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IL FIGLIO DELL'ORIZZONTE

di Vegas Rome

Presumo sia prevedibile domandarsi in parole l'immaginabile e ponderarlo in sobria


misura, porre fin dal principio una logica sequenza di Ragionamenti collimanti per
espressività di conseguenza, incidere elegantemente sulla opinione di chi si ferma a leggere
ma per abitudine, non per diletto, proverò a sedurvi con il fascino della mia verità.
Ozierò nei miei ridondismi perchè è lì che è la mia natura, perchè tutti sono proiettati nella
ricerca dettata da un equilibrio stereotipato dove chi ne è fuori si ritrova Inesorabilmente
non conforme alle etichette di una massa, una massa imperfetta abituata ad arrogarsi il
diritto di giudicare sempre.
Questo è un piccolo esperimento letterario, un modo come tanti per provare a definire
concetti dichiaratamente ritriti, un gioco di prestigio che sgorga improvviso in una
reiterazione che prende forma sulle righe, è il vestito di una sola stagione che raccoglie a se'
gli odori delle primavere che mi hanno circondato, lo spaccato delle fragilità di una
generazione perplessa, la mia e quella di tanti altri, una generazione senza tempo e senza
posto.
In principio l’ottemperanza era consueta armonia, era interdetta alla mente del cuore la via
desueta del pensiero sottile, cieli come compassi fra le sponde di fiumi Circunvessi,
sobrietà inappaganti, cecità coatte, equilibri in bilico fra le imprevedibili ganasce del tempo
Le mani in tasca al cielo ed il cielo in petto al mare e nell’anima i suoi occhi in forma
quadrimensionale, lì ammutolito a ridondare su coloro che d’ogni fragranza cospargon le
proprie parole, lì infreddolito nell’Osservar chi dipinge aquiloni sulle stolte labbra della
propria anima, lì sul freddo marciapiede della stazione di Genova Brignole ad iniziar i
primi passi su questa superficie silenziosa e attendista di nuovi palcoscenici.
Oh mio dio com’è inarrivabile certa simulazione di vita, son qui a destarmi in questa
apparenza fatta di sterilità e pressapochismo, ogni singolo zampillo d’inchiostro si posa
sulla pelle ruvida di questo mini-notes, parole che, di volta in volta, trasborderanno sulla
bidimensionale finestra di un file di testo sul mio Pc.
Una delle tante litanie che si alterneranno nel posto che segue è quella che pondera sulla
spersonificazione dei singoli individui e viene ingoiata dal concetto, sempre più
schiacciante, di massa.
Si discute dell’ovvio senza accorgersi di essere nella posizione di chi sta stabilendo un
ruolo, così veri nell’essere finti, così meri ed apprendibili nella contemplazione di un esile
interporre fragilità mascherate da salde sicurezze, unicità violentate da consueti
meccanismi di isteria di massa.
Cos’è il primordio viscerale di una emozione che può essere solo stata vista da occhi altrui?
Il tempo ci devasta i ricordi, ci priva delle loro infinitesimali sfumature, il tempo combatte
la nostra necessità di certezze e la trasforma in precarietà ineluttabile, esigenza recondita
di condividere il nostro spazio temporale con altre porzioni di vita accomunanti.
Siamo parte dell’incessante rotolare delle pietre nel fiume, polvere che si confonde
nell’aria, siamo attori e spettatori Della nostra inafferrabile evoluzione nel fluttuare del
tempo, pionieri di mondi irraggiungibili, cavalieri senza macchie ed invisibili creature.
Ogni concetto è destinato a smarrire la propria immensità sulla scia di questo inevitabile
viaggio.......ed è il cielo la mia unica risorsa, il cielo la mia unica dissolvenza dignitosa,
l’unica preziosa perla alla quale attingo da sempre, fonte inesauribile che nutre di sogni
danzanti la mia realtà, petali di luna sulla superficie morbida dei miei occhi.
Le mie parole sono il mio album fotografico di famiglia, una vita tra le righe di un tempo
che mi sottolinea invisibile, mi fumo una sublime pall mall white e decoloro il grigio che si
Affossa fra le dita dell’anima di un pensiero stagnante.
Riprendiamo con due righe di frustrazione.
Noncuranze che deformi s’avvinghiano a parvenze semistatiche che di estetiche imbragano
i rimbalzi consueti, canoni riproposti puntualmente, realtà ogni giorno più rarefatte, la vita
è una galera senza sbarre e di mestiere fa la puttana part-time.
E’ proprio bello saltellare di onda in onda come un pesce in armonia con La tempesta,
fuoriuscire e rientrare come gli occhi del pesce diviso fra mare e non mare, ma cos’è alla
fine che desidera il pesce?
Perchè rischiare di affogare d’aria quando il mare ti porge pareti morbide nelle quali
Addomesticare le tue necessità?
Il pesce non è stato creato per il mare ne' per l’interezza d’acqua che la Mente umana può
concepire, il pesce è nato per essere universo, per esser cielo terso, il pesce è il padre ed il
figlio del proprio destino, il principio e l’epilogo del proprio cammino.
Spesso si preclude l’apice alla noia dell’abisso così come la libertà in catene si confonde con
il compromesso, ma mutevole è l’istante prima e dopo, già costante di una certezza nuova
ma non per questo di un dubbio mendicante.
Che significato ha secondo voi la pioggia?
Io penso che sia solo uno dei ritmi indispensabili della vita.
Fugace il tempo sollecita il suo passo o ignaro il mio passo è inganno dei miei stessi occhi?
Non amate gli estetismi dell'anima?
La conoscenza implica tolleranza, meditare non misura convergenze me debilita parvenze,
Ogni silenzio misura immensità celate o è rappresentanza di vacuità indomabili?
Dov’è il vero limite e cosa combattiamo quotidianamente?
E’ la quotidianità o e’ l’inconsistenza dei nostri sogni?
Eppure la massa è una opinione che non si può trascurare, essa concilia sovente l’isteria
delle mezze misure, ma vivisezionandola è intuibile dedurre la singolarità di ogni
frammento che la compone.
Dunque la massa è distrazione?
Manomissione di identità?
Comodo mezzo di comunicazione?
E’ l’esigenza stessa di comunicazione che ci conduce al non parlare affatto, forse le parole
stesse sono la sterile prova di una alienazione ramificata, un mezzo che appaga l'ignavia
che è ingrediente costante di ogni singola vita.
La noia pervade i fragili e li stringe nella sua morsa apparentemente appagante, essa sveste
i singoli della propria nitidezza, offrendo loro l’opaco agio di una bandiera accomunante,
offrendo la illusione di misere porzioni di individualità, la noia è la polvere che si deposita
tra le nervature della vita.

Il vero dramma è l’apparenza e convengo con chi mi disse: limitati ad essere ciò che non sei
e nessuno ti chiederà mai di essere te stesso.
Trovo disgustoso leggere per più di cinque minuti e già mi domando come farò a
Rileggermi senza dover correre in bagno a rigurgitare le mie stesse parole, mi domando
come si possa perdere la vita a leggere vite altrui come se queste potessero in qualche
modo cambiare le nostre.
Forse leggere è più cancerogeno che fumare, lì ad immedesimarsi fra le righe di uno
stupido paroliere che cerca ad ogni modo di dare un senso alle proprie parole per catturare
la vostra attenzione, perchè chi scrive sa quasi per certo che sarà letto e si porge senza
grazia alle proprie Esigenze, assecondando le vostre in maniera sottile.
Inutile sottolineare che anche io ho tale certezza, anche io sarò letto, forse da uno o forse
da molti ma non importa, ciò che cerco di dire in queste ultime righe è che ognuno
dovrebbe immortalare la propria vita alla realtà.
Ora, alcuni staranno dissentendo in maniera evidente, altri magari staranno già bruciando
il libro, mentre altri ancora si reitereranno nella frustrante vivisezione che colui che scrive
sta porgendo con l’eleganza dell’infante, che strilla e schiamazza con l’inchiostro sulle dita.
Faccio pausa un attimo, mingere è meno addomesticabile che scrivere.
“ Silente si affaccia la luna al mio davanzale col suo copricapo di stelle e di stupore adorna
l’anima mia, di dolcezza colma il mio sonno che ignaro si addormenta su un cuscino di
sogni.”
Ogni tanto mi capita di ritrovare i miei stralci di ritagli in inimmaginabili posti, cose scritte
un pò dove capita e dimenticate come certi cani sulle autostrade in agosto.
Lo so, il parallelismo non è dei più riusciti ma la realtà non è solo zucchero filato, la realtà è
che ho provato ad essere milioni di volte un poeta, ho provato a scavare nella mia anima in
modi e maniere copiose e alla fine mi son detto: hai mai letto Shakespeare?
Certo che l’ho letto e solo la mia anima sa com’è stato piacevole sciogliersi nelle sue parole,
solo i miei occhi sanno com’è stato sublime inciampare in esso e altro che le conigliette di
Playboy.
Avete presente quelle che fanno di tutto per dimostrare che sono anche intelligenti ed
usano parole cacofoniche come ambizione o arte e poi assumono le espressioni tipiche di
chi sa che nella vita si prostituirà per una manciata di monete senza valore?
Ecco il bigotto moralista che incalza, ora lo uccido così rimane tutto per me questo corpo e
vado a vedermi le conigliette con la bibbia in mano, laddove l’onanismo incalza fra i versi.
Vorrei essere onesto fino in fondo però, dirla tutta o almeno provare a farlo.
La prostituzione non è prerogativa femminile e non ha attribuzione fisica, ogni
benedettissimo giorno c’è chi baratta se stesso e la propria dignità per arrivare a qualcosa,
in ogni posto c’è qualcuno che vende e qualcuno che compra, anche mio padre si è
prostituito per mantenere i suoi figli ma aveva le sue buone ragioni.
Ma non stavo parlando del pesce tra le onde?
Cosa c’entra mio padre coi pesci?
Secondo me è come quando ti capita il pazzo sull’autobus che farnetica e tu non riesci
proprio a capirlo, è una specie di constatazione lucida che ti urla dentro, l’incongruenza di
fondo che ti fa prendere le distanze.
Vorrei essere nella testa di ogni pazzo, ammonticchiare in me tutte quelle immagini
fantasiose che essi celano in se stessi ed allontanarmi più sovente dalla plumbea rigidità e
rettitudine cerebrale che questi sani esseri umani ci propinano ogni giorno.
Non riesco ancora a capire che piega prenderanno i miei pensieri e le mie parole su queste
pagine, non so se riuscirò ad esser sempre ironico e se sarò pedante, ma nel dubbio che
m’assale mi prometto una cosa: Sarò vero.
Mi piacerebbe trattare di mille questioni e lo farò, andrò a ruota libera senza curarmi
dell’estetica della continuità, trasmetterò le mie emozioni attraverso il dono della
tecnologia che tanto mi odia e che tanto mi sopporta ( sono coriaceo come un testimone di
geova ).
L’altro giorno guardavo uno dei tanti film di Allen e ne assaporavo particolari che non
avevo ancora notato, eppure lo avevo già visto svariate volte quel film e con grande
attenzione ma, nonostante tutto, mi era sfuggito qualcosa.
Ciò che mi ha fatto riflettere molto è che anche la vita è cosi, tu pensi di conoscere il tuo
vicino solo perchè lo aiuti a clisterarsi ogni sera e ci scambi interessanti discussioni sulla
idealizzazione metafisica della vacuità moderna, invece poi scopri che è un serial killer o
che magari fa lo strozzino.
Ecco, il punto è che a volte la propria verità può offendere la interazione di chi non la vive e
non la può apprendere fino in fondo, il punto è che la famosa bandiera accomunante è in
definitiva la costante di alienazione che è in ognuno di noi.
Ciò che ci accomuna è ciò che più ci allontana, un pò come dire che con un paio di scarpe
non ci puoi vestire tutta l’umanità.
Lo so, non è di immediata comprensione, ma se avreste voluto vita facile avreste dovuto
nascere democristiani, del resto anche le uova più deformi si manifestano con un tuorlo al
proprio interno ( forse questa era più ardua della precedente ma la mia inettitudine non è
mai stata ottenebrata per nessuno).
Siamo quasi giunti alla fine della terza pagina e, se ancora alcuni sono lì e non hanno
gettato la spugna, vuol dire che mi tocca andare avanti, scivolare sulle righe e colmarle di
parole attese o inattese che siano.
Qui è giorno da un pezzo oramai e la notte è scorsa via come una foglia in balìa del vento,
siamo rimasti insieme, l’uno a scrivere e gli altri a leggere, insieme a parlare come si fa
quando si è fra amici e si respira quella atmosfera così vera ed intensa, insieme come
quando vorresti che il tempo non passasse mai e te la prendi perchè certe serate noiose con
certe persone che non sopporti proprio sembrano non passare mai.
Vi dispiace se cito Battisti?
Purtroppo non mi è possibile sentire la vostra risposta da qui, perciò andrò avanti citando
il mio caro Lucio e nessuno me ne voglia ma lo faccio con estremo piacere.
In molti si sono divisi fra i due parolieri che hanno accompagnato la carriera artistica di
questo grande uomo, lo hanno giudicato e schernito e non ne hanno capito le scelte.
I miei inchini al signor Mogol che è nato poeta nel cuore, ma come non poter affondare la
propria saliva fra le ricchezze cerebrali e le sfumature quasi inarrivabili del signor Panella?
Questa è una delle costanti che rendono imprevedibile la vita di ogni uomo, ognuno segue
la propria evoluzione e ne assapora le tonalità, ognuno è potenzialmente tutto e quasi
certamente tutti, la vita non si riassume in algoritmi ma ha matematiche risposte.
Comunque, fra i due parolieri, io ho preferito sempre quello che era in Battisti, ovvero il
paroliere che diffondeva nell’etere armomie soavi e proponeva al prossimo una chiave di
lettura diversa dalla consuetudine delle parole.
L’inchino più grande è per lui e per sottolinearlo osserverò un minuto di silenzio.
( 1 Minuto di silenzio)
Rieccomi a voi, dunque, gioioso come un calzino in lavatrice, rubicondo di vita come un
cannolo innestato nello stomaco di chi promette da domani dieta, festoso come una
campana che un prete suona la domenica mattina.
Ci vorrebbe un mitra per far fuori quello strombazzante servo di dio, dopo una settimana
di sveglie nauseabonde ti tocca subire anche le isterie di un invasato che non ha sonno.
Immagino che alcuni di voi siano molto cattolici e che certe atmosfere siano un pò fuori
luogo ma vi assicuro che non ne farò più menzione per le prossime due pagine.
Ritorniamo a noi intelletuali da Maurizio Costanzo show, ritorniamo alle elucubrazioni del
folle che miete vittime sulle linee più frequentate dei vostri centro città.
Mi diletto un pò fra le mie rimembranze acriliche, nel tremito che accompagna il
claudicante fino a farlo correre, sulle parole delle bocche di abili giocolieri e cosi fino ed
oltre, per le strade del mondo che colme di vita boccheggiano.
“L’amore ha solo una casa.....l’anima”, come la trovate?
Questi fogli sparsi mi mettono l’ansia, in ognuno di essi c’è imprigionato un frammento
della mia vita, un esile scorcio di un istante rubato all’eternità.
Ci sono giornate in cui passo al setaccio questa voluminosa quantità di vita cartacea, ore
dedicate alla ricerca di emozioni dimenticate o forse mai elaborate fino in fondo, immagini
di un inarrestabile cammino che mi ha condotto fin dove ora sono.
A volte per me è davvero difficile stabilire se sia maggiore il peso di una foto rispetto a
quello di una quantità imprecisata di parole, la battaglia in me è davvero estenuante e
forse alla fine non ne esce nessuno vincitore, forse è l’importanza dell’attimo imprigionato
che la fa da padrone, la forza di quel che esso sa trasmettere alla memoria di chi ha vissuto
e di chi ne ha totale consapevolezza.
Il tempo in questo ci è amico, nel senso che ci rende più capaci di interpretare il passato e
le sue infinite sfumature, ci avvicina di più ad una verità più oggettiva perchè la distanza
temporale, ci rende in molti casi spettatori di noi stessi e non più attori.
Ogni bella rosa, degna di tale nome, ci mostra le due facce della medaglia: la primavera e
l’inverno, la giovinezza e la vecchiaia ed il tempo come una rosa ci porge angolazioni dalle
quali scrutare il volger in esso.
E’ davvero preziosa la vita ed è un crimine viverla fra le righe o con maschere da teatranti,
è davvero il più sporco dei crimini galleggiare in essa aspettando la fine del supplizio.
Io ho sempre cercato di vivere nella trasparenza, mi son spesso fermato a fare il punto
della situazione, ho scavato come un minatore, concimato come un contadino e non mi
sono mai privato dell’onestà con me stesso.
Non riesco minimamente a concepire cosa voglia dire la parola compromesso, non quando
si tratta delle mie esigenze emotive e della mia necessità di star bene dentro, non sono mai
stato capace di annuire, nella eventualità in cui la mia spiritualità ne fosse stata
contrariata.
Mi rileggo fra le righe di qualche mese fa e penso.
“Ho sparso ceneri liquefatte fra le righe sature della mia perpendicolarità, ho disceso cigli
imburrati e ben imbellettati a festa, colori mai carpiti dall'occhio dell'uomo comune.
La tempesta mi ha offerto il suo manto di polvere fomentando l'anima che era in me ed io,
senza parola nè fiato, ne ho appreso la indole.
Quante strade dovrò ancora percorrere per comprendere il motivo che mi spinge a
camminare da sempre?
Ovunque il mio sguardo posi i suoi leggiadri occhi v'è follia, incongruenza che il cuore
rigurgita puntualmente, teriomorfe istinto che si vela fra le spoglie vesti metalliche di una
razionalità litanica.
Si sta esaurendo l'ossigeno delle bombole inanimate delle semi-parvenze di un
sopravvivere sopravvissuto a se stesso, la realtà è satura di anidride carbonica , il timor di
non esser mai stato attanaglia questa mia gracile essenza di uomo vivisezionato.
Domani sarà un altro posto e un altro volto e per grazia ricevuta so che ci sarò, ci sarò in un
per sempre che non pone argini alle mie proiezioni, un per sempre intaccabile.
Quando ti manca il tempo sotto ai piedi non puoi far altro che puntare all'infinito. “
La mia consapevolezza prende fiato di giorno in giorno e mi rende un uomo diverso, un
uomo migliore forse o, semplicemente, un uomo stimolato.
Il mio gatto si gode il solarium ed è felice, rincorre un insignificante pallina di carta e
sembra tracimare di gioia, si prende due carezze e sembra quasi che l’universo di cui ha
bisogno sia proprio lì in un semplice contatto.
Associa mi son detto, lo diceva anche Freud, è solo un animale e vive di meccanismi molto
istintivi, ma chi può contestare il fatto che le emozioni di un uomo siano istinto?
Ci sono espressioni dell’anima alle quali attribuisco la purezza e l’intaccabilita’ dell’istinto,
frangenti in cui è difficile controllare le proprie azioni, puri momenti di verità assoluta ed
incontestabile libertà di essere.
Ogni giorno cresco dentro di un millimetro di me stesso e, per quanto opinabile, giuro di
non essere posseduto, il mio sarcasmo è il mero frutto dello sdrammatizzare a tutti i costi,
ho riso su tutta la sofferenza perduta ed ho riso su tutta la felicità trovata.
Ho dormito un pò, le mie ossa erano un pò frastornate dalla stanchezza che mi sottolinea
schifosamente umano e limitato, il mio letto è come al solito uno sfacelo indicibile che di
invitante ha solo il fatto che, quando ci ravani dentro, magari ti capita di ritrovare un
pacchetto di sigarette abbandonato.
Non ho un ottimo rapporto con quel letto, comodo è comodo, ma è un pò troppo grande
per una persona sola, mi ci vorrebbe una biondina a nolo, una di quelle gracili creature con
folta chioma, una di quelle che non ti fanno dormire per parlarti di argomenti
interessantissimi come un film di Truffaut, altro che sonniferi.
