TANGARI - COME CAMBIANO LE FONTI MUSICALI
Come cambiano le fonti musicali
Le risorse digitali e la ricerca musicologica
NICOLA TANGARI
1. Introduzione
Nell’ultimo decennio si è sviluppata una convergenza
metodologica singolare quanto interessante tra la musi-
cologia e la documentazione. In entrambi i campi, infatti,
sotto l’influenza di princìpi filosofici eterogenei e anche
distanti, si tende a relativizzare notevolmente il proprio
oggetto fondamentale di studio e di applicazione. Così,
sembra persino ovvio che il documento non sia tale per
se stesso, ma sia reso documento da chi lo legge e lo stu-
dia [BUCKLAND, Document; RIDI], mentre si afferma che la
musica sia musica solo perché chi l’ascolta ha deciso di
far ricoprire questo ruolo a un suono più o meno orga-
nizzato [NATTIEZ]. È il ricercatore che fa di un oggetto un
documento, mentre è l’ascoltatore che fa di una se-
quenza di suoni e silenzi una musica. Questo principio
non è esclusivo della musicologia e della documenta-
zione, ma è tipico di alcune correnti dell’estetica e in ge-
nerale della filosofia contemporanea che lo applicano a
tutte le forme di espressione artistica.
Senza voler discutere tali affermazioni, le assumiamo
però come punto di avvio per giungere all’inevitabile
conseguenza secondo la quale sono i musicologi a rico-
noscere in un qualsiasi oggetto un documento musicale
e quindi a renderlo tale. Nel mondo odierno, nel quale le
nuove tecnologie stanno cambiando il panorama cultu-
rale, ciò è molto più che una banalità: le fonti consuete
mutano aspetto e funzione, d’altra parte nuovi e inso-
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spettabili oggetti si rivelano al musicologo come inedite
ma, oggi, indispensabili fonti di documentazione. Dun-
que ci sembra necessario soffermarci a considerare ciò
che a prima vista e secondo una visione tradizionale
della disciplina non rientra nell’ambito delle fonti musi-
cali e invece includerlo, poiché la conversione al digitale
sta cambiando nel profondo anche il panorama della mu-
sica e della musicologia.
Questo cambiamento non coinvolge soltanto la mu-
sica contemporanea, colta o pop, ma anche la musica del
passato, per la quale all’assoluta mutevolezza dei con-
tenuti sonori nelle infinite possibilità di esecuzione, oggi
si affianca la grande instabilità dei supporti documen-
tari. Si tratta di uno scenario quasi del tutto nuovo, con-
siderando che la tradizione musicale occidentale, quanto
ai documenti, si è sviluppata basandosi perlopiù sulla
continuità della carta e dell’inchiostro e secondo due mo-
dalità fondamentali: la scrittura a mano e a stampa. Ac-
canto a questi canali principali vi sono stati altri oggetti
che ci sono pervenuti dal passato e che ci parlano del-
l’attività musicale: gli strumenti, le raffigurazioni icono-
grafiche ecc. Non dimentichiamo certamente la docu-
mentazione sonora e audiovisiva, anche perché questa
ha consentito di raccogliere la testimonianza diretta
della tradizione orale. Tuttavia riteniamo che, per la mu-
sica del passato, questa non sia quantitativamente rile-
vante, almeno facendo riferimento all’intero arco
temporale di sviluppo della musica occidentale. Come
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vedremo, però, anche questo panorama sta mutando ra-
pidamente e le fonti sonore e audiovisive digitali stanno
acquistando sempre maggiore importanza, quasi supe-
rando il valore delle fonti scritte. Ne è un esempio il re-
pentino cambiamento che sta subendo la didattica
musicale e musicologica, la quale oggi ha a disposizione
una quantità notevole di documenti audiovisivi, da fruire
in rete liberamente o a pagamento, che sono di origine
autorevole, commerciale e accademica. Si veda, per
esempio, la sezione Educational di Google Video che for-
nisce accesso a una serie di lezioni e conferenze tenutesi
prevalentemente in istituzioni americane. Tale nuova di-
sponibilità ci spinge ad aggiornare il nostro concetto di
formazione permanente musicale e musicologica.
Molti altri esempi si potrebbero citare, ma è un fatto
che nel mondo digitale si siano moltiplicati notevolmente
i modi e le possibilità di ibridazione tra contenuti di varia
tipologia mediale, tra contenuti e supporti diversi, non-
ché sono aumentati i livelli di ‘granularità’ che è possibile
ed è utile riscontrare in un documento e, di conse-
guenza, i gradi di gerarchia nelle relazioni tra i vari ele-
menti del documento stesso. Occorre chiedersi se tale
nuova condizione sia trasparente per il musicologo o, al
contrario, debba essere presa in considerazione poiché
aggiunge ulteriori informazioni o apre nuovi campi di in-
dagine per la musicologia. In questa riflessione, nuova-
mente si deve ricordare che quanto consideriamo per la
musica e la musicologia non è proprio ed esclusivo di
questi campi ma, nella maggior parte dei casi, è comune
all’innumerevole varietà di documenti che sono stati toc-
cati dalla conversione al digitale.
Per procedere, richiamiamo innanzitutto alcuni fatti,
concetti e terminologie tecniche che saranno utilizzati
spesso in seguito e che serviranno da base per la nostra
discussione. Sono tre gli elementi che hanno determi-
nato un cambiamento radicale nella fruizione dei docu-
menti musicali e non solo musicali. In primo luogo il
formato digitale nelle sue innumerevoli manifestazioni
FONTI MUSICALI ITALIANE
[TANGARI, Standard] e con i vari supporti di memorizza-
zione che ne consentono l’immagazzinamento perma-
nente [GAMBARI–GUERRINI: 317-340]. In secondo luogo
ricordiamo l’avvento e la diffusione del personal compu-
ter con le sue caratteristiche di incremento progressivo
delle capacità di calcolo e della miniaturizzazione dello
hardware da una parte e di decremento del costo unita-
rio dall’altra. Finalmente rammentiamo la crescente por-
tata dei collegamenti telematici e in particolare di
Internet, sul quale non è più necessario soffermarsi. Tut-
tavia, a questo riguardo dobbiamo rilevare ulteriori svi-
luppi che già stiamo vivendo.
Oggi non solo Internet incarna complessivamente le
possibilità di connessione in rete, ma in questa modalità
si devono includere anche i collegamenti satellitari, le
varie tecnologie di carattere telefonico (GPS, GPRS, UMTS
ecc.), il digitale terrestre televisivo (DVB-T) e radiofonico
(DAB), e soprattutto le possibilità di connessione in mo-
vimento permesse dalle cosiddette modalità wireless,
che rendono superfluo il collegamento fisico dei dispo-
sitivi attraverso cavi. Tra tutte queste tecnologie è in
corso una progressiva convergenza se non degli stru-
menti e dei canali di comunicazione, almeno dei conte-
nuti informativi. Gli stessi contenuti sono oggi disponibili
alla fruizione attraverso metodi disparati, per cui un pro-
gramma televisivo, quindi anche un documento musicale
o non musicale, è a mia disposizione sul normale appa-
recchio analogico tramite la comune antenna, il digitale
terrestre, o la parabola satellitare, sul computer di casa
attraverso la cosiddetta Internet Television, sull’appa-
recchio telefonico mobile secondo le modalità UMTS o
altro. Anche altri servizi, come accade per la posta elet-
tronica, la consultazione del World Wide Web, il download
di brani musicali e di altri documenti si possono effet-
tuare tramite dispositivi differenti e possono essere fruiti
indistintamente tramite il computer, il telefono o la tele-
visione.
TANGARI - COME CAMBIANO LE FONTI MUSICALI
La più importante conseguenza di ciò è che oggi la
musica che si desidera o che ci serve in una determinata
occasione si può fruire in massimo movimento, senza
essere costretti a fermarsi in un luogo e a interrompere
ogni nostra altra attività. Il paradigma della mobilità si
addice ottimamente alla musica: i documenti musicali
possono essere con noi sempre, ovunque e in qualsiasi
modo (suono, partitura, video ecc.) e anzi richiedono una
fruizione fluida e partecipativa [KUSEK–LEONHARD: 33-34].
