
sono molto resistenti al
condizionamento ed al-
tre, viceversa, si lascia-
no influenzare facilmen-
te dagli altri.
Un tratto caratteristi-
co che differenzia questi
due tipi di persone è il
cosiddetto "locus of con-
trai". Con questa
espressione gli psicologi
fanno riferimento all'at-
tribuzione di responsabi-
lità. Se il soggetto pen-
sa di avere il controllo,
ovvero di essere re-
sponsabile, delle sue
azioni e dei suoi pensie-
ri, diciamo che ha un lo-
cus of contrai "interno".
Se, viceversa, il sogget-
to pensa di essere in
balia del destino o del-
l'ambiente, allora dicia-
mo che ha un locus of
contrai "esterno".
Ad esempio, uno stu-
dente con locus of con-
trai interno che riceve
un'insufficienza, attribui-
rà l'insuccesso al man-
cato studio e a cause
che lo coinvolgono diret-
tamente, con la conse-
guenza che in futuro
tenderà ad impegnarsi
maggiormente. Se inve-
ce attribuisce l'insucces-
so al destino, o al fatto
che l'insegnante ce l'ha
Psicologia contemporanea, 133, gennaio febbraio 2OOB
con lui (locus of contrai
esterno), la responsabi-
lità viene fatta ricadere
su elementi incontrolla-
bili, con la conseguenza
che quello studente non
si impegnerà in prima
persona per migliorarsi.
Un altro esempio può
essere quello del disoc-
cupato. Se ha un locus
of contrai estemo attri-
buirà il suo stato alla so-
cietà in generale, alla
depressione economica,
al fatto che si trova la-
vora solo con le racco-
mandazioni e di conse-
guenza non si impegne-
rà a leggere annunci sul
giornale, ad inviare cur-
riculum, a sostenere
colloqui.
Gli individui con locus
of contrai estemo ten-
dono ad essere più sug-
gestionabili, indottrinabi-
li e manipolabili psicolo-
gicamente. Nelle deci-
sioni fanno meno affida-
mento sulle loro capaci-
tà e attribuiscono mag-
giore importanza a fat-
tori esterni come il "de-
stino", le circostanze,
l'ambiente. Generalmen-
te leggono di più l'oro-
scopo, sono più religio-
si, si rivolgono maggior-
mente ad altre persone
per farsi leggere la ma-
no o prevedere il futuro.
Un'altra caratteristica
che contraddistingue le
persone facilmente ma-
nipolabili psicologica-
mente è il concetto di
dipendenza dal campo.
Figura 1
Figura 2
È dipendente dal campo
chi, in uno stimolo com-
plesso, con difficoltà in-
dividua gli elementi che
lo compongono. Ha un
approccio meno analiti-
co alla risoluzione dei
problemi.
La dipendenza-indipen-
denza dal campo può
essere misurata attra-
verso l'Embedded Figure
Test in cui il soggetto
deve individuare delle fi-
gure semplici dentro
delle figure complesse
che le mascherano. Ad
esempio, deve riuscire
ad individuare la Figura
1, presente all'interno
della Figura 2.
Altre differenze indivi-
duali direttamente con-
nesse alla propensione
ad essere manipolati si
riscontrano nel livello di
suggestionabilità che in
ambito psicologico indi-
ca la facilità con cui un
individuo può essere ip-
notizzato. A differenza di
quanto normalmente si
pensa, l'ipnosi è possibi-
le solo se vi è una colla-
borazione da parte del
soggetto che deve esse-
re ipnotizzato. Non si
può cioè ipnotizzare
contro la volontà di un
soggetto.
La suggestionabilità
può essere facilmente
ricavata dal grado con
cui una persona si fa
coinvolgere emotiva-
mente nella lettura di un
romanzo o nella visione
di un film. Vi sono per-
sone che tendono ad
immedesimarsi talmen-
te nei personaggi duran-
te la visione di un film
da riuscire a piangere o
a sentirsi trasportare
fortemente dal punto di
vista emotivo. Queste
sono i soggetti più facil-
mente ipnotizzabili e più
suscettibili alla manipo-
lazione psicologica. Al-
tri, viceversa, di fronte
allo stesso film manten-
gono un atteggiamento
di distacco.
Un'altra prova che mi-
sura la suggestionabilità
di un soggetto è il Body-
sway Test (Test dell'O-
scillazione del Corpo).
