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R E SPONS A BI L I TÀ

CI V ILE E
PR E V I DE NZ A
rivista mensile di dottrina,
giurisprudenza e legislazione

diretta da
Giovanni Iudica – Ugo Carnevali

| e s t rat t o
Orientamenti
giurisprudenziali
in tema di biodiritto
di Sabrina Peron
giurisprudenza
RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA - BIODIRITTO

70 ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
IN TEMA DI BIODIRITTO

di Sabrina Peron – Avvocato in Milano

La rassegna fa il punto dell’attuale panorama giurisprudenziale sulle problematiche legate al rifiuto delle
cure e alla correlativa manifestazione di un valido consenso.

Sommario 1. Premessa. — 2. Sul diritto al rifiuto delle cure. — 3. Sul diritto al rifiuto delle cure dei
malati terminali. — 4. Sulla validità del consenso manifestato attraverso un amministratore di soste-
gno.

1. PREMESSA
La continua creazione di nuove — e sempre più evolute — tecnologie che investono e
coinvolgono il corpo umano (1) («sempre più sfidato, e anche letteralmente attraversa-
to, dalla tecnica» (2)), con forme e modalità sino a poco tempo fa inedite, ha posto nuovi
problemi etici e politici ed ha dischiuso al diritto nuove ed incerte frontiere; tant’è che
oggi nell’affrontare tali questioni si utilizzano termini come bioetica, biopolitica (3) e
biodiritto (4).

(1) L’uomo è artefice, parte e vittima del mondo tec- tari della biopolitica Agamben: « la trasformazione
nico che ha creato e che ha imposto a se stesso e al- della politica in spazio di nuda vita (…) ha legitti-
l’ambiente in cui vive (cfr. G. ANDERS, L’uomo è anti- mato e reso necessario il dominio totale » (G. AGAM-
quato, vol. II, Bollati Boringhieri, 370). Osserva A. BEN, Homo Sacer, Einaudi, 2005, 132); e Forti: quan-
QUERCI, Biotecnologie e scienze della vita nelle recenti do la politica « assume a proprio oggetto la vita nella
normative di origine comunitaria: le nuove frontiere sua forma elementare e primaria; quando punta di-
della responsabilità civile, in questa Rivista, 2010, rettamente sul vivere stesso, nel suo significato me-
219: « i progressi nel campo della biologia e della me- ramente biologico », quando è dunque il corpo stesso
dicina aiutano a combattere malattie in passato in- a « venir investito dal dominio », si assiste ad una
curabili ed a vivere più a lungo ed in migliori condi- « metamorfosi radicale delle relazioni di potere,
zioni. La genetica schiude nuovi orizzonti di inaugurata appunto dai regimi totalitari » (S. FORTI,
conoscenza e di cura: cellule, tessuti ed organi pos- La filosofia di fronte all’estremo, Einaudi 2004, 22).
sono oggi essere prelevati, conservati e mantenuti in Il concetto di biopolitica è stato elaborato ed è stato
vita separatamente. Essi possono poi venire impian- per la prima volta oggetto di studi da parte di Fou-
tati e trapiantati per sostituire quelli malati, even- cault secondo il quale la biopolitica è il « modo con
tualmente dopo essere stati trattati, coltivati o mo- cui si è cercato, dal XVIII secolo, di razionalizzare i
dificati. Possono altrimenti venire impiegati per problemi posti alla pratica governamentale dai fe-
obiettivi di ricerca e di terapia, o per la produzione di nomeni specifici di un insieme di esseri viventi co-
farmaci, sostanze, linee cellulari o altri dispositivi stituiti in popolazione: salute, igiene, natalità, lon-
biomedicali, da immettere sul mercato. La biotecno- gevità, razze… » (M. FOUCAULT, Nascita della biopo-
logia è in grado di produrre, mediante manipolazione litica, Feltrinelli, 2005, 261). Difatti per Foucault
genetica, molecole biologiche ed organismi transge- « per millenni, l’uomo è rimasto quel che era in Ari-
nici, in vista di molteplici applicazioni, non solo in stotele: un animale vivente ed inoltre capace di
campo chimico e farmaceutico, ma anche industriale un’esistenza politica; l’uomo moderno è un animale
ed agricolo, oltreché con riferimento alla produzione nella cui politica è in questione la sua vita di essere
alimentare ed alla protezione dell’ambiente ». vivente » (M. FOUCAULT, La volontà di sapere, Feltri-
(2) Così, R. ESPOSITO, Bìos, Einaudi, 2004, 5. nelli, Milano 2005, 127).
(3) Mettono in guardia contro i possibili esiti totali-

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Di biodiritto si parla in tutti i casi in cui il diritto è chiamato ad occuparsi delle


implicazioni giuridiche delle questioni bioetiche. Il biodiritto è stato definito come il
«più moderno (meglio, postmoderno) esempio di tecno-diritto, con ciò intendendo sia
il modo di essere del diritto del corpo nell’era della tecnica sia una specie di tecnica,
ossia di forma della volontà di dominio di potenza dell’uomo sulla corporeità proget-
tata, prodotta e fabbricata » (5). Del resto i nuovi diritti della persona che si sono venuti
affermando come quello alla «procreazione medicalmente assistita, al testamento
biologico, all’eutanasia, al consenso informato, ecc., mettono a nudo le nuove fron-
tiere del diritto alla salute, evocando, molto spesso questioni e problemi la cui solu-
zione appare oggettivamente complicata e difficile perché ad essere toccata e coin-
volta è la stessa “visione del mondo”, sia nella sua dimensione individuale e soggetti-
vamente rilevante che per il suo profilo collettivo » (6).
Il diritto oggi è dunque « chiamato a confrontarsi, secondo prospettive assoluta-
mente inedite, con i suoi “oggetti” principali: la vita, la salute, l’autodeterminazione
dei soggetti, la stessa individualità biologica, e i dubbi investono persino i “termini”
iniziale e finale dell’esperienza umana » (7).
Occorre però premettere che nel nostro ordinamento non esiste un quadro norma-
tivo organico in materia di biodiritto, essendo l’attuale panorama giuridico frammen-
tato in una serie di interventi legislativi (anche comunitari (8)) su singole materie, ai
quali si affiancano decisioni giurisprudenziali sui singoli casi di volta in volta sottoposti
all’esame dei giudici. Del resto, sul punto è stato osservato che «la legge quale forma
regolativa di questi ambiti rischia, da un lato, di essere sempre in fisiologico ritardo,
superata dalle trasformazioni rapidissime della società contemporanea e dal conti-
nuo avvento di nuove scoperte scientifiche e, dall’altro, di imporre valori non condi-
visi, affermati solo tramite l’adozione di procedure maggioritarie » (9). Ad esempio è
stato osservato come il Disegno di Legge in materia del c.d. «testamento biologico »,
«orienta e dirige l’attività medica del caso concreto, prescrivendo i imiti alla libertà di
scienza e coscienza del medico », normativizzando «una tra le molte opinioni scienti-
ficamente accreditate, laddove dispone che alimentazione ed idratazione, nelle diver-
se forme in cui la scienza e la tecnica possono fornire al paziente, sono forme di
sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze fino alla fine
della vita » (10).

(4) Osserva R. ESPOSITO, Bìos, cit., 4: « cosa deve in- FERRARA, Milano, 2010, 61, secondo il quale ciò che
tendersi per bìos? (…). Volendo restare al lessico viene « sicuramente in evidenza è la stretta inter-
greco, e in particolare aristotelico, infatti, più che al connessione fra il mondo dell’etica (dell’ethos) e
termine bios, inteso nel significato di “vita qualifica- quello del diritto (del nomos) e, conseguentemente,
ta” o di “forma di vita”, la biopolitica rimanda sem- fra la Scienza e il diritto medesimo ».
mai alla dimensione della zoé, vale a dire alla vita (7) A. D’ALOIA, Decidere sulle cure. Il discorso giu-

nella sua semplice tenuta biologica; o almeno alla ridico al « limite » della vita, in www.personaedan-
linea di congiunzione lungo la quale il bios si affac- no.it.
cia sulla zoè naturalizzandosi anch’esso ». (8) Sulla normativa comunitaria si rinvia a A. QUER-

(5) L. BUFFONI, Le fonti nazionali del biodiritto: al- CI, Biotecnologie e scienze della vita nelle recenti
cuni appunti per una teoria della sovranità dell’in- normative di origine comunitaria, cit.
dividuo nella produzione giuridica, in www.perso- (9) C. CASONATO, Introduzione al biodiritto, Torino,

naedanno.it. 2009, 1.
(6) R. FERRARA, Il diritto alla salute: i principi costi- (10) L. BUFFONI, Le fonti nazionali del biodiritto, cit.,

tuzionali, in AA.VV., Salute e Sanità, a cura di R. 24.