Nonostante ciò e anche considerando la convergenza a
cui facevamo riferimento, l’uso e la fruizione di supporti
stabili è ancora molto diffusa. Pertanto è efficace la di-
stinzione documentaria tra risorse elettroniche ad ac-
cesso locale (REL) che comprendono tutti i supporti
digitali che, come i libri e i dischi, si possono consultare
off-line, e le risorse elettroniche remote (RER) che invece
hanno bisogno di un collegamento in rete di qualche
tipo. Un’altra distinzione classificatoria che ci sarà utile
proseguendo le nostre riflessioni riguarda la differenza
tra i documenti digitali nativi (born digital), cioè origina-
riamente digitali e privi di un loro equivalente analogico,
di cui ci occuperemo prevalentemente nel paragrafo 4, e
invece le trasposizioni digitali di documenti analogici che
saranno oggetto del paragrafo 3 [MARANGI, Risorse].
2. La musica come l’acqua
In un articolo del giugno 2002 il New York Times ha
riportato una frase di David Bowie che ha provocato so-
prattutto negli Stati Uniti una serie di commenti e di ri-
flessioni di cui si potrà avere conto effettuando una
semplice ricerca su web. Il cantante sosteneva in quella
sede che «Music itself is going to become like running
water or electricity» [KUSEK–LEONHARD: 3].
Prescindendo dal riferimento diretto, nelle intenzioni
del musicista, al problema del diritto d’autore, di cui
pure ci occuperemo più avanti, la frase pone in primo
291
piano uno dei cambiamenti che maggiormente toccano
la musica odierna e in generale i documenti musicali di-
gitali: il passaggio della musica da essere un prodotto a
diventare principalmente un servizio. In modo più esau-
riente e corretto si può affermare che la digitalizzazione
stia portando un’antica attività volta essenzialmente alla
fabbricazione e alla vendita del prodotto musica, a di-
ventare un processo che ha invece come scopo princi-
pale il mantenimento e la gestione di un servizio di
fornitura musicale. Come non ci stupiamo di trovare
ovunque andiamo l’acqua corrente o l’elettricità, così già
non è per noi strano accedere senza limiti fisici ai con-
tenuti musicali. Come non è dunque importante che si
possegga personalmente l’acqua o la corrente elettrica,
ma invece che si abbia accesso a un rubinetto o a una
presa, così sarà sempre più importante accedere a una
connessione verso un fornitore di contenuti musicali,
piuttosto che portarci dietro i nostri file e i nostri CD.
La principale conseguenza di quanto sta accadendo
è che la grande categoria dei supporti musicali che per
secoli ha dominato nella diffusione della musica occi-
dentale nella forma dei libri manoscritti e a stampa, dei
dischi, dei nastri e dei CD, sta perdendo terreno, ce-
dendo spazio a quella degli strumenti di connessione e
riproduzione musicale che si rivelano più efficaci poiché
non necessitano del possesso fisico dei contenuti, ma
permettono sempre e ovunque la loro fruizione [ASSANTE].
Ribadiamo il fatto che ciò non coinvolge soltanto la mu-
sica in quanto tale, ma anche la musicologia e la docu-
mentazione in genere. L’accesso a una connessione sarà
sempre più importante per consultare una fonte docu-
mentaria, anche se ne siamo i primi autori, rispetto al
possedere tale contenuto archiviato in forma cartacea o
elettronica su un supporto stabile di memoria. Per
quanto riguarda i documenti scritti facciamo per esem-
pio riferimento al recente servizio di scrittura e archivia-
zione di testi on-line fornito da Google Docs and
Spreadsheets, ma molti altri servizi di questo tipo sono
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già disponibili: ZoHo, ThikFree, AjaxLaunch. La possibi-
lità che si possa redigere un testo archiviando il file in
un deposito pubblico o riservato, ma comunque remoto
e raggiungibile da ogni parte del mondo, aggiunge un
ulteriore elemento di aleatorietà alla scrittura. Tuttavia
consente di avere a disposizione i propri documenti
senza dover possedere alcun supporto dove archiviarli,
ma solo un dispositivo per raggiungerli, crearli e modifi-
carli. Oltretutto ne permette la redazione in forma col-
lettiva e collaborativa prescindendo dai limiti di spazio e
di tempo. Non abbiamo notizie per ora di analoghe ap-
plicazioni per scrivere musica o per comporre, tramite
programmi on-line di editing musicale e audio, tuttavia
crediamo che ne nasceranno presto e saranno graditi al
pubblico. Anche in questo caso il possesso di un pro-
dotto, un software, si sta trasformando nell’accesso a un
servizio che è molto più conveniente, poiché nella mag-
gior parte dei casi è libero e gratuito.
La sostanziale novità con cui si dovrà confrontare
anche la musicologia, sarà il progressivo decremento
della stabilità e della materialità dei supporti, situazione
non nuova per la musica ma che indebolisce la stessa de-
finizione di documento [BUCKLAND, Digital]. Quando un
documento non è più un oggetto diventa molto più dif-
ficile considerarlo come un’entità, valutarlo e soprattutto
raffrontarlo ad altri. Tuttavia l’attenzione maggiore che
si dedica ai contenuti, prescindendo almeno in parte dal
contatto diretto con i supporti, avrà indubbiamente
grandi vantaggi in termini di gestione delle energie di ri-
cerca personali e collettive.
Se però l’accesso all’informazione sta sostituendo ve-
locemente il suo possesso, allora la musicologia tra non
molto sarà chiamata a concentrarsi su questo accesso
per valutarne l’entità e studiarlo con i metodi più idonei.
Si dovrà fare appello sempre di più agli studi dell’ambito
economico e sociale che analizzano l’erogazione dei ser-
vizi. Se pensiamo ai milioni di copie dei vari software per
lo scambio di file musicali che sono state diffuse negli
FONTI MUSICALI ITALIANE
ultimi anni o al fatto che da molti anni ormai il CD più
venduto in assoluto è quello vuoto da registrare, si capi-
sce come le tecnologie diverranno a pieno titolo oggetti
di studio musicologico e i flussi delle informazioni mu-
sicali costituiranno i dati più rilevanti per conoscere la
vita musicale del nostro tempo.
Anche le tipologie funzionali della musica che tradi-
zionalmente conosciamo sono incrementate dalle tecno-
logie digitali, costringendo a sconfinare dal piano più
puramente musicologico a quello dello studio delle
prassi dell’intrattenimento, per giungere persino nel
campo della moda e dello style design.
3. Fonti antiche e nuovi aspetti
3.1. L’incremento dell’accessibilità
Secondo quanto abbiamo appena accennato, è evi-
dente che, rispetto al recente passato, una delle innova-
zioni più significative recate dal digitale che ha coinvolto
anche le fonti musicali sia il notevole incremento della
possibilità di accedere ai documenti. La facilità di ripro-
duzione digitale dei documenti scritti e sonori, il basso
costo dei supporti di memoria e la loro capacità sempre
maggiore, l’aumento delle opportunità di comunicazione
remota hanno abbassato notevolmente i tempi e le diffi-
coltà di accesso ai contenuti, se non ai documenti origi-
nali. Non si esagera se si afferma che l’accesso alla
musica non è mai stato nella storia dell’uomo così sem-
plice, vario e diffuso.
Molti analisti hanno già parlato di una maggiore de-
mocratizzazione della cultura e dell’inedita possibilità di
dirottare risorse che nel passato erano riservate allo
sforzo necessario per accedere ad una fonte (viaggi, sog-
giorni, richieste, permessi ecc.), invece al suo studio più
approfondito e analitico. I contenuti di un documento
che nel passato era nascosto in un archivio e solo un in-
TANGARI - COME CAMBIANO LE FONTI MUSICALI
faticabile studioso riusciva a scovare e a riconoscere,
oggi potrebbero essere alla portata di chiunque si vo-
lesse impegnare nella loro lettura e interpretazione. Così
gran parte della validità di una ricerca può risiedere nella
capacità critica di scegliere e interpretare le informazioni
e non nella possibilità di trovarle e poterle studiare.
Quando parliamo dell’accesso remoto, il primo rife-
rimento è agli OPAC di natura bibliografica o relativa ai
documenti sonori che ormai il mondo musicologico co-
nosce e che vengono utilizzati proficuamente da anni.
Da qualche tempo, però, si stanno affacciando i primi ca-
taloghi on-line di fonti archivistiche che consentono di
individuare un documento d’archivio direttamente tra-
mite un nome di una persona o di un ente, di un luogo
o di una data. Esemplare a questo riguardo è l’Archivio
storico dell’Accademia di Santa Cecilia di Roma che è
parte del catalogo della Bibliomediateca <bibliomedia-
teca.santacecilia.it>, il quale consente l’accesso anche a
materiali bibliografici, fotografici e sonori.
