You are on page 1of 11

Credere nel miracolo:

la Napoli di
Sandor Marni ne
H sangue di San Gennaro

A n t o n io D onato Sc ia c o v e l l i

EGLI ULTIMI DUE ANNI IL LETTORE ITALIANO AVRÀ NOTATO NELLE VETRINE Laureato in Filologia
E SUGLI SCAFFALI DELLE LIBRERIE, GLI ELEGANTI VOLUMI L e BRACI (1998), e Storia dell’Europa
Orientale all’Istituto
L ’e r e d it à di Eszter (1999), L a r e c it a d i B o lza n o ( 1999), c h e la C asa
Universitario
E d it r ic e A d e l p h i h a pubbucato « r il a n c ia n d o » u n autore ungherese
Orientale di Napoli,
FINO AD ALLORA SCONOSCIUTO AI PIÙ, SÀNDOR MARAL NATO A KÀSSA (OGGI tiene corsi di storia
K o Sic e , nella S l o v a c c h ia O r ie n t a l e ) l '11 a p r il e d e l 1900, c o m p ie della letteratura
gli studi nella città natale e ad Eperjes, poi si trasferisce nella italiana del Medioevo

capitale, dove inizia Fattività di giornalista, che non interrompe e del Rinascimento
presso la Scuola di
(pubblicherà sempre comunque sui giornali della città natale)
Studi Superiori
neanche quando inizia a spostarsi verso nord, prima a Vienna, Daniel Berzsenyi
poi a Berlino ed infine a Francoforte, dove collabora con la di Szombathely.
Frankfurter Zeitung. Agli anni tedeschi seguono quelli del Si interessa della
soggiorno parigino con la m oglie Lola (Ilona Matzer), finché nel narrativa italiana
del Trecento e dei
1928 non decide di tornare a Budapest, dove abiterà fino agli anni
problemi della
più difficili del secondo conflitto mondiale, pur con qualche
traduzione letteraria
interruzione dovuta alla sua attività di inviato. L'attività di tra Italia ed Ungheria.
romanziere, già iniziata tim idam ente a Vienna, prosegue
soprattutto nel periodo budapestino, incredibilmente fecondo
di titoli (accanto ai romanzi ci sono anche timidi tentativi lirici)
che ne fanno uno degli scrittori di punta dell’ultima generazione,
seguita ai «grandissimi» che egli stesso prende a m odello di
scrittura o di vita (Gyula Krudy e Dezsó Kosztolànyi, ad esempio) : I
dopo numerosi titoli ormai dimenticati, nel 1934 esce la prima Olili
29
[ANTONIO DONATO SCIACOVELLI]

Un cortile a Spaccanapoli
[CREDERE NEL MIRACOLO: LA NAPOLI DI SÀNDOR MÀRAI NE IL SANGUE DI SAN GENNARO]

