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CI V ILE E
PR E V I DE NZ A
rivista mensile di dottrina,
giurisprudenza e legislazione
diretta da
Giovanni Iudica – Ugo Carnevali
| e s t rat t o
Orientamenti
giurisprudenziali
in tema di biodiritto
di Sabrina Peron
giurisprudenza
RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA - BIODIRITTO
70 ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
IN TEMA DI BIODIRITTO
La rassegna fa il punto dell’attuale panorama giurisprudenziale sulle problematiche legate al rifiuto delle
cure e alla correlativa manifestazione di un valido consenso.
Sommario 1. Premessa. — 2. Sul diritto al rifiuto delle cure. — 3. Sul diritto al rifiuto delle cure dei
malati terminali. — 4. Sulla validità del consenso manifestato attraverso un amministratore di soste-
gno.
1. PREMESSA
La continua creazione di nuove — e sempre più evolute — tecnologie che investono e
coinvolgono il corpo umano (1) («sempre più sfidato, e anche letteralmente attraversa-
to, dalla tecnica» (2)), con forme e modalità sino a poco tempo fa inedite, ha posto nuovi
problemi etici e politici ed ha dischiuso al diritto nuove ed incerte frontiere; tant’è che
oggi nell’affrontare tali questioni si utilizzano termini come bioetica, biopolitica (3) e
biodiritto (4).
(1) L’uomo è artefice, parte e vittima del mondo tec- tari della biopolitica Agamben: « la trasformazione
nico che ha creato e che ha imposto a se stesso e al- della politica in spazio di nuda vita (…) ha legitti-
l’ambiente in cui vive (cfr. G. ANDERS, L’uomo è anti- mato e reso necessario il dominio totale » (G. AGAM-
quato, vol. II, Bollati Boringhieri, 370). Osserva A. BEN, Homo Sacer, Einaudi, 2005, 132); e Forti: quan-
QUERCI, Biotecnologie e scienze della vita nelle recenti do la politica « assume a proprio oggetto la vita nella
normative di origine comunitaria: le nuove frontiere sua forma elementare e primaria; quando punta di-
della responsabilità civile, in questa Rivista, 2010, rettamente sul vivere stesso, nel suo significato me-
219: « i progressi nel campo della biologia e della me- ramente biologico », quando è dunque il corpo stesso
dicina aiutano a combattere malattie in passato in- a « venir investito dal dominio », si assiste ad una
curabili ed a vivere più a lungo ed in migliori condi- « metamorfosi radicale delle relazioni di potere,
zioni. La genetica schiude nuovi orizzonti di inaugurata appunto dai regimi totalitari » (S. FORTI,
conoscenza e di cura: cellule, tessuti ed organi pos- La filosofia di fronte all’estremo, Einaudi 2004, 22).
sono oggi essere prelevati, conservati e mantenuti in Il concetto di biopolitica è stato elaborato ed è stato
vita separatamente. Essi possono poi venire impian- per la prima volta oggetto di studi da parte di Fou-
tati e trapiantati per sostituire quelli malati, even- cault secondo il quale la biopolitica è il « modo con
tualmente dopo essere stati trattati, coltivati o mo- cui si è cercato, dal XVIII secolo, di razionalizzare i
dificati. Possono altrimenti venire impiegati per problemi posti alla pratica governamentale dai fe-
obiettivi di ricerca e di terapia, o per la produzione di nomeni specifici di un insieme di esseri viventi co-
farmaci, sostanze, linee cellulari o altri dispositivi stituiti in popolazione: salute, igiene, natalità, lon-
biomedicali, da immettere sul mercato. La biotecno- gevità, razze… » (M. FOUCAULT, Nascita della biopo-
logia è in grado di produrre, mediante manipolazione litica, Feltrinelli, 2005, 261). Difatti per Foucault
genetica, molecole biologiche ed organismi transge- « per millenni, l’uomo è rimasto quel che era in Ari-
nici, in vista di molteplici applicazioni, non solo in stotele: un animale vivente ed inoltre capace di
campo chimico e farmaceutico, ma anche industriale un’esistenza politica; l’uomo moderno è un animale
ed agricolo, oltreché con riferimento alla produzione nella cui politica è in questione la sua vita di essere
alimentare ed alla protezione dell’ambiente ». vivente » (M. FOUCAULT, La volontà di sapere, Feltri-
(2) Così, R. ESPOSITO, Bìos, Einaudi, 2004, 5. nelli, Milano 2005, 127).
(3) Mettono in guardia contro i possibili esiti totali-
(4) Osserva R. ESPOSITO, Bìos, cit., 4: « cosa deve in- FERRARA, Milano, 2010, 61, secondo il quale ciò che
tendersi per bìos? (…). Volendo restare al lessico viene « sicuramente in evidenza è la stretta inter-
greco, e in particolare aristotelico, infatti, più che al connessione fra il mondo dell’etica (dell’ethos) e
termine bios, inteso nel significato di “vita qualifica- quello del diritto (del nomos) e, conseguentemente,
ta” o di “forma di vita”, la biopolitica rimanda sem- fra la Scienza e il diritto medesimo ».
mai alla dimensione della zoé, vale a dire alla vita (7) A. D’ALOIA, Decidere sulle cure. Il discorso giu-
nella sua semplice tenuta biologica; o almeno alla ridico al « limite » della vita, in www.personaedan-
linea di congiunzione lungo la quale il bios si affac- no.it.
cia sulla zoè naturalizzandosi anch’esso ». (8) Sulla normativa comunitaria si rinvia a A. QUER-
(5) L. BUFFONI, Le fonti nazionali del biodiritto: al- CI, Biotecnologie e scienze della vita nelle recenti
cuni appunti per una teoria della sovranità dell’in- normative di origine comunitaria, cit.
dividuo nella produzione giuridica, in www.perso- (9) C. CASONATO, Introduzione al biodiritto, Torino,
naedanno.it. 2009, 1.
(6) R. FERRARA, Il diritto alla salute: i principi costi- (10) L. BUFFONI, Le fonti nazionali del biodiritto, cit.,
(11) A. D’ALOIA, Decidere sulle cure. Il discorso giu- se stessa, situazioni giuridiche soggettive diretta-
ridico al « limite » della vita, cit. mente spendibili innanzi alla giurisdizione ».