Dobbiamo notare inoltre che si stanno diffondendo
sempre di più i depositi di contenuti digitali che consen-
tono di accedere alle riproduzioni elettroniche dei docu-
menti originali. Queste iniziative entrano a far parte del
grande flusso di progetti volti a realizzare le cosiddette
biblioteche digitali, nonché quelli che vengono chiamati
musei virtuali. Tali risorse elettroniche ad accesso re-
moto ripropongono in maniera accentuata e semplificata
la modalità non propriamente italiana della consulta-
zione a scaffale aperto, dove non è il documento ad es-
sere fisicamente portato verso il fruitore quanto il
fruitore stesso che individua e si avvicina al documento
[RIDI: 69]. Per quello che riguarda la tradizione mano-
scritta, in effetti sembra già ipotizzabile e auspicabile,
per esempio, la riproduzione digitale integrale dei ma-
noscritti esistenti in Italia [ORNATO], mentre alcuni pro-
getti validi su questo versante sono già in corso.
Analizziamo brevemente alcune iniziative italiane che
ci sembrano di particolare interesse e che, per il solo
293
fatto di fornire risorse accessibili in rete, acquistano una
dimensione internazionale. In primo luogo citiamo il Pro-
gramma di digitalizzazione dei documenti musicali ita-
liani coordinato dall’ICCU [Programma], che intende
riunire in un unico contenitore risorse digitali prodotte
nel corso di altre iniziative pregresse. Questo progetto
già consente di esaminare nella sezione Contenuti digitali
del portale Internetculturale <www.internetculturale.it>
le immagini di moltissime fonti musicali scritte prove-
nienti da numerose biblioteche storiche italiane, mentre
numerose altre raccolte sono in fase di digitalizzazione.
Il sistema di ricerca delle immagini, per quanto consenta
di estrarre le riproduzioni relative alle fonti di una spe-
cifica raccolta, sembra non prevedere la selezione tra-
mite segnatura, che solo in alcuni casi è consentita
tramite la ricerca per Parole chiave. Soprattutto sembra
essere lacunosa la prima prospettazione della lista dei
risultati della ricerca che non mostra la segnatura dei do-
cumenti, ma solo l’eventuale nome dell’autore e parte
del titolo convenzionale. Comunque la visualizzazione,
pur se non ad alta risoluzione, è più che sufficiente per
una comoda lettura e soprattutto prevede già lo spoglio
dei brani, che nella maggior parte dei casi possono es-
sere raggiunti direttamente.
Altre iniziative si potrebbero citare come esempi di
digitalizzazione e distribuzione gratuita di riproduzioni
di documenti musicali antichi. Ricordiamo per esempio
la digitalizzazione del Fondo musicale manoscritto dei
Redentoristi di S. Maria della Fava di Venezia [DAL POZ]
raggiungibile all’indirizzo <smcfava.regione.veneto.it>.
Le riproduzioni in questo caso sono accessibili tramite le
segnature e sono di qualità grafica migliore.
Anche la Biblioteca Malatestiana di Cesena ha pro-
mosso un progetto di digitalizzazione dei manoscritti
<www.malatestiana.it/manoscritti/index.htm>. Sebbene
non sia specializzato nelle fonti musicali – al momento in
cui scriviamo solo due codici liturgico-musicali sono di-
sponibili alla consultazione (Fondo Bessarione 4 e 8, en-
 294
trambi Antifonari) – tuttavia ci sembra interessante, poi-
ché fa parte di un catalogo aperto ai contributi volontari
esterni. Inoltre, mette a disposizione in forma di imma-
gini digitali anche descrizioni dei codici e saggi già pub-
blicati nel passato in forma stampata [CARTELLI–DALTRI–
PALMA–ZANFINI]. Si tratta di un esempio che ci indica come,
rispetto alle fonti musicali, potrebbero essere disponibili
in rete gratuitamente anche gli studi musicologici mag-
giormente significativi sui singoli documenti.
Ma non si possono ignorare neanche i documenti so-
nori che sono disponibili, ancora in misura minore ri-
spetto a quelli bibliografici, attraverso i siti della
Discoteca di Stato <www.dds.it>, delle Teche Rai
<www.teche.rai.it> e di RadioMillevoci <www.radiomille-
voci.it>. Le Teche Rai, ad esempio, mettono a disposi-
zione in ascolto gratuito alcuni esperimenti di musica
elettronica del laboratorio di Fonologia di Milano tra
1955 e 1960 con composizioni di Luciano Berio e di
Bruno Maderna.
Se pensiamo invece alla pubblicistica musicologica
digitale, moltissime sono le fonti accessibili a paga-
mento. Vi sono però iniziative di distribuzione gratuita
che rispondono ai principi del cosiddetto Open Access,
una modalità e quasi una filosofia che dovrebbe garan-
tire l’accesso libero alle pubblicazioni scientifiche di
tutto il mondo. Tale modalità è stata riconosciuta, teori-
camente puntualizzata e sottoscritta durante alcune riu-
nioni internazionali <oa.mpg.de> e da parte di associa-
zioni internazionali importanti <www.ifla.org/V/cdoc/
open-access04.html>.
In ambito italiano, segnaliamo alcune risorse musi-
cologiche che, consapevolmente o inconsapevolmente,
rispondono a tale spirito di consultazione libera. Per
esempio, ci riferiamo alla grandissima quantità di mate-
riale (abstract, resoconti di convegni, rassegne biblio-
grafiche ecc.) che è consultabile sul sito della Società
italiana di musicologia <www.sidm.it> o agli articoli e ai
documenti pubblicati su alcune riviste on-line come Poli-
FONTI MUSICALI ITALIANE
fonie <www.polifonico.org/index.php/polifonico_ita_it/
studium/rivista_polifonie>,Philomusica
<philomusica.unipv.it>,Analitica
<www.muspe.unibo.it/gatm/Ita/index.htm>,
De musica <users.unimi.it/~gpiana/demus.htm>,
Il saggiatore musicale <www.saggiatoremusicale.it>.
Gli esempi in ambito internazionale sono innumere-
voli, citiamo soltanto un utile sussidio, cioè il repertorio
RISM delle sigle delle biblioteche musicali reperibile e
scaricabile liberamente <rism.ub.uni-frankfurt.de> che
in molti casi già fornisce gli indirizzi web delle singole
istituzioni.
Quelli citati sono soltanto esempi significativi che tut-
tavia testimoniano la tendenza irreversibile a rendere di-
sponibili le fonti di documentazione storica e anche
musicologica non più soltanto in loco o attraverso la pub-
blicazione a stampa, ma sempre di più attraverso una
connessione on-line e non solo sotto forma di scheda ca-
talografica, ma tramite riproduzioni integrali. Se si
prende in considerazione l’attività in questo campo inau-
gurata dall’Unesco <www.unesco.org/webworld/mdm>
o dall’Internet Archive <www.archive.org> ci si rende
conto della portata di questo movimento.
Ancora in forma nascente, almeno in Italia, è invece
la spinta verso la creazione di una comunità di utenti che
si incontri prevalentemente on-line e che possa intera-
gire con i vari depositi di risorse digitali secondo uno
schema collaborativo pur se controllato: l’esempio della
Malatestiana è però incoraggiante.
Tuttavia, uno dei rischi di tale tendenza generale è,
se dovesse mancare una politica culturale di incremento
e mantenimento a lungo termine, l’oblio del documento
non digitalizzato. La semplice accessibilità di alcuni do-
cumenti digitali e la ricchezza degli stessi in termini
di contenuti storico-musicologici rischia di favorire la
concentrazione delle energie di analisi e di studio, ma
anche di didattica, solo su questi documenti, trala-
sciando invece materiali che, per ragioni contingenti
TANGARI - COME CAMBIANO LE FONTI MUSICALI 295

e quasi sempre economiche, non hanno potuto giovarsi
di una pur minima visibilità digitale.
3.2. Ulteriori mediazioni
Uno tra i concetti acquisiti tra gli studiosi di nuovi
media è che l’avvento della digitalizzazione ha portato
con sé una moltiplicazione delle mediazioni nella comu-
nicazione, a partire dal livello più basso. Ogni risorsa di-
gitale è quasi definita tale dal fatto che per essere fruita
ha bisogno dell’intermediazione tecnologica di un com-
puter, in una delle sue ormai innumerevoli e variabili
configurazioni.