parte del m onum entale Egy polgdr vallomdsai (Le confessioni di un borghese), che
anche la critica attuale considera uno dei suoi capolavori, negli anni seguenti
vengono date alle stampe le opere che anche i lettori italiani conoscono, appunto
Eszter hagyatéka (1938), Vendégjàték Bolzanóban (1940), A gyertyàk csonkig égnek
(1942), ma anche l’om aggio al «m ito » krudyano Szindbdd hazamegy (Szindbad torna
a casa) (1940), il preziosissim o Fiìves kónyv (Erbario) (1943), sorta di testam ento
m orale in form a di epigram m i in prosa. Gli ultim i anni della guerra lo spingono a
fissare in un D iario (Napló) le considerazioni sulla vita quotidiana, sull’arte, sulla
politica, e questa attività costituirà un corpus notevole, in una continuità che va dal
1943 fino agli ultimi anni di vita: d op o i diffìcili anni della guerra, con la ricostru­
zione em ergono sem pre più forti le idiosincrasie con il regim e com unista che
TUnione Sovietica im pone airUngheria, contraddistinto da un’avanzata delle forze
filom oscovite im pegnate a concertare processi-farsa che elim inino ogni form a di
parlamentarismo, limitando anche le attività artistiche, soprattutto attaccando il ceto
sociale stesso a cui Màrai appartiene; così già nel 1948 Màrai decide di abbandonare
il suo Paese, forse con la nascosta speranza di potervi ritornare. D op o un brevissim o
periodo in Svizzera, lo scrittore si stabilisce a Posillipo, dove resterà fino al 1952, anno
della partenza per N ew York: gli anni di questa prim a em igrazione, fino al fallim ento
della rivoluzione ungherese del 1956, rivivono in tutta la loro dram m aticità
esistenziale dalle pagine del Diario (volum e relativo agli anni 1945-1957, pubblicato
nel 1958 a W ashington) e del rom anzo San Gennaro vére (Il sangue di San Gennaro),
pubblicato a Baden-Baden nel 1957. Persa orm ai ogni speranza di poter tornare in
Ungheria, e convinto di non poter sacrificare né com prom ettere in nessun m od o il
proprio atteggiam ento m orale ed il proprio com pito di intellettuale, Màrai continua
a scrivere per gli ungheresi che vivono fuori dall’Ungheria: rom anzi e diari, pubblicati
soprattutto a Toronto, si succedono negli anni Sessanta e Settanta, anni che lo vedono
ritornare spesso in Italia, per brevi viaggi o per lunghi periodi di soggiorno. Gli ultim i
anni della vita di Màrai, rattristati da lutti familiari, sono contraddistinti dal ritiro
assoluto dalla vita pubblica e dalla miseria: m uore suicida nel 1989, a San D ie g o 1.
Uno dei m om enti più difficili e problem atici dell’esilio volontario di Màrai è
proprio il periodo napoletano, contrassegnato da interrogativi inquietanti sul diritto
dell’uom o ad avere una patria, un’identità, una possibilità di conservare le proprie
caratteristiche di uom o libero: nella realtà, esiste il terribile sospetto che l’uomo europeo
sopravvissuto alla seconda guerra mondiale, specie se ha abbandonato il proprio Paese,
non sia che un numero, un numeretto scritto su di una pratica amministrativa, che
ormai non contiene alcuna parvenza umana, com e in questo passo:

... S on o tip i stra n i - disse - si a tta cca n o a g li accenti.


I l vice questore restò interdetto:
- A g li a ccen ti? N o n capisco. A q u a li a ccen ti?
L'agente si strinse n elle spalle:
- A g li accenti, così, in generale. Questa gente, che a rriv a d a ll’a ltra pa rte d ella c o rtin a d i
fe rro, si intestardisce sugli a ccen ti: a B a gn oli, d ove vengono rila scia ti i perm essi d i
soggiorno, recla m a n o a voce a lta i lo ro a c c e n ti... Sem bra che n e i paesi da dove vengono, I
g li a ccen ti sia no qu alcosa d i im p o rta n tis s im o , in fa tti ce riè d i o g n i tip o : se u n o con trolla , 6.2001
31
[ANTONIO DONATO SCIACOVELLI]

trova accenti sulle vocali e persino sulle consonanti. Sì, sono in fon do come degli accenti,
degli strani segni: perché sono tutti di form a diversa, di un tipo quelli degli ungheresi,
di un altro quelli dei romeni, epoi ci sono i cechi, e i polacchi. A questi segni sono
attaccatissimi. (...) A me sembra che questi non abbiano orm ai più nulla, così un bel
giorno si svegliano e credono di non essere più quelli che erano, quando ancora
possedevano g li accenti. Sarà per questo che alcuni si portano dietro delle macchine da
scrivere vecchie e stravecchie, perché lì ci sono ancora le lettere accentate di cui hanno
bisogno.
(San Gennaro vére:126-127)2

La considerazione, che si trova al centro del romanzo II sangue di San Gennaro, è esposta
da un agente di Polizia al suo comandante, nel corso dei preliminari di un'inchiesta
su di un suicidio sospetto, in cui ha perso la vita un «profugo» di oltrecortina che viveva
a Posillipo in attesa di imbarco per l’Australia: al di là delle considerazioni di ordine
autobiografico, che vengono fuori vivissime alla lettura del Diario (1945-1957, e
soprattutto gli anni 1949-1952), lettura che utilizzeremo volentieri anche nel corso
della nostra analisi, questo romanzo, com e si evince dal titolo, è uno scritto sulla
fenom enologia del miracolo, sulla possibilità di poter «cambiare il m ondo», di cui è
portatore anche il protagonista del rom anzo stesso, la cui figura ci viene descritta
sempre da un punto di vista esterno, quello dell’agente di Polizia, dell’ecclesiastico
am ico e com pagno di discussioni, della donna che con lui divide gli anni
dell’emigrazione, ma soprattutto dall’ambiente esterno, da Napoli, dai vicoli, dai bassi,
dalla vita affollata di un popolo che attira le simpatie dello scrittore e del protagonista,
senza quasi mai cadere in descrizioni oleografiche, folkloristiche, canzonettistiche.
Il volum e è significativam ente dedicato ad alcuni dei personaggi stessi del
romanzo, cioè:

A PASQUALINO, PERCHÉ AVEVA SEI A N N I


ED O GNI MATTINA PORTAVA G IÙ E IM M O N D IZIA

AL PESCATORE CON U N BRACCIO SOLO,


PERCHÉ AVEVA MESSO A TACERE IL MARE

A SANTO STRATO, PROTETTORE DELLA CASA E D EI MALATI

A I FIORI

AGLI A N IM A LI

A LM ARE

A I POVERI D I POSILLIPO

ALL'ITALIA

Sono personaggi vivi, uom ini e cose, animali e fiori, e l’Italia stessa, che se in un prim o
K
6.2001
m om ento può apparire soltanto il luogo del soggiorno provvisorio prim a di lasciare
il Vecchio Continente, per solcare l’Oceano ed arrivare in Am erica (l’Australia nel

32
[CREDERE NEL MIRACOLO: LA NAPOLI DI SÀNDOR MÀRAI NE IL SANGUE DI SAN GENNARO]

Vita quotidiana a Napoli

rom anzo), sempre più diventerà, nel corso delle esperienze di ogni genere com piute
dal protagonista, Tunico luogo dove ancora possano avvenire i m iracoli:

N o n era m a i stato a d Assisi - disse la d o n n a - e nea nch’io c ’ero m a i stata. M i aveva d etto
d i non aver m a i osato andare ad Assisi, perché aveva p a u ra d el viaggio, p e r questo l ’aveva
sem pre rim a n d a to. (. . . ) M i rico rd o d i tutto, d a ll’istante in c u i s ia m o scesi d a l treno, ad
Assisi. F in ch é vivo, m i rico rd e rò d i o g n i a ttim o d i q u e lle v e n tiq u a ttr’ore, a n ch e dei
m o m e n ti in c u i n o n è successo n u lla ... M a a d Assisi n o n c i sono m o m e n ti in c u i n o n
succede nu lla, lì succede sem pre q u a lcosa ... Esiste un a ltro tip o d i azione, che
genera lm ente si c h ia m a così... L a tensione, che em a n a d a lle case, d a l paesaggio, riesce
a circon d a re g li u o m in i, c o m e u n ’azione. (. . . ) M i disse che la ra d io a ttiv ità d egli is o to p i
del ca rb o n io ha una d u ra ta d i s e im ila a n n i: un u om o, però, p u ò em a n a re ra d ia z io n i
anche p e r un p e rio d o d i te m p o p iù lungo, perch é è p iù f o r te d el carbonio. L a ra d io a ttiv ità
che e m a na d a l c o rp o d i San Francesco, e p o i d a i m u r i d elle case, d a lle p ietre d ei m u re tti
dei gia rd in i, da tu tto q u a n to è stato to cca to d a l S an to e gra zie a lla sua fo r z a sp iritu a le
è d iv e n ta to ra d ioa ttivo, a n cora p e r m o lto co n tin u e rà ad essere a ttiv a ... (SG:212-214)

E dal diario, un brevissimo, m a eloquentissim o, fram m ento:

D a p p e rtu tto le o rm e d i San Francesco. Era l ’u n ic o a conoscere il segreto: « p e lle g r in o »


e «s tr a n ie r o »3. Bastano una valigetta ed un rasoio. E d un San Francesco. {N ap ló.:141)4
6.2001

33
[ANTONIO DONATO SCIACOVELLI]

Questo fram m ento sembra originato dairesperienza diretta di viaggio, seguita alla
lettura di alcune opere sul Santo, ma anche di opere di argomento teologico e mistico
(v.D: 130-142):