Ad una persona in piedi
vengono fatti chiudere
gli occhi e le si chiede di
immaginare vividamente
di oscillare avanti e in-
dietro. Quella persona è
tanto più suggestionabi-
le quanto più il suo cor-
po comincia effettiva-
mente a fare delle oscil-
lazioni. La suggestiona-
bilità decresce in modo
lineare con l'avanzamen-
to dell'età.
23
La manipolazione della mente
tamento atipico prodotti da circostanze del tutto
occasionali, vengano ricoverati ed etichettati come
"pazienti psichiatrici". Una volta internati, il di-
sturbo, da occasionale che era, può finire per croni-
cizzarsi. Tale processo è dovuto al fatto che il per-
sonale della struttura tende a relazionarsi a queste
persone come a veri e propri malati mentali. Alla
fine il condizionamento è tale che questi soggetti
assumono realmente quel ruolo.
Qualcosa di simile può verifica anche nei pro-
cessi o negli interrogatori di polizia, specie se ac-
compagnati da una notevole pressione psicologica.
In questi casi il soggetto può finire per credere come
vera una versione dei fatti che in realtà è falsa. Negli
eventi giudiziari può capitare che una persona, dopo
l'arresto, venga tenuta in isolamento per diversi
giorni prima di essere interrogata. In casi del genere
può succedere che l'ansia, la paura per l'incerto, lo
smarrimento inducano quella persona a vedere in
colui che conduce l'interrogatorio, giudice, pub-
blico ministero o poliziotto, una sorta di "ancora di
salvezza" e di conseguenza a far di tutto per asse-
condarlo ed instaurare un rapporto amichevole con
lui. A poco a poco, può anche arrivare a convincersi
di aver commesso crimini di cui in realtà non è col-
pevole, oppure a rilasciare dichiarazioni false.
La manipolazione della mente tende a perpe-
tuarsi. Ricordate il "nonnismo" nelle caserme? Chi
lo aveva subito tendeva a sua volta a praticarlo. Esi-
stono studi molto interessanti a questo riguardo, sia
in ambito umano che animale. Figli che vengono
maltrattati dai genitori, a loro volta tendono a mal-
trattare i loro figli, così come cuccioli che subiscono
24
maltrattamento nello svezzamento tendono, una
volta adulti, a maltrattare la loro prole.
Il condizionamento pseudo-religioso
nche coloro che si trovano coinvolti in una
setta "religiosa" spesso subiscono metodi
d'indottrinamento simili — se non nella
forma certamente nella sostanza e nei ri-
sultati — a quelli utilizzati dai carcerieri coreani. Gli
adepti entrano molto presto in uno stato d'ansia, di
paura e d'insicurezza. Il loro "locus of contrai in-
terno" (Box 2) tende a ridursi rapidamente. Scelte
e decisioni su ciò che è giusto o sbagliato vengono
delegate al gruppo e al suo capo. Queste persone
vengono progressivamente messe in uno stato di
colpa diffusa, tanto che di molti riti iniziatici fanno
parte integrante sia le cerimonie di purificazione
che gli atti di sottomissione.
Tutti coloro che non fanno parte dell'ingroup
sono dipinti come malvagi e viene continuamente
screditato il loro valore sociale: «Solo noi siamo nel
vero, solo noi siamo gli eletti».Tra gli adepti e i "sa-
cerdoti" si crea invece un forte legame di dipen-
denza: i primi avvertono un impellente bisogno del
consenso dei secondi e fanno di tutto per ottenerlo,
più o meno come facevano in Corea i prigionieri
americani nei confronti dei loro carcerieri: com-
plicità, servilismo, sottomissione, obbedienza cieca
e incondizionata.
Poiché lo stato di paura aumenta la tendenza alla
regressione, la dipendenza dagli altri e la suggestio-
Accanto:
l'inquietante
simbologia
di una setta
praticante
la magia ne-
ra. Lo stato
di paura in
cui progres-
sivamente si
viene a tro-
vare l'adep-
to favorisce
la trasfor-
mazione del
Se.
Psicologia contemporanea, 193, gennaio febbraio 2DDB
BOX 3
Psicoterapia e condizionamento
hi si avvicina al-
la psicologia cll-
nica rimane di
solito stupito
dalla molteplicità di
scuole e di indirizzi di
pensiero. Le ricerche di-
mostrano che ognuna di
queste ha una certa effi-
cacia, anche se alcune
psicoterapie meglio si
adattano a determinati
tipi di disturbi.
