You are on page 1of 69

COMUNE DI MELIDE

ANTICO SENTIERO
MELIDE – CARONA

MELIDE 1896

RICERCA STORICA
DI
BORIS CAVADINI

OTTOBRE 1999 – GIUGNO 2000


1
INDICE:

1. BREVE STORIA IN GENERALE E DELLE PIEVI,

2. BREVE STORIA DELLE PARROCCHIE DI MELIDE E CARONA,

3. IL SENTIERO MELIDE – CARONA E LA SITUAZIONE VIARIA


GENERALE,

4. LE SEPOLTURE, I PERCORSI PROCESSIONALI E


LE CONFRATERNITE,

5. EMIGRAZIONE ED ALIMENTAZIONE,

6. LA LEGGENDA DEL GALLO,

7. LE UNITA’ DI MISURA STORICHE,

8. BREVE CRONOLOGIA DELLA PARROCCHIA DI MELIDE,

9. ARCHIVI E INTERVISTE,

9. 1 ELENCO DEI DOCUMENTI CON MENZIONE MELIDE,

9. 2 ARCHIVIO STORICO COMUNALE DI CARONA,

10. BIBLIOGRAFIA,

2
NOTE D’APERTURA:
• La presente ricerca storica, non è stata concepita quale “trattato” per specialisti o storici
professionisti, ma unicamente per fornire delle conoscenze in più agli utenti che vogliono
approfondire un poco l’argomento, senza la pretesa di farli divenire a loro volta degli storici
professionisti, né senza volerli tediare, ponendo loro davanti date, ragionamenti, teorie nuove
o vecchie in più rispetto allo stretto necessario, per ogni ambito trattato.
• La ricerca è stata concepita per fornire alcuni elementi, forse, sufficienti per una ricerca o
una conoscenza un poco più approfondita sull’argomento, ma certo sempre e comunque a
livello empirico, perciò non vuole e non deve essere presa quale spunto per creare diatribe o
dissertazioni storiche contrastanti a ciò che è lo scopo finale della ricerca stessa, concedere la
possibilità di leggere, e quindi conoscere, uno spaccato di vita del nostro passato con alcuni
cenni storici che ne permettano una conoscenza minima ed eventuali confronti, anche se
assurdi e/o illogici, con la vita attuale.
• I temi trattati sono stati sviluppati leggendo, ricercando ed analizzando testi ormai giudicati
obsoleti rispetto alle ultime teorie, emerse nel corso di questi ultimi cinque anni. I
professionisti del campo, che si troveranno confrontati con la lettura di queste pagine, è
bene che tengano ciò in buona considerazione.
• Per evitare inutili e sterili polemiche future, s’invitano perciò tutti i professionisti del ramo
che volessero leggere comunque queste righe, a svestire l’abito professionale prima di
intraprenderne la lettura, cercando di considerarla per il motivo per il quale è stata concepita e
non per eventuali propri fini personali e/o professionali.

LEGENDA:

AP = Archivio Parrocchiale di Melide (se non specificato diversamente).

AC = Archivio Comunale di Melide o Carona.

AV = Archivio Vescovile, presso la Curia Vescovile di Lugano

AS = Archivio di Stato a Bellinzona

NB. Le parti evidenziate in corsivo, sono scritte in “volgare”1 dell’epoca, altre parti sono
tradotte dal latino, che era lingua ufficiale all’epoca. Di norma, atti notarili e bolle ufficiali
antichi, erano stilati o rogati dagli “scriba” (oggi, tale funzione è esercitata dal Notaio) che,
per evitare continue ripetizioni di termini o parti di frasi, usavano simboli ed imbreviature,
chiaramente, su matrice latina dell’epoca, che sono di difficile o impossibile interpretazione
oggi.

Boris Cavadini

1
Durante tutto il lungo periodo storico nel quale la lingua ufficiale fu il latino, tutti gli idiomi al di fuori di quello
ufficiale, ovvero le varie parlate che il popolo usava nei vari contesti geografici per comunicare fra sé, era definito
dai nobili come volgare, appunto perché utilizzato dal popolo non, o poco istruito.

3
TOPOGRAFIA DEL PERCORSO DIDATTICO.

4
1. BREVE STORIA GENERALE E DELLE PIEVI.

I primi tempi del cristianesimo presero inizio tra Gerusalemme e Roma. Buona parte
dell’attuale Europa, furono province romane, dove il Cristianesimo s’instaurò, in parte,
durante gli ultimi periodi dell’impero romano, spesso scatenando ondate di violenze inaudite,
provocando così i primi martiri cristiani. Innumerevoli furono i protocristiani gettati nelle
arene, fagocitati dai leoni per il puro diletto dei nobili romani. Il nascente culto cristiano, per
diversi lustri, fu osteggiato in tutte le maniere possibili sino al 313 d.C., quando gli imperatori
Licinio e Costantino, da Milano, manifestarono alle diverse magistrature romane la loro
intenzione di liberare l’ormai, trionfante tra i popoli, culto cristiano. La cristianizzazione si
espanse poi per l’intera Europa occidentale, svolgendo la sua storia sull’arco di circa un
millennio.

Successivamente si ebbe, da parte milanese, un discreto sviluppo della cristianizzazione in


tutta la Lombardia ad opera di S. Ambrogio. Questi, inviò il primo vescovo a Como nella
persona di S. Felice. Da Como poi, il fenomeno cristianizzazione, giunse in gran parte sino
alle terre ticinesi, allora appartenenti alla Lombardia, per la maggior parte ad opera del
vescovo comasco S. Felice e, per la parte restante, ad opera del vescovo milanese1 S.
Ambrogio (Val Capriasca). Dovevano essere i primi dell’anno 1000.

Si trovano tracce documentate di un ospizio in Lugano, con annessa chiesa già nel 1208.
Nell’arco di tre secoli, la cristianizzazione, si espanse e si affermò in tutto il “territorio
vescovile” (oggi Cantone Ticino), „ edificando „ le plebanie2, formanti le pievi3 annesse. Il
lago Ceresio ha tre spiagge, tre punti importanti dove, grazie alla pesca, si formarono discreti
e sempre più forti agglomerati: riva S. Vitale, Lugano ed Agno4.
In questi luoghi, i primi evangelizzatori – indubbiamente fra mille difficoltà ed opposizioni –
riuscirono a gettare le basi per le prime ed omonime pievi.

Le prime scissioni pievasche si ebbero verso i primi anni del 1400: tra queste vi figura
Carona, che chiese ed ottenne tale scissione da S. Lorenzo di Lugano nel 1425, edificando poi
la chiesa di S. Giorgio nel 1427, chiesa dalla quale dipendevano pure Melide, Ciona e
Carabbia5. D’altro canto, esistono due tendenze di pensiero (quanto verificate, verificabili o
da verificare non si sa) riguardo alla formazione delle due vicinie di Carona e Melide. Una
tendenza punta a far passare Carona dominante non solo a livello pievasco, ma anche di
vicinia. Melide, in questo caso, è considerata come una “prominenza” della vicinia di Carona,
nel senso che i primi melidesi, avrebbero dovuto essere dei caronesi “emigrati” a lago poiché
da questo dipendeva la loro esistenza, praticando professioni in stretta simbiosi con le acque
lacustri come la pesca, il macero in acqua di fibre per la fabbricazione di tessuti e i conducenti
di barche e barconi da trasporto. Come si assoderà nel corso del testo (capitolo
sull’alimentazione ed emigrazione), la produzione di vino ed il suo consumo erano parte
integrante dell’alimentazione quotidiana più di quanto non lo sia oggi. La “povera”
alimentazione dell’epoca, rispetto ad oggi, era povera di calorie. Per sopperire a questa
mancanza venivano consumate enormi quantità di vino, essendone l’alcool in esso contenuto
carico. I melidesi di oggi, non sono però così propensi ad accettare questa tendenza. Secondo

1
Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”.
2
Glossario: Plebania = antico termine usato per definire la chiesa parrocchiale, nel senso di edificio.
3
Glossario: Pieve = antico termine utilizzato per definire le attuali parrocchie, nel senso di popolazione e territorio.
4
Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”.
5
Da “Melide”.

5
questi, Melide avrebbe avuto dei natali autoctoni, che crearono la loro vicinia
contemporaneamente a Carona e esercitando tutte quelle professioni legate all’acqua del lago
in simbiosi con i caronesi. La “sudditanza” da Carona sarebbe attribuibile all’avvenuta
assegnazione di privilegi alla vicinia di Carona da parte dei duchi milanesi e, successivamente
dalla costituzione di Carona come pieve separata da Lugano. Certo è che i documenti,
chiamanti direttamente in causa le due vicinie non fanno alcuna menzione di eventuali “lotte”
intercorse tra le due, anzi, su lacune antiche carte caronesi la vicinia di Melide e menzionata
con i dovuti rispetti di forme e regole, senza che si possa leggere tra le righe il benchè minimo
segno di prevaricazione.

Il 1500 fu un secolo cruciale per la storia d’Europa, non smentendo neppure il Ticino per il
suo carattere eccezionale. Infatti, non fu solo il secolo del distacco delle terre ticinesi dalla
Lombardia e del loro passaggio, come baliaggi, sotto il controllo diretto dei dodici Cantoni
Svizzeri, ma fu anche quello d’altri avvenimenti importanti che influirono parecchio sulle
popolazioni ticinesi, ed influendo anche a livello di politica internazionale1 , riguardo al
controllo dei traffici, durante il loro passaggio attraverso le alpi e le prealpi.
Il passaggio avvenne con la promessa del futuro Luigi XII, fatta ai Confederati nel 1495 e nel
1499, per ottenere aiuto contro il Duca di Milano. La Val Lugano fu definitivamente
occupata, dopo diverse vicissitudini, nel giugno del 1512; il Duca Massimiliano Sforza
rinunciò al possesso in favore dei Confederati il 28 settembre ed il 26 gennaio 1513, il
castello di Lugano venne anch’esso occupato dagli stessi confederati.

La pace perpetua del 1516 confermò l’occupazione. Dopo la conquista elvetica, Lugano e la
sua valle, vennero a dipendere dai 12 cantoni e furono suddivisi in quattro pievi (Lugano,
Agno, Riva S.Vitale e Balerna), ognuna avente due reggenti ed un piccolo parlamento.
Nel baliaggio2 si contavano pure i comuni separati di Morcote, Vico, Carona, Sonvico,
Monteggio, Ponte Capriasca, Vezia, Carabietta, Ponte Tresa e Magliaso. Insomma i 12
cantoni subentranti, avevano lasciato alla popolazione gli antichi privilegi e diritti contenuti
negli statuti3. Questi statuti garantivano, “in perpetuo”, privilegi particolari come esenzioni
dai dazi e fiscali, che si sarebbero dovuti versare come in tutte le altre vicinie, ai landfogti dei
dodici cantoni appena subentrati ai due vescovadi, comasco e milanese.

I landfogti elvetici, funzionari d’amministrazione locale o regionale, avevano nelle loro mani
il governo, applicandosi però maggiormente all’amministrazione della giustizia. Il perché di
ciò andava ricercato nella venialità: infliggendo pene pecuniarie, spesso in conversione a
quelle corporali, il landfogto si arricchiva. I 12 cantoni, mantennero la loro supremazia sulle
terre ticinesi sino al 1798, anno dei moti luganesi e nel quale il Ticino dovette scegliere se
aderire alla Repubblica Cisalpina o alla Confederazione, optando per quest’ultima nel 18034.
D‘altra parte, l’influenza lombarda sulle nostre zone non si limitava alla sola area spirituale;
quello che un tempo era stato un contado, ora comasco ora milanese, continuava a
rappresentare fonte d‘interessi economici sia per Como che per Milano. Anche in Ticino
giunsero gli echi degli avvenimenti che si stavano svolgendo oltralpe, come la nascita e la
diffusione della riforma protestante e altri fatti come il Concilio di Trento (1545 – 1563), che
alla riforma erano legati.

1
Da “Melide”.
2
Glossario: Baliaggio = terre sottomesse al balivo, persona che esercitava potere giudiziario e amministrativo sulle
terre sottoposte.
3
Da “Archivio storico comunale di Carona”.
4
Da “Archivio storico comunale di Carona”.

6
La formazione di una nuova parrocchia non era un fatto automatico, né che si potesse
condurre a termine in tempi brevi; dopo i secoli in cui il clero aveva vissuto in maniera
abbastanza incontrollata dalla gerarchia, il Concilio tridentino aveva adottato provvedimenti
ed emanato disposizioni che tendevano al controllo capillare e puntuale d’ogni aspetto della
vita della chiesa. La paura della diffusione della riforma, sommata al desiderio di rinnovo
della vita religiosa, ponendo fine alla corruzione e alla decadenza che si manifestarono
ampiamente in precedenza, portò il Concilio di Trento al decreto di nuove norme che
impedissero l’ulteriore deterioramento della situazione, indicando non solo lo spirito, ma
anche la lettera del nuovo indirizzo di vita al quale la chiesa doveva attenersi.

Per ciò che riguardava la fondazione di nuove parrocchie, i decreti del Concilio disposero che:
„nelle chiese poi, dove per la distanza dei luoghi o la difficoltà del cammino, i parrocchiani
non possano senza grave disagio, recarsi alla chiesa per ricevere i Sacramenti e praticare i
divini uffici, i Vescovi possano erigere nuove parrocchie”. [ … ] “A quei sacerdoti poi, che si
dovranno preporre alle chiese di recente erette, sia assegnata una rendita dai frutti di
qualsivoglia maniera alla chiesa madre; e, se sarà necessario, il Vescovo possa costringere il
popolo a fornire i mezzi atti a sostentare la vita dei sacerdoti„. Innanzi tutto occorreva quindi
procedere alla costituzione di beni stabili „da cui si possa percepire ogni anno redditi e
proventi tanto da poter eleggere, creare e ammettere per tal chiesa un idoneo beneficiato che
attenda alla cura e al bene delle anime soggette a questa chiesa e perché lo stesso beneficiato
avesse onesto sostentamento“. Si stabiliva, inoltre, che nella chiesa nuova dovevano
obbligatoriamente trovarsi un parroco officiante in permanenza, la chiesa doveva perciò
possedere una canonica, la quale doveva essere adiacente alla chiesa ma non necessariamente
in contatto con lei. Nel sagrato, salvo altrimenti per ragioni di spazio, non si dovevano più
seppellire i defunti, come avveniva in precedenza, ma bisognava costruire un cimitero che
fosse anch‘esso adiacente alla chiesa ma separato dalla stessa, cinto da muri e con fossa
coperta da grata all’entrata1.

Tali ordini furono ricalcati nelle disposizioni del „De fabrica ecclesiae„, testo voluto da S.
Carlo Borromeo, in ossequio alle disposizioni emanate dal Concilio per il restauro del culto.
In tale testo, si può leggere chiaramente che la recinzione muraria dei cimiteri doveva essere
effettuata per impedirne l’accesso agli animali; allo stesso modo la fossa all’entrata doveva
formare una trappola per gli animali di piccola taglia che cadevano attraverso la grata nella
fossa sottostante2.

Entrano pure a tenere parte del discorso costitutivo i patriziati e i patrizi in quanto possessori
di terreni, i quali – in parti eguali fra loro – cedevano alla costituenda parrocchia terreni,
selve, prati ed orti in quantità tali da poter garantire l’introito annuo stabilito a contratto oltre
che un modico quantitativo in valuta. In cambio, sovente, potevano godere del giuspatronato,
in altre parole di poter eleggere e scegliere il parroco una volta che questi fosse venuto a
mancare, o perché il posto era vacante per rinuncia o per altri motivi.

Come si può immaginare, la costituzione della dote, per le famiglie locali, non doveva trattarsi
di un operazione indifferente: in pratica ognuna di loro sacrificava del terreno, in quantità più
o meno elevate, per costituirla e, date le condizioni di povertà generalizzata dell’epoca, tale
rinuncia doveva costare non poca fatica. Difficilmente contestabile risulta il fatto che la
costituzione della dote testimoniasse il profondo attaccamento alla fede e il gran desiderio del
popolo di erigersi a nuova parrocchia, desiderio che, peraltro, la Chiesa assecondava con
vigore.
1
Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”.
2
Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto” e “Melide”.

7
Osservando le date di fondazione delle parrocchie ticinesi, si rimane colpiti da come buona
parte di loro abbia una data di fondazione che risale tra il 1500 e all’inizio del 1600; ben 45
parrocchie delle quattro pievi di Balerna, Riva, Lugano e Agno furono fondate tra il 1570 ed il
1630. Questo fatto indica chiaramente la volontà della Chiesa di rendere più effettiva la cura
d’anime attraverso la moltiplicazione delle parrocchie, ossequiando così lo spirito del
Concilio tridentino1.

Chiesa Parrocchiale - Carona. Tabernacolo in pietra, ca. fine XV secolo.

1
Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”.

8
2. BREVE STORIA DELLE PARROCCHIE
DI MELIDE E CARONA.

Le prime tracce di una chiesa a Melide (a differenza di quanto erroneamente ritenuto sino al
1992, data dell’ultimo restauro della chiesa Parrocchiale di Melide), risalgono alla seconda
metà del VI secolo. Risale ad allora il primo nucleo della chiesa melidese ed era costituito da
una sola aula di culto. Successivamente fu ingrandito, dando forma ad una prima chiesa ben
identificabile, eretta a prolungamento delle protoaula1. L’ingrandimento sarebbe stimabile tra
la seconda metà del VIII secolo ed il IX. Il primo ingrandimento ufficialmente riscontrabile,
con il raddoppio della navata2, è situato tra il 1050 ed il 1075, date suffragate dal ritrovo nello
scavo di fondamento di una moneta fatta coniare da Arduino da Ivrea tra il 1002 ed il 1015.

Pure di quest’epoca è il primo campanile – si suppone alto una ventina di metri - avente anche
funzione di punto di riferimento nel territorio, poiché visibile dal lago. La chiesa sarà poi
ingrandita e modificata in diverse fasi finché, nel 1525 e per motivi a noi completamente
sconosciuti, fu totalmente rasa al suolo per edificare la chiesa parrocchiale attuale dei SS.
Quirico e Giulitta 3. Tuttavia la storia della chiesa di Melide, per un buon periodo, non è
concepibile separatamente dalla storia della Parrocchia di Carona.

Le prime scissioni pievasche si ebbero verso i primi anni del 1400: tra queste vi figura
Carona, che chiese ed ottenne tale scissione da S. Lorenzo di Lugano nel 1425, edificando poi
la chiesa di S. Giorgio nel 14274. Con la costituzione della dote, la difficoltà maggiore
risultava superata: si può quindi affermare che la scissione di S. Giorgio in Carona dalla
plebania di S. Lorenzo a Lugano, avvenne in tempi da record, rispetto alla maggior parte delle
scissioni successive d’altre parrocchie in altre pievi ticinesi. Si potrebbe ipotizzare che questo
accadde perché Carona era una vicinia ricca; quasi certamente anche Carona dovette pagare
un prezzo.

Le motivazioni principali della scissione si riscontrano nella distanza eccessiva da S. Lorenzo


e nell’impossibilità di recarvisi nei mesi autunnali ed invernali, rendendo di fatto impossibile
la cura d’anime dei parrocchiani caronesi che – spesso nei mesi invernali ed autunnali –
vedevano morire bambini senza battesimo e anziani senza confessione né unzione, rendendo
pure impossibile la presenza degli stessi parrocchiani agli uffici settimanali e la conseguente
somministrazione dei sacramenti5. Come già affermato, alla metà del XIII secolo le terre
ticinesi si trovavano sotto il dominio milanese. La storia di Carona “Ducale”, come la
definisce la Collovà Cotti nel suo “Archivio storico di Carona” del 1967, inizia coi primi anni
di lotta a fianco del Duca di Milano Filippo Maria Sforza (fine 1300, inizio 1400) per
affermarsi solidamente come padrone del ducato.

La devozione al Duca milanese, fruttò ai caronesi arma e insegna, oltre che a numerosi
privilegi – esenzioni tributarie e maggiori diritti – che contribuirono a fare di Carona (così
come per Morcote ed altri comuni ancora) una terra particolare.

1
Glossario: Protoaula = prima aula o aula di prima edificazione. Dal greco πρωτο = primo e αυλε = reggia o sala
destinata a riunioni importanti e solenni.
2
Glossario: Navata = area o corpo architettonico il cui soffitto appoggia su pilastri intermedi oltre che sui muri
perimetrali. Nelle chiese più semplici, è, di solito, costituita dalla parte centrale dell’edificio.
3
Fonte: AV Lugano; Fondo Melide; Scatola 3 stampa; G.d.P. del 19.02.1992.
4
Da “Melide”.
5
Da “Melide” e “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”.

9
Diploma di Galeazzo Maria Sforza del 1435,
attestante stemma e privilegi per Carona.

I privilegi erano normalmente garantiti in perpetuo, così pure i 12 Cantoni dovettero


riconoscerli più volte nel corso dei lustri a venire1.

Analogamente a Carona - privilegi a parte -, Giovan Angelo Fontana e Quirico Castelli,


sindaci di Melide, nel 1525 chiesero ed ottennero la scissione da Carona da parte del vescovo
comasco Scaramuzza Trivulzio, edificando la parrocchiale dei SS. Quirico e Giulitta. A
Melide, dal 1495, trova riscontro oggettivo l’edificazione dell’ospizio di S. Spirito e la sua
annessa chiesetta2. E’ ipotizzabile che almeno l’ospizio venne edificato negli stessi periodi di
quello di Lugano, edificato oltre due secoli prima nel 1208.
Chiesa ed ospizio furono fondati per ordine dell’Ospedal Maggiore di S: Spirito in Sassia a
Roma, il quale fu fondato su ordine dell’omonima Confraternita di secolari3 fondatasi nel
1160 a Montpellier nel sud della Francia, con lo scopo di soccorrere i poveri e i viandanti,
così come pure i pellegrini diretti in Terra Santa o a Roma4.

Seguendo un sentiero che s‘inoltra nel bosco, si giunge a Torello. E‘ verosimile che, in
origine, questo fosse un luogo d‘osservazione e che vi fosse una torre di segnalazione, dalla

1
Da “Archivio storico comunale di Carona”.
2
E’ ipotizzabile che l’edificio esistesse già ben prima del 1495, e, vista la sua ubicazione (ora al posto dell’edificio si
trova il piazzale di carico e scarico merci della stazione FFS), non si può escludere che sia stato un edificio di
segnalazione per il traffico lacuale, o – visto l’ospizio di Lugano, esistente dal 1208 – fosse già ospizio a sua volta, ma
privo di chiesa. Durante tutto il medioevo, la vicinia predominante e più importante era Carona; non si può nemmeno
escludere l’ipotesi che S. Spirito, fosse stata la fermata o l’approdo “ufficiale” per raggiungere la vicinia di Carona
pedonalmente. Va anche considerato che il traffico lacuale di quell’epoca era parte integrante della situazione viaria
molto di più di quanto non lo sia attualmente.
3
Glossario: Secolari = appartenenti al secolo, cioè allo stato laico o alla vita civile. Persone civili che si dedicavano ad
opere di carattere religioso.
4
Da “Melide”.