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Cerchiamo ora di esaminare, perlomeno per sommi capi, il quadro normativo di


riferimento.
Il punto di partenza è ovviamente il dettato costituzionale (in relazione al quale è
stato osservato come questo sia «intrinsecamente aperto ad un continuo aggiorna-
mento di senso e di contenuti che, soprattutto sul terreno dei diritti, è scandito dai
mutamenti delle condizioni esistenziali e dei bisogni umani » (11)): anzitutto l’art. 32
Cost.; ma poi anche gli artt. 2, 3 e 117 (e, segnatamente, il comma 2, lett. m), Cost. Sul
punto è stato correttamente rilevato che la Costituzione, vede nella persona umana un
valore etico in sé, essa «non solo vieta ogni strumentalizzazione della medesima per
alcun fine eteronomo ed assorbente; ma altresì: a) concepisce l’intervento solidaristi-
co e sociale in funzione della persona e del suo sviluppo, e non viceversa; b) guarda al
limite del “rispetto della persona umana”, in riferimento al singolo individuo, in
qualsiasi momento della sua vita e nell’integralità della sua persona, in considera-
zione delle convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche che orientano le sue
determinazioni volitive » (12).
L’art. 32 Cost., inoltre, codifica il «diritto alla salute come fondamentale diritto
dell’individuo e interesse della collettività » (13). Esso consta di «due livelli di garanzia.
Ad un primo livello definibile di garanzia “negativa o passiva”, che si traduce nella
pretesa a che terzi si astengano da azioni pregiudizievoli la salute individuale me-
diante la predisposizione di mezzi inibitori, ripristinatori e risarcitori, se ne contrap-
pone un secondo, di garanzia “attiva”, che si realizza nella pretesa positiva dell’indi-
viduo alla esistenza e utilizzabilità dei mezzi terapeutici necessari per la tutela alla
salute. Il diritto alla salute, in tale ottica, è diritto fondamentale dell’essere umano
inteso quale unicum tra mente e corpo. Esso comporta il diritto di essere curato (da
qui la previsione costituzionale di “cure gratuite agli indigenti”) ma anche il diritto di
non essere curato » (14). Perché la salute è «essenzialmente un diritto che l’individuo
può ricondurre alla sua sfera più intima di autodeterminazione (15) ».
Vengono poi in rilievo (solo per citarne alcune): l’art. 5 c.c. (Atti di disposizione del
proprio corpo): l. 1o aprile 1999, n. 91 (Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti
di organi e di tessuti), poi integrata dalla l. 16 dicembre 1999, n. 483, sul trapianto
parziale di fegato (trapianto da vivente) e dal d.m. 8 aprile 2000 in materia di prelievi e
trapianti di organi e tessuti; l. 29 dicembre 1993, n. 578, sull’accertamento della morte,
che identifica la morte con la «cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’ence-
falo » (art. 1); gli artt. 579 (Omicidio del consenziente) e 580 c.p. (Istigazione o aiuto al

(11) A. D’ALOIA, Decidere sulle cure. Il discorso giu- se stessa, situazioni giuridiche soggettive diretta-
ridico al « limite » della vita, cit. mente spendibili innanzi alla giurisdizione ».
(12) E. SECCHI, I trattamenti sanitari obbligatori, il (14) G.E. POLIZZI, « È vietato mangiare sangue »: il

divieto dell’accanimento terapeutico, il rifiuto co- divieto geovista alle emotrasfusioni nei recenti
sciente del trattamento salvavita, la scelta del medi- orientamenti giurisprudenziali e dottrinali, in que-
co nella urgenza, in www.personaedanno.it sta Rivista, 2009, 2112.
(13) R. FERRARA, Il diritto alla salute: i principi co- (15) A. D’ALOIA, Decidere sulle cure. Il discorso giu-

stituzionali, in AA.VV., Salute e Sanità, a cura di R. ridico al « limite » della vita, cit., secondo il quale
FERRARA, cit.,19. Il quale ricorda come l’art. 32 Cost. sarebbe proprio il comma 2 dell’art. 32 Cost. a « di-
per lungo tempo sia stato interpretato come norma mostrare la correttezza dell’impostazione interpre-
meramente programmatica, ossia come « disposi- tativa fondata sulla libertà e sull’autodeterminazio-
zione costituzionale insuscettibile di fondare, di per ne terapeutica del soggetto ».

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suicidio); l. 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente


assistita), con il d.m. 4 agosto 2004 (Norme in materia di procreazione medicalmente
assistita) e il d.m. 16 dicembre 2004 (di cui relativo al consenso informato sul tratta-
mento di cui alla presente legge).
A livello sovranazionale vengono infine in rilievo: la Convenzione Europea dei
Diritti dell’Uomo (art. 8 — Diritto al rispetto della vita privata e familiare) e la Carta di
Nizza, la quale a sua volta, «pone la vita fra i fondamentali diritti dell’individuo,
avendo peraltro posto al centro della tutela della persona la salvaguardia della sua
dignità (…). La dignità sarebbe cioè la summa di tutti i diritti fondamentali ricono-
sciuti all’individuo » (16).
Vediamo ora concretamente i casi che sono stati affrontati e decisi in sede giudi-
ziaria.

2. SUL DIRITTO AL RIFIUTO DELLE CURE


Anzitutto, la più recente giurisprudenza maggioritaria sembrerebbe orientata nel sen-
so di ritenere che il «diritto costituzionale di rifiutare le cure», sia «un diritto di libertà
TAR Lombardia assoluto, il cui dovere di rispetto si impone erga omnes, nei confronti di chiunque
Milano n. 214 intrattenga con l’ammalato il rapporto di cura, non importa se operante all’interno di
del 2009 una struttura sanitaria pubblica o privata » (17). Difatti, il rifiuto di ogni tipo di «assi-
stenza fa parte dello status libertatis che la Costituzione riconosce a tutti i cittadini
come patrimonio irretrattabile della personalità » (18).
Infine, occorre considerare che la vincolatività delle decisioni del malato è suscet-
tibile di condurre a conclusioni diverse laddove il paziente si trovi, o meno, in stato di
incapacità nel momento in cui è necessario esprimere il consenso o il diniego alle
cure (19).
Tra i vari casi decisi vi sono stati quelli relativi il divieto di emotrasfusioni, seguito
dai credenti della Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova.

(16) M. COSTANZA, Vivere: diritto o dovere? in con nota di A. SANTOSUOSSO, Sulla conclusione del
www.personaedanno.it. Osserva A. QUERCI, Biotec- caso Englaro. La sentenza è stata pubblicata anche
nologie e scienze della vita nelle recenti normative di in Giorn. dir. amm., 2009, 267, con nota di A. PIOGGIA,
origine comunitaria, cit., l’art. 3, pone « il rispetto di Consenso informato e rifiuto di cure: dal riconosci-
alcuni principi fondamentali, fra cui quello del “di- mento alla soddisfazione del diritto.
vieto di fare del corpo umano e delle sue parti in (18) D. MALTESE, Il falso problema della nutrizione

quanto tali una fonte di lucro”. In ambito europeo la artificiale, in Foro it., 2009, I, 987, secondo l’Autore è
gratuità costituisce, dunque, un principio generale « esclusa, quindi, ogni possibilità di coazione, salvo
per la donazione di parti o di elementi del corpo contrarie disposizioni di legge per motivi non colli-
destinati ad essere utilizzati in campo medico e bio- manti con la posizione del singolo interessato
logico: la ratio di ciò si rinviene, innanzitutto, nel (esempio di scuola: la vaccinazione obbligatoria
principio di dignità della persona, che comporta (…). Per cui, se ciò avviene in contrasto con la vo-
l’esclusione della commerciabilità, ed in quello di lontà del paziente, l’autore dell’intervento commette
solidarietà verso chi soffre ». Sulle iniziative legisla- un’azione illecita di coercizione in difformità dal
tive attualmente all’esame del Parlamento, si veda, precetto costituzionale. Prima — si noti — del com-
A. GUARNERI, Profili giuridici della fine della vita pimento di un’attività ulteriore qualificabile o non
umana, in questa Rivista, 2009, 1725. qualificabile come accanimento terapeutico ».
(17) TAR Milano, Lombardia, Sez. III, 26 gennaio (19) M. SESTA, Disposizioni di fine vita: il ruolo degli

2009, n. 214, in Nuova giur. civ. comm., 2009, II, 127, operatori del diritto, in www.studiosesta.it.

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Nel caso ad oggi più recente deciso dalla Cassazione (20), un Testimone di Geova, Cass. n. 23676
lamentava di essere stato sottoposto ad una serie di trasfusioni di sangue nonostante del 2008
che al momento del ricovero (al quale giungeva privo di coscienza) avesse con sé un
biglietto recante la dicitura « niente sangue ». Il paziente chiedeva che fosse riconosciu-
ta la rilevanza del dissenso così manifestato, e quindi, la violazione degli articoli della
Costituzione 13, comma 1, («la libertà personale è inviolabile ») e 32, comma 2 («Nes-
suno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per dispo-
sizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto
della persona umana »).
La Cassazione anzitutto ha riconosciuto al «paziente un vero e proprio diritto di
non curarsi, anche se tale condotta lo esponga al rischio stesso della vita ». Con la
conseguenza che il «Testimone di Geova, maggiorenne e pienamente capace, (può)
negare il consenso alla terapia trasfusionale, essendo in tal caso il medico obbligato
alla desistenza da qualsiasi atto diagnostico e terapeutico. E ciò perché il conflitto tra
due beni — entrambi costituzionalmente tutelati — della salute e della libertà di
coscienza non può essere risolto sic et simpliciter a favore del primo, sicché ogni
ipotesi di emotrasfusione obbligatoria diverrebbe per ciò solo illegittima perché in
violazione delle norme costituzionali sulla libertà di coscienza e della incoercibilità
dei trattamenti sanitari individuali (così, un rifiuto “autentico” della emotrasfusione
da parte del Testimone di Geova capace — avendo, in base al principio personalistico,
ogni individuo il diritto di scegliere tra salvezza del corpo e salvezza dell’anima —
esclude che qualsiasi autorità statuale-legislativa, amministrativa, giudiziaria —
possa imporre tale trattamento: il medico deve fermarsi)».
Tuttavia, continua la Corte, «nell’ipotesi di pericolo grave ed immediato per la vita