I l lib ro d i Jorgensen5 su San Francesco: u n o dei te n ta tivi d i a v vicin a rsi a l passato, quasi
f in o a fin ir c i dentro. I l proselito scandinavo parte con tutto il fa rd e llo della sua educazione
scolastica... ed a lla fin e si in con tra con San Francesco.
Q uan d o il giova n e B ern ard one si aggira piangen te nei pressi della P o rziu n cola ,
tu tto im m e rso nella d olorosa riflessione sulle fe rite d i Cristo, un passante lo vede e g li
chiede c o m p u n to perché pianga. B ernard one rispon de: «P ia n g o p e r le pene sofferte d al
S a lva tore.» «O ttim a idea - afferm a il n u o vo venuto (è vero, Jorgensen n o n d ice p ro p rio
così, m a questo è il n o c c io lo della scena) - a llora p ia n g ia m o in s ie m e .» E così - con la
g io ia delle a n im e che si sono ritrovate - in iz ia n o a piangere, in due. Se qu a lcu n o lo facesse
oggi, lo chiud erebbero in m a n ico m io . N e l M e d io Evo, invece, questo c o m p o rta m e n to non
era affa tto m orboso, a n z i era « na turale» e «sa lu b re ». (D:136)

Completa il riferimento all’incantamento rilevato dallo scrittore nella cittadina umbra


una riflessione su Assisi com pilata durante un altro viaggio (probabilm ente quello
poi sviluppato nel racconto della donna ne II sangue di San Gennaro) , prima di partire
per N e w York:

Assisi. - I l paesaggio u m b ro offre in abbondanza, a lla vista del viaggiatore, le citta d in e


m ed ie va li costruite sulle collin e. N o n è fa c ile a rriva re fin o a i santi. C o m e f u in vita, così
a n ch e da san ti si ritira n o d a l m ondo. ( ...) In questa città nessuno ha denaro: m a forse
n o n si tratta d i un fe n o m e n o nuovo, da queste parti. H o pagato il c o n to d ella cena con
un b ig lie tto da d ie cim ila , che ha fa tto girare m ezza città ad un garzone, n e l tentativo di
cam bia rlo. A n ch e questo m i piace.
Santa Clara. Che fo rz a a lbergava in questa donna. Le d o n n e sono sem pre fo rti.
N o n è un caso che in o g n i lingua, d ota ta del genere p e r i sostantivi, la fo rz a sia d i genere
fe m m in ile : L a force. L a fo rza . D ie kraft.6 L ’ungherese e l ’inglese sono lin g u e p iù discrete.
Assisi è la p o rta segreta p e r in tro d u rs i in Ita lia . A ltrim e n ti, il via ggiatore c i entra
sem pre o attraverso p o rta li m o n u m e n ta li, o p e r le p o rtic in e d i servizio. Assisi è la p o rta
segreta nascosta d a lla carta da pa ra ti: ci in tro d u ce nella vita segreta d e ll’ita lian ità ,
d irettam ente. (D :81-182)

Recuperare una spiritualità antica, ancestrale, n ell’Europa postbellica, sembra un


obiettivo irraggiungibile, eppure sta proprio lì, davanti agli occhi dell’intellettuale
che giorno dopo giorno riacquista il contatto con il mare, con l’aria, con gli odori,
con un atteggiamento di vita che nelle case, nei cortili, nelle strade di Napoli si incarna
soprattutto nell’accostamento, senza una netta linea di dem arcazione, tra signori e
lazzaroni:

I l p rim o a suonare è Pasqu alin o, a lle sei del m a ttin o. Viene a raccogliere l ’im m o n d iz ia :
ha appen a sei an n i, e deve trasportare un secchio p iù grand e d i lui. R achitico,

M tubercolotico, ha d egli o cc h i n e ri m era vigliosa m ente lucenti. Q uan d o p o rta g iù p e r le


scale il secchio d e ll’im m o n d iz ia , sem bra un a geisha alle prese con u n 'en orm e scatola
m i
p o rta ca p p e lli, in una c o m m e d ia giapponese. P asqu alin o, co m e gen era lm en te il p o p o lo

