La televisione italiana nasce all’opera. La sigla d’inizio trasmissioni utilizzata dal 3 gennaio 1954 agli anni 70 è una versione orchestrale dell’ensemble che chiude il Guillaume Tell di Rossini. Attraverso la musica di Rossini, la televisione si propone come mezzo di illuminazione delle menti italiane. Prima opera interaà23 aprile 1954 andò in onda il barbiere di Siviglia di Rossini. Per tre stagioni, fino all’estate dei 1957, la RAI trasmise quasi un’opera al mese, in diretta, dagli studi di Milano. Poi le produzioni in studio divennero più saltuarie e l’opera non ritrovò mai più la posizione preminente che aveva avuto agli inizi della televisione italiana.
/Uno spettacolo “brutto sgradevole antiartistico e controproducente”?/
La ragione della rilevanza iniziale dell’opera per la televisione italiana sono assimilabili a quelle per cui l’opera aveva fatto da madrina al cinema cinquant’anni prima, e cioè la ricerca di prestigio culturale da un lato, e di modelli narrativi e drammatici dall’altro, anche se in questa seconda direzione l’opera non è che un sottogenere del teatro in generale. Nella storiografia della televisione italiana la teatralità del nuovo mezzo è un dato noto, testimoniato ad esempio dall’appuntamento settimanale con il teatro di prosa con L’osteria della posta goldoniana.
Questioni fondamentali riguardo il rapporto tra televisione italiana e opera nella sua fase iniziale (tratte da una lettera di Luchino Visconti):
- La prima ruota attorno al complesso processo di produzione, che comportava in primo luogo la registrazione del sonoro, che veniva poi riprodotto nello studio televisivo mentre i cantati recitavano, in diretta, cercando di mimare l’atto del canto in playback. Nei film d’opera cantante ed attore spesso non coincidevano, nelle opere in televisione, al contrario, questo non avvenne mai. - La maggior parte delle opere trasmesse in televisione si collocavano agli antipodi rispetto all’estetica televisiva del realismo, un’estetica che richiede che il tempo rappresentato si identifichi il più possibile con il tempo della rappresentazione. Questa distanza emerge più acutamente durante le arie che mettono in musica un monologo interiore.
/Il primo piano dell’opera/
Esempioàconclusione del primo atto della Traviata, andata in onda nel dicembre del 1954 per la regia di Enriquez. Qui mentre la scena e il tempo di mezzo sono considerabili movimenti cinetici, in cui il tempo rappresentato è vicino al tempo della rappresentazione, il cantabile e la cabaletta sono invece statici, perché il tempo rappresentato rallenta fin quasi a fermarsi, allontanandosi così dal tempo della rappresentazione. Diamo un occhio alla collocazione degli stacchi, ai tipi di inquadratura e ai movimenti della telecamera (per rapporto immagini e musica): - Gli stacchi sono pochissimi, non se ne contano più di quattro. Siamo davanti ad un ritmo assai rilassato, secondo l’autore dettato in parte dai rischi che stacchi più frequenti avrebbero comportato durante la diretta, nonché dal numero limitato di telecamere - Per le inquadrature è evidente la netta differenziazione tra il cantabile, dominato dal primo piano, e la cabaletta, dove invece regna la figura intera. Evidente è anche la contrapposizione tra il movimento prima limitato e poi assente della telecamera durante il cantabile, e le carrellate e le zoomate della cabaletta. Il primo piano è quanto di più visivamente estraneo ci possa essere all’estetica dell’opera in musica rappresentata a teatro. Esso è un’esigenza soprattutto televisiva, ed è quindi nel contesto della tv che il tema diventa scottante. Il primo piano è il tratto caratterizzante del nuovo mezzo, ciò che permette di mostrare la realtà più da vicino, rendendola più vera e reale e come tale viene sfruttato, senza stare troppo a riflettere sul suo ruolo nel contesto dell’estetica melodrammatica.
/Dalla produzione alla “documentazione”/
Da questa analisi emerge come le produzioni di opere in studio degli anni 50 furono caratterizzate dalla forte tensione tra l’estetica musico letterale da un lato e quella televisiva dall’altro, soprattutto per quanto riguarda la scelta delle inquadrature e dei movimenti di macchina, e cioè gli aspetti in cui la distanza tra esperienza teatrale ed esperienza televisiva era più ampia. Se la tv degli anni 50 si propose come un mezzo che poteva elaborare una forma originale di spettacolo operistico, nel corso dei 10enni successivi la ripresa di produzioni teatrali avrà decisamente il sopravvento, per di più con intenti vanamente documentari che in molti casi ne compromettevano la riuscita estetica.
E’ certo che queste prime produzioni furono la prima occasione in cui l’estetica dell’opera e l’estetica televisiva si trovarono a doversi confrontare in Italia e funzionarono quindi da campo sperimentale per l’incontro particolarissimo e complesso tra immagine e suono costituito dall’opera in televisione.