La sola idea sollazza i menischi dell’anticamera dei mei meteorismi, una considerazione
non trascurabile viste le mutevoli personalità delle persone, un punto fermo in cui
frantumarsi gli ammennicoli con batacchi addobbati a festa.
Ti rialzi a rate, ed il tuo primo pensiero è preparare un buon caffè, fai lo slalom fra i tuoi
dolci spappola anima ed un sorriso al poster di Lennon.
La mia indipendenza è una gradevolissima tridimensionalità fatta su misura, potrei aver
un desiderio irrefrenabile di accendere lo stereo e mettere su un cd da ascoltare a tutto
volume, o magari iniziare la mattinata strimpellando la mia amatissima mediocrità di
musicante.
La cosa che al massimo ti può fare storcere il naso è ritrovarsi col barattolo di zucchero
vuoto, e lì lo sbattimento a travasare i tuoi granelli di canna nella zuccheriera, sì perchè
l’indipendenza comporta preparazione e non implica il fatto che tu possa inveire su altre
persone che non siano te stesso e, come capita sovente, si è sempre pronti a giustificare i
nostri atteggiamenti, anche quelli più assurdi e sbagliati.
La natura degli esseri umani è davvero contorta e, anche in quelle persone che si pensano
semplici, si ritrovano particolari che ti invitano alla riflessione, infiniti mondi ed infinite
sfumature ed alla fine ripeti le stesse ed identiche parole a te stesso: che tu sia chino o con
lo sguardo fiero in ogni direzione troverai il paradiso che ti sta aspettando.
Quanti luoghi comuni asfissianti, quanti piccoli tributi da pagare alla quotidianità, eppure
son certo che, svincolandosi dalle nefandezze di ogni giorno, sia arrivabile quella luce tanto
agognata, son fiducioso nelle potenzialità di chi, come me, ha in testa un mondo diverso e
meno canonizzato.
Ho investito ore della mia vita su lembi di costa ad un nulla dall’onda, ho costruito passo
dopo passo il mio percorso ed è stato bello sorprendermi e ritrovarmi sotto la pioggia a
cantare o magari ad ascoltare silente lo scroscio di un piacere ogni volta irripetibile.
Pensate a tutte quelle persone che si nascondono nel rumore di certi locali per evitare di
comunicare, quelle piccole intelligenze artificiali che si perdono nella filosofia dell’uno vale
l’altro, del portare a casa il punticino ad ogni costo per smuovere la classifica.
Riesco a capire bene certi atteggiamenti per la semplice ragione che, riconoscendomi in
alcuni di essi, combatto la mia ipocrisia; sono stato molte volte una pessima persona e mi è
servito per crescere, non puoi sapere quant’è dolce il dolce se non hai mai assaggiato le
amarezze della vita ( Sto parafrasando in linea di massima Vanilla sky ).
La filosofia degli opposti, così arcaica ma allo stesso tempo così attuale ed efficace, cosi
vera e preziosa.
A volte mi sento davvero infinitesimale quando penso a tutto quello che gli uomini hanno
scritto e detto, miliardi di parole e pensieri che si sono mossi di occhi in occhi, esplosioni di
vita e dissolvenze, sgargianti emozioni, effluvi di fiori di campo nell’anima.
E’ riuscito qualcuno di loro a varcare l’infinito con il solo ausilio delle parole?
Sono davvero interminabili sequenze di domande le mie risposte, una catena senza fine
che ti riporta costantemente all’anello sucessivo e così ad oltranza, senza apparente
traguardo.
Dove vanno a parare le parole e cosa possono essere capaci di estrapolare?
Siamo ancora anchilosati ai rudimentali strumenti dei nostri invalicabili limiti, ancora
volgarmente incatenati a schemi ormai troppo vecchi, così fortemente tenaci ed incollati ad
una comodità che non ci pone fatica.
Io non riesco ancora ad avere immagini nitide sui cambiamenti che avverranno nel nostro
costume di mercanti di pensieri e parole, ma ho grande sentore nel profondo che una
rivoluzione è alle porte, ho la impressione che l’evoluzione sorprenderà gli stessi esseri
umani, altro che internet.
Spezziamo un pò il ritmo, su, o mi toccherà donarvi dei secchi per ovviare alla gonorrea dei
vostri menischi.
Qualche sera fa mi è capitato di dividere il letto con un amico, una persona conosciuta
fisicamente per la prima volta in quella precisa occasione ed era una cosa, che se non erro,
non capitava dai tempi dell’adolescenza, quando dormivo vicino a mio fratello.
E’ stata una esperienza divertentissima, quel frocetto di Ivan voleva infrattarsi sulla
scomoda panca della mia cucina, panca che sovente mi accoglie alle ore più disparate del
giorno e della notte ed io, attingendo al suo imbarazzo di uomo virile, mi sono subito
messo a mio agio in slip e t-shirt.
Ho lasciato un pò di luce soffusa e lui ha iniziato a denudarsi, mio dio un uomo seminudo
nel mio letto e poi abbiamo parlato e guardato un pò di televisione.
Non ci crederete, ma è stata una delle poche persone che non ha cercato di abusare del mio
corpo, una delle poche persone con la quale ho vissuto armoniosamente il mio già citato
letto.
Ho apprezzato molto la sua posizione, altri avrebbero sì, certo, approfittato della
situazione, ma lui è stato un vero signore, o forse era la sua serata di chiuso per riposo
settimanale.
Mi è stato molto utile un riscontro positivo, è stata davvero una nottata piacevole, una di
quelle notti che capitano poche volte nela vita, una di quelle notti in cui sei in un posto
dove ti senti libero e hai davanti a te tutto il tempo che ti serve per lasciarti andare.
Ho imparato a vivere l’amicizia nella imminenza stessa del suo accadere, ho imparato a
rapportarmi con più trasparenza, mi sono allontanato un po’ da quella immagine
stereotipata che ci vuole ad ogni costo uniti per un dovuto di routine, uniti perchè longevi
nel tempo.
Allo stesso modo, ho azzerato tutte quelle che la gente comune chiama parentele strette, ho
azzerato i canoni del comune senso delle opinioni radicate nella società ed ho iniziato a
pesare le persone per quello che effettivamente sono, a prescindere da legami affettivi.
Sarebbe stupenda sensazione liberarsi in tutta l’aria che ci circonda, prendere atto della
nostra leggerezza, evitando di lasciarsi appesantire dalla stessa mediocrità della quale
siamo artefici.
Le porzioni sottili della nostra quotidianità ci appaiono come appaganti comodità, paesaggi
che non ci mostrano nulla di eccezionale ma che in qualche modo ci garantiscono l’agio del
poco ma un po’ di tutto.
Ora io però mi pongo una semplice questione: cosa sarebbe uno spicchio di sole dal
momento in cui ne conosco la totale interezza?
Posso tranquillamente asserire che rispondere sarebbe un po’ come prendersi in giro,
rispondere sarebbe come contarsi i denti in bocca e dopo un istante domandarsi quanti
essi siano, sarebbe come dar per scontato l’ovvio.
Il punto focale è che siamo in molti, ma davvero molti, a vivere insignificanti frammenti
della nostra vita pensando di cavalcare l’onda, siamo in molti a cadere nella trappola della
quantità e del chi si accontenta gode.
Una volta ricordo di aver letto una frase, forse su un muro o chissà magari tatuata sulle
natiche di qualche esibizionista da spiaggia nudista, una frase che mi colse di sorpresa e mi
scivolò dentro più veloce di un proiettile: Tutti vogliono andare in paradiso ma nessuno è
disposto a morire per andarci.
Mi piacerebbe commentare quello che ho provato a vivere una tale emozione, ma per
correttezza e spirito individualista mi limiterò a consigliarvi di rifletterci sopra, sperando
senza sarcasmo in una vostra interpretazione profonda.
Vedete, nella vita non c’è sempre qualcuno disposto a porgervi una mano in aiuto, nulla vi
è dovuto e nulla è da dovere, perciò fate attenzione a chi vi vuol fare credere a tutti i costi
che ad ogni bacio debba corrispondere una replica esplicita, attenti agli edificatori delle
pareti dei vostri recinti.
La vita deve accadere cosi come accade la pioggia, e la pioggia non pone mai domande a se
stessa, la pioggia è.
Sì, lo so, ogni tanto assomiglio a quel rivenditore d’auto che odiate, quello che si è quasi
abbassato i calzoni per rifilarvi un po’ di lamiera farcita di agi inutili, assomiglio a mia
madre che con la storia del bravo ragazzo mi ha fatto sentire feccia solo perchè avevo
pensieri miei e avevo aspirazioni diverse da quelle del figlio del vicino che si alzava alle
cinque per andare a lavorare e la sera restava a casa a guardare la televisione.
Sono qui con gli occhi fissi sullo schermo e vedo una vastità di parole ammonticchiate una
sopra l’altra e mi perplimo, immobile con le dita pronte a schizzare sulla tastiera, assorto
nelle infinità dei miei pensieri e mi dico: Cazzo, io non sono come il figlio del vicino.
Se non vi turba la lettura, ora apro il mio frigo e mi verso un po’ di Zedda Piras nel
bicchiere, metto su qualche demo e magari fra un po’ riattacco a scrivere.
Eccomi di ritorno con una novità, ho messo su le mie cuffie ed ascolto il mio gruppo
preferito mentre continuo nella mia introspezione notturna.
La notte mi fa sentire più libero, avvolto in una specie di manto che mi protegge dal caos
del giorno, qui senza distrazioni a vivermi intensamente in tutte le mie sfumature di essere
umano.
Ha un valore immenso il mondo che abita dentro ad ognuno di noi, un universo che ci
rende persone e non gente, singolarità che spiccano lontane da catene di montaggio che ci
vogliono ad ogni costo tutti uguali, tutti catalogabili e ben ubicati come i prodotti sugli
scaffali di un gelatinoso supermercato.
La notte ci rende più consapevoli di noi stessi, ci libera da tutti quegli elementi
contaminanti che ci circondano nella nefandezza della quotidianità, regalandoci puri attimi
di verità di noi stessi.
Dicono che essa porti consiglio, ma io diffido dei luoghi comuni e delle dicerie popolari, del
resto chi si affida alla mediocrità delle emozioni pre-confezionate rischia seriamente di
concludere la propria esistenza davanti ad uno specchio appannato.
L’igiene sopra ogni cosa è la filosofia dei gatti, sempre lì con la loro ruvida linguetta a
spennellarsi il pelo, fieri e altezzosi nel mostrarsi presentabili.
E’ davvero una carezza morbida quella che mi sfiora l’anima dell’epidermide, una piacevole
sensazione che mi percorre e che allo stesso tempo mi frena in un pensiero.
Perchè la natura discrimina?
Siamo sovente vittime di cernite assassine, deboli creature che si lasciano plagiare dalla
insana politica del diverso e, come effetti collaterali di noi stessi, naufraghiamo in quel
bicchiere d’acqua chiamato razzismo.
Esistono quotidianamente manipolazioni della mente di cui siamo all’oscuro, manovre di
terzi che si insunuano in noi per ogni genere di fine, dalla vendita di un’auto fino alla scelta
di un pensiero.
Ogni singola porzione di parole ha uno scopo ben preciso e pur io, nella mera stesura di
queste righe, sto sicuramente invadendo e contaminando la mente di qualcuno.
C’è chi la chiama istruzione, chi cultura e chi magari si ostina a pensare che attingere sia un
modo meno penoso di scorrere nel tempo, c’è chi legge come una spugna fino ad annullare
se stesso e chi comunque estrapola contesti di comodo da sventolare nel momento delle
difficoltà, piccoli surrogati di saccenza fabbricati per le inettitudini degli stolti.
Quante forme di precarietà esistono nell’equilibrio della sanità cerebrale di un uomo?
Io penso che ci siano grandi feritoie in ognuno di noi, passaggi segreti, ma non inarrivabili,
attraverso i quali si può giungere alla vulnerabilità di un uomo ed abusare senza esitazione
di esso.
La mia esile coperta mi avvolge le spalle, qui davanti allo schermo a cercare di intrappolare
uno dei milioni di pensieri che mi scorrono dentro alla velocità della luce, mi avvolge come
una seconda pelle lasciandomi giusto lo spazio sufficiente per far sbucare le dita sulla
tastiera.
Andare a ruota libera senza porsi un percorso preciso mi pone a voi in maniera
trasparente, magari posso apparirvi saltellante e un po’ impacciato, ma quello che sto
cercando di fare è diverso da quello che di solito uno fa.
Ti balena una idea in testa ed inizi a ricamarci sopra, la progetti a tavolino cercando di
renderla molto attraente ed interessante, sai che il tuo prodotto venderà in proporzione
alla propria artificiosità e ti metti nelle condizioni di renderlo il più perfetto possibile.
Io, nella mera considerazione di me stesso, ho iniziato a scrivere per la esigenza di potermi
rileggere senza badare molto al riscontro di altri occhi, ho lasciato scorrere le mie dita sulla
tastiera alla ricerca di una verità più esauriente di me stesso.
Ora mi piacerebbe porvi un pensiero di qualche mese fa, alcune righe imprigionate su una
cartella insieme ad altri files.
Eccovi una emozione nella sua forma integrale:
“Porsi in e con quesiti impercettibili e divenir sfumatura impalpabile, unisoni di grida che
affievoliscono copiosamente identità intime, massificazioni emotive che dissanguano
essenze rendendo sterili le particolarità degli individui.
E' opinabile certezza definir intento quel che a mio parere è necessità imposta nel
relazionarsi, inevitabilmente l'impostazione base di scorrere nel tempo accomuna
moltitudini in sottoinsiemi predefiniti, le unicità dei singoli assumono pose irrilevanti al
cospetto di barricate poste a difesa di comode porzioni di fragili riferimenti.
Divenir Ego è proiezione utopistica e a volte pur luogo inviolabile, l'esser seme e frutto di
se stessi assume forme arroganti e, nonostante ciò sia meta nobile, le logicità di massa
ripongono in tale figura una incomprensione innaturale dettata dalle leggi di una
normalità insensata ed irrespirabile.
In ognuno di noi è subcoscienzialmente radicata la necessità di uno spazio proprio, un
desiderio recondito di immensità tangibile, una definizione di immagine di noi stessi pura.
Le conclusioni dei precedenti ragionamenti impongono schemi fin troppo consueti e
scontati, l'eterna e continua diatriba interiore fra l'invisibile ego e gli stereotipi
arrivabilissimi del comune intraprendere la vita ci scompone in evoluzioni che ottenebrano
la possibilità di punti focali emotivi e cerebrali. “
Adoro porgere la mia intimità spirituale, mi fa sentire decisamente più umano e vero, non
mi sono mai curato del fatto che tale atteggiamento possa ledere la mia persona, mi sento
sicuramente più vulnerabile, ma se si tratta di barattare la mia inattaccabilità con la
leggerezza della mia essenza allora non ho dubbi ed opto per la seconda.
Ogni volta è cosi, ti trovi spesso davanti a scelte, davanti a strade che si biforcano e ti
ivitano ad andare avanti ecludendone una, istanti in cui la tua vita prende una piega
piuttosto che un’altra.
La mia opinione di fondo è che scegliere una strada comporti comunque una evoluzione e,
forse, in tanti casi non pesa il fatto di sceglierne una piuttosto che un’altra ma assume
determinante significato l’aver deciso di andare avanti, perchè nessuno in definitiva sa più
di quello che vorrebbe sapere ed è cosi che la vita sa darci piacere, l’emozione di
apprendere sempre cose nuove, il desiderio di continuare a crescere in ogni senso.
Non è vita aspettare che s’avveri, è piena di “Dietro l’angolo” la nostra strada e, anche
quando daresti un calcio a tutto e tutti perchè ne sei davvero esausto, quando vorresti una
bacchetta magica che ti proiettasse ad anni luce da quel momento, anche lì si cela la realtà
di un nuovo passo verso la dimensione del tuo prossimo e nuovo presente.
“La vita è ciò che ti accade mentre sei occupato a fare altri progetti” cantava Lennon, la vita
è ciò che non progetti in definitiva, la vita sa sorprenderti e sa pure deluderti, ma alla fine
di tutto ti rendi sempre conto che il solo fatto di provare a viverla può dare un senso a tutto
quel che ti circonda.
Avevo abbandonato un po’ queste righe e nel frattempo ne sono accadute di cose, quel che
più mi stimola a voler andare avanti e’ questa curiosità atavica che mi percorre con tutta la
propria intensità, una forza primordiale che mi conduce nei giorni come un viaggiatore del
tempo.
“E' il buongiorno di un cielo terso a colmar di vita lo schiudersi dei miei occhi, un sincero
benvenuto a questo nuovo giorno di luce che si espande per tutta l'interezza della mia
essenza e saltella di polline in polline come una carezza di luce.
Le mani strimpellano su una tastiera muta, scivolano su di essa alla ricerca di intersezioni
magiche mentre il sentire si lascia avvolgere dalle note di un piano filtrato dalle casse di
uno stereo.
Le biciclette impazzano per le strade di Berlino, percorrono chilometri direzionali in
simbiosi con le pedalate di chi le conduce, elicotteri volteggiano nell'etere regalando
vibrazioni parche alle finestre immobili ed è tutto sempre più nuovo, è tutto un dono che
non ti lascia il tempo di capire, un omaggio prezioso a chi nella vita ha sempre dovuto
pagare ogni cosa.
Hanno costruito muri per proteggersi da loro stessi, recinti elettrificati tutti intorno al
cuore, barricate di nebbia ed aureole di filo spinato, hanno scavato fosse in nome della
propria libertà e ci hanno seppellito dentro croci di polistirolo, hanno inquinato la
trasparenza delle emozioni vere barattando la propria felicità con surrogati e stenti,
preziosismi fasulli gettati in un insieme chiamato: " Unisono di una ovvietà opinabile. "
Tutti i nodi si genuflettono alla tirannia di un pettine di plastica, tutte le bolle d'aria
assurgono alla superficie, tutte le stelle convergono inesorabili in un suicidio chiamato
Supernova.
Una mano lava l'altra per la sola necessità di igienizzare se stessa, ausiliandosi di un
supporto di circostanza, confina il proprio limite nell'attimo stesso in cui il contatto
epidermico ne sottolinea la fragilità, aspira ad una autosufficienza inarrivabile e si frustra
nella consapevolezza di un bisogno qualsiasi.
Cinguettano i cipressi ed ingannevoli ci porgono arcobaleni non propri, sorridono i loro
rami agli schiaffi del vento, sorridono per non assomigliare ai salici, defaticano la propria
ginnastica passiva emulando per pochi istanti i propri desideri, simulano battiti inesistenti
nell'assurda speranza di apparir vivi.
Qualcuno diceva che, anche se le nuvole passano, il cielo alla fine resta sempre lì: unica
certezza in un contesto troppo labile, unica verità in un mondo che si culla nella menzogna,
infrangibile emozione in fondo al cuore”.
I giorni si scindono in miliardi di piccole schegge che vanno a conficcarsi in tutta la mia
interezza di uomo, mi carezzano l’anima come morbide piume, i giorni si lasciano scorrere
senza sosta e mi regalano emotività cangianti, attimi concatenati che mi avvolgono come
un mantello e mi portano a far l’amore con ogni singolo ticchettio del tempo.
Le nuvole svestono i sogni del proprio terso e rendono gli uomini dei sognatori precari,
evoluzioni incalzanti che ti rilegano in quel ruolo di attendista, obliterazioni dettate dai
ritmi stereotipati di un consumismo emotivo che punta sempre più alla qualità declinando
i fiori splendidi della qualità.
Ed eccoci qua come marinai del tempo, qua fra le rime di una stonatura sempre più
assordante, qua a centellinare povertà derubate della speranza come questuanti di noi
stessi perchè alla fine la vita ruba sempre ai poveri.