Nell’epoca pre-digitale i testi erano considerati per-
lopiù come l’esito di un’attività di produzione di un og-
getto fisico, stabile nella sua materialità. In questo
procedimento la fase di salvataggio di un testo su un
supporto, cioè la produzione di un documento attraverso
le tecniche manuali o di stampa, coincideva con la sua
espressione in forma grafica visibile [HILLESUND].
Nel caso dei documenti digitali questa coincidenza
viene a mancare, provocando conseguenze ancora non
chiaramente decifrabili. I passi discreti che si compiono
per scrivere un testo digitale separano le fasi di imma-
gazzinamento e di visualizzazione. Così ciò che l’uomo
scrive non viene memorizzato nella stessa forma in cui
verrà visualizzato, ma tramite l’archiviazione di dati in
codice binario. In questa forma lo stesso documento viene
ad essere copiato e diffuso largamente, senza portare in
sé la propria visualizzazione e la possibilità diretta,
quindi, di essere letto. Come abbiamo visto, solo l’inter-
mediazione della macchina ne consente la lettura. Prima
dell’avvento del mondo digitale vi era un secolare rap-
porto consequenziale tra l’opera come concezione arti-
stica, la sua espressione in varia forma e la successiva
memorizzazione su un supporto stabile. Tale memoriz-
zazione era immediatamente fruibile da chi fosse istruito
nella lettura.

Opera ⇨ Espressione ⇨ Manifestazione

Sinfonia ⇨ Scrittura musicale ⇨ Partitura (manoscritto, edizione)
Sinfonia ⇨ Esecuzione ⇨ Suono

Nel mondo digitale si interpone l’ulteriore mediazione della codifica la quale produce, però, soltanto un file o un
flusso di bit in comunicazione (il cosiddetto audio stream) che non si può leggere immediatamente.

Opera ⇨ Espressione ⇨ Digitalizzazione ⇨ Manifestazione

Sinfonia ⇨ Scrittura musicale ⇨ Codifica digitale ⇨ File
Esecuzione ⇨ Registrazione sonora ⇨ Codifica digitale ⇨ File o Stream
 296
Per quanto riguarda la scrittura, i sistemi di codifica
odierni sono coniati sulle caratteristiche dei testi a
stampa e sono orientati solitamente a questa funzione o
alla variante della visualizzazione su schermo. Il modello
del testo a stampa è imperante anche per un linguaggio
di marcatura come XML [HILLESUND] che, nei suoi intenti,
dovrebbe essere neutro e dovrebbe consentire di redi-
gere un’unica fonte per innumerevoli espressioni sensi-
bili (da leggere, da ascoltare ecc.) [PECICCIA: 149-153].
La mediazione ulteriore che si interpone nei docu-
menti digitali tocca principalmente il momento della dif-
fusione e della fruizione. Nell’era digitale non viene
distribuito e fruito il documento nella sua forma defini-
tiva, ma solo sotto forma di dati binari, per i quali oc-
corre possedere uno strumento di fruizione.
L’apparecchiatura di fruizione era prevista anche per i di-
schi o per i nastri magnetici analogici, ma in quel caso
eravamo in presenza di un supporto stabile di memoriz-
zazione: il disco o il nastro. Per i documenti digitali, in-
vece, la mediazione tecnologica si complica, poiché
mancando sempre più spesso il supporto di memorizza-
zione, essa prevede, oltre allo strumento di lettura del
documento, anche un’infrastruttura e un servizio di co-
municazione che, come si è detto, possono essere effi-
cacemente paragonati a quelli previsti per l’erogazione
dell’acqua.
Queste componenti tecnologiche non possono essere
separate in una considerazione di natura musicologica:
è impensabile che la musicologia possa rinunciare o fare
a meno dell’accesso ai documenti digitali. Se fino ad oggi
la musicologia si è interessata ampiamente degli istituti
mediatori di documenti musicali come le biblioteche o
gli archivi sonori, nel prossimo futuro dovrà anche oc-
cuparsi anche dei nuovi istituti e delle nuove modalità di
mediazione che le consentiranno l’accesso digitale ai
contenuti dei documenti musicali antichi e moderni. Non
è certamente inconcepibile una nuova Serie C del RISM,
anch’essa in forma digitale, dedicata alle RER musicali e
FONTI MUSICALI ITALIANE
musicologiche descritte sia dal punto di vista dell’istitu-
zione che le conserva e le diffonde, sia dal punto di vista
delle tecnologie di mediazione utilizzate. Il repertorio
delle sigle RISM delle biblioteche che abbiamo citato, il
quale inizia a fornire gli indirizzi web delle istituzioni, è
un esempio che va cautamente in questa direzione.
3.3. Volatilità e mutevolezza
I documenti digitali musicali e non musicali non sono
generalmente stabili, sia in senso estrinseco che intrin-
seco. Un problema di cui sempre meno si sente parlare,
dopo la preoccupazione generale di qualche anno fa, ri-
guarda la permanenza delle risorse digitali, le quali non
sono affatto protette alla stessa stregua degli eventuali
documenti originali riprodotti e soprattutto non parteci-
pano della loro stabilità di supporto. Nell’opinione co-
mune si dà per scontato che le risorse digitali remote,
una volta inserite nel circuito della comunicazione tele-
matica, non scompaiano mai o che un loro eventuale
cambiamento non possa andare a detrimento delle in-
formazioni pubblicate originariamente.
Tuttavia, sia nel caso in cui la conservazione e il man-
tenimento di questi depositi rimanga prerogativa di isti-
tuzioni pubbliche, sia a maggior titolo qualora siano enti
privati a prenderli in consegna, ancora non è chiaro chi
avrà l’onere e con quali mezzi si dovrà garantire la con-
tinuità del servizio di distribuzione in rete e la sua atti-
vità costante in termini di accesso. La scomparsa o
l’oscuramento di un sito, ma anche la limitazione all’ac-
cesso libero, per motivi che esulano da qualsiasi inte-
resse di natura scientifica, determinerebbe tuttavia una
perdita secca e immediata per la cultura. Obblighi speci-
fici andrebbero sempre stabiliti per garantire la durata
di queste risorse digitali e clausole precise e inderogabili
dovrebbero essere sempre incluse nei contratti di ap-
palto a soggetti non istituzionali.
TANGARI - COME CAMBIANO LE FONTI MUSICALI
A causa della mediazione, la mutevolezza è intrin-
seca ad ogni documento digitale non tanto durante il
momento della sua memorizzazione e della sua diffu-
sione, la quale avviene per clonazione più che per copia,
quanto durante la sua manifestazione. La fruizione di
uno stesso documento digitale dipende in maniera com-
pleta dagli strumenti tecnologici che vengono utilizzati e
quindi cambia in maniera considerevole l’aspetto del do-
cumento originale. La visualizzazione su schermo, così
come l’ascolto di un documento digitale musicale sono
toccati dalla contingenza tecnologica del momento
molto di più di quanto non sia la fruizione di un’edizione
a stampa, di un manoscritto o di un disco musicale. La
forma della visualizzazione o dell’ascolto dipende da fat-
tori che cambiano quasi ogni volta: dimensione dello
schermo, risoluzione, modalità tecnologiche, impianto
di diffusione. Lo stesso documento espresso attraverso
un proiettore o visualizzato su un telefonino, fruito su
un sistema Windows o Linux è oggettivamente diverso.
Tale mediazione che cambia l’espressione e la rende mu-
tevole e contingente assomiglia molto allo hinc et nunc
dell’esecuzione musicale. Il contenuto informativo dei
documenti musicali digitali, come di altre tipologie di do-
cumenti, diviene pressoché amorfo, poiché può essere
espresso in innumerevoli manifestazioni diverse, e ubi-
quo, poiché può essere potenzialmente ovunque e sem-
pre.
Attualmente non vi è ancora grande attenzione a sal-
vaguardare l’aderenza delle riproduzioni digitali delle
fonti antiche agli originali e di garantire una fruibilità co-
stante e indipendente dalle piattaforme tecnologiche uti-
lizzate: la questione del fac-simile digitale, grafico e
sonoro, è ancora pressoché ignorata. Tuttavia se venis-
sero applicati ai documenti digitali i metodi e la metico-
losità degli studi di bibliologia musicale o non musicale
e dell’analisi musicale tali problemi emergerebbero in
modo consistente.