(12) E. SECCHI, I trattamenti sanitari obbligatori, il (14) G.E. POLIZZI, « È vietato mangiare sangue »: il
divieto dell’accanimento terapeutico, il rifiuto co- divieto geovista alle emotrasfusioni nei recenti
sciente del trattamento salvavita, la scelta del medi- orientamenti giurisprudenziali e dottrinali, in que-
co nella urgenza, in www.personaedanno.it sta Rivista, 2009, 2112.
(13) R. FERRARA, Il diritto alla salute: i principi co- (15) A. D’ALOIA, Decidere sulle cure. Il discorso giu-
stituzionali, in AA.VV., Salute e Sanità, a cura di R. ridico al « limite » della vita, cit., secondo il quale
FERRARA, cit.,19. Il quale ricorda come l’art. 32 Cost. sarebbe proprio il comma 2 dell’art. 32 Cost. a « di-
per lungo tempo sia stato interpretato come norma mostrare la correttezza dell’impostazione interpre-
meramente programmatica, ossia come « disposi- tativa fondata sulla libertà e sull’autodeterminazio-
zione costituzionale insuscettibile di fondare, di per ne terapeutica del soggetto ».
(16) M. COSTANZA, Vivere: diritto o dovere? in con nota di A. SANTOSUOSSO, Sulla conclusione del
www.personaedanno.it. Osserva A. QUERCI, Biotec- caso Englaro. La sentenza è stata pubblicata anche
nologie e scienze della vita nelle recenti normative di in Giorn. dir. amm., 2009, 267, con nota di A. PIOGGIA,
origine comunitaria, cit., l’art. 3, pone « il rispetto di Consenso informato e rifiuto di cure: dal riconosci-
alcuni principi fondamentali, fra cui quello del “di- mento alla soddisfazione del diritto.
vieto di fare del corpo umano e delle sue parti in (18) D. MALTESE, Il falso problema della nutrizione
quanto tali una fonte di lucro”. In ambito europeo la artificiale, in Foro it., 2009, I, 987, secondo l’Autore è
gratuità costituisce, dunque, un principio generale « esclusa, quindi, ogni possibilità di coazione, salvo
per la donazione di parti o di elementi del corpo contrarie disposizioni di legge per motivi non colli-
destinati ad essere utilizzati in campo medico e bio- manti con la posizione del singolo interessato
logico: la ratio di ciò si rinviene, innanzitutto, nel (esempio di scuola: la vaccinazione obbligatoria
principio di dignità della persona, che comporta (…). Per cui, se ciò avviene in contrasto con la vo-
l’esclusione della commerciabilità, ed in quello di lontà del paziente, l’autore dell’intervento commette
solidarietà verso chi soffre ». Sulle iniziative legisla- un’azione illecita di coercizione in difformità dal
tive attualmente all’esame del Parlamento, si veda, precetto costituzionale. Prima — si noti — del com-
A. GUARNERI, Profili giuridici della fine della vita pimento di un’attività ulteriore qualificabile o non
umana, in questa Rivista, 2009, 1725. qualificabile come accanimento terapeutico ».
(17) TAR Milano, Lombardia, Sez. III, 26 gennaio (19) M. SESTA, Disposizioni di fine vita: il ruolo degli
2009, n. 214, in Nuova giur. civ. comm., 2009, II, 127, operatori del diritto, in www.studiosesta.it.
Nel caso ad oggi più recente deciso dalla Cassazione (20), un Testimone di Geova, Cass. n. 23676
lamentava di essere stato sottoposto ad una serie di trasfusioni di sangue nonostante del 2008
che al momento del ricovero (al quale giungeva privo di coscienza) avesse con sé un
biglietto recante la dicitura « niente sangue ». Il paziente chiedeva che fosse riconosciu-
ta la rilevanza del dissenso così manifestato, e quindi, la violazione degli articoli della
Costituzione 13, comma 1, («la libertà personale è inviolabile ») e 32, comma 2 («Nes-
suno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per dispo-
sizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto
della persona umana »).
La Cassazione anzitutto ha riconosciuto al «paziente un vero e proprio diritto di
non curarsi, anche se tale condotta lo esponga al rischio stesso della vita ». Con la
conseguenza che il «Testimone di Geova, maggiorenne e pienamente capace, (può)
negare il consenso alla terapia trasfusionale, essendo in tal caso il medico obbligato
alla desistenza da qualsiasi atto diagnostico e terapeutico. E ciò perché il conflitto tra
due beni — entrambi costituzionalmente tutelati — della salute e della libertà di
coscienza non può essere risolto sic et simpliciter a favore del primo, sicché ogni
ipotesi di emotrasfusione obbligatoria diverrebbe per ciò solo illegittima perché in
violazione delle norme costituzionali sulla libertà di coscienza e della incoercibilità
dei trattamenti sanitari individuali (così, un rifiuto “autentico” della emotrasfusione
da parte del Testimone di Geova capace — avendo, in base al principio personalistico,
ogni individuo il diritto di scegliere tra salvezza del corpo e salvezza dell’anima —
esclude che qualsiasi autorità statuale-legislativa, amministrativa, giudiziaria —
possa imporre tale trattamento: il medico deve fermarsi)».
Tuttavia, continua la Corte, «nell’ipotesi di pericolo grave ed immediato per la vita
(20) Cass. civ., 15 settembre 2008, n. 23676, in que- sfusioni e l’autodeterminazione del paziente nel
sta Rivista, 2009, 126 con nota di M. GORGONI, Libertà trattamento sanitario: ancora la Cassazione prece-
di coscienza v. salute; personalismo individualista de il legislatore nel riconoscimento di atti che pos-
v. paternalismo sanitario; e 2009, 2112, con nota di sono incidere sulla vita. Tra le più recenti Corti di
G.E. POLIZZI, op. cit. La sentenza è stata pubblicata ed merito si veda Trib. Roma, 31 marzo-15 settembre
ampiamente commentata anche in Foro it., 2009, I, 2010, in questa Rivista, infra, 968, con nota di S.
