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ORG
LE RECENSIONI
Petrolio | Camera | Atom Made Earth | Allred & Broderick | Affranti | Lucio Corsi | Stolen Apples |
Technoir | Management Del Dolore Post-Operatorio | Mòn | Orfeo | One Horse Band | Nadsat | El
Matadot Alegre | VonDatty | 33CL ||| Fuco | Tartage | Wicked Expectation //
BEAUTIFUL FREAKS
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Il trend si volge quindi all’aiuto delle macchine ed ovviamente essendo due concetti
dove l’applicazione informatica può applicarsi universamente anche l’industria
musicale, come quella editoriale o di produzione video, non può non esserne investita.
Andando a focalizzarsi sul perché ciò è presto detto; i dati di input sono testi o audio
in quanto sono interpretabili in maniera più semplice di un video/immagine. Il Machine
Learning in maniera silente è attivo su ogni sito che abbia capacità di elaborazione
fuori dal comune. Sul social network in blu cliccando su di una qualsiasi immagine con
il tasto destro per poi premere “cerca con Google” si può vedere l’avanzamento del
Learning sulle foto. Colpa mia. A furia di giocare con il Captcha nel riconoscimento di
segnali stradali, foto di macchine, e quant’altro ho dato una capacità di discernimento
fuori dal comune alle macchine. Che di per sé hanno una quantità di materiale da
sfogliare che farebbe impazzire Super Vicki. La divisione Google Book ormai gioca di
fino conscia del suo superpotere e con la funzione Ngram si diverte a farti impallidire
soddisfando la tua curiosità di sapere quante volte sia stata utilizzata anno per anno la
parola “paura” nei libri italiani tra il 1800 e il 2000 (“Amore” vince su tutto ovviamente).
Chissà quali siano le funzioni a loro disposizione, non visibili a chi è fuori. Vogliamo
analizzare foto e video? Ci viene incontro Google Art & Culture grazie alle partnership
con i vari “Istituti Luce” nel mondo per avere un archivio foto e video a disposizione
per un po’ di sano Machine Learning. Ottima mossa dare la disponibilità di offrirsi nel
faticoso compito di digitalizzare gli archivi e di preservarli; alla fine sia gli hard disk dei
server che foto e video hanno bisogno di un’atmosfera protetta e decisamente fresca!
A questo punto il gioco è fatto basta unire le due cose e le macchine cominciano a
imparare.
Questo preambolo è utile per far capire per scremare tra chi può e chi vorrebbe.
C’è una sorta di internet a due velocità, in questo caso intesa sul numero utenze e
dati e dati a disposizione. Chi ha il 99,999% chi il restante e di necessità virtù ovvio.
Non è nemmeno detto che i top player siano interessati a servire anche chi non è
targetizzabile bensì solo a coltivare il loro enorme giardino.
Chi invece non ha a disposizione questa mole di dati può solo creare delle istantanee,
degli snapshot, basati su dati parziali e di conseguenza parziale l’output da generare.
L’appiattimento culturale è dietro l’angolo. Basta seguire anche distrattamente una
radio commerciale per scorgere che le canzoni hanno una base comune, su base
temporale che viene portata avanti a livello globale.
4 BF
C’è una problematica di fondo che viene palesata dalle macchine a guida autonoma.
Posso mettere un punto di inizio e un punto di arrivo, posso mettere una destinazione
a me non conosciuta ma suggerita in base alle valutazioni dei miei amici, parenti,
colleghi.
Ma se è agosto e sto girando un piccola cittadina alla ricerca di una gelateria che mi
piaccia a prima vista, questo alla mia macchinina autonoma non so come chiederglielo.
In definitiva mi chiedo, ammesso che sui dati e sulla memoria non c’è partita, sono
così ingolfati i neuroni umani riguardo, la produzione artistica, se alla prima occasione
deleghiamo tutto ad un’altra intelligenza, seppur artificiale?