34
[CREDERE NEL MIRACOLO: LA NAPOLI DI SÀNDOR MÀRAI NE IL SANGUE DI SAN GENNARO]

d i qu i, è orgoglioso: il trasporto d el secchio è p e r lu i s o lta n to un pretesto, che g li p e rm e tte


d i venire a s uonare o rgo glio s o il ca m p a n e llo , a lle sei d el m a ttin o. R iceve in c a m b io tre
caram elle ed un a m a n cia ta d i m ozzicon i, d o p o d i che si allon ta n a , senza d ire una parola.
D u e m in u ti d o p o ritorn a , p o rta una cam elia, o un ra m e tto d i m im ose. N o n è capace d i
accettare n u lla g ra tu ita m e n te , perch é i s u o i a n ten a ti f u r o n o p ro co n s o li o schiavi. Che
p o i n e ll'a rco d i d u e m ila a n n i significa la stessa cosa. E ra n o la tin i.
Verso le o tto viene il vend itore d i uova. (. . . )
- E cce lle n za 7 - m i f a sottovoce.
In izia a scegliere le uova m igliori. N o n aspetta risposta, né varrebbe la pena protestare
p e r l'appellativo, dato c h e a P o s illip o tu tti sono «eccellenze». N a p o li è p ien a d i «eccellenze»,
né p er questo il tito lo ha im p o rta n za alcuna. O gn i straniero è un ' «eccellen za », p e r n on
parlare dei p a d ro n i d i casa, degli im p ie g a ti statali e dei preti. I l tito lo ha infatti, nel corso
delle epoche, nell'uso qu otid ia n o, perd uto o g n i acu m e offensivo ed o g n i accento servile o
d i om a ggio: la c o m p lic ità che è venuta fo rm a n d o s i e rafforzandosi nel corso d i una
convivenza m illenaria, tra le eccellenze e le non-eccellenze, la coscienza p rofon d a e viscerale
con c u i q u i o g n u n o conosce d ell'a ltro i segretifisici, fa m ilia ri, e co n o m ici e spiritua li, h a nn o
com pletam ente sem plificato la scala d i valori degli appella tivi e dei titoli. A N a p o li vivevano
re, esisteva una corte. (...) M a a N a p o li vivevano anche spagnoli, che ha n n o lasciato palazzi
tira ti su senza senso estetico, c o n ti m a i saldati, promesse d'am ore, d'affari e d i stato m a i
m antenute, i rico rd i del loro atteggiam ento d i rigid o cavallerescheggiare com e d i u n o
sfruttam en to d isu m a no del popolo. M a h a n n o lasciato anche i n o m i d i a lcu n e strade, e le
lapidi d i m a rm o nei vestiboli delle chiese. H an no lasciato m ov im e n ti nel m od o d i gesticolare
e d i ergere il capo della gente. H a n n o lasciato il «d o n » - m a a d ir la verità n o n è questo un
tratto positivo. Tutto q u el che è nero, an im alesco e funebre, q u i a l sud, conserva il ricord o
del sangue spagnolo, della vergogna. N e lle vinerie, nei pressi della Torretta, ed anche nei
v ico li dei rio n i o rie n ta li della città, dove la gente c om p ra vin o ed olio, il n o m e del d ebitore
è scritto con il gessetto su una lavagna: «D o n Giuseppe, 100 L ire ». H a un debito, d u n q u e è
spagnolo. M a è nello stesso tem po nobile, c h i è spagnolo; d i una nobiltà sospetta, nel sangue,
n e ll’origine, che è in odore d i lue, d i corrida, d i strage d i m ori. (SG:16-17)

La coscienza arcana di un destino comune, che si incarna nella com plicità appena
illustrata, m anifestazione di una prom iscuità che non si riesce com pletam ente ad
afferrare nelle sue ragioni, ma che si presenta ad ogni passo, viene racchiusa inoltre
in un fram m ento paradigm atico:

P e r i v ic o li d i N a p o li, o g n i p o m e riggio . N e i pressi d i San B ia g io d ei L ib ra i. C h i n o n ab ita


da queste p a rti? Benedetto Croce, il vescovo, i p rin c ip i, stann o tu tti qu i, n e l lereium e, nei
p a la zzi che cad ono a pezzi. Q u i a b ita il p o p o lo na poletan o. U o m in i d i o g n i classe e d i
o g n i nascita m a n g ia n o e b evon o le stesse cose, la pensano a llo stesso m od o, a llo stesso
m od o sognano. S ono tu tti u o m in i m ed iterra nei. P iu tto s to che ita lia n i, sono u o m in i
m editerranei. E cco il lo ro stato sociale. (D:178)