36, con nota di R. ROMBOLI, Il conflitto tra poteri dello D’ERRICO-E. TURILLAZZI, Dissenso alla trasfusione di
Stato sulla vicenda E.: un caso di evidente inammis- sangue e nesso causale fra omesso intervento e de-
sibilità; e con nota di G. CASABURI, Autodetermina- cesso del paziente: il giudizio valutativo evita un’im-
zione del paziente, terapie e trattamenti sanitari probabile proposizione statistica, secondo la quale:
« salvavita »; in Riv. it. med. leg., 2009, 210, con nota « Il rifiuto al trattamento sanitario (emotrasfusio-
di M. BARNI, Sul rifiuto del sangue, un compromesso ne), lungi dal costituire un fatto anomalo ed impre-
onorevole; in Nuova giur. civ. comm., 2009, I, 175, vedibile, costituisce il mero esercizio di un diritto,
con note di E. SILINGARDI-A.L. SANTUNIONE, Il rifiuto garantito all’infortunato dalla Costituzione e ora-
anticipato dei trattamenti trasfusionali: la Cassa- mai largamente riconosciuto da costante giurispru-
zione civile in bilico tra un passato che non passa ed denza, inidoneo ad interrompere la continuità fat-
un futuro ipotetico; e di G. CRICENTI, Il c.d. dissenso tuale e logico-giuridica tra l’evento-sinistro e
informato; in Dir. fam., 2009, 58, con nota di R. MA- l’evento-morte, allorquando l’incidenza di altri seri
SONI, I testimoni di Geova tra legittimità, merito ed fattori di rischio gravanti sulla vita del paziente a
amministrazione di sostegno; in Giur. it., 2009, 1126, seguito di incidente stradale, affermano la ragione-
con nota di G. PELLEGRINO, Il rifiuto delle trasfusioni vole irreversibilità dello shock emorragico sin dalle
da parte dei testimoni di Geova - Tra diritto costi- prime fasi della vicenda assistenziale e, indipenden-
tuzionale all’autodeterminazione in materia sanita- temente dall’eventuale trasfusione, la fondatezza di
ria e attualità del dissenso; in Corr. giur., 2008, 1674, un giudizio prognostico sfavorevole sulla sopravvi-
con nota di F. FORTE, Il dissenso preventivo alle tra- venza ».
(21) Il caso è quello di un paziente che viene ricove- Egli, infatti, fin dall’inizio del suo ricovero, aveva
rato presso una struttura ospedaliera di Milano con prontamente informato i sanitari delle proprie con-
una diagnosi di « ematemesi ed emelena da sospetta vinzioni religiose ed aveva, altresì, consegnato un
neoplasia gastrica ». Il paziente era ministro del cul- documento scritto, di proprio pugno, nel quale ma-
to dei Testimoni di Geova e, allorché gli venne pro- nifestava in maniera chiara il rifiuto di essere curato
spettata la necessità di effettuare una terapia emo- con trasfusioni di sangue. Altra circostanza non se-
trasfusionale, lo stesso rifiutava categoricamente. condaria fu che le insistenze dei medici ed il timore
cure, c’è spazio nel quadro dell’alleanza terapeutica fra medico e paziente per
un’azione di persuasione e c’è il dovere da parte del medico di verificare le ragioni
profonde del rifiuto e la possibilità di superarle, ma non c’è possibilità di disattenderlo
in nome di un dovere di curarsi e di vivere come principio di ordine pubblico. È questo
per la Corte il risvolto negativo dei diritti alla salute e alla libertà che, in quanto tali,
implicano anche il diritto di perdere la salute, di non curarsi, di lasciarsi morire. E ciò
perché il conflitto fra due beni entrambi costituzionalmente tutelati, della salute e
della libertà di coscienza, non può essere risolto sic et simpliciter a favore del primo,
avendo ogni individuo il diritto di scegliere e non potendo alcuna autorità statuale
legislativa, amministrativa, giudiziaria imporre trattamenti sanitari individuali al di Trib. Milano 16
fuori dei casi consentiti dalla legge » (22). dicembre 2008
di subire trasfusioni coatte avevano convinto il pa- che garantiscono il funzionamento dell’organismo,
ziente a dimettersi dalla struttura ospedaliera in cui non solo sono possibili unicamente grazie all’inin-
si trovava inizialmente per trasferirsi presso altra terrotto impiego di cure e tecnologie mediche, ma
struttura, dove il professore primario aveva assicu- anche mentre l’individuo ha irreversibilmente per-
rato il rispetto delle sue convinzioni e volontà. Nono- duto la propria coscienza. Si realizza così una com-
stante ciò, una volta arrivato nella nuova struttura pleta e « perfetta » dissociazione tra mente e corpo, in
ospedaliera, i medici proposero una nuova terapia forza della quale l’individuo si situa « al di là » ed « al
trasfusionale che il paziente continuava a rifiutare. di fuori » dell’identità con sé stesso, in una zona gri-
Eseguita una consulenza psichiatrica, dalla quale gia in cui — da un lato — è irreversibilmente scissa
emergeva una piena volontà di intendere e di volere l’identità tra l’io ed il corpo; dall’altro lato ed al con-
del paziente, i medici della struttura convocavano tempo, l’individuo è indissolubilmente incatenato al
alcuni agenti della PS per fare allontanare i familiari proprio corpo, sino a divenire il punto di coincidenza
e, con l’ausilio di alcuni infermieri, immobilizzavano assoluta del corpo con se stesso: il corpo non è più
il paziente e procedevano ad effettuare, in via coatta, soltanto il medium felice o infelice che ci mette in
la trasfusione. Il paziente si dimenava, urlava, si op- rapporto con il mondo implacabile della Hyle, della
poneva, ma senza risultato alcuno. Dopo poco, lo materia, ma diventa un’aderenza alla quale non si
stesso, decedeva. può sfuggire. In altre parole, si realizza una continua
(22) Trib. Milano, Sez. V, 16 dicembre 2008, n.