“Il marinaio dedica l'aria dei propri polmoni a gonfiare il canotto sul quale scapperà per
raggiungere l'isola che lo allontana dalle contaminazioni del mondo, salperà all'alba di un
giorno qualsiasi, un giorno che non trovi sul calendario.
Porterà con se' l'indispensabile, porterà un mezzo sole e un sasso rubato all'anima del
mare, porterà la balena disegnata dalla bimba e ogni foto di quelle perle già scolpite nel
cuore.
Ci potrebbe essere spazio anche per una chitarra, per uno spartito sbiadito, un telefonino a
energia solare e credito infinito, ci potrebbe essere spazio per uno stereo laccato, uno
spazzolino argentato, un decolorante scaduto.
Spazio da dedicare allo spazio irrinunciabile, spazio da custodire gelosamente per un baule
colmo di emozioni, spazio illimitato per portar via con se' tutte le parole del cuore.
Il marinaio partirà con braccia forti come remi, con vele nell'anima pronte e salde per
condurre il cielo dove l'orizzonte lo fa collimare al mare, partirà senza indumenti, senza
civiltà a bordo, partirà alla ricerca di quella sponda magica dove rimanere a vivere la
propria eternità.
Sarà il silenzio a fargli compagnia, un cessate il fuoco in nome della magia che si cela nei
pensieri dell'anima, un applauso generato dallo sbattere sinuoso delle ali dei gabbiani, un
incedere elegante fra le onde di un blu che ruba posto all'infinito.
Non sa nuotare il marinaio ma non è mai annegato, le sue ali gli fanno da remi perchè lui è
sempre vissuto sulla superficie del mare ed è il figlio dell'orizzonte”.
Ascolto la tempesta che impazza fra le pareti di questo silenzio e mi rendo conto che ogni
singolo istante mi porge la possibilità di attingere alle strofe di una poesia senza fine,
armonia sublime che ondeggia dolce sulla sponda dei miei occhi e anela profumando i miei
precordi, parole mute che echeggiano nelle vallate dei miei pensieri delicati, notturni che si
lasciano addomesticare da queste dita protese sulla plastica di una tastiera.
Il mio tempo si impreziosisce nell’istante stesso in cui riesco ad avere la consapevolezza del
mio fluttuare in esso, fluttuare come la scia di una cometa che si dirama nell’universo
sottolineando la magnificenza che solo un paio di occhi aperti può vivere, arcobaleni
nell’anima della pioggia, carezze di sole sulla superficie di un mare che sospira fra le onde
incessanti dell’esistenza.
Siamo tutti alla ricerca di una felicità dall’apparenza inapprendibile, tutti dietro le tendine
di una finestra ad aspettare che il vento ci spalanchi il cuore e ci soffi dentro una emozione
eterna, perchè la nostra più grande paura è ubicata nella demarcazione schiacciante dei
nostri limiti umani, limiti disegnati dalla determinazione di un tempo imprecisato ma pur
sempre confinato.
Siamo sempre lì, affossati in una attesa inconsolabile, calcolatori inarrestabili, lì a cercare
alibi alla nostra vita, instancabili nel disumano sforzo di cercare tesori fra le sabbie mobili,
così maledettamente abituati alle previsioni del tempo, videolesi da un sole malato che
folleggia sulle nostre ferite perennemente sanguinanti.
Sovente mi trovo avvinghiato agli sterili steli della ciclotimia, un pensante che pensoso si
lascia pensare e vivisezionare dai propri pensieri, un uomo volubile che, fragile, combatte
quotidianamente se stesso ed i propri desideri, un microcosmo che lotta senza tregua per
evitare di essere ingoiato e agglomerato da un macromondo.
Non c’è pioggia capace di eclissare tutta l’interezza del sole ne’ nebbia tanto fitta che possa
rubare tutte le carezze della luce, ogni singolo raggio si espande nell’atmosfera regalando ai
nostri occhi spettatori la metafora sottile della vita, essenza che non cessa mai di
sorprendere l’anima, bisogno indiscutibile del nostro equilibrio vitale perchè senza sole
anche la notte smette di avere senso.
Ogni tanto rifiato e mi rileggo un po’, mi ripercorro cercando nessi logici nei miei pensieri
tramutati in parole, mi osservo come chi, a distanza di tempo, rivede una propria fotografia
ed intenta una sorta di bilancio dell’ito non andato.
Mi sento scorrevole e piacevolmente inarrampicabile, parete ripida di appiccicoso
caramello che rallenta lo scalatore ma, allo stesso tempo, non lo porge al pericolo del
burrone.
Cari amici, una volta arrivati in vetta non vi resta altro che il panorama statico, la golosità
più estrema è nell’arrampicata e non nella meta finale, la continua battaglia che ti stimola
ad andare avanti evitandoti l’ovvio tedioso di una sedia immobile perchè in fondo quando
ottieni qualcosa sei finito sul serio.
Ci si accomoda sul plumbeo divano dei saldi emotivi e si indossa un paio di pantofole fatte
su misura, ci si sveste della magia della vita e l’agio di uno stento inincrinabile diviene il
seguace compagno di tutti i giorni, tempi sempre più medesimi, sorrisi sempre meno
percettibili.
Lo so, se continuo con questi discorsi vi procurate un’arma impropria e vi suicidate sul
posto, ma siccome, quasi sicuramente, avete pagato il libro allora vi tocca andare avanti
nella lettura per evitare alla vostra persona un altro fallimento economico che frustrerebbe
la vostra già esile porzione di autostima.
Si ammonticchiano le parole su questo davanzale che s’affaccia nell’infinito che è ubicato
in ognuno di noi, tutto appare e scompare alla velocità della luce, colori e suoni che fanno
da cornice a questo quadro fatto di naftalina decolorata, presagio di un disagio radicato
nella tela che lenta si consuma come la cera di una candela.
Le stanze dei pensieri sono sempre affollate, la brezza di questo moto incessante carezza la
chioma di questa vastità cerebrale che indossa con eleganza le forme invitanti di una dolce
spiritualità, il recondito si materializza in superficie ed ogni sfumatura diviene fonte di
ricchezza e zampillo di conoscenza che pervade gli occhi dello smanioso di vivere.
Percorrere le vie notturne della città ti spalanca gli occhi, una sensazione di leggerezza ti
abbraccia ed avvolge come un manto di stelle, il silenzio ruba la scena alle parole e in
questa azzurrità notturna ti accorgi di quanto sia importante il contatto intimo con i tuoi
reconditi piu’ inarrivabili.
La gente normale a quest’ora è sotto le coperte a far sogni grandi, ma io preferisco definire
il mio sogno più vero è più bello: quello che faccio ogni volta che i miei occhi sono aperti e
vedono nelle mie emozioni più tangibili quella deliziosa increspatura che solletica le pareti
della mia anima.
La frenesia del rincorrersi senza sosta trova rifugio e riposo fra le lenzuola calde di una
necessità atavica di pace, i colori della notte son copiose fragranze che ti sospirano
deliziose melodie ai timpani del cuore, instancabili pionieri che ti cavalcano come onde
altissime e ti fanno sentire vivo in tutta l’interezza di essere umano.
Ti accendi una sigaretta e ti senti già in ottima compagnia, pensi a tutti quei salutisti che
sono pronti a spegnere la tua cicca con un idrante in nome di una sanità isterica,
personaggi paradossali che ti invitano a tutelare il mondo che ti circonda inquinandoti
però con tutte le paranoie assurde di questo mondo, persone che ti circumnavigano perchè
ti giudicano dannoso e si privano a priori di una conoscenza del prossimo che prescinde
dalla sostanza, perchè il fumo non è solo filosofia di vita dei tabagisti, me è pur nitida
nebbia cerebrale che si insinua nell’atteggiamento di chi declina le emozioni vere.
Rieccomi fra le righe, come un'onda fra le onde che combatte i propri limiti per balzare alta
ed apparir bellissima, come una rosa che germoglia tra rovi pungenti e non manda a dire a
nessuno di se', perchè ogni suo petalo è lo specchio della primavera che incalza.
Le parentesi si dileguano dal cuore di chi sa che una eternità è un tempo troppo
inapprendibile per essere imprigionato fra le pareti di una repertorietà ossessionante,
zampillano a dismisura le emozioni andando a bagnare gli epicentri dei deserti, zampillano
e concimano con arcobaleni il grigiore di posti chiamati Tristezze.
Il mio corpo è ancora giovane ma la mia mente è invecchiata molto, invecchiata fra le rime
spoglie di tempi sempre attesi e attendisti, invecchiata sotto il peso di una inarrestabile
usura che, come il vento, giorno dopo giorno, si è portata via ogni energia.
Troppo abituati alle previsoni del tempo, troppo anchilosati dalle architetture del tedio e
degli dei bigotti, troppo frenetici nella immobilità di un conto alla rovescia.
Le parole prendono e danno, costruiscono e demoliscono, le parole si accatastano e si
mettono in posa per il falò del cambio di stagione, i rigagnoli si smarriscono nei fiumi come
aghi nei pagliai ed ogni sorriso finisce sul prezzario di un viaggiatore del tempo come me,
un uomo che esiste in quanto scia tangibile, un uomo che sparisce in quanto privo di scia.
Le carezze dolci alle gote salate ed un pezzo di carbone allo sdentato di turno,
destrutturazione inevitabile per sentito dire, un brusio senza volto che si ostina a
contaminare la purezza della vita, uno schiaffo in pieno volto che in livido tramuta la sua
essenza ma che nulla può contro la strizzata d'occhio di un'anima che porge al prossimo la
propria immensità.
L'utile al dilettevole, l'inutile all'alienabile e così ciclicamente l'uno s'alterna all'altro
piegato alla metrica di un tempo che sembra invincibile, un tempo che cessa di esistere e
dettare legge nel momento in cui gli occhi si chiudono e lo intrappolano in un istante
chiamato Eternità.
Sono fuggito via dalla tempesta per ritagliarmi questo angolo di tranquillità, questo posto
mi preserva dall’usura dello stereotipo, fra queste pareti apparentemente fredde riesco a
ponderare in profondità le mie emozioni più intense, emozioni che mi lacerano di gioia,
grandi passi nella conoscenza di me stesso che, giorno dopo giorno, mi portano a vedere i
tesori nascosti in me.
Essere genitore è sicuramente un mestiere molto difficile, ma essere figli non è da meno,
ogni singolo sforzo ti edifica e ti rende ogni giorno più forte, essere figli è una certezza
quasi tangibile ma non include la ricchezza di essere padre o madre, dono che dona a sua
volta reiterando un ciclo longevo sulla coda di una cometa chiamata Tempo.
Mi spezzetto in copiosi frammenti, mi capovolgo, ribalto gli schemi del mio pensare
osando oltre il confine della mia comprensione stessa, percorro cigli pericolosi colorando la
mia paura di tutti i colori dell’arcobaleno e non freno, non mi spaventa mettermi in gioco e,
nonostante il tremore del mio domani, io continuo incessante a tentare la mia natura.
La gente cincischia sulle rime rigogliose della poesia della vita, si adagia silente su strofe di
pentagrammi consueti, la gente si zavorra di pesi inutili e si lamenta sovente, le carezze
preziose della verità del bello sono leggerezze che ti spingono verso l’alto, catapulte che ti
fanno planare le vertigini del cuore, aquiloni liberi dai guinzagli, parole prive di
matematiche inopinabili, sospiri dolci che non son figli di cernite assassine.
Distorcere realtà e plasmarle fino a renderle più accessibili alla nostra indole di esseri
anchilosati dai propri limiti, pensatori a volte fragili, sterilità tangibili che si genuflettono
alla nostra impotenza di allucinati, necessità primordiali di alienazioni ineluttabili,
desideri recisi dalla metrica asfissiante dettata dalla morale di una immoralità vestita a
lutto.
La nudità di una emozione crea il panico negli occhi dei benpensanti, soggetti smarriti fra
le pieghe di una ricerca spasmodica che mira all’agio del non pensiero, la nudità coglie
sempre di sorpresa l’uomo col cappotto, colui che ostenta rettitudine e poi infanga la
propria dignità nello spettacolino osceno di se stesso, rappresentazione ironica di uno
spirito di contraddizione che intacca solo la sensibilità di chi usa i propri occhi per svestirsi
della propria inarrivabilità.
Non sento il bisogno di cambiare le mie scelte, ho la sensazione profonda di sentirmi vivo
solo laddove la mia realtà ha modo di essere baciata dal mio flusso vitale, non ci sono altre
verità per me oltre il tocco tridimensionale che provo dentro guardando un paio di occhi,
apparteniamo all’amore ed il nostro tempo è sempre il migliore di tutti, apparteniamo
all’amore e i nostri sorrisi sono l’alba negli occhi del sole, non ho bisogno di dormire per
poter aver la certezza di un sogno, esser vivi è sentire di poter esistere in uno sguardo
speciale.
Danzano sulla riva le onde accompagnando le movenze sinuose dei nostri corpi avvolti dal
manto silenzioso della notte, la musica si scioglie nei nostri occhi tersi ed è mezzodi nel
centro del nostro cuore, la luna accarezza le nostre epidermidi morbide e la salsedine si
deposita nella sua voce soave che mi spettina i sorrisi e li rende più copiosi, un suono
meraviglioso che mi percorre e mi rende felice.
Non ci sono tramonti negli occhi dell’amore vero, ogni singola emozione diviene nel tempo
bellezza indelebile che sospira note di miele, canta la Dea dei sassi ed è primavera in tutta
la mia essenza, canta l’arcobaleno della sua anima ed infiniti noi siamo comete che
impazzano negli angoli reconditi dell’universo.
Tutto si amplifica, i volti si arricchiscono dei colori della propria intimità, io persisto nel
mio viaggio e rubo le emozioni della gente, strappo via dai loro visi i sorrisi cercando di
farli miei.
La pioggia intercala fra le strofe di una lettera bianca, le parole saltellano di rima in riga
come gocce che rimbalzano sugli ombrelli della notte.
E’ proiezione senza limiti che mai si delinea e mai si assottiglia, esplosione di immagini in
tutto il corpo della mente e nonostante il rumore della folla, nonostante il rumore del vetro
che si frange sui marciapiedi, nonostante la nebbia del deserto, l’isola resta immobile sulla
superficie del mare.
Gli specchi si arrampicano su se stessi cospargendosi di olio su tutta la propria interezza,
gli amici ti carezzano i sensi e senza dissenso si dileguano fra le sponde assetate dell’estate.
Siedo sulle tavole di legno ed osservo il mio intorno, l’eco del vento mi giunge addosso da
ogni direzione e carezzevole si porge ai miei confini fisici, la luce si scinde nel prisma dei
miei occhi ed è l’arcobaleno il pittore che mi dipinge nel volto i colori indescrivibili della
vita.
Un’ora e cinque minuti all’ombra di un dosso ad ascoltar piccioni che tubano ed in
lontananza qualche infante che artificioso cerca di prendere il cielo con le mani, un tempo
che puoi solo imprigionare fra le pareti di un quadrante, un tempo che puoi sottolineare
sulle righe di un foglio di carta sottile che dismette margini e sconfina oltre la staticità di
un pensiero previsto.
Il piccolo passero mi saltella intorno, mi osserva cercando di comprendere il movimento
della penna che incalza gli spazi decolorati del mio notes, le altalene son tornate a
dondolare sotto i copiosi raggi di sole ed è un suono che mi sfiora a percorre i miei timpani,
un fluttuare di immagini e colori che mi pervade e mi colma di tutte le parole che il vento
porta con se’ in grembo.
Si schiudono le finestre ed è il brivido della luce a far breccia nelle stanze del cielo, un
brivido che scivola sulle vie maestose della magia dell’universo, occhi che si affacciano
leggeri su di un davanzale di porpora ed insegnano al mondo il mestiere del sospiro
incessante, occhi che torreggiano sulle tele di un’arte di vivere ispirata dalle vertigini del
cuore.
“Si addobbano per i rovi e fan capriole impari su cuscini madidi di decolorante a buon
prezzo, si forbiscono delle menzioni di tutti fingendosi unici...... “
Genova Brignole, 7 Agosto 2004 (21:42)
In attesa del mio interregionale per Alessandria, seduto su una panchina di marmo,
davanti a me sguscia via dalla stazione l’espresso per Napoli, la gente si sporge dai
finestrini a respirare mentre un annuncio metallico sottolinea un ritardo di 10 minuti del
mio treno.
Fondamentalmente le ferrovie dello stato, o trenitalia per chi ama farsi abbindolare dalle
mani di bianco, e altre simpatiche strutture come telecom italia ( ex SIP ) sono la
dimostrazione fisica del fallimento totale della serietà e della affidabilità dei burocratici e
prolissi apparati statali.
Al mio fianco siede una donna, avrà una quarantina d’anni ma ne dimostra almeno 10 in
più, qui seduta ad accarezzarsi la fronte come a voler darsi un tono.
Se solo sapesse che la persona che le siede vicino la sta vivisezionando, forse riassetterebbe
il suo atteggiamento ed assomiglierebbe di più ad un essere umano.
Eccomi sul treno.
La prima tappa sarà Alessandria, località estremamente poco invitante ubicata a sud della
più insensata regione d’Italia.
Spero non me ne vogliano i piemontesi ( sinceramente non me ne importa molto ), ma
penso che dopo essere nati ciechi il peggio che ti può capitare è essere nato in una regione
come quella.
Hanno bandito il fumo in ogni posto, non si è più liberi di fumare neanche nel proprio
bagno durante una copiosa defecazione, fumo interdetto in ogni dove tranne che per le
eccezioni, perchè ti basta accendere una tv per realizzare in un sol istante che la sostanza è
in disuso e che la formula dell’apparenza la fa da padrona.
Adesso mi rilasso un po’, tutte queste gallerie mi intorpidiscono l’anima e mi privano del
gusto di scrivere serenamente.
A dopo, sempre che non deragli il treno.
Alessandria (22:57)
L’unica cosa edificante di certi “ Bar della stazione “ è la radio accesa a tutto volume,
magari su frequenze opinabili dove fanno passare una versione remixata di California
dreaming.
Il caffè almeno è buono.
Vagonate di genti ( giusto per rimanere in tema ) che transitano in certi postacci come
questi con un look stravagante ( fosse da viandante sarebbe indiscutibile ), addirittura
piccoli nuclei familiari alla smaniosa ricerca di un refrigerante gelato in questo caldo
umido da apnea.
La cosa che mi perplime di più è non riuscire a comprendere dove abbiano trovato tutte
queste biglie in piemonte, biglie che puntualmente finiscono nella bocca di tutte queste
persone dall’intercalare impastato.
Un accadimento triste mi colma gli occhi di smarrimento, vedere un genitore rifiutare un
cono ad un bimbo per potersi bere il suo drink costoso, attingere alla visione di una bustina
di zucchero porta al piccolo bipede come contentino.
Che bello!!
Qui non ti fanno pagare l’acqua minerale, averlo saputo prima visto che sono di Genova,
sarei venuto qui con un bottiglione da due litri e mi sarei fatto fare il pieno.
Il donnone dietro il banco del bar si chiama Mina, una finta bionda dalla parlata magiara,
apparentemente così indaffarata a non far nulla, tanto da non accorgersi che il cliente
vicino al mio tavolo si sta pulendo le mani sotto la sedia dopo aver perlustrato a lungo la
sua narice destra ( uno scaccolatore fascista ).
Aspettando la coincidenza me ne torno in stazione.
L’espresso 907 delle 23:56 per Bari arriverà sul binario 4.
Nell’alessandrino le zanzare hanno degli ottimi dentisti, non mi dava certi morsi neanche
mia madre quando mi spalmavo tutto di nutella, ma si sa che a volte le affinità anagrafiche
ti precludono la gioia del contatto fisico (senza tenere conto dei mescoli sfracassati sulla
testa).