Andrea Piazza
BF 5
MEG
Nella tappa di Venaria del 23 novembre cogliamo come occasione il suo tour di concerti nei
teatri “Concerto Per” per farci raccontare le sue ultime novità e progetti.
Allora rispetto all’Imperfezione tour del 2015 in questo tour c’è una maggiore presenza
scenografica che appunto si presta appieno al contesto del teatro.
Sì la scenografia e la regia sono state curate da Umberto Nicoletti, mio collaboratore da
tanto tempo che finora però ha fatto per me regia di video o fotografie, mai uno spettacolo
teatrale del genere. Mi fido ciecamente di lui quindi mi sono affidata a Umberto e l’idea
era quella di fare un tour solo nei teatri per in qualche modo esasperare quel lato un po’
mélo delle mie canzoni, che probabilmente deriva dalle mie radici partenopee, cosa che nei
club magari un po’ si perde. Invece nei teatri avere la possibilità di esaltarla ci stimolava in
qualche modo e quindi abbiamo deciso di fare questo tour teatrale.
È stato molto bello notare il contrasto fra musica elettronica e teatro che rappresenta
quindi una scelta della location particolare, soprattutto quella del teatro Carignano per
la registrazione di Concerto ImPerfetto. Com’è nata l’idea di registrare un live album e
cosa ti ha portato a scegliere proprio la location del Carignano?
Quella del Teatro Carignano era l’ultima data del tour di Imperfezione quindi noi eravamo più
rodati sul palco e poi era l’unica data al chiuso di un tour estivo tutto nei festival all’aperto
quindi diciamo che la location era quella che si prestava meglio per registrare come acustica.
Volevo che si registrasse in una sola serata per offrire al pubblico il concerto intero dall’inizio
alla fine e non dei pezzi presi da vari concerti come a volte si fa, quindi quello che volevo era
dare la versione integrale del concerto del Carignano così com’era…Un po’ come quando si
compravano i bootleg nei negozi di dischi sai no? Quelle registrazioni illegali di concerti che
poi si smerciavano non ufficialmente sul “mercato nero dei vinili live”. Quando non c’erano
ancora internet o YouTube per poter vedere le esibizioni dei tuoi artisti preferiti esistevano
questi e io me li andavo a comprare. Erano appunto le registrazioni di un’intera serata di
concerto e io in genere andavo sempre lì a ricercarmi le versioni diverse dei pezzi, gli errori
nell’esecuzione e le stonature perché mi facevano sentire quell’artista più vicino in qualche
modo. E, del resto, cosa c’è di più imperfetto della performance live per un artista no? È un
momento di grande esposizione e rischio di défaillance quindi è un momento di fragilità e
allo stesso tempo di unione con il pubblico quindi di grande generosità. Perciò con Concerto
ImPerfetto il pubblico si becca il concerto errori compresi. Ed è un approccio vero.
Vivendo o comunque stando molto abroad, mi piacerebbe sapere che effetto ti ha fatto
tornare a suonare a Napoli, la tua città aperta.
Sì io in realtà faccio base a Roma, che comunque rispetto a Napoli è come vivere all’estero
(ride ndr). No ci ritorno sempre con un po’ di ansia da prestazione ma quello da sempre,
anche quando vivevo a Napoli. Suonare in casa mi mette sempre un po’ di ansia, però c’è
sempre un’accoglienza calorosissima e poi è sempre bello andare a mangiare prima o dopo
il concerto le leccornie della mia città. Poi è ancora più emozionante perché in genere nel
pubblico ci sono i parenti, gli amici e le mie amiche più care quindi è una performance molto
più sentita e molto emozionante.
Invece che stimoli stai riuscendo a cogliere da una città come New York?