sottrazione di vita alla vita, sino a giungere ad una
14883, in Giust. Milano, 2008, 12, 85. soglia estrema tra la vita e la morte in cui la vita si
(23) F. MANTOVANI, Biodiritto e problematiche di fi-
converte in « nuda vita »: l’individuo è privato di tutti
ne vita, in www.scienzaevitafirenze.it. Sull’argo- i diritti e le aspettative che si è soliti attribuire all’esi-
mento si veda A. GUARNERI, op. cit., 1707 ss. stenza umana (che si trova così privata di ogni ap-
(24) S. PERON, Vita, nuda vita e il diritto al rifiuto
partenenza culturale e di ogni divenire storico), ep-
delle cure, in questa Rivista, 2008, 236. In questa pure è ancora biologiamente vivo, ossia è ridotto a un
sede si era osservato come possa accadere che le mero fascio di funzioni biologiche. Le macchina,
possibilità espansive della vita si riducano, si con- dunque, funzionando al posto dell’uomo (e, finan-
traggano e si ripieghino sino ad arrivare alla soglia che, contro la sua volontà, o in assenza di una sua
dell’estremo limite della vita in cui le capacità vitali, volontà), determinano una situazione di reificazione
scorso il rapporto tra vita e morte si poneva in termini di secca alternativa e di pura
esclusione, oggi invece non sempre è così, perchè la moderna tecnologia medica è in
grado di «procastinare la fine, oltre il punto in cui la vita ha ancora valore per il
paziente stesso, anzi oltre il punto in cui questi è ancora in grado di darle un valo-
re » (25).
In questo mutato contesto ci si chiede se colui che «rifiuta o chiede d’interrompere
un trattamento terapeutico (anche necessario per prolungare la vita biologica) perché
la sua condizione clinica è ormai (e naturalmente) terminale » ed non ha speranze né
di guarigione, né di miglioramento e neppure di una «dignitosa gestione di queste fasi
finali e di un’alleviazione delle sofferenze », sia davvero un soggetto che esprime una
posizione meramente egoistica (26). O non si tratti piuttosto di prendere atto che il rifiuto
che il proprio corpo si trasformi in una zona di mero esercizio della potenza tecnologica
medica e della sua capacità di alterare il corso dei processi naturali, non sia semplice-
mente che una «presa d’atto (non meno “densa” e dolorosa della decisione di fare di
tutto per curarsi) di un processo naturale che non si può impedire ma solo prolungare
“artificialmente” e spesso in condizione che poco hanno a che vedere con la stessa vita
umana? » (27).
Nel nostro Paese sono due sono i casi che sono stati affrontati e sui cui esiti
giudiziari sono state sollevate aspre discussioni e contrapposizioni: il caso di Piergior-
nio Welby e quello di Eluana Englaro.
Nel primo caso — il paziente affetto da un gravissimo ed irreversibile stato dege-
nerativo aveva richiesto di essere lasciato morire (28) — dopo varie oscillazioni giuri-
spruenziali, il Tribunale di Roma ha assolto dal reato di «omicidio del consenziente »
(art. 579 c.p.) il medico anestesista che, come richiesto dal paziente stesso, aveva
interrotto la terapia, pronunziando il seguente principio: « il medico che, su espressa
richiesta del paziente, ne cagiona la morte, interrompendo il trattamento sanitario
“salvavita” cui lo stesso era sottoposto, non risponde del reato di omicidio del consen-
ziente, operando l’esimente dell’adempimento del dovere, sempre che il dissenso alla
dell’uomo, che ne ridefinisce i termini non più in davvero conta dal punto di vista della inderogabile
senso umanistico o antropologico, ma in senso an- necessità del previo consenso — e, dunque, anche ai
tropotecnico e biotecnologico. In questo modo l’uo- fini di una loro legittima inclusione nelle direttive
mo viene spinto in una zona grigia di indetermina- anticipate — è che anche gli strumenti di sostegno
zione, che si potrebbe chiamare come il mondo del vitale costituiscono forme di intrusione nella libertà
« non »: non più vivo e non ancora morto; interdetto del corpo, e quindi anche essi incappano nel divieto
alla vita e respinto dalla morte in un abisso che non di utilizzare il corpo di una persona in forme che
può rinchiudersi. contrastano con la sua volontà (art. 13 Cost.). Sotto
(25) H. JONAS, Il diritto di morire, Il Melagono, 1985, l’angolazione visuale della tutela dell’intangibilità
11. del corpo, l’individuo è — possiamo dire — signore
(26) A. D’ALOIA, Decidere sulle cure. Il discorso giu- del proprio corpo: ciascuno di noi ha sul proprio
ridico al « limite » della vita, cit. corpo un diritto assoluto all’inviolabilità, così come
(27) A. D’ALOIA, Decidere sulle cure. Il discorso giu- — per richiamare l’analogia di Feinberg — ogni
ridico al « limite » della vita, cit. Osserva G. FIANDACA, Stato sovrano esercita pieno dominio, piena signo-
Il diritto di morire tra paternalismo e liberalismo ria sul proprio territorio ».
penale, in Foro it., 2009, V, 227, « in un’ottica giuri- (28) Il che comportava l’interruzione della ventila-
dico-costituzionale non c’è bisogno di impelagarsi zione artificiale che lo teneva in vita e la contestuale
nella disputa scientifica se gli strumenti di sostegno sottoposizione ad una terapia di sedazione termina-
vitale abbiano o no carattere terapeutico: ciò che le, così come richiesto dal paziente stesso.
prosecuzione del trattamento sia stato espresso liberamente e personalmente da Trib. Roma 16
paziente capace, compiutamente informato circa le conseguenze della sua richie- dicembre 2006
sta » (29).
Su questo caso è stato osservato che in una situazione come «quella di Welby, il
distacco dalla machina per la ventilazione artificiale non è la “causa” vera e diretta
della morte, ma è un fattore che semplicemente rimuove un “ostacolo” tecnologico ad
un processo “terminale” che resta “naturale”, strettamente ed esclusivamente dipen-
dente dalla (e collegato alla) progressione della malattia. La stessa sedazione che
deve accompagnare il distaco della macchina non può dirsi “causativa” ma solo
“contestuale” al compiersi del processo terminale » (30).
Ancora più emblematico, e fonte di durissimo dibattito su fronti contrapposti, è
stato il caso che ha visto coinvolta Eluana Englaro, la quale a seguito di un incidente
stradale cadde in uno stato vegetativo permanente (31). Il padre della vittima, nel frat-
tempo nominato tutore, dava inizio ad una lunga battaglia giudiziaria affinché venisse
autorizzata l’interruzione della terapia di sostegno vitale, sul duplice presupposto
dell’inguaribilità ed irreversibilità dello stato vegetativo permanente e dell’inconcilia-
bilità di tale stato e del correlativo trattamento di sostegno forzato, con le convinzioni
sulla vita e sulla dignità della persona espresse dalla vittima, prima dell’incidente.