297
Ma la tecnologia elettronica, ormai utilizzata in quasi
tutte le fasi della produzione dei libri a stampa, deter-
mina anche un’instabilità dei tradizionali libri di musica.
Questi per essere pubblicati nuovamente a basso costo
subiscono alterazioni del contesto musicale – intesta-
zioni, attribuzioni, annotazioni – o persino del contenuto
musicale attraverso correzioni o integrazioni effettuate
sulle riproduzioni digitali dei documenti originali. Ci si
accorge così che, per esempio, un’edizione del passato
è stata ripubblicata quasi del tutto in forma anastatica,
se non fosse per particolari modifiche introdotte grazie
alle tecnologie di editing elettronico: un vero problema
bibliologico [TANGARI, Musica].
Può la digitalizzazione minare anche la stabilità dei
documenti che ci sono familiari? Sebbene si tratti di un
problema di politica culturale e non di una questione tec-
nica, sembra che alcune esperienze avanzate vadano in
questa direzione [WILSON]. La questione che sorgerà pre-
sto e che coinvolgerà anche le fonti musicali e musico-
logiche riguarderà la scelta di far coincidere la
digitalizzazione del materiale con l’eliminazione dei do-
cumenti originali. Può sembrare un’assurdità, e lo è dav-
vero considerando le fonti antiche, ma per i documenti
considerati ‘moderni’ che comprendono principalmente
la pubblicistica musicologica e le fonti sonore e audiovi-
sive il rischio non è lontano. Ragioni economiche e ge-
stionali portano infatti istituzioni pubbliche e private a
intraprendere campagne di digitalizzazione totale e a di-
sfarsi dei documenti originali a stampa (libri, riviste) o
comunque analogici (dischi in vinile, nastri magnetici).
Vale la pena di chiedersi se ciò risponda ad una consi-
derazione di natura storica e generalmente culturale e
non renda la documentazione del nostro recente passato
assai fragile e aleatoria.
 298
3.4. La rottura dei diritti
Sui problemi della gestione dei diritti nell’ambito mu-
sicale la letteratura è amplissima e in continua crescita
[MARANGI, Musica]. Riguardo a questo specifico argo-
mento e alle sue implicazioni nella comunicazione in rete
e mobile, tuttavia, non è possibile prescindere da un fat-
tore di primaria importanza. Infatti, una tra le caratteri-
stiche fondamentali della connessione telematica è che
ogni accesso ad una informazione remota crea effettiva-
mente una copia locale della stessa informazione. «When
a printed piece of paper or book is taken from the place
where it is stored, it is removed in its entirety. A down-
loaded digital text is reteained in the memory of the
home computer, unchanged. From the storage systems
of computers digital texts can be copied (or cloned), over
and over again, without loss of data or quality. From new
positions in the network they can be duplicated and re-
peatedly redistributed.» [HILLESUND].
Anche lo streaming audio e video può essere facil-
mente registrato e salvato come documento sonoro o au-
diovisivo sul proprio computer personale. Questa
semplice osservazione porta come diretta e ovvia conse-
guenza l’abbattimento di ogni barriera che impedisca la
fruizione libera del documento stesso.
La copia locale potrà anche essere protetta da codici
e software particolari ma, come abbiamo visto recente-
mente in ambito musicale, ogni sistema di cifratura può
essere eluso. Ci riferiamo, per esempio, alla notizia se-
condo la quale anche il sistema di protezione elaborato
da Apple per il suo famoso iPod, denominato FairPlay, è
stato superato da John Lech Johansen, già noto per aver
elaborato il sistema per copiare DVD protetti. Il software
capace di eludere la protezione è stato creato tramite
un’operazione di reverse engineering e verrà reso pub-
blico.
Nonostante le posizioni sostenute dalle lobbies com-
merciali, crediamo che il diritto d’autore come oggi lo
FONTI MUSICALI ITALIANE
conosciamo terminerà presto a vantaggio di un sistema
di remunerazione che si basi sulla vendita di accessi ai
servizi di distribuzione musicale. Ciò varrà non soltanto
per la musica che suona, ma anche per tutti i documenti
musicali di altro genere.
In effetti si tratta di una modalità che è già vigente
oggi. Non si può dimenticare che, quando parliamo di
accesso gratuito alle informazioni, nella maggior parte
dei casi paghiamo già un canone di abbonamento alla
rete. Tale tariffa va oggi quasi esclusivamente alle so-
cietà che consentono l’accesso telematico, che diventano
distributori di contenuti e pagano canoni a soggetti
esterni per gli accessi a informazioni particolari. In fu-
turo si potrà spingere perché l’accesso alla rete divenga
un servizio pubblico e venga sovvenzionato solo con ca-
noni istituzionali.
Non possiamo prevedere come si evolverà la politica
economica degli accessi ai documenti musicali e musi-
cologici. Tuttavia già segnaliamo il rischio che si vada
verso una normativa che regoli l’accesso ai documenti
digitali, per esempio di una bilioteca, simile a quella che
governa l’autorizzazione e i diritti di pubblicazione delle
riproduzioni fotografiche del patrimonio artistico. Il
danno per la comunità scientifica sarebbe enorme, poi-
ché tale orientamento contrasta con l’evolversi della co-
municazione telematica e con le misure adottate da altri
paesi.
Un’idea sembra percorrere le discussioni sulle regole
da adottare per la fruizione dei beni culturali. Si ritiene
quasi che la mediazione tecnologica, di qualsiasi tipo,
applicata al patrimonio culturale autorizzi il pagamento
di un diritto. Ciò non sembra che sia in linea con i prin-
cipi del copyright, che dovrebbero tutelare l’opera del-
l’ingegno, ma sia legato solo al diritto di possesso di un
originale di cui si effettua una copia attraverso strumenti
tecnologici.
Fortunatamente, la tendenza ad annullare ogni vin-
colo alla circolazione delle informazioni è connaturata
TANGARI - COME CAMBIANO LE FONTI MUSICALI
alla comunicazione in rete e, secondo l’opinione comune
a moltissimi esperti, per quanto possa essere ostacolata
non diminuirà la sua forza. Come le biblioteche pubbli-
che e molte tra quelle private sono oggi in Italia ad ac-
cesso libero e gratuito, testimoniando un livello molto
alto di civiltà e di democrazia, così il mondo scientifico
dovrà indirizzare l’accesso ai documenti digitali se-
guendo lo stesso modello culturale. Soprattutto i risultati
della ricerca scientifica possono essere disponibili se-
condo il modello dello Open Access al quale abbiamo già
fatto riferimento: ma non tutto è così ovvio come sem-
bra.
4. Nuove fonti e antichi temi
4.1. Nuovi documenti reali e impalpabili
L’avvento del digitale ha determinato, come abbiamo
visto, cambiamenti sostanziali nei modi di conserva-
zione, distribuzione e fruizione delle fonti musicali clas-
siche. Allo stesso modo ha fatto entrare nell’ambito degli
studi musicologici anche i documenti musicali born di-
gital, ossia originariamente realizzati in forma digitale e
non come semplici surrogati di documenti analogici. Si
tratta di fonti che possono assumere la forma impalpa-
bile di un insieme di dati binari, ovvero quella materiale
di nuovi supporti di memorizzazione a lungo termine.
Verso tali documenti spesso l’applicazione dei consoli-
dati metodi di indagine risulta problematica, mentre
nuovi efficaci sistemi di analisi non sono ancora stati ela-
borati [RIDI: 69].
Prima di esaminare in una sintetica rassegna queste
due categorie, ritorniamo brevemente al discorso già ef-
fettuato sull’incremento degli accessi e sulle ulteriori me-
diazioni richieste dal processo di digitalizzazione. Questi
temi ci pongono di fronte nuove fonti musicali non ne-
cessariamente digitali, ma che sono l’esito indiretto del-
299
l’attività di conversione al digitale e della comunicazione
telematica.
Abbiamo precedentemente accennato al fatto che
l’accesso all’informazione musicale digitale può diven-
tare oggetto di studio musicologico. Per quanto riguarda
il passato, il modo e la misura in cui fossero disponibili
i documenti musicali è stato ed è sicuramente un argo-
mento di ricerca musicologica. Se consideriamo gli studi
sulla tradizione manoscritta e sull’editoria musicale,
nonché quelli sul commercio dei supporti musicali (ma-
noscritti, libri a stampa, dischi, CD) e sul sistema pro-
duttivo, ci rendiamo conto come effettivamente questi
studi analizzino l’accesso all’informazione musicale.