10
quale deriverebbe poi il toponimo1. Successivamente è stata ipotizzata l‘esistenza di una
chiesetta più antica, inglobata poi dal nuovo edificio, che potrebbe essere identificabile con la
cappella absidata adibita a sagrestia che si apre sulla navata destra della chiesa. La chiesa di S.
Maria Assunta e l‘annesso monastero, furono voluti e fondati dal vescovo di Como
Guglielmo Della Torre, originario di Mendrisio 2 La solenne cerimonia di consacrazione si
tenne alla sua presenza nel 1217. Qui presero dimora i monaci dell‘ordine agostiniano. Il
monastero di Torello3 estendeva i suoi diritti su numerose terre vicine; a Grancia possedeva il
deposito del grano (dal quale deriverebbe il toponimo del paese), mentre a Pazzallo, Carabbia,
Figino, Bioggio e Caslano possedeva i terreni. Le rendite garantivano il mantenimento della
comunità monastica. Il convento venne poi soppresso con decreto pontificio nel 1389, ma due
monaci vi rimasero fino al 1398, cioè fino alla loro morte. Successivamente, per decreti,
concessioni papali e vescovili, la prepositura di Torello venne destinata al Capitolo di S.
Lorenzo in Lugano. Tuttavia, il collegio canonicale di S. Lorenzo entrò in possesso effettivo
della prepositura solo nel 1578, grazie alla bolla di papa Gregorio VII. Nel 1586, i magistrati
ed il popolo di Lugano, inoltrarono al papa una richiesta per ottenere che le rendite di Torello,
insieme a quelle degli Umiliati di S. Antonio in Lugano, potessero essere utilizzate per
fondare un collegio, da affidare ai padri Gesuiti, per l‘istruzione della gioventù del Luganese.
Non avendo i gesuiti accettato, vennero così i padri Somaschi, che ottennero la prepositura di
S. Antonio nel 1598 e quella di Torello nel 1621. Nel corso dei secoli questo insediamento
divenne così una masseria rimasta in gestione ai Somaschi sino al 1853, quando venne posta
all‘asta ed acquistata da una ricca famiglia milanese, i cui discendenti sono gli attuali
proprietari. A Carona figurano poi altri due edifici di culto, la cosiddetta Madonna d’Ongero e
l’oratorio dei SS Pietro e Paolo che, essendo la sede della costituita Arciconfraternita del
Gonfalone di S. Marta della Buona Morte, aggregata alla medesima arciconfraternita madre,
con sede a Roma.

Processione religiosa a Melide, ca. 1960.

1
.L’origine del toponimo è tuttora incerta e lungi dall’essere definita con esattezza. Sono ipotizzabili due tendenze:
L’una lo farebbe risalire al nome di famiglia dei Della Torre; l’altra ipotizza che il toponimo possa derivare dalla
presenza di una torre d’osservazione presente in loco in tempi più antichi.
2
.Ciò è pure suffragato da diversi documenti conservati presso l’archivio Parrocchiale di Carona, tutti risalenti a dopo il
1500, che dimostrano introiti da terreni e possedimenti sìti in Valle di Muggio e che, quasi certamente, furono anche
parte del patrimonio fondiario dei Della Torre, che, alla morte del vescovo, probabilmente, andarono a costituire parte
dei possedimenti lasciati al monastero. Certo è che sui documenti presi in esame, il nome Della Torre, non figura
comunque mai. Forse perché estinta nelle località menzionate sui documenti (Cabbio e Muggio), oppure perché date in
affitto a braccianti oppure passate di nome per discendenze femminili.
3
Da “Carona, un percorso artistico”. Di Rita Camponovo, ed. Gaggini e Bizzozzero.

11
L’oratorio, che per il popolo era la sede della Santa protettrice della confraternita, fu così
conosciuto e chiamato con il nome della Santa e non con i nomi dei Santi patronali ai quali era
dedicata.1.

Chiesa di S. Marta – Carona. Affresco di una cappella laterale, ca. fine XV secolo.

Chiesa di S. Marta – Carona.

1
Da “Melide”.
N.B. Per una storia più approfondita della parrocchia di Carona, si rimanda al § 9.2, pagg. 40 – 64, dov’è riportato per
intero il testo della Collovà Cotti “Archivio storico comunale di Carona”, testo che reca notizie specifiche ed
importanti allo scopo e che sarebbe troppo complesso racchiudere in questo paragrafo.

12
3. IL SENTIERO MELIDE – CARONA E
LA SITUAZIONE VIARIA GENERALE.

Da tempi ormai remoti, esiste un sentiero che da Melide porta a Carona. I melidesi chiamano
questo sentiero „ ol sentee di mort „, dal dialetto locale: il sentiero dei morti. Questa nomea
sarebbe dovuta all’usanza (durata dal 1427 sino alla fine del 1600) di portare le salme dei
defunti melidesi in corteo funebre sino a Carona per l’ufficio funebre e la successiva
tumulazione in loco.

L’uso del sentiero è documentabile già molto tempo prima di tale periodo, quale via di
comunicazione da e per Carona e come asse di transito (pedestre e con bestie da soma) Nord –
Sud. La strada transitante per la forca di S. Martino, risale solo ai primi anni del 1800. Prima
di quest’epoca, tutta la costa compresa tra Paradiso e Melide era ritenuta pericolosa, tanto che
i prigionieri condannati a morte, erano portati al patibolo utilizzando una barca che da una
riva vicina al vecchio pretorio di Lugano (ora sede del Municipio cittadino), portava i
condannati fino alla forca posta appunto in zona S. Martino1. I caronesi se ne servivano già da
tempo per trasportare i fasci di canapa a macerare nel lago sulle rive melidesi (oltre che per
partire o emigrare in direzione meridionale), mentre dai melidesi era usato anche per recarsi in
pellegrinaggio o in processione a Torello. Fatto certo è che melidesi e caronesi, durante tutto
il medioevo, dovevano scambiarsi un favore reciproco salendo o scendendo sul sentiero.

I melidesi che salivano dovevano portare con loro quattro mattoni a testa, in modo da
costituire una riserva di materiale da costruzione per i caronesi, mentre questi ultimi, che
scendevano a Melide dovevano, in contropartita, portare a Melide lo stesso quantitativo in
peso di legna o castagne2 (simbiosi tra i due comuni).

Agli inizi del XII secolo s‘accentuò il traffico di merci e persone attraverso i valichi alpini. Le
vie del S. Gottardo, Lucomagno e S. Bernardino, come pure quelle comasche, erano preferite,
oltre che da mercanti e militari, pure dai pellegrini, rispetto ai valichi del Piemonte e del
trentino. I viaggiatori provenienti da Nord, giunti a Bellinzona, avevano la scelta tra alcune
strade per recarsi in Lombardia e/o a Milano e Roma. Solitamente, i mercanti con carichi
pesanti, muovevano in direzione dei porti lacuali sul Verbano – Magadino e Gordola – che, ad
imbarco avvenuto, con chiatte o barconi, via fiume Ticino – Navigli, giungevano a Milano. I
mercanti di bestiame ed i militari muovevano in direzione di Taverne, via Monte Ceneri, Alpe
del Tiglio, poi seguendo la “strada Regina”, giungevano a Ponte Tresa e da li Milano, via
Varese. Avessero scelto la via che da Taverne andava a Lugano, si sarebbero confrontati
nuovamente con il problema dell’attraversare il lago, come già successo a Bellinzona.3

1
Segnalazione avuta dal prof. Massimo Colombo, Inventario Vie Storiche Svizzere presso l’Università di Berna.
2
Da “Melide” e cenni della Sig.na Alice Moretti, avuti il 11.10.1999.
3
Le ultime ricerche e gli ultimi lavori in ambito storico, tutte risalenti agli ultimi anni appena trascorsi, dimostrano delle
teorie che smentiscono completamente quella ritenuta “più valida” fra tutte fin ad oggi, e che vorrebbe l’asse di transito
attraverso il Gottardo come asse più ambito da tutti in assoluto attraverso i tempi, facendo così slittare tutti gli altri
contesti viari, parimenti importanti, come “scelte di ripiego”. Ultimamente sono stati rivisitati dei documenti e dei
trattati, siglati tra Berna e Milano (ad esempio) durante il 1500, che attestano passaggi di merci e persone (sin da epoche
più antiche rispetto alla firma degli stessi trattati) attraverso il Greis. Nelle zone di passaggio di queste carovane, si
trovano statuti che regolavano attività e costi dei somieri (questi ultimi erano dei portatori, muniti di bestie da soma) che
durante i secoli costituirono anche delle associazioni. Erano parimenti molti altri valichi; non da ultimi il Lucomagno e
lo Spluga. Insomma un mercante della Valtellina che doveva recarsi al Nord, di sicuro non avrebbe allungato di
proposito la propria marcia unicamente per passare dal Gottardo, ma sicuramente si serviva dello Spluga o altri passi e
valichi alpini che si trovavano in zona. Lo stesso esempio valeva per tutti e dappertutto.

13
Da un lato l’impossibilità d’imbarcare tutto il bestiame, vista la relativamente esigua flotta
lacuale ceresiana, dall’altro – i militari – avrebbero perso troppo tempo e denaro per il
trasbordo completo delle truppe da una riva all’altra. Anche i pellegrini, solitamente diretti a
Roma o, alcuni, in Terra Santa (Palestina), prediligevano la via del Ceneri sino a Taverne, da
li optavano per la variante che andava a Lugano. Pochi sostavano a Lugano presso l’ospizio
(edificato nel 1208), imbarcandosi poi successivamente alla volta di Bissone o Riva S. Vitale.
La maggior parte però non si fermava nemmeno a Lugano ma, prendeva la strada che da
Lugano, passando per Carona arrivava a Melide; alcuni sostavano in S. Spirito, altri
s‘imbarcavano alla volta di Bissone, risparmiando così dei soldi preziosi per altri scopi. Da
Bissone continuavano poi il percorso verso Sud.

Il passaggio da Melide verso sud, ad opera di tanti e diversi viaggiatori, era cosa evidente da
secoli. In forza a questi elementi e alla sempre più forte richiesta di passaggi, dopo il 1803, il
giovane governo ticinese si prodigò con notevoli sforzi nella politica stradale. Nel 1818, la
strada Lugano – Melide (via Forca di S. Martino), fu un fatto compiuto. questa
s‘interrompeva però a Melide (zona Romantica, o detta “alla poncia”) e occorreva imbarcarsi
per giungere a Bissone. Dopo alcuni scambi di corrispondenza intercorsi tra il Sindaco
melidese – che pure faceva le veci, in quest’ambito, di quello bissonese – ed il Consiglio di
Stato (Franscini), si ottenne l’approvazione di un progetto, costituente dapprima una
corporazione di barcaroli, composta esclusivamente da patrizi locali e costituitasi nel 1818, e
poi, a mezzo di un decreto, promulgato nel 1819, si decretarono regole ed incombenze
statutarie per lo scopo. Le incombenze riguardavano la presa a carico, da parte dei comuni di
Melide e Bissone, delle spese derivanti dalla costruzione della flotta lacuale da trasporto,
mentre con gli statuti si proibiva espressamente ai barcaroli di esercitare attività private al di
fuori di quella ufficiale, proibendo tassativamente il trasporto di persone, bestiame e merci per
proprio conto.

Per melidesi e bissonesi si avviava così un periodo d’ottimi auspici, che durò sino al 1848,
con l’inaugurazione del ponte – diga, avvenuta il 3 ottobre. L’opera fu costruita su progetto
del Lucchini, che si aggiudicò il concorso d’appalto. L’idea di collegare le due sponde in
maniera stabile e sicura (senza imbarchi), risaliva comunque già alla seconda metà del 1700,
ma non si concretò a causa di dissapori intercorsi tra il sindaco melidese, quello luganese ed il
landfogto dell’epoca, ritenuto persona troppo cupida.

Se anticamente il concetto temporale era cosa assai relativa, con l’avvento del 1800, il tempo,
assunse vieppiù un ruolo di grande importanza e valore. Col 1835, prese avvio, in forma
stabile, l’oramai mitico servizio di diligenze Flüelen – Camerlata (CO). Per la corporazione
dei barcaroli, ciò significò orari prestabiliti, con cadenze regolari, da rispettare ad ogni costo.
Il rispetto di tali orari nella bella stagione non costituiva un grosso problema, la cosa mutava
però con la brutta stagione. Freddo, vento e nebbie costituivano seri problemi per la
navigazione, oltre che fonte di serio pericolo, infliggendo – a volte – pesanti ritardi sull’ordine
di marcia dei postiglioni1 di linea.

Di questi inconvenienti fu testimone l’ing. Scalini, esule italiano da qualche anno residente in
Ticino, il quale – a mezzo di una missiva – informò il Consiglio di Stato su ritardi e disguidi
che si verificavano sulla linea di collegamento ufficiale. Essendo egli ingegnere, che forse in
ciò intravedeva una possibilità di lavoro futura, il suo intervento non parve del tutto
disinteressato. Nel 1837, il Franscini osservò che era desiderio di molti l’eventuale
1
Glossario: Postiglione = diligenza o carrozza trainata da cavalli, che percorreva una linea fissa prestabilita, che
portava, oltre le persone, invii postali.

14
costruzione di un ponte che collegasse le due sponde del Ceresio. Nei mesi ed anni successivi,
anche la costruenda ferrovia federale contribuì nel dare un notevole slancio affinché tale
progetto si concretasse. D’altro canto, il Franscini, godette pure dell’appoggio di una altro
deputato, il prevosto di Mendrisio Franchini, il quale metteva in evidenza l’importanza di un
ponte in vista della prospettata costruzione della tratta ferroviaria Milano – Como. All’inizio
del 1841, fu aperto il concorso per la progettazione e costruzione del ponte, progetti che
dovevano pervenire al Consiglio di Stato entro il Marzo del 1842, si diede così il via alle
opere di costruzione1.

1
Da “Melide”.

15
4. LE SEPOLTURE, I PERCORSI PROCESSIONALI
E LE CONFRATERNITE.
I tre argomenti citati nel titolo, non sono scindibili fra loro, essendo i tre strettamente connessi
per diversi motivi come vedremo in seguito.

L’uso delle sepolture in chiesa risulta essere una storpiatura di una tradizione religiosa antica,
che nulla ha a che vedere con l’uso che ne fu fatto in seguito da parte dei nobili e dei
benestanti. Inizialmente erano onorate solo le reliquie di Santi Martiri, che normalmente erano
poste e/o conservate presso l’altare o, addirittura, sul loro sepolcro, era edificato l’altare
maggiore. I laici, almeno per i primi periodi, di norma venivano sepolti in catacombe.
Successivamente si santificarono i primi alti prelati (vescovi, cardinali e papi) che venivano
sepolti in chiesa per poter essere a loro volta onorati come reliquie, per mezzo della lapide
messa a chiusura del sepolcro. Fu in questo periodo che i nobili, ritenendosi pari o essendo
loro stessi alti prelati, si arrogarono il medesimo diritto sepolcrale. Col passare degli anni e
dei secoli, questa consuetudine si espanse sino a raggiungere i ceti benestanti che, pagando,
ottenevano dalla Chiesa tale diritto. La Chiesa non approvò mai in ogni caso ufficialmente la
pratica, ma l’accettò unicamente in viso ai proventi che da essa derivavano. L’uso delle
sepolture interne durò per molti secoli e fu abolito ai primi del 1800 da un decreto
napoleonico1. In epoche successive alle sepolture nelle catacombe, soprattutto in tutti quei
luoghi dove non vi era la possibilità di trovare grotte o spazi naturali per il loro ricavo,
s’iniziò a scavare le tombe nel sagrato antistante la chiesa.

Tuttavia, per almeno 20 anni, la chiesa dei SS. Quirico e Giulitta, non fu una vera e propria
chiesa parrocchiale non possedendo un cimitero; il quale si ottenne solo nel 1545 per mezzo
di un decreto d’esproprio, siglato dal landfogto di Zugo Enrico Riffli, ed espropriante un
terreno di proprietà di Margherita de Salvi, da destinarsi ad uso pubblico quale cimitero
appunto. Tale intervento non servì comunque a mutare la situazione delle sepolture: lo si
desume dagli atti di visita dell’inviato episcopale Vescovo Giuseppe Bonomi, che effettuò
tale visita nel 1578. Negli atti menzionati è riportato l’ordine di recinzione muraria del
cimitero, alla cui entrata doveva costruirsi una fossa coperta da una grata di legno.

L’usanza di seppellire i defunti in chiesa, comparve pure a Melide. Lo si apprende dagli atti di
visita lasciatici dal Vescovo Archinti nel 1597, il quale scrisse di aver trovato cinque sepolcri
interni, dei quali tre privati e due comuni. Nel 1670 avvenne la visita del Vescovo Torriani, il
quale mise agli atti che i sepolcri interni erano otto, benché vi fosse un cimitero benedetto
attorno alla chiesa. Di tali sepolcri sei erano privati, tanto che ne ordinò la costruzione di due
nuovi: uno per le donne „ che non devono seppelirsi confusamente a l’huomini „, e un altro
per i sacerdoti. Nel 1684 fu la volta del Vescovo Ciceri.
Nei significativi atti della sua visita si legge: „ Cimitero presso la chiesa, cinto da muri, con
croce di legno nel centro, ma non vi sono sepolture ! „ Poi durante la visita del Vescovo
Neuroni, avvenuta nel 1747, si mise agli atti l’avvenuta costruzione dei due sepolcri ordinati
dal Torriani nel 16702.

L’uso del sentiero, che i melidesi chiamano „ ol sentee di mort „, sarebbe dovuta all’abitudine
(durata dal 1427 sino alla fine del 1600) di portare le salme dei defunti melidesi

1
Fonte: Intervista al Parroco di Melide Don Giuseppe Albisetti.
2
Da “Melide”.

16
in corteo funebre sino a Carona per l’ufficio funebre e la successiva tumulazione in loco, oltre
che per gli scopi descritti nel paragrafo riguardante la situazione viaria1.

Tale ipotesi è pure avvalorata da un’usanza analoga, riscontrabile oggettivamente nella pieve
d’Agno (pure nel resto dell’attuale Cantone Ticino però la situazione era identica), nello
stesso periodo. In quella pieve – assai estesa poiché partiva da Marchirolo (VA) e si estendeva
fino ad Isone – l’unica fonte battesimale e l’unico cimitero della pieve si trovavano presso la
parrocchiale d’Agno. Di conseguenza battesimi, ma soprattutto funerali e tumulazioni
avvenivano tutte ad Agno2. Nella prima metà del 1500, furono fondate due parrocchie, in
modo da diminuire i disagi per le varie funzioni religiose: la parrocchia di Sessa e quella di
Bironico (edificazione iniziata nel 1498). Il condizionale resta comunque d’obbligo, per ciò
che concerne Melide, poiché esiste anche una tendenza che nega tale usanza, trovando poco
probabile l’incamminarsi d’un simile corteo percorrente un sentiero irto e sassoso.

Allo stesso modo – sempre secondo la medesima tendenza – appariva ancor meno probabile,
prima del 1425/27, il trasporto delle salme sino a Lugano, come invece accadeva nella pieve
d’Agno anche per le vicinie molto distanti come potevano essere quelle d’Astano nel
Malcantone o, peggio ancora, d’Isone e Medeglia3.

Anche se non certificabile con esattezza, l’uso, di recarsi in processione o per visitare il
vescovo, a Torello da parte dei melidesi, durante i mesi estivi, risulta ipotizzabile già sin dopo
i primi anni dell’avvenuta erezione dell’oratorio. L’uso del sentiero per la traslazione delle
salme è pure suffragato da una tradizione popolare che, pur trattandosi di leggenda, reca una
data assai precisa, il 15734. In un articolo del G.d.P. del 7 febbraio 1983, trova riscontro la
nomina di un parroco per S. Spirito proprio nel 1573, che, oltre le mansioni di cucina e
assistenza, avrebbe pure svolto il ruolo d’insegnante per i poveri. Il frate fu mandato
dall’ordine degli Spitalieri di Roma per lo scopo. Il giornalista scrisse l’articolo basandosi su
una bolla rinvenuta presso gli archivi vaticani a Roma e attestante l’avvenuta nomina di Frate
Paolo quale “ospitaliere” per Santo Spirito a Melide.

L’utilizzo del sentiero per scopi processionali invece, viene confermato nel 1785; dagli atti di
visita del vescovo Mugiasca, il quale decretò la commutazione d’alcuni percorsi
processionali, poiché troppo distanti dalla parrocchia. La processione annuale sino a S.
Provino ad Agno, fu commutata in processione all’oratorio della B. M. V. del Campiglione5,
mentre la processione – assai più antica come tradizione – a Torello, fu commutata in
processione all’oratorio della Madonna della Cintura sopra Maroggia. Delle rogazioni minori
facevano pure parte altre processioni, come quella all’oratorio di S. Marta sopra Carona o la
più conosciuta processione alla Madonna d’Ongero, sempre a Carona6.

Ad accompagnare le processioni, oltre al parroco e il popolo, trovavano spazio le cosiddette


Confraternite. Le più conosciute risultano essere la confraternita del Santo Sacramento del

1
Da “Melide”.
2
Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”.
3
Fonte: Don Giuseppe Gallizia, storico e archivista presso l’Archivio Vescovile di Lugano, conferma ufficiosamente,
riguardo al trasporto salme e tumulazioni, che sia verosimile che ciò che accadeva nella pieve d’Agno all’epoca, sia
ipotizzabile per Melide e Carona, e prima ancora verso S. Lorenzo a Lugano.
4
Da “Melide”.
5
.Attuale Santuario della Madonna dei Ghirli a Campione. Fonte: Testo c/o Don Albisetti, “L’oratorio
delle Madonna dei Ghirli”. Nel testo figurano diversi toponimi (nomi di località) riferiti all’oratorio, risalenti ad
epoche diverse, ma si riscontra solo un toponimo simile a Campiglione, cioè Campellione.
6
Da “Melide”.

17
Rosario, la più antica e conosciuta Confraternita di Santo Spirito, che prendeva il nome
dall’omonimo ordine, fondato a Montpellier nel 11601, a Carona era pure presente
l’arciconfraternita di S. Marta della Buona Morte, la quale si occupava pure di pagare le spese
funerarie per i meno abbienti, come risulta da alcune carte cinque e seicentesche trovate nel
fornito archivio parrocchiale, oltre che a numerosi legati testamentari, tutti aventi quale
beneficiario, appunto, la confraternita di S. Marta.2

Durante le processioni, il porto di tempietti, baldacchini, croci a stile e gonfaloni vari era
assicurato dai Confratelli che, oltre a ciò, spettava loro il compito di aiutare il parroco durante
tutti gli uffici religiosi, iniziando l’intonazione d’antifone, canti, litanie e orazioni. Essi, per
statuto, dovevano vivere degnamente e decorosamente, dovevano pure – saltuariamente –
effettuare delle elemosine soprattutto da destinare ai più poveri.

Per aderire alle confraternite, inoltre, bisognava versare una tassa annua. Altri compiti erano
quelli di tenere in ordine ed efficiente tutto il materiale a loro affidato3.
Anticamente, soprattutto alle Confraternite dette della Buona Morte, era affidato il ruolo di
becchino, per il trasporto e la tumulazione delle salme, poiché – si dice – nate appunto per
questo preciso scopo: per Melide e Carona tale ruolo era assunto – con ogni probabilità –
dalla confraternita di S. Marta. A loro, poi, spettavano i proventi delle bussole delle elemosine
degli altari minori, soldi che normalmente conservavano per coprire le spese funerarie dei più
poveri che non si potevano permettere un funerale né una sepoltura decorosa. Nei registri dei
lasciti e legati4, così come in alcuni atti testamentari, appariva consuetudine di lasciare dei
soldi – da parte di persone abbienti – per le sepolture dei poveri, oltre che per assicurarsi
messe in suffragio, talvolta nel corso d’alcuni anni, nel nostro caso alla Confraternita di S.
Marta.

Il trasporto si svolgeva in due tappe: da Melide sino al cippo di confine con Carona, il
trasporto era assicurato dai Confratelli melidesi, mentre dal cippo sino a S. Giorgio in Carona,
di tale trasporto, s‘incaricavano i Confratelli caronesi5. Attualmente, il cippo si trova a circa
150 metri dalla sua posizione d’origine. Fu spostato dopo la prima metà del 1900, perché, al
suo posto, furono costruiti dei tralicci per l’alta tensione. Durante lo spostamento del masso,
questi si ruppe in tre pezzi, dei quali resta unicamente quello con incisa la croce.

L’ipotesi della procedura di coprire le spese funerarie per i più miserevoli, da parte della cassa
delle Confraternite, appare maggiormente avvalorata soprattutto prima del 1427, quando il
trasporto doveva effettuarsi sino a Lugano 6,con costi sicuramente superiori che non per il
solo trasporto pedestre sino a Carona.