(20) Cass. civ., 15 settembre 2008, n. 23676, in que- sfusioni e l’autodeterminazione del paziente nel
sta Rivista, 2009, 126 con nota di M. GORGONI, Libertà trattamento sanitario: ancora la Cassazione prece-
di coscienza v. salute; personalismo individualista de il legislatore nel riconoscimento di atti che pos-
v. paternalismo sanitario; e 2009, 2112, con nota di sono incidere sulla vita. Tra le più recenti Corti di
G.E. POLIZZI, op. cit. La sentenza è stata pubblicata ed merito si veda Trib. Roma, 31 marzo-15 settembre
ampiamente commentata anche in Foro it., 2009, I, 2010, in questa Rivista, infra, 968, con nota di S.
36, con nota di R. ROMBOLI, Il conflitto tra poteri dello D’ERRICO-E. TURILLAZZI, Dissenso alla trasfusione di
Stato sulla vicenda E.: un caso di evidente inammis- sangue e nesso causale fra omesso intervento e de-
sibilità; e con nota di G. CASABURI, Autodetermina- cesso del paziente: il giudizio valutativo evita un’im-
zione del paziente, terapie e trattamenti sanitari probabile proposizione statistica, secondo la quale:
« salvavita »; in Riv. it. med. leg., 2009, 210, con nota « Il rifiuto al trattamento sanitario (emotrasfusio-
di M. BARNI, Sul rifiuto del sangue, un compromesso ne), lungi dal costituire un fatto anomalo ed impre-
onorevole; in Nuova giur. civ. comm., 2009, I, 175, vedibile, costituisce il mero esercizio di un diritto,
con note di E. SILINGARDI-A.L. SANTUNIONE, Il rifiuto garantito all’infortunato dalla Costituzione e ora-
anticipato dei trattamenti trasfusionali: la Cassa- mai largamente riconosciuto da costante giurispru-
zione civile in bilico tra un passato che non passa ed denza, inidoneo ad interrompere la continuità fat-
un futuro ipotetico; e di G. CRICENTI, Il c.d. dissenso tuale e logico-giuridica tra l’evento-sinistro e
informato; in Dir. fam., 2009, 58, con nota di R. MA- l’evento-morte, allorquando l’incidenza di altri seri
SONI, I testimoni di Geova tra legittimità, merito ed fattori di rischio gravanti sulla vita del paziente a
amministrazione di sostegno; in Giur. it., 2009, 1126, seguito di incidente stradale, affermano la ragione-
con nota di G. PELLEGRINO, Il rifiuto delle trasfusioni vole irreversibilità dello shock emorragico sin dalle
da parte dei testimoni di Geova - Tra diritto costi- prime fasi della vicenda assistenziale e, indipenden-
tuzionale all’autodeterminazione in materia sanita- temente dall’eventuale trasfusione, la fondatezza di
ria e attualità del dissenso; in Corr. giur., 2008, 1674, un giudizio prognostico sfavorevole sulla sopravvi-
con nota di F. FORTE, Il dissenso preventivo alle tra- venza ».

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del paziente, il dissenso del medesimo » deve essere oggetto di «manifestazione


espressa, inequivoca, attuale, informata ».
Esso deve, cioè, esprimere una «volontà non astrattamente ipotetica ma concre-
tamente accertata; un’intenzione non meramente programmatica ma affatto specifi-
ca; una cognizione dei fatti non soltanto “ideologica”, ma frutto di informazioni spe-
cifiche in ordine alla propria situazione sanitaria; un giudizio e non una precompren-
sione »: il dissenso deve seguire e non precedere «l’informazione avente ad oggetto la
rappresentazione di un pericolo di vita imminente e non altrimenti evitabile ». In
definitiva «un dissenso che suoni attuale e non preventivo, un rifiuto ex post e non ex
ante, in mancanza di qualsivoglia consapevolezza della gravità attuale delle proprie
condizioni di salute ». E ciò perché, «a fronte di un sibillino sintagma “niente sangue”
vergato su un cartellino, sul medico curante graverebbe in definitiva il compito
(invero insostenibile) di ricostruire sul piano della causalità ipotetica la reale volontà
del paziente secondo un giudizio prognostico ex ante, e di presumere induttivamente
la reale “resistenza” delle sue convinzioni religiose a fronte dell’improvviso, repenti-
no, non altrimenti evitabile insorgere di un reale pericolo di vita, scongiurabile
soltanto con una trasfusione di sangue ».
Secondo la Corte, come la «validità di un consenso preventivo ad un trattamento
sanitario non appare in alcun modo legittimamente predicabile in assenza della
doverosa, completa, analitica informazione sul trattamento stesso, così l’efficacia di
uno speculare dissenso ex ante, privo di qualsiasi informazione medico-terapeutica,
deve ritenersi altrettanto impredicabile, sia in astratto che in concreto, qualora il
paziente, in stato di incoscienza, non sia in condizioni di manifestarlo scientemente, e
ciò perché altra è l’espressione di un generico dissenso ad un trattamento in condi-
zioni di piena salute, altro è riaffermarlo puntualmente in una situazione di pericolo
di vita ».
Con ciò non si vuole, peraltro, sostenere che, « in tutti i casi in cui il paziente
portatore di forti convinzioni etico-religiose (come è appunto il caso dei Testimoni di
Geova) si trovi in stato di incoscienza, debba perciò solo subire un trattamento
terapeutico contrario alla sua fede. Ma è innegabile, in tal caso, l’esigenza che, a
manifestare il dissenso al trattamento trasfusionale, sia o lo stesso paziente che rechi
con sé una articolata, puntuale, espressa dichiarazione dalla quale inequivocamente
emerga la volontà di impedire la trasfusione anche in ipotesi di pericolo di vita, ovvero
un diverso soggetto da lui stesso indicato quale rappresentante ad acta il quale,
dimostrata l’esistenza del proprio potere rappresentativo in parte qua, confermi tale
dissenso all’esito della ricevuta informazione da parte dei sanitari ».
Sulla base di tali principi il Tribunale di Milano — in una fattispecie che aveva visto
coinvolto sempre un Testimone di Geova (21) — ha ritenuto che di fronte al « rifiuto di

(21) Il caso è quello di un paziente che viene ricove- Egli, infatti, fin dall’inizio del suo ricovero, aveva
rato presso una struttura ospedaliera di Milano con prontamente informato i sanitari delle proprie con-
una diagnosi di « ematemesi ed emelena da sospetta vinzioni religiose ed aveva, altresì, consegnato un
neoplasia gastrica ». Il paziente era ministro del cul- documento scritto, di proprio pugno, nel quale ma-
to dei Testimoni di Geova e, allorché gli venne pro- nifestava in maniera chiara il rifiuto di essere curato
spettata la necessità di effettuare una terapia emo- con trasfusioni di sangue. Altra circostanza non se-
trasfusionale, lo stesso rifiutava categoricamente. condaria fu che le insistenze dei medici ed il timore

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cure, c’è spazio nel quadro dell’alleanza terapeutica fra medico e paziente per
un’azione di persuasione e c’è il dovere da parte del medico di verificare le ragioni
profonde del rifiuto e la possibilità di superarle, ma non c’è possibilità di disattenderlo
in nome di un dovere di curarsi e di vivere come principio di ordine pubblico. È questo
per la Corte il risvolto negativo dei diritti alla salute e alla libertà che, in quanto tali,
implicano anche il diritto di perdere la salute, di non curarsi, di lasciarsi morire. E ciò
perché il conflitto fra due beni entrambi costituzionalmente tutelati, della salute e
della libertà di coscienza, non può essere risolto sic et simpliciter a favore del primo,
avendo ogni individuo il diritto di scegliere e non potendo alcuna autorità statuale
legislativa, amministrativa, giudiziaria imporre trattamenti sanitari individuali al di Trib. Milano 16
fuori dei casi consentiti dalla legge » (22). dicembre 2008

3. SUL DIRITTO AL RIFIUTO DELLE CURE DEI MALATI TERMI-


NALI
I malati nella «fase terminale della loro vita e, quindi, più drammatica della loro
esistenza, per l’inguaribilità della malattia, l’aspettativa di morte e le sofferenze
fisiche e psichiche e pongono una serie di problemi, non solo medici, umani, esisten-
ziali, ma anche etici e giuridici, che sono andati accentuandosi col progredire della
scienza medica, che ha reso tale fase sempre più arretrata nel tempo, senza però
impedire la degradazione delle funzioni organiche » (23).
Difatti, come già osservato in questa Rivista (24) sino a circa alla metà del secolo