L’ovvia conseguenza è che anche la comunicazione tele-
matica con i suoi innumerevoli percorsi di distribuzione
dei dati musicali digitali diventi argomento musicolo-
gico. Non sappiamo però se l’odierno incremento degli
accessi e la loro elevata parcellizzazione possano diven-
tare un ostacolo alla possibilità di delineare compiuta-
mente il panorama musicale del nostro tempo.
Fortunatamente, se gli accessi si sono enormemente
moltiplicati, sono tuttavia automaticamente controllabili
e statisticamente valutabili. Per analizzarli adeguata-
mente, però, bisogna entrare in campi che non riguar-
dano precisamente la musica, ma per esempio
l’economia dei nuovi media e delle prassi di intratteni-
mento. A questo riguardo diviene di fondamentale im-
portanza la conservazione dei dati riguardanti il traffico
di informazioni come fonte musicale archivistica di va-
lore storico, avendo cura che venga mantenuto il mag-
gior numero di dettagli sul contenuto delle
comunicazioni, per sapere in che misura si tratti di pas-
saggi che riguardino davvero la musica. Tuttavia, oltre
alle numerose difficoltà tecniche di studio e di interpre-
tazione, in quest’ultimo caso ci si dovrà confrontare per-
sino con i vincoli di tutela della privacy.
Per quello che riguarda il processo di conversione al
digitale, ricordiamo per un momento lo schema di me-
 300
diazione commentato in 3.2. Se la composizione del-
l’opera, la sua espressione in esecuzione o tramite la
scrittura musicale, gli oggetti documentari che sono
esito della sua memorizzazione (libri di musica, dischi,
nastri, CD ecc.) sono oggetto della ricerca musicologica,
bisogna chiedersi se anche la fase della digitalizzazione,
tipica della nostra epoca tecnologica, debba divenire ar-
gomento di studio per i musicologi. Riteniamo che non
si possa rispondere se non positivamente a questa do-
manda: la codifica digitale (standard o non standard) è
l’esito di un modo di concepire la musica, possiede di
per sé un valore storico-documentario analogo a quello
della notazione nelle sue varie forme e manifestazioni
[TANGARI, Standard]. Un sistema di codifica della nota-
zione scritta o del segnale audio o musicale in genere,
com’è ad esempio il MIDI, diviene una fonte musicale, poi-
ché è la testimonianza più eloquente del contatto che
esiste oggi tra la musica e una determinata tecnologia.
Pur non essendo necessariamente digitale, è però un do-
cumento immateriale, poiché consiste solo un insieme
di regole strettamente legate all’applicazione delle tec-
nologie elettroniche alla musica.
Sono molte le nuove fonti musicali che hanno la ca-
ratteristica di essere generalmente immateriali. Si tratta
perlopiù di quei documenti che abbiamo compreso nella
categoria delle risorse elettroniche remote (RER) che ab-
biamo già incontrato. Queste pongono problemi nuovi
alla critica e evidenziano il fatto che i sistemi di inter-
pretazione attuali non siano sufficienti ad esprimere ade-
guatamente la loro fisionomia e il loro impatto.
Ci è stato insegnato in passato che del discorso mu-
sicale fanno parte anche le ricerche e gli studi musicolo-
gici: l’attenzione degli studiosi verso i periodici musicali
del passato sono un esempio efficace di tale convin-
zione. Dunque non possiamo esimerci dal chiedere se,
per esempio, anche la Banca dati del RISM o la Base dati
Musica del Servizio bibliotecario nazionale (SBN) siano
da considerare fonti musicali. La risposta, anche in que-
FONTI MUSICALI ITALIANE
sto caso è affermativa. Tali imprese di documentazione
musicale testimoniano una fruizione musicale di natura
scientifica della quale, però, si perdono le fasi storiche di
attuazione, poiché una banca-dati è per sua natura con-
tinuamente aggiornabile e aggiornata quanto ai dati e
alle tecnologie: si tratta di risorse cumulative che hanno
la caratteristica di essere continuamente in revisione e
adeguamento [GORMAN: 95]. Non crediamo di sbagliare
se affermiamo che, per esempio, un movimento di do-
cumentazione musicale che si basava sulle tecnologie in-
formatiche come quello che si è intrapreso in Italia negli
anni ’80 dello scorso secolo [Giacimenti] sia pressoché
impossibile da studiare ed analizzare esaurientemente.
Si potrebbero soltanto esaminare i documenti cartacei ri-
masti (generalmente letteratura grigia: progetti, specifi-
che tecniche, istruzioni per gli operatori, presentazioni
dei singoli interventi), le copie delle banche dati pubbli-
cate su memorie permanenti, ma non i documenti digi-
tali che sono stati prodotti successivamente. Essi erano
versioni diverse delle stesse banche-dati, irrimediabil-
mente sostituiti da nuovi esemplari sempre più aggior-
nati e corretti.
Procedendo sullo stesso versante delle risorse cu-
mulative, perché non considerare come fonte musicale
indiretta anche una mailing-list musicologica o che riu-
nisce musicisti classici o underground, oppure un forum
dedicato a un argomento storico-musicale e persino
quanto transita negli innumerevoli newsgroup di inte-
resse musicale? D’altra parte come controllare questa do-
cumentazione riuscendo a scremare il ‘rumore’ e a trarre
solo le informazioni realmente significative da un punto
di vista musicologico? [IANNE]. La discussione di argo-
mento musicologico che oggi si può documentare e alla
quale si può sempre partecipare è oggi cresciuta in
modo considerevole dando origine, anche in questo
caso, a circuiti non accademici che sono spesso di note-
vole qualità. Newsgroup, Mailing-list, Forum, Instant-
messaging: è sempre più difficile prendere atto di quanto
TANGARI - COME CAMBIANO LE FONTI MUSICALI
si discute ogni giorno a vari livelli sulla musica e su
quanto la circonda. Tuttavia anche i depositi di queste
discussioni sono già divenuti fonti di ricerca musicolo-
gica indiretta e molti di noi già attingono informazioni e
utili spunti interpretativi.
Gli innumerevoli programmi software che vengono
continuamente realizzati ex novo o in modelli sempre più
aggiornati per gestire i documenti musicali – cioè per
scrivere la notazione, per elaborare file audio ecc. – sono
anch’essi una fonte musicale? Certamente sì, al pari degli
strumenti musicali. Tuttavia sono anch’essi impalpabili e
in una forma, quella dei dati binari, molto difficile da in-
terpretare qualora non si sia in possesso della loro ver-
sione sorgente, cioè delle istruzioni redatte in un
determinato linguaggio di programmazione. Accedere a
queste liste di istruzioni, anche soltanto per studiarle in
modo critico e quasi filologico, molto spesso risulta im-
possibile, in primo luogo perché sono tutelate dal diritto
d’autore, dai brevetti o dal protezionismo industriale,
altre volte perché si sono completamente perdute ed è
stata mantenuta soltanto la versione binaria dei pro-
grammi. In quest’ultimo caso può essere utile, assu-
mendo quasi il ruolo di un metodo di ecdotica, la
cosiddetta tecnica del reverse engineering, cioè quella
che prevede di ricostruire il funzionamento di un pro-
gramma a partire dai suoi dati binari per giungere (quasi)
al programma sorgente attraverso una decompilazione.
Ma oggetti insospettati possono rappresentare veri e
propri documenti musicali del nostro tempo. Conside-
rando l’entità dei fenomeni e il posto che questi occu-
pano presso intere categorie di utenti, siamo costretti a
includere nella nostra valutazione musicologica anche i
videogames e i computer games, nonché le famigerate
suonerie dei cellulari [KUSEK–LEONHARD]. In entrambi i casi
la musica non rappresenta l’elemento principale, ma ri-
copre un ruolo molto rilevante e strettamente collegato
alla funzionalità primaria dello strumento tecnologico.
