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Il cammino della polifonia Ars Nova italiana Scheda 08

IL CAMMINO DELLA POLIFONIA - SCHEDA 08

ARS NOVA ITALIANA

“Quando v’ho detto che gran parte sono gente di chiesa, non v’ho detto nulla di nuovo.
Tutto nel medioevo sapeva d’incenso. (…) La musica come tutte le arti usciva di chiesa
per farsi profana; s’inebriava un cotal poco dell’aria aperta, dicea fioretti alle gentildonne,
ballonzolava per le piazze, per le sale e per le corti, ma studiavasi poi di essere a tempo
per ritornare la sera devotamente in chiesa a dir compieta. (…) Ancora: quando parecchi
di quei musicisti sono stranieri (…) nulla v’ho detto di singolare. La musica dalla fine del
Trecento fioriva più prosperosa in Francia e in Fiandra che non in Italia: niuna meraviglia
dunque che di là ne venisser maestri: era un gentil ricambio delle arti più gentili fra le
nazioni. E quei francesi e fiamminghi musicavano ballate italiane (…) e le canzonette
francesi abbondavano nei manoscritti italiani del Trecento.”
(G. Carducci, Musica e poesia nel mondo elegante italiano del sec. XIV)

Il madrigale

Da matricale o mandriale prese nome la forma di poesia per musica più disffusa nel primo
periodo dell’Ars Nova italiana.
Era quasi sempre a due voci (raramente a tre) ma fra esse prevaleva, nella
caratterizzazione espressiva e per impegno vocale, quella superiore.

“La forma più antica di quest’arte è il madrigale, di cui è nota la struttura metrica in due o
tre strofe consimili generalmente di tre endecasillabi variamente rimati e in una coppia
finale di versi (eventualmente anche uno solo) a rima baciata, anche questi di solito
endecasillabi. L’intonazione musicale era condotta soltanto sulla prima strofa e sul
ritornello, ricantandosi le strofe successive sulla musica della prima”
(N. Pirrotta, Il Sacchetti e la tecnica musicale del ‘300 italiano, Firenze, Sansoni, 1935)

Fenice fui è uno dei più gentili e noti madrigali del primo periodo dell’Ars Nova Italiana.
L’autore del testo resta sconosciuto mentre è cosa certa che la musica è di Jacopo da
Bologna. Questo madrigale è conservato nel Codex Palatino 87 della Biblioteca Mediceo-
Laurenziana di Firenze.

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La caccia

“Un altro tipo di composizione forse meno antica e meno frequentemente praticata ma
certo molto gradita era la caccia. In essa il canone di due parti vocali, spesso
accompagnato da una voce strumentale, è il mezzo attraverso cui si cerca di riprodurre
musicalmente la vivacità rappresentativa del testo, sia esso effettivamente riferito ad
episodi di caccia, o di pesca o di mercato o ad altre rappresentazioni del genere.
La ripetizione successiva nelle due voci delle inflessioni melodiche e dei ritmi è utilizzata
per rendere efficacemente l’incrociarsi molteplice di grida o di richiami. I versi, or brevi or
lunghi, si intrecciano variamente; i melismi, sia per ottenere maggiore vivacità ritmica che
per accrescere le proporzioni della recitazione di un testo relativamente lungo, hanno
vaste proporzioni all’inizio e alla conclusione delle parti maggiori della composizione, ma
sono, nella parte centrale, spesso sostituiti da silenzi, comunque meno usati e riservati
soltanto al conseguimento di effetti speciali.”
(N. Pirrotta, Il Sacchetti e la tecnica musicale del ‘300 italiano)

Per larghi prati è una delle tre cacce di Giovanni da Cascia conservate nel codice
Panciatichiano 26 di Firenze. Insieme alla vivacità dell’imitazione fra le voci sono notevoli
la spezzatura degli accenti ritmici e un bell’esempio di hoquetus1 dalla battuta 52.

1L'hoquetus o hochetus (dal francese Hoquet cioè "singhiozzo") detto anche Cantus Abscissus o Cantus Troncatus
è una tecnica compositiva utilizzata per la prima volta nel tardo mottetto del XIII secolo. Questa tecnica si sviluppò in
Francia presso la Scuola di Notre-Dame durante l'Ars Antiqua, ma fu utilizzata anche successivamente da compositori
quali Guillaume de Machaut nel periodo dell'Ars nova. Si tratta di interruzioni brevi e frequenti della linea melodica
ottenute per mezzo di pause alternate tra le varie voci che costituiscono un brano polifonico restituendo in questo modo
una sorta di "effetto singhiozzo" all'ascolto.
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La ballata
La ballata con tutte le varietà di verso e di stanza che ella può pigliarsi fu la forma
generale, direi quasi universale, della lirica popolare italiana nei primi tre secoli. Cotesta
forma si acconciò subito nel Duecento il sentimento religioso; e ne venne fuora la lauda la
quale ne’ suoi principi mostra pur qualche traccia profana che ne accusa l’origine. (…)Ma
venendo a investigare e definire che cosa fosse veramente la ballata antica italiana, che
ella si accompagnasse al suono e al ballo, lo affermano concordi Dante e i due trattatisti di
poetica volgare, dopo Dante i più antichi, Antonio da Tempo e Gidino da
Sommacampagna. (…)

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Dice Gidino “Queste ballate o sia canzone sono cantate dalle persone, secondo lo sóno e
canto dato a quelle; (…) la materia che nella ballata si tratta esser d’amore”. (…)
Infine l’abitudine metrica della ballata è siffatta da rispondere ai giri del ballo come quella
che si compone di una ripresa che apre in due o al più quattro versi il canto e il ballo, di
due mutazioni che si contrappongono fra loro e nelle quali il canto si muta da quello dell
aripresa, di una vólta con la quale si ritorna al canto della ripresa (…); e la ripresa
chiamasi appunto così perché nel fine della strofa (…) si riprende a cantare.
(G. Carducci, Musica e poesia nel mondo elegante italiano del sec. XIV)

La ballata, quindi, fu la forma di poesia per musica più coltivata durante l’Ars nova italiana.
Più che della contemporanea ballade francese essa è l’equivalente della Chanson
balladée, cioè del virelai.

La ballata che segue Io son un pellegrin, conservata nel Fonds ital. 568 della Biblioteca
Nazionale di Parigi, è attribuita a Giovanni da Cascia.

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La ballata fu la forma prediletta da Francesco Landino (1325 - 1397) che ce ne ha


tramandate almeno 140.Una delle più intense è quella che inizia con le parole Non avrai
mai pietà conservata nel codice palatino 87, più noto come codice Squarcialupi dal nome
dell’organista fiorentino del ‘400 cui apparteneva.
Qui riproduciamo la versione originaria a 3 voci. Notate Cantus e Tenor di carattere
melodico; il Contratenor ha carattere di accompagnamento anche se ha una scrittura
vocale.

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