di subire trasfusioni coatte avevano convinto il pa- che garantiscono il funzionamento dell’organismo,
ziente a dimettersi dalla struttura ospedaliera in cui non solo sono possibili unicamente grazie all’inin-
si trovava inizialmente per trasferirsi presso altra terrotto impiego di cure e tecnologie mediche, ma
struttura, dove il professore primario aveva assicu- anche mentre l’individuo ha irreversibilmente per-
rato il rispetto delle sue convinzioni e volontà. Nono- duto la propria coscienza. Si realizza così una com-
stante ciò, una volta arrivato nella nuova struttura pleta e « perfetta » dissociazione tra mente e corpo, in
ospedaliera, i medici proposero una nuova terapia forza della quale l’individuo si situa « al di là » ed « al
trasfusionale che il paziente continuava a rifiutare. di fuori » dell’identità con sé stesso, in una zona gri-
Eseguita una consulenza psichiatrica, dalla quale gia in cui — da un lato — è irreversibilmente scissa
emergeva una piena volontà di intendere e di volere l’identità tra l’io ed il corpo; dall’altro lato ed al con-
del paziente, i medici della struttura convocavano tempo, l’individuo è indissolubilmente incatenato al
alcuni agenti della PS per fare allontanare i familiari proprio corpo, sino a divenire il punto di coincidenza
e, con l’ausilio di alcuni infermieri, immobilizzavano assoluta del corpo con se stesso: il corpo non è più
il paziente e procedevano ad effettuare, in via coatta, soltanto il medium felice o infelice che ci mette in
la trasfusione. Il paziente si dimenava, urlava, si op- rapporto con il mondo implacabile della Hyle, della
poneva, ma senza risultato alcuno. Dopo poco, lo materia, ma diventa un’aderenza alla quale non si
stesso, decedeva. può sfuggire. In altre parole, si realizza una continua
(22) Trib. Milano, Sez. V, 16 dicembre 2008, n.
sottrazione di vita alla vita, sino a giungere ad una
14883, in Giust. Milano, 2008, 12, 85. soglia estrema tra la vita e la morte in cui la vita si
(23) F. MANTOVANI, Biodiritto e problematiche di fi-
converte in « nuda vita »: l’individuo è privato di tutti
ne vita, in www.scienzaevitafirenze.it. Sull’argo- i diritti e le aspettative che si è soliti attribuire all’esi-
mento si veda A. GUARNERI, op. cit., 1707 ss. stenza umana (che si trova così privata di ogni ap-
(24) S. PERON, Vita, nuda vita e il diritto al rifiuto
partenenza culturale e di ogni divenire storico), ep-
delle cure, in questa Rivista, 2008, 236. In questa pure è ancora biologiamente vivo, ossia è ridotto a un
sede si era osservato come possa accadere che le mero fascio di funzioni biologiche. Le macchina,
possibilità espansive della vita si riducano, si con- dunque, funzionando al posto dell’uomo (e, finan-
traggano e si ripieghino sino ad arrivare alla soglia che, contro la sua volontà, o in assenza di una sua
dell’estremo limite della vita in cui le capacità vitali, volontà), determinano una situazione di reificazione

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giurisprudenza
70 RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA - BIODIRITTO

scorso il rapporto tra vita e morte si poneva in termini di secca alternativa e di pura
esclusione, oggi invece non sempre è così, perchè la moderna tecnologia medica è in
grado di «procastinare la fine, oltre il punto in cui la vita ha ancora valore per il
paziente stesso, anzi oltre il punto in cui questi è ancora in grado di darle un valo-
re » (25).
In questo mutato contesto ci si chiede se colui che «rifiuta o chiede d’interrompere
un trattamento terapeutico (anche necessario per prolungare la vita biologica) perché
la sua condizione clinica è ormai (e naturalmente) terminale » ed non ha speranze né
di guarigione, né di miglioramento e neppure di una «dignitosa gestione di queste fasi
finali e di un’alleviazione delle sofferenze », sia davvero un soggetto che esprime una
posizione meramente egoistica (26). O non si tratti piuttosto di prendere atto che il rifiuto
che il proprio corpo si trasformi in una zona di mero esercizio della potenza tecnologica
medica e della sua capacità di alterare il corso dei processi naturali, non sia semplice-
mente che una «presa d’atto (non meno “densa” e dolorosa della decisione di fare di
tutto per curarsi) di un processo naturale che non si può impedire ma solo prolungare
“artificialmente” e spesso in condizione che poco hanno a che vedere con la stessa vita
umana? » (27).
Nel nostro Paese sono due sono i casi che sono stati affrontati e sui cui esiti
giudiziari sono state sollevate aspre discussioni e contrapposizioni: il caso di Piergior-
nio Welby e quello di Eluana Englaro.
Nel primo caso — il paziente affetto da un gravissimo ed irreversibile stato dege-
nerativo aveva richiesto di essere lasciato morire (28) — dopo varie oscillazioni giuri-
spruenziali, il Tribunale di Roma ha assolto dal reato di «omicidio del consenziente »
(art. 579 c.p.) il medico anestesista che, come richiesto dal paziente stesso, aveva
interrotto la terapia, pronunziando il seguente principio: « il medico che, su espressa
richiesta del paziente, ne cagiona la morte, interrompendo il trattamento sanitario
“salvavita” cui lo stesso era sottoposto, non risponde del reato di omicidio del consen-
ziente, operando l’esimente dell’adempimento del dovere, sempre che il dissenso alla

dell’uomo, che ne ridefinisce i termini non più in davvero conta dal punto di vista della inderogabile
senso umanistico o antropologico, ma in senso an- necessità del previo consenso — e, dunque, anche ai
tropotecnico e biotecnologico. In questo modo l’uo- fini di una loro legittima inclusione nelle direttive
mo viene spinto in una zona grigia di indetermina- anticipate — è che anche gli strumenti di sostegno
zione, che si potrebbe chiamare come il mondo del vitale costituiscono forme di intrusione nella libertà
« non »: non più vivo e non ancora morto; interdetto del corpo, e quindi anche essi incappano nel divieto
alla vita e respinto dalla morte in un abisso che non di utilizzare il corpo di una persona in forme che
può rinchiudersi. contrastano con la sua volontà (art. 13 Cost.). Sotto
(25) H. JONAS, Il diritto di morire, Il Melagono, 1985, l’angolazione visuale della tutela dell’intangibilità
11. del corpo, l’individuo è — possiamo dire — signore
(26) A. D’ALOIA, Decidere sulle cure. Il discorso giu- del proprio corpo: ciascuno di noi ha sul proprio
ridico al « limite » della vita, cit. corpo un diritto assoluto all’inviolabilità, così come
(27) A. D’ALOIA, Decidere sulle cure. Il discorso giu- — per richiamare l’analogia di Feinberg — ogni
ridico al « limite » della vita, cit. Osserva G. FIANDACA, Stato sovrano esercita pieno dominio, piena signo-
Il diritto di morire tra paternalismo e liberalismo ria sul proprio territorio ».
penale, in Foro it., 2009, V, 227, « in un’ottica giuri- (28) Il che comportava l’interruzione della ventila-

dico-costituzionale non c’è bisogno di impelagarsi zione artificiale che lo teneva in vita e la contestuale
nella disputa scientifica se gli strumenti di sostegno sottoposizione ad una terapia di sedazione termina-
vitale abbiano o no carattere terapeutico: ciò che le, così come richiesto dal paziente stesso.

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RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA - BIODIRITTO 70

prosecuzione del trattamento sia stato espresso liberamente e personalmente da Trib. Roma 16
paziente capace, compiutamente informato circa le conseguenze della sua richie- dicembre 2006
sta » (29).
Su questo caso è stato osservato che in una situazione come «quella di Welby, il
distacco dalla machina per la ventilazione artificiale non è la “causa” vera e diretta
della morte, ma è un fattore che semplicemente rimuove un “ostacolo” tecnologico ad
un processo “terminale” che resta “naturale”, strettamente ed esclusivamente dipen-
dente dalla (e collegato alla) progressione della malattia. La stessa sedazione che
deve accompagnare il distaco della macchina non può dirsi “causativa” ma solo
“contestuale” al compiersi del processo terminale » (30).
Ancora più emblematico, e fonte di durissimo dibattito su fronti contrapposti, è

(29) Trib. Roma, 23 luglio 2007, in Foro it., 2008, II,


generali dell’ordinamento », così Trib. Roma, ord., 16
105. La sentenza è stata pubblicata anche in Dir. pen. dicembre 2006, in questa Rivista, 2007, 73, con nota
proc., 2008, 59, con nota di A. VALLINI, Rifiuto di cure di G. ALPA, Il danno da accanimento terapeutico, ivi,
« salvavita » e responsabilità del medico: suggestio- 78; in Foro it., 2007, I, 571, con nota critica di D.
ni e conferme dalla più recente giurisprudenza; in MALTESE, Diritto al rifiuto delle cure, accanimento
Nuova giur. civ. comm., 2008, I, 65, con nota di M. terapeutico e provvedimenti del giudice, secondo
AZZALINI, Trattamenti life-saving e consenso del pa- l’Autore, bisogna distinguere « tre categorie di nor-
ziente: i doveri del medico dinanzi al rifiuto di cure; me: a contenuto certo, altrimenti dette “definitorie”,
in Riv. it. dir. proc. pen., 2008, 437, con nota di A. che sono rarissime; a variabile contenuto assiologi-
TARUFFO, Rifiuto di cure e doveri del medico; in Riv. co — molto frequenti — che richiedono, nella loro
it. med. leg., 2008, 294, con nota di D. PULITANÓ-E. applicazione, l’impiego di nozioni extragiuridiche;
CECCARELLI, Il lino di Lachesis e i diritti inviolabili ad alto livello di contenuto assiologico, tanto da in-
della persona; in Questione giustizia, 2007, 1166, con durre il legislatore a delegare, con esse, al giudice la
nota di I.J. PATRONE, Ancora su « buona morte » e stessa scelta assiologica: sono queste le c.d. norme
intervento giudiziario - La giurisprudenza riapre il “elastiche”, disseminate nei codici e nelle leggi spe-
dibattito sul diritto di vivere e di morire; in Cass. ciali. Le norme elastiche racchiudono le “clausole
pen., 2008, 1791, con nota di C. CUPELLI, Il « diritto » generali”, involgenti le nozioni, ad esempio, di “giu-
del paziente (di rifiutare) e il « dovere » del medico sta causa”, “buona fede”, “danno ingiusto”, ed anche
(di non perseverare). Con riferimento al caso Welby, di “accanimento terapeutico”, di cui parla il codice
per completezza si ricorda che il ricorso d’urgenza di deontologia medica e che il giudice, di volta in
dallo stesso proposto al Tribunale di Roma veniva volta, definisce ricorrendo, se del caso, all’esperien-
però dichiarato inammissibile sul presupposto che za clinica del perito. L’opzione valutativa del giudi-
— se pur è configurabile il diritto del paziente alla ce colma, così, di contenuto assiologico la generica
consapevole ed informata autodeterminazione nella formula normativa. Nell’eventuale dissenso tra sa-
scelta delle terapie cui sottoporsi — tale diritto non nitari, parenti e organi preposti alla tutela dell’in-
sarebbe in « concreto tutelabile, a causa della man- fermo — od anche, bisogna aggiungere, per dare un
cata definizione, in sede normativa, delle sue moda- sicuro crisma di legittimità alle decisioni da pren-
lità attuative, in particolare con riferimento all’esat- dere — spetta al giudice la parola. E il giudice si
ta individuazione del c.d. divieto di accanimento te- esprime con provvedimenti — si tratti di decreti ca-
rapeutico ». In questi casi — ad avviso del giudicante merali o di ordinanze d’urgenza — con efficacia
— l’attuazione pratica del « diritto del paziente ad sempre imperativa, consistendo l’aspetto primario
“esigere” ed a “pretendere” che sia cessata una de- del provvedimento in un “comando diretto a regolare
terminata attività medica di mantenimento in vita » il comportamento altrui”. Non si tratta, pertanto, di
lascerebbe il « posto all’interpretazione soggettiva concetti evanescenti, ma di categorie giuridicamen-
ed alla discrezionalità nella definizione di concetti sì te definibili in sede giudiziaria. A questo punto si
di altissimo contenuto morale e di civiltà e di intensa pone il secondo problema della coercibilità del co-
forza evocativa (primo fra tutti “la dignità della per- mando d’interruzione della terapia. Tale problema
sona”), ma che sono indeterminati e appartengono si risolve, a mio avviso, distinguendo fra imperati-
ad un campo non ancora regolato dal diritto e non vità e coercibilità — intesa come esecutorietà diretta
suscettibile di essere riempito dall’intervento del in forma specifica — dell’ordine giudiziale ».
(30) A. D’ALOIA, Decidere sulle cure. Il discorso giu-
giudice, nemmeno utilizzando i criteri interpretativi
che consentono il ricorso all’analogia o ai principî ridico al « limite » della vita, cit. Sull’argomento si