Approdato il caso avanti alla Corte di cassazione (dopo tre procedimenti di merito e
previa nomina di un curatore speciale, ai sensi dell’art. 78 c.p.c.) quest’ultima enunciò
il seguente principio di diritto: «ove il malato giaccia da moltissimi anni (…) in stato
vegetativo permanente, con conseguente radicale incapacità di rapportarsi al mondo
esterno, e sia tenuto artificialmente in vita mediante un sondino naso-gastrico che
provvede alla sua nutrizione ed idratazione, su richiesta del tutore che lo rappresenta,
e nel contraddittorio con il curatore speciale, il giudice può autorizzare la disattiva-
zione di tale presidio sanitario (fatta salva l’applicazione delle misure suggerite dalla
scienza e dalla pratica medica nell’interesse del paziente), unicamente in presenza dei
seguenti presupposti: (a) quando la condizione di stato vegetativo sia, in base ad un
rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico,
secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello internazionale, che lasci suppor-
re la benché minima possibilità di un qualche, sia pure flebile, recupero della coscien-
za e di ritorno ad una percezione del mondo esterno; e (b) sempre che tale istanza sia
realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, univoci e convincenti, della
veda anche A. FERRATO, Il rifiuto alle cure e la re- e che distingue lo stato vegetativo da « altri disturbi
sponsabilità del sanitario: il caso Nuvoli, in questa della coscienza tra cui il coma in senso stretto e la
Rivista, 2009, 1148. sindrome di locked in (…). In particolare, lo SV è
(31) La scienza medica definisce stato vegetativo un
una condizione diversa, sia sotto il piano clinico che
quadro clinico caratterizzato dai seguenti elementi: giuridico dalle condizioni definite di morte cerebra-
nessuna consapevolezza di sé e dell’ambiente circo- le o coma irreversibile. In queste si identifica infatti
stante; incapacità di interagire con gli altri; nessuna la completa e irreversibile perdita di attività dell’en-
evidenza di comportamenti sostenuti, riproducibili, cefalo, confermata dalle registrazioni elettrofisiolo-
finalizzati o volontari in risposta a stimoli visivi, udi- giche, e delle funzioni vitali correlate, fra cui l’atti-
tivi, tattili o dolorosi; nessun segno di comprensione vità respiratoria (…). Secondo la legislazione italia-
o espressione verbale; stato di intermittente vigelan- na, l’accertamento della morte cerebrale richiede la
za compatibile con un ritmo sonno-veglia (con aper- cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’en-
tura degli occhi durante la veglia); conservazione cefalo, inclusa l’assenza dei riflessi del tronco, del
sufficiente delle funzioni vegetative, tali da permet- respiro spontaneo e dell’attività elettrica cerebrale.
tere la sopravvivenza con semplici cure mediche ed La condizione deve essere verificata per almeno 6
assistenza infermieristica; incontinenza urinaria e ore nell’adulto, 12 ore per i bambini fra 1 e 5 anni e
fecale; variabile conservazione delle risposte riflesse 24 ore al di sotto di questa età ed il suo accertamento
dei nervi cranici e di quelli spinali. Ciò posto, la è premessa indispensabile per avviare la proceduta
scienza medica distingue lo stato vegetativo perma- di espianto di organi destinati al trapianto su viven-
nente (SVP) che è una condizione giudicata irrever- te ». Si vedano al riguardo: l. 2 dicembre 1975, n. 644
sibile dallo stato vegetativo persistente che, invece, è (Disciplina dei prelievi di parte di cadavere a scopo
una diagnosi di stato che non implica irreversibilità. di trapianto terapeutico); l. 29 dicembre 1993, n. 578
La definizione è tratta da: Gli Stati Vegetativi - Ri- (Accertamento e certificazione di morte), che all’art.
flessioni interne al tema delle cure palliative e delle 1 statuisce « la morte si identifica con la cessazione
malattie inguaribili non oncologiche (documento irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo »; non-
del Master Universitario « Cure palliative al termine ché il Decreto del Ministero della Sanità, 22 agosto
di vita », Milano, 2005, in www.fondazioneluvi.it, 7 1994, n. 582.
ss.), al quale si rinvia per maggiori approfondimenti
voce del paziente medesimo, tratta dalle sue precedenti dichiarazioni ovvero dalla sua
personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo
di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa di dignità della
persona ».
La Suprema Corte precisava altresì che « ove l’uno o l’altro presupposto non
sussista, il giudice deve negare l’autorizzazione, dovendo allora essere data incondi-
zionata prevalenza al diritto alla vita, indipendentemente dal grado di salute, di
autonomia e di capacità di intendere e di volere del soggetto interessato e dalla Cass. n. 21748
percezione, che altri possano avere, della qualità della vita stessa » (32). del 2007
La Corte d’Appello di Milano, successivamente chiamata ad applicare il principio di
diritto enunciato dalla Cassazione, ha ulteriormente ribadito che non trova accogli-
mento nel nostro ordinamento un «diritto assoluto di morire (inteso come negazione
o contraddizione del diritto di vivere) »; ma che esiste, invece, di un «diritto, di matrice
costituzionale — ma che prima ancora incarna la necessità di assecondare un inevi-
tabile destino biologico — a lasciare che la vita segua il suo corso “naturale” fino alla
morte senza interventi “artificiali” esterni quando essi siano più dannosi che utili per
il malato, o non proporzionati, né da lui tollerabili; senza potersi confondere tale
diritto, dunque, con quello, certamente fino ad oggi non riconosciuto dal nostro App. Milano 25
ordinamento, di eutanasia » (33). giugno 2008
Del resto già la Corte di cassazione aveva chiarito come il « rifiuto alle terapie
(32) Cass. civ., 16 ottobre 2007, n. 21748, la sentenza visione dei poteri; in Dir. giur., 2007, 573, con nota di
èstatapubblicataevariamentecommentatainnume- C. GHIONNI, Il « consenso dell’incapace » alla cessa-
rose riviste quali: in questa Rivista, 2008, 1103, con zione del trattamento medico; in Riv. it. med. leg.,
nota di G. GENNARI, La Suprema Corte scopre il sub- 2008, 607, con nota di G. IADECOLA, La Cassazione ci-
stituted judgement, ivi, 1119; in Foro it., 2007, I, 3025, vile si pronuncia sul caso « Englaro »: la (problema-
con nota di G. CASABURI; e sempre in Foro it., 2008, I, tica) via giudiziaria al testamento biologico; e con
125, con nota di D. MALTESE, Convincimenti già ma- notadiC.SARTEA-G. LAMONACA,Lo stato vegetativo tra
nifestati in passato dall’incapace in stato vegetativo norme costituzionali e deontologia: la Cassazione in-
irreversibile e poteri degli organi preposti alla sua dica soggetti e oggetti; in Riv. dir. civ., 2008, II, 363,
assistenza; ed ivi I, 2610, con nota di S. CACACE, Sul con nota di E. PALMERINI, Cura degli incapaci e tutela
diritto all’interruzione del trattamento sanitario life- dell’identità nelle decisioni mediche; in Giust. civ.,
sustaining; in Corr. giur., 2007, 1676, con nota di E. 2008, I, 1727, con nota di D. SIMEOLI, Il rifiuto di cure:
CALÒ, La Cassazione « vara » il testamento biologico; la volontà presunta o ipotetica del soggetto incapace.