Pure l’ipotesi nelle sepolture comuni interne alla chiesa, risulta poco probabile in viso ai costi
da essa derivanti: quel tipo di sepoltura significava rimuovere la lapide, scavare un nuovo
sepolcro nel terreno sottostante rimuovendo parzialmente il pavimento, richiudere il sepolcro
riponendo terra e pavimento, ed in fine nuovamente la lapide. Tale sequenza d’operazioni
doveva risultare assai più cara di un semplice trasporto. Tantomeno, tale procedura, risultava
attuabile in tempi d’epidemia (vedi epidemie di peste del 1595 e del 1631 che sconvolsero e

1
Da “Melide”.
2
Da “Carona, un percorso artistico”, di Rita Camponovo, Arti grafiche Gaggini e Bizzozzero SA, 1996.
3
Da “Melide” e AP Melide, registro delle confraternite.
4
Da AP Melide e Carona, registri lasciti e legati testamentari.
5
Da “Melide”.
6
Don Giuseppe Gallizia, per molti anni archivista e ricercatore presso la curia vescovile di Lugano, conferma
ufficiosamente la presenza di un esteso cimitero presso S. Lorenzo in Lugano, forse, d’uso per tutta la pieve.

18
decimarono buona parte del popolo d’Europa)1, quando i cadaveri da inumare erano numerosi
e quindi la riapertura continua dei tumuli risultava impossibile per lo sviluppo di gas e batteri
dovuti alla decomposizione delle salme che, a loro volta, avrebbero potuto scatenare ulteriori
epidemie.
E‘ perciò più logico ipotizzare che, i sepolcri comuni, fossero utilizzati come ossari,
soprattutto prima del Concilio di Trento, quando i defunti venivano sepolti nel sagrato2,
quest’ultimo – spesso – assai ridotto di proporzioni. Per creare nuovi spazi di sepoltura era
quindi necessario riesumare le ossa e riporle in un ossario, in altre parole il sepolcro comune,
in tempi più celeri rispetto ad oggi. Ad avvalorare ulteriormente tale ipotesi, vi è pure il
famoso ordine di costruzione di due nuovi sepolcri interni, ordinati nel 1670 dal Torriani3, e
sicuramente destinati ad ossari.

Questa sequenza d’ipotesi tende ad avvalorare la tesi della traslazione delle salme da Melide a
Carona; si potrebbe per cui affermare che detta usanza, non solo avrebbe costituito la realtà,
ma che la stessa durò per più di due secoli, dimostrando che non si tratta solo di leggenda ma
di un ottimo esempio di storia, tramandata oralmente di generazione in generazione sino ai
giorni nostri. D’altro canto, non va neppure dimenticato che inizialmente e per diverso tempo,
i morti, venivano sepolti in catacombe appositamente scavate allo scopo.

Delle catacombe esistettero pure a Carona, ed erano situate sotto l’antica chiesa di S. Marta.
L’antico edificio, probabilmente in stile romanico, pare, fosse dedicato a S. Paolo; più piccolo
in dimensioni rispetto all’attuale, aveva l’abside orientato ad Est. Il suo aspetto primitivo
venne modificato verso la fine del ‘600, poiché nel 1709 è già verificabile l’esistenza di un
nuovo e più grande edificio. Guardando sulla sinistra, salendo per il sentiero che reca al
santuario, si può notare un muro in cubi di porfido sostenente il sagrato: osservando
attentamente il muro, si potranno intravedere dei massi posti ad arco, che delineano ciò che fu
l’accesso alle catacombe. L’accesso fu murato completamente verso il 1930, tanto che alcuni
anziani caronesi ricordano ancora di aver visto di persona la camera sepolcrale prima della
sua chiusura. Nelle catacombe trovarono certamente sepoltura i confratelli, pure quelli
provenienti dalle vicinie lacustri e, forse, pure la gente comune. I corpi venivano disposti
verticalmente e avvolti in sudari; venivano poi portati in loco attraverso il sentiero oggetto
della ricerca4.

Accesso murato alle catacombe di S. Marta.

1
Da “Archivio storico comunale di Carona”.
2
Glossario: Sagrato = spazio o pezzo di terreno consacrato che sta davanti alla chiesa, un tempo usato anche come
cimitero.
3
Da “Melide”.
4
Da “Carona, un percorso artistico”, di Rita Camponovo, Arti grafiche Gaggini e Bizzozzero SA, 1996.

19
5. EMIGRAZIONE ED ALIMENTAZIONE.

Nel 1300, ma già molto prima, l’emigrazione era cosa acquisita da tempo in buona parte del
Ticino ma solo per alcune maestranze (altri, anche volendo, non potevano partire poiché erano
“servi della gleba”, perciò legati a forza alla “propria” terra essendo considerati appena
qualcosa in più che schiavi). Tra gli emigrati melidesi, negli annali della fabbrica del Duomo
di Milano nel 1387, vi figurano un Paolo da Melide e un Castello da Melide, l’uno scalpellino
e l’altro lapicida1, assieme a molte altre maestranze ticinesi o della zona2.

I primi “moti migratori artistici”, risalgono, infatti, a diversi secoli prima e trovano origine tra
l’VIII e il IX secolo – periodo nel quale si iniziò ad acquisire maggiore unità costruttiva –
iniziando l’affermazione di quei costruttori del lago Ceresio e del lago di Como, chiamati
Maestri Comacini, che andarono a formare una corporazione d’architetti, muratori e scultori
legati da statuti. Uniti, iniziarono il rinnovamento generale dell’architettura italiana e si
sparsero per il mondo a fabbricare, trasmettendosi le regole dell’arte loro, di generazione in
generazione. Di questo lontano periodo, ci sono pervenuti solo alcuni nomi di questi maestri,
poiché le manifestazioni artistiche dell’epoca erano solitamente collettive: non era l’individuo
che contava, ma la corporazione intera alla quale apparteneva.

I comacini, iniziarono in Lombardia le loro attività, ma le loro costruzioni si diffusero in


breve in molte altre regioni d’Italia. Uno dei primi monumenti nel quale appaiono al di fuori
della Lombardia, è rappresentato dalla chiesa di S. Pietro a Tuscania nel Lazio. In questo
medesimo periodo, pure a Roma s’avviò un rinnovamento architettonico, e sorsero alcune
basiliche. Parimenti, in Francia, si notò lo stesso fenomeno ad opera però d’ordini monastici.
Con l’anno 1000, iniziò per l’arte una nuova era, che conseguirà uno splendido sviluppo.
Mutarono e migliorarono le condizioni dei popoli cristiani, sorsero i liberi Comuni Italici,
diventarono potenti le repubbliche marinare di Venezia, di Genova, d’Amalfi e di Pisa.

Il popolo, dopo aver acquistato forza e dignità, sentì il bisogno di liberarsi dagli impacci dei
secoli antecedenti, creando forme artistiche nuove. In Francia ed in Italia fu tutto un fervore
edilizio. Chiese, monasteri e edifici civili sorsero assieme un po’ ovunque. Nacque così il
Romanico, stile prettamente Lombardo, basato su elementi costruttivi saldi e su forme
strettamente legate alla costruzione, che conferiranno all’edificio nuova vita, permettendogli
l’evoluzione attraverso i secoli, sempre poggiandosi su quelle solide basi. La chiesa che si
considera quale chiesa madre dell’architettura romanica italiana, è la chiesa di S. Ambrogio a
Milano; altro caposaldo del romanico italiano, è costituito dalla Cattedrale di Modena,
consacrata nel 1184.

La sua costruzione ebbe inizio nel 1099 ad opera di Mastro Lanfranco, certamente lombardo,
forse comasco. Successivamente fu sostituito da Anselmo da Campione. Per due secoli i
maestri discendenti da Anselmo, lavorarono alla cattedrale di Modena sino al 1322. Da un
documento, che porta la data del 1244, si stabilisce che, Enrico il vecchio ottenne per se e per
gli zii Alberto e Jacopo e figli e successori, un aumento di “mercede”, goduta già dal padre
Otacio e dall’avo Anselmo, che si obbligò per se e per i discendenti in perpetuo alla
lavorazione del duomo modenese. L’ultimo dei campionesi a noi noti, fu Enrico il giovane,
che nel 1319 compì la torre del duomo e scolpì il pulpito nel 1322. Lo stesso stile comparirà

1
Glossario: Lapicida = dal latino lapis caedere, intagliatore o ornatore di lapidi.
2
Da “Melide” e da “Archivio storico comunale di Carona”.

20
poi anche nelle cattedrali di Piacenza, Cremona e Ferrara. Pure ad Enrico il giovane è
attribuito per la prima volta l'uso di due leoni reggenti le colonne del protiro1. Si trovano segni
di questa architettura pure in altre città d’Italia e non solo.

Nel Piemonte, lo stile lombardo, fu “ingentilito” dal contatto con le influenze francesi. A
Genova, sorgono alcune chiese su modelli lombardi, tra le quali S. Maria di Castello. Nel
veneto, lo stile lombardo si mescola a quello bizantino, dove ne è maggiore interprete la
cattedrale di S. Marco a Venezia. L’arte comacina si diffuse pure in Toscana, dove però fu
interpretata in maniera un po’ diversa e originale. Le chiese toscane furono decorate
prevalentemente con marmi e videro moltiplicate le archeggiature, soprattutto lungo le
facciate; ne è un esempio il duomo di Pisa. Lo schema pisano venne pure esportato in
Sardegna, in Corsica e anche – in minor parte – nelle Puglie.

I nostri costruttori non emigrarono solo in Italia o verso sud, dove appaiono numerosissimi in
diverse regioni, ma anche oltralpe e fin nel più remoto settentrione. Si possono riscontrare i
segni dell’arte romanica pure nella cattedrale di Lund in Svezia, costruita da un mastro
Lombardo tale Donato. Inoltre già nel XII.o secolo, gli artisti lombardi e comacini furono
chiamati in Russia, a Valdimiro, dove venne costruita la cattedrale dell’Assunta. Nel 1139 un
maestro comacino edificò a Ratisbona la chiesa di S. Magno, ora scomparsa. Altre
rappresentazioni comacine o lombarde le troviamo pure in molte altre e diverse città
dell’Austria, della Germania, del Belgio e in Spagna. In Svizzera li troviamo nelle parti più
antiche delle cattedrali di Basilea e Neuchatel. Nel Canton Ticino risultano numerosi gli
edifici romanici, tra questi vanno senz’altro menzionati il battistero a pianta ottagonale di
Riva S. Vitale; troviamo anche diversi edifici, principalmente appartenenti ai secoli XII e
XIII. Tra questi sono da annoverare la chiesa di S. Nicolao a Giornico, l’oratorio di S. Vigilio
a Rovio, sorto contemporaneamente alla chiesa di Giornico, la chiesina di S. Martino sopra
Sonvico e diversi altri ancora2.

Molto ancora resterebbe da dire e raccontare di questi nostri avi che continuarono ad operare
sino quasi ai giorni nostri in diversi campi e paesi. Per alcuni di loro, l’esercizio di queste
professioni era artigianato, per altri più conosciuti e noti, si trattava di portare tradizioni
lontane, acquisite nel corso di diverse generazioni, in paesi lontani. Non erano comunque solo
gli artisti ad emigrare; l’emigrazione risultava essere un fenomeno legato alla sopravvivenza,
cioè il partire per procacciarsi una vita un po‘ migliore rispetto alla miseria dilagante ed
endemica presente in Ticino all’epoca3.

Restavano così le donne, i vecchi ed i bambini, ancora troppo piccoli per partire coi padri, a
sobbarcarsi i duri lavori della terra e a risolvere tutti gli altri problemi che potevano
presentarsi. Con la partenza degli uomini dalla patria, questa perdeva pure le sue forze
migliori4.

1
Glossario: Protiro = Portico antistante la porta principale di un edificio, coperto da tettoia, sorretto da due colonne
laterali appoggiate su due leoni o altre figure scolpite. Dal greco πρωθυρο = portico. Da πρως = prima di;
e θυρο = porta, uscio.
2
Da “Breve storia di artisti ticinesi”.
3
Da “Melide”.
4
Da “Melide”, edizione 1992. *Nell’ultimo quinquennio sono emerse nuove teorie, secondo le quali la qualità di vita
dell’epoca, almeno per ciò che concerne la nostra ed altre regioni di montagna, era molto meno difficile che altrove. Sul
posto erano quasi sempre reperibili, più o meno da tutti, latte, prodotti caseari e (là dove esisteva il lago) pesce; tutti
elementi che contribuirono non poco ad eliminare epidemie, riscontrabili altrove, dove queste condizioni particolari non
esistevano, come la pellagra che decimavano la popolazione e creava esseri rachitici che andavano ad impoverire le
future generazioni locali.

21
Gli altri uomini, pochi, restavano a condurre la dura vita agreste, carica di sacrifici e di pesanti
incombenze, in rapporto agli scarsi raccolti dell’epoca1.

Fra queste incombenze, facevano parte gli obblighi di decima2 alla parrocchia. In diverse
vicinie esisteva l’obbligo di destinare alla chiesa un certo numero di staia di granaglie miste
panificabili all’anno. In altre vicinie, pur non esistendo obblighi, vi era consuetudine di fare la
stessa cosa. In altre vicinie ancora, la donazione era fatta a scopo d’elemosina da defunti
benestanti, che lasciavano nel testamento tale consuetudine.

Le granaglie venivano poi macinate e panificate, soprattutto nei mesi invernali, in occasione
delle feste patronali oppure in occasione dei funerali, distribuendo poi il pane fra tutti i
partecipanti ed i poveri della vicinia. Da tale pratica, scaturisce un dato importante,
riguardante l’alimentazione dell’epoca: il pane di mistura che, all’epoca, costituiva la regola3.
I cereali più coltivati – costituenti poi la gran parte dell’alimentazione – erano il frumento, la
segale, la siligine, il panio, il miglio, l’orzo, il grano saraceno (con il quale si faceva la polenta
antica, oltre che con le castagne) e il sorgo.

Il pane di mistura giallo, contenente farina di mais, fu introdotto solo molto più tardi assieme
alla patata, provenienti dalle Americhe. Ancor peggio fu per la polenta gialla, la cui
introduzione nella nostra alimentazione risale paradossalmente solo all’inizio del 1800,
probabilmente importata dalla bergamasca. Per variare l’incredibile uniformità
dell’alimentazione locale, venivano consumate grosse quantità di castagne e di fave che
costituivano così l’integratore, se non addirittura il sostituto, alle granaglie nei mesi invernali
o a scorte finite. Altri elementi molto preziosi che facevano parte della nostra alimentazione,
erano le olive e le noci, consumate con estrema parsimonia, poiché destinate quasi tutte alla
estrazione di olio.

Analogo discorso era riservato al pesce – la dove ce n‘era – e al formaggio, prodotti questi
quasi tutti destinati alla vendita o per pagare tributi, come nel caso del pesce, almeno per un
certo periodo. Una notevole fonte di calorie era costituita dal vino e, durante la primavera e
l’estate, si poteva godere di primizie, di verdura e frutta coltivata in loco, anche se non da
tutti. E‘ interessante chiedersi cosa significasse, per il popolo, togliersi diverse staia di
granaglie all’anno dal già misero prodotto locale. Sapendo che la quantità di pane
giornalmente consumata risultava assai ridotta, offrire pane agli altri, per molti, doveva
significare un sacrificio insopportabile.

Durante il corso del 1800, fu introdotto il riso che, tuttavia, rivestì per molto tempo il ruolo
d’alimento di lusso e quindi non accessibile a tutti4.

Sostanziali cambiamenti nella nostra alimentazione, si ottennero solo recentemente con


l’avvento del turismo – attorno al 1930 – che con loro introdusse i primi concreti
cambiamenti5.

1
Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”.
2
Glossario: Decima = la decima parte di raccolto, o del reddito da questo ricavato, pagata come tassa al signore feudale
o alla chiesa. In epoca più tarda tassa corrispondente al 10% del guadagno.
3
Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”.
4
Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”.
5
Da “Melide”.

22
Pure la carne, anche e solo per i più benestanti, costituiva un raro alimento, solitamente
consumato in grandi occasioni festive come il Natale o la Pasqua. Per lo più si trattava di
carne suina e, qualche volta, di coniglio o gallina, sempre consumata con infinita parsimonia5.

Chiesa di Torello – Territorio di Figino - Barbengo.


Consacrazione avvenuta alla presenza del vescovo
Guglielmo Della Torre nel 1217.

5
Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”.

23
6. LA LEGGENDA DEL GALLO.

Si narra che nel 1573, l’ospedale maggiore di Roma, mandò a Melide, all’ospizio di S. Spirito
che da questi dipendeva, un certo Frà Paolo. All’ospizio melidese, egli si occupava di
soccorrere i pellegrini ed anche della cucina, per il ristoro dei viandanti. Per tale motivo, Frà
Paolo, cadeva spesso nel peccato di gola, ingrassando parecchio durante la sua permanenza
nel villaggio lacustre.

La popolana Marta gli era molto affezionata, perché il fratone l’ascoltava pazientemente e la
consigliava nelle sue necessità. La donna si sdebitava con lui donandogli i prodotti del suo
orto. Un giorno regalò al frate anche un galletto, ingrassato appositamente per lui;
sfortunatamente la donna morì all’improvviso appena due giorni dopo la donazione
dell’animale. Frà Paolo non ebbe il coraggio di uccidere il galletto, ultimo dono della
poveretta, e lo tenne sempre con sé come fosse un cagnolino, tanto che la bestiola gli si
affezionò moltissimo, seguendolo saltellando dappertutto. Ormai canuto e pieno d’acciacchi,
il frate si preoccupava molto della sorte del suo amico animale, nel caso egli fosse venuto a
mancare. Si fece allora promettere dai confratelli di S. Spirito che avrebbero risparmiato la
vita al volatile, prendendosi cura di lui all’occorrenza. Arrivò il triste momento della dipartita
ed i confratelli tennero fede alla promessa.

Durante la veglia, l’animale sembrava impazzito dal dolore, tanto che continuava a correre
avanti e indietro per l’ospizio sino davanti alla cella del frate defunto. Quando il corteo
funebre si snodò su per la strada per Carona, dove il feretro veniva portato secondo l’uso, il
gallo zampettò dietro i parrocchiani a chiusura della processione. Giunti poi presso il grande
masso – successivamente chiamato il sasso del gallo – i portatori si fermarono un po‘ per
darsi il cambio.

Tra la meraviglia dei presenti, ecco l’animale avvicinarsi al feretro correndo, lanciò tre striduli
ed acuti „ chicchirichì „ e si lanciò a capofitto, con intenzioni suicide verso il masso. La
bestiola cadde a terra, priva di vita, a causa del dolore per la perdita dell’amato padrone. Tale
masso si trova tuttora lungo il percorso del sentiero1.

1
Da “Melide” e AV Lugano, Fondo Melide, Scatola 3, Stampa: Articolo del G.d.P. del 07.02.1983 che conferma
la reale e avvenuta nomina di un prete, da parte di Roma, per S. Spirito, avente anche funzione d’insegnante,
oltre quelle di cuciniere e di assistente ai viandanti ed ai poveri. La nomina avvenne attorno al 1573.

24
7. UNITA‘ DI MISURA E VALUTE STORICHE.

GLI INIZI DELLA METROLOGIA IN SVIZZERA1.

L‘introduzione in Europa del sistema metrico decimale, tutt‘ora in uso nel campo delle unità
di misura, è d‘introduzione relativamente recente. Ecco qualche cenno storico, riferito alla
Svizzera, che ci permetterà di capire un po‘ meglio le ragioni che spinsero tutte le nazioni ad
unificare tali sistemi.

Lo scambio di beni, presuppone l‘esistenza di valori convenzionali di riferimento che ne


permettano la misurazione. Anche in Svizzera sono sorte perciò, fin dai tempi più antichi,
innumerevoli unità di misura diverse. Particolarmente difficile era orientarsi nelle misure di
capacità: il Canton Lucerna, ad esempio, riconosceva 7 diversi „quarti“, il Canton Argovia 17
e il Canton Vaud addirittura 20. Quest‘ultimo Cantone, sembra anzi essere stato il più
prolifico in materia di unità di misura, contandone infatti almeno 69, mentre ne sarebbero
bastate 4. Nel corso del XVIII.o secolo, l‘estendersi delle relazioni commerciali e il progresso
della scienza e della tecnica, mostrarono sempre più chiaramente quali e quante difficoltà
creva la „giungla“ di unità di misura esistenti.

Si giunse così, nel 1801, al primo tentativo d‘introdurre in Svizzera il sistema metrico
decimale, adottato ufficialmente in Francia fin dal 1795. Anche se dapprima non coronata da
successo – il nuovo sistema si discostava troppo da quelli abituali –, l‘iniziativa aprì la strada
ai successivi sviluppi. Nel 1835, dodici Cantoni decisero di adottare il sistema metrico e la
scala decimale, conservando però nei limiti del possibile, la terminologia del piede e della
libbra. Nel 1851, la Confederazione, basandosi sulla Costituzione promulgata nel 1848, rese
obbligatorio in tutta la Svizzera il sistema „misto“ dei 12 Cantoni e nel 1868 dichiarò
legittimo, accanto a quello, l‘uso del sistema „metrico“ puro.

Per superare le difficoltà create dalla coesistenza dei due sistemi, fu necessario attendere il
1875, quando la Svizzera riconobbe valido solo il sistema metrico decimale e aderì, come uno
degli stati fondatori, alla Convenzione Internazionale del Metro. Venne così perfezionato
l‘ancoraggio a un sistema di misura più esatto, sviluppato su basi scientifiche, sempre più
diffuso sul piano internazionale e ancora oggi valido almeno nei suoi lineamenti essenziali. La
Svizzera era perciò entrata a far parte del SI (Sistema Internazionale) a tutti gli effetti.

Gli unici a non aderire a questa convenzione furono dapprima gli Inglesi, i quali ancora
conservano le vecchie unità di misura. Quali principali „colonizzatori“ degli stati del Nord
Americano, imposero di conseguenza tale metodo anche negli attuali Stati Uniti, anche se
alcune misure differiscono leggermente tra i due paesi.2

1
Da “Piccolo breviario di numismatica e metrologia”, UBS Zurigo, Dipartimento economia e politica, 1986.
2
Glossario: Metrologia = disciplina riguardante le questioni inerenti alla misura delle grandezze fisiche e i problemi
relativi alla scelta delle unità stesse.

25
UNITA‘ INGLESI E AMERICANE.

Lunghezza 1 inch (pollice) = SI = 25.4 mm


Lunghezza 1 foot (piede) = SI = 304.8 mm
Volume 1 UK pint (pinta) = SI = 568.261 cc
Volume 1 US liquid pint = SI = 473.176 cc
Volume 1 US dry pint = SI = 550.610 cc
Massa 1 Oz (ounce – oncia) = SI = 28.3495 gr
Massa 1 lb (pound – libbra) = SI = 453.592 gr

SITUAZIONE METROLOGICA RIFERITA ALLA RICERCA.

Nel codice magno degli statuti comaschi del 1335, si trovano bolle attestanti l’obbligo di
utilizzare unità di misura ben determinate come i quartari: uno per la misura di biada ed
aglio, uno per la misura del sale, una brenta per la misura del vino e una stadera per misurare
ferro e formaggio1. Nei vari paragrafi, si può facilmente notare che, 300 anni più tardi, tali
unità di misura restano pressoché invariate.

Nei medesimi statuti, codice delle decime, figura una lista di paesi che dovevano tributare a
Como una certa quantità di pesce due volte la settimana. Nel caso di Melide – che figura in tal
elenco - il tributo settimanale ammontava in totale a 70 libbre: un giorno 40 libbre, e l‘altro
30 libbre. In diverse vicinie esisteva l’obbligo di destinare alla chiesa un certo numero di
staia di granaglie miste panificabili all’anno2.

Nei catasti d’epoca, le misure dei terreni erano espresse in pertiche e tavole, almeno per
quanto riguarda il distretto di Lugano e Mendrisio. Riguardo alla situazione delle valute,
prima del 1550 ca., si trovano valori espressi in terzole e fiorini, di cui non è stato tuttavia
possibile trovarne una suddivisione, né tantomeno stabilirne un valore veniale, rispetto al
potere d’acquisto dell’epoca. Dopo il 1550, le terzole non sono più menzionate ma si trovano
altre valute come riportato nelle tabelle che seguiranno3.