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70 RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA - BIODIRITTO

stato il caso che ha visto coinvolta Eluana Englaro, la quale a seguito di un incidente
stradale cadde in uno stato vegetativo permanente (31). Il padre della vittima, nel frat-
tempo nominato tutore, dava inizio ad una lunga battaglia giudiziaria affinché venisse
autorizzata l’interruzione della terapia di sostegno vitale, sul duplice presupposto
dell’inguaribilità ed irreversibilità dello stato vegetativo permanente e dell’inconcilia-
bilità di tale stato e del correlativo trattamento di sostegno forzato, con le convinzioni
sulla vita e sulla dignità della persona espresse dalla vittima, prima dell’incidente.
Approdato il caso avanti alla Corte di cassazione (dopo tre procedimenti di merito e
previa nomina di un curatore speciale, ai sensi dell’art. 78 c.p.c.) quest’ultima enunciò
il seguente principio di diritto: «ove il malato giaccia da moltissimi anni (…) in stato
vegetativo permanente, con conseguente radicale incapacità di rapportarsi al mondo
esterno, e sia tenuto artificialmente in vita mediante un sondino naso-gastrico che
provvede alla sua nutrizione ed idratazione, su richiesta del tutore che lo rappresenta,
e nel contraddittorio con il curatore speciale, il giudice può autorizzare la disattiva-
zione di tale presidio sanitario (fatta salva l’applicazione delle misure suggerite dalla
scienza e dalla pratica medica nell’interesse del paziente), unicamente in presenza dei
seguenti presupposti: (a) quando la condizione di stato vegetativo sia, in base ad un
rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico,
secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello internazionale, che lasci suppor-
re la benché minima possibilità di un qualche, sia pure flebile, recupero della coscien-
za e di ritorno ad una percezione del mondo esterno; e (b) sempre che tale istanza sia
realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, univoci e convincenti, della

veda anche A. FERRATO, Il rifiuto alle cure e la re- e che distingue lo stato vegetativo da « altri disturbi
sponsabilità del sanitario: il caso Nuvoli, in questa della coscienza tra cui il coma in senso stretto e la
Rivista, 2009, 1148. sindrome di locked in (…). In particolare, lo SV è
(31) La scienza medica definisce stato vegetativo un
una condizione diversa, sia sotto il piano clinico che
quadro clinico caratterizzato dai seguenti elementi: giuridico dalle condizioni definite di morte cerebra-
nessuna consapevolezza di sé e dell’ambiente circo- le o coma irreversibile. In queste si identifica infatti
stante; incapacità di interagire con gli altri; nessuna la completa e irreversibile perdita di attività dell’en-
evidenza di comportamenti sostenuti, riproducibili, cefalo, confermata dalle registrazioni elettrofisiolo-
finalizzati o volontari in risposta a stimoli visivi, udi- giche, e delle funzioni vitali correlate, fra cui l’atti-
tivi, tattili o dolorosi; nessun segno di comprensione vità respiratoria (…). Secondo la legislazione italia-
o espressione verbale; stato di intermittente vigelan- na, l’accertamento della morte cerebrale richiede la
za compatibile con un ritmo sonno-veglia (con aper- cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’en-
tura degli occhi durante la veglia); conservazione cefalo, inclusa l’assenza dei riflessi del tronco, del
sufficiente delle funzioni vegetative, tali da permet- respiro spontaneo e dell’attività elettrica cerebrale.
tere la sopravvivenza con semplici cure mediche ed La condizione deve essere verificata per almeno 6
assistenza infermieristica; incontinenza urinaria e ore nell’adulto, 12 ore per i bambini fra 1 e 5 anni e
fecale; variabile conservazione delle risposte riflesse 24 ore al di sotto di questa età ed il suo accertamento
dei nervi cranici e di quelli spinali. Ciò posto, la è premessa indispensabile per avviare la proceduta
scienza medica distingue lo stato vegetativo perma- di espianto di organi destinati al trapianto su viven-
nente (SVP) che è una condizione giudicata irrever- te ». Si vedano al riguardo: l. 2 dicembre 1975, n. 644
sibile dallo stato vegetativo persistente che, invece, è (Disciplina dei prelievi di parte di cadavere a scopo
una diagnosi di stato che non implica irreversibilità. di trapianto terapeutico); l. 29 dicembre 1993, n. 578
La definizione è tratta da: Gli Stati Vegetativi - Ri- (Accertamento e certificazione di morte), che all’art.
flessioni interne al tema delle cure palliative e delle 1 statuisce « la morte si identifica con la cessazione
malattie inguaribili non oncologiche (documento irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo »; non-
del Master Universitario « Cure palliative al termine ché il Decreto del Ministero della Sanità, 22 agosto
di vita », Milano, 2005, in www.fondazioneluvi.it, 7 1994, n. 582.
ss.), al quale si rinvia per maggiori approfondimenti

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RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA - BIODIRITTO 70

voce del paziente medesimo, tratta dalle sue precedenti dichiarazioni ovvero dalla sua
personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo
di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa di dignità della
persona ».
La Suprema Corte precisava altresì che « ove l’uno o l’altro presupposto non
sussista, il giudice deve negare l’autorizzazione, dovendo allora essere data incondi-
zionata prevalenza al diritto alla vita, indipendentemente dal grado di salute, di
autonomia e di capacità di intendere e di volere del soggetto interessato e dalla Cass. n. 21748
percezione, che altri possano avere, della qualità della vita stessa » (32). del 2007
La Corte d’Appello di Milano, successivamente chiamata ad applicare il principio di
diritto enunciato dalla Cassazione, ha ulteriormente ribadito che non trova accogli-
mento nel nostro ordinamento un «diritto assoluto di morire (inteso come negazione
o contraddizione del diritto di vivere) »; ma che esiste, invece, di un «diritto, di matrice
costituzionale — ma che prima ancora incarna la necessità di assecondare un inevi-
tabile destino biologico — a lasciare che la vita segua il suo corso “naturale” fino alla
morte senza interventi “artificiali” esterni quando essi siano più dannosi che utili per
il malato, o non proporzionati, né da lui tollerabili; senza potersi confondere tale
diritto, dunque, con quello, certamente fino ad oggi non riconosciuto dal nostro App. Milano 25
ordinamento, di eutanasia » (33). giugno 2008
Del resto già la Corte di cassazione aveva chiarito come il « rifiuto alle terapie