in Fam. dir., 2008, 136, con nota di R. CAMPIONE, Stato (33) App. Milano, 25 giugno 2008, in Foro it., 2009, I,
vegetativo permanente e diritto all’identità personale 984, con nota di R. CAPONI-A. PROTO PISANI, Il caso E.:
in un’importante pronuncia della Suprema Corte; in brevi riflessioni dalla prospettiva del processo civi-
Danno resp., 2008, 438, con nota di G. GUERRA, Rifiuto le, i quali ricordano come nella fase finale il governo
dell’alimentazione artificiale e volontà del paziente avesse « tentato di frapporre ostacoli all’interruzio-
in stato vegetativo permanente; e con nota di F. BO- ne dell’alimentazione forzata di E. attraverso un
NACCORSI, Rifiuto delle cure mediche e incapacità del intervento legislativo. Lasciamo agli studiosi di di-
paziente: la Cassazione e il caso « Englaro »; in Riv. it. ritto costituzionale il compito di valutare il conflitto
dir. proc. pen., 2008, 389, con nota di M.C. BARBIERI, con il capo dello Stato che ha rifiutato di apporre la
Stato vegetativo permanente: una sindrome « in propria firma per la presentazione del decreto legge
cerca di un nome » e un caso giudiziario in cerca di in parlamento. La lettura del disegno di legge gover-
una decisione - I profili penalistici della sentenza; in nativo n. 1369, “disposizioni in materia di alimenta-
Dir. fam., 2008, 131, con nota di A. GALIZIA DANOVI, zione e di idratazione”, presentato al Senato il 6 feb-
L’interruzione della vita tra volontà e diritto; e con braio 2009, lascia sconcertati. Esso prevedeva: “in
nota di G. GALUPPI, Brevi osservazioni sulla sentenza attesa dell’approvazione di una completa e organica
n. 21748/2007 della Corte di cassazione; e di F. GAZ- disciplina legislativa in materia di fine vita, l’alimen-
ZONI, Sancho Panza in cassazione (come si riscrive la tazione e l’idratazione, in quanto forme di sostegno
norma sull’eutanasia, in spregio al principio della di- vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le
medico-chirurgiche, anche quando conduce alla morte, non può essere scambiato per
un’ipotesi di eutanasia, ossia per un comportamento che intende abbreviare la vita
causando positivamente la morte, esprimendo piuttosto tale rifiuto un atteggiamento
Cass. n. 21748 di scelta, da parte del malato che la malattia segua il suo corso naturale » (34). Infatti
del 2007 tale atteggiamento non significa né può significare che si vuole morire, ma «semmai
che si prende atto che non è possibile impedire una fine inevitabile in condizioni che
corrispondano ad una propria valutazione di dignità e tollerabilità delle sofferenze;
non è tanto la volontà di morire, allora, l’oggetto “diretto” della decisione astensiva,
quanto la rinuncia a bloccare ulteriormente quella che sarebbe, in assenza del mec-
canismo terapeutico, la progressione naturale e inarrestabile della malattia » (35).
Sull’argomento, a conferma, è stato osservato come lo stesso art. 32 Cost., prevede
l’obbligatorietà dei trattamenti sanitari «nei soli casi espressamente previsti dalla
legge, sempre che il provvedimento che li impone sia volto ad impedire che la salute
Corte cost. n. del singolo possa arrecare danno alla salute degli altri e che l’intervento previsto non
258 del 1994 danneggi, ma sia anzi utile alla salute di chi vi è sottoposto » (36).
Dunque, soltanto in questi confini è «costituzionalmente corretto ammettere limi-
tazioni al diritto del singolo alla salute, il quale, come tutti i diritti di libertà, implica
la tutela del suo risvolto negativo: il diritto di perdere la salute, di ammalarsi, di non
curarsi, di vivere le fasi finali della propria esistenza secondo canoni di dignità
umana propri dell’interessato, finanche di lasciarsi morire » (37). Difatti, nessuno ha il
diritto — e men che mai il dovere — di imporre ad un altro soggetto una terapia medica,
negandogli così continuamente il diritto all’autodeterminazione, il diritto al poter-
essere-se-stesso (38).