MISURE DI CAPACITA‘ PER I LIQUDI.

La misura maggiore per i liquidi era costituita dalla BRENTA, si trattava di un contenitore a
forma di cono rovesciato, fatto di legno e trasportabile a spalla per mezzo di cinghie. La
brenta di Locarno e Vallemaggia era la più piccola del Ticino, con i suoi 60.5 litri di capienza.
La più grande era la brenta leventinese che teneva ca. 109 litri. La brenta milanese conteneva
ca. 75.55 litri, mentre quella di Lugano circa 91 litri, così suddivisi4: vedi tabella 1.

1
Da “Melide” e “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”.
2
Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”.
3
Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto” e AP Carona e Melide, registri lasciti e legati, catasti e libri delle
decime.
4
Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto” e “Il vescovo, il clero, il popolo”.

26
LE MISURE DI CAPACITA‘ PER I SOLIDI.

I solidi – granaglie – erano misurati in litri e non con altre unità di peso d’epoca. L’unità più
grossa era costituita dal MOGGIO, che era di due tipi: il moggio milanese, pari 146.23 litri,
ed il moggio di Lugano, corrispondente a 162.22 litri così suddivisi1: vedi tabella 2.

LE MISURE DI PESO.

La misura per pesi maggiori – poco usata – era costituita dal RUBLO MILANESE, di circa
8.16 Kg. A Lugano si trovavano poi due tipi di LIBBRA: la libbra grossa, pari a 0.78 Kg, e la
libbretta – comune a tutti i distretti – che era pari a 0.31 Kg. In Ticino erano pure usate la
libbra bleniese, pari a 0.98 Kg; la libbra leventinese, pari a 0.93 Kg; la libbra di Locarno e
Vallemaggia, pari a 0.87 Kg. La libbretta luganese era uguale a quella milanese, così
suddivise2: vedi tabella 3.

LE MISURE LINEARI.

Il BRACCIO di Milano, corrispondeva a circa 59 cm, mentre il braccio di Locarno e


Vallemaggia, detto anche braccio lungo, misurava circa 67 cm ed era usato per la misura di
stoffe e scampoli anche nei distretti di Mendrisio, Lugano, Bellinzona e Riviera. Il braccio più
lungo era quello bleniese che misurava ben 73 cm ca.. Esistevano pure unità lineari maggiori,
quali la pertica, la tesa ed il piede così suddivisi3: vedi tabelle 4 e 4.1.

LE MISURE DI SUPERFICIE.

Le misure di superficie, invece variavano da distretto in distretto. La pertica di Lugano era


così suddivisa dapprima in tavole, le quali si suddividevano in piedi quadrati, gli stessi si
suddividevano in once quadrate. La pertica luganese misurava ca. 703.63 mq. La pertica
locarnese, che misurava ca. 848.24 mq, era suddivisa in quadretti, che a loro volta si
suddividevano in once. La pertica bellinzonese, che misurava 793.63 mq, era suddivisa in
gittate, che a loro volta si suddividevano in piedi quadrati così ripartiti4: vedi tabelle 5, 5.1;
5.2.

1
Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto” e “Il vescovo, il clero, il popolo”.
2
Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto” e “Il vescovo, il clero, il popolo”.
3
Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto” e “Il vescovo, il clero, il popolo”.
4
Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto” e “Il vescovo, il clero, il popolo”.

27
LE VALUTE D‘EPOCA1.

Se le unità di misura erano complicate, le valute – per certi versi – erano ancora peggio.
Vigevano contemporaneamente a quelle locali, pure quelle importate da altri regni. Il cambio
delle stesse doveva così essere assai complicato. In ogni caso le valute più riscontrabili sono
gli SCUDI e le Lire di Milano, in Ticino ancora in uso nei primi anni del 1800: ben inteso ne
esistevano pure diverse altre così suddivise2: vedi tabella 6.

TABELLE:

MISURE DI CAPACITA’ PER LIQUIDI.

TABELLA 1

1 Brenta di Lugano = 91 litri


1 Brenta di Lugano = 6 Staia
1 Staio = 15.6 litri
1 Staio = 8 Pinte
1 Pinta = 1.9 litri
1 Pinta = 2 Boccali
1 Boccale = 0.95 litri

MISURE DI CAPACITA’ PER I SOLIDI.

TABELLA 2

1 Moggio di Lugano = 162.22 litri


1 Moggio di Lugano = 8 Staia
1 Staio = 20.28 litri
1 Staio = 4 Quartari
1 Quartaro = 5.07 litri
1 Quartaro = 4 Quartine
1 Quartina = 1.27 litri
1
Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto” e “Il vescovo, il clero, il popolo”.
2
In alcune carte e documenti, sono menzionate altre valute come FIORINI, GENOVINE e BAIOCCHI. Non è
scritto quale sia il valore corrispondente alle altre valute conosciute e riportate nella tabella. Quanto al conio e
alla possibile provenienza, per le Genovine è ipotizzabile che fossero così chiamate poiché provenienti da Genova; il
Baiocco invece fu una moneta voluta e coniata dallo stato Vaticano (vedi breviario numismatico e metrologico edito
da UBS). Attorno al 1400 – 1500, i Fiorini, coniati a Firenze, città che da origine al loro nome, erano già presenti. In
diverse altre città quali Roma, Bologna, Mantova e Ferrara, risultano presenti fino a circa alla metà del 1700; il loro
valore, a dipendenza della zona, variava dai 2 ai 16 baiocchi, espressi in multipli di 2 (dal “Manoscritto liutario di
Giovanni Antonio Marchi” – Bologna). Altro tipo di valuta, più volte menzionata, era la Terzola, presente nelle carte
Caronesi e non solo, ma di cui non si conoscono né provenienza né parametri di cambio alcuno. Dal registro dei conti
e Decime del comune di Melide, 1793 – 1816, figura una decima annua da retribuire al parroco quale affitto di un
chioso. Attiguo alla casa canonica. L’affitto corrispondeva a Lire 1.3/4.1/8; ovvero 1Lira, 15 Soldi e 2 Denari annui.
Non si conosce però la superficie esatta del fondo, forse stimabile a 2 tavole e mezza (vedi imbreviatura all’inizio della
frase).

28
MISURE DI PESO.

TABELLA 3

1 Rublo Milanese = 8.16 kg ca.


1 Libbra Grossa = 0.78 kg ca.
1 Libbra Grossa = 30 Once
1 Oncia = 26 gr ca.
1 Oncia = 24 Denari
1 Denaro = 1.08 gr ca.
1 Denaro = 24 Grani
1 Grano = 0.045 gr ca.
1 Libbretta = 0.31 kg ca.
1 Libbretta = 12 Once
1 Oncia = 25.8 gr ca.
1 Oncia = 24 Denari
1 Denaro = 1.08 gr ca.
1 Denaro = 24 Grani
1 Grano = 0.045 gr ca.

MISURE LINEARI.

TABELLA 4

1 Braccio Milanese = 59 cm ca.


1 Braccio Milanese = 12 Once
1 Oncia = 4.916 cm ca.
1 Oncia = 12 Punti
1 Punto = 0.41 cm ca.
1 Punto = 12 Atomi
1 Atomo = 0.34 mm ca.

MISURE LINEARI MAGGIORI.

TABELLA 4.1

1 Pertica = 3m
1 Pertica = 10 Piedi
1 Tesa = 180 cm
1 Tesa = 6 Piedi
1 Piede = 30 cm

29
MISURE DI SUPERFICIE.

MISURE DI LUGANO E MENDRISIO, TABELLA 5

1 Pertica = 703.63 mq ca.


1 Pertica = 24 Tavole
1 Tavola = 29.31 mq ca.
1 Tavola = 12 Piedi
1 Piede = 2.44 mq ca.
1 Piede = 12 Once
1 Oncia = 20.35 cmq ca.

MISURE DI LOCARNO, TABELLA 5.1

1 Pertica = 848.24 mq ca.


1 Pertica = 1848 Quadretti
1 Quadretto = 0.46 mq ca.
1 Quadretto = 12 Once
1 Oncia = 20.35 cmq ca.

MISURE DI BELLINZONA, TABELLA 5.2

1 Pertica = 793.63 mq ca.


1 Pertica = 96 Gittate
1 Gittata = 8.26 mq ca.
1 Gittata = 6 Piedi
1 Piede = 1.38 mq ca.

VALUTE D’EPOCA

TABELLA 6

1 Doppia d’oro o argento = 2 Scudi d’oro o argento


1 Ducatone = 8 Lire di Milano
1 Filippo = 7 Lire di Milano
1 Filippino = 3.5 Lire di Milano
1 Scudo = 5 Lire di Milano
1 Lira di Milano = 20 Soldi
1 Soldo = 12 Denari

30
Archivio Comunale – Melide. Prima pagina di un catastro d’epoca.

31
8. BREVE CRONOLOGIA DELLA PARROCCHIA DI MELIDE1.

14. 01. 1432 Fonte: Schäfer, § 10, n. 93, AP Carona.


Vengono convocate le congregazioni e le vicinie di Carona, Melide e Ciona,
convocate per mezzo di rintocchi di campana, davanti alla chiesa di S.Giorgio
di Carona per l’elezione di un parroco, nominato nella persona d’Andriolo
de Cabiallo.

27. 06. 1545 Fonte: AC, Fondo Melide, scatola n. 2, interno 116.
Diploma di una sentenza data in appello dagli Ambasciatori dei XII Cantoni
Confederati, riuniti in Lugano, su una sentenza del Landfogto di Zugo Enrico
Riffli, circa un’espropriazione per causa di pubblica utilità, avente per oggetto
un giardino (orto), situato sopra la chiesa di Melide, richiesto dal comune alla
proprietaria, Margherita de Salvi. Il comune dovrà impiegare il terreno
occupato da detto giardino, come ha richiesto, per farne un cimitero e dovrà
rifondere a Mastro Domenico de Salvi quanto ha sborsato credendo di poterlo
acquistare. Documento in tedesco, con sigillo dello scriba Giovanni zum
Brunnen, di difficile lettura a causa del deterioramento dei fogli.

25. 05. 1572 Fonte: AC, Fondo Melide, scatola n. 5, interno 230.
Notizia dell’elezione di frate Andrea da Bressano a curato rettore spirituale di
Melide, con compenso annuo di 26 scudi d’oro, oltre al godimento di un
verziere (giardino od orto) e di una vigna, chiamati rispettivamente giardino e
vigna di S. Spirito.

11. 04. 1575 Fonte: AC, Fondo Melide, scatola n. 5, interno 231.
Istromento di nomina di frate Andrea da Bressano a curato e rettore spirituale
di Melide, col beneficio di 34 scudi annui, rogato dal notaio Gian Giacomo de
Salvi da Morcote.

18. 04. 1577 Fonte: AC, Fondo Melide, scatola n. 5, interno 232.
Istromento di garanzia, rogato dal notaio Bartolo Lobbia di Lugano, con il
quale gli uomini di Melide, convocati dal console Francesco Sardi, danno
malleveria (garanzia) per un prestito di 60 scudi, richiesto per la fabbricazione
di 2 campane per la chiesa parrocchiale.

01. 12. 1577 Fonte: AC, Fondo Melide, scatola n. 5, interni 234 e 235. Copia del 13.06.1614, desunta
dalle imbreviature notarili.
a) Il sacerdote Camillo de Peregrini, di Como, è nominato curato delle chiese
di S: Quirico e S. Spirito di Melide, le cui sedi sono rimaste vacanti per la
rinunzia del parroco Giuseppe Quadrio detto del Piatto, di Lugano. La
nomina è fatta dalla comunità di Melide radunata nella piazza davanti alla
chiesa di S. Spirito.

1
Da “Melide”, capitolo XI, pag. 89 e seguenti.

32
b) Si stabilisce che il sacerdote Camillo de Peregrini avrà come compenso
annuo scudi 34, oltre ad uno staio di vino per ogni famiglia e al beneficio
delle due chiese. Dovrà per contro pagare Lire 150 all’ospedale di S.
Spirito, come annualmente si suole, con l’obbligo di tenere buona condotta
nei suoi rapporti con le donne e di non assentarsi dal comune, sotto pena la
nullità della sua elezione.

Anno 1578 Fonte: AV Lugano, Fondo Visite, Codice Volpi, pp. 150 e 151.
[ … ] L’altare per essere consecrato si alzi tutto intiero, et si accomodi con la
bradella alla forma.
[ … ] Il cimitero si chiuda con muro facendo alla porta una fossa con sopra la
crata di legno.

30. 05. 1591 Fonte: AV Lugano, Fondo Visite, Codice Ninguarda, foglio 81 e seguenti.
Atti di visita del Vescovo Feliciano Ninguarda.
[ … ] Vi è il cimitero murato.

19. 06. 1591 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Codice Ninguarda, foglio 334 e seguenti.
Relazione scritta del vice-curato Luca de Mosconi da Crema, parroco a Melide
da 18 mesi.
[ … ] Questa chiesa parrocchial di San Quirico et Julita non ha intrata alcuna
che io sappia, ma mi danno un tanto per fuoco, che in summa risulta 44 scudi
in duoi termini, ma molti sono che non voglion’o non ponno satisfarme. Mi
danno anco un star di vino per fuoco che saran’in tutto 7 brente facendo la
terra 43 fuochi et quelli che non hanno vigna non vogliono darmi niente. Le
anime della cura (curia) sono 197 computati tutti li absenti, et li 44 scudi che
mi danno, sono non per fuoco ma per testa. Tengo scuola et ho 4 scuolari al
presente … et i scuolari mi danno un talento per ciascuno. Nella terra ne cura
di Melì non vi ha altra chiesa salvo quella di S. Spirito di Roma qual Hospital
l’ha concessa alla comunità de Melì, dandogli per reconicione un scudo
l’anno, et havendomi la comunità concesso un certo puoco terreno di quella
chiesa qual si affitta Lire 9 ch’io pago il scudo al predetto Hospital, et la
comunità gli fa dir messa tutte le prime domeniche del mese et il giorno di
Pentecoste et della Consec.ne ma non mi danno niente se non l’avanzo di
quelle 9 Lire.

27. 11. 1597 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Pieve di Lugano, Codice Archinti,
pagina 525 e seguenti.
Atti di visita vescovile.
[ … ] In chiesa vi sono 5 sepolcri: 1 dei Fontana, 2 dei Salvi e 2 comuni.

Anno 1597 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Codice Archinti, pp. 61 e seguenti.
Decreti relativi alla visita.
[ … ] Per quanto riguarda il curato: sia tenuto intravenire il sabato santo alla
benedizione del fonte che si fa quello giorno nella chiesa Matrice di Lugano, et
d’indi levar l’aqua battisimale et portarla con l’ogli sacri alla sua cura, come
anco dovrà esser presente alla Processione solenne che si fa il giorno del
Corpus Domini in Lugano, se non harà licentia da noi di far altrimenti ….

33
15. 08. 1626 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Codice Carafino, a, pp. 66 – 67.
Visita del Vescovo Carafino.
Sono trascorsi 29 anni dalle descrizioni lasciateci dall’Archinti. Ci si aspettava
di trovare, in questi atti della visita, una documentazione della nuova
situazione, dopo i mutamenti avvenuti per opera del Fontana. Non vi sono
spunti che lascino intravedere delle trasformazioni.

Anno 1643 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Codice Carafino, Pieve di Lugano, b, p. 83.
Visita pastorale del Vescovo Lazaro Carafino.
[ … ] Verso sera, assolta la visita a Carona, scendemmo gradatamente a
Melide, per il fianco del monte. Si trovavano là, per poter vedere e ossequiare
il vescovo, alcuni nobili varesini che dimoravano a Campione. [ … ]

13. 04. 1669 Fonte: AP Melide, Registro lasciti e legati.


Il quondam Matteo Castelli di Melide, legò nel suo testamento rogato in
Pollonia, come da atto mandatomi, consta …. Scudi 8 (moneta de Lugano) per
la fabrica del campanile e altri Scudi 8 per far un credenzone per reporvi
dentro il confallone del S.mo Rosario.

06. 06. 1670 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Codice Torriani, pp. 121 e seg.; cfr. Don G. Gallizia,
Regesto delle visite del Vescovo Giovan Antonio Torriani , 1669 – 1672; tipo. La Buona
Stampa – Lugano, pp. 72, 130, 191.
Dagli atti di visita.
[ … ] Benché vi sia un cimitero benedetto, attorno alla chiesa, racchiuso da
muri, nel quali s’innalza una croce lignea, con crata di ferro all’entrata, i
morti vengono sepolti in chiesa, dove vi sono 8 sepolcri, di cui 6 privati. [ … ]
Gli abitanti emigrano in varie regioni del Piemonte, nel milanese ed in
Germania. La terra produce vino, olio e castagne. Le anime sono 180.

Anno 1670 Fonte: Come sopra.


Dai decreti relativi alla visita del Torriani.
[ … ] In chiesa s’aggiunghi una sepoltura per le donne, che non devono
sepellirsi confusamente con l’huomini giusta la Visita Apostolica. Et un altro
deve fabricarsi per li Sacerdoti. Non lasci il curato di sgridare a quelli che
stanno a sentire la Messa fuori dalla chiesa, et esagerare l’irriverenza d’essa
con risate, poco silenzio, strilli di bambini con gran disturbo de’Divini officij:
et avverti quelli che lavorano in giorni festivi, ecc.

07. 06. 1684 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Codice Ciceri, n. 126.
Dagli atti di visita pastorale.
[ … ] Cimitero presso l’ingresso della chiesa, cinto da muro, con croce lignea
in mezzo, ma non vi sono sepolture. Casa parrocchiale (canonica) composta
da 4 locali; necessita di non poche riparazioni. Ha giardino (orto) e pozzo
poco distanti dalla parrocchiale. Raramente vi abita il parroco che ha sua
casa più adatta. Popolazione: anime da comunione 127, in totale 139; famiglie
42. Gli abitanti vivono della produzione di vino, olio, castagne e della pesca.
Altri emigrano in varie regioni per esercitare le arti pittoriche, scultoree e
murarie e per cercare migliore fortuna.

34
13. 03. 1686 Fonte: AC Bellinzona, Fondo Melide, scatola n. 5, interno 242.
Sentenza di Giovanni Carlo Besler, di Uri, in una causa del comune di Melide
contro gli abitanti di Carona, ivi domiciliati, per le spese delle campane della
chiesa e altri obblighi. I caronesi sono liberati dal contributo delle campane, ma
devono pagare le decime del Parroco e non possono riavere altre taglie già
pagate.

Anno 1696 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Codice Bonesana, n. 23.


Stato della Chiesa parrocchiale di Melide, redatto dal parroco Bartolomeo
Lucchese.
[ … ] Et per conto de funerali et oficij se ne fano di rado, ma per l’oficij non va
altro alla chiesa che 4 candelle, et per funerali parimente se non quando si fa
corpo e setima*, ma quando si fa il sol corpo senza l'oficio ne receve solo 2
candelle, ne per altre funcioni la chiesa non ha nessun utile.
[ … ] A mia saputa non vi sono scandali, ne abusi forché regna in molti di
starsene fuori di chiesa nel tempo della messa, e molte fiate corretti non
canggino stile, et tra l’altre cose, che molto mi spiace si retrova un Francesco
Sardi, qual è inconfesso, e violatore delle feste, qual entra a pescare tutti li
giorni festivi, nel medesimo modo che fa nei giorni feriali senza mai dipendere
del foro eclesiastico, ma solo dal foro secolare, per evitare le pene fatte contro
quelli che fano oppere servili in giorno festivo, ma questo vien protetto da
qualche personaggio d’autorità; et 2 figli segono li amaiestramenti pesimi di
suo genitore, et essi parimente son’inconfessi.
*Per corpo intende il funerale, mentre la settima è la messa che viene ufficiata,
in suffragio, 7 giorni dopo la sepoltura.

Anno 1697 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Codice Bonesana, n. 23.


Informazione inviata da Don Lucchese al vescovo di Como.
1) Sotto la mia cura de Melide non si trovano sacerdoti, ne chierici, m’io
suddetto curato solo, che fui eletto per curato dalli huomini vicini di questo
loco l’anno 1658, havendo quelli il jus eligendi (giuspatronato).
4) [ … ] La rendita certa di questa cura consiste annualmente in lire di Milano
200 in dinari contanti, un staro di vino per cadun foco, lire 50 apreciato, et li
beni che godo parimente apreciati lire 50 che mi pagano per la (?)
5) [ … ] Vi sono qualche particulari, che restano qualche residui de legatti
fatti da defunti, che per la grande penuria dell’anni scorsi non hano potuto
compire.

03. 04. 1697 Fonte: AC Bellinzona, Rogato notarile Antonio Castelli da Melide.
Bartolomeo Luchesi, vicario di giustizia del baliaggio di Lugano, anche a nome
del fratello Carlo Domenico assente dalla patria, espone all’assemblea dei
vicini di Melide “come esso et detto suo fratello sono desiderosi di beneficare
la chiesa dei SS.ti Quirico e Giulitta” e chiede e ottiene di poter “ornare la
capella ed altare della Madonna del Rosario in detta chiesa e porvi la loro
arma e stema” e di voler concedere loro di “far fare nel mezzo di detta chiesa
una sepoltura per essi fratelli e la loro famiglia in perpetuo”. In compenso “ si
esibiscono di fare un donativo a deto comune di 30 scudi da adoperare nella
fabrica del campanile”.

35
Anno 1698 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Codice Bonesana.
Decreti per la chiesa parrocchiale di Melide.
[ … ] Il curato avisi privatamente, et anche dall’altare, Antonio e Donato
Sardi fratelli inconfessi, poco osservanti delle feste e del precetto di udir
messa, che nel termine di 15 giorni sodisfaccino al precetto dell’annua
confessione e comunione, e siano in avvenire più osservanti delle feste e
dell’udir messa, e quando siano renitenti, passato detto termine, e non
riportando altro in contrario da noi, si interdica dall’ingresso in chiesa. Si
diano à gli atti della visita le fedi della sodisfazione di tutti li legati, et il curato
avisi tutti li debitori de legati non sodisfatti, acciò nel termine d’un mese
compiscano alla loro obbligatione, e se nel detto termine non haveranno
sodisfatto, non riportando altro da noi li interdica dall’ingresso della chiesa, e
quando sprezzassero l’interdetto il curato ce ne porti notizia, che si procederà
a pene maggiori.

28. 05. 1709 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, codice Bonesana, n. 251.
Visita del delegato Antonio Maspero, arciprete di S: Giorgio a Como.
L’informazione più importante che viene fornita, riguarda l’avvenuta erezione
del campanile.

24. 04. 1747 Fonte: AV Lugano, Fondo visite Neuroni


La parrocchiale che dista 4000 passi da Lugano è così descritta.
[ … ] In chiesa vi sono 10 sepolcri: 8 privati, 1 per fanciulli, 1 per uomini e
donne.

Anno 1747 Fonte: Come sopra.


Atti riguardanti le rendite della parrocchia di Melide.
In genaro si paga dal comune al parroco lire100 di Milano. In luglio lire 100
di Milano. Più gli sono assegnati tre pezzi de luoghi vignati vicini alla
parrocchiale, ed una selva di castagne, dove si dice Rotondo: il tutto per lire
50 di Milano. Più si paga il medesimo boccali 16 di vino per fuoco in tempo
della vendemmia per altre lire 50 di Milano. Più si paga al medemo in tempo
della vendemmia 1 brenta di vino per orzoli.

Anno 1748 Fonte: AC Bellinzona, Fondo Melide, scatola n. 5, interno 254.


Atti riguardanti la costruzione della Cappella di S. Antonio. Disegno dell’altare
con spiegazione e dichiarazione dei costruttori Giovan Battista Adamo da
Carona e Giovan Antonio Soldati da Melide.

01. 07. 1769 Fonte AV Lugano, Fondo visite, Mugiasca, n. 5.