Sembra esser scesa un po’ di pace in questa amena stazioncina, figure rallentate si
muovono sui marciapiedi dei binari disquisendo sul nulla delle proprie vite, un crocchio di
quattro uomini discute di calcio, uno ha perfino indossato la maglietta del milan (peggio di
un insano folle che appende nel bagno della propria anima un quadro di Guttuso).
La mia affollata sacca contiene ogni genere di cosa, tra cui i miei immancabili mini-
manifesti con la scritta “ Ricorda l’Amore ”.
Ne ho appena appeso uno in un posto impensabile della stazione, arrampicandomi su una
ringhiera traballante.
Ho rollato tre sigarette, una per me e le altre due per una coppietta di Punkabbestia che è
stata cacciata giù dal treno per la mancanza del titolo di viaggio (per i profani biglietto).
Con loro, immancabilmente, due cagnetti simpatici (ai quali ho rollato un po’ di zanzare).
Non so quante forme possa avere la felicità ed anche se la loro non assomigliava alla mia,
posso quasi asserire con estrema certezza di averla letta nei loro occhi, mentre si baciavano
dolcemente.
( Allontanarsi dal binario 5 treno in transito ).
I treni per il sud sono sempre colmi di bestiame, questo in particolar modo è satollo di
simpatiche creature di dio dalla chiaccherata ininterrotta e tipo volume da venditore di
pesce.
Sono seduto in un corridoio dove il passaggio incalza, natiche che ti svolazzano a pochi
centimetri dall’olfatto e la mia unica fortuna in questo caso è la mancanza di luce che mi
preclude la sfortuna di attingere completamente anche con il senso della vista.
Sono qui a trascrivere i miei appunti di viaggio, qui assorto nelle lettura delle righe di
questa mia settimana di vagabondaggio e mi rendo conto della mia necessità di
interrompere per qualche strofa la mia ricopiatura, in cambio di un po’ di flusso di
coscienza.
Rischiamo tutti di assomigliare ai pazzi quando ci esponiamo con la nostra verità del
cuore, folli dall’apparenza lucida che infrangono i recinti del senso comune.
Sottolineo un attimo: in quest’istante è l’una e sedici del mattino del 18 Agosto 2004.
Ora mi domando come sia possibile che uno sia cosi tanto esaurito dall’interrompere il
racconto di un viaggio solo per sottolineare un istante.
Cosa sono gli istanti per voi?
Ne avete mai conosciuto uno di persona?
Aveva i baffi?
O ne avete solo sentito parlare dalla zia di un amico del vostro compagno di banco di
scuola?
Il lettore è un frustrato, un burattino appeso ai fili dello scrittore, scrittore che in qualsiasi
momento potrebbe decidere di inserire anche un po’ di pubblicità, o che magari potrebbe
sentire la necessità di andare a defecare e ne ritornerebbe cambiato.
Chi scrive compra i vostri sogni in cambio di vile denaro, l’arte è sempre e solo esistita nei
portafogli dell’artista, la vita che leggete qui fra le righe non esiste, è tutta una invenzione
dello scrittore.
Perciò non mi resta che dirvi che non finirò mai questo libro, non mi resta che dirvi che il
libro che state leggendo non è finito e si interromperà sul più bello per farvi comprare il
prossimo.
Perchè i lettori li fanno in una catena di montaggio, li fanno ciechi e senza poesia nel cuore,
mentre a noi scrittori ci fanno sotto le ali del vento per raccontare una storia che non vi
appartiene.
Noi siamo i letti e non i lettori.
Noi siamo soltanto la vostra necessità di sentirvi cognizione di causa dei vostri desideri.
Il mio letto vorrebbe dormire sulla tastiera e gli ho promesso che, se stasera fa il bravo,
domani lo accontento.
Tutti vogliono venire sul mio letto ma nessuno ci vuole venire per dormire, tutti ad agitare i
polsi ed i campanelli, tutti a voler sottolineare la circostanza senza considerazione alcuna
per la presenza.
Esiste l’amore?
L’amore è dappertutto ma siete ciechi.
Perciò si potrebbe pur dire che non esiste per molti, ma non per tutti.
Alcuni sono l’AMORE in persona perchè l’amore ha un volto umano.
L’amore è l’oppio nell’anima e se non ami non meriti di vivere.
Fai entrare il bene e fai uscire il male, perpetua la terapia più volte al giorno, dentro il bene
e fuori il male che, se non stai attento, sbagli la terapia e poi ti riascolti impotente a dire
dentro il male e fuori il bene.
I fili non hanno mai smesso di muoverti in questo teatrino, le maschere sono le tue amiche
di sempre e, nonostante gli applausi, resti sempre il manichino delle tue stesse precarietà.
Per un pianoforte darei gli occhi, ma per le mani di un pianista darei l’anima.
La cosa piu’ preziosa al dono più prezioso.
A volte aprire gli occhi significa iniziare a sognare per la prima volta, essere più reali
avvolti da una irrealtà dallo spessore quasi insostenibile, perchè essere non è poi cosi
semplice ed attribuibile al solo fatto di respirare, perchè vivere è piu’ prezioso d’ogni cosa,
ma vivere davvero.
Le domande pertinenti agli agenti di borsa, individualità che claudicano nelle cattedrali
dell’irriverenza, nessuno vuole mai essere te a meno che tu non abbia un bel sorriso finto
che ti confonda fra la folla di plastica che affolla e satolla le pareti della tua bolla di colla.
Leggo la vostra sconclusionatezza fra le mie righe come s'io fossi in qualche modo capace
di rappresentarvi, ma poi mi giro in altre direzioni ed i vostri occhi seguono i miei
distogliendo per un attimo l'attenzione dalle righe ed è sera nei vostri pensieri, tramonto
d'ogni colore del cielo nelle vostre anime ed io ne vivo l'ombra.
“Compiangendo gli altri consoliamo noi stessi” ( Foscolo ) e facciamo tutti parte del
sottoinsieme di noi stessi, sembra uguale la musica che passa alla radio ma se cambi
emittente radiofonica a volte ti capita di inciampare nelle frequenze del battito del tuo
cuore e magari, per un attimo, succede pure che riesci a ricordare a te stesso che sei vivo.
Io non scrivo nulla, siete voi che vi inventate cosa leggere, voi che decidete cosa essere a
prescindere dall’oggetto al quale attingete ogni giorno, voi che voltate la pagina e che
continuate a credere che la coperta che vi sta sulle spalle sia fatta delle parole che vi sto
porgendo al cuore.
Sei la prima persona che saluto stasera amico mio, la prima persona vera che bussa alla
mia porta e non la proiezione di una necessità, non una invenzione della mia mente,
perchè chi esiste ha sempre un modo unico per farsi riconoscere: Darti un bacio
nell’anima.
Queste sono le ultime mie righe del libro e le stai leggendo nel momento stesso in cui le sto
scrivendo sul mio libro, in questo preciso istante il tempo non esiste, il momento che scrivo
esiste e combacia solo con il momento in cui le leggi, se tu non avessi mai letto forse io non
avrei mai scritto, “ Sto scrivendo e lo sto facendo per come mi piace.... Presto mi leggerai”
recita un mio sms al mondo, ma la direzione alla fine è sempre una ed una sola: il Sole.
Le nuvole sono volubili come il vento, difficili da inseguire e impossibili da prendere, il
Sole è direzionale e dedito alla sua causa, il Sole non fugge neppure quando si spezza in
due, perchè le due metà sono destinate a ritorvarsi sempre per dare un senso alla propria
interezza, le cuffie dello stereo mi bombardano l’anima di suoni improvvisi ed io, nel mio
esserci, ci sono con l’orecchio affacciato alla finestra quando albeggia.
Ora, se non trovi che sia una cosa imbarazzante, prova per un solo attimo ad appoggiare i
tuoi polpastrelli nel punto preciso in cui leggerai, ed in quel momento preciso, anche se
solo per un istante, potrai accarezzare le mie mani che imperversano ed ondeggiano sulle
righe, potrai per un attimo essere tu quello che scrive ciò che stai leggendo.
Arriverai ad avere la consapevolezza di aver pagato un prezzo per poter leggere te stesso,
un prezzo che prescinde dall’acquisto di un libro di pessimo gusto in una libreria del
centro, un prezzo che, tuo malgrado, è stato scelto da un’altra persona, un prezzo che può
darti atto o seppellirti.
Stasera la band che ho in cuffia ha mangiato spinaci e si sta facendo in quattro per
sostenermi nel cuore della notte, musicisti che forgiano aria nei polmoni di chi si
sintonizza sulle loro frequenze, miniature di felicità che distolgono il tuo sguardo dalla
drammaticità della vita, i carnefici di ogni tua paranoia.
E’ troppo facile aprire un libro e trovare la pappa pronta da leggere, lì senza cognizione di
causa a pretendere in qualche modo di poter comprare l’anima di chi scrive, lì sempre
pronti a giudicare e a concedervi il lusso di poter anche criticare, perchè focalizzare altrove
è sempre il miglior metodo per risparmiarsi la fatica di un riflesso indesiderato.
E, come al solito, voi che leggete non avete molto da dire, del resto la vostra posizione è la
verità che sentenzia il vostro ruolo di spettatori.
Tra poco riprenderò a trascrivere il mio racconto sul viaggio, ancora qualche riga di delirio
ed il mondo tornerà ad essere come l’avete sempre sognato, non ci saranno impedimenti
ulteriori per la consapevolezza di un vostro agio di plastica, ancora qualche riga di un
arcobaleno chiamato Verità del Cuore, ancora qualche piccolo attimo ed il vostro tramonto
vi sarà servito su un piatto d’oro.
Non siete qui per leggere il mio libro, ma ci siete solo per la mancanza di un’alternativa,
perchè se ora voi foste a scrivere il libro della vostra vita non sareste qui ad addomesticare
il vostro tedio sulla mia, sareste nella vostra isola a dar da bere alle vostre rose.
La poesia non è fra le righe che leggi, ma fra le righe del cuore.
Mi trovano spesso interessante ( o perlomeno mi definiscono così alla propria mente ) e a
volte questo è sufficiente per far presumere ch’io debba necessariamente interessarmi a
tutti, il male peggiore è non poter provare dolore, mi hanno detto che sono un poeta e
perciò dovrebbero già sapere che come tale mi atteggerò, dovranno mettersi in testa che
certe forme d’arte non sono..........
Lo so non potete immaginare cosa ci sarebbe stato scritto dopo i puntini, ma questa è la
sola e semplice dimostrazione che con il vostro prezzo avete comprato solo la mia
menzogna, perche’ la mia verità non è per tutti e posso continuare a tenerla per me, perche’
la mia direzionalità è la mia unica verità del cuore.
Anche io ho pagato un prezzo per essere qui fra le righe, anche io ho pagato un biglietto per
la musica che sto ascoltando, ho pagato un biglietto per ogni cosa che ho preso e per ogni
cosa che ho dato, ho pagato un biglietto per l’aria che respiro e la pioggia che mi piove
addosso, ho pagato persino un extra per essere felice ma ho dovuto rateizzare il costo per
mancanza di così tanto denaro.
Quando arriva quell’istante in cui la musica rincula e rallenta improvvisa, come quasi a
dondolarti nella sua culla per addormentarti, senti che il flusso ha trovato la velocità
precisa che stavi aspettando da tutta la vita, ma sai pure che la consapevolezza non ti
eviterà il riscontro oggettivo con il tempo.
Il tempo è l’unica invenzione della tua mente che non puoi gestire, i cartelli di Stop in certe
vie non esistono ( e non è solo un rifermimento alla hit dei Black rebel motorcycle band ),
forse, e dico forse fuori dalle parentesi della mia intimità, ciò non è neppure un riferimento
alla mia inabilita’ a comprendere gli inabili, del resto la mia fatica più grande è sostenermi.
Ed ecco incalzarmi un altro raggio di Sole notturno a voler sottolineare il suo punto di vista
su di me: “Non hai niente se non hai qualcuno con cui condividerlo”.
Da bambino sognavo sempre di fare il comico, ma con il tempo e crescendo mi son reso
conto che c’era gente che faceva ridere più di me e ho abbandonato il mio sogno, ora sono
qui fra queste macchie di inchiostro a porgere i miei pensieri, qui a mio agio a scrivere: di
certo si tratta di uno dei posti più belli della mia vita.
Mi dispiace, ma offro solo quello che viene richiesto e non mi prendo più il lusso di dare
tutto a chi non lo vuole ricevere, non so se sia solo una questione di valutazione sbagliata o
una mera rielaborazione dei concetti prioritari, ma porgersi è di certo una delle questioni
più fragili ed intimistiche di ogni essere umano.
Riecco la pennata perfetta ad invadermi i timpani, ecco le formiche di paglia all'interno del
mio cuscino, ecco le piume d'argento sulle ali mie impacciate, ecco che ti volti per fare un
sorriso a chi ti giunge da dietro e per la prima volta vieni accoltellato davanti.
L'omicidio non si discute, ma non si discute neanche l'onestà di un assassino che è giunto
dalla direzione più trasparente.
Ed ora sperimentiamo la vita, proviamo in qualche modo a darle dei lineamenti ben
precisi, cerchiamo in qualche modo di incalzarla, accenderla, lanciarla o rilanciarla,
tuffiamoci nell'idea che puoi rendere nuovo ed originale tutto ciò che puoi fare.
Iniziamo col cambiare il colore alle righe che state leggendo, perchè, se l'editore sarà stata
una persona onesta, in questo istante le mie righe dovrebbero passare dal colore nero al
colore azzurro.
Questo è accaduto per il semplice fatto che ora sto scrivendo il mio libro altrove, lo sto
scrivendo in una finestra dialogo, una finestra silenziosa che si immerge a leggermi fra le
righe come spettatore primo e spettatore unico.
Perciò, per assurdo, anche se tu fossi il primo lettore del libro, l'editore o l'uomo del
controllo qualità, sappi che queste strofe hanno già un passato che per te ora appare come
un presente, queste macchie che fanno da cornice al bianco della pagina sono solo la
reiterazione di un istante già vissuto del quale tu non sei il protagonista.
Cosa ne pensi o a cosa stai pensando?
Danzo come una mosca cieca dilaniandomi sulle pareti della stanza, ci giro in centro e mi
leggo lungo l'orizzontalità del suo corpo, sono la sua essenza, esiste perchè esistono i miei
occhi per guardarla.
Il silenzio non coglie di sorpresa mai nessuno, ormai è questione risaputa che anche a lui
abbiano installato i campanellini della mediocrità, intanto continuo a scendere lungo i
gradini del mio inferno infermo, zampillo di fiore in fiore come un'ape addomesticata.
Certe candele rosse mi ricordano il profumo della mia casa, così protese ad accarezzarmi
gli occhi con la loro fiamma gentile, così carezzevoli come la chioma di un fiume, così tersi
da far arrossire il cielo.
Con una spada ci tagli il caviale ma con una sigaretta ci spegni un incendio, magari le
parole non rendono l'idea ma vi assicuro che io non sono un visionario e che il mio dire
non si appella alla follia.
L'altro giorno ho avuto come l'impressione che mi mancasse un dito ( quello prensile ) e ad
un tratto mi son reso conto di essere nudo in mezzo alla folla, ho sentito l'inverno
spegnermi il riscaldamento nell'anima.
Le mie pagine danzano, vi danzano intorno come usignoli a primavera, vi canticchiano la
vita in ogni poro del vostro udire, le mie pagine vi tengono compagnia anche in questo
vostro momento di solitudine, perchè esse sono la solidarietà che avete sempre cercato
altrove.
Se conosci qualcuno vai da qualche parte, ma se conosci tutti vai dapertutto, se conosci
tutti fondamentalmente alla fine sei tutti, se conosci tutti non avrai più il problema di
dover conoscere qualcuno, non ti sentirai necessariamente parte esclusa di qualcosa.
Lo so, dovrei far stampare in rosso queste righe così almeno voi potreste avere la
possibilità di non leggerle, ma per puro spirito di contraddizione del prossimo ho preferito
lasciarle dello stesso colore di quelle tangibili.
Non smetto un istante di essere fra le righe, spazi bianchi che divengono strada facendo
stringhe di parole che si intrecciano ed abbracciano fra loro, righe che ancor prima di avere
una fisionomia definita son già frutto di critiche e perplessità.
Mi rendo conto di aver reificato il mio focolare sui tasti di plastica di un mio porgermi
statico, mi rendo conto di trovar agio nel silenzio delle mie dita, agio nelle tasche della
ventola che raffredda il mio pc, sono consapevole della precarietà della mia sedia e per
questo ho deciso di scrivere seduto in terra.
Alcuni si sono inventati il capro espiatorio, alcuni hanno impacchettato le fragole con la
carta stagnola, altri invece han messo sottovuoto il cuore, i pochi han provato a prendere
coscienza e si sono persi nella strada del proprio ritrovarsi, si sono ritrovati nella strada
della propria perdizione.
“ Ho voglia di far l’amore. “
Si possono scrivere certe cose in un libro?
Si puo’ porgere cosi tanta intimità?
O in qualche modo si deve continuare sempre a tutelare il lettore perchè ha pagato un
prezzo per non sentirsi a disagio fra le righe?
Non penso che tutte queste risposte siano davvero importanti, ormai ci siete passati sopra
con la vista e avete letto quello che c’era da leggere, magari in questo preciso momento
state posando il libro per andare a fare l’amore con la vostra metà ( o presunta tale ).
Se è così, allora vuol dire che questo libro è subliminale e che forse in fondo avevate solo
bisogno che qualcuno vi ricordasse l’amore, se invece siete ancora qui a leggere, i motivi
possono essere solo due: o il/la vostro/a partner non è quello/a giusto/a o queste parole
sono una retina per farfalle che ha catturato il vostro cuore.
Vorrei tanto che nessuno avesse mai letto questo libro, mi sarei risparmiato così la fatica di
scriverlo, magari avrei vissuto di piu’ la mia tridimensionalità senza alienarmi nella
bidimensionalità delle parole, magari oggi sarei un banchiere con la villa al mare e la
moglie eternamente in una clinica di bellezza ( sei bello solo se paghi per certa gente ), la
mia ferrari rosso fiammante, i miei figli part-time e la mia cuoca, anche nei sogni, a
soddisfare il mio appetito onirico.
Quando è notte la luce ha un colore più trasparente, le rondini si mascherano da zucchero
filato e rimbalzano di petalo in palato, le noci si sgusciano da sole e vengono fuori a vedere
la pioggia inciampare sulle tese dei cappelli, quando è notte le lucciole indossano i
grembiuli e servono caffè, i leoni si alzano su due zampe per ostentare la propria verticalità
interiore e, senza far rumore, le stelle volteggiano sulle gobbe promiscue degli arcobaleni.
Io sono in bilico come un equilibrista, in bilico da molto e faccio fatica a gestire le mie
vertigini ( anche se so che mi emozionano ), ho una fottuta paura di morire dentro, una
tristezza che si chiama necessità di vivere veramente.
Alla fine non conti un cazzo per nessuno al mondo, conti solo per la persona che ti ama, per
gli altri sei solo una circostanza, per chi ti ama sei il sempre ed io non voglio più essere la
circostanza di nessuno, piuttosto muoio di solitudine.
Dicono che io pecchi di narcisismo e ancora non ci capiscono niente.
E' un male cosi grande e vergognoso aver bisogno di essere amati?
Mi hanno sempre fatto sentire in colpa perchè avevo bisogno d'amore.
Vorrei essere nato vuoto almeno oggi sarei felice perchè alla fine è la consapevolezza che ti
frega e non la mancanza di emozioni.
Giunge vitreo un pensiero agli occhi e vero si dondola sulle vertigini della mia
comprensione, guardo al succedersi degli eventi e mi accorgo che in definitiva è sempre ed
una sola la strada che si percorre.