Secondo le nostri Corti, dunque, la manifestazione di tale consapevole rifiuto ren-
sofferenze, non possono in alcun caso essere sospe- l’art. 32 Cost. postula il « necessario contempera-
se da chi assiste soggetti non in grado di provvedere mento del diritto alla salute del singolo (anche nel
a se stessi”. Era in ogni caso destinata a fallire la suo contenuto negativo di non assoggettabilità a
pretesa di applicare questa norma alla vicenda di trattamenti sanitari non richiesti od accettati) con il
E.E. Si sarebbe trattato infatti di una applicazione coesistente e reciproco diritto di ciascun individuo
retroattiva, diretta a disconoscere un diritto che (sentenza 1994 n. 218, Foro it., 1995, I, 46) e con la
aveva ricevuto ormai una compiuta regolamenta- salute della collettività (sentenza 1990 n. 307, id.,
zione attraverso un provvedimento passato in cosa 1990, I, 2694); nonché, nel caso in particolare di
giudicata sostanziale. È infatti un principio assolu- vaccinazioni obbligatorie “con l’interesse del bam-
tamente pacifico nell’ordinamento italiano, come bino”, che esige tutela anche nei confronti dei geni-
negli ordinamenti stranieri, che la legge sopravve- tori che non adempiono ai compiti inerenti alla cura
nuta retroattiva non può toccare il giudicato, non del minore ».
può influire sul diritto su cui si è pronunciato un (37) Cass. civ., 16 ottobre 2007, n. 21748, cit.
provvedimento del giudice passato in giudicato »; ivi (38) Cfr. J. HABERMAS, Il futuro della natura umana,
anche con nota di D. MALTESE, Il falso problema della Einaudi, 2002, 61: « nelle vicissitudini della storia di
nutrizione artificiale. Il provvedimento è stato pub- vita, noi possiamo ribadire il nostro “essere noi stes-
blicato anche in Foro padano, 2008, I, 76 ss., con nota si” solo quando possiamo stabilire una differenza
di S. PERON, Sul diritto al rifiuto di ricevere cure tra ciò che noi siamo e ciò che a noi accade »; H. JONAS
mediche. Il diritto di morire, cit., 14-16. A tale proposito Jonas
(34) Cass. civ., 16 ottobre 2007, n. 21748, cit. distingue chiaramente questo caso dal suicidio con il
(35) A. D’ALOIA, Decidere sulle cure. Il discorso giu- quale spesso è confuso: « sussiste qui una notevole
ridico al « limite » della vita, cit. differenza rispetto al “rivolgere la mano contro se
(36) Così, Cass. civ., 16 ottobre 2007, n. 21748, cit.; stessi”, vale a dire ci si dà violentemente la morte: gli
nonché Corte cost., 23 giugno 1994, n. 258, in Foro it., altri, inclusi i poteri pubblici, di fatto ogni astante,
1995, I, 1451, che, in un fattispecie relativa la vacci- hanno il diritto (che in definitiva viene persino con-
nazione obbligatoria di un minore, ha ribadito come siderato un dovere) di impedire, mediante tempesti-
derebbe «doverosa la sospensione di mezzi terapeutici il cui impiego non dia alcuna
speranza di uscita dallo stato vegetativo in cui versa la paziente e non corrisponda
con il mondo dei valori e la visione di vita dignitosa che è propria del soggetto.
Qualora l’ammalato decida di rifiutare le cure (ove incapace, tramite rappresentante
legale debitamente autorizzato dal Giudice Tutelare), tale ultima manifestazione di
rifiuto farebbe immediatamente venire meno il titolo giuridico di legittimazione del
trattamento sanitario (ovvero il consenso informato), costituente imprescindibile
presupposto di liceità del trattamento sanitario medesimo, venendo a sorgere l’obbli-
go giuridico (prima ancora che professionale o deontologico) del medico di interrom- TAR Lombardia
pere la somministrazione di mezzi terapeutici indesiderati » (39). Inoltre, tale obbligo Milano n. 214 del
giuridico sussiste anche ove si «tratti di trattamento di sostegno vitale il cui rifiuto 2009
conduca alla morte, giacché tale ipotesi non costituisce, secondo il nostro ordinamen-
to, una forma di eutanasia (per tale dovendo intendersi soltanto il comportamento
eziologicamente inteso ad abbreviare la vita e che causa esso positivamente la morte)
bensì la scelta insindacabile del malato a che la malattia segua il suo corso naturale
fino all’inesorabile exitus» (40).
Senza comunque dimenticare che, di fronte al «rifiuto della cura da parte del
diretto interessato, c’è spazio — nel quadro dell’“alleanza terapeutica” che tiene uniti
il malato ed il medico nella ricerca, insieme, di ciò che è bene rispettando i percorsi
culturali di ciascuno — per una strategia della persuasione, perché il compito del-
l’ordinamento è anche quello di offrire il supporto della massima solidarietà concreta
nelle situazioni di debolezza e di sofferenza; e c’è, prima ancora, il dovere di verificare
che quel rifiuto sia informato, autentico ed attuale. Ma allorché il rifiuto abbia tali
connotati non c’è possibilità di disattenderlo in nome di un dovere di curarsi come
principio di ordine pubblico » (41).
vo intervento, che non esclude neppure il ricorso da parte del SSN a chiunque sia affetto da patologie
alla forza, un tentativo avvivo di suicidio. Si tratta, mediche, solo per il fatto che il malato abbia prean-
come è generalmente ammesso, di un’ingerenza nel- nunciato la propria intenzione di avvalersi del suo
la più intima sfera di libertà del soggetto, ma di diritto alla interruzione del trattamento, significa di
un’ingerenza soltanto momentanea e anzi, a più fatto limitare indebitamente tale diritto. L’accetta-
lunga scadenza di un atto in nome proprio di quella zione presso la struttura sanitaria pubblica non può
libertà. Infatti essa ristabilisce soltanto lo status quo infatti essere condizionata alla rinuncia del malato
di un soggetto libero d’agire, offendo l’opportunità ad esercitare un suo diritto fondamentale. Né il ri-
di un’ulteriore riflessione, mediante la quale questi fiuto opposto dall’Amministrazione alla richiesta
può ritornare sulla sua decisione, che magari era del sig. ** può giustificarsi in base a ragioni attinen-
dettata da un attimo di disperazione, oppure perse- ti l’obiezione di coscienza. Spetta infatti alla legge
verare in essa ». disciplinare compiutamente le modalità e i limiti
(39) TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 26 gennaio entro cui possono assumere rilevanza i convinci-
2009, n. 214, cit. menti intimi del singolo medico, ferma la necessità
(40) TAR Milano, Lombardia, Sez. III, 26 gennaio che la struttura ospedaliera garantisca comunque la
2009, n. 214, cit., il quale ha ricordato come « rifiutare doverosità del satisfacere officio ».
il ricovero ospedaliero, dovuto in linea di principio (41) Cass. civ., 16 ottobre 2007, n. 21748, cit.