Verbali d’interrogazione del parroco.
La domanda posta riguarda l’indole del popolo melidese ed il numero delle
anime del comune. Si rispose che il popolo era di indole buona e che le anime
erano 142, suddivise in 36 famiglie.

Anno 1769 Fonte: come sopra.


Dall’elenco degli allegati della visita. Distinta delle processioni.
Il giorno 8 marzo, processione annuale a S. Provino in Agno.
Il giorno 20 ottobre, processione annuale a S. Salvatore sul monte.
Segue elenco di altre processioni annuali e non.

36
13. 07. 1776 Fonte: AV Lugano, Fondo visite Mugiasca.
II.a visita pastorale del Mugiasca.
Contiene solo una breve relazione del Parroco Don Gio Batta Garovi che
fornisce la suddivisione delle anime:
48 uomini, 63 donne, 24 ragazzi, 20 ragazze (ragazzi e ragazze sotto i 14 anni).
Totale delle anime melidesi 155.

03. 09. 1785 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Mugiasca.


III.a vista del Mugiasca, durante la quale si decreta la commutazione di due
percorsi processionali perché troppo distanti dalla parrocchia. La processione
del 8 di marzo a S. Provino di Agno viene commutata in processione alla
Madonna del Campiglione. La processione annuale all’oratorio di Torello
(distante più di 4 miglia di montagna) viene commutata in processione
all’oratorio della B.M.V. della Cintura sopra Maroggia.
Segue lista di altre processioni.

13. 06. 1791 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Bertieri.


Visita del Vescovo Giuseppe Bertieri, conte.
Descrizione minuziosa e dettagliata dello stato della parrocchiale , compresa
descrizione minuziosa dei sepolcri interni che sono 10. [ … ] In un angolo di
facciata vi è il cimitero ben riparato.

Anno 1803 fondazione del Cantone Ticino.

10. 08. 1807 Fonte: AC Bellinzona, Fondo Melide, scatola n. 5, interno 265.
Giustina Recalcati cede gratuitamente alla congregazione di S. Spirito ed alla
chiesa Parrocchiale di Melide una sua proprietà per ampliare il sagrato.

22. 04. 1815 Fonte: AC Bellinzona, scatola n. 5, interno 268.


Istromento per una transazione fra la comunità di Melide ed il Parroco della
stessa, a proposito del donativo di uno staio e tre boccali di vino da dare
annualmente da parte di ogni famiglia, per il quale nascevano delle questioni e
anche dissapori. Con il permesso delle autorità ecclesiastiche, tale donativo
sarà mutato in lire 3 cantonali da dare al successore di Don Giuseppe Fontana
di Tesserete, il quale, per conto suo, rinuncia la beneficio ed alla cura.

09. 08. 1835 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Romanò.


Visita del Vescovo.
Agli atti lo stato personale del parroco Andrea Salvi, d’anni 63, di Melide.
Segue il computo della popolazione totale di Melide che è di 280 anime.

37
9. ARCHIVI E INTEVISTE.

ARCHIVIO COMUNALE – MELIDE.

1670 Catasto dei beni e dei nomi del Comune di Melide, iniziato il 03.08.1670 e
siglato dal Cavaliere di Lugano Francesco Betschartz.

1765 Catasto del Comune di Melide con conti risultanti in denari, tradotto e
riformato dalle terzole alle Lire di Milano, all’inizio dell’anno 1765.

1775 Registro delle entrate e uscite della Chiesa Parrocchiale di Melide.

1793 – 1816 Libro dei conti e decime al Comune di Melide.

1794 Libro delle decime.

1832 Copia del Catasto del Comune di Melide del 1765.

ARCHIVIO PARROCCHIALE – MELIDE.

1600 – 1738 Registro battesimi e matrimoni.

1626 Registro lasciti e legati dal 1626.

1641 – 1710 Registro dei conti parrocchiali. Si legge di un prestito, senza ritorno, di 20
scudi alla confraternita di S. Marta di Carona; in sostituzione dei 20 scudi
annui che detta confraternita doveva alla Parrocchia di Melide.

1795 Registro delle confraternite. Oltre ai conti delle stesse si trovano riconfermati
gli statuti delle stesse.

ARCHIVIO VESCOVILE – LUGANO.

Scatola 3, Melide, Stampa:

Giornale del Popolo del 07.02.1983. S.Titolo: “ In paese già nel ‘500 una scuola per i
poveri”.
[ … ] “ Uno dei primi curati di Melide (Frate Paolo) venne mandato dall’ordine degli
Spitalieri di Roma nel 1573, con mansioni di insegnante oltre che per accudire i poveri e i
viandanti dell’ospizio Melidese…..”.

Giornale del Popolo del 19.02.1992. Articolo dedicato ai restauri della Chiesa Parrocchiale
di Melide appena terminati. Da questo articolo emergono le notizie sui ritrovamenti
archeologici della antica chiesa melidese del VI.o secolo e conseguenti.

38
Scatola 2. Melide, Confraternite, Missioni, Pie unioni, Processioni Mariane.

Nella scatola si trova unicamente materiale dal 1850 in poi.

N.B. Da una breve intervista a Don Giuseppe Gallizia, emerge e conferma la difficoltà nel
reperire materiale dall’antichità sino ai primi anni successivi al Concilio di Trento (1545 –
1563). Sconsiglia la visita all’Archivio Vescovile di Como, poiché non vi si trova più
materiale di quanto non ce ne sia presso lo stesso archivio di Lugano. Conferma inoltre
ufficiosamente la possibilità della traslazione delle salme in epoche antiche – fino a
S. Lorenzo, prima del 1427 e fino a Carona per diversi periodi dopo tale data - così come
avveniva nella Pieve d’Agno, ma non è in grado di fornire certezze, dunque il condizionale
resterebbe d’obbligo, pure nella stesura definitiva del testo. Conferma pure l’esistenza di un
ampio cimitero presso S. Lorenzo di Lugano in epoca remota.

Chiesa Parrocchiale – Carona. Fonte battesimale in pietra, ca. fine XV secolo.

39
9.1 ELENCO DEI DOCUMENTI CON MENZIONE MELIDE1.

25.05.1427 Como: Atto della curia per la separazione parrocchiale; bolla minore di
Martino V.o per istruire la separazione concessa nel 1425.
20.01.1428 Carona: atto relativo alla separazione parrocchiale; bolla magna di Martino
V.o.
08.03.1430 Roma: Lettera bollata di Martino V.o per l‘erezione a parrocchia autonoma
sotto la direzione della plebania di S. Lorenzo.
18.03.1430 Como: Riporta per esteso una bolla minore, precedente ancora quella citata
nel documento del 1427, e ripete lo svolgimento della causa per la
separazione parrocchiale riassumendola: „ Actum in Archiepali audentia in
campo s.co eccl. M.lani „; sulla stessa carta segue un atto.
08.04.1430 Como: atto di cui sopra rogato a Como da Maffiolus de Gichis, come il
precedente di conferma della separazione.
14.01.1432 Carona: Assemblea della vicinia per l‘elezione a curato di Andriolo da
Cabiallo. Vengono stipulati gli oneri di lui verso la parrocchia, comprendente
Melide, e viceversa.
18.01.1432 Como: atto della curia vescovile comasca per ratifica del precedente.
Documento con sigillo pendente rotto.
10.04.1432 Melide: Verbale dell‘assemblea della vicinia. Sono congregati uomini e
nobili delle vicinie di Carona, Ciona e Melide. E‘ l‘unico atto del XV secolo
in cui sono notati per esistenti dei nobili nelle vicinie e/o nella comunità.
04.02.1684 Carona: Matteo Rezzini di Melide cede a D. Donato Contestabile di
Maroggia un fondo. Roga Antonio Castelli.
31.07.1692 Melide: atto notarile rogato da Antonio Castelli, notevole per l‘onomastica
dei melidesi citati.
17.09.1693 Melide: Atto di vendita a favore di Giorgio Scala.

L‘elenco dei documenti riportato nella tabella qui sopra, comprende unicamente quelli
menzionanti Melide o che, comunque, sono direttamente in relazione per questioni
parrocchiali o di vicinia con il paese. In altre carte e documenti si trova menzionato il paese
per questioni private di vendite di terreni o cessioni di beni tra appartenenti alle due vicinie o
in altri luoghi ancora. Documenti strettamente comprovanti l‘uso del sentiero per scopi
funerari (traslazione di salme tra Melide e Carona) non se ne trovano oppure, molto più
semplicemente, non né esistono. Si trovano documenti riguardanti capitolati d‘onere per il
mantenimento delle rete viaria dell‘epoca, ma sempre riferiti ad altre vie di comunicazione e
non il sentiero. Esistono pure diversi documenti di cause civili riguardo al rispetto di detti
oneri, rispetto sul quale diverse vicinie volentieri sorvolavano, scatenando le ire dei caronesi
che ricorrevano ai vari capitani luganesi per ottenere soddisfazioni in merito. La vita
dell‘epoca, insomma, non sembra discostrasi di molto – almeno in questo ambito – da quella
attuale stando alla nutrita documentazione di cause varie di quel periodo. Singolari pure sono
alcune „grida“ pubbliche emesse dai capitani luganesi e riguardanti diverse tematiche, come
le proibizioni di passare con animali per certe strade o la cacciata degli zingari „portatori di
pitocchi et pestilenze“, come venivano definiti dalle autorità settecentesche.
1
Da “Archivio storico comunale di Carona”.

40
9.2 ARCHIVI RIUNITI DI CARONA.

ARCHIVIO STORICO DEL COMUNE DI CARONA,


INVENTARIO E REGESTI.

Trascrizione completa del volumetto della Signora Anna Maria Collovà Cotti, edito nel 1967:

PREMESSA.

Questo inventario è stato suddiviso in capitoli ognuno dei quali illumina, a nostro avviso, vari
periodi della storia comunale apportandovi una messe di notizie e aiutando a gettarvi luce.
Fanno parte del primo capitolo i libri comunali – statuti, libri di caneparia e dei servitori del
comune – e anche alcuni relativi alle Confraternite religiose attivissime in Carona e numerose
e antiche, sì che a buon diritto essi sono inclusi come un notevole elemento di comprensione
della vita comunale. Con lodevole intento conservativo, il Municipio ha permesso che
l’archivio comunale storico provvedesse alla rilegatura di tutti questi importanti documenti,
così come alla conservazione in scatole speciali di tutte le molte carte – pergamenacee e
cartacee – che dopo accurata ricerca e solerte lavoro, formano oggi il prezioso possesso
dell’Archivio storico comunale.
In questo primo capitolo è stato usato un ordine strettamente cronologico, conveniente
all’argomento. Nei seguenti si è provveduto invece alla divisione in periodi: medievale,
ducale, svizzero (baliaggi), svizzero (comune) che corrispondono al più vasto tracciato della
storia cantonale. All’interno, questi periodi sono divisi a loro volta per materia in: a) atti della
storia comunale, b) cause e processi, c) atti privati, d) miscellanea, quest’ultima accettando
tutte le carte che meno facilmente corrispondono alle precedenti divisioni. Figurano in
seguito: L’elenco dei documenti originali che sono conservati nell’Archivio di Stato a
Bellinzona, l’elenco dei documenti di cui si ha notizia da fonti stampate e infine sono notati
quei documenti che, vuoi per l’incendio della casa comunale, vuoi per certa accidiosa incuria,
vuoi per certa errata gelosia conservativa, sono andati persi o mancano o non sono tuttora
ritornati all’Archivio storico comunale di Carona.
Nell’inventario non sono indicati particolarmente – se non per i cognomi illustri ripetuti per
secoli – le presenze degli artisti caronesi , che saranno oggetto di altro lavoro. Come già feci
per la “Guida illustrata di Carona” chiudo questa svelta presentazione con l’augurio che altri
siano dall’Inventario invogliati a studiare i molti appassionanti problemi che la storia di
Carona offre – studio utile a migliore comprensione della storia del Cantone attraverso quella
di uno dei suoi più illustri comuni.
E mi congedo ringraziando quanti hanno permesso il mio lavoro d’oggi: il Comune per la sua
fiducia, l’Archivio di Stato per la collaborazione precisa e illuminata, e, per l’aiuto e il
consiglio amichevole offerti : la Dr. Caterina Santoro di Milano, il Dr. Giuseppe Martinola,
Direttore del Bollettino Storico della Svizzera Italiana nel quale questo studio può apparire e
il paleografo Prof. Luciano Moroni Stampa.

Anna Maria Collovà Cotti.

41
CAPITOLO 1 – LIBRI DEL COMUNE.

- Fogli di libri di caneparia. 1423 – 1427.


- Foglio di libro del Comune. 1467.
- Statuti della Comunità1. 1470.
- Societatis corporis Christi liber. 1522 – 1599.
- Libro del magnifico consiglio. 1565 – 1627.
- Libro dei servitori del Comune. 1590.
- Lista delle sorelle viventi (libro di confraternita). 1611 – 1865.
- Lista dei fratelli viventi (libro di confraternita). 1614 – 1845.
- Libro dei servi del Comune. 1600 – 1602.
- Libro dei legati della Parrocchia. 1617 – 1683.
- Capitolato tra parroco e comune e liber mortuorum. 1626.
- Confraternita del S. S. Rosario. 1633.
- Libro dei servi del Comune. 1648.
- Libro delle ordinanze dei consoli. 1614 – 1620.
- Libro delle sentenze. 1630 – 1634.
- Libro delle vicinie e conti. 1643 – 1646.
- Libro dei servitori del comune. 1654 – 1658.
- Libro comunale dei pegni e delle vendite e difese. 1665.
- Banco di giustizia. 1676.
- Libro dei servitori del comune. 1628 – 1689.
- Legati di Santa Marta. 1689 – 1798.
- Registro delle assemblee. 1690.
- Lista dei legati perpetui. 1695.
- Jura statutaria sive decreta cum criminalia comunitatis luganensis. 1696.
- Libro dei servitori del comune. 1700.
- Libro dei servitori del comune. 1704 – 1711.
- Libro dei servitori del comune e fogli. 1711.
- Spese e entrate dell’oratorio d’Ongero. 1711 – 1740.
- Libro del magnifico consiglio. 1720.
- Libro delle risoluzioni comunali. 1727 – 1770.
- Libro delle confessioni. 1732 – 1834.
- Libro di giustizia. 1743.
- Libro dei servitori del comune. 1750 ca.
- Libro dei servitori del comune. 1753.
- Catasto. 1769.
1
Del libro degli statuti si conserva nell’archivio storico comunale una copia in volgare, non rilegata, del primo ‘500,
che non è mai stata pubblicata. Figura invece in Heusler, Abscheide, Neue Folge, XXXV, 449, la trascrizione di una
copia in latino oggi persa. Essa è ricordata da una memoria autografa di E. Motta che descrive tale copia. Essa era
rilegata con un atto notarile in pergamena, con copertura ad assicelle di legno. L’ultima pagina portava: “Presbiter
Salvator Petrinus hoc statutorum volumen transcriptis anno Domini 1750”. L’assicella portava: “Non per dormire
poteres / ad alta sedere sed per studere poteris / ad alta venire”. Una nota del Motta avverte che tale copia fu prestata
al Prof. Heusler di Basilea. Questi pubblicò il testo e rese il volume all’Archivio di stato di Bellinzona il 22.01.1889.
Tale copia è assente e già nel 1904 risultava introvabile. Dalla copia in volgare, presente in Archivio a Carona ha tratto
alcune note lo Schäfer, “Il sottoceneri nel Medioevo”. Il libro degli statuti è citato alle pagine 238, 258, 284, 285, 287.
Nell’opera citata dello Schäfer, oltre alle note sul libro degli statuti, sono citati altri atti riguardanti il periodo ducale di
Carona. Ne diamo l’elenco: pag. 129, 1422 – pag. 152, 275, 1423 – pag. 275, 1427 – pag. 286, 1427 – pag. 202, 237,
276, 1430 – pag. 200, 1435 – pag. 275, 1437 – pag. 58, 1451 – pag. 347 e seguenti, 1458 – pag. 24, 1475 – pag. 85,
1484 – pag. 193, 1489 – pag. 285, 1507.

42
- Libro della vicinanza. 1771 – 1805.
- Stato della popolazione. 1770 – 1830.
- Libro della caneparia. 1774.
- Libro delle curatele e udienze e cassa dei poveri. 1797 – 1834.
- Registro delle sentenze e appelli ai consoli. 1637 – 1641.
- Nuova aggiunta al catasto. 1798 – 1848.
- Libro del catasto, probabilmente fine 1700.
- Tavole del catasto, probabilmente fine 1700.
- Catasto, probabilmente fine 1700.
- Stabili del Comune. 1780.
- Libro spese e ricavata. 1814.
- Estimi. 1800 –1815 ca.
- Estimi (incompleto). 1800 ca.
- “Memoria delle lettere che si ricorre e decreti”. 1834 –1891.
- Libro dei debiti e dei crediti. 1836.
- Libro del catasto con memoria del 1815. 1838 e seguenti.
- Catasto nuovo. 1845.
- Libro degli incanti. 1847.
- Estimi. 1845.
- Registro entrate e uscite. 1851.
- Libro delle tassazioni. 1856.
- Libro delle tassazioni. 1860.
- Protocollo delle assemblee. 1876.

Carona – Chiesa Parrocchiale dei SS. Giorgio e Andrea, 1427.

43
CAPITOLO 2 – CARONA MEDIEVALE.

Carona è paese antico in cui, continuamente, dietro le linee sobrie del rinascimento, si
affacciano e si affermano elementi medievali sì che nello sfogliare le carte l’occhio corre a
cercare date e fatti di un Medioevo elusivamente presente. Nella accuratissima veste
tipografica del “Codex” di Moroni Stampa si offre la “Cartola venditionis” del 926: Atto di
vendita tra privati dai nomi latinamente sonanti (Lorenzo, figlio di Lorenzo) o longobardi
(Audino, figlio di Lupo). Ben prima del X.o secolo dunque il paese è sorto e si è formato nella
ferace zona di viti e di castagni a ridosso del monte, aperto al lago. Quando, non è dato
indicarlo; come, nemmeno. Ma certo dalla pazienza attenta di chi lavora e intanto si lega a un
paesaggio stupendo e ne toglie, a poco a poco, sostanza di vita comune è nato un paese a
gruppi di case strette fra loro un po’ a balzelloni, lì sui pendii al sole.
Nel secolo X.o la forza decentratrice della feudalità ha vinto quella centralizzatrice
dell’impero carolingio che si è spezzato in più stati, dalla forma mutevole secondo i legami
occasionati dalle alleanze e dal vario gioco politico. Fra questi, dal frantumarsi della
Lotaringia imperiale, feudi grandi e piccoli e regni e il Regno di Borgogna al cui sovrano
Rodolfo II è intitolata la Cartola venditionis caronese. In essa particolarmente va notato che la
proprietà venduta, pur sempre libera da ogni servitù e aggravio, è però ancora sottoposta al
forigango dominico: sopravvivenza giuridica degna di menzione. Poi si può solo immaginare
il paese crescere lentamente intorno a quel centro che oggi le case Andreoli, già Solari,
rappresentano chiaramente con eleganti monofore e le bifore alte su una facciata che sembra
ricordare tempi bui di lotta. Passano gli imperatori germanici a poca distanza: il rosso
Federico scende a lottare contro i comuni lombardi e più tardi ancora la guerra gira tra le
contrade lombarde: fazioni, leghe e nel Milanese le sorde e violente ostilità tra la Motta e la
Credenza. Le terre nostre partecipano certo a tutto questo; e forse lassù in cima, nella serena
conca dell’Arbostora, anche Carona vede passare armati. Sulle terre ticinesi stende intanto il
suo imperio – dal sud salendo lento e deciso – il vescovado comasco che spossessa quello
milanese. Se le tre valli rimangono ai canonici del Duomo e la Capriasca è oggetto di tardo
scambio (1197), se Locarno e Bellinzona restano sempre in bilico (e invece per Locarno ha
parola il vescovado di Novara), le terre del Luganese e del Mendrisiotto dopo il XII.o secolo
sono certo tutte comasche. Comasche e pacifiche, comasche e riposanti pur nell’agitarsi
dell’evo. Ben lo sa il Vescovo Guglielmo della Torre quando nel 1213 – “per aver luogo di
riposo, fra le cure della diocesi” – viene a far costruire Torello, limpido monumento romanico
cui sulla facciata imprime la sua effigie, in piedi, benedicente. Quando nel 1217 mons.
Guglielmo muore, ha poco goduto da vivo la quiete del monastero e quasi a compenso chiede
di esservi sepolto. Ma l’ha dotato riccamente di beni della Mensa Vescovile e, compiuto il
servizio imposto dalla stretta regola (distolta da quella degli Umiliati), ai monaci resta un gran
lavoro di agricoltura e la raccolta è abbondante – maggiorata da decime che si vengono
acquistando fino a Carabbia o nel piano Scairolo o finanche a Bioggio, altro territorio iscritto
questo non sotto Carona ma sotto la Corte Regia di Agno in cui sono i beni.
Chi dice raccolto dice magazzino e uno i monaci ne costruirono in una terra acquistata quasi
subito, che dai loro granai proprio ha nome: La Grancia.
Dalle carte dei Padri Somaschi, eredi della prepositura di Torello nel 1572 e oggi conservate
in Archivio di Stato, esce la storia del convento fino a tutto il XIV.o secolo, poi l’Archivio
storico comunale continua a fornire dati.

44
A questo fondo notevole – e in perfetto stato di conservazione – vanno aggiunte le carte
trascritte dal Prof. Luigi Brentani1.
Infine per il XIII.o e XIV.o secolo vanno tenute presenti le registrazioni dello Schäfer.
In nota di chiusura va aggiunto che già nel XIV.o secolo è fitta l’emigrazione dei Caronesi
verso i centri lombardi (e forse altrove, ma non esistono documenti a comprova) e già di
qualità notevole se, sulla fine del 1300, gli archivi della fabbrica del Duomo di Milano danno
tra i molteplici nomi d’artisti quelli di più ingegneri caronesi, e di una fitta maestranza. Nulla
del periodo medievale resta oggi nell’archivio di Carona: è necessario, dunque, rintracciare
tali documenti presso i vari archivi che per ragioni storiche sono quelli da cui procede ogni
studio del nostro paese. Sotto l’indicazione del luogo vengono gli elenchi delle carte con
l’indicazione di collocazione, qui nell’inventario inseriti, capitolo per capitolo, entro il limite
cronologico stabilito nella premessa. Avvertiamo inoltre che in Archivio a Carona sono
conservate invece le fotocopie di tali documenti affinché la consultazione in loco, oltre che
più completa, sia più agevole. Gli originali sono in Archivio di Stato, Bellinzona, Scatola n.
208 Torello (12 carte relative ai beni posseduti o comperati dal Monastero di Torello);
Archivio di Stato, Como, Archivio Vescovile, Como.

Carona – Loggia Comunale.

1
Per una più agevole consultazione delle pergamene riguardanti il medioevo caronese diamo elenco di quanto è
pubblicato nel “Codice diplomatico ticinese” di Luigi Brentani, con la data delle pergamene in ordine cronologico.
CDT I, pag. 71, 14.09.1261; CDT I, pag. 75, 01.04.1264; CDT I, pag. 127, 14.05.1280; CDT I, pagg. 149 – 153,
07.05.1298; CDT I, pag. 162, 29.12.1300; CDT I, pag. 200, 1335 Codice delle misure di Como. CDT IV, pag. 117,
20.12.1335. Nella stessa opera si trovano altre notizie riguardanti Carona e il suo circondario.
CDT I, pagg. 210, 211. CDT II. Pag. 83. CDT I, pag. 201.
Sempre sul medioevo caronese, alcune note sono presenti nello Schäfer. Particolarmente importante la trascrizione
dell’atto di vendita del San Salvatore, oggi mancante.

45
ARCHIVIO CANTONALE – BELLINZONA.

FONDO PERGAMENE – TORELLO, SCATOLA N. 8.