Ci sono incroci, scelte difficili, gloria e nefandezza, c'è questo tanto citato libero arbitrio, ci
sono le nuvole ed i cieli tersi, le stelle e le lune che si riempiono e svuotano di se stesse a
seconda dell'umore.
Ogni volta ti affidi alla unicità di una verità che fortifichi nel tuo divenire vita, credi che ciò
che l'apparenza dei tuoi occhi tange possa essere indiscutibile, cavalchi onde sobrie, fluttui
cieli che non ponderano e che ti porgono l'insana illusione di poter essere ponderati.
Come un equilibrista ti avventuri in verticale su un orizzonte che ti porge al precipizio, vivi
la mediocrità di un tempo che definisci intensità, sgretoli la tua sabbia già fine e la liberi
nell'aria che si tramuta in tempesta.
Il vero spettacolo della vita è ubicato nello specchio di ciò che gli occhi possono o
potrebbero assaggiare, le manovelle del tempo son meccanismi sempre di moda, e questo
rotolare all'interno di una sfera di metallo genera nausee inevitabili, conati che devi
declinare per non annegare nel tuo stesso malessere.
Non ci sono mai risposte certe alle domande delle labbra che si tacciono, non ci sono
carezze per le gote di chi vive con la testa dentro ad un sacchetto di plastica, non ci sono
sorrisi per chi ha fatto delle lacrime il proprio stile di vita.
E allora capita che continui a saltare la corda sullo stesso punto pensando di cavalcare
tempeste, capita che guardando i tuoi piedi hai come l'impressione che un sole di colla
abbia trovato dimora fra le stringhe delle tue scarpe, capita che aprendo gli occhi dopo una
lunga notte non ci sia nulla di nuovo da colorare, capita che il cielo assomigli ad un velo
che ti vieta di vedere oltre la mediocrità.
Costruisci un'isola di carta e prepara una catasta di legna che l'inverno non ha sotto-
stagioni o tempi predefiniti, prepara il tuo cuore all'artificiosità e vedrai che niente potrà
più sorprenderti, nulla potrà più scalfire i tuoi occhi.
Se in alternativa ti capiterà di vivere, non titubare allora ma osa sempre perchè certe cose,
a volte, accadono una sola volta nella vita.
Ovunque è il posto dove ognuno può essere, ovunque quando la luna sorseggia i primi
raggi del sole, ovunqe quando piove poesia dal cielo al mare, ovunque dove il silenzio può
rompere gli argini della ragione, ovunque sia luce.
I violini saltellano sulle pozze arse del deserto, i chiodi di garofano sulle croci di naftalina,
la geografia della vita svenduta sui cartelloni della pubblicità, i violini s'appisolano sulle
morbide gote della primavera, le civette farneticano di mari tridimensionali, i pesci rossi
nella lettiera del gatto a far sogni caramellati.
Devi farlo accadere canticchiava l'inglesotto irriverente, farlo accadere nel posto giusto,
devi credere in qualcosa se vuoi avere il sussidio dello stato, avere una religione che sia
inopportuno opinare, un sacerdote ubriaco cantare messa, devi essere quello giusto al
posto giusto sempre, devi farti l'autografo sul visto.
I serpenti fan la muta, una muta di cani a far da slitta all'orizzonte che capitombola fra le
rime dell'amore, l'amore dei perchè con l'amore puoi varcare ogni porta, l'amore di quelli
che per fare un passo avanti ne fanno due indietro, l'amore dei cantieri e dei lavori in
corso, l'amore del mese d'agosto, l'amore che dura per sempre e l'amore che dammi un'ora
e ti programmo i prossimi 50 anni.
Tutti pronti a fare le valigie per le Maldive e a disfare quelle per l’isola dagli occhi belli,
tutti con l’ombrellone e le creme abbronzanti, piccoli stereotipi per piccole persone, castelli
di sabbia in piena mareggiata, canotti di carta per attraversare le fiamme dei mari persi.
Non penso che avro’ voglia di andare in Paradiso finchè continueranno a vendere le
sigarette solo all’inferno, con 30 Euro oggigiorno ci compri tutto ma se sorridi quando ti
metti in posa per la pioggia, a volte finisce che ti restituiscono i tuoi soldi e che magari ti
danno un buono sconto per entrare al circo.
Le foche sono ammaestrate dal conduttore di un TG, mentre il laureato in legge bacchetta i
pedoni indisciplinati sui marciapiedi, giudici e avvocati sprezzanti ed in prima linea per
una giustizia divina che stenta a decollare, una giustizia che non contempla la frequenza
del battito cardiaco degli innamorati, una giustizia fatta di barriere architettoniche e
marmellate scadute, una coordinata per un ingresso trionfante nella dimensione
Perdizione.
Chiedi il perchè di un raggio di sole che trapassa un muro fatto di silenzi in riva al mare,
chiedi le conchiglie di marte alle ghigliottine del tempo, il vento all’istante di un’onda di
petali di luna, chiedi la tua porzione di arcobaleno e la tua collana portafortuna, chiedi le
mani al cielo ed i piedi ad un vulcano, catapulta le tue emozioni nella bocca di morfeo.
Ti è stata concessa una sola vita e pure il lusso di poterla sprecare, una sola parola per
rivestire di carta da parati il tuo cuore, ti hanno fatto firmare senza farti leggere il contratto
e, rispettoso delle norme vigenti, adesso ti devi attrezzare ad ingoiare la tua quantità di
fiele.
Le ortiche agli uomini di buona fede, le scorciatoie ai claudicanti, i primi raggi di sole alle
bilance celate sotto ai letti, bilance elettroniche che ti sputano negli occhi inappetenze
destabilizzanti.
Le pertiche si ramificano come edera sui muri, piccoli scenari che si lasciano arrampicare
lungo direzionalità insane, orizzonti verticali che si porgono alla speranza di menti
arrotolate alla parvenza di se stesse, proiezioni inintenzionate che senz'anima si muovono
come marionette in un teatrino da marciapiede.
Siamo tutti prezzati e addobbati di relativo codice a barre, tutti ubicati sugli scafali della
vita ad aspettare ignari il sopraggiungere del nostro acquirente, tutti ben confezionati dalle
mani di una cassiera spicciola, mani disinteressate che si arrogano il diritto di spalmarsi
sulla sinuosità della nostra epidermide.
Ti affacci sul porto e le luci dell'oscurità ti carezzano le palpebre, respiri di volti sconosciuti
che percorrono il proprio tempo in funzione di uno spazio sempre consueto, figure
arrivabili che si dileguano sulle striature dell'affievolirsi rapido dei fanali delle auto ed è
tutto un inseguirsi senza ragioni apparenti, un tutto che ha quel magico sapore del nulla.
Mi ha precluso il respiro ma mi ha donato l’alito di vita primordiale, Mi ha aperto gli occhi
e ci ha seminato dentro i colori dell’arcobaleno, mi ha accarezzato il cuore con i suoi sorrisi
unici e mi ha reso battito.
Il tempo di una passeggiata ed il tempo cambia, ombrelli nelle ventiquattro ore e volantini
di sole nel cassetto dei sogni aspettando le vacanze, last minutes a portata di tasca di un po'
di tutti, le approssimazioni piu' certe del vento incalzante.
Le stringhe alle polsiere dei tappullanti, piccole artificiosità vestite da pezzenti per
ingannar l'olfatto dei ben pensanti, perle negli occhi di un divano blu, boccoli di rose che
disperse navigano se stesse alla ricerca delle propie radici.
Lo smalto alle dita dei piedi, a quelle delle mani solo il miele, petali carezzevoli sulle
interezze degli occhi innamorati, fragranze estasianti fra gli apostrofi dell'anima.
"Sempre" dicono le stelle al buio inciampante dell'universo, "sempre" come quando è un
semplice istante a fotografare un'eternita' statica, "sempre" che se vivi cento volte in un
sogno non vale la volta che hai vissuto veramente, "sempre" per la semplice constatazione
che mai potrebbe implicare l'inesistenza stessa anche di questo istante preciso.
I pesci rossi son fuoriusciti dalla lettiera del gatto e son andati a spasso per le vie del
centro, i biscottini della nonna a prendere il sole sul davanzale aspettando i passerotti, e
così ancora milioni di vite alla ricerca dell'onda perfetta, milioni di sospiri di speranza nelle
bottigliette vuote della Coca-Cola, prerogativa certa dei beneficiari dei piani pensionistici
da qui agli 80.
Una volta sono stato in un posto bellissimo, un posto tutto mio dove respirare aria nuova
senza pagare un biglietto, un piccolo microcosmo estraneo al meccanismo dell'opzione di
massa, un abito sgargiante fatto su misura per l'abbigliamento ideale del mio sorriso.
I passi circolari del tempo mi percorrono in senso antiorario, frequenze che si dilatano
amplificando all'inverosimile realtà apparentemente parche, ti capita allora che pensi di
essere circondato dai fantasmi per poi accorgerti che il vero fantasma sei tu.
Inizia il film e nella prima scena si sente già qualcuno parlare e dire che la sceneggiatura
sarà cambiata e che, di conseguenza, voi vedrete solo la vostra versione del film, vedrete lo
scheletro di quello che la vostra mente vi renderà possibile vedere.
Lo smilzo in bermuda si sollazza davanti ad un frigo, anche lui è stato a Rodi e dice che
porta sfiga, si china su uno sticker dai sorrisi grandi per poi rendersi di conto che certi
concetti sono superati oramai.
Mi ricordo che ti tremavano le mani, era il tuo primo tuffo nel cuore e non sapevi cosa
sarebbe stato nuotare, l’acqua era fredda ma il tempo dei tuoi battiti l’ha scaldata, l’estate
sembrava dissolversi ma un’altra volta è arrivata, è arrivata in un lungo viale dove era la
luna il cielo, una luna direzionale, una stella polare che brilla incessante.
Ed ora, in questa stanza, la luna mi entra direttamente dalle orecchie, luna che mi viene
dentro per urlare i suoi occhi al sorgere del sole, una scheggia di cielo nelle ferite del cuore,
un universo senza pareti dove poter volare.
Dio sa parlare solo attraverso le mani degli altri, l’amore parla con gli arcobaleni
dell’anima, l’amore sospira al sordo, carezza il lebbroso, l’amore innaffia i giardini di
marte, l’amore non si masturba.
Non c’è l’orchestra è tutto registrato dice il granchio col microfono altisonante, se la ride
fra i cuscini laddove la realtà è solo il nutrimento della fantasia, immagini e parole che non
contengono i vostri sogni, filtrazioni deviate dei vostri desideri più celati, paure che si
camuffano da sorrisi ebeti, cercando di ingannare il doganiere della vostra irrealtà.
Non voglio scrivere una cosa per l’altra, non voglio scrivere una forma che non desti
contenuto, le candele si sono sciolte in mare e alle quattro qualcosa è cambiato.
Son finiti i tempi delle vasche da bagno, finite le prevaricazioni igieniste, finiti i balconi di
due metri quadri, son finiti dentro al pozzo senza fondo, dentro al pozzo del non ritorno.
Sutter Caine chiede se può prepararmi una camomilla o un tè in quanto, aggiunge lui,
avrebbe voglia di un caffè.
Ecco che si espleta il meccanismo che sottende tutto il suo inconscio: si porge a me per un
intento che riguarda solo se stesso.
Ed è un angolo di luce nelle tenebre della notte il mio posto ideale, concime per le mie
piante grasse e sgrassante delle macchie più intense, è la musica in sottofondo a ribadire il
silenzio di una emozione senza parole.
L’universo è un richiamo per l’immensità che mi si cela dentro, uno specchio senza riflesso
che mi ingoia come un buco nero, un mero ingranaggio del tempo che mi inganna fra le
rime di un paio di lancette fluttuanti, un invito unico.
Il cielo questa notte si veste della luna piena, qualche striatura di cotone a farle compagnia
ed alcuni spaiati audaci con lo sguardo appeso al manto del suo corpo.
La circostanza agognerebbe un silenzio riverenziale ma la città non può arrestarsi dal
gemere, ogni cosa deve andare avanti tra le grida metalliche di un tram che interseca il
tempo degli automobilisti insonni.
Gli omini verdi dei semafori ti sdraiano un tappeto rosso al cospetto del tuo divenir strada,
le prostitute disquisiscono sul milan della nuova stagione con motociclisti opinabili.
Le prime foglie si sdraiano sulla schiena nuda del viale, rotolano via fra le ali di un vento
leggero andando a spettinare gli sguardi sobri dei pedoni, le altalene ritornano a cigolare e
dentro di me cresce alta la sensazione magica di essere a casa.
Imparerai a memoria le immagini ma dimenticherai le parole, assurgerai agli occhi delle
tre fontane della vita ma lo farai in ginocchio, correrai nel verde speranza dei tuoi sogni più
malconci, avrai luce ed acqua in abbondanza e non dovrai fare la coda, una via
preferenziale ti sottolineerà unico ed indispensabile, avrai provviste per sopravvivere fino
alla fine delle tue provviste stesse.
Stanotte ho messo su una bella canzone e mi sono detto:stasera tu scriverai le parole più
belle della tua vita.
La prima cosa che mi è venuta in mente è stato un paio di occhi, due fari nella notte della
vita, due immense pozzanghere di dolore causato dall’immenso amore, due pozzi
incolmabili satolli di piacere, due mani nell’anima a strimpellare sul pianoforte di un
arcobaleno, lì, quel paio di occhi a parlarmi come fa il vento sulla cresta del mare, come fa
l’usignolo al divenire del sole, lì fra le foglie a rotolare nel vento, lì sulle ali di un cielo
ingoiato da un mare, lì ad un niente dal mio cuore.
Ho provato a guardare nel sogno blu di una chiave che aveva perso il suo cubo, ho sbirciato
nell'anima del mio compagno di banco, ho masticato il mio tempo imprigionato dentro la
lettiera del gatto, ho fatto a pugni con il mio migliore amico ma avevo una buona
assicurazione.
Le sponde magiche han rotto gli argini, le betoniere scalze si sono accomodate sui divani
blu e han fatto tardi, il tabacco è scivolato in ogni posto, ha altalenato sulla testa degli
innamorati, il tabacco è la vera chiave di lettura.
Mi sono accomodato in un posto che non apparteneva alla mia tridimensionalità fisica, un
posto che aveva però quel pregnante odore che ha una tridimensionalita' emotiva, il
sipario mi ha nascosto per lungo tempo la verità ed anche se era rosso la mia mente non
ha fatto eccezioni.
I miei passi si dileguano nel rumore della propria ombra, silenziosi si siedono sulle ali della
propria oggettività, piangono dietro ombrelli di cartapesta, si decolorano il sorriso in un
cassetto posto in fondo ad un merletto, i miei passi si perdono fra le rime spoglie del
proprio repertorio, i miei passi deambulano, i miei passi mi portano dove essi decidono.
L'inutile sforzo della vostra mente vi sta alienando, non siete gli attori del libro, e neppure
le comparse, siete solo gli spettatori, gli increduli e maldestri pionieri di un tempo che vi
siete inventati, esistete in funzione del fatto che esistono queste righe, almeno è così adesso
e dopo non potrebbe essere altrimenti.
Leggermi fra le righe ha cambiato qualcosa in te, ora sei diverso/a da quello che pensavi tu
fossi prima, ma eri uguale ad adesso e non ne avevi la consapevolezza, avevi gli occhi chiusi
ma hai dovuto aprirli per leggere il tuo libro.
Stai leggendo la tua vita qui, queste strofe parlano di te perchè sei tu a scriverle, sei tu che
hai deciso di leggere te stesso solo fra le righe del libro che avresti scritto, tu sei il tuo
artefice.
Ho sfilato la cornice alla rappresentazione dei tuoi occhi e mi son nutrito della tela, ne ho
attinto i colori e ne ho assaggiato le sfumature, mi sono spalmato sui lineamenti
ridondanti di un piacere senza volto, ho svuotato i barattoli della memoria e li ho riempiti
della polvere delle stelle lasciata incolta nel tuo giardino.
Il tempo si prolissa sulle pareti del mio appartamento, ogni lembo di superficie si colma di
parole, emozioni che si reificano sulle strofe, emozioni che si arricchiscono di una
tridimensionalità oggettiva che va a colmare in ogni dove il mio senso della vista.
Il lunedi mattina ha sempre quel sapore dell’attesa che non porta a niente, prendi tempo
nella tua mente nella speranza di ingannarlo, addomestichi la tua impazienza alla ricerca
di una miniatura statica che ha i contorni di una multipla grigia, disquisisci con il tuo
compagno di banco sul weekend ma sai che la tua realtà è solo complemento oggetto della
tua comprensione stessa, sai per certo che nessuna parola sarà in grado di infondere
all’esterno le sensazioni preziose imprigionate nel tuo cuore.
Ti capita di svegliarti e di ricordare un sogno ed è forse allora che il tuo sogno inizia e cessa
la tua realtà, la consapevolezza , a volte, uccide il malcapitato e lo circuisce nell’alienazione
più stagnante, i disegni sobri del tempo si impolverano delle foglie incalzate dal vento, i
rami si spogliano al cospetto dell’inverno e si preparano per il letargo.
I fratelli si abbracciano sui tavolini del centro e son flore extracomunitarie le testimoni di
tanta grazia, numeri di telefono che si sdoppiano nell’etere, profumi che divengono
gargarismi dell’anima, musica bidimensionale che si imprime nei timpani di chi sa
guardare oltre se stesso.
Le onde del mare si colorano di rosa (certi film ti entrano proprio nell’anima direttamente
dalla scatola dei gioielli) e fanno a pugni coi sogni, si sdraiano negli occhi dei passanti e li
saturano di cartellonistiche inapprendibili, gli scogli si tacciono alle ombre sgretolate di un
dire dettato dalla circostanza, le bottiglie di birra si arrampicano sulle impalcature della
vita alla ricerca degli sconti di fine stagione.
Meglio chiudere in un cassetto gli elementi destabilizzanti, meglio affidarsi inesorabili ad
un andare avanti che non comprende noi stessi, meglio non far tardi all’orario d’uscita
dell’asilo lasciandosi abbracciare dalle dolci campane di chi sospira l’amore in silenzio,
meglio rimanere appiccicati ad un sorriso bello e colorarne quello di chi ti sbircia discreto
nello stato d’animo.
Ricordarsi dell’amore sempre, anche quando il tempo tarda all’appuntamento con se
stesso, ricordarsi di annaffiare i rampicanti nel cuore ed esser sole dappertutto perchè alla
fine ciò che conta è avere acqua da bere, è avere tempo per farlo spesso.
Le soffici piume dell’amore solleticano i sorrisi nell’anima, le conchiglie si schiudono e
porgono i propri occhi al cielo che si viene a tuffare in mare, le lune sorseggiano nettari di
stelle, il vento che porta tutte le parole del mondo è un vortice che si espande dal proprio
centro in ogni direzione dell’universo.
Puoi far vedere l’amore ai ciechi, lo puoi far sentire ai sordi, puoi raccontarlo sul ciglio di
un burrone senza temere di cadere, puoi respirarlo sotto la superficie del mare, puoi
esserlo.
Mi è andato via l'audio......qualcuno mi sente?
La mia band preferita tiene un concerto direttamente nella mia anima ed in forma molto
intima, gli unisoni dei cuori hanno la musica come colonna sonora, quando le chitarre
vanno sulle montagne russe capita sempre che poi ti cantano una canzone, il mare si è
innemtato le note mentre il cielo ne scrive le parole ed è l’amore l’unica risposta a questo
nostro desiderio di essere vivi.
Le ore ingoiano i minuti ed i secondi cessano di esistere, siamo tutti personaggi di cornice
di un sogno altrui, tutti inginocchiati alle trame di un disegno che non ci riguarda, “siamo
la danzante e canticchiante merda del mondo”, un contorno sbiadito che sfigura al
mercatino dell’usato.