Leggendo questi brani tornano alla m em oria le descrizioni della Ortese e di Mapalarte,
che pure sono testim onianze vive di questa Napoli degli anni Quaranta, brulicante
ed umanissima, incom prensibile nel suo mistero: Malaparte, pur am m irando la
genuina innocenza degli americani, li aveva accusati di aver portato la «peste» a Napoli, I
una peste morale, che nonostante il contagio non era riuscita ad intaccare Lumanità 8.2001

35
[ANTONIO DONATO SCIACOVELLI]

meravigliosa dei napoletani, costretti a vendere i propri figli per sopravvivere, esaltati
dal toscano nella loro dim ensione di «m agnifici vinti»; la Ortese aveva portato alla
luce, per lìta lia che stava cercando di superare gli orrori della guerra e la destabiliz­
zazione che il conflitto aveva portato in gran parte del territorio nazionale, le terribili
im m agini degli sfollati al III e IV Granili, umanità cancerosa che viveva ai margini
anche geografici della città, lontana persino dalla miseria «tradizionale» dei vicoli,
,
dei bassi di quella Napoli che il mare non bagna.8M a chi pensi di trovare nelle parole
di Màrai com m iserazione, o peggio la constatazione di una inarrestabile decadenza
di un popolo, di una civiltà, o addirittura un prodrom o di inchiesta m edico-socio-
grafica, si sbaglia: lo scrittore è infatti convinto che proprio in queste esemplificazioni,
in questa diversa concezione della vita che, in qualche modo, tenta di annullare le
distinzioni sociali in nom e di una coesione che altri europei non riescono a capire
(per non parlare degli americani!), si crei il presupporsto per un fenom eno altro,
superiore ad ogni esperienza intellettuale ed anche alle com uni esperienze spirituali,
il miracolo! Il prim o passo è l’ottimismo, che conserva in sé una sorta di predispo­
sizione fideistica, più che un convincim ento positivista:

Posillipo. -P o m e r ig g io in g iro p e r N a p oli, p e r i v ico li che si trovano alle spalle d i Via Roma.
Questa vita a p p iccica ticcia , calda, brulica nte, questi negozi, queste botteghe, dove g li
a rtig ia n i ed i c o m m e rc ia n ti si a tten gon o a leggi an tichissim e; questa m ateria um an a
germ og lia n te, sudicia, m a rin a ta nei v a p o ri a m m o rb a n ti d elle frig g ito rie : tu tto questo
m i d ispone sem pre a ll’o ttim is m o . L a grand e fo rz a d i N a p o li sta p ro p rio in questa sua
in c ro lla b ile fedeltà, che custodisce tu tto q u e llo che vive. (D:126)

A questa dim ensione «sensitiva» se ne aggiunge una culturale, diversa dalla


concezione contem poranea di cultura, più vicina ad una valenza antichissima,
eppure sempre viva, della poesia, del canto umano:

Sulla nave che m i riporta a Napoli un italiano - non più giovane - si porta
al centro del salone e comincia a recitare versi lontani nel tempo: Petrarca,
Tasso. I viaggiatori ascoltano con pazienza: non sta mendicando, sta
recitando. Anche il declamatore, come i suoi ascoltatori, sentirà l'ebbrezza
lieve delle parole italiane, del ritmo. Un tempo le strade di Napoli erano
piene di questi uom ini che recitavano in pubblico. (D:128)

Oppure rin con tro con il «m ostro sacro» della cultura italiana, Benedetto Croce:

N a p o li. - D a B enedetto Croce. M i ha fa tto dare a p p u n ta m e n to a lle due d i p om eriggio.