Il paziente che entra
in psicoterapia percepi-
sce lo psicoterapeuta
come una figura autore-
vole, dalla quale si deve
lasciare guidare. In ef-
fetti, se la persona vuo-
le cambiare dev'essere
disposta a lasciarsi mo-
dellare e a cambiare in
risposta ai suggerimenti
dello psicoterapeuta. Se
a questi fattori si ag-
giunge che normalmen-
te il paziente affronta
inizialmente la psicotera-
pia con un certo grado
d'ansia, non è difficile
comprendere che il pro-
cesso psicoterapeutico
è assimilabile ad una
"manipolazione della
mente", in cui il paziente
impara ad interpretare i
suoi sintomi secondo il
riferimento teorico dello
psicoterapeuta.
Uno studio di diversi
anni fa dimostrò che i
pazienti di psicoanalisti
afferenti a orientamenti
diversi (freudiani, kleinia-
ni, junghiani, adleriani)
tendevano nel tempo a
riportare sogni coerenti
con l'approccio teorico
del loro psicoterapeuta.
Ad esempio, pazienti
Psicologia contemporanea, 193, gennaio febbraio 2OOB
che andavano da psi-
coanalisti freudiani fini-
vano a poco a poco col
riportare sogni in cui
erano presenti conflitti
genitoriali risalenti al pe-
riodo dell'infanzia, men-
tre pazienti che andava-
no da psicoanalisti jun-
ghiani finivano col ripor-
tare sogni in cui si pote-
vano facilmente leggere
gli archetipi tipicamente
utilizzati dall'analista.
Il paziente vede lo psi-
coterapeuta come un
"modello d'ispirazione",
mentre lo psicoterapeu-
ta, a sua volta, condizio-
na il paziente approvan-
do determinate cose
che egli dice, o ignoran-
do o esprimendo legge-
ra disapprovazione per
altre. In tal modo lo gui-
da verso determinate
aree che per lui rivesto-
no una particolare im-
portanza.
Un malessere di cui
non riconosciamo la
causa è percepito psico-
logicamente come mol-
to più insopportabile ri-
spetto a un malessere
che sappiano invece ri-
condurre a qualcosa di
specifico. Lo psicotera-
peuta agisce approntan-
do un inquadramento
teorico in cui le nevrosi
del paziente trovano una
spiegazione, una causa,
un'origine. Questo con-
tribuisce ad alleviare lo
stato di disagio del pa-
ziente, proprio perché
va a sostituire uno stato
d'incertezza cognitiva
con uno stato di certez-
za. È esperienza comu-
ne che, se ci si sente
male fisicamente e non
si sa a cosa attribuire la
causa di questo males-
sere, lo stato d'ansia
aumenta. Quando si va
dal medico e questo da
un nome, ovvero un'eti-
chetta diagnostica", al
malanno, molto spesso
il paziente si sente solle-
vato, anche se in realtà
non è stato effettuato
nessun trattamento.
L'incertezza crea un
senso di colpa diffuso,
che tende a disorienta-
re psicologicamente le
persone. Un esempio
eloquente lo troviamo
nel repertorio compor-
tamentale dei dogi della
Repubblica di Venezia.
Se c'era un personaggio
che volevano punire, ma
sul quale non c'erano
prove concrete di reato,
lo convocavano nel Pa-
lazzo Ducale. Poi lo la-
sciavano per ore e ore
nella sala d'attesa ad
aspettare l'udienza. Alla
fine gli mandavano a di-
re che poteva tornare a
casa, perché le cose si
erano chiarite. L'incer-
tezza e l'ambiguità della
cosa, oltre che la pro-
lungata pressione psico-
logica cui era sottopo-
sto il malcapitato duran-
te le ore dell'attesa, lo
portavano a una sotto-
missione completa.