Tale fruizione inaugura nuove funzioni della musica di-
301
gitale che testimoniano come essa sia divenuta ormai
parte di uno stile di vita che percorre trasversalmente ge-
nerazioni diverse e ceti sociali altrettanto eterogenei. Il
videogioco è oggi un veicolo di conoscenza, di fruizione
e di marketing musicale molto potente: interpreti di
rango maggiore e minore affidano direttamente le loro
composizioni al commento dei giochi elettronici, per as-
sicurarsi una categoria di ascoltatori molto ben definita
e una martellante ripetitività. Quanto alle suonerie, è sor-
prendente rilevare la quantità di questo tipo di melodie
che viene quotidianamente acquistata e scambiata. Inol-
tre è singolare il fatto che il pubblico sia disposto a pa-
gare di più per pochi secondi di un tema musicale
arrangiato da inserire in un telefono, piuttosto che per la
versione originale completa da ascoltare attraverso un
lettore MP3. Il tema musicale, argomento musicologico
per eccellenza, esplica oggi la sua efficacia espressiva al
pari di un cosmetico o un gioiello e diviene un accesso-
rio personale dal valore sociale che distingue e fa sentire
alla moda.
Per quanto riguarda i nuovi supporti che diffondono
e tramandano informazioni musicali si deve rilevare che
nel passato la musica aveva condiviso con altre forme di
espressione solamente la forma libraria, pur mante-
nendo caratteristiche specifiche quanto, per esempio,
alla notazione e alla disposizione del testo. Gli altri tipi
di supporti – cilindri, dischi meccanici, nastri magnetici
ecc. – sono stati peculiari della diffusione musicale o
hanno svolto la loro funzione prettamente in questo am-
bito. La conversione al digitale invece ha introdotto dei
supporti totalmente ibridi e non specifici, capaci cioè di
contenere dati musicali e anche non musicali. Così la ti-
pologia del supporto non è più collegata a prima vista
alla diffusione della musica e un CD, un DVD, una pen-
drive o una memory card possono allo stesso modo con-
tenere dati testuali, grafici, audiovisivi o musicali. Tale
novità tecnologica partecipa di quella complessiva con-
vergenza verso una massima versatilità degli strumenti
 302
hardware da una parte e l’ibridazione dei contenuti dal-
l’altra. Da un punto di vista musicologico ciò comporterà
l’inclusione e la considerazione di supporti tecnologici
non più caratterizzati specificamente da un punto di
vista musicale e quindi la mutuazione di modelli di ana-
lisi pervenuti da altri campi.
Abbiamo accennato ai lettori MP3 e, indirettamente,
alle cosiddette console per giocare in video o al compu-
ter. Si tratta di strumenti di musica digitale che conten-
gono al loro interno anche dei supporti di memoria di
massa analoghi a quelli che troviamo nei personal com-
puter o che vengono distribuiti singolarmente. Tuttavia
in questo caso essi sono tecnologicamente solidali con lo
strumento, come accade nel caso del nastro di carta per-
forata di una pianola o al rullo di un organetto. Questa
caratteristica è tipica di alcuni dispositivi tecnologici di-
gitali i quali non sono più distinti in uno strumento adi-
bito alla lettura – per esempio il giradischi o il lettore CD
– e in un supporto mobile – il disco in vinile o il CD vero
e proprio – ma integrano entrambe le componenti in un
sistema non divisibile. La capacità di alcuni supporti di-
gitali di consentire la sostituzione del loro contenuto –
non si tratta infatti di read-only memory come nel caso
dei CD – elimina la distinzione tra supporto e strumento
pur consentendo di rinnovare i contenuti musicali. Il fun-
zionamento di tali strumenti e la loro evoluzione sarà
dunque argomento musicologico quanto l’organologia e
la storia degli strumenti musicali, ma questo studio non
sarà limitato alle caratteristiche tecnologiche dei dispo-
sitivi, ma dovrà considerare anche in contenuti musicali
– i suoni, i testi – archiviati negli stessi strumenti.
Dal punto di vista dei formati [TANGARI, Standard:
167-212], la corsa alla proliferazione non si è ancora ar-
restata e anche se alcuni di essi si sono affermati larga-
mente – per es. il formato MP3 – d’altra parte nuovi
sistemi per rappresentare il suono o la notazione conti-
nuano ad essere elaborati. I motivi che spingono a in-
crementare questa Babele sono prevalentemente di
FONTI MUSICALI ITALIANE
natura protezionistica e oggi attengono soprattutto al-
l’ambito dell’audiovisivo. Tuttavia questa innovazione,
se paragonata all’incessante aggiornamento di altri pro-
dotti digitali (software, giochi elettronici ecc.), risulta es-
sere comunque di minore portata e incapace di dare un
impulso equivalente al mercato dei supporti e della mu-
sica digitale [KUSEK–LEONHARD]. Da questo punto di vista
occorre considerare la forza di impatto collettivo che può
assumere un nuovo formato: una volta che questo riesce
ad affermarsi, per motivi di origine e valore molto di-
versi, esso costringe a un rinnovamento complessivo
delle tecnologie le quali, sia a livello industriale di pro-
duzione e distribuzione che a livello personale di con-
sumo, devono necessariamente adeguarsi. È successo
così con l’introduzione del formato audio diffuso attra-
verso il CD musicale, il quale ha costretto, nella maggior
parte dei casi, a rinnovare totalmente gli impianti di ri-
produzione e i supporti posseduti da ognuno di noi. Così
sta accadendo con l’introduzione del formato MP3 e così
succederà ulteriormente nel futuro. La conseguenza ine-
vitabile è che anche i formati assumono a pieno titolo il
ruolo di fonti musicali e divengono argomento di studio
musicologico.
Per concludere la rassegna dei nuovi documenti che
in qualche modo hanno a che fare con la musica e il
mondo digitale, non possiamo esimerci dall’accennare
ai nuovi modelli descrittivi che molto condividono con i
formati. Non è questa l’occasione per un esame detta-
gliato, tuttavia ci basti ricordare almeno il modello ge-
nerale denominato Functional requirements for
bibliographic records (FRBR) che mutua alcune basi in-
terpretative dalla condizione documentaria della musica
e che partecipa anch’esso all’ibridazione documentaria
che stiamo vivendo [TANGARI, Documenti]. Gli studi sul-
l’applicazione dei metadati ai documenti musicali hanno
ormai alcuni anni e testimoniano come anche la struttura
prevista per l’identificazione dei documenti digitali
debba, nel caso della musica, orientarsi verso la consi-
TANGARI - COME CAMBIANO LE FONTI MUSICALI
derazione di elementi prettamente musicologici [VEL-
LUCCI]. Infine, ci sembra interessante citare l’esempio ita-
liano dell’Archivio digitale della musica veneta (ADMV)
<marciana.venezia.sbn.it/admv.htm> i cui documenti
resi disponibili su web, sebbene siano orientati all’illu-
strazione tecnica di un progetto di digitalizzazione di do-
cumenti antichi con particolare attenzione al confronto
con il formato UNIMARC, mostrano il risultato di un’ana-
lisi prettamente musicologica orientata alle fonti analo-
giche e digitali e a una loro intepretazione di tipo
semiotico. Gli esiti di questa ricerca sono illustrati se-
condo canoni più vicini a quelli di ambito scientifico-tec-
nico che propriamente umanistico, tuttavia i contenuti
riguardano in tal modo la musica che ci si domanda se
anche la musicologia non possa assumere nel suo campo
queste tipologie di pubblicistica scientifica.
Restano problemi di descrizione: per esempio come
individuare per le fonti musicali digitali un elemento che
abbia lo stesso valore identificativo proprio dell’incipit
musicale. A questo riguardo risulta interessante la pos-
sibilità di determinare automaticamente questo fattore
identificativo e di utilizzarlo non solo per rispondere a
domande prettamente musicologiche, ma anche per le
esigenze commerciali di recupero automatico delle opere
musicali all’interno di grandi depositi digitali, il cosid-
detto music information retrieval [Music query].
4.2. Circuiti sottili e copie manodigitali
Ritornando ancora una volta a riflettere sulla que-
stione delle mediazioni, si deve sottolineare un appa-
rente paradosso. Se, come abbiamo visto, da un punto di
vista tecnologico il sistema digitale accresce le media-
zioni nella produzione dei documenti, d’altra parte la dif-
fusa connessione in rete praticamente annulla le
mediazioni nella loro diffusione. L’autore di un’opera
musicale o musicologica può produrre il suo documento
303
in proprio e raggiungere il suo pubblico direttamente e
senza la mediazione di un editore o di un agente
esterno. Inoltre può persino avviare un’azione di distri-
buzione o di vero e proprio marketing della propria
opera attraverso canali molto eterogenei e pressoché
gratuiti [KUSEK–LEONHARD: 28, 68].