13. 09. 1261 Atto di vendita: Petracius Guidonis vende al preposito di Torello terreni in
Bioggio.
29. 12. 1301 Il preposito di Torello fa livello a Guglielmo detto Fusale di Viganello di
beni siti in Bioggio.
29. 07. 1309 Il preposito di Torello fa livello a Enrico de Doneda di beni siti in Bioggio.
E’ il primo atto noto in cui compare il luogo La Grancia come dipendenza
del monastero.
01. 12. 1315 Atto di vendita con approvazione e concessione vescovile sempre per beni
del monastero di Torello, E’ il più antico atto oggi noto in cui compaiono
nomi di famiglie caronesi.
22. 01. 1431 Livello e confesso, dal procuratore di Torello al Castellano di Morcote, di
beni in Bioggio.
10. 09. 1435 Esposto a proposito di molestie che i fittanti di Torello hanno subito
dall’esattore del vescovo di Como.
10. 04. 1460 Atto di vendita tra Bertramino di Sessa e il preposito di Torello per beni siti
in Caslano.
16. 08. 1460 Atto di vendita tra certi di Carabbia e il preposito di Torello, per beni siti a
Carabbia.
26. 06. 1465 Investitura a Lanfrancolo de Botis di Breno di vari beni in territorio di
Magliaso.
03. 01. 1474 Confesso riguardo alla decima di Cabbio, Bruzella, Monte e Muggio dovuta
al monastero di Torello.
18. 06. 1515 Sentenza di G. Gold di Zurigo, capitano di Lugano per questioni di
investiture livellarie su beni del Monastero di Torello.
Dicembre 1520 Livello a Carlo de Fagnano per beni del Monastero di Torello giacenti in
Pura.
01. 02. 1526 Confesso fatto dal preposito di Torello per ricevuta della decima del
Comune di Bruzella.
17. 05. 1533 Livello ai sindaci di Morcote di una casa in Morcote appartenente al
Monastero di Torello.
02. 11. 1537 Livello a Giacomo da Vezio e Cristoforo da Caslano di un prato con viti e
alberi da frutto appartenente al Monastero di Torello.
27. 04. 1540 Carlo da Fagnano fa confesso al canepario Giorgio fu Giovanni di Aprile di
Carona della decima che Carona deve al Monastero di Torello.

46
CAPITOLO 3 – CARONA DUCALE ( 1414 – 1512 ).

Si apre il periodo illustre e maggiormente documentato della storia caronese. Ma vale una
precisazione: già dalla fine del XIII.o secolo si è affermata la dominazione territoriale
milanese sulle terre ticinesi a coprire quelle diverse appartenenze diocesane che abbiamo
detto. Terre di confine le nostre, chiavi dei passi alpini già in epoca romana se per le nostre
contrade corse una delle strade che sale al Lucomagno e se da Bellinzona “huius
mediolanensis urbis castrum” (Gregorio da Tours: Historia Francorum) sono passati e Goti e
Longobardi e Franchi. E dunque terre da assicurarsi subito e il meglio possibile, magari
concedendo franchigie che, per via d’interesse, rinsaldino la fedeltà morale. Così come nel
medioevo alto, nel pieno di esso, Milano ha saputo la necessità di garantire ai suoi traffici
sicure strade verso il Nord: quelle che passano per il nostro paese sono tra le migliori. Perciò
sale ben presto a dominare tutto il versante sud delle alpi, e lì si ferma. La lezione politica
dell’odiato Barbarossa sembra non sia stata intesa: eppure Federico sapeva che entrambi i
versanti di un passo vanno posseduti per potersi tenere garantiti. E forse questa è l’idea prima
che informa – abile e lungimirante, pur tra le inaudite crudeltà – certa politica Italiana dello
Svevo. Ma almeno fino al piede delle alpi Milano arriva. E a mezzo del XIII.o secolo le terre
ticinesi sono milanesi; e poi legate al vicariato imperiale dei Visconti. Ma se tanto è per la
storia cantonale, per quella caronese ci piace meglio fare iniziare la storia Ducale di Carona
da quei primi anni di lotta necessari a Filippo Maria per assestarsi solidamente padrone e
signore del dominio. Non per comodità di data ma quasi a rendere omaggio, attraverso le carte
che sono storia loro, a quei caronesi che in simili “tempi di perturbazione” decisero di
mettersi a capo della fazione viscontea insieme con Morcote e Sonvico. Nella fedeltà
senz’ombra e nel riconoscimento ducale non mai smentito, ci pare di riscontrare un inizio
aderente a questo brillante periodo. In ognuno dei caronesi, sia esso in paese o per il ducato a
operare o all’estero a illustrarsi con edifici e pitture, c’è fisso il pensiero della soave terra: e
“ad augendum territorium” lavorano tutti e magari pagano con la vita l’attaccamento ai
Visconti. Forse non scevra da calcolo di interesse, questa devozione frutta al comune l’arma e
l’insegna e poi privilegi, esenzioni e maggiori diritti che ne fanno certo una terra particolare,
quasi da comparare a Morcote che, sede di un castello forte a guardia del lago, è in partenza in
miglior posizione. Cade qui, alla luce di uno spoglio completo dell’archivio storico comunale,
di indicare che Carona possiede, già documentati dal XIV.o secolo, alcuni cespiti familiari:
De Bono, Piracurte, Adami, Aprile, Scala, Casella, Solari. Sono tra questi i cognomi di quei
soldati che perdono la vita per far trionfare la causa viscontea: a loro viene dato un certo
numero di privilegi (prima l’arma familiare, poi particolari esenzioni che le famiglie
avocheranno a sé nei secoli seguenti: e anche quando certi cespiti scompariranno, gli altri li
conserveranno difendendoli con ostinata certezza del proprio diritto). Tre sorte di privilegi
sono dunque presenti nella terra caronese:
1) Quelli di arma e insegna (comunale e singolarmente quelli delle varie famiglie).
2) Quelli di esenzione fiscale al comune.
3) Quelli di esenzione fiscale che, per esser dati ai capifamiglia che allora costituiscono
collettivamente gli “homines” di Carona, sono dalle famiglie stesse mantenuti più tardi in
proprio.
E poiché essi erano concessi in perpetuo, le famiglie caronesi (o tutte quelle che rimangono
vive nel comune) ne fanno stato anche quando l’autorità che li emanò è decaduta
politicamente, anche sotto gli Svizzeri, anche all’estero, sotto altre autorità. Pagati con la vita
i privilegi han da valere tutta la vita, allungando i termini di questa a un concetto estremo – e
tanto tipico del paese ancor oggi- di vita personale fusa in quella della famiglia.

47
“Pro Charona ad augendum” per tutto il XV.o secolo sembra restare – ormai fissato per la
nostra indagine sulle carte – questo, e non altro, il motto dei caronesi del periodo ducale.

ELENCO CRONOLOGICO DEI REGESTI.

13. 01. 1414 Milano – Lettera patente di Filippo Maria per la concessione di arma e
insegna per la fedeltà dimostrata dagli uomini del comune.
10. 08. 1423 Carona – Verbale d’assemblea della vicinia, per il pagamento delle decime
comunali, il giorno di San Martino, al Capitolo di San Lorenzo.
20. 05. 1427 Como – Atto della curia per la separazione parrocchiale: riporta la bolla
minore di introduzione per istruire la separazione concessa da Papa Martino
V nel 1425. (Questa bolla è assente e non è notificata nemmeno a Roma né
all’archivio vaticano, né in quello di Stato).
20. 01. 1428 Carona – Atto relativo alla separazione parrocchiale. Riporta la bolla di
Martino V del 1425.
20. 01. 1428 Carona – Liste di pagamenti in denaro ed in natura, per servizio del comune.
Contiene moltissimi cognomi degli abitanti del comune dell’epoca.
28. 01. 1429 Como – Riporta la sentenza letta a Como al 1428 dicembre 27, rogata dal
notaio Jacopo de Bossis. In essa per la vicinia è presente Pietro Solari. Vi si
stabilisce l’erezione a parrocchia autonoma. Notai: Giorgio de Blanachis e
Abbondio de Zobiis.
08. 03. 1430 Roma – Lettera bollata di Martino V per l’erezione a parrocchia autonoma
sotto la direzione della plebania di San Lorenzo.
18. 03. 1430 Como – Riporta per esteso una bolla minore, precedente ancora quella citata
nel documento del 1427, e ripete lo svolgimento della causa per la
separazione parrocchiale riassumendola. “Actum in Archiepali Audentia in
campo s.co eccl. M.lani”. Sulla stessa carta segue un atto.
08. 04. 1430 Atto di cui sopra, rogato in Como da Mafiolus de Gichis, come il precedente
di conferma della separazione.
14. 01. 1432 Carona – Verbale dell’assemblea della vicinia: elezione a curato di
Andreolo da Cabiallo. Vengono stipulati gli oneri di lui verso la parrocchia
e viceversa.
18. 01. 1432 Como – Atto della curia vescovile comasca per ratifica del precedente. Con
sigillo pendente rotto.
10. 04. 1432 Melide – Verbale dell’assemblea della vicinia. Sono congregati uomini e
nobili della vicini di Carona, Ciona e Melide. E’ l’unico atto del XV.o
secolo in cui sono notati per esistenti dei nobili nella comunità.
10. 02. 1435 Carona – Verbale dell’assemblea della vicinia: elezione di 4 rappresentanti
per l’estimo dei beni degli eredi di Comolo de Casella. Sono notificati i
nomi dei vicini di Carona e Ciona. Notaio: Jacobus de Salvi da Melide.
25. 01. 1437 Carona – Verbale dell’assemblea della vicinia: nomina di estimatori.
02. 03. 1437 Carona – Verbale dell’assemblea della vicinia: nomina di estimatori dei beni
di tre defunti. Sono scelti 5 tra i migliori e più degni di cui non viene fatto il
nome.

48
18. 03. 1451 Carona – Verbale dell’assemblea della vicinia. E’ tenuta “in domo ipsius
communis sita juxta ecclesia Sancti Georgi”. Vi appare la prima menzione
della loggia comunale. Comporta l’elenco delle prebende e doveri
del curato.
29. 03. 1451 Carona – Verbale dell’assemblea della vicinia: nomina di estimatori
e funzionari.
18. 02. 1452 Carona – Verbale dell’assemblea della vicinia: nomina di estimatori
e funzionari.
08. 03. 1458 Lugano – Lettera patente di Barnabò e Ugo Sanseverino, signori di Val
Lugano, che confermano l’unione tra i comuni di Carona e Ciona e quelli di
Morcote e Vico Morcote come stabilito nei capitoli conclusi tra i detti
comuni. I Sanseverino ripetono la conferma e la camera ducale approva.
(Si noti che la lettera esce dalla cancelleria luganese dei Sanseverino).
27. 11. 1458 Milano – Atto notarile che riporta la lettera di conferma del capitolo
di unione tra Carona e Morcote e il benestare ducale.
18. 01. 1462 Lugano – Lettera patente dei Sanseverino, signori di Val Lugano, che
concede il privilegio di condono del censo annuo di 50 fiorini d’oro
ai comuni di Carona, Ciona, Morcote e Vico Morcote, in perpetuo.
27. 11. 1464 Milano – Lettera patente di Francesco Sforza che conferma i privilegi; con
le armi viscontee all’inquartato del biscione con l’ingollante e all’aquila
imperiale su teca bronzea con due imprese incise. La teca in bronzo dorato
è di finissimo lavoro.
15. 02. 1467 Milano – Lettera patente di Bianca Maria e Galeazzo Maria Sforza che
conferma genericamente, riassumendoli, i privilegi caronesi. Si noti la teca
di bronzo dorato con il sigillo di Stato.
24. 07. 1467 Milano – I maestri delle ducali entrate straordinarie non confermano le
lettere patenti del 1462, mentre confermano i privilegi di esenzione fiscale a
Carona.
15. 02. 1472 Pavia – Lettera patente con la quale il duca Gian Galeazzo conferma i
privilegi e la concessione dell’arma. Sulla plica, l’arma comunale a colori.
10. 02. 1477 Milano – Lettera patente di Bona e Gian Galeazzo Sforza che conferma,
riassumendoli, i privilegi precedenti sia ducali che sanseverineschi.
26. 04. 1480 Milano – Lettera patente con la quale Roberto d’Aragona di Sanseverino,
signore di Val Lugano, a istanza del comune, conferma i privilegi anteriori
riassumendoli.
12. 02. 1482 Milano – Lettera patente del duca Gian Galeazzo Maria Sforza con la quale
ripete la conferma dei privilegi.
09. 02. 1483 Milano – Lettera patente del Cardinale Ascanio Sforza Visconti con la quale
vengono confermati i privilegi.
12. 02. 1491 Carona – Atto notarile per una vendita di beni Solari.
18. 02. 1493 Milano – Lettera patente di Ludovico il Moro con la quale riconferma
i privilegi, riassumendoli.
24. 03. 1501 Milano – Lettera patente con la quale Luigi XII di Francia, come duca di
Milano, conferma i privilegi caronesi genericamente. Con sigillo pendente
da cordicella bicolore, in parte rotto, raffigurante S. Luigi in piedi.
Ve. 20. 1506 Verbale dell’assemblea della vicinia.
04. 01. 1507 Verbale dell’assemblea della vicinia.
09. 03. 1468 Lugano – Causa per il dazio sul pane di frumento. Causa Carona contro
Lugano. La stessa è risolta in favore di Carona.

49
1467 gennaio, venerdì – a); gennaio 20, sabato – b); gennaio 26, venerdì – c);
gennaio 26, venerdì – d). Causa tra Carona e La Grancia per la
manutenzione delle strade. A) esposto, b) notifica, c) sentenza, d) copia
della sentenza in volgare. La causa è risolta in favore di Carona.
1506 Como – Sentenza lata a Como per un Casella. Roga Raphael de Comis.
09. 03. 1506 Carona – Copia di sentenza. Giovan Battista Casella contro il comune.
1506 Lugano – Sentenza del capitano di Lugano, G. de Castilliono per la causa di
Giovan Battista Casella contro il comune di Carona. Roga Bernardino de
Ossuti di Lugano.
1506 Lodo arbitrale su un fondamento di diritto con acclusi due fogli sullo stesso
argomento (trascrizione in volgare). Si tratta della causa di Giovan Battista
Casella contro il comune di Carona.
13. 03. 1506 Lugano – Causa di Giovan Battista Casella di Giorgio contro il comune di
Carona, essendo console Giovan Battista Casella, di Giovan Antonio. Roga
un notaio Somazzi.
1506 Una supplica a); più una lettera b); più altre carte sull’argomento c).
a) Il capitano di Lugano alla camera regia ducale.
b) Al capitano di Lugano per la stessa causa. E’ la supplica di G. B. Casella
che, tramite il capitano di Lugano, presenta le proprie ragioni.
c) 4 copie di cancelleria di atti relativi alla stessa causa; supplica non datata per
l’esposizione da una delle due parti delle proprie ragioni.
21. 08. 1506 Milano – Udienza pubblica per la causa del Casella.
14. 01. 1448 Carona – Contratto dotale Aprile – Solari.
25. 01. 1453 Mascaranico (Val Chiavenna) – Atto notarile per una vendita di beni
posseduti da alcuni caronesi.
10. 04. 1470 Carona – Atto notarile per una vendita di beni Aprile.
05. 02. 1483 Atto notarile doppio per una vendita di beni tra Rusconi e Casella.
12. 09. 1485 Carona – Testamento di Tommaso Casella. Roga Guglielmo del Masa.
12. 02. 1491 Carona – Atto notarile per una vendita di beni Solari.
19. 11. 1496 Carona – Testamento di Bertino Casella.
27. 04. 1504 Atto notarile – sciupato.
11. 1506 Sindacato per un estimo.
1506 / 1511 Causa di Giovan Battista Casella contro Ursina Casella sua sorella. Duca
regnante: Luigi XII re di Francia. Si tratta di 10 carte riunite tutte sullo
stesso argomento1.
06. 06. 1508 Atto notarile (sciupato). Roga Albertus de Caxella.

1
Nel “Codice Diplomatico Ticinese” del Brentani sono pubblicate le seguenti carte sul periodo ducale caronese,
indicate per volume e pagina. CDT IV, pagg. 96 e 97. CDT IV, pag. 116. CDT IV, pag. 186.

50
CAPITOLO 4 – CARONA BALIAGGIO SVIZZERO.

“[ … ] Promessa dal futuro Luigi XII ai confederati nel 1495 e nel 1499 per averne aiuto
contro il duca di Milano, Val Lugano fu, dopo alterne vicissitudini, definitivamente occupata
nel Giugno 1512; il duca Massimiliano Sforza rinunciò il possesso ai confederati il 28
settembre, e il 26 gennaio 1513 il castello di Lugano, venne occupato anch’esso. La pace
perpetua del 1516 confermò tale occupazione. Dopo la conquista svizzera, Lugano e la sua
Valle vennero a dipendere dai 12 Cantoni, e vennero divisi in quattro pievi con due reggenti
ognuna e un piccolo parlamento. Il baliaggio contava inoltre i comuni separati di Morcote,
Vico, Carona, Sonvico, Monteggio, Ponte Capriasca, Vezia, Carabietta, Ponte Tresa e
Magliaso. Genericamente parlando, i cantoni, avevano lasciato alla popolazione i suoi antichi
privilegi, contenuti negli statuti [ … ]”, dal “Dictionnaire Biographique et Historique de la
Suisse”, vol. 6, pagg. 491 e 492. Ma tale concessione non avvenne senza questioni: la storia di
Carona come baliaggio svizzero è la storia delle cause che la comunità privilegiata sostenne,
sia sola, sia unita alle altre comunità dette più sopra e ugualmente privilegiate, per non cedere
nessuno dei suoi antichi diritti. Quando essi vennero limitati, si trattò sempre di questioni
fiscali e, tali limitazioni, concludono cause annose, che per un centinaio di anni talvolta
Carona ripresenta ostinatamente. In questo sforzo, si esaurisce quasi la vita comunale di questi
secoli: e, quasi null’altro sia più possibile fare, la vita interna ristagna, cede l’impeto della
migrazione artistica. Il paese sembra sonnolento: chiuso tra la lotta per i privilegi e le
necessità di migrare per guadagnare, si restringe in sé, forse, conservandosi così più integro e
intatto nella stesura architettonica antica, e mantenendo le tradizioni e le forme, quasi a
documentare a se stesso l’antica tradizione di gloria.

1513 Pergamena in tedesco dei XII Cantoni che conferma i privilegi caronesi dai
Landfogti.
17. 05. 1519 Giuseppe Salla di Lugano quondam Aloysio salda il conto di 3 anni e mezzo
per la buona memoria di suo fratello prete, Don Giovanni Giacomo Salla ,
vice parroco di Carona.
04. 1519 Ultimo sabato del mese. Lugano – Atti per la causa per la chiesa del San
Salvatore.
1547 Abschiede (divisione) della Dieta fatta in Baden il giorno di Santa Caterina
del 1547: vi si tratta dei privilegi caronesi.
19. 07. 1575 Atto per la causa tra la comunità di Val Lugano e le terre privilegiate di
Carona, Sonvico, Ponte Capriasca, Ponte Tresa e Monteggio. Notevoli i
nomi dei delegati e testi.
10. 02. 1534 Ricevuta di Giovan Antonio de Quadrio a Francesco della Scala, canepario
del comune.
15. 06. 1538 Conto dei fabbriceri della chiesa.
06. 07. 1545 Conferma dagli ambasciatori dei XII Cantoni dei privilegi, statuti e regole.
06. 07. 1546 Conferma dagli ambasciatori dei XII Cantoni dei privilegi, statuti e regole.
02. 1548 Conferma dagli ambasciatori dei XII Cantoni dei privilegi, statuti e regole.
01. 03. 1548 Conferma dagli ambasciatori dei XII Cantoni dei privilegi, statuti e regole.
16. 07. 1566 Conferma dagli ambasciatori dei XII Cantoni dei privilegi, statuti e regole.

51
08. 08. 1547 Atto notarile per una cessione di beni.
28. 12. 1547 Atto in tedesco introdotto dai landscriba giurati dei XII Cantoni per la
conferma dei privilegi del Santo Patrono ligneo.
05. 07. 1547 Il landscriba giurato introduce la sentenza di riconferma dei privilegi.
02. 1548 Atto in tedesco.
1548 Atto dei landscriba intorno ai privilegi caronesi.
21. 01. 1574 Assemblea della vicinia per la lettura degli atti per la causa del San
Salvatore.
1590 Atto notarile riguardante i privilegi caronesi.
26. 11. 1620 Conti di pagamento del comune a messi mandati a congregare il Consiglio;
6 fogli.
1620 / 1621 Pagine staccate di un libro dei servitori del Comune.
25. 07. 1631 Assemblea della vicinia di Ponte Capriasca (vedi azione comune delle terre
privilegiate) con un atto sullo stesso argomento e con due atti sulle stesse.
07. 08. 1631 Lugano – Per le terre separate di Sonvico, Ponte Tresa, Ponte Capriasca,
Carona e Monteggio. Roga Francesco de Domomagna. Con sigillo aderente
e sotto autentica notarile del 21 gennaio 1632, di Jo Paolo Canevali per gli
Abati del venerabile collegio, con sigillo aderente “Lugani + Abbatum”.
08. 1632 Riva – Risposta della pieve di Riva S. Vitale per la questione delle terre
separate.
08. 01. 1632 Per i privilegi: lettera del Comune di Carona per una causa istituita a difesa
dei propri privilegi.
27. 06. 1640 Due mandati di comparizione al Comune di Carona e 4 Luglio per una causa
con il preposito di S. Antonio di Lugano e di Torello.
08. 07. 1642 Il canepario di Lugano, Quadri, stabilisce che il Comune di Carona è libero
dalla taglia pagata dalle comunità di Val Lugano. Roga Pompeo Salvi di
Morcote.
17. 08. 1660 Per l’extraterritorialità dei privilegi dati alle 4 famiglie caronesi superstiti
e viventi.
17. 05. 1660 Per l’azione separate di Carona, Morcote, Vico, Ponte Tresa, Ponte
Capriasca, Sonvico, Monteggio e Vezia.
07. 03. 1664 La comunità accusa i consoli in carica e li dimette per non aver fatto
il loro dovere.
27. 08. 1669 Per i privilegi sugli estimi e le tasse.
05. 09. 1675 Roma – A. Scotto informa Francesco Aprile cancelliere della comunità di
Carona dell’invio di un atto in latino.
23. 08. 1667 Atto notarile relativo agli estimi. Si noti il sigillo aderente perfetto della
cancelleria di Lugano.
31.08.1694 Gli ambasciatori dei XII Cantoni, udito il parere del procuratore Giovanni
Battista Somazzo e dei consoli di Carona, lasciano continuare la terra di
Carona nel suo antico costume “ di far veto, dimandar pegno et far
esenzioni per mezzo delle loro servitrici”, e ciò avendo esaminato “li loro
antichi libri e protocolli insieme d’altre scritture vecchie”. Perciò ordinano
che “in ogni tempo venturo mantenghino e proteghino la sopradetta terra
[ … ] in tale antico solito et continuato quieto possesso”.
01. 1696 Un foglio volante dei servitori del comune.
02. 03. 1734 Carona – Atto comunale per il pagamento di una polizza con rinnovi
posteriori fino al 1807.
23. 03. 1735 Lugano – Arbitrato delle spese fatte per sostenere il privilegio
di giudicatura.
30. 05. 1776 Carona – Memoria di un appello emessa per gli estimi del 1664.

52
04. 05. 1789 Sentenza di liberazione a favore della comunità di Carona.