A b ita nella zon a o rie n ta le d ella città, in qu ella specie d i fo rm ic a io , d i alveare, d i coltu ra
batterica che da Piazza T rin ità M a ggiore scende verso il mare. Sta in un palazzo affacciato
su d i u na via che è an ch e un p o ’ un vicolo, stretta e lercia, da cu i si d ip a rte la im p o n e n te
scalinata d e ll’edifìcio, che a ll’in te rn o ha qualcosa dei palazzi n o b ilia ri, con le scale a m p ie
e piane, le stesse che tro ve re m m o in una residenza regale. Q u i vicino, nelle botteghe
affollate, p a rla n o d i lu i com e d el santo vivo e pagano d i N a p o li. (D:102)

K L’em ozion e sta tutta n ell’attesa, nel cercare di com prendere com e sia possibile che
UHI un filosofo (//filosofo dell’Italia di quel tem po), una personalità di statura mondiale,
[CREDERE NEL MIRACOLO: LA NAPOLI DI SÀNDOR MÀRAI NE IL SANGUE DI SAN GENNARO]

Vita quotidiana a Napoli

potesse continuare a vivere in quel vicolo, in un palazzo, è vero, m a pur sem pre in
quella atm osfera di folle, appariscente decadenza. Grazie a questi segnali, che si
accumulano nella sua esperienza giornaliera di viandante, M àrai capisce che il
m iracolo può essere possibile: dopo i doverosi distinguo a proposito delle possibili
im itazioni del m iracolo stesso (che airinizio del rom anzo appare nella duplice form a
dello straniero che vuole cam biare il m on do e dei sogni di em igrazione in Am erica
dei poveri napoletani), dop o la frequentazione d eiram bien te già predisposto al
m iracolo (Napoli, il pop olo napoletano), dop o la ricerca del Santo (San Francesco
ad Assisi e San Gennaro a Pozzuoli), giunge il m om ento del miracolo, della possibilità
di assistere da vicino all'evento che più o m eno regolarm ente, due volte Fanno, si K
ripete nel D uom o di Napoli, lo scioglim ento del sangue di San Gennaro, per assistere KJOI

37
[ANTONIO DONATO SCIACOVELLI]

Un affollato vicolo di Forcella.

al quale lo straniero deve com m ettere un’infrazione (non andrà a farsi vaccinare,
com e sarebbe stato suo obbligo prima della partenza per l’Australia) alle leggi umane,
e dopo il quale com m etterà, inspiegabilm ente, il suicidio:

... Così c i s ia m o in g in o cch ia ti. A llo ra il co ro delle d o n n e ha iniziato, inaspettatam ente,


a m orm ora re. C o m e un co ro greco d 'oltretom b a , in un a n tich issim o m istero, usciva da
q u elle go le un brusio, una lita n ia ritm ica , lam entosa, insofferente, d i fe d e e d i im p a ­
zienza. .. Q uan d o queste v o ci avevano c o m in c ia to a risuonare, qualcosa era com in cia to.
Cosa?... I l m ira co lo? ... N o n lo so, padre. (. . . ) A b b ia m o ca p ito che il m ira co lo bisogna
ch ia m a rlo. N o n basta aspettarlo, com od am en te. I l m ira co lo n o n a rriv a p e r posta, su
ordinazione. A b b ia m o ca pito che il m ira co lo si prepara, talvolta, con questa sua esteriorità
appariscente, m a n o n è questo il p u n to ... L 'im p o rta n te è crederci, l'im p o rta n te è
c h ia m a rlo .. . ( . . . ) N o n osavo guardare l ’u o m o ingin occh ia to accanto a me. Credevo, prim a,
d i conoscere o g n i suo pe n s iero ... ( ...) Q ualcosa era successo in n o i... a l d i là d e ll'in cre ­
d ulità , del sospetto, della superstizione, qualcosa d i reale... I l fa tto che n o n esiste soltanto
q u e llo che si p u ò controllare. C'è anche qualcosa d i n o n dim ostrabile, d i in c o n tro lla b ile ...
Esiste u n ’a ltra possibilità. (SG:227-229)
uni
38
[CREDERE NEL MIRACOLO: LA NAPOLI DI SÀNDOR MÀRAI NE IL SANGUE DI SAN GENNARO]

D opo il miracolo, il suicidio, inspiegabile, un salto nel vuoto dal parapetto del
Belvedere: inspiegabile per chi credeva esistesse un'altra possibilità, inspiegabile in
virtù deH'ottim ism o che dalla vita dei vicoli napoletani emanava, m a spiegabile
proprio in base a com e era successo. Una bufera, all’alba del giorno seguente il
miracolo, è Tunica testim one degli eventi: forse è stato il vento forte a portare con
sé l'uom o, a ricongiungerlo con gli elem enti, l’acqua, l'aria, il fuoco.
Concludono il rom anzo i com m enti di questi tre personaggi onnipresenti, il
Vesuvio, il mare, ed ultim o il vento:

... D o ve passo io, n o n resta nu lla. Io d ico l ’u ltim a parola. D o p o , viene il silenzio. (SG:236)

1 Com e si può ben com prendere da questo breve profilo bibliografico, lo scrittore ungherese fu
letteralmente ignorato da scrittori e critici «ufficiali» dopo essere emigrato dall’Ungheria: l’esilio
volontario lo pose nella strana condizione di essere fecondo scrittore ungherese lontano da quello
che avrebbe dovuto essere il suo vero pubblico. Per questo motivo la letteratura critica, soprattutto
a proposito delle opere di M àrai scritte a partire dal 1946-48, o è stata genericamente stroncatoria,
oppure non c’è stata affatto, eccezion fatta per pochi sporadici episodi. C on il cam biam ento di
regime, naturalmente, si è dato inizio alla pubblicazione delle sue opere, che in questo decennio
ultimo hanno letteralmente invaso il mercato ungherese (riscuotendo un notevole successo di
pubblico ed anche di critica); i lettori «specializzati» delle sue opere hanno così potuto pubblicare
monografie e saggi tematici (purtroppo tutti in ungherese), tra cui ricordiam o quelle di L. Rónay
{M a rn i Sàndor, Budapest, 1990), M . Szegedy-Maszàk {M à ra i Sàndor, Budapest, 1991), I. Fried {M à ra i
titk a in y o m à b a n ,Budapest, 1993),H . Lórinczy(«. .. s z e m ély isé g n e k le n n ia le g tò b b .. . » , Szombathely,
1993; Bùcsu egy k u ltu rà tó l - M à ra i S àn dor: A G arrenek M uve, Szombathely, 1998) e soprattutto il
volum e degli atti del congresso dedicato al centenario della nascita dello scrittore, Este n y o lck o r
sziilettem . H o m m a g e à M à ra i Sàndor, Szombathely, 2000, curato da due eccellenti maraisti, H.
Lórinczy ed Ibolya Czetter. Informazioni schematiche si possono ricavare dalla voce M à r a i S à n d or
dell’opera di consultazione diretta da L. Péter Ù j m agyar iro d a lm i lexikon (N u o v a E n ciclop ed ia della
Letteratura Ungherese), Budapest, 1994, voi. II. Le tre opere di M àrai citate all’inizio di questo saggio
sono state tradotte in italiano dalla studiosa di letteratura ungherese Marinella D’Alessandro (Istituto
Universitario Orientale di Napoli, Cattedra di Lingua e Letteratura Ungherese).
2 II rom anzo San G en n a ro vére non è stato (ancora) tradotto e pubblicato in italiano: pertanto, tutti
i brani riportati nel presente contributo si devono intendere tradotti ad hoc dallo scrivente, non
parte di una traduzione organica. Il testo di riferimento (di seguito indicato con l’abbreviazione
SG) è: Màrai Sàndor, San G en n a ro vére, Akadémiai Kiadó - Helikon Kiadó, Budapest, 1995.
3 in italiano nel testo.
4 L’interessantissimo N a p ló non è stato (ancora) tradotto e pubblicato in italiano: pertanto, tutti i
brani riportati nel presente contributo si devono intendere tradotti ad hoc dallo scrivente, non parte
di una traduzione organica. Il testo di riferimento (di seguito indicato con l ’abbreviazione D ) è:
Màrai Sàndor, N a p ló . 1945-1957, Helikon Kiadó, Budapest, 1999.
5 J. J. Jorgensen (1866-1956), poeta danese convertitosi al cattolicesimo, la cui opera qui citata, Frans
a f Assisi, venne pubblicata nel 1907.
6 in francese, italiano, tedesco nel testo.
7 in italiano nel testo.
8 Vedi il capitolo L a peste in Curzio Malaparte, L a pelle, M ondadori, Milano, 1978; ed il capitolo L a E
c ittà in v o lo n ta ria in Anna Maria Ortese, I l m are n o n bagna N a p o li, La N uova Italia, Firenze, 1979. 6.2001

39

You might also like