(32) Cass. civ., 16 ottobre 2007, n. 21748, la sentenza visione dei poteri; in Dir. giur., 2007, 573, con nota di
èstatapubblicataevariamentecommentatainnume- C. GHIONNI, Il « consenso dell’incapace » alla cessa-
rose riviste quali: in questa Rivista, 2008, 1103, con zione del trattamento medico; in Riv. it. med. leg.,
nota di G. GENNARI, La Suprema Corte scopre il sub- 2008, 607, con nota di G. IADECOLA, La Cassazione ci-
stituted judgement, ivi, 1119; in Foro it., 2007, I, 3025, vile si pronuncia sul caso « Englaro »: la (problema-
con nota di G. CASABURI; e sempre in Foro it., 2008, I, tica) via giudiziaria al testamento biologico; e con
125, con nota di D. MALTESE, Convincimenti già ma- notadiC.SARTEA-G. LAMONACA,Lo stato vegetativo tra
nifestati in passato dall’incapace in stato vegetativo norme costituzionali e deontologia: la Cassazione in-
irreversibile e poteri degli organi preposti alla sua dica soggetti e oggetti; in Riv. dir. civ., 2008, II, 363,
assistenza; ed ivi I, 2610, con nota di S. CACACE, Sul con nota di E. PALMERINI, Cura degli incapaci e tutela
diritto all’interruzione del trattamento sanitario life- dell’identità nelle decisioni mediche; in Giust. civ.,
sustaining; in Corr. giur., 2007, 1676, con nota di E. 2008, I, 1727, con nota di D. SIMEOLI, Il rifiuto di cure:
CALÒ, La Cassazione « vara » il testamento biologico; la volontà presunta o ipotetica del soggetto incapace.
in Fam. dir., 2008, 136, con nota di R. CAMPIONE, Stato (33) App. Milano, 25 giugno 2008, in Foro it., 2009, I,

vegetativo permanente e diritto all’identità personale 984, con nota di R. CAPONI-A. PROTO PISANI, Il caso E.:
in un’importante pronuncia della Suprema Corte; in brevi riflessioni dalla prospettiva del processo civi-
Danno resp., 2008, 438, con nota di G. GUERRA, Rifiuto le, i quali ricordano come nella fase finale il governo
dell’alimentazione artificiale e volontà del paziente avesse « tentato di frapporre ostacoli all’interruzio-
in stato vegetativo permanente; e con nota di F. BO- ne dell’alimentazione forzata di E. attraverso un
NACCORSI, Rifiuto delle cure mediche e incapacità del intervento legislativo. Lasciamo agli studiosi di di-
paziente: la Cassazione e il caso « Englaro »; in Riv. it. ritto costituzionale il compito di valutare il conflitto
dir. proc. pen., 2008, 389, con nota di M.C. BARBIERI, con il capo dello Stato che ha rifiutato di apporre la
Stato vegetativo permanente: una sindrome « in propria firma per la presentazione del decreto legge
cerca di un nome » e un caso giudiziario in cerca di in parlamento. La lettura del disegno di legge gover-
una decisione - I profili penalistici della sentenza; in nativo n. 1369, “disposizioni in materia di alimenta-
Dir. fam., 2008, 131, con nota di A. GALIZIA DANOVI, zione e di idratazione”, presentato al Senato il 6 feb-
L’interruzione della vita tra volontà e diritto; e con braio 2009, lascia sconcertati. Esso prevedeva: “in
nota di G. GALUPPI, Brevi osservazioni sulla sentenza attesa dell’approvazione di una completa e organica
n. 21748/2007 della Corte di cassazione; e di F. GAZ- disciplina legislativa in materia di fine vita, l’alimen-
ZONI, Sancho Panza in cassazione (come si riscrive la tazione e l’idratazione, in quanto forme di sostegno
norma sull’eutanasia, in spregio al principio della di- vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le

responsabilità civile e previdenza – n. 4 – 2011 P.787 ⎪


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70 RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA - BIODIRITTO

medico-chirurgiche, anche quando conduce alla morte, non può essere scambiato per
un’ipotesi di eutanasia, ossia per un comportamento che intende abbreviare la vita
causando positivamente la morte, esprimendo piuttosto tale rifiuto un atteggiamento
Cass. n. 21748 di scelta, da parte del malato che la malattia segua il suo corso naturale » (34). Infatti
del 2007 tale atteggiamento non significa né può significare che si vuole morire, ma «semmai
che si prende atto che non è possibile impedire una fine inevitabile in condizioni che
corrispondano ad una propria valutazione di dignità e tollerabilità delle sofferenze;
non è tanto la volontà di morire, allora, l’oggetto “diretto” della decisione astensiva,
quanto la rinuncia a bloccare ulteriormente quella che sarebbe, in assenza del mec-
canismo terapeutico, la progressione naturale e inarrestabile della malattia » (35).
Sull’argomento, a conferma, è stato osservato come lo stesso art. 32 Cost., prevede
l’obbligatorietà dei trattamenti sanitari «nei soli casi espressamente previsti dalla
legge, sempre che il provvedimento che li impone sia volto ad impedire che la salute
Corte cost. n. del singolo possa arrecare danno alla salute degli altri e che l’intervento previsto non
258 del 1994 danneggi, ma sia anzi utile alla salute di chi vi è sottoposto » (36).
Dunque, soltanto in questi confini è «costituzionalmente corretto ammettere limi-
tazioni al diritto del singolo alla salute, il quale, come tutti i diritti di libertà, implica
la tutela del suo risvolto negativo: il diritto di perdere la salute, di ammalarsi, di non
curarsi, di vivere le fasi finali della propria esistenza secondo canoni di dignità
umana propri dell’interessato, finanche di lasciarsi morire » (37). Difatti, nessuno ha il
diritto — e men che mai il dovere — di imporre ad un altro soggetto una terapia medica,
negandogli così continuamente il diritto all’autodeterminazione, il diritto al poter-
essere-se-stesso (38).
Secondo le nostri Corti, dunque, la manifestazione di tale consapevole rifiuto ren-

sofferenze, non possono in alcun caso essere sospe- l’art. 32 Cost. postula il « necessario contempera-
se da chi assiste soggetti non in grado di provvedere mento del diritto alla salute del singolo (anche nel
a se stessi”. Era in ogni caso destinata a fallire la suo contenuto negativo di non assoggettabilità a
pretesa di applicare questa norma alla vicenda di trattamenti sanitari non richiesti od accettati) con il
E.E. Si sarebbe trattato infatti di una applicazione coesistente e reciproco diritto di ciascun individuo
retroattiva, diretta a disconoscere un diritto che (sentenza 1994 n. 218, Foro it., 1995, I, 46) e con la
aveva ricevuto ormai una compiuta regolamenta- salute della collettività (sentenza 1990 n. 307, id.,
zione attraverso un provvedimento passato in cosa 1990, I, 2694); nonché, nel caso in particolare di
giudicata sostanziale. È infatti un principio assolu- vaccinazioni obbligatorie “con l’interesse del bam-
tamente pacifico nell’ordinamento italiano, come bino”, che esige tutela anche nei confronti dei geni-
negli ordinamenti stranieri, che la legge sopravve- tori che non adempiono ai compiti inerenti alla cura
nuta retroattiva non può toccare il giudicato, non del minore ».
può influire sul diritto su cui si è pronunciato un (37) Cass. civ., 16 ottobre 2007, n. 21748, cit.

provvedimento del giudice passato in giudicato »; ivi (38) Cfr. J. HABERMAS, Il futuro della natura umana,

anche con nota di D. MALTESE, Il falso problema della Einaudi, 2002, 61: « nelle vicissitudini della storia di
nutrizione artificiale. Il provvedimento è stato pub- vita, noi possiamo ribadire il nostro “essere noi stes-
blicato anche in Foro padano, 2008, I, 76 ss., con nota si” solo quando possiamo stabilire una differenza
di S. PERON, Sul diritto al rifiuto di ricevere cure tra ciò che noi siamo e ciò che a noi accade »; H. JONAS
mediche. Il diritto di morire, cit., 14-16. A tale proposito Jonas
(34) Cass. civ., 16 ottobre 2007, n. 21748, cit. distingue chiaramente questo caso dal suicidio con il
(35) A. D’ALOIA, Decidere sulle cure. Il discorso giu- quale spesso è confuso: « sussiste qui una notevole
ridico al « limite » della vita, cit. differenza rispetto al “rivolgere la mano contro se
(36) Così, Cass. civ., 16 ottobre 2007, n. 21748, cit.; stessi”, vale a dire ci si dà violentemente la morte: gli
nonché Corte cost., 23 giugno 1994, n. 258, in Foro it., altri, inclusi i poteri pubblici, di fatto ogni astante,
1995, I, 1451, che, in un fattispecie relativa la vacci- hanno il diritto (che in definitiva viene persino con-
nazione obbligatoria di un minore, ha ribadito come siderato un dovere) di impedire, mediante tempesti-

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RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA - BIODIRITTO 70

derebbe «doverosa la sospensione di mezzi terapeutici il cui impiego non dia alcuna
speranza di uscita dallo stato vegetativo in cui versa la paziente e non corrisponda
con il mondo dei valori e la visione di vita dignitosa che è propria del soggetto.
Qualora l’ammalato decida di rifiutare le cure (ove incapace, tramite rappresentante
legale debitamente autorizzato dal Giudice Tutelare), tale ultima manifestazione di
rifiuto farebbe immediatamente venire meno il titolo giuridico di legittimazione del
trattamento sanitario (ovvero il consenso informato), costituente imprescindibile
presupposto di liceità del trattamento sanitario medesimo, venendo a sorgere l’obbli-
go giuridico (prima ancora che professionale o deontologico) del medico di interrom- TAR Lombardia
pere la somministrazione di mezzi terapeutici indesiderati » (39). Inoltre, tale obbligo Milano n. 214 del
giuridico sussiste anche ove si «tratti di trattamento di sostegno vitale il cui rifiuto 2009
conduca alla morte, giacché tale ipotesi non costituisce, secondo il nostro ordinamen-
to, una forma di eutanasia (per tale dovendo intendersi soltanto il comportamento
eziologicamente inteso ad abbreviare la vita e che causa esso positivamente la morte)
bensì la scelta insindacabile del malato a che la malattia segua il suo corso naturale
fino all’inesorabile exitus» (40).
Senza comunque dimenticare che, di fronte al «rifiuto della cura da parte del
diretto interessato, c’è spazio — nel quadro dell’“alleanza terapeutica” che tiene uniti
il malato ed il medico nella ricerca, insieme, di ciò che è bene rispettando i percorsi
culturali di ciascuno — per una strategia della persuasione, perché il compito del-
l’ordinamento è anche quello di offrire il supporto della massima solidarietà concreta
nelle situazioni di debolezza e di sofferenza; e c’è, prima ancora, il dovere di verificare
che quel rifiuto sia informato, autentico ed attuale. Ma allorché il rifiuto abbia tali
connotati non c’è possibilità di disattenderlo in nome di un dovere di curarsi come
principio di ordine pubblico » (41).