Mi affaccio alla foto più bella che si è spalmata nel mio cuore, attingo silente ai passi sobri
dei tuoi occhi nei miei, carezzo le tue gote con il battere delle mie ciglia, ti estrapolo dalla
fotografia e faccio l'amore con te.
Il mio tempo inizia laddove i tuoi occhi si aprono, laddove l'alba sorge al tuo sbadiglio, il
mio tempo porta il tuo nome e altrove sarebbe ignaro di se stesso, il mio tempo indossa la
tua pelle.
E, come l'onda, la mia carezza si posa leggera sul velluto della tua epidermide, le labbra son
barche che vanno a far l'amore fra gli scogli, gli scogli come radici aggrappati al mare, ed il
mare inevitabilmente nei tuoi occhi di arcobaleni di marmellata.
Dove posso arrivare con le parole del mio cuore?
Hanno fatto pagare il biglietto anche a voi per stare qui dentro?
Questa sera non ho voglia di scrivere il mio libro, me ne sto sulle righe di una chat dove
non ci sono spettatori, sono in rete ma nessuno in quel posto può leggermi, Sto
abbandonando le mie righe nel nulla.
Dopo una giornata cosi arriva giusto mezzanotte e ti accorgi che quelli come te sono in un
posto dove la vita non esiste, ti giri e ti guardi intorno, ti rolli una sigaretta e pensi, ti
accorgi di avere pensieri che pensano che tu sia un loro pensiero.
Dov'è la pace per quelli come noi?
Non ci hanno mai lasciato defecare in pace, famiglia numerosa e cessi sempre intasati,
gente che si trucca, gente che si strucca, Gente che si infila senza chiedere nella mia doccia.
Finalmente arriva una spettatrice che conosco.
Ed ora lei è prigioniera del mio libro, mi saluta ma non fa mai l'inchino, è una ragazza che
sa il fatto suo, una piccola flora che devasta il sonno della Primavera.
Le mie cuffie sono ubicate sulle ali dell'infinito, tutto ciò che ascolto è tutto ciò che sono, i
miei occhi sono fari che spengono la luce delle stelle, fanali che attrezzano l'illuminazione
notturna della Via Lattea.
Perchè non hai seguito la via del cuore?
Perche' il tuo tempo si è arreso laddove ha avuto origine?
Perchè i tuoi occhi gemono e perchè le tue mani tremano?
Dove hai lasciato la tua vita e dove la tua scia?
Abbiamo un nuovo show televisivo chiamato Amore, uno di quegli spettacoli che ti lasciano
senza parole nel cuore e senza fiato negli occhi, abbiamo uno di quegli show sostenuti dalle
fauci spietate della pubblicità, avere un nome da sponsorizzare vuol dire essere qualcuno
per molta gente.
Vorrei rendervi partecipi di tutta la magia che ho dentro adesso, ma da qui davvero non
posso tutto, vorrei prestarvi le mie cuffie, farvi scivolare come su comodi cuscini in un
rotolare infinito fatto di note di marmellata e sorrisi d'arcobaleno, vorrei farvi indossare i
miei occhi e mostrarvi la luce di ciò che proviene da dentro, vorrei essere il vostro gemito
nell'anima, ma da qui non posso davvero.
Essere qualcuno potrebbe essere una cosa fantastica, avere molte donne per dimostrare
che sei un vero uomo, essere qualcuno potrebbe darti alla testa fino a sentire battere il
cuore davvero, avere menzione e cognizione della propria magia.
Potresti dire ciò che vuoi, essere il vento fra le chiome della vita, potresti scalare te stesso
per poi scoprire cosa vuol dire guardarsi dall'alto al basso, ma sei qui, qui genuflesso su
queste stupide righe, figlie di una metrica matematica ed orfane della poesia della magia
tridimensionale.
Lì, incatenati come piccole spugne alle strofe incerte del tempo, imi al cospetto dei propri
limiti ed artefatti quel tanto che basta per mostrare al mondo l'ostentazione della vostra
presunta saccenza spirituale.
Metti una pezza di sughero sulle tue labbra ed il silenzio ti avvolgerà con il suono perfetto
delle sue ombre circolari, carezza lieve la foglia che la brezza ti sospira affianco fino a
fartela sfiorare, chiudi gli occhi e l'unico desiderio che esprimerai al tuo Dio sarà il sorriso
sul volto della persona che ti ama.
Questa è poesia strombazza il merlo sul ramo che, sinuoso, si avviluppa ad un fiore dai
petali di nuvola che, candidi, si vanno a sdraiare sui ciuffi dell'onda che gli occhi del cielo
viene a bagnare fino a far piovere diamanti sui campi di marmellate.
Non riesco a capire perchè mi riduco a scrivere sempre di notte, potrei farlo a qualsiasi ora
del giorno ma va a finire sempre che mi ritrovo su questa tastiera alle ore più disparate
della notte, qui con le mie fedeli cuffie che pompano watts nei miei timpani sordi, qui in
tenuta estiva a pendere dalle labbra della mia prossima sigaretta.
Un volta vidi un film girato nei notturni di Genova, forse non era un granchè
( Sinceramente non ricordo ), ma riesco ancora a sentire limpida la sensazione di
benessere che mi procurava la vista di certe immagini.
Ora capisco quella sensazione in modo più peculiare, ora so che quella era una visione del
futuro, la magia del mio cuore mi aveva porto quello che sarebbe stato il mio tempo oggi, la
magia che mi porto dietro insieme ad un terrazzo dove un bambino suonava il flauto
guardando un muro, la magia di una sterpaglia che fra le braccia dell’amore diveniva
roseto.
Sono passati gli anni fra i chiari di luna di Chopin e gli invitanti occhi della notte, anni
vissuti sulla cresta di un’onda incessante, tempi spalmati sui colori delicati degli occhi del
cielo, sono passati i mari sulle vertigini del cuore ed esplosi in zampilli di fuoco i vulcani
dell’anima, petali di primavera a riempire i cuscini dei miei sogni.
La magia esiste dove esiste immaginazione, se il tuo cuore ha muri o barricate non ti
porterà mai oltre la razionalità delle righe che stai leggendo, se il tuo cuore non pulsera’
leggendomi vorrà dire che il letargo è destinato a continuare e che il tuo inverno è
confinato a non finire.
L’azzurrità del cielo se ne va in giro per i campi in fiore con le mani in tasca e fischiettando
colma di note l’etere e le sue creature, un sorriso scioglie il sole come burro e lo fa scivolare
lungo gli steli dorati degli orecchini di un paio d’occhi che rotolano incessanti sulle
morbide chiome del tempo, filtra leggera la luce dall’ombra di un albero che silente riposa
sulla carezza della musica di un ruscello che sinuoso scivola su un letto fatto di parole ed
emozioni.
Non puoi andare da nessuna parte se non hai la poesia nel cuore, ovunque ti porteranno i
tuoi occhi in alternativa ci saranno solo oscurità inilluminabili, ovunque andrà a riposare la
tua necessità di ossigeno nei polmoni della tua anima trovera’ un pozzo chiuso alla luce del
sole, perciò apri gli occhi ed inizia a dare spazio alle tue emozioni perchè se ti rifugerai
negli occhi chiusi e nel ripiego di un sogno vorrà dire che avrai solo finto di vivere.
Eccomi qui assorto nella soffitta del cielo, ogni silenzio che mi circonda sembra lo specchio
delle mie emozioni, si tuffa nel vento temeraria ed audace la farfalla dalle ali di rubino, le
soffici nuvole bianche vengono a danzare intorno al fuoco insieme ai miei occhi, le note di
un arcobaleno tengono compagnia ai miei timpani.
C’è un tempo per rimanere seduti a guardare attraverso l’opaco vetro di una clessidra, lì
stantii come una foglia spettatrice di una rana nello stagno, c’è un tempo per reclamare il
proprio posto sui binari della vita, un tempo per guardarsi indietro ma sempre e solo un
tempo in cui andare avanti.
Le dolci fauci del tempo si imbellettano prima di andare a letto, si fanno belle per una
porzione di materasso sempre gelida, una energica lavata ai denti ed un po’ di rossetto ed il
gioco è fatto, pronti per il prossimo spettacolo di marionette nei teatrini dell’ipocrisia.
Come può chiudere gli occhi la notte se il suo lavoro è far da cuscino ai nostri sogni? Come
può la notte addormentarsi sui lungomari inebriati dalla luce delle lampare?
Le carezze del buio mi tengono compagnia, mi abbracciano come radici aggrappate al
suolo, mi stringono a sè come la morsa di un boa che s’avvinghia al collo della sua preda,
le carezze del buio mi sospirano la brezza dei cieli diamante degli occhi delle ali di rubino
della farfalla che impavida cavalca il vento, mi dipingono un vulcano sulle pareti del cuore.
L’unica verità è che leggendomi puoi finalmente fare parte della mia vita a prescindere dai
tuoi desideri, nel momento stesso in cui i tuoi occhi saranno sull’inchiostro che il mio
cuore sta scrivendo, in quel momento tu sarai nella mia vita.
Mi accendo l'ennesima sigaretta, oggi mi son concesso il lusso di un pacchetto delle mie
gloriose Pall Mall Manhattan, me la accendo tra una parola e l'altra sulla tastiera del mio
pc, guardo lo schermo e vedo prender forma la mia vita in una stringa altisonante su una
pagina internet, mi fermo, mi rileggo, mi osservo dallo schermo e ricomincio a scrivere.
Ripiego su Bersani, parla di termosifoni e di scuole, che poi dire ripiego è sbagliato visto
che io adoro Bersani, mi spalmo su questa area che mi ricorda geometrie sterili nella
speranza di catturare la mia stessa attenzione che sembra dileguarsi e scivolare sulla patina
oleosa dei concetti.
Fondamentalmente la gente cerca, fra le righe di ciò che legge, un concetto di fondo che sia
guidato dalla razionalità e si priva del gusto di provar a lasciar spiccare il volo alle ali della
propria fantasia, la gente ( o almeno una vasta cerchia ) si ammonticchia sulle crepe di una
staticità emotiva, vive all’ombra di se stessa.
Viva le immagini che ci porge tutti i giorni il mondo, che siano tridimensionali o no, che
siano belle o brutte, ciò che conta è guardare ogni giorno qualcosa di nuovo con i propri
occhi, avere un motivo magico che li tenga aperti.
La vita osa in ogni luogo, la vita spacca i marciapiedi con un ciuffo d’erba, la vita irrompe
nella notte con il deflagrare di un tuono, nel giorno con la brezza che il sole soffia ad un
campo in fiore, la vita si insinua tra le vertigini del cuore con la delicatezza di un petalo di
Luna che fluttua fra le Supernova nell’universo ( magari fra quelle di Champagne ).
Cigolano le altalene mentre vengono giù come steli dalle nuvole, si infrattano sugli scivoli
le urla dei bambini, i muschi fanno congressi Sulle ossa scavate degli alberi ed è Sole in
ogni centimetro della mia epidermide, Sole che si viene a sdraiare sul mio cuscino per
addolcire i miei sogni.
Puoi trovare le violette in una scatola di caramelle, i documenti del gatto sulla sedia di un
bar del lungoviale, puoi trovare i sorrisi negli show televisivi pilotati dai nastri delle finte
risate, l’amore.... ah si l’amore, sì per quello invece ti devi attrezzare e devi essere pronto a
cavalcare l’onda più alta di tutte e se soffri di vertigini, allora accontentati di sopravvivere
come postilla matematica.
Eccomi in un nuovo posto, nuova notte e nuove puntate di Sex and the city.
Quante cazzo di cose nella mia testa e neanche un attimo da dedicare a me stesso, a volte i
pensieri ti portano via il desiderio d’aver qualcuno o qualcosa a cui pensare.
“ Quello che viene dopo non è mai migliore “ canticchiava il ragno sotto la doccia, le farfalle
a svolazzare sugli arcobaleni sinuosi di un tramonto smisurato, Quello che viene dopo non
è mai migliore ed i gabbiani si insinuano nel vento con piume leggere ed ali di velluto, la
cresta dell’onda improvvisa sussulta una carezza alla barba del cielo ed è sempre
l’orizzonte il sipario di un bacio.
Quanto posso far girare le parole e quanto posso dire ciò che voglio e nella forma che
preferisco?
A certe ore della notte sembra che vadano a dormire anche le lancette degli orologi, ore che
ti sembrano non aver fine, a certe ore della notte capita che ti giri e neanche l’ombra di un
gatto a far da coperta alla tua solitudine.
I miei sogni finiscono ogni notte nel momento in cui chiudo gli occhi, i miei sogni come
marmellata di rossetto sulle labbra della vita, i miei sogni il temperino ed i miei sogni la
matita.
Spesso la vista ti preclude la verità oggettiva di ciò che stai guardando, spesso la vita ti
dona occhi da guardare ma ti priva della vista e cosi ti perdi la magia della vita stessa,
ironia della sorte che non è lecita nel mondo di chi, come me, vive in funzione della realtà.
L’esperienza ti insegna che ci sono molti compromessi da fare se vuoi vivere senza
soffocare, ma a volte non ti insegna che l’eccesso di compromessi è la peggior asfissia che ti
possa capitare, a volte capita che sul più bello ti accorgi che sei solo un granello di sabbia
che si perde fra altri miliardi di granelli di sabbia che come te sono in balìa del vento della
vita.
Vivere non è facile per nessuno ed il mio tempo finisce sempre sulle prime pagine dei
giornali, ogni sensazione è amplificata all’ennesima potenza, l’amore frantuma gli argini
dell’universo ed il dolore ti inabissa nel cuore degli oceani dell’anima.
Vorrei stupire gli occhi dell’assoluto guardandoci dentro, spettinarli come brezza fra le
palme di Corso Italia, vorrei portare in ogni cuore del mondo i colori degli arcobaleni della
via Lattea, vorrei essere il passero che da il buongiorno al cielo con il suo cinguettio.
“ Alla fine l’amore che prendi è uguale all’amore che fai “ e si chiude un ciclo che non ne
prevede un altro, l’amore che dipingi sulle pareti della strada che ti conduce ogni giorno
laddove il sole non ha mai colpi di scena da offrire ai suoi passanti, l’amore che strappa le
lacrime ai deserti per dissetare i buchi neri della coscienza.
Il lungomare si rinfranca su una panchina dissetandosi con una Granita di Mandorla, due
gatti di passaggio gli scondinzolano intorno canticchiando ( scimmiottando lo stile di un
gruppo anni ’50 ) “ Non guardarti mai indietro...Pensa avanti”.
" Ogni sconfitta equivale ad un anno di galera in più " diceva sempre Napoleone alla sua
gente e finisce sempre che ti resta un piccolo squarcio nel cielo dei tuoi occhi per guardare
oltre i tuoi sogni.
Una volta sono stato al centro di un’isola ma era cosi grande che non mi sono bastati tutti
questi anni per riuscire ad arrivare fino al mare, ogni giorno spero di svegliarmi con il
rumore della risacca che viene a decantare sulle mie palpebre che si schiudono, spero di
svegliarmi fra le carezze invisibili di un moto incessante che profuma d’eternità, spero di
svegliarmi e venire a vedere il mondo con gli occhi della conchiglia che s’arena a riva con
tutta la magia dell’infinito in fondo all’anima.
Mi resta solo il tempo di planare per l’ennesima volta sulle ali di HERE COMES THE SUN,
come a voler sottolineare ogni volta che puoi attenuare certi silenzi solo con la morbide
labbra di una canzone che ti si porge gioiosa all’olfatto del tuo udito e della tua vista.
“ Mostra la tua penna alla canzone che sto scrivendo “ perchè tutto il resto sarà solo un
mare d’inchiostro ingoiato da una spugna cieca, solo l’ennesimo spettacolo senza
spettatori.
E’ possibile che il mondo non sia in grado di sconfinare oltre il palinsesto dello stereotipo?
Le nuvole si diradano laddove il sole respira lo squarcio che spezza il grigiore del tempo, i
gabbiani lasciano esplodere il loro battito d’ali terse ed è luce il fruscio del vento che
irrompe nei pensieri sobri del cielo, è sole che si ammonticchia sulle righe affamate della
vita.
C’è chi vive in funzione di una metrica invisibile, chi si addomestica sugli stralci di un
sentito dire fin troppo prevedibile, c’è chi s’affida alla verità di una bugia sterile privando la
propria essenza della magia di un arcobaleno che incalza i cinque elementi, magia che
albeggia negli occhi di chi ha deciso di vivere la propria porzione di tempo fra le braccia
carezzevoli di un sogno tridimensionale chiamato realtà.
Collasso alla vista di un mondo che si perde nell’ovvietà di una certezza, resto immobile ad
osservare l’incessante moto di un martello che, privo d’armonia sublime, s’accascia sulle
impervie litanie di un silente esistere di sopravvivenza, m’incateno ad una poltrona
sognatrice aspettando il rumore di un palcoscenico ruggente invadermi senza l’asfissiante
ombra di una opzione di massa.
Siamo, senza ombra di dubbio, una delle tante proiezioni della realtà, viviamo di una parte
di essa, quella che i nostri occhi riescono a riconoscere come parte determinante del nostro
cammino, siamo in continua evoluzione e sempre a battagliare le proiezioni altrui, privi di
una conoscenza totale e di conseguenza arenati alle nostre priorità.
Attingere all’esterno è di certo una delle iniziative più interessanti, le alienazioni non fanno
bene alla struttura precaria del nostro vivere ma, nonostante il grande lavoro e l’eterno
sforzo di alcuni, resta pur sempre evidente il limite della mente ( non in quanto spazio o
tempo ma in funzione di una incongruenza incolambile).
Torno al racconto del mio viaggio per adesso, ma prima di ritornare al tramonto voglio
regalarvi un’alba: “ Le parole rubano spazio alle emozioni, i suoi occhi prendono spazio
nella mia anima, l’amore mi ricorda che sono vivo ( Bip ). “
Il treno è partito ( se non sbaglio eravamo rimasti alla stazione di Alessandria ) ed è esclusa
qualche ora di sonno visto il sovraffollamento delle carrozze, proverò a guardare un punto
fisso nella speranza di non essere inghiottito dallo sguardo di qualche passeggero.
A dopo, sempre che ce ne sia l’occasione, potrebbe sempre deragliare il treno ( alcuni
definirebbero il fatto Pulizia Etnica ) o, per assurdo, potrebbe accadermi la magia di
cozzare con la testa e di perdere la memoria e con sè la malsana alchimia che mi spinge a
defaticare tra queste sterili ed insulse righe.
La notte filtra leggera dal finestrino di un missile che si addomestica sui binari del tempo,
la quiete si colora del rumore della notte, nel cielo ruminano le stelle ed è il terzo binario di
Tortona.
Voghera ( 8 Agosto 2004 00:35 ).
Un uomo torreggiava sulla stazione, una specie di supervisore addetto al controllo dei
treni, uno di quegli impiegati che prende il suo compenso extra ( visto il turno di notte )
per stare su una poltrona a guardare un po’ di donnine nude sulle frequenze locali della
televisione, simbolo e prototipo di una razza che cerca la propria compensazione fra le
piaghe di una vacuità diffusa.
Una esile ragazza dai riccioli copiosi siede al mio fianco destro, mi emula dalla partenza
alessandrina, lì da quasi un’ora con la sua penna ed il suo quaderno a righe.
Alla mia sinistra, invece, un folcloristico vecchietto in bermuda si sollazza su un seggiolino
ribaltabile, lì imbalsamato con le sue braccia conserte ed un paio di occhiali dala
montatura oscena.
La cosa che mi rallegra, in tutto questo contesto, è vedere che c’è molta gente che fuma
fottendosene della legge e delle prevaricazioni psicologiche della categoria dei non
fumatori, gente che teme il cancro in funzione del fatto di allungare la propria vita di
qualche anno e di qualche sofferenza in meno, gente che si affida alla speranza di una
quantità pensando di poter compensare il vuoto esistenziale della propria vita.