New York è una città cosmopolita che ti fa sentire cittadino del mondo quindi non
appartenente a nessuna radice. Sei lì e sei parte di una città che va a mille senza fermarsi
mai, dove ci sono delle regole precise e dove tutti più o meno convivono abbastanza
pacificamente rispettando le diversità etniche, culturali e religiose degli altri. E già questa
cosa per me è grande, molto stimolante. Mi basta prendere la metropolitana e guardarmi
intorno nel vagone del treno che, già la scena di vedere persone che vengono da ogni angolo
del mondo, per me è una grande commozione. E poi i musicisti che vedi per strada, o anche
in metropolitana, sono bravissimi, già solo quello. Poi i concerti che offre la città, le mostre
d’arte eccetera insomma è uno stimolo continuo che assolutamente si ripercuote sulla
produzione musicale e artistica.
Quindi un valore aggiunto è dato anche dai suoi contrasti e dalle differenze con una città
come Napoli (anche se anche Napoli può essere caotica come New York a modo suo).
Certo, certo infatti ci sono delle similitudini con Napoli sicuramente. Però diciamo che New
York è come potrebbe essere Napoli se le cose funzionassero (sorride ndr).
Invece la tua etichetta Multiformis è nata per renderti indipendente e per avere un
editing accurato che segui tu dall’inizio alla fine o apre magari spiragli per delle
collaborazioni future con altri artisti?
No le collaborazioni sono a prescindere dall’etichetta, l’etichetta mi serve per sentirmi
autonoma e per sentire di avere un controllo totale sulla mia produzione. Negli anni ho
capito e imparato che era l’unico modo per produrre la mia musica, quindi attorniarmi
di collaboratori che parlano il mio stesso linguaggio. È molto difficile avere a che fare
con le major discografiche o i mezzi standard che veicolano la musica (diciamo quelli
normali) per una persona come me. Quindi ho fatto la mia scelta e sono molto contenta
di questo.
Bene infatti sempre con la Multiformis hai autoprodotto il tuo ultimo disco anche
in formato vinile: che ne pensi del ritorno del vinile nell’era del digitale e dello
streaming?
Eh è una risposta di una community di persone che ancora desiderano le cose di
qualità, che si affezionano alle cose, agli oggetti, a cui non basta semplicemente l’mp3
impalpabile scaricato da internet ma amano le cose, amano la musica. Secondo me il
ritorno del vinile equivale all’amore di certe persone verso la musica, e anche un po’
verso una qualità della vita del vivere con lentezza, gustarsi le cose. Secondo me c’è una
piccola cummunity di persone oggi che in questi tempi frenetici invece chiede a gran
voce questo tipo di cose.
Daniela Fabozzi
GRIMOON
18/3/2018 @ FANFULLA 5/A - ROMA
A volte, aprendo certe porte può capitare di esser catapultati in un mondo di astronauti in plastilina.
L’ultima volta che BF ha visitato in vesti ufficiali il Fanfulla era tutt’altro Fanfulla rispetto al locale che
ci accoglie adesso, purtroppo. Ormai da qualche anno, dopo un periodo di chiusura, il ridimensiona-
mento stupisce anche chi ci chiede informazioni per strada su
quale sia la porta d’ingresso del locale.
Ridimensionamento che non ha influito sulla programmazio-
ne sempre di buon livello e che questa sera vede ospiti il duo
Italo Francese dei Grimoon.
L’atmosfera è sempre partecipe con gli artisti e questo aiuta
sempre a rompere il ghiaccio.
I Grimoon ricordiamo sono un duo che ha sempre fatto im-
pazzire i nostri recensori proponendo talvolta dei corti di
accompagnamento alle loro tracce con dei dvd allegati agli
album, realizzati dalla bravissima Solenn Le Marchand in tec-
nica Passo 1, che hanno sempre riscontrato altissimo gradi-
mento.
Vestiti da astronauti, chitarra e synth, quali cantastorie del
futuro, ci narrano e ci accompagnano nel video racconto ri-
preso dal loro ultimo album “Vers la Lune” del 2015 che dal
nome al loro tour che va avanti sino ad oggi.