Fin quando permane
uno stato di suggestio-
nabilità del paziente nei
confronti del terapeuta,
si mantiene anche uno
stato di dipendenza che
non facilita il raggiungi-
mento dell'autonomia
psicologica del sogget-
to, quindi la sua comple-
ta guarigione. Se lo psi-
coterapeuta mantiene
sempre un rapporto di-
rettivo, in cui offre inter-
pretazioni, spiegazioni,
possibilità di cambia-
mento, il paziente per-
mane in una situazione
"infantile" in cui viene
modellato, ma non viene
reso autonomo psicolo-
gicamente, cioè in gra-
do di assumere in prima
persona delle decisioni
e di mettere in atto
comportamenti favore-
voli alla sua salute men-
tale. È per questo che
sono nate delle psicote-
rapie centrate sul pa-
ziente, nelle quali lo psi-
cologo assume un ruolo
meno direttivo e lascia
che il paziente trovi au-
tonomamente le cause
e le soluzioni del suo
problema.
Infine, come diretta
applicazione delle proce-
dure di condizionamento
ricordiamo le terapie co-
gnitivo-comportamentali,
che sono quelle a mag-
giore valenza scientifica
e la cui efficacia è stata
sperimentalmente dimo-
strata. Alla base di que-
ste terapie vi è il con-
cetto che i disturbi men-
tali sono il frutto di con-
dizionamenti negativi e
di apprendimenti sba-
gliati. Per cui, attraver-
so un condizionamento
dì segno inverso, diven-
ta possibile in breve
tempo risolvere un pro-
blema psicologico.
25
La m azione della mente
nabilità, l'indottrinamento viene promosso incu-
tendo uno stato di allarme diffuso, in cui il soggetto
deve vigilare per non cadere nell'errore e in cui la
realtà è presentata come una perenne lotta tra in-
group e outgroup. Se la realtà che viene impressa
nella mente è quella della lotta e della paura, allora
diventa più forte l'esigenza di rimanere nella setta,
in quanto luogo di protezione e salvezza. Il prezzo
di questa sicurezza è alto: gli adepti non possono
porsi interrogativi, mettere in discussione le idee o
cercare interpretazioni alternative.Viene viceversa
incoraggiato un atteggiamento mentale fideistico
in cui tutto va accettato senza discutere.
In caso di contrasto fra gli ideali originari, ad
esempio quelli della famiglia, e gli ideali della setta,
questi ultimi devono prevalere sui primi. Al soggetto
viene fatto credere che,
se i genitori sono in di-
saccordo, essi non vanno
ascoltati e che la "vera"
famiglia è quella del-
l'ingroup settario. Il le-
game fra condiziona-
mento del pensiero e
setta è talmente forte
che la conversione viene
sempre interpretata let-
teralmente come "tra-
sformazione di sé", il
che significa rinnegare,
abbandonare, escludere
ciò che si era prima, per
assumere un abito men-
tale e dei comporta-
menti completamente
nuovi. Ciò è proprio alla
Sopra: un ex prigioniero
radice del lavaggio del
Corea.
cervello in cui i pensieri
vengono totalmente cambiati rispetto ad uno stato
precedente. Esattamente come nei prigionieri ame-
ricani in Corea.
L'indottrinamento estremo è presente, oltre che
nelle sette, anche in tutti i fondamentalismi. Ne sono
esempi clamorosi i kamikaze palestinesi e iracheni,
come pure le meno note "tigri del Tamil" (un grup-
po indipendentista dello Sri Lanka, responsabile di
oltre 200 attacchi suicidi). Questi cosiddetti "mar-
tiri" vengono reclutati fra i giovani più devoti, ge-
neralmente ragazzi intorno ai 18-20 anni (o meno:
la suggestionabilità, come detto, aumenta con il di-
minuire dell'età) e indottrinati sul fatto che la "mis-
sione" di morte cui sono stati prescelti aprirà loro
le porte del paradiso. La loro identità personale viene
sostituita da un'identità eroica e onnipotente: sono
loro gli eletti, i salvatori, i redentori.
26
La mente libera
T
orniamo ancora al caso dei prigionieri ame-
ricani nella guerra di Corea. Un dato molto
interessante è che, mentre il 70% di questi
soldati capitolò di fronte ai loro carcerieri,
fra i prigionieri turchi, che si trovavano nelle stesse
condizioni, si contò un numero molto minore di
capitolazioni. Questi soldati si dimostrarono, rispetto
agli americani, molto meno collaborativi e condi-
zionabili. Perché? Le interviste condotte dopo che
furono liberati misero in luce il fatto che il morale
degli americani era costantemente basso, mentre
quello dei turchi era rimasto generalmente alto. Una
delle cose più interessanti che emerse era l'impor-
tanza che i turchi attribuivano all'umorismo. Questo
atteggiamento permise
loro di prendersi gioco
dei carcerieri e di scher-
zare sui loro comporta-
menti, di non essere in-
dottrinati e di non col-
laborare. Permise loro
anche di continuare a
preoccuparsi dei propri
compagni, a dispetto dei
carcerieri: se uno si am-
malava, gli altri lo nu-
trivano e lo curavano.