Il missile ( per chi non l’avesse compreso è la metafora del treno ) continua ad incalzare lo
spazio che trova davanti a sè e tutto quello che sembra poterti condurre da qualche parte
alla fine è solo una mera allucinazione di questa mia necessità primordiale di essere una
unica cosa con tutta l’essenza che mi danza intorno.
Forse questo momento non esiste, forse sono con la testa affossata nel mio cuscino a
sognare di un tempo prezioso, lì fra le comode pareti di un posto sicuro e rassicurante,
forse e per assurdo sottolineo forse, non è mai esistito un singolo frammento di quello che
il sogno definisce Realtà, forse domani mi sveglio ed è il mio primo giorno di vita.
La mia vicina di banco si è rimessa al suo posto dopo una copiosa boccata di vita ad una
sigaretta ed un intervento all’opinabile servizio igienico.
Ha riaperto il suo quaderno a righe e qui nella penombra ha ripreso a scrivere con la sua
penna nera, righe che si accatastano sullo spazio bidimensionale di una pagina, pensieri di
una donna che vanno a stuzzicare la mia curiosità.
Cosa può mai scrivere di cosi tanto interessante una donna ?
L’espressione del suo viso assorto sul lembo di carta sembra interessante, ma non è certo
l’apparenza il punto focale di questo mio viaggio, il mio divenir in ogni dove è solo figlio di
un bisogno di comprensione, uno stimolo che mi spinge all’avventura di me stesso, una
voglia indomabile di percorrere le vie dei pensieri fino ad arricchirsi di quella magia che è
insita in me e che ha solo necessità di essere ribaltata su più fronti.
Ora mi alzo e vado a rollarmi una sigaretta.
Mi spiace essere interrotto sul più bello e so che non è cosa gradevole perciò ho il sentore
che questa ennesima interruzione vi infastidirà, ma sono cosi, scusate la mia natura
contorta, scusate il mio narcisismo incalzante, ma devo assecondare il mio istinto e vi
racconterò un episodio.
Oggi è il 10 Ottobre 2004, ho sentito mia nonna al telefono e mi ha fatto molto piacere, mi
ha chiamato per ricordarmi che sono a questo mondo e che anche quest'anno lei c'è a
ricordarmelo, quasi a voler sottolineare che per logica c'è anche lei.
Grazie per gli effetti speciali Ivan, ah scusate Ivan è quello delle molte righe vedi sopra,
quello timido che ha dormito nel mio letto, ora è qui a leggere in diretta quello che sto
scrivendo su una pagina di Msn e ogni tanto, nelle pause in cui scrivo, mi manda dei
suoni...... wow la tecnologia.
Dicevamo? Ah si, parlavo della telefonata di mia nonna.
Mia nonna è fondamentalmente una buona donna, una di quelle ultime sopravvissute ai
tempi della modernità, una di quelle simpatiche vecchiettine che sbavano su di te tutta la
saliva del loro volerti bene.
Una di quelle brave persone che ti vedono casa e chiesa e sempre con la testa china in
funzione del fatto che bisogna essere onesti se si vuol continuare a vivere a testa alta ( che
poi io mi dico: ma se devo tener la testa china come posso avanzare guardando in alto? ).
Ti vogliono immaginare bello, perchè esser belli per certe persone può voler dire molto,
saperti genuflesso al loro contesto, alla loro proiezione distorta di realtà, perchè tu esisti
solo in funzione di un riscontro, tu esisti solo se loro possono vederti senza mettere un paio
di occhiali e questo preclude lo sfoggio della tua Realtà.
E allora ti fingi cielo per non apparir come mare, assecondi le diotrie della loro distorsione,
e così per tutte le persone che ti circondano, perchè tu hai bisogno di loro e loro hanno
bisogno di te, e la menzogna è l'unico legame certo nella tutela di un rapporto.
Sì, certo, mia nonna è una delle tante persone che circonda la mia vita, ma a modo suo è
sicuramente uno dei più bei personaggi sul fumetto della mia vita, ha le sue peculiarità ed
io le assecondo volentieri per vedere il suo sorriso ma, nel mio caso specifico, la menzogna
cesserà presto, nel mio caso tutti sapranno tutto prima.
E' sottile la distanza che separa la Realtà dalla sua proiezione, ma in mezzo a dividerle ci
sta una specie di ghigliottina, una ghigliottina per gli occhi dell'anima, perchè se varchi
dalla proiezione alla Realtà rimani solo.
Rimani solo come chiuso fuori dal mondo, tu... tu che invece ci sei appena entrato divieni
l'alienato, divieni il pazzo che è eremo fra i suoi simili, il pazzo sul Tram che sputa Verità e
vien scambiato per Menzogna, diventi la vetta che viene ingoiata dall'abisso.
Ho paura, sento che quello è il mio destino e che tra poco non sarò più sulle righe, sento
che questo mio scrivere mi sarà precluso dalla Verità, sento la precarietà che affonda gli
ultimi colpi sul mio petto.
Ormai è un'ora che la Via Lattea mi fa da sottofondo, oltre agli effetti speciali di Ivan,
un'ora trascorsa a scrivere e poi fermarmi per leggere i discorsi dei miei amici sul pc per
poi ricominciare a scrivere, qui a leggere e a farmi leggere nel più o meno della vita.
Ad esempio adesso stanno cazzeggiando sul latino, qui consci ma ignari di essere stati
intrappolati fra le righe di un libro, come tante piccole istantanee dove un loro attimo viene
immortalato.
Se la ridono rubicondi in viso, e si dilettano negli spazi bianchi da colmare, perchè il tempo
va percorso ( non importa il come, ma va percorso ), è una legge fisica alla quale non puoi
scappare, anche loro sono qui a recitare il loro ruolo e quello delle loro vite.
Vivere è una finzione, vivere non esiste, vivere è sui libri, vivere è nei film alla televisione,
vivere è alle sette di mattina quando ti alzi per far la coda alla tua misera porzione di vita,
vivere lo trovi giusto quando il calendario ti fa l'occhiolino quella volta all'anno.
Sto imprigionando i miei lettori sulla mia pagina Msn, è tutta gente che si conosce
dall'esperienza di altre vite e che ora si reincontra e riscopre qui, gente con la propria
presunta vita e tutti i casini in testa di questo mondo, gente che rivedo sempre volentieri.
E' arrivata persino la mia cara amica Giulia, ed ora è imprigionata fra le righe del mio libro,
volente o nolente la sua vita ora è sulle mie righe, una ragazza così strana, una che mi ha
sempre visto come la minaccia di una macchina da sesso senza aver tenuto mai in
considerazione l'esistenza della mia anima.
Ecco, la distorsione della sua realtà mi ha dipinto diverso da come sono, ma lei non può
vederlo perchè non ha orecchie per ascoltarmi, lei mi ha catalogato ed archiviato per come
la sua irrealtà ha voluto.
Sembra di essere nella casa del grande fratello, tutti dentro a forza, magari qualcuno di noi
arriverà all'ultima puntata e vincerà il premio della propria notorietà.
Fondamentalmente sono tutte brave persone, ma son certo che se proponessi loro un gioco
avrei solo un riscontro negativo, fondamentalmente fanno parte del gioco anche loro, ma
del gioco dello stereotipo.
Esistono in funzione della loro finzione, perchè nel caso in cui fossero stati veri sarebbero
stati soli, esistono e fanno parte del gioco in relazione al fatto che non esistono nella realtà
oggettiva, sono funzione di se stessi, hanno coscienza del proprio essere nella loro
precarietà.
Ho reso famoso il Bar Motta fra le mie righe e giuro che non ho ricevuto compensi per la
pubblicità, ma mi da un gran piacere nell'anima sapere di aver reso vera nella testa di una
persona una immagine della mia realtà, comunque ora per chiudere questa parte di libro
riepilogherò loro questo ultimo passaggio e forse non si accorgeranno neanche di averlo
vissuto o già letto se preferite.
" Tu ed io abbiamo ricordi più lunghi della strada che si perde di fronte. " è la traduzione
simultanea della canzone che sto ascoltando, una delle ultime dei quattro rospetti di
Liverpool, e penso che a volte certe cose possano essere capite solo dalle persone che le
hanno vissute o le stanno vivendo, penso che a volte in un concetto c'è quasi un messaggio
elitario, mirato ad una categoria precisa, sparato addosso al primo bersaglio utile.
L'amore è il concetto chiave della vita, puoi razionare tutto, privarti dell'aria che respiri e
dell'acqua che ti disseta, ma non puoi di certo sopravvivere in questo mondo se non hai
l'amore.
Succede che le parole iniziano a gemere sugli incastri dei silenzi, che il tuo mondo viene
mostrato per la prima volta ai tuoi occhi, mostrato in un contesto dove niente e nessuno
può inquinare quell'istante di eternità, succede che milioni di colori ti scendono in fondo
all'anima e per un attimo pensi a cosa è servito vivere, l'attimo che è stato la funzione del
tuo esistere.
E quando quell'attimo svanisce?
In funzione di cosa bisognerebbe esistere?
Forse è solo la non consapevolezza di quell'attimo per certo, forse è la sperzanza che il vero
attimo debba ancora arrivare, aggrapparsi al tempo e strisciarci sopra con le tasche colme
di ottimismo.
Metto sempre in discussione le mie emozioni, le circuisco negli schemi e le viviseziono in
ogni sfumatura, nulla mi passa inosservato dentro, ogni cosa è analizzata dal microscopio
della mia mente e perciò posso dire per certo, cadendo pur in contraddizione ( la cosa mi
garba molto ), che non si puo' opinare sempre tutto.... a volte è vero quello che dice il
cuore e la mente non c'entra.
Lo so, uno si compra un libro per leggere una bella storia o magari per distrarsi un po'
dallo stress della vita e gli capita di leggere la mia qui, di uno che non conosce e di cui
sinceramente non gliene frega niente, mi legge e forse detesta avermi comprato, ma se in
questo istante presti un po' di attenzione, mio caro lettore inviperito, allora se mi stai
leggendo sappi che io non lo volevo neanche scrivere questo libro, mi hanno puntato una
pistola sulla tempia e mi hanno detto: " O scrivi il libro o muori. ".
Ascolti The Long and Winding Road e poi muori, ti appisoli sulle ali del tempo e ti lasci
trasportare laddove le rondini non hanno stagione, laddove le palme danzano perpetue nel
vento, Ti appisoli sulle ali del tempo e non viene più sera, non viene più il tempo di avere
sonno, ascolti The Long and Winding Road e poi muori.
Se l'amore fosse benpensante andrebbe in giro nudo, salterebbe di fiore in fiore come
un'ape inghiottita da un grillo, se l'amore avesse la patente andrebbe in giro sempre
sbronzo, se l'amore fosse un'unità di misura riuscirebbero ad infilarci anche i pallottolieri
nelle mutande............... e se l'amore esistesse davvero?
Cosa succederebbe?
Tante volte mi hanno detto: Sei un bel ragazzo....ma che bella persona che sei !!!!, a volte
mi hanno anche proposto cose oscene, ma da qui a dire: Hey figliolo che ne dici di andare
oltre l'orizzonte?.
Tu chi porteresti oltre l'orizzonte con te?
Pensi di aver vissuto abbastanza per portare in quel posto qualcuno con te?
Parliamo tanto d'amore e poi viviamo per le cose, viviamo di nulla e ci diamo l'attenuante
dell'amore, il genere umano non è nato per amare, è nato per vivere l'egoismo della propria
tridimensionalità fisica, amare non è per sempre da queste parti.
Mi hanno mandato sul pianeta sbagliato.
Da queste parti, alle volte, dimenticano la spazzatura davanti alla porta del vicino di casa,
mangiano pietanze super caloriche e lasciano ai cani gli avanzi e gli avanzi dei cani li
porgono al prossimo, una imbellettata ed una mano di bianco e anche un rifiuto può
apparire come la cosa più bella del mondo.
Stasera ho parlato coi miei amici di un argomento a me caro, la differenza che intercorre
fra chi fa uso di parole e chi per un motivo naturale ne fa a meno, la differenza che
intercorre fra le persone e gli animali ad esempio, una differenza così inapprendibile ma
allo stesso tempo così sottile e legata al semplice concetto dell’uso della parola.
In un mondo perfetto la parola sarebbe superflua, adoro il mondo animale per questo, per i
suoi meccanismi fatti di sguardi, di istinti cosi naturali, ma riconosco a me stesso di essere
fottutamente umano e di trovare in me stesso un limite invalicabile, la necessità
spasmodica di mischiare la mia essenza a quella dei miei simili, la mia impotenza nel non
poter prescindere la mia necessità dai miei desideri.
Il mondo si riempie la bocca delle parole del vento, navigatore incallito per costume, il
mondo si plasma di poesia sulle labbra del cuore, ti manipola ed imprigiona nel suo misero
schema chiamato Sopravvivenza, il mondo ti fa girare mentre rimane immobile a guardare
quella tua espressione incupita.
La cosa triste è dover sopravvivere a se stessi, aver la necessità di teatrare il tempo in
funzione di tutelare la mancanza di un contesto, fedeli ai vestiti alla moda di un’apparenza
fatta di sfumature invisibili, la cosa triste è dover arrampicarsi agli specchi e non potersi
guardare, non poter vedere se stessi in una posizione decisamente precaria.
Torniamo per l’ennesima volta al racconto della mia vacanza estiva, alla settimana vissuta
in posti cosi lontani dalla mia realtà di tutti i giorni, uno scorcio di tempo che ha segnato il
mio presente in maniera ineluttabile.
Piacenza ( 8 Agosto 2004 01:07 )
Perchè secondo voi certa gente si fa tatuare una ragnatela sul gomito sinistro?
Per fortuna essere adolescenti è un dramma che non dura molto, giusto il tempo di
scoprire che tutto quello in cui confidi e riponi fiducia non esiste, e non esiste a tal punto
che ti capita di arrivare a pensare all’altra estremità del mondo.
Tutto ti incalza, le direzioni che non collimano con lo stereotipo del mondo che ti circonda
ti rimpiccioliscono in un misero angolino di alienazione e allora ti succede di invecchiare
precocemente e di vedere la gente tingersi i capelli di un rosso indecente, ti accade che
pensi che la vita sia assecondare gli schemi ed i meccanismi di una società che rasenta
sterilità incolmabili, e che magari svegliandoti ti ritrovi avvolto da una infantile genuinità
come al tuo punto di partenza con la consapevolezza di un istante che preclude un orizonte
lontano, perchè in quel momento realizzi che il tempo si è assottigliato e che nulla puo’
colmare quel vuoto che ti ha accompaganto per tutta la vita.
Mi hanno dato del mutante, mi hanno attribuito personalità multiple, han cercato di
crocifiggermi risparmiando persino sui chiodi e qualcuno si è addirittura preso il lusso di
definirmi ipocrita ( come se l’ipocrisia fosse solo peculiarità di alcuni prescelti ).
Non mi sto di certo accomodando sulle righe per sentenziare l’universo escludendomi dalla
massa come se fossi sollevato dal palmo di una mano divina, ma non voglio neanche
privarmi del gusto della mia Verità nel cuore e agglomerarmi ad una poltiglia della quale
non mi sento parte integrante, adoro saltellare e preferisco farlo ostentando i miei mille
difetti ( Lo so, vi sto adulando ) perchè in definitiva è la falla la vera incarnazione della
perfezione.
Un contentino per il mio amico Ivan: affacciandomi nei pressi della stazione di Fidenza
( con il treno in piena corsa ) non ho potuto far a meno di notare una bellissima chiesa
illuminata a giorno e nella speranza che un giorno saprò riconoscere stili ed epoche, lascio
questo mero appunto per ricordare a me stesso che chi non dimentica di ricordare, prima o
dopo, ritorna sui passi dei propri ricordi per dimenticare un presente troppo sgradevole.
Bologna ( 8 Agosto 2004 02:28 )
Il piccolo storpio si aggrega alla comitiva dei fumatori, la sua andatura è insicura ed i suoi
occhi madidi come quelli di un gattino da svezzare.
Bisbiglia parole o forse è il rumore del treno a dipingere sulle sue labbra una timidezza
apparente, farfuglia qualcosa sull’indisciplinatezza degli automobilisti di Torino, ma lo fa
sempre con questo sorriso ininterpretabile sul volto.
Torna in Puglia dopo tanti anni, più precisamente in un posto indefinito nei pressi di
Taranto ( provincia dove abita la mia nonna materna ), e a detta sua questa volta ci torna
per rimanerci definitivamente.
Agogna la pelle carezzevole del mare, anche se sa che questo non potrà accadere, è in
dialisi ed aspetta dei reni nuovi, ha fatto domanda in carta semplice perchè pensionato.
Civitanova ( 8 Agosto 2004 05:10 )
A proposito di storpi, ho attinto alle bacheche delle ferrovie dello stato ( Ops Trenitalia ) e
ho scoperto che a dieci minuti da questo posto c’è Recanati, non so come mai questo nome
mi sia famigliare, so che dovrebbe ricordarmi qualcosa ma non riesco proprio ad
immaginare cosa.
Provi a distenderti sulle lenzuola delle tue riflessioni cerebrali ed emotive ma, per sorte
avversa, ti ritrovi in un crocchio di extracomunitari albanesi, intercalano pesantemente ma
quel che più mi colpisce di certa gente è l’abbinamento degli indumenti usati ed è allora
che ti rendi conto che a volte le apparenze contano, realizzi che la tua spiritualità ha
un’anima, ma che un’anima vestita da clown non può essere presa troppo sul serio.
Da queste parti albeggia, qualche simpatico volatile canticchia la melodia di “Mother
Nature’s Son” e, lasciando scivolare i miei occhi fuori dalla stazione, duecento metri a ore
dodici, si affaccia un lembo di mare lungo tutto il mio sguardo insonnolito.
Entro al Bar ternana ( sito in Via Duca degli Abruzzi ) a prendere un caffè.
Ottimo il sapore che ha messo radici nella mia bocca, una carezza al palato che mi percorre
in tutta l’interezza sussurrandomi parole gentili.
Ovunque si vada si sente parlare di calcio ( La peste del nostro secolo ), neanche il tempo di
far sbadigliare il sole e già incalza questa frenesia di futilità, la radio passa un pezzo della
Morisette tra uno spot e l’altro, dicono che la pubblicità sia l’anima del commercio ma
troppo ostentata sulle frequenze di una emittente radiofonica diviene inesorabilmente la
tomba di quella che dovrebbe essere la fonte sorgiva dell’arte per i timpani ( Per dovere e
diritto di cronaca la Emittente in questione è RDS ).
E’ passata qualche ora e ho girovagato per le vie di un mercatino appena impostato, ad una
bancarella c’era una svendita totale e ho fatto l’affare della mia vita, ho comprato l’anima
del Diavolo con una manciata di Euro, ed ora la vivisezionerò per comprenderne le
irriverenti trame.
Certi posti sono cosi noiosi da farti venire la voglia di impiccarti davanti alla chiesa sulla
piazza principale, vie dissestate che vogliono attribuirsi una presunta bellezza storica a
tutti i costi, così come certi ruderi adornati da piccioni paffuti, longevità dimenticate
persino da Dio ed abbandonate al moto incessante del tempo, sovvenzionate dalla bontà
ingenua del fedele di turno.
Ciò che arricchisce di fascino i centri storici è la immancabile presenza di automobili
contrassegnate a norma di legge, perchè sei hai una buona cultura aristocratica allora ti
forniscono un telecomando universale per aprire ogni porta ( altro che San Pietro, è la
tecnologia che incalza la vera religione di oggi ).
Tolentino ( 8 Agosto 2004 12:27 ).
Dal terrazzo di una finestra ammonticchio pensieri quadrimensionali ed è il tempo l’unico
feroce simulatore di vita, tempo che ci lascia chini sulle ginocchia in compagnia di un
barattolo di ceci stagionati.