4. SULLA VALIDITÀ DEL CONSENSO MANIFESTATO ATTRA-


VERSO UN AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO
In materia di trattamenti sanitari di soggetti incapaci di rendere un valido consenso, i
Tribunali sembrerebbero tenere in considerazione due esigenze fondamentali: la pri-

vo intervento, che non esclude neppure il ricorso da parte del SSN a chiunque sia affetto da patologie
alla forza, un tentativo avvivo di suicidio. Si tratta, mediche, solo per il fatto che il malato abbia prean-
come è generalmente ammesso, di un’ingerenza nel- nunciato la propria intenzione di avvalersi del suo
la più intima sfera di libertà del soggetto, ma di diritto alla interruzione del trattamento, significa di
un’ingerenza soltanto momentanea e anzi, a più fatto limitare indebitamente tale diritto. L’accetta-
lunga scadenza di un atto in nome proprio di quella zione presso la struttura sanitaria pubblica non può
libertà. Infatti essa ristabilisce soltanto lo status quo infatti essere condizionata alla rinuncia del malato
di un soggetto libero d’agire, offendo l’opportunità ad esercitare un suo diritto fondamentale. Né il ri-
di un’ulteriore riflessione, mediante la quale questi fiuto opposto dall’Amministrazione alla richiesta
può ritornare sulla sua decisione, che magari era del sig. ** può giustificarsi in base a ragioni attinen-
dettata da un attimo di disperazione, oppure perse- ti l’obiezione di coscienza. Spetta infatti alla legge
verare in essa ». disciplinare compiutamente le modalità e i limiti
(39) TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 26 gennaio entro cui possono assumere rilevanza i convinci-
2009, n. 214, cit. menti intimi del singolo medico, ferma la necessità
(40) TAR Milano, Lombardia, Sez. III, 26 gennaio che la struttura ospedaliera garantisca comunque la
2009, n. 214, cit., il quale ha ricordato come « rifiutare doverosità del satisfacere officio ».
il ricovero ospedaliero, dovuto in linea di principio (41) Cass. civ., 16 ottobre 2007, n. 21748, cit.

responsabilità civile e previdenza – n. 4 – 2011 P.789 ⎪


giurisprudenza
70 RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA - BIODIRITTO

ma «orientata a garantire alla persona incapace la possibilità di ottenere i benefici del


trattamento medico in modo da impedire che lo stato di incapacità si risolva in un
limite alla prestazione della cura »; la seconda orientata ad individuare nella «volontà
manifestata dal soggetto incapace un elemento comunque necessario ai fini della
Trib. Palermo 9 prestazione del consenso al trattamento sanitario da parte del legale rappresentante,
dicembre 2009 trovando essa considerazione ai fini della decisione finale, in una prospettiva rivolta
a riconoscere anche a tale soggetto il principio dell’autodeterminazione e, dunque, a
Trib. Modena 23 non subire cure che non si intendono ricevere » (42).
dicembre 2008 In quest’ambito, ad esempio, il Tribunale di Modena ha ritenuto che non fossero
Trib. Modena 5 ravvisabili ostacoli normativi all’accoglimento della «volontà di rifiuto di cure, nitida-
novembre 2008 mente espressa, prima in udienza e poi con successivo atto integrativo sottoscritto » (43)

(42) Trib. Palermo, 9 dicembre 2009, in Juris Data


te revocata », il provvedimento è stato pubblicato in
Giuffrè. Dir. fam., 2009, 288, con nota critica di F. GAZZONI,
(43) Trib. Modena, 23 dicembre 2008, in Juris Data Continua la crociata parametafisica dei giudici-
Giuffrè. In questo senso sempre Trib. Modena, 5 missionari della c.d. ″morte dignitosa″. Secondo
novembre 2008, secondo il quale: « ritenuto che si ha l’Autore il decreto del giudice di Modena sarebbe
eutanasia solo qualora si pongano in essere inter- espressione, « più che di un sereno e umile esercizio
venti accelerativi del naturale percorso biologico di della funzione giurisdizionale, di una vera e propria
una persona capace di intendere e di volere, che, crociata condotta in nome, appunto, di una sorta di
affetta da sofferenze insopportabili e senza pro- religione laica. Il giudice si è così trasformato nel
spettive di guarigione, chieda, ed ottenga, la sommi- missionario di una causa, basata su un valore, con-
nistrazione di un farmaco mortale, è, invece, del tro altri valori (…), chi pone i valori si è in tal modo
tutto legittimo, ex artt. 2, 13, 32 Cost. ed ex l. 9 già contrapposto a quelli che considera non-valori o
gennaio 2004, n. 6, che un soggetto, in previsione di valori secondari e ″deboli″, destinati quindi a soc-
una sua eventuale, futura incapacità, impegni (con combere nella lotta per l’attuazione (…), perché
rituale ed esplicito atto scritto ed in conformità alle ogni valore ha la tendenza ad ergersi a tiranno
proprie convinzioni etiche, religiose, culturali e fi- esclusivo dell’intero ethos umano. Come evitare il
losofiche, nonché alle proprie esperienze emoziona- conflitto? Ecco la risposta di Schmitt: “All’interno di
li e razionali d’ordine esistenziale) l’a.d.s. — qualo- una comunità la cui Costituzione prevede un legisla-
ra abbia a trovarsi in uno stato di incoscienza per tore e delle leggi, è compito del legislatore e delle
malattia terminale o lesione traumatica cerebrale leggi da lui decretate stabilire la mediazione tramite
clinicamente irreversibile — a vietare ai medici l’at- regole misurabili e applicabili per impedire il terrore
tuazione di alimentazione e idratazione forzata dell’attuazione immediata e automatica dei valori”.
nonché di trattamenti sanitari con macchine o siste- Quel “errore” che la singolarità delle sentenze rese
mi artificiali che consenta la mera sopravvivenza, da giudici ideologizzati, i quali impongono la pro-
ma non una normale vita di relazione, e ad esigere, pria visione del mondo e dunque la tirannia dei pro-
invece, dai medici stessi solo quei provvedimenti pri valori, viceversa di certo alimenta. Schmitt ri-
idonei ad alleviare le sofferenze, compresa la som- corda che nel 1920 era apparso “un volumetto dal
ministrazione di farmaci oppiacei, purché non ido- titolo inquietante: Ratifica dell’annientamento della
nei ad anticipare la fine della vita: va, invero, rispet- vita privata di valore vitale”, scritto dal medico Al-
tata ed eseguita un’espressione autodeterminativa fred Hoche e dal giurista Karl Binding, studiosi te-
richiedente che il processo biologico si evolva se- deschi liberali del tempo, i quali “animati dalle mi-
condo il suo iter naturale, con l’astensione da tutti gliori intenzioni umanitarie hanno riflettuto, in mo-
gli interventi tecnologici e sanitari a null’altro fina- do addirittura commovente, su come si sarebbe po-
lizzati se non alla protrazione di una inerte soprav- tuto impedire, attraverso ogni genere di riserve e
vivenza; né, in contrario, può rilevare, perché giu- cautele, un abuso delle loro proposte”. Di certo, os-
ridicamente inconsistente, l’obiezione di un possibi- serva Schmitt, non si potrebbe attribuire loro ex
le, pur se non manifestato, ripensamento da parte post una qualsiasi colpa per quel che seguì venti
dell’infermo prima del suo passaggio nello stato di anni dopo in Germania, “ma proprio questa espe-
incoscienza: costituisce, infatti, principio consoli- rienza può offrire l’occasione di soppesare bene
dato ed ancora vigente che una volontà negoziale, ogni parola del titolo del libro e di riflettere sul pro-
idonea a produrre effetti giuridici validi, resta fer- blema della tirannia dei valori. Ne simus faciles in
ma ed operante fino a quando non venga validamen- verbis. Non usiamo con leggerezza le nostre parole”.

⎪ P.790 responsabilità civile e previdenza – n. 4 – 2011


giurisprudenza
RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA - BIODIRITTO 70

Secondo la Corte modenese, «plurime fonti normative di vario rango e diversa gerar-
chia enunciano il principio del consenso libero ed informato del paziente ai tratta-
menti medico-sanitari il quale costituisce fondamento e presupposto primario per il
legittimo esercizio dell’attività terapeutica del sanitario » (44). Ne seguirebbe che nes-
sun paziente «può essere sottoposto ad alcun trattamento sanitario contro la sua
volontà, in ossequio al disposto dell’art. 32, comma 2, Cost., salvo che esistano
condizioni di assoluta urgenza e di stato di incoscienza che potrebbero legittimare un Cass. pen. n.
intervento senza il consenso » (45). 45801 del 2008
Proprio al fine di garantire il principio di autodeterminazione alcune Corti di merito
hanno ritenuto valida la volontà espressa da un «soggetto capace, formatasi in modo
immune da vizi, circa i trattamenti ai quali desidera o non desidera essere sottoposto
nel caso in cui, nel decorso di una malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse
in grado di esprimere il proprio consenso o il proprio dissenso informato. È, altresì,
valida, nel contesto negoziale di tali direttive anticipate di trattamento terapeutico, la
designazione di un sostituto cui demandato il compito di portare ad attuazione ed Trib. Varese 25
esecuzione la volontà espressa ora per allora » (46). agosto 2010
In altre parole, la giurisprudenza sembrerebbe orientata nel ritenere che «l’ammi-
nistratore di sostegno, in quanto figura normativa destinata ad occuparsi della cura
della persona incapace di intendere e volere », sia «soggetto idoneo a salvaguardare