Concept album di un omino di plastilina nel suo girovagare
nello spazio, con incontri insidiosi, nuovi pianeti e scoperte
spaziali raccontate traccia dopo traccia ai composti e atten-
ti astanti. Il risveglio dal racconto onirico viene lasciato alle
ultime tracce riprese dai loro album precedenti, e sempre ac-
compagnate dal loro caratteristico videoclip, che lascia solo
chiedersi quando uscirà la loro prossima fatica.
Il ritorno dei Grimoon a Roma era atteso come l’inizio della
primavera, che tarda ad arrivare da questi lidi.
Massimo Tellerini
INTERVISTE
INTERVISTE LIVE RECENSIONI RUBRICHE
10 BF
LE SPECIALITÀ TIPICHE
di Beautiful Freaks
Abbiamo diviso le recensioni che troverai nelle prossime pagine ordinandole per regione.
Specialità tipiche di stagione selezionate per te da Beautiful Freaks!
33Cl
El Matador Alegre
Affranti
Nadsat
Camera,
Crivellator
Mòn
VonDatty
Tartage
Le nostre importazioni
USA: Allred & Broderick
RECENSIONI
Petrolio
DI COSA SI NASCE
Edison Box / DIO)))DRONE / DreaminGorilla Records /
Taxi Driver / Screamore / V O L L M E R - Industries /
Edwood Records / TOTEN SCHWAN RECORDS, 2017
Affranti
LA PAURA PIÙ GRANDE
Burning Bungalow, 2017
Ogni tanto la musica ti deve colpire in faccia per farti male, per riuscire
a trasmetterti qualcosa di importante e gli Affranti lo fanno benissimo,
colpiscono duro allo stomaco e lasciano quel senso di dolore che è un
senso di vita, di rinascita. Scusate la premessa simil-filosofica, ma non
ho molte altre parole per descrivere La paura più grande, ultimo disco
di questo gruppo savonese attivo dalla fine degli anni 90 di cui per mia
ingiustificabile colpa non avevo mai sentito parlare, e di cui è anche
difficile riuscire a dare una definizione a livello di genere, direi un hardcore però impregnato di testi
recitati e urlati (ah ma allora i miei amati Teatro degli orrori non si sono inventati nulla, sgamati!),
con un alternarsi di calma e di violenza che ti lascia incollato alla poltrona, o al divano o dovunque
tu sia. Il disco è univoco, segue un filo ben preciso, ci vuole parlare del dolore che proviamo tutti, ci
fa sentire meno soli, perciò non citerò singole canzoni, ma caratteristiche fondamentali di esse che
si ritrovano in tutto il lavoro: a parte i già citati testi (molto ben scritti oltretutto), la parte ritmica
favolosa, con una particolari applausi alla batteria che martella incessantemente e pesantemente, i
bassi che creano questo senso di angoscia, di drammaticità ed emotività. Vorrei solo citarvi un paio
di versi uno tratto da Punto di fuga, canzone labirintica che si descrive con la frase “perché qui non si
perde che la speranza di perdersi”, e l’altro da Sulla scena del delitto “l’urlo è stanco, nasce nella gola
e finisce nella gola”: ecco per me esprimono l’essenza di questo bellissimo lavoro e della sensazione di
liberazione provata nel non sentirsi soli in questi cupi anni. Ultima citazione per l’ultimo brano,cover
di Che poi non è vero di Mauro Pelosi, traformata dagli Affranti ma perfetta per chiudere il loro disco.