Secondo la Corte modenese, «plurime fonti normative di vario rango e diversa gerar-
chia enunciano il principio del consenso libero ed informato del paziente ai tratta-
menti medico-sanitari il quale costituisce fondamento e presupposto primario per il
legittimo esercizio dell’attività terapeutica del sanitario » (44). Ne seguirebbe che nes-
sun paziente «può essere sottoposto ad alcun trattamento sanitario contro la sua
volontà, in ossequio al disposto dell’art. 32, comma 2, Cost., salvo che esistano
condizioni di assoluta urgenza e di stato di incoscienza che potrebbero legittimare un Cass. pen. n.
intervento senza il consenso » (45). 45801 del 2008
Proprio al fine di garantire il principio di autodeterminazione alcune Corti di merito
hanno ritenuto valida la volontà espressa da un «soggetto capace, formatasi in modo
immune da vizi, circa i trattamenti ai quali desidera o non desidera essere sottoposto
nel caso in cui, nel decorso di una malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse
in grado di esprimere il proprio consenso o il proprio dissenso informato. È, altresì,
valida, nel contesto negoziale di tali direttive anticipate di trattamento terapeutico, la
designazione di un sostituto cui demandato il compito di portare ad attuazione ed Trib. Varese 25
esecuzione la volontà espressa ora per allora » (46). agosto 2010
In altre parole, la giurisprudenza sembrerebbe orientata nel ritenere che «l’ammi-
nistratore di sostegno, in quanto figura normativa destinata ad occuparsi della cura
della persona incapace di intendere e volere », sia «soggetto idoneo a salvaguardare
Anche quelle, aggiungo io, suggestive, come “morte de il consenso all’intervento poteva essere desunto
dignitosa”, che maschera a mala pena, sul piano implicitamente dal comportamento complessivo
linguistico, la “dolce morte” ». Nonché Trib. Modena, della paziente — che aveva tenuto un atteggiamento
13 maggio 2008, in questa Rivista, 2008, 1828, con collaborativo al momento dell’ingresso in camera
nota di G. GENNARI, La via giurisprudenziale al te- operatoria — e dall’interpretazione dello stesso fatta
stamento biologico. dai più stretti congiunti, risultando che il modulo di
(44) Trib. Modena, 23 dicembre 2008, cit., in parti- consenso all’operazione e all’anestesia era stato for-
colare il Tribunale di Modena ha richiamato, il prin- malmente firmato dal marito, ivi presente.
cipio espresso dalla già citata Cass. civ., 16 ottobre (46) Trib. Varese, 25 agosto 2010, in Juris Data
2007, n. 21748, cit., secondo la quale il principio del Giuffrè, a suffragio della possibilità di manifestare
consenso informato « esprime una scelta di valore una volontà siffatta « ora per allora », il Tribunale di
nel modo di concepire il rapporto tra medico e pa- Varese osserva come queste scelte siano già « pre-
ziente, nel senso che detto rapporto appare fondato senti e disciplinate nel nostro ordinamento, come
prima sui diritti del paziente e sulla sua libertà di ipotesi precipua di manifestazione del consenso an-
autodeterminazione terapeutica che sui doveri del che con riguardo a disposizioni a contenuto non
medico ». patrimoniale ». Difatti, la legge sui trapianti di organi
(45) Cass. pen., Sez. V, 17 settembre 2008, n. 45801, (legge n. 91/1999) già da tempo ha « aperto la strada
in Juris Data Giuffrè, in questa fattispecie è stato a “una vera e propria rivoluzione in tema di validità
mandato assolto dall’imputazione relativa ai reati di del living will”, fondandosi sulla volontà espressa,
cui agli artt. 613 e 586 c.p. un medico anestesista che anche mediante il silenzio, dal soggetto in vita. Ag-
aveva partecipato a un intervento chirurgico nel cor- giungasi che non si dubita della validità ed efficacia
so del quale una paziente era deceduta per arresto di un testamento che con le sue formule accolga
cardiaco; la Corte, partendo dalla premessa di cui in disposizioni non meramente patrimoniali (ricono-
massima, ha ritenuto corretta e congruamente moti- scimento di un figlio, volontà relative al proprio ca-
vata la pronuncia liberatoria, laddove, pur in difetto davere, destinazione delle creazioni intellettuali) in
di consenso scritto, si era apprezzato che la paziente previsione di una morte futura, neanche quando le
si era rifiutata di apporre la firma sul modulo del circostanze possano suggerire che una decisione
consenso all’intervento solo per paura, e non per una assunta a breve distanza dall’evento sarebbe stata
scelta cosciente e ponderata di rifiuto delle cure, on- del tutto differente ».
Più che di una riforma, si è trattato di una vera e (50) Trib. Varese, 25 agosto 2010, cit., anche perché
propria rivoluzione istituzionale come tale ricono- osserva il Tribunale come « è principio ormai da con-
sciuta, nella sostanza, dalle Corti superiori (Corte siderare “diritto vivente”, infatti, quello enunciato
dal celebre arresto Cass. civ., Sez. I, sentenza 16 prima di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa
ottobre 2007 n. 21748 che consente l’adozione di di dignità della persona”. Ed, allora: costituirebbe
scelte terapeutiche in capo al “sostituto” “quando la un’insanabile contraddizione negare al soggetto ca-
ricerca della presunta volontà della persona in stato pace di dire ora per allora come questi vorrà essere
di incoscienza — ricostruita, alla stregua di chiari, trattato nel momento di sopravvenuta incapacità e,
univoci e convincenti elementi di prova, non solo alla poi, però, consentire a terzi una ricostruzione in via
luce dei precedenti desideri e dichiarazioni dell’inte- presuntiva della sua volontà allorché consapevole e
ressato, ma anche sulla base dello stile e del carattere cosciente. Ed, invero, è la stessa sentenza citata ad
della sua vita, del suo senso dell’integrità e dei suoi ipotizzare (e dunque ammettere) una volontà pre-
interessi critici e di esperienza — assicura che la espressa allorché i giudici scrivono che occorre, se
scelta portata dal rappresentante sia rivolta, esclusi- possibile, “muovere dalla volontà espressa prima di
vamente, a dare sostanza e coerenza all’identità cadere in stato di incoscienza” ».
complessiva del paziente e al suo modo di concepire,