I demagoghi, i tiranni,
gli indottrinatori sono
sempre stati esseri com-
pletamente incapaci di
qualunque forma di
umorismo. Il fervore
con il quale promuo-
turco della guerra d
vono le loro ideologie li
rende incapaci di ridere.
Anche durante il nazismo vi era una forte tendenza
a bandire ogni forma di satira, umorismo o comi-
cità. Una mente che sa vedere le cose in modo di-
verso e che quindi è in grado di ridere e ridicoliz-
zare la situazione in cui si trova, ha molte più pro-
babilità di rimanere sana. Ciò è tanto più impor-
tante in quanto non sempre è possibile riprogram-
mare una mente che ha ceduto di fronte alla tor-
tura psicologica o fisica: molti ex prigionieri di
guerra tendono a sviluppare una sindrome deno-
minata Disturbo Post-Traumatico da Stress. La forza
negativa della loro esperienza è tale che, invece di
vivere positivamente il fatto di essere riusciti a so-
pravvivere e a tornare in libertà, sono continuamente
tormentati da un senso diffuso di "colpa da soprav-
vivenza" (Di Blasio, 2001), da incubi notturni, di-
sturbi del sonno e depressione.
Psicologia contemporanea, 193, gennaio febbraio 2ODB
 Ogni riflessione sul lavaggio del cervello si con-
figura inevitabilmente come un più generale di-
scorso, politico ed educativo, sulla libertà di pen-
siero e di azione. La prevenzione dell'indottrina-
mento si attua enfatizzando le libertà dell'individuo
rispetto alle pressioni del gruppo, incoraggiando lo
sviluppo di un pensiero critico e contrapponendo
i valori della differenziazione e della creatività a
quelli della chiusura, del conformismo e dell'omo-
logazione. Soprattutto, occorre educare le persone
a non vedere tutto in termini di bianco o nero.
E accertato che le personalità caratterizzate da at-
teggiamenti prudenti, ossia lontani dalle estremiz-
zazioni, e da una visione delle cose che si esprime
in termini di relatività e complessità, hanno un equi-
librio psicologico maggiore e una minore disposi-
zione alla regressione e alla suggestionabilità. Essere,
ad esempio, esageratamente introversi, o esagerata-
mente estroversi, porta ad una minore flessibilità ri-
spetto a chi possiede tratti intermedi. Ugualmente,
un pensiero esageratamente maschile, o esagerata-
mente femminile, porta a un adattamento psicolo-
gico più scadente rispetto a un pensiero che acco-
muni entrambi i tratti. In molte situazioni esisten-
ziali occorre allora imparare ad anteporre, per così
4ire la "statistica" all'"equazione" ovvero la flessi-
bilità alla rigidità. Nell'equazione si stabiliscono, a
partire da assiomi, verità assolute, indiscutibili e im-
mutabili. Nella statistica, viceversa, il discorso è prov-
visorio, prevede la possibilità di eccezioni e muta-
menti, evita dicotomie ed assolutizzazioni, proprio
come avviene nella mente autenticamente libera.
Riferimenti bibliografici
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Di BLASIO P. (2001), La colpa da sopravvivenza, «Psicologia con-
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venta la strategia più giusta (trad. it.), Firenze, Giunti.
WlNN D. (2000), The manipulated mind, Cambridge, Malor Books.
Marco Costa è Ricercatore presso la Facoltà di Psicologìa
dell'Università di Bologna, dove insegna Psicologia evoluzio-
nistica. È inoltre docente di Psicologia generale presso l'Ac-
cademia militare di Modena. I suoi interessi di ricerca sono
la comunicazione non verbale, la psicologia ambientale, la
psicologia dell'arte e della musica. Ha pubblicato Psicologia
militare [Franco Angeli, 2003).
Leonardo Corazza è collaboratore di ricerca presso il Di-
partimento di Psicologia dell'Università di Bologna. Svolge
ricerca nell'ambito della comunicazione non verbale, della
prossemica e della psicologia ambientale