Wow! [9/10] • Piergiorgio Castaldi
Più che da Grosseto o Milano uno come Lucio Corsi sembra essere uscito
fuori proprio da un “movimento punk nella foresta” perché altrimenti
non ci si spiega una combinazione di così tanta originalità e fantasia mista
a poesia e delicatezza cristallina. Con il suo secondo lavoro in studio il
cantautore toscano ci fa rituffare nel mondo incantato e fantastico delle
sue canzoni partendo già dall’artwork della copertina che raffigura tutti
gli animali titolo delle 8 tracce sopra un pianoforte piazzato in mezzo al
bosco e a cui è poggiata una chitarra acustica. Copertina parlante quindi perché racchiude visivamente
in un cerchio i personaggi principali delle mille storie cantate nel disco assieme ai due strumenti di
accompagnamento principali. Accompagnato dalla sua fedele chitarra acustica ma anche da altri
strumenti strategicamente arricchenti per l’atmosfera, Lucio ci porta in un viaggio musicale e visivo in cui
si immaginano facilmente i protagonisti muoversi in stop-motion all’interno uno scenario fiabesco pieno
di colori, animali ed avventure curiose. Non manca anche l’ironia a contraddistinguere caratterialmente
ogni animale e a colorare l’incantevole narrazione di questi racconti bizzarri e fantasiosi dipinti con
delicate sonorità fiabesche come se si trattasse quasi di letteratura per bambini. Con il suo cantato ed
il suo stile melodico Corsi ricorda anche il ruolo di menestrello-cantastorie richiamando influenze di
cantautori come De André, Bennato e Lauzi, suscitando infatti un entusiasmante interesse all’ascolto
rafforzato dall’umanizzazione degli animali, resi talvolta voci narranti, quasi a conferirne un aspetto
eroico e fantastico. Ascoltando bene si percepisce anche qualche goccia di nostalgia per quello che le
fiabe rappresentano. Bestiario Musicale è un lavoro per nulla ordinario e che si rende originalmente
poetico, insomma, in una sola parola: bestiale! [8/10] Daniela Fabozzi
Stolen Apples
TRENCHES
Rock Bottom Records, 2017
Lungs è l’apertura perfetta per il disco a tutti gli effetti, sia come
prima traccia che come singolo anticipatore dell’uscita dell’album. È
infatti un brano che racchiude l’ecletticità e l’approccio internazionale
dell’intero lavoro di questa giovane band di Roma dando subito una
chiara percezione dello stile e della stoffa che dimostrano di avere i Mòn.
Degni di nota sono gli intrecci vocali dati dalla voce calda di Stefano con
la voce più delicata di Carlotta che portano a delle preziose suggestioni
armoniche in contrasto alle linee musicali a volte sintetiche. The Flock è l’esempio migliore di questa
fantastica armonia vocale, che apre ad effetto senza essere circondata da altri strumenti se non dopo
l’attacco musicale da cui passa in secondo piano ritornando talvolta a far capolino. Anche Fragments
offre un’apertura più soft con la sola voce femminile che sfocia in un insieme di altri elementi come
linee di chitarra campionate e voci sintetiche stile Daft Punk. Non mancano le linee sperimentali come in
That Melts Into Springs, dove la chitarra accelera il ritmo base creando un bel groove anche con il basso
ed il cantato distorto. Sorprendentemente piacevole si rivela il refresh verso la fine di Indigo, come se
avessimo cambiato traccia senza accorgercene, ci catapultiamo da quello che sembra essere un classico
finale di traccia in nuovi giochi di ritmica e cambio di velocità ancora per qualche minuto. Nel complesso
Zama mescola finemente sonorità talvolta cullanti e talvolta più aggressive ed incisive con una bella
dose di carica da vendere ma ben equilibrata, viaggiando su una struttura dei brani originale e sempre
coinvolgente. L’ascolto è reso quindi molto piacevole e crea sicuramente la curiosità di sentirli dal vivo.