Anche quelle, aggiungo io, suggestive, come “morte de il consenso all’intervento poteva essere desunto
dignitosa”, che maschera a mala pena, sul piano implicitamente dal comportamento complessivo
linguistico, la “dolce morte” ». Nonché Trib. Modena, della paziente — che aveva tenuto un atteggiamento
13 maggio 2008, in questa Rivista, 2008, 1828, con collaborativo al momento dell’ingresso in camera
nota di G. GENNARI, La via giurisprudenziale al te- operatoria — e dall’interpretazione dello stesso fatta
stamento biologico. dai più stretti congiunti, risultando che il modulo di
(44) Trib. Modena, 23 dicembre 2008, cit., in parti- consenso all’operazione e all’anestesia era stato for-
colare il Tribunale di Modena ha richiamato, il prin- malmente firmato dal marito, ivi presente.
cipio espresso dalla già citata Cass. civ., 16 ottobre (46) Trib. Varese, 25 agosto 2010, in Juris Data

2007, n. 21748, cit., secondo la quale il principio del Giuffrè, a suffragio della possibilità di manifestare
consenso informato « esprime una scelta di valore una volontà siffatta « ora per allora », il Tribunale di
nel modo di concepire il rapporto tra medico e pa- Varese osserva come queste scelte siano già « pre-
ziente, nel senso che detto rapporto appare fondato senti e disciplinate nel nostro ordinamento, come
prima sui diritti del paziente e sulla sua libertà di ipotesi precipua di manifestazione del consenso an-
autodeterminazione terapeutica che sui doveri del che con riguardo a disposizioni a contenuto non
medico ». patrimoniale ». Difatti, la legge sui trapianti di organi
(45) Cass. pen., Sez. V, 17 settembre 2008, n. 45801, (legge n. 91/1999) già da tempo ha « aperto la strada
in Juris Data Giuffrè, in questa fattispecie è stato a “una vera e propria rivoluzione in tema di validità
mandato assolto dall’imputazione relativa ai reati di del living will”, fondandosi sulla volontà espressa,
cui agli artt. 613 e 586 c.p. un medico anestesista che anche mediante il silenzio, dal soggetto in vita. Ag-
aveva partecipato a un intervento chirurgico nel cor- giungasi che non si dubita della validità ed efficacia
so del quale una paziente era deceduta per arresto di un testamento che con le sue formule accolga
cardiaco; la Corte, partendo dalla premessa di cui in disposizioni non meramente patrimoniali (ricono-
massima, ha ritenuto corretta e congruamente moti- scimento di un figlio, volontà relative al proprio ca-
vata la pronuncia liberatoria, laddove, pur in difetto davere, destinazione delle creazioni intellettuali) in
di consenso scritto, si era apprezzato che la paziente previsione di una morte futura, neanche quando le
si era rifiutata di apporre la firma sul modulo del circostanze possano suggerire che una decisione
consenso all’intervento solo per paura, e non per una assunta a breve distanza dall’evento sarebbe stata
scelta cosciente e ponderata di rifiuto delle cure, on- del tutto differente ».

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giurisprudenza
70 RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA - BIODIRITTO

l’esigenza dell’amministrato di partecipare validamente alla fase propedeutica al


consenso al trattamento sanitario » (47).
È noto che tale istituto consente ad una persona che, per effetto di una infermità o
di una menomazione fisica o psichica, si trovi nella impossibilità, anche parziale o
temporanea, di provvedere ai propri interessi, si essere assistita da un amministratore
di sostegno. Questo viene nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la
residenza o il domicilio (art. 404 c.p.c.), su ricorso proposto dallo stesso soggetto bene-
ficiario (anche se minore, interdetto o inabilitato), ovvero da uno dei soggetti indicati
nell’articolo 417 c.c. (ossia i responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente
impegnati nella cura e assistenza della persona, ove a conoscenza di fatti tali da
rendere opportuna l’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno). Ai
sensi dell’art. 408 c.c., inoltre, la scelta dell’amministratore di sostegno deve avvenire
con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario (48).
Tanto premesso, nella tematica che qui interessa vengono in rilievo l’art. 408, comma
1, c.c., in forza del quale «l’amministratore di sostegno può essere designato dallo
stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante
atto pubblico o scrittura privata autenticata »; nonché l’art. 410, comma 1, c.c., ai sensi
del quale, nello «svolgimento dei suoi compiti, l’amministratore di sostegno deve
tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario ». Ne discende, quindi, che
l’interessato è legittimato a depositare un ricorso per l’amministrazione di sostegno, in
previsione della propria futura incapacità, con designazione di un soggetto (se del caso
individuato in apposita scrittura notarile) che, in conformità con la volontà del bene-
ficiario medesimo, potrebbe negare il consenso ad un trattamento salvifico o prestare
il consenso ad un trattamento terapeutico. In tale modo l’amministratore di sostegno,
non si sostituisce al rappresentato ma sceglie «con questo » il suo «best interest » (49). In
questo contesto, l’attualità del consenso manifestata dall’interessato va letta come
revocabilità dello stesso non anche come necessaria persistenza del medesimo fino al
momento in cui la volontà è destinata a trovare attuazione. Sulla base di tali presup-
posti il Tribunale di Varese ha ritenuto «valida la volontà di un soggetto capace,
formatasi in modo immune da vizi, circa i trattamenti ai quali desidera o non desidera
essere sottoposto nel caso in cui, nel decorso di una malattia o a causa di traumi
improvvisi, non fosse in grado di esprimere il proprio consenso o il proprio dissenso
informato. È, altresì, valida, nel contesto negoziale di tali direttive anticipate di
trattamento terapeutico, la designazione di un sostituto cui demandato il compito di
portare ad attuazione ed esecuzione la volontà espressa ora per allora » (50).

Trib. Palermo, 9 dicembre 2009, cit.


(47) cost., 9 dicembre 2005, n. 440; Cass. civ., 12 giugno
Osserva il Tribunale di Varese, che, l’ammini-
(48) 2006, n. 13584), che ha confinato in uno spazio resi-
stratore di sostegno, « attingendo da una legge che ha duale gli ormai desueti istituti della interdizione e
la dichiarata finalità di tutelare, con la minore limi- dell’inabilitazione; la prima ormai soltanto operante
tazione possibile della capacità di agire, le persone (art. 414 c.c.) se ritenuta (e dimostrata) necessaria
prive in tutto o in parte di autonomia nell’espleta- per assicurare adeguata protezione all’infermo di
mento delle funzioni della vita quotidiana, mediante mente » (Trib. Varese, 25 agosto 2010, cit.).
interventi di sostegno temporaneo o permanente. (49) Trib. Varese, 25 agosto 2010, cit.

Più che di una riforma, si è trattato di una vera e (50) Trib. Varese, 25 agosto 2010, cit., anche perché

propria rivoluzione istituzionale come tale ricono- osserva il Tribunale come « è principio ormai da con-
sciuta, nella sostanza, dalle Corti superiori (Corte siderare “diritto vivente”, infatti, quello enunciato

⎪ P.792 responsabilità civile e previdenza – n. 4 – 2011


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RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA - BIODIRITTO 70

Tuttavia il Tribunale di Varese ha precisato che tale dichiarazione anticipata di


volontà comunque «presuppone, per il futuro, una riapertura del procedimento che è
irrinunciabile poiché giammai potrebbe consentirsi alla mera dichiarazione del pri-
vato di determinare la certezza probatoria in ordine alla sopravvenuta incapacità di
un’altra persona. In definitiva, ad avviso del tribunale l’art. 408 c.c. consentirebbe
solo che la designazione dell’amministratore possa “essere effettuata dal beneficiario
in previsione della futura eventuale incapacità. L’amministrazione di sostegno, però,
potrà essere aperta solo nel momento in cui il suddetto stato di infermità si sarà
verificato non potendo il procedimento giurisdizionale che essere attuale e contestua-
le alle esigenze per le quali si chiede la misura di protezione, ciò anche per garantire
all’adulto incapace la massima tutela, garantita dalla presenza del giudice tutelare
cui demandato il compito di svolgere tutti gli accertamenti del caso” ».

dal celebre arresto Cass. civ., Sez. I, sentenza 16 prima di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa
ottobre 2007 n. 21748 che consente l’adozione di di dignità della persona”. Ed, allora: costituirebbe
scelte terapeutiche in capo al “sostituto” “quando la un’insanabile contraddizione negare al soggetto ca-
ricerca della presunta volontà della persona in stato pace di dire ora per allora come questi vorrà essere
di incoscienza — ricostruita, alla stregua di chiari, trattato nel momento di sopravvenuta incapacità e,
univoci e convincenti elementi di prova, non solo alla poi, però, consentire a terzi una ricostruzione in via
luce dei precedenti desideri e dichiarazioni dell’inte- presuntiva della sua volontà allorché consapevole e
ressato, ma anche sulla base dello stile e del carattere cosciente. Ed, invero, è la stessa sentenza citata ad
della sua vita, del suo senso dell’integrità e dei suoi ipotizzare (e dunque ammettere) una volontà pre-
interessi critici e di esperienza — assicura che la espressa allorché i giudici scrivono che occorre, se
scelta portata dal rappresentante sia rivolta, esclusi- possibile, “muovere dalla volontà espressa prima di
vamente, a dare sostanza e coerenza all’identità cadere in stato di incoscienza” ».
complessiva del paziente e al suo modo di concepire,

responsabilità civile e previdenza – n. 4 – 2011 P.793 ⎪


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