I documenti digitali posseggono la qualità di essere
distribuiti on-line in forma di esemplare identico secondo
una rete distributiva che non possiede un’origine domi-
nante, come può essere un editore per un testo a stampa
o una casa discografica per un disco. Anzi, il principio
della dispersione dei motori di smistamento dei docu-
menti digitali è uno dei fattori dell’efficacia della comu-
nicazione in rete. Questa situazione è la causa della
generazione di una fittissima rete di circuiti sottili di dif-
fusione dei documenti che sono difficilissimi da identifi-
care e analizzare, proprio perché possono assumere
addirittura ramificazioni uno a uno.
Emblematico a questo riguardo è l’esempio della mo-
dalità peer-to-peer, cioè lo scambio di documenti digitali
da persona a persona, o del podcast, la modalità che
consente di prelevare documenti sonori o audiovisivi ef-
fimeri e in continuo aggiornamento, come le trasmis-
sioni radiofoniche. Entrambi questi sistemi di
distribuzione dei documenti digitali assumono per la
musica un’importanza particolare e, per la loro natura,
testimoniano la difficoltà di documentare la diffusione
musicale odierna, poiché è praticamente impossibile
mantenere memoria dei circuiti sottili che traggono ori-
gine da tali collegamenti.
Ma la spiccata personalizzazione della produzione e
del consumo dei documenti musicali oltre a dipanarsi at-
traverso percorsi impercettibili, pone altri problemi di
natura, si potrebbe dire, filologica. È vero che «gran
parte degli apparati interpretativi creati per analizzare
dal punto di vista bibliografico/documentario, econo-
mico, sociologico e storico il libro a stampa possono
adattarsi, con pochi correttivi, anche alle REL» [RIDI: 69],
 304
ma occorre chiedersi se basti rimanere nell’ambito della
stampa e invece non allargare la considerazione anche ai
criteri di studio dei manoscritti, per avere a disposizione
gli strumenti critici efficaci e adatti a gran parte dei do-
cumenti emergenti.
Sia i documenti musicali in notazione scritta che
quelli in formato audio o MIDI possono essere oggi rea-
lizzati in proprio con minimo dispendio economico e ol-
tretutto con una qualità grafica e sonora ineccepibile. La
produzione di questi documenti è ingente e, nella mag-
gior parte dei casi, è seguita dalla diffusione gratuita.
Da un punto di vista musicologico, la differenza tra
la copia in formato codificato di una partitura già
pubblicata, da elaborare seguendo, per esempio, un
codice di proprietà come quello fornito dai programmi
commerciali di scrittura musicale o, invece, secondo
un formato libero come può essere
ABCplus <abcplus.sourceforge.net/index.it.html> o
MusicXML <www.musicxml.org>, è cosa ben diversa
dalla copia fotografica (digitale) o fotostatica dello stesso
libro di musica. Allo stesso modo, un documento MIDI
contenente una composizione musicale è diverso dal-
l’esecuzione dello stesso brano o dalla sua registrazione
sonora, analogica o digitale.
Un caso analogo alla pubblicazione di file contenenti
notazione musicale codificata o istruzioni MIDI si verifi-
cherebbe se, dopo aver prodotto la copia a mano di una
partitura, per diffonderla se ne distribuissero le fotoco-
pie. La partitura è oggi nuovamente svincolata dal si-
stema di produzione industriale e di diffusione
commerciale, ma ha recuperato alcune caratteristiche sa-
lienti degli antichi manoscritti e più precisamente delle
copie manoscritte. I documenti digitali pongono dunque
la critica odierna a confronto con le copie manodigitali.
Così come è facile divenire copisti musicali digitali, allo
stesso modo si può partire da un documento digitale
preesistente e effettuarne un’elaborazione per scopi dif-
ferenti modificando il contenuto originale, annotando o
FONTI MUSICALI ITALIANE
inserendo glosse. Si arriva a casi in cui «può essere estre-
mamente difficile scoprire alterazioni non autorizzate o
false attribuzioni all’interno di un documento digitale. La
trasparenza dei cambiamenti della forma o del contenuto
ostacola la distinzione tra ‘versioni’ diverse i documenti
digitali rispetto a quanto accada normalmente per quelli
tradizionali. Le tecnologie digitali offrono nuovi modelli
di interazione tra utente e documento: l’utente può sce-
gliere di interagire con il documento digitale in modo
non lineare, può optare per una visualizzazione perso-
nalizzata che rende l’esemplare unico o può annotare un
documento su base individuale o di gruppo.» [DELSEY:
128].
Infine proponiamo un accenno anche alle fonti mi-
scellanee e ai compositi. L’incessante attività di raccolta
dei documenti digitali dà luogo alla compilazione di rac-
colte composite che possono anche essere fattizie, ma
nella maggior parte dei casi si rivelano organizzate. Sem-
pre di più le raccolte personalizzate e non pubblicate
commercialmente di brani musicali o di documenti digi-
tali, dello stesso tipo o di tipi diversi, rappresentano il
modo comune di archiviazione e di diffusione della mu-
sica. Anche in questo caso l’entità del fenomeno, ma
anche la sua parcellizzazione, porranno notevoli diffi-
coltà ad una loro adeguata valutazione documentaria,
anche se il loro valore musicologico è indiscutibile. Lo
studio in questo campo avrà sempre di più le caratteri-
stiche della ricerca documentaria di natura archivistica e
le raccolte saranno valutate come testimonianza dell’at-
tività o dell’interesse musicale di singoli individui o di
istituzioni.
5. La Documentazione musicale
Così come, per Borges, ogni scrittore crea i propri precur-
sori, ogni osservatore crea i propri documenti. Accade tanto
nella vita quotidiana quanto nella ricerca scientifica più sofisti-
TANGARI - COME CAMBIANO LE FONTI MUSICALI
cata. Le varie discipline leggono i medesimi materiali con oc-
chiali diversi, e ciascun paio di occhiali visualizza un docu-
mento diverso. Esiste poi una disciplina che si occupa degli
occhiali stessi, piuttosto che dei materiali con essi osservati,
focalizzandosi proprio sui modi in cui i documenti vengono
prodotti, distribuiti, conservati, organizzati e fruiti […]. [RIDI:
67].
È questa la documentazione, da uno dei punti di vista
più aggiornati ed efficaci.
Il panorama delle fonti musicali che abbiamo deli-
neato rivela una complessità e una dinamicità davvero
elevate e richiede, per la sua comprensione, un’atten-
zione analitica e competenze disparate.
Ci chiediamo se non sia concepibile e anche auspica-
bile che si inizi a pensare a queste competenze come
proprie di una disciplina ancella della musicologia, ma
anche della documentazione generale, che tuttavia ma-
nifesti una fisionomia particolare quanto alla formazione
e alla pratica: la Documentazione musicale.
Non ci sembra più sufficiente parlare solo di biblio-
teconomia musicale o di archivistica musicale. Le pro-
spettive aperte dalle fonti musicali digitali costringono
ad allargare il punto di vista e includere documenti anti-
chi e nuovi in un’unica considerazione, volta comunque
305
a facilitare lo studio della musica in tutti i suoi aspetti.
Per questo è necessario possedere competenze bibliote-
conomiche e archivistiche, ma anche propriamente tec-
niche come, per esempio, la conoscenza degli standard
di codifica e degli strumenti e dei modi di telecomunica-
zione. L’elaborazione di modelli flessibili di descrizione
dei documenti, lo studio e la sperimentazione di metodi
di distribuzione capillare delle risorse digitali, l’elabora-
zione di modelli critici capaci di interpretare il mondo dei
documenti musicali odierni sono tutti compiti che ri-
chiedono una specializzazione e una competenza molto
elevate che arrivano a toccare campi come l’informatica
e persino l’ingegneria.
Attualmente esistono già figure di questo tipo in am-
biti non accademici, ma legati alla produzione musicale
o allo web publishing. Ciò che spesso manca è però la
prospettiva storica e la conoscenza più ricca del reper-
torio di tutti i generi musicali.
In questo senso, se saprà aprire le porte ai nuovi do-
cumenti e ai nuovi modelli interpretativi, la musicologia
classica potrà fornire un fondamentale sostegno disci-
plinare e insegnare ad attribuire o meno il significato di
fonte a fenomeni e a oggetti musicali che a prima vista
appaiono caotici o irrilevanti.
 306 FONTI MUSICALI ITALIANE

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