[7,5/10] Daniela Fabozzi
Orfeo
ARCADIA
Cane Nero Dischi, 2017
Una one-man band che è anche un cavallo, perché chi l’ha detto che
solo gli uomini possono suonare blues? Let’s Gallop! Si apre con un
entusiasta commentatore del Kentucky Derby che afferma proprio
questo, mentre Declaration of Intent parte di scatto al colpo di revolver
d’ordinanza. Esperimento semiserio ma condotto con evidente
conoscenza dei mezzi espressivi di nicchia, One Horse Band espone la
propria mercanzia fatta di chitarre slide, accordature aperte, sventole
di grancassa e ululati che lasciano presagire intenti VM18. Un disco estremamente divertente,
insomma – veloce, sudato, fracassone, pieno di voglia di ballare, sballare e far festa. Il cavallo deve aver
studiato la scena nella quale è andato a inserirsi, da Bob Log III ai Blues Explosion, senza dimenticare
classici e mostri sacri quali Mississippi Fred McDowell o alcuni momenti particolarmente graffianti di
Sua Maestà Tom Waits. Attitudine punk, lo-fi e blues che One Horse Band spara a raffica dalle corde
maltrattate delle sue chitarre, con l’intento neanche troppo mascherato di far ballare le signore – e
convincerle a seguirlo nel backstage a concerto finito, probabilmente. C’è anche tempo per un paio di
escursioni nei territori del Folk-Blues acustico, nei quali il cavallo dimostra innegabilmente la propria
padronanza del linguaggio, riuscendo anche a incantare con Altare, pezzo di chiusura morbidissimo e
placido, quasi un’alba dopo una notte di bevute, balli, sesso e fracasso. [7/10] • Marco Petrelli
Nadsat
CRUDO
Upupa Produzioni, Oh! Dear Recordings, Toten Schwan Records, Koe
Records Low Profile, Vollmer Industries, È Un Brutto Posto Dove Vivere,
2017
A ben cinque anni dal suo disco d’esordio Giuseppe Vallenari, in arte El
Matador Alegre, è tornato in studio per realizzare qualcosa che, come
lascia intuire il titolo, ha molto a che fare con atmosfere sognanti e
notturne. Atmosfere oniriche, rilassanti ed introspettive vengono infatti
mescolate con elementi elettronici ed alternative creando intrecci con
chitarra ed elettronica a volte cullanti e altre volte nostalgiche. La quiete
e le ritmiche acustiche conferiscono un approccio prevalentemente slow
all’ascolto, dove la chitarra ha un ruolo melodico e di accompagnamento ma assume anche funzione
ritmica a sprazzi. In generale c’è la giusta combinazione di elettronica, senza abusare o prevaricare le
sonorità più acoustic del disco che può essere identificato come indie folk, dai brani cantati in inglese
con una voce filtrata e alle volte pastosa che ben si presta proprio al genere acustico. Il brano che
probabilmente racchiude di più questo mix è I Am Legion, dall’incipit un po’ più black che apre a linee di
elettronica sempre più palesate verso la fine per poi passare ad un letto di chitarra fluida che è la linea
più presente nell’album. Le strutture dei brani non sono mai fisse ed inquadrabili, Dreamland si rivela nel
complesso piacevole all’ascolto ma allo stesso tempo niente di troppo accattivante o esaltante.
[6,5/10] • Daniela Fabozzi
Crivellator
RUMORE DE MERDA
Autoprodotto, 2017
Secondo album del romano VonDatty, alle prese questa volta con un
lavoro introspettivo e notturno, meno urlato e sofferto del precedente
Madrigali, dai toni spesso personali, morbidi, quasi onirici, anche se
intensamente emotivi. La vena cantautoriale del musicista emerge
con prepotenza in brani quali Dalla carne, Non credere ai fiori, La
parte mancante, Ad ogni piccola morte, Il peso delle labbra, canzoni in
cui si parla di amore, di relazioni, di verità, ma senza sentimentalismi
e compiacimenti. Ne viene fuori la fragilità e al tempo stesso la forza dei legami e delle emozioni,
dalla passione alla disillusione, raccontate con sincerità e delicatezza. Motivi e sonorità più rock,
aspre e decise, si ascoltano in Wonderland e La pietà, quest’ultima con la partecipazione vocale di
Daniele Coccia dei Muro del Canto, e soprattutto in Grigio Perla, graffiante e dura, forse il pezzo più
convincente dell’album, sia nei testi e sia nelle atmosfere musicali, crepuscolari e tirate. Altro brano
molto intenso e oscuro è il coinvolgente Profumo con la partecipazione al canto di Sarah Moon.