07. 03. 1567


25. 01. 1597
13. 03. 1540 Lugano – In contrada di Carona. Il capitano di Lugano Giovan Escher
da Turego, per la causa tra il Comune di Barbengo e Giorgio Antonio
di Cipriano, abitante in piano Scairolo, causa le bestie di detto Casella.
1556 Ultimo di gennaio. Lugano – In contrada di Carona. Atto della causa tra
il comune di Carona e un Casella.
04. 02. 1556 Atto per la causa di Giacomo Casella contro il comune.
10. 05. 1572 Due scritture della lite innovata per il Monte San Salvatore contro Melide e
Carabbia.
1573 Ultimo martedì di giugno. Sentenza nella causa tra Lugano e Carona per i
diritti di terratico ed altri sul Monte San Salvatore. Doppio tabellionato:
Jo Petr. Rusca e Ant. Jopias.
1573 Ultimo martedì di marzo. Verbale di assemblea della vicinia per la causa tra
Lugano e Carona a proposito del monte San Salvatore, contenente
moltissimi cognomi.
1574 Ultimo giovedì di settembre. Il Consiglio del Borgo di Lugano – sono
notificati i cognomi dei rappresentanti – è convocato per la causa tra il
Comune di Lugano e Battista di Annibale Casella e Sebastiano di Giorgio
Casella
per i diritti sul monte San Salvatore.
12. 1597 Sentenza del capitano di Lugano per una causa in cui figura
Antonio Lamberti de Carona.
04. 08. 1601 Lugano – Lo scriba di Lugano arbitra nella causa tra Morcote e Vico
Morcote da una parte e i Comuni di Carona, Sonvico, Ponte Capriasca,
Ponte Tresa e Monteggio dall’altra.
17. 02. 1609 Aloisio quondam Jacobi de Vancello della Grancia per sé e per i suoi
famigliari ratifica e approva un sindacato per la causa per le strade avuta
con Carona. 4 atti legati.
11. 02. 1630 Il capitano di Lugano per una causa riguardo a certi beni confiscati della
eredità di Battista Solari detto “Calloni” di Carona.
04. 11. 1630 Lugano – Atto stabilito davanti al luogotenente per la causa tra Giovanni
Pietro Scala e Bartolomeo Lobia da Bissone.
14. 01. 1632 Lugano – Atto per la causa tra Bernardino Casella e la Comunità di Carona.
06. 06. 1646 Lugano – Atto notarile per una causa con un Lucchesi di Pambio.
08. 08. 1647 Approvato per una causa.
1665 Gli ambasciatori dei XII Cantoni esaminano la causa tra Gio. Batt. Casella e
Giacinto Solaro, come consoli di Carona, e Gio. Ant. Casella di Cesarino
contro i deputati di Lugano. Poiché per i privilegi ottenuti “li beni tanto
situati tra li confini del loro territorio quanto qualmente altri beni situati
fuori delli detti confini” non sono tenuti a pagare le taglie – come da
conferma del 1548 – si conclude e si stabilisce che non si paghino taglie per
tutti i beni acquistati prima del 1660.

53
13. 08. 1672 Lugano – Actum in contrata Carona. Roga Bartolomeo Adamino per la
causa riguardo le strade tra Carona e Barbengo: tocca a quelli di Barbengo
accomodarla in modo da passare a piedi e a cavallo.
30. 03. 1675 Per la causa del Comune contro i Casella.
18. 08. 1677 Lugano – Due atti in copia per la causa tra Carona e Lugano in quanto
agli estimi.
31. 10. 1692 Lugano – Roga Antonio Casella. A proposito di una lite non citata (lites et
causas tam notas) tra Giov. Batt. Casella e Carlo Francesco Scala, assente.
27. 01. 1746 Carona – Parere per la causa del molino.

07. 09. 1530 Testamento di Battistina de Casella, di Carona. Tra i testi di Carona
figurano i noti cognomi cui si aggiunge un De Orlando.
16. 02. 1542 Atto notarile in lingua tedesca.
1556 s.d. Sentenza per una vendita alla presenza del Capitano di Lugano.
24. 02. 1565 Ricevuta di Giovan Michele Casella al console del Comune.
25. 11. 1580 Causa per un testamento impugnato. Battista Solari di Ghirla lascia erede
Margherita sua figlia, sposa a Giorgio de Piracorte e i fratelli si oppongono.
12. 09. 1592 Lugano – Il capitano di Lugano è venuto a sapere che Giorgio di Martino
del Sasso di Cevio ha detto con un convallerano che, siccome il parroco di
Carona, Matteo del Galeazzo di Canobbio, lo odia, egli lo avvelenerà.
Perciò diffida il valmaggese dal mettere in atto tale proposito.
15. 03. 1597 Atto riguardante una vendita di bestiame, con i nomi dei testimoni.
17. 07. 1604 Cadepiano – Testamento di Francesco Casella di Barbengo. (V. Gilardoni).
18. 02. 1605 Carona – Atto notarile per una vendita. Roga Jo Pietro Scala
di Vico Morcote.
08. 02. 1608 Atto notarile. Roga Antonio Salvi de Morcote.
19. 03. 1612 Dichiarazione d’essere stato teste al testamento di Giulia Basino, fatta da
Pietro Solaro, contro gli atti per la causa di Domenica Basino contro la
chiesa di San Giorgio. Roga Jo Petrus Scala de Vico.
28. 11. 1622 Testamento di Maddalena dell’Orso (Vallemaggia, Virgilio Gilardoni).
06. 03. 1624 Testamento di Bartolomeo quondam Pietro Solari.
01. 02. 1626 Carona – Giorgio Scala, con i fratelli e i figlioli di Giovan Battista Scala, si
riconosce debitore di Diego Maderno de Lugano.
27. 02. 1627 Carona – Atto di vendita. Roga Giovanni Antonio Solari di Morcote.
24. 07. 1627 Investitura di Giov. Batt. Casella di Bernardo da Carona di un feudo legale.
26. 11. 1629 Lugano – Atto notarile riguardante G. B. Casella.
19. 01. 1632 Carona – Dalle imbreviature notarili del rogante per un debito non risolto.
Roga Paolo Canevali.
10. 03. 1634 Ricevuta di debito di Giacomo Solari.
31. 10. 1636 Don Aloisio Morosini, canonico e vicario foraneo, statuisce per l’istanza
di Giov. Batt. Casella sul giuspatronato attivo della cappella
della Beata Vergine.
12. 11. 1639 Lugano – Per un’esenzione fiscale basata sui privilegi posseduti
dai rappresentanti di Bernardus Casilinus de Carona.
30. 01. 1646 Testamento di Daniele Casella rogato in Genova da Gerolamo Castagnero,
notaio. Il documento è importante per le indicazioni di lavori eseguiti e di
proprietà del possidente.

54
30. 01. 1646 Testamento in più copie del N. H. Daniele Casella (vedi precedenti
alla stessa data).
21. 03. 1660 Carona – Testamento di Margherita, figlia di Domenico Scala e moglie
di Giorgio Scala.
04. 02. 1684 Carona – Matteo Rezzini di Melide cede al D. Donato Contestabile
di Maroggia un fondo. Roga Antonio Castelli.
09. 01. 1685 La signora Caterina, moglie abbandonata del signor Francesco Aprile
di Frulano, dichiara di aver ricevuto dal signor Giorgio Scala 4 genovine
(prob. Monete provenienti da Genova) per avergli venduto della terra
nel territorio di Carona.
31. 07. 1692 Melide – Atto notarile rogato da Antonio Castelli, notevole
per i cognomi di Melide.
30. 08. 1692 Carona – Domenico Scala, figlio di Giovan Battista, lascia al fratello
maggiore Giorgio tutti i suoi beni.
21. 01. 1693 Carona – Atto di vendita a favore di Giorgio Scala.
21. 01. 1693 Carona – Vendita libera a favore di Giorgio Scala.
17. 09. 1693 Melide – Atto di vendita a favore di Giorgio Scala.
23. 01. 1703 Carona – Atto di vendita di un terreno.
04. 02. 1706 Carona – Atto di vendita di un terreno di un Guido Mistrocho, bleniese,
alla chiesa.
15. 04. 1707 Carona – Atto di vendita. Notevoli i nomi dei fondi citati con i coerenti.
08. 02. 1710 Atto notarile di difficile lettura.
11. 02. 1710 Atto notarile.
26. 02. 1714 Atto di vendita libera.
10. 01. 1722 Carona – Atto di vendita libera.
19. 01. 1724 Carona – Atto di vendita.
18. 02. 1726 Lugano – Atto di vendita.
02. 03. 1726 Carona – Atto di vendita libera.
23. 01. 1730 Carona – Atto di vendita libera.
08. 01. 1734 Carona – Atto di vendita.
27. 02. 1734 Carona – Atto di vendita.
30. 12. 1735 Carona – Atto di vendita libera.
04. 03. 1738 Carona – Atto notarile di difficile lettura.
20. 03. 1741 Carona – Atto di vendita libera.
12. 02. 1749 Carona – Testamento di Francesco Maria Scala.
30. 03. 1749 Carona – Atto di vendita libera.
14. 02. 1750 Carona – Seconda copia del testamento di Francesco Maria Scala.
14. 02. 1750 Carona – Donazione in vivo al figlio di Fr. Mar. Scala.
27. 03. 1754 Carona – Atto di vendita. Anche qui una moglie abbandonata reclama parte
dei beni maritali e il ritorno della dote.
05. 02. 1759 Lugano – Atto di donazione di beni.
15. 05. 1761 Carona – Atto notarile per divisione di beni.
24. 02. 1763 Carona – Convenzione di emancipazione tra i figli di Francesco Scala.
21. 02. 1767 Carona – Divisione di beni tra i figli di Francesco Scala.
13. 01. 1768 Polizza verso la comunità.
04. 02. 1769 Atto di vendita.
15. 01. 1770 Carona – Atto di vendita libera.
20. 09. 1770 Atto di vendita libera.
28. 03. 1782 Vendita di un pezzo di bosco.
28. 01. 1784 Carona – Contratto d’affitto.
07. 01. 1788 Carona – Atto di vendita libera.

55
08. 04. 1795 Carona – Atto di vendita.
10. 09. 1799 Lugano – Inventario dei beni di Giorgio Scala.

31. 01. 1548 Riconoscimento di obbligazione di Simone quondam Alberti de la Rugia al


comune di Carona. Roga Aloisio de Castilliono.
12. 02. 1549 Atto notarile per vendite.
15. 11. 1550 Atto notarile per vendite.
02. 01. 1555 Atto notarile per vendite.
1556 Atto notarile per vendite.
1557 Atto notarile per vendite.
15. 05. 1557 Ricevuta di un versamento.
13. 02. 1561 Riconoscimento attestativo di un pagamento fatto al comune di Carona.
1561 Atto notarile per pegno e vendita.
20. 10. 1562 Atto notarile per la prepositura di Torello.
17. 07. 1565 Atto notarile per vendita.
03. 03. 1572 Atto notarile per vendita.
1580 Como – Atto della curia per la compagnia del S. Rosario.
01. 12. 1584 Vedi Virgilio Gilardoni.
1587 Foglio volante dei lasciti alla chiesa di San Giorgio e di Santa Marta.
1568 Conti della chiesa parrocchiale.
1562 Atto notarile per lascito alla chiesa parrocchiale.
1567 601 – Oboli a Santa Marta.
1579 602 – Oboli a Santa Marta.
21. 06. 1590 Raccolti i fondi della colletta e quelli del Corpus Domini, vengono versati
per pagare “chopi, chalcin e quadrelli”.
20. 07. 1597 Atto notarile per vendita.
1608 Calende di dicembre – Ricevuta di Sebastiano Beroldingen
per un prestito fatto.
12. 04. 1690 Conti (V. Gilardoni).
14. 04. 1611 “Cum sit quia boni judici de Carona venditione facerunt de beni
a Seb. Beroldingen de Uri”.
02. 1612 Don Giovanni Battista Solari vice curato di Carabbia certifica aver
amministrato il sacramento della penitenza a Giulia Basino di Carona in
assenza del curato, e ne riporta i lasciti: 2 atti.
09. 01. 1613 Carona – Atto notarile di vendita. Roga Jo Battista Casella tabellionato.
11. 03. 1613 Atto di vendita.
15. 11. 1613 Carona – Riconoscimento di debiti alla fabbriceria di San Giorgio.
27. 05. 1616 Carona – Per fare avere il permesso di fare la processione del S. Sacramento
il giorno del Corpus Domini. Alla curia vescovile comasca.
27. 06. 1618 Lugano – A proposito di taglie ed estimi.
24. 01. 1632 Sonvico – Il console e il servitore del Comune di Sonvico sono citati a
proposito dell’amministrazione di Sonvico che è in discussione. Roga
Bernardo del Sasso per il Comune e Giovan Paolo Canevali per gli abati del
venerabile collegio di Lugano.
29. 01. 1637 Como – Per ricostruire il cancello della cappella della Beata Vergine in
chiesa parrocchiale.

56
28. 02. 1637 Lugano – Per il cancello della cappella della Beata Vergine in chiesa
parrocchiale. Roga Jacopo de Salvi de Morcote.
02. 04. 1640 Gli uomini di Carona al vescovo perché il curato sia in grado di assistere il
Sabato Santo alle udienze delle confessioni.
02. 01. 1644 Atto di vendita.
09. 01. 1646 Atto notarile di vendita. Roga Paolo Paleario (tablonato).
03. 01. 1653 Carona – Nota per gli estimi.
1644 Estimi di Sonvico.
06. 05. 1671 Carona – Atto notarile relativo alle taglie ed estimi. Roga Bartolomeo
Adamino. L’atto cita don Marco Antonio Solaro, canonico della collegiata
di Santa Eufemia in Val Gallina.
23. 11. 1673 Carona – Breve atto relativo alla causa per la cappella della Beata Vergine:
esposto per la causa.
19. 07. 1674 Lugano – Strumento notarile (citati parecchi cognomi) relativo alla
causa precedente.
27. 03. 1675 Roma – Aloysio de Aquino, protonotario apostolico, esaminata la questione
se sulla cappella della Beata Vergine del Rosario, nella parrocchia di
Carona, i Casella, nella persona di Don Giuseppe Casella e consorti, abbiano
o no uno jus, nega lo juspatronato attivo e ogni diritto di proprietà, ma
conferma e statuisce che ai Casella compete lo “jus honorificum” e l’uso
della cappella con il diritto di esercitarvi tutti quegli atti di cui
sono capaci i laici.
27. 03. 1675 Copia della sentenza promulgata a Roma da Monsignor Panciatico,
luogotenente dell’auditore della camera apostolica nella quale si conferma e
si statuisce il solo juspatronato onorifico dei Casella sulla cappella della
Beata Vergine.
1677 Vedi Virgilio Gilardoni.
26. 04. 1679 Carona – Strumento notarile per causa.
17. 12. 1680 Atto notarile, vedi precedente.
09. 03. 1681 Inventario per la chiesa di San Giorgio e Andrea.
23. 05. 1668 Inventario per la chiesa di Ciona.
22. 02. 1686 Note relative alla chiesa parrocchiale.
1654 / 1688 Pagine staccate di un libro dei legati a Santa Marta.
1680 / 1690 Elenchi di legati alle chiese contenuti in 4 fogli rilegati.
09. 03. 1692 Capitoli da osservarsi dal sacrestano di San Giorgio.
03. 1685 Carona – Ricevuta di pagamento per una vendita di terreni.
06. 04. 1696 Carona – Obbligazione di beni contro prestito. Roga Bartolomeo Casella.

57
ORIGINALI IN ARCHIVIO DI STATO – BELLINZONA.

07. 10. 1564 Roma – Battista Casella ai consoli di Carona: manda una bolla (non
esistente negli archivi) di indulgenza con spiegazione della stessa e unisce il
disegno della cornice per incorniciarla secondo l’uso romano.
25. 12. 1567 Copia dell’arbitrato per i limiti territoriali tra Carona e Pazzallo fatta da
Battista Gorino e Bernardino Zozi. ( da” Compria sotto la fornace verso
il sasso di sotto e Valmaggiore alla Fonda dov’è Rosaia”).
17. 02. 1608 Carona – Testamento di Paolo Aprile.
09. 02. 1645 Atto per la causa per la cappella della B. V. del Rosario in S. Giorgio e
Andrea a Carona e per il juspatronato di essa: dà gli stucchi come opera
di Jo Batt. Casella.
05. 12. 1672 Como – Causa per la suddetta cappella.
28. 03. 1673 Torino – Causa per il juspatronato della cappella.
19. 09. 1673 Ancora per la causa della cappella.
18. 08. 1677 Causa: Carona contro Lugano.
1) Spese fatte: accettata la riduzione da L. 14.50 a L. 10.00 a favore di
Carona.
2) Vendita di beni: sgravata secondo l’estimo.
3) Per beni acquistati dopo il 1660 paga solo le taglie secondo il nuovo
estimo.
4) Per tutto il resto valgono i privilegi.

CAPITOLO 5 – CARONA COMUNE.

Aprile 1798: agitazione, torbidi, discussioni… il Ticino deve prendere posizione tra la
Cisalpina e la Confederazione. Lassù in cima al monte, Carona, continua la sua tranquilla vita;
la minuta cronaca dei fatti di ogni giorno domina tra le note brevi che si riferiscono ai più
grandi fatti esterni. 15 Aprile, Carona partecipa con tre soldati ai moti luganesi…Come siamo
lontani dalla lotta accesa dei tempi viscontei ! Più tardi eccola dirsi “contenta di stare con li
boni Svizzeri”. Così, senza quasi dar peso alla cosa, Carona diviene Comune. Adesione
tranquilla, vita tranquilla, secolo tranquillo…L’ha aperto del resto il Vescovo servita Casella
divenendo Cardinale: e tranquillamente anche lui, se il suo titolo alla storia europea è d’esser
stato segretario del Card. Consalvi, presente alla firma del concordato napoleonico con la
Santa Sede. Lo chiude il dott. G. Casella con la illustre carriera d’uomo politico e di studioso
quasi a sigillare nell’800 che l’antico valore non è ancora morto.

1810 Decreto del tribunale di prima istanza di Lugano.


20. 03. 1832 Lugano – Il tribunale civile di prima Istanza ad istanza di Pietro Calori di
Vico Morcote comanda a Giorgio Casella di comparire nella sala
delle udienze.
10. 02. 1833 Carona – Atto di capitolazione del pastore per la cura delle bestie.
04. 01. 1836 Carona – Per la manutenzione delle strade.

58
24. 01. 1836 Carona – Capitolato per il mantenimento del manzo.
18. 03. 1838 Carona – Ricevuta della Municipalità di Carona per la consegna di tre carte.
21. 09. 1839 Il maestro di scuola, fra Bernardino Scala, viene pagato da Giacomo Scala
fu Domenico tramite la Municipalità.
03. 04. 1855 Bellinzona – Decreto del Consiglio di Stato della Repubblica e
Cantone Ticino per l’incorporazione in qualche comune.
13. 08. 1863 Morcote – L’ispettore delle scuole del IV Circondario comunica
il giorno degli esami.
09. 05. 1853 Lugano – Il Commissario di Governo del Distretto di Lugano avvisa
di ritirare dai coscritti gli effetti militari.
23. 07. 1853 Lugano – Il commissario di Governo del Distretto di Lugano ingiunge
perentoriamente di allestire il rapporto delle curatele.
12. 03. 1853 Lugano Il Commissario di Governo invita la municipalità di Carona
ad accettare la presenza di un certo Andrea Cattaneo di Pietro.
06. 09. 1854 Lugano – La Municipalità invita quella di Carona a dichiarare se riconosce
la curatela della famiglia del fu Pietro Fraschiroli.

09. 04. 1801 Carona – Domenica di Andrea Aprile vende a Giorgio Scala il prato
“Bellagna”. La figlia di Giorgio desidera che di tale vendita sia fatto
Istromento pubblico. Roga il notaio Francesco Aprile abitante nella casa
“ posta sopra la Piazza della Torre”.
30/31. 12. 1801 Tre atti della curia di Como per l’Oratorio privato di casa Casella in Carona.
A istanza di Pietro Teresa e Anna Casella.
22. 11. 1805 Circolare del Piccolo Consiglio del Cantone Ticino indirizzata agli eredi
del fu Giorgio Scala con l’invito di versare L. 125 per il prestito forzato.
08. 04. 1807 Carona – Riconoscimento di debito da parte della Municipalità
verso Vincenzo Adami.
25. 01. 1809 Carona – Il calzolaio Giuseppe Casella presenta un conto
a Giorgino Casella.
30. 03. 1809 Carona – Dichiarazione di prestito da parte della Municipalità verso
Bonaventura Solari quondam Andrea.

15. 03. 1810 Carona Dichiarazione di prestito da parte della Municipalità verso
Bonaventura Solari quondam Andrea.
06. 02. 1811 Obbligo di tutti i particolari del Comune di Carona e della terra di Ciona a
debito del cittadino Bonaventura Solari. Roga: Aprile Notaro.
06. 02. 1811 Carona – Obbligo del comune di Carona a debito del cittadino Alessandro
Adami quondam Salvatore. Roga: Aprile notaro.
06. 02. 1811 Carona – Obbligo del comune di Carona a debito della cittadina Maria
Francesca Scala vedova del quondam Antonio Casella. Roga: Aprile notaro.

59
18. 03. 1811 Cessione di eredità da parte di Carla Maria Margherita, figlia di Antonio
Casella sposa a Giacomo Pocobelli di Prospero, da Melide.
Roga Francesco Aprile.
02. 04. 1811 Mendrisio – Giambattista Torriani, procuratore, rilascia ricevuta
a Domenico Ferrari di Pietro, di Arzo.
03. 04. 1811 Carona – Obbligo del comune di Carona e della terra di Ciona verso
Bonaventura Solari quondam Andrea. Idem verso il cittadino Bartolomeo
Cassani. Idem verso il cittadino Vincenzo Adami.
31. 03. 1812 Besazio – Giuseppe Fontana, parroco di Besazio, rilascia ricevuta
a Giorgio Scala.
31. 01. 1815 Acquisto e cambio d’un pezzo d’orto in Prada acquistato
da Giuseppe Cattaneo.
01. 10. 1815 Giuseppe Casella, abitante in Lugano, quale curatore dei minorenni figli
del fu Andrea Casella fa acquisto di una pezza di terreno.
30. 05. 1816 Acquisto di un pezzo d’orto in Prada da Giuseppe Casella quondam Paolo.
10. 02.1816 Arzo – Conto a Francesca e figlio Giorgio Casella.
26. 02. 1817 Giovanni Solari costituisce suo procuratore speciale Giorgio Casella nella
causa contro Giuseppe Cattani e sua moglie Lucia.
12. 10. 1817 Carona – Maria Lucia Casella vende a Giorgio Casella un fondo detto
Camino. Roga: Aprile.
21. 03. 1820 Carona – Acquisto di un pezzetto di fondo a Camino di proprietà dei pupilli
di Giuseppe Scala della Piossa.
25. 02. 1825 Atto di vendita da parte dei fratelli Giuseppe e Vincenzo quondam Pietro
Paolo Scala di un pezzo di selva al sig. Giorgio Casella.
12. 01. 1826 Atto di vendita di Giuseppe Aprile a Giorgio Casella quondam Antonio.
11. 10. 1826 Lugano – Atto di donazione di Giorgio Casella a Domenico Cattani,
di Antonio.
17. 04. 1827 Atto d’acquisto per un pezzo di selva.
09. 01. 1829 Carona – Giuseppe Aprile vende un fondo “congrivo e brughii”.
09. 01. 1829 Carona – Atto di acquisto di un pezzo di fondo a Pancio a favore
di Giorgio Casella.
15. 01. 1829 Salvatore Aprile di Luigi – presente la moglie Lucia – fa cessione
di due pezzetti di fondi a Giorgio di Antonio Casella.
21. 08. 1834 Atto di credito.
10. 09. 1839 Margherita del fu Giorgio Casella, moglie di Vincenzo Bernasconi fu
Vincenzo (di Torello) rinuncia a favore del fratello don Antonio Casella,
parroco di Rivera (anche in nome del fratello Giacomo assente, dimorante
in Oleggio, Regno Sardo e del fratello minorenne Pietro) con l’accordo
di Francesca Canzani, vedova Giorgio Casella all’eredità di detto
Giorgio Casella. Roga Carlo Patocchi notaio in Lugano.
10. 09. 1839 Lugano – Atto di rinuncia di Margherita Bernasconi figlia di
fu Giorgio Casella a favore del fratello parroco di Rivera.
20. 10. 1840 Carona – Vincenzo Bernasconi riceve un prestito dalla signora
Bianca Cattaneo, vedova Solari, di Carona. Sul retro: il sacerdote
don Giovan Batt. Adami in nome della signora Bianca Solari riceve
dal parroco di Rivera don Antonio Casella un versamento.
15. 11. 1842 Sul pagamento dei fitti di metà di una dote.
15. 03. 1844 Atto di vendita dei fratelli Francesco e Guglielmo fu Gaetano Guglielmi di
Gandria, tramite Carlo Giuseppe Taddei di Gandria, al signor
D. Antonio Casella, fu Giorgio di Carona.