L’architettura di un meccanismo spirituale non ha geometrie nè matematiche, tutto si
riassume nell’ipotetica comprensione di chi si ostina a pensare che ogni singolo
atteggiamento debba essere supportato dalla misera alchimia della parola.
Ho messo l’anima ad asciugare su di un’amaca, lì senza scarpe ai piedi nè redini ai bordi
della bocca, l’ho guardata prendere copiose porzioni di sole in uno sfondo fatto di colline
ed un contorno di bandiere bianche sventolanti, stracci di stoffa in balia di un vento il cui
nome è Ipocrisia.
Gli spazi ampi mi rigenerano e in questo preciso caso mi refrigerano, i polmoni si rendono
carezzevoli alla vista di una ironia fatta a disegno sulle pagine di un catalogo, gli occhi si
distendono stanchi ed è una mezz’ora di sonno a far breccia nella mia umana stanchezza.
Le parole son la forma più superficiale di comunicazione, tanti piccoli segni e simboli atti
ad imbalsamare le emozioni, vani tentativi di sottolineature di preziosi istanti ubicati nel
cuore.
Non è lucida la mia movenza nello spazio ed improvviso mi ritrovo a Civitanova senza
ricordare neanche il posto dal quale provengo.
Civitanova ( 8 Agosto 2004 18:26 ).
Da questo istante in poi il viaggio diventa un indecifrabile percorso che si divide fra sogno
e realtà, salito su quel treno per Napoli mi addormento e mi sveglio in posti strani, mi
riaddormento e vedo altri posti, mi risveglio e sono da tutt’altra parte.
Proverò a raccontare tutto come lo ricordo, supportandomi dei pochi appunti che fanno
parte dei pochi istanti di lucidità che vanno dal tardo pomeriggio dell’ 8 Agosto all’alba del
11 Agosto.
Salito sul treno, mi ritrovo davanti ad una ipertesa creatura di dio, una rubiconda figura
che naufraga sui tasti del proprio telefonino nero nello smanioso tentativo di ingannare il
tempo, a volte viaggiare soli è come non andare in nessun posto, un po’ come la vita.
Mi guardo un po’ intorno, osservo, viviseziono e a tratti tento l’inarrivabile emozione di
calarmi nei panni delle vite altrui, provo ad attingere ad ogni sfumatura degli sguardi
silenti, cerco una sana boccata d’aria negli occhi del mondo che mi circonda, mi estraneo
così tanto da sentire scivolare in me ogni genere di sensazione, sensazioni che mi fanno
sentire parte di tutto e allo stesso tempo parte del nulla.
Il sonno continua a tentarmi, mi giro e rigiro su questo scomodo sedile torturando le mie
ossa già satolle di stanchezza, la mia dirimpettaia tesse i propri sguardi lungo la
trasparenza del finestrino, i suoi occhi son trame che si intrecciano con i colori del
paesaggio che muta di tempo in tempo ed è il mare in un balzo il nuovo disegno
dell’imbrunire, lo scroscio della pioggia che sorprende la gente in questa afosa giornata di
Agosto.
L’alfiere scalza la regina e fa di una coppia di pedoni la propria cena, ritaglia per sè le
carezze del vento e le porta a pascolare nel cielo fra le nuvole che tediate tergiversano.
Ricordo di esser stato bambino pur io e di aver desiderato con tutto il cuore di correre via
con le gambe dentro ad un sacco, ma dove abitavo non c’erano piazze e cosi mi accontentai
di una penna usata ed un foglio di carta riciclato.
La notte ruba posto alla luce del giorno ed il missile esausto cerca un po’ di pace sui binari,
deambula di stazione in stazione, stazioni gremite di folle imbalsamate attendiste di uno
spiovere che sembra non voler giungere, io mi affaccio con il mio quaderno e continuo a
percorrere pigramente le mie righe a quadretti.
Ho fatto un sogno, ero su una piazza all’uscita di una stazione, alcune figure si erano
inventate le bottiglie di plastica per scivolare nella ludica ed ironica interpretazione dello
sport degli stupidi, uno spettacolo davvero toccante, comprendere fra le atmosfere oniriche
che ogni cosa può essere magia se la compagnia è quella giusta e che i tuoi occhi possono
fare viaggi lontani anche nella consuetudine di istanti simili fra loro.
Ho preso qualcosa dalla mia sacca e la ho ingurgitata senza troppe pretese, il mio palato
asseconda l’entusiasmo dei miei occhi sempre protesi alla ricerca di un nuovo input, le fate
ignoranti si bendano con lenzuola su comodi letti profumati, fan poltiglia dei cuscini e si
accaniscono contro una disumana zanzara di plastilina, farneticano in un dormiveglia
precario sottolineando l’ansia di un sogno leggero che trema.
In tutti i paesi del sud riesci tranquillamente a distinguere le turiste dalle residenti, queste
ultime ostentano pallori teoricamente inspiegabili, nivee espressioni frutto di segregazioni
medioevali.
In questi posti le tabaccherie non vendono cartine per sigarette nè cartine geografiche, qui
si conoscono davvero tutti ma se interpellati nessuno sa mai niente, trattasi di semplice
cultura omertosa del ricamo.
Con il casco ci puoi fare l’abbeveratoio per i cani, amici a quattro zampe che senza
giunzagli scorazzano sulle strisce pedonali del centro, ad anni luce dal malsano lezzo dei
presunti padroni.
Si respira tutta l’atmosfera serena intorno, gli occhi si lasciano contaminare da piacevoli e
vibranti sensazioni, la gente viene a vivere fuori dal contesto casa, si spalma con sedie e
tavolini sui marciapiedi, i volti appaiono distesi, qualche clacson persevera turbando la
quiete ma non è mai un peso se hai un paio di tappi per le orecchie.
Mi trovo in un piccolo paese senza nome, un posto che in definitiva non è poi cosi male se
hai quattro mura dove mettere su famiglia ed allevare bipedi da aia, davvero niente male se
hai qualcuno affianco con cui condividere la tua piccola porzione di felicità, niente male se
hai il sole nel cuore perchè quando il vento ti è in ogni dove allora puoi star pur certo che il
tuo destino è volare.
Non ho idea precisa di come sia giunto qui, è l’alba dell’11 Agosto e mi sveglio a Villa San
Giovanni, i miei occhi sono ancora assonnati ed increduli, prendo le mie cose e mi
precipito fuori dal treno, davanti a me si apre la spettacolare vista dello stretto di Messina e
nei miei occhi esplode ogni genere di ricordo.
La nave sta per salpare, inizio a correre e faccio in tempo a prenderla, salgo su per le
scalette laterali fino ad arrivare sulla pedana del ponte, la brezza inizia ad agitarsi fra i miei
capelli mentre mi siedo ad osservare la sponda opposta che, attimo dopo attimo, è sempre
più vicina.
In questo posto ho incontrato mia nonna dopo tanti anni e tutto quello che ho sentito e ho
visto ha preso la forma delle parole che leggerete dopo quest'ennesimo punto e a capo.
Un turista senza macchina fotografica stona con il contesto, certi paesaggi si lasciano
trapassare dalla memoria ed i fantasmi fanno un inchino alla propria metafisicità, non
lasciando il lusso di una prigione ad una pellicola impressionabile.
Le carezze delle labbra, stupidamente definiti baci, han sempre righe dispari, ubicazioni
prescritte da destini laureati in medicina, citofoniere attendiste di polpastrelli ignari del
proprio tempo.
I divieti d’accesso si zebrano in tutta la propria interezza di metallo ed è arso il ciglio della
strada, sabbie di ortiche contaminate dai sacchetti di plastica, dettagli delle artificiose vite
degli uomini, odori irrespirabili che, senza dimensione apprendibile, si genuflettono al
cospetto delle rime spoglie.
Qui distribuiscono il pane ed il pesce gratuitamente, ma non per questo motivo i mutanti
travestiti da uomini urlano al miracolo, la vera magia della vita non indossa abiti opachi
ma si dondola fra le trasparenze di onde fatte di sale annacquato.
Tenti di comunicare il tuo io al prossimo, provi in qualche modo a coinvolgere il cielo nelle
stanze della tua immensità ma è l’incomunicabilità la vera chiave di lettura dei rapporti,
legami che si fan forza della propria precarietà, nei e tumefazioni di un lessico spirituale
satollo di impercettibili sfumature che naufragono in scie prive di un punto di origine.
Le mani stentano nell’ostentare abbracci, l’asfalto si arroventa sotto le piante dei piedi e
neppure la nudità di una emozione ridimensiona gli schiaffi del sole.
La mediocrità è l’essenza del turista che viene da Scarpino, per quello di Milano
l’organizzazione è un tassello fondamentale, a tal punto che son preventivate persino le
singole emozioni, vacanze che si perpetuano ciclicamente fino ad esaurimento scorta.
Le donne telano il proprio corpo di rosso, nascondono gli occhi dietro dispettosi occhiali da
sole, si ondeggiano sui fianchi come torrenti nei propri letti ed ancheggiano sinuose
nell’etere.
I discorsi inutili la fan da padrone, parole che si perdono sui bordi circolari della vasiere
abbronzate, carezze di vento che divengono danzatrici del ventre, sospiri sui corpi delle
palme del viale, passi che non smettono mai di essere cadenza di un tempo sottile che,
sterile, si abbandona all’incedere elegante dei granelli di sabbia nella clessidra.
Qui finisce il mio viaggio estivo, finisce l’ultimo sogno della mia vita, vita che pian piano
sfumerà via sulle righe che seguiranno.
Mi giro per guardar alle mie spalle, si intravede il gatto sul tavolo in questa fitta coltre di
fumo che aleggia come nuvola in questo metro e novanta di cucina, il tavolo è il piano di
appoggio di un puzzle di tutti i dettagli di questo mio tempo, il nuovo rolla-sigarette della
rizla, rosso con la struttura di plastica color acqua marina, il mio nokia 3410 abbandonato
da mesi che mi fa solo da sveglia,il mio tabacco, i miei filtrini, i croccantini dei gatti, un
paio di occhiali da sole e così ancora al di là di ogni immaginazione.
Sul mio tavolo puoi mangiare in una scarsa metà, l'altra copiosa si ammonticchia di tutto
quello che è la mia vita, ci trovi le mie emozioni, i miei biglietti, le ultime cose usate, le cose
di tutti i giorni del mio tempo di essere umano.
La musica non abbandona mai questi posti, ad ogni ora puoi sentire la vita strombazzare
sulle trombe dei corvi ed invadere ogni istante della magia del mio tempo, tutto intorno è
uno spaccato di colori, immagini, forme curiose e sensazioni intime, in ogni centimetro di
quello che mi circonda la vita germoglia senza limite di luce.
Dall'altra parte ogni tanto qualcuno mi legge, giusto per dare un tono alla propria noia e
trasformarla nella fittizia cultura del lettore, qui come sempre a cercare una risposta a
quella domanda irrisposta che echeggia in ogni vibrazione delle proprie pulsazioni, siamo i
soci di minoranza della nostra vita, lì arrotolati ed avvinghiati alla precaria illusione di
appartenerci in ogni dove, scusate ho appena mandato un messaggio con scritto :
"Sempre", ed insani ci esibiamo sulla fragilità di un piedistallo di vetro.
I miei due lettori di stasera si saranno già addormentati ( Ivan e Michela ), o magari sono
ad addormentare qualcuno su un'altra pagina, i miei amici usano guanti di velluto per
regalarmi il tuffo nella magia, si fanno incantare dai miei occhi per venire a giocare nella
mia testa, adoro mostrar loro le cose belle che Dio, o chi per lui, mi ha donato in fondo
all'anima.
Stavo pensando che puoi vivere ogni genere di tracollo ed arrivare a toccare il fondo di te
stesso, arrivare ai livelli più imi della coscienza umana, puoi toccarli e sentirne le mani su
tutta la tua pelle, puoi sfiorare l'ultimo granello della clessidra ma, se dall'altra parte c'è un
solo amico, allora sei salvo; se qualcuno si ferma ad ascoltarti con il cuore allora per te c'è
ancora un raggio di sole per cui vivere.
Non voglio arrivare ad aver risposte per nessuno, non voglio fare il profeta dei poveri o il
folle delle linee cittadine, non voglio regalare un sogno chiamato illusione al prossimo ma
ci tengo a dire che, se cerchi una coordinata perfetta anche al di fuori del contesto amore,
allora hai la scia di una magia da seguire.
Ho spalmato la via lattea sul tuo corpo e l'universo nei tuoi occhi, qui a riciclare vecchie
frasi che si sono immobilizzate nel tempo, qui con miliardi di parole imprigionate nella
strettoia della mente, qui con una consapevolezza maggiore ed una gestazione precaria,
diga di me stesso e di tutta l'energia incatenata dentro.
Il tempo si dilata sulle strofe silenti dei miei limiti, mi diverte stare lì a guardare la
battaglia da fuori conoscendone i minimi dettagli della fisicità dello scontro, respiro ogni
singolo fruscio del vento che porta voci lontano, laddove nessuno sa cos'è sentire, in quel
posto dove il tempo indossa pur lui un orologio, quel luogo così lontano da non poterne
comprendere l'esistenza.
Oggi ho incontrato un mio vecchio amico, non lo vedevo dai tempi della scuola, a volte le
emozioni sono inaspettate come le sorprese ed a volte sono già preventivate ed organizzate
nei minimi dettagli, a volte la vita sa stupirti con effetti speciali senza prezzo.
E' stato bello guardare nei suoi occhi, tutto è cambiato in lui ma i suoi occhi sono
meravigliosamente sempre uguali, l'ho riconosciuto dallo sguardo, se non fosse inciampato
nei miei non lo avrei mai riconosciuto.
Mi ha parlato di alcune cose, alcune davvero interessanti, mi ha raccontato della sua vita e
di come al giorno d'oggi veda il suo tempo ed il mondo che lo circonda, ci siamo seduti ed
ho iniziato ad ascoltarlo.
Cercherò di riportare in parole il suo sfogo seguendo l'ordine dei concetti da lui espressi,
ometterò le mie flebili repliche per dare una continuità al suo discorso e forse alla fine mi
concederò il lusso di dire la mia a proposito.
Sai, io penso che la gente viva in funzione di arrivare ad uno stato di serenità o felicità in
cui fermarsi un po' a respirare la propria vita, ma c'è gente che vedi già dai tempi della
scuola lì ad inseguire sempre qualcosa, a darsi un obiettivo costante per andare avanti,
gente che sa che non è l'obiettivo la vera fonte della propria felicità ma la frenetica ricerca
dell'obiettivo stesso la unica e sola felicità.
L'obiettivo è una scusa, la realtà è la mancanza di una vita vera e propria che spinge alcuni
al paradosso della vita nella ricerca stessa di una vita che non c'è.
Mi incalza nel suo monologo.
Sai, a volte arrivo a definizioni davvero grandi dentro me stesso, talmente grandi che già
impressionano me che le penso e mi immagino quanto turberebbero gli interlocutori,
penso che fondalmentalmente la gente abbia una fottuta paura di morire, del resto è
proprio bello vivere.
Diciamocelo in faccia, chi vuole morire?
E' davvero innata l'attrattiva della vita, però resta di fondo che siamo esseri umani ed
abbiamo impressi i nostri limiti nella mente e sappiamo che dobbiamo morire, una fine che
non programmi su di un letto di un ospizio alla soglia dei tuoi 80 anni, una fine che può
arrivare da qualsiasi parte in qualsiasi momento.
Ecco funziona così, questa fottuta paura di dimenticare la morte ci rende vittime dei nostri
deliri, ognuno crea una propria distrazione che lo allontani dalla morale della vita, e
dunque c'è chi lo fa attraverso manie di arrivismo, chi si isola a scrivere su un libro, chi
magari fa del volontariato o del bene in giro per il mondo nei campi profughi.
In quest'ultimo caso conosco persone del genere che mi capita di incontrare di rado,
persone dalla fisicità intensa, persone che sono sempre in giro senza mai fermarsi,
persone che però hanno gli occhi spenti dai mali del mondo, spenti da tutto il dolore che
hanno visto in giro, persone che si prostituiscono ad una causa per la mancanza di una
alternativa valida.
Se tu avessi una alternativa valida non andresti in nessun posto, fondamentalmente ci vai
perchè non hai una vita e penso che ci vadano in pochi per una vera passione viscerale, che
sia solo un ripiego per il fallimento del proprio tempo, io non voglio dire che fare del bene
sia sbagliato, dico solo che far del bene nel proprio piccolo può rendere sicuramente il
mondo migliore, ma dedicare la propria vita al bene vuol dire non avere una vita propria
da vivere, aggrapparsi al dolore degli altri per stare meglio o meno male se preferisci.
Ben venga la brava gente che fa opera di beneficenza nel mondo, ma sinceramente io non
vorrei essere al loro posto e non in quanto al sacrificio che fanno, solo in funzione della
consapevolezza della mancanza di una coordinata propria.
Mi piacerebbe essere come Madre Teresa di Calcutta, era un personaggio famoso e aveva
un potere mentre la telecamera la riprendeva, poteva dire al mondo qualsiasi cosa e
sarebbe stata vista ed ascoltata in ogni angolo della terra, mi piacerebbe essere davanti al
mondo e poter dire la mia, poter dire alla gente che l'amore esiste.
Non ci guadagnerei nulla, forse ci perderei la faccia per molti delusi, ma a me piacerebbe
organizzare anche qualcosa a livello nazionale, un'Italia tappezzata di fogliettini con
messaggi anonimi che parlino d'amore, finirei in ogni parte del mondo con il mio
messaggio per il clamore dello stesso nella sua primitiva forma di esternazione.
Ecco, se fosse così forse sarei arrivato molto vicino al potere di Madre Teresa, ma non ci
sarei arrivato con la mia faccia, ci sarei arrivato con il mio messaggio.
Guarda un po' se un telegiornale ti parla un solo minuto dell'amore, ci trovi proprio di tutto
dentro, ci trovi la guerra, la politica, le disgrazie della gente comune, le calamita' sociali, la
droga, l'alcol, la prostituzione, ci trovi i pettegolezzi, i dossier sulle diete e sulle cure da
seguire per essere belli, ci trovi il calcio, la formula uno, ci trovi ogni genere di
spettacolarizzazione del brutto e del nulla, così tanto amplificato da renderci ciechi.
Se il prossimo anno vuoi essere alla moda devi pesare tra i 60 e 70 chilogrammi ed andare
al mare con una natica al vento.
Cosa me ne frega di sapere che della gente che pago si tira gli aeroplanini quando il
governo si unisce per le questioni importanti?
Pensi che mi faccia piacere vedere dove vanno a finire i soldi che mi rubano?
Scusa la mia onestà, ma preferisco vivere senza sapere certe cose, sono cancerogene e tanto
succederebbero lo stesso, meglio dedicarsi alle emozioni vere, quelle che mi riguardano
davvero.
Bene o male abbiamo visto tutti un po’ di televisione nella vita e penso che se un potere
così grande fosse indottrinato in una direzione migliore, forse allora sarebbe un piacere
guardarla qualche ora al giorno ed il mondo sarebbe sicuramente un posto migliore.
Comunque, mi sono sposato, mi sono separato e qualche tempo fa ho lasciato il lavoro, ora
vivo cercando di realizzare un mio piccolo sogno nel tempo che mi è stato concesso e se
presto non giungerò ad esso mi rassegnerò e mi rimboccherò le maniche, tornerò a
lavorare per tutelare questa sorta di mia indipendenza.
Sai col licenziamento ho davvero chiuso un ciclo, era l'ultimo tassello che mi teneva
ancorato ad un passato che non esiste più da molti anni, un legame che mi tratteneva dallo
slancio del mio nuovo tempo, una cosa che doveva accadere comunque, a prescindere dai
miei sogni.
Una delle cose che mi ha lasciato l'amaro in bocca in tutta questa situazione è stato
l'atteggiamento del mio principale, sembrava quasi che il peso se lo dovesse togliere lui,
non