L’album non appare del tutto omogeneo, variando per registri e tonalità, forse in maniera eccessiva,
ma VonDatty conferma la sua vena compositiva e la sua capacità di misurarsi con la forma canzone in
modo originale e sincero. [6,5] • Vincenzo Pugliano
33CL
TRENTATRE
Goti Records, 2016
EP
Fuco
ADDICTED
Smartz Records, 2017
Wicked Expectation
FOLDING PARASITE
Autoprodotto, 2017
33 GIRI DI PIACERE
SARAH RECORDS - L’ETICHETTA DELLE CILIEGIE
La Sarah Records per me è una scoperta molto recente. Conoscevo larga parte della produzione della
Factory e della Creation ma i dischi della Sarah mi mancavano completamente. Poi, grazie ad un amico,
ho saputo che a rappresentare il jangly pop, l’indie britannico e lo shoegaze c’era anche questa etichetta
fondata a Bristol nel 1987.
Che Clare Wass e Matt Haynes, i due fondatori, siano cresciuti a suon di fanzine è fin troppo evidente.
Un po’ come sta succedendo negli Stati Uniti in cui sul finire degli anni Ottanta sorgono diverse case
discografiche indipendenti, Wss e Haynes si legano completamente a quel modo di concepire la musica,
pur non prodicendo dischi punk hard-core ma bensì di
ottimo pop. Sempre nel presentare Shadow Factory (che
in copertina raffigura l’area portuale di Welsh Back), in
contrapposizione alla politica delle finte etichette indie,
i due spiegano che tra le tracce non c’è nessuna uscita
inedita proprio per non alimentare il mercato delle bonus
track.
LA MUSICA DI SARAH
DISCOGRAFIA ESSENZIALE
I dischi dell’etichetta sono difficili da reperire. In Rete si trova qualcosa, altro è stato ristampato dalla
Cherry Red Records. Oltre alle due citate raccolte, a seguire una mini - discografia essenziale da non
perdere.
Ochids - Lyceum
Sea Uchins – Stardust
Field Mice – For keeps
Another Sunny Day – London Weekend
Lorenzo Briotti
L’OPINIONE
DELL’INCOMPETENTE
“Chiedo scusa alla favola antica | se non mi piace l’avara formica | io sto dalla parte della cicala |
che il più bel canto non vende... regala!” da Filastrocche in cielo e in terra di G. Rodari
Caldo che non si riesce a dormire, che non si riesce KMFDM - Hau Ruck
a lavorare, che non si riesce e basta. Vi siete mai Insomma, nel duro mondo dello show biz, hanno
chiesti perché il mondo continua ad andare così avuto più “giri di do” che “giri in cui hanno preso”.
bene nonostante il caldo e tutto il resto? Beh, ve lo Io il disco lo trovo bello e con una sua originalità
dico io: un po’ per il diffondersi dei condizionatori, nonostante che i suoi ritmi ipnotici, il cantato
un po’ per il progressivo affermarsi di un solido moribondo e lo sferragliare distorto della chitarra
sistema di incompetenza. Nelle grandi democrazie sia qualcosa che ho già sentito spesso anche
e nei boards of directors delle grandi aziende ci altrove.
sono solo grandissimi incompetenti a ricoprire Il brano che mi è piaciuto di più in assoluto è il
i ruoli più importanti. Ricordo che al colloquio in n.5 Magnolia Caboose Babyshit (1:07) una breve
BF per l’assunzione sbaragliai la concorrenza e bellissima cavalcata mozzafiato (io l’avrei
quando alla domanda: “cos’è intitolata: Breathless Running)
il giro di do”? risposi: “il giro in dove la chitarra, protagonista
cui non si prende” (dieci minuti assoluto, parla proprio.
di applauso e standing ovation Gli altri pezzi nell’ordine in cui
della commissione). vengono proposti:
Il verduraio sotto casa mia che 1.This Gift (3:34) dal ritmo
invece era molto competente sincopato e ritornello in coro;
(tanto da riconoscere la 2.Flat Out Fucked (2:15);
frutta buona e consigliarla ai 3.Get Into Yours (3:50) bella
clienti) ha chiuso. Ma non c’è l’intro; 4.You Got It (2:50); 5.