60
27. 11. 1844 Ratifica del contratto di vendita della legna del bosco
“De centenari sotto Ongero” fatta dal parroco di Carona,
Don Costantino Ghezzi, fu Carlo di Lamone con l’assenso
della Municipalità e della Fabbriceria della Chiesa Parrocchiale
a Battista Martinelli, comune di Barbengo.
26. 08. 1845 Carona – Atto di vendita di un pezzetto di fondo per opera di Bianca Solari
fu Pietro Cataneio di Ciona.
11. 01. 1848 Quota in usufrutto spettante a Francesca Scala.
07. 05. 1851 Ratifica d’incanto.
06. 08. 1858 Rancate – Carlo Torriani, fu Domenico, di Rancate lascia a
don Martino Casella, parroco di Rivera, e ai figli minorenni del fu
dottor Giacomo Casella di Carona il fondo detto “Vigna Lunga” in Rancate.
30. 04. 1862 Pietro Solari vende al parroco don Antonio Casella, parroco in Carona,
un fondo detto “camino”.
16. 01. 1863 Acquisto di un fondo denominato “Camino” acquistato dai coniugi
Antonio e Maddalena Bernasconi da Carona.
10. 03. 1863 Atto di compera di un campo e “bruia”.
31. 03. 1863 Carona – Giovanni fu Carlo Aprile vende un fondo dove si dice
a “Luggia o Bellagna”.
07. 09. 1863 Carona – Atto di vendita di un terreno boschivo ove dicesi “Cantarana”.
10. 09. 1863 Carona – Atto di vendita di un terreno boschivo ove dicesi “Cantarana”.
08. 01. 1866 Atto di libera vendita di fondi.
25. 10. 1892 Lugano – Atto notarile tra Maria Adami in Cattaneo e
arch. Costantino Scala di Carona.
06. 03. 1894 Melide – Atto notarile tra Aless. Laurenti e Cattaneo Giuseppe
di Giuseppe da Carona.
24. 10. 1899 Lugano – Atto notarile tra Angiolina Portugalli e Cattaneo Giuseppe
di Giuseppe.

13. 11. 1821 Lettera della Confraternita di Santa Marta.


19. 06. 1837 Carona – Ricevuta per versamento stipendio.
24. 08. 1839 Capitolato da sottoporre al nuovo parroco di S. Andrea e da osservarsi da lui
e dalla comune di Sigirino.
21. 01. 1840 Fattura del negozio di carta e oggetti di cancelleria e libri rustici
di Giuseppe Bianchi, tipografo in Lugano.
10. 03. 1841 Sondrio – Obblighi del Signor curato di Sigirino, risalenti
al Concilio di Trento.
27. 02. 1842 Rivera – Ricevuta del Comune di Rivera per la restituzione di una carta;
(1610, marzo 18, assemblea della vicinia a Rivera).
16. 12. 1846 Decreto N.o 2009 della Curia di Como. Ratifica del contratto di vendita
della legna del Bosco Centenari, redatto da Cattaneo il 27.02.1844 da parte
del parroco di Carona, don Costantino Ghezzi. Firmato: Carlo Vescovo
Del Apostolico. Aggiunta pressoché illeggibile.
21. 08. 1856 Rivera – Don Antonio Casella indirizza alla Municipalità di Melide
una lettera con cui spiega che non accetta l’incarico.
02. 08. 1863 Capitolato per la costruzione del campanile del Santuario d’Ongero.
29. 07. 1864 Inventario per l’oratorio di Ciona.

61
25. 01. 1874 Ode saffica per la festa della Conversione di S. Paolo Apostolo
essendo priori dott. Giorgio Casella e Clemente Solari
(seguono altri versi).

Pescatori davanti alle cantine melidesi; inzio 1900 ca.

62
FONDO IN MEMORIA DI GIORGIO CASELLA.

In questo fondo, figurano i documenti che le figlie Rina e Maria Casella hanno voluto
concedere all’Archivio Storico Comunale di Carona, in memoria del padre On. Dott. Giorgio
Casella, il più illustre caronese della seconda metà del XIX.o secolo.

1660 (Posteriore). Carta Incompleta unita con un’altra con note posteriori.
Riguarda l’esenzione delle taglie ed estimi.
26. 02. 1734 Carona – In merito a campo e bruga per l’estimo.
1783 e segg. Fogli staccati e quinterni di conti, note e ricevute, notevoli per i nomi.
26. 02. 1796 Lettera del landfogto di Lugano al Consiglio di Carona.

08. 03. 1701 Lugano – Sentenza del landamano Sebastiano Miller di Unterwalden,
per la causa di Francesco Maria, quondam Antonio Scala di Cadepiano,
contro i Sindaci della chiesa di S. Antonio a Cadepiano.
18. 08. 1781 Lugano – Sentenza a favore di Carona contro Barbengo per la
manutenzione delle strade.
18. 08. 1781 Sentenza a favore della comunità di Carona contro la comunità di Barbengo,
in tedesco, sempre per la manutenzione delle strade.
01. 03. 1796 Allegazione e proposito del precetto in giorno di udienza.
11. 03. 1796 Cassazione dello stesso precetto di cui sopra.

04. 11. 1700 Supplica al vescovo che il cappellano di S. Maria non celebri più messa
grande festiva in Oratorio proprio prima della messa parrocchiale. Con
ordinanza del Vescovo di Como a conferma.
27. 06. 1704 Il vescovo di Como, mons. Bonesana costituì con una bolla la compagnia
di S. Orsola in Carona. Acclusi i fogli restanti di un libro di conti
della Compagnia, prezioso per i nomi femminili che contiene.
1727 Erezione della Confraternita del Gonfalone. [ Trascrizione Gilardoni ].
1728 Lettera che menziona l’acquisto di candelieri a Torino. Trascrizione
e pubblicazione del Gilardoni.
03. 01. 1727 Carona – La confraternita del Gonfalone indirizza al vescovo di Como
una supplica per avere crediti onde poter benedire un altare.
17. 08. 1728 Torino – Si approva la “commissione de li candelieri per la
chiesa parrocchiale a G. Cesare Manino che li provede in forma”.

63
24. 01. 1731 Carona – Atto di vendita. Bartolomeo di Michelangelo Casella di Ciona,
come procuratore del figlio Michele, vende a Francesco Maria
di Giorgio Sala una brughiera con bosco, stimata da Giovan Battista Scala.
02. 1738 Terzo venerdì. Lugano – Compare Solario di Baldassare come curatore
dei beni di Antonio Maria Solari per una parte, e Francesco Maria
di Giorgio Scala per l’altra; e stabilite le modalità per un cambio con
Pompeo Solari, curatore in nome della Scala.
Notaio Francesco Zaverio Jamossio.
20. 02. 1738 Carona – Andrea di Carlo Gabriele Casella e Antonia di Alberto Casella
sua moglie con l’assistenza del curato don Giovan Battista Aprile
(suo parente) e con il figlio Gabriele Casella, fa atto per una
questione dotale.
16. 03. 1744 Carona – Cessione. Essendo procuratore Giorgio de Casellis,
Michele Casella cede beni a Giorgio Scala come risulta da una lettera
del 19.02.1744 scritta “in civitate Toscanetta Romane jurisdictionis”.
Roga Carlo Emanuele Petrini quondam Lorenzo, notaio in Carona.
09. 03. 1744 Carona – Cessione di beni alla figlia Maria Margherita
da Giuseppe Antonio Petrini quondam Marco Antonio.
16. 03. 1744 Cessione per procura. Dominus Giorgio di Giacomo di Piazola di Carona,
procuratore di Giorgio Scala di Francesco e Maria Maddalena Scala
di Giovan Battista Scala, vende per loro conto alcune pezze di terreno.
Roga Carlo Emanuele Petrini.
13. 04. 1754 Assegnazione a favore di Giorgio Scala.
20. 01. 1756 Carona – Per un prelegato del testamento di Francesco Maria a favore
di Giorgio Scala. Roga Fabrizio Bianchi, notaio, Lugano.
19. 02. 1767 Carona – Divisione delle terre fra i fratelli Giorgio e Battista Scala
di Francesco.
25. 02. 1770 Atto di vendita libera a favore di Margherita Scala.
27. 10. 1772 Cessione per procura. Roga il notaio Fossati da Carona.
28. 04. 1772 Testamento di Giorgio Scala.
18. 07. 1779 Variante al testamento precedente.
22. 03. 1775 Giorgio Scala delega sua moglie a rappresentarlo.
14. 03. 1795 Carona – Maddalena Cattaneo e la sorella Anna maritata in Scala vendono
una pezza di terra dove si dice “alla via”. 2 atti.

1652 (1703 – 1750) Conti di fabbriceria riguardanti le campane. Atti pubblicati in


“Archivio Storico”, regesto e trascrizione del Gilardoni.
1699 Don Salvatore Aprile chiede per testimonio di essere sepolto in chiesa,
tra la sacrestia e il campanile.
09. 03. 1704 Il pittore Giuseppe Antonio Petrini quondam Marco Antonio, di Carona,
cede beni a Margherita, figlia e moglie del sig. Giorgio Scala.
08. 02. 1710 Carona – Istromento di vendita.
20. 02. 1713 Testamento di Don Salvatore Aprile.
30. 01. 1713 Caterina di Giorgio Scala, moglie di Bartolomeo di Michele Angelo Casella
con il di lui consenso, alla presenza di testimoni, fa fare una quietanza
di rinuncia a certi beni elencati.

64
14. 03. 1716 Carona – Giacomo di Martino Adamo come curatore di Marco Laurenti
vende a Francesco di Giorgio Scala i terreni alla “Caspina”.
Roga il notaio Bartolomeo di Pietro Casella.
25. 02. 1726 Carona – Francesco di Carlo Scala vende a Francesco di Giorgio Scala
un pezzo di bosco dove è detto “Pontin”.
03. 04. 1726 Estimazione del fondo detto “Casina”.
26. 08. 1726 Carona – Cessione d’eredità da Alessandro e Fabrizio Adami
a Francesco Scala. Fra i testi: padre Bernardo Petrini.
08. 03. 1727 Carona – Caterina figlia di Giorgio Casella vende tutti i suoi possessi
al fratello Francesco Scala.
01. 04. 1727 Vendita fatta da Mons. Giovan Battista Stoppani, vicario di giustizia,
come procuratore degli eredi di Domenico Scala.
1757 Lettera del parroco ai canonici di Lugano per il voto del pane.
Pubblicato in “Archivio Storico Ticinese”, trascrizione V. Gilardoni.
1760 Atto relativo alla sacrestia nuova. Pubblicato in
“Archivio Storico Ticinese”, di V. Gilardoni.
10. 04. 1785 Per la bussola in legno davanti al portale della chiesa parrocchiale,
all’interno. Pubblicato in “Archivio Storico Ticinese”, di V. Gilardoni.
13. 12. 1796 Carona – Per fornitura di un materasso.

DOCUMENTI NON DATATI E DI DUBBIA DATAZIONE.

(Dalla grafia acclusi al XVII e XVIII secolo).

- Nota delle scritture delle comunità di Carona e Ciona.


- Conti del Comune.
- Memoria di lavori fatti per la comunità di Carona.
- Trascrizioni ed elenchi di privilegi ducali e di diete e sentenze dei XII Cantoni.
- Petizione delle terre libere che difende i loro diritti “perché se non si fidano di noi, manco
noi si fidiamo di loro e massimamente come sopra”.
- Memoriali per la questione degli obblighi delle quattro famiglie privilegiate.
- Per l’impostazione di una tassa sui grani.
- Le streghe a Carona. (1 foglio degli atti del processo).
- Atti notarili del XVIII secolo. Contengono nomi di famiglia.
- Lasciti alla chiesa di S. Marta, di S. Giorgio, alla Madonna d’Ongero. (Si tratta del foglio
terminale di un testamento che conserva il tabellionato notarile di Giov. Battista Casella
notaio in Carona).
- Riporta la menzione della Compagnia del Corpus Domini.
- Per una processione con la statua di S. Castolo. E’ l’unico atto in possesso dell’Archivio
Storico Comunale, in cui si fa menzione della statua del Santo, che dal 1678 sta in una
bara lignea dorata sotto l’altare e che è stata mantenuta in tale posizione fino ad oggi.
Nella statua stanno le reliquie del Santo. I sigilli già interi, recentemente frantumati, erano
stati apposti dalla curia comasca per autentica.
- Con date varie: 20 carte legate tutte relative alla causa a favore della comunità di Carona e
contro i comuni di Carabbia, La Grancia e Berina in merito alle strade. (Un documento è
di bellissima scrittura e due carte parlano dei diritti d’extraterritorialità dei caronesi).

65
10. BIBLIOGRAFIA.
Sono qui riportate per intero le bibliografie occorse per la stesura di tutti i volumi utilizzati ai
fini delle presente ricerca.

1) Di Mario Agliati, Giuseppina Ortelli Taroni, Mario Redaelli; “MELIDE”; ed.


TRELINGUE.
Bibliografia: oltre agli autori citati singolarmente nelle note sono stati consultati:
- G. C. Bascapè; “Le vie dei pellegrinaggi medievali attraverso le alpi centrali
e la pianura Lombarda”. In “Archivio storico della Svizzera Italiana”,
1936, pp. 126 – 169.
- Hans Bosshard; “Saggio di un glossario dell’antico lombardo”. Firenze 1938.
- “Bollettino Parrocchiale di Melide”.
- Luigi Brentani; “Codice Diplomatico Ticinese. Documenti e regesti”. Vol. 1, Como 1929;
Vol. 2, Como 1931; Vol. 3, Como 1943; Vol. 4, Lugano 1954; Vol. 5, Lugano 1956.
- Luigi Brentani; “Miscellanea storica ticinese”. Vol. 1, 1926.
- Claude Campiche; “Die Communalverfassung von Como in 12. Und 13. Jahrhundert”.
Zürich 1929.
- Oscar Camponovo; “Sulle strade regine del mendrisiotto”. Bellinzona 1976.
- Giorgio Casella; “Bissone e alcune terre vicine”. In “La svizzera italiana nell’arte e nella
natura”. Società ticinese per la conservazione delle bellezze naturali ed artistiche.
Fascicolo XII. Lugano 1922, pp. 11 – 18.
- Antonio Ceruti; “Monumenta historiae patriae iussi regis Caroli Alberti edita”.
Tomo XVI.
- “Liber statorum consulum cumanorum justiciae et negociatorum”. Col. 9 – 122.
Approvati nel 1281: con date dal 1184 al 1292.
- “Liber statorum comunis Novocomi”. Col. 123 – 258. Con date dal 1184 al 1292.
- Aldo Crivelli; “Artisti ticinesi in Italia e appendice con gli artisti ticinesi oltre i mari.
Catalogo critico”. Ed. UBS 1971.
- Pietro De Angelis; “L’ospedale di S. Spirito in Saxia e le sue filiali nel mondo”.
Roma 1958.
- S. Carlo Borromeo; “Arte sacra. De fabrica ecclesiae”. Versione e note a cura di Mons.
Carlo Castiglioni e Don Carlo Marcora, Milano 1952. Titolo originale dell’opera:
“Instructionum fabricae et supellectilis ecclesiasticae libri duo”. Caroli S. R. E. Borromei
iussu ex provinciali Decreto editi, Mediolani, Apud Pacificum Pontium, 1577. La
compilazione dell’opera fu affidata a Mons. Lodovico Moneta, collaboratore del
Borromeo.
- Du Colombier; “ Les Quattre – Couronnés, patrons des tailleurs de pierre”. In “Les
chantiers des cathédrales”. Appendice III.
- Virgilio Gilardoni; “Il romanico. Catalogo dei monumenti nella Repubblica del Cantone
Ticino”. Bellinzona 1967.
- E. Gruber; “Die Gotteshäuser des alten Tessin”. In “Zeitschrift für Schweiz.
Kirchengeschichte”. Jahrg. XXXII, Hefte I – IV, Stans 1939, Verlag Josef Von Matt.
- Massimo Guidi; “I Fontana di Melide”. Estratto dalla rivista “Roma”,
Palombi 1928, pp. 433 – 446 e 481 – 494.
- Alessandro Lattes; “Gli statuti di Lugano e del suo lago”. Milano 1908,
Bellinzona 1930.
- Alessandro Lattes; “Il diritto consuetudinario delle città lombarde”. Milano 1899.

66
- Jacobus de Voragine; “Legenda aurea”. Versione tedesca di Richard Benz,
Jena 1925.
- “Liber Notitiae Sanctorum Mediolani”. Edito a cura di Marco Magistretti e
Ugo Monneret de Villard, Milano 1917.
- Don Isidoro Marcionetti; “La chiesa di San Lorenzo in Lugano. Storia e simbologia”.
Lugano 1972.
- Pietro Monti; “Vocabolario dei dialetti delle Città e Diocesi di Como”. Milano 1845.
- Gian Alfonso Oldelli; “Dizionario storico - ragionato degli uomini illustri
del Canton Ticino”. Lugano 1807.
- Giuseppina Ortelli Taroni; “S. Spirito di Melide”. Varese 1979, 16 pagine e 6
illustrazioni.
- Pietro Pavesi; “I pesci e la pesca nel Cantone Ticino”. Lugano, Tipo Veladini, 1871 –
1872.
Estratto da ”L’agricoltore ticinese”.
- Paul Schäfer; “Il sottoceneri nel Medioevo”. Lugano 1954.
- “Vocabolario dei dialetti della Svizzera Italiana”.

2) Di Don Giorgio Pugliese, Giuseppe Devincenti, Luigi Paltenghi, Marco Andina,


Massimilla Paltenghi, Maria Ripamonti, prof. Giancarlo Zappa; “Per il 400esimo di
fondazione della Parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto, 1582 – 1982”.
Tipo artigiana di R. V. Franchi, Varese 1982. Bibliografia:
- Enrico Maspoli; “La pieve di Agno”. Scuola tipografica Casa divina provvidenza,
Como 1917.
- Massimo Marcocchi; “La riforma cattolica, documenti e testimonianze”. Ed. Morcelliana,
Brescia 1967.
- Documenti dell’archivio Parrocchiale di Castelrotto.
- Giovanni Paolo II; “Catechesi tradendae”. Ed. Ancora, Milano 1980.
- Paolo VI; “L’impegno di annunciare il Vangelo”. Ed. L. D. C., Torino 1975.
- Conferenza episcopale italiana; “Il rinnovamento della catechesi”. Ed. C.E.I., 1970.
- Capitolo II, Atto di fondazione della parrocchia, firma la stesura Don Giuseppe Gallizia.
- Per le ricerche storiche in archivio, firma la stesura Giuseppe Negro.
- Nel capitolo “Note generali e particolari”, firma la stesura Don Giuseppe Gallizia.
- Nel capitolo “Pesi, misure e monete”, la stesura è curata da Enrico Merlini.
- La supervisione è affidata al prof. Giancarlo Zappa.

3) Di Sandro Bianconi e Brigitte Schwarz; “Il vescovo, il clero, il popolo”. Ed. A. Dadò
1991.
Atti della visita del Vescovo Feliciano Ningurada alle pievi comasche sotto gli Svizzeri
nel 1591. Fonti: Archivi diversi. Fondi visita Ninguarda.

4) Di Anna Maria Collovà Cotti; “Archivio storico del comune di Carona. Inventario e
regesti”.
Ed. Arti grafiche A. Salvioni, Bellinzona 1967. (Testo a tiratura limitatissima e non in
commercio) Bibliografia e relativi cenni di riferimento:

67
- L. Moroni Stampa; “Codex paleographicus Helvetiae Subalpinae”. La lettura
dell’introduzione giova allo studio generale del Medioevo ticinese. Nell’opera è riportata
la riproduzione della più antica carta ad oggi che citi il nome di Carona, seguita da una
perfetta trascrizione.
- L. Brentani; “Codice Diplomatico Ticinese”. Nei cinque volumi dell’opera sono presenti
varie carte relative a Carona, parte in trascrizione completa, parte in sunto o regestate in
nota.
- P. Schäfer; “Il sottoceneri nel Medioevo”. Lugano 1944. Parecchi sono gli accenni a
Carona in quest’opera, tra cui notevole per ampiezza l’escussione degli Statuti. L’opera
soggiacendo ai criteri di informazione generale secondo le linee dichiarate dai vari
capitoli è di consultazione non facile per una storia comunale, ma giova invece poiché
inserisce detta storia in un più ampio contesto.
- C. Santoro; “I registri di provvisione”. Entrambi i volume nella loro sistematica
presentazione e per la precisione stupenda dei regesti e delle note, sono estremamente
utili per una chiarificazione dei problemi che possono insorgere esaminando il periodo
visconteo – sforzesco della storia caronese.
- “Bollettino Storico della Svizzera Italiana”. Più volte nella rivista si presentano
trascrizioni – più o meno complete – di documenti riguardanti Carona, cui segue
generalmente una presentazione del problema posto dal singolo documento. Pur non
essendo organica, tale serie di articoli permette di avere notizie di parecchie carte oggi
non più rintracciabili.
- “Archivio Storico Ticinese”. Sono presenti in questa rivista alcune trascrizioni di
documenti, tra cui figura quella di una delle lettere patenti, con una premessa intorno alla
questione delle terre privilegiate; e inoltre vi figurano alcuni documenti oggi catalogati
nell’Archivio storico di Carona, come atti privati o interessanti le chiese.

5) Di Teodoro Amadò; “Il monitore ecclesiastico della diocesi di Lugano”. Luglio 1999,
pp. 490 – 501. “La parrocchia di Bedigliora: gli edifici sacri, gli economi spirituali e i
parroci”. Conferma le tendenze di sepoltura e relativi “viaggi” delle salme verso i
rispettivi cimiteri delle pievi di destinazione, attorno al 1400 – 1500. L’uso dei sagrati
quali luoghi di sepoltura in antichità. Uso di fosse comuni in tempo di peste: epidemia del
1595 e del 1631. Si trova conferma che tali procedure fossero cosa normale pure per tutte
le altre pievi dell’epoca.

6) Di Ugo Donati “ Breve storia di artisti Ticinesi”. Prima stampa edizioni Salvioni –
Bellinzo1936. Seconda stampa (ristampa) arti grafiche Slatkine Ginevra, Novembre 1993.

7) Di Rita Camponovo, “ Carona, un percorso artistico”,


Arti grafiche Gaggini e Bizzozzero Sa.
Notizie riguardanti oratorio di S. Marta in Carona.

68
Per le parti riguardanti la numismatica e la metrologia sono inoltre stati consultati:

8) “Piccolo breviario di numismatica e metrologia”, UBS Zurigo, Dipartimento economia e


politica, anno 1986.

9) Di Roberto Regazzi, “Il manoscritto liutario di Giovanni Antonio Marchi”, edizione


Arnaldo Forni, Bologna 1986.

Si ringraziano:

- L’On. Sindaco Aldo Albisetti di Melide, per la disponibilità dimostrata.


- Il Consiglio Parrocchiale di Carona, per aver gentilmente messo a
disposizione il nutrito Archivio Parrocchiale e Comunale.
- Il Parroco di Melide Don Albisetti, per il suo tempo prezioso accordatomi.
- Lo studio d’ingegneria Ryf di Torricella, senza il quale la ricerca non si
sarebbe potuta svolgere.
- Il prof. Massimo Colombo, Inventario Vie Storiche Svizzere.
- Tutti coloro che hanno contribuito, anche in minima parte.
- La Signora Giuseppina Ortelli Taroni, per le notizie
riguardanti la strada della forca di S. Martino

“Cumbal” con vela rettangolare sulle acque del Ceresio.

Boris Cavadini, Ottobre 1999 – Giugno 2000.

69

You might also like