problema, a tre isolati da qui è Magnolia Caboose Babyshit
sorto un’ipermercato francese (1:07) di cui abbiamo già detto;
di cinque piani aperto h24 che 6.Come to Mind (4:52) una
è superdotato, ovviamente, di aria condizionata. ballata lenta, i cori suggeriscono l’immagine di
Al reparto “frutta e verdura” c’è un settantenne qualcosa che riaffiora dai ricordi; 7.Here Comes
laureato in scienze delle comunicazioni con Sickness (3:41) con l’intro di chitarra distorta,
contratto giornaliero rinnovabile a raggiungimento la batteria e la voce malata; 8.Running Loaded
budget. Devo dire che non sa una mazza di frutta (2:50) dal ritmo incalzante, come una corsa che
e verdura, però riesce facilmente a convincerti che esplode nel ritornello; 9.The Farther I Go (2:07)
l’acquisto di pomodori fucsia a forma di cetriolo veloce e semplice, che resta in mente già dal primo
sia la scelta migliore che tu possa fare. ascolto; 10.By Her Own Hand (3:16) lenta e con
Bene, scusandomi per la breve digressione, vi la voce che cambia di tono; 11.When Tomorrow
parlerò ora dell’album “Mudhoney” dell’omonimo Hits (2:39) all’inizio non cantata ma parlata,
gruppo. Sembra che i Mudhoney, per rimanere lentissima, ipnotica, paranoica; 12.Dead Love
fedeli alla loro originale idea di musica (garage (4:27) a chiudere potente e abbastanza incaxxata.
rock) ed alle proprie inclinazioni, non abbiano Vi auguro una felice e incondizionata esistenza!
avuto lo stesso successo di altri gruppi come i Rubby
Nirvana, gli Alice In Chains, i Soundgarden.
MAOW
Genere: Cuddlecore
Nazionalità: Canadese
Formazione: Corrinna Hammond (basso e voce); Neko Case (batteria e voce); Tobey Black (chitarra e
voce).
Discografia: I Ruv Me Too (Ep, 1995); The Unforgiving Sounds of Maow (Lp, 1996).
Segni particolari: da Meow a Maow ma mai Miao!
Data e luogo della scomparsa: 1997, presso la sede della “Vancouver Orphan Kitten Rescue
Association”.
Motivo per cui saranno (forse) ricordati: per essere state paragonate alle prime Go-Go’s.
Motivo per cui dovrebbero essere dimenticati e mai più riesumati: perché più che Go-Go’s erano
delle No-No’s!
EASY GOING
Genere: Disco.
Nazionalità: Italiana.
Formazione: Paolo Micioni (voce dal 1978 al 1979 e sostituito dal ballerino/cantante Russell Russell nel
1980); Francesco Bonanno (ballerino); Ottavio Siniscalchi (ballerino).
Discografia: Easy Going (Lp, 1978); Fear (Lp, 1979); Casanova (Lp, 1980); The Best of Easy Going (Lp
compilation, 1983).
Segni particolari: “E benvenuti a sti frocioni, belli grossi e capoccioni, e tu che sei un po’ frì frì, e dimme
un po’ che c’hai da dì!” (cit. film: Fracchia la Belva Umana)
Data e luogo della scomparsa: 1983, nella stanza di Gianni Boncompagni nel leggendario palazzo della
RAI in Viale Mazzini.
Motivo per cui saranno (forse) ricordati: essere stati prodotti da niente po’ po’ di meno che da un
Goblin come Claudio Simonetti. Che culo!
Motivo per cui dovrebbero essere dimenticati e mai più riesumati: aver dato l’idea a gente priva di
talento come, per esempio, l’ex 883 Mauro Repetto che si può essere in una band senza saper fare nulla.
Se non danzare come la versione drogata di un Herbert Ballerina nel film “L’uomo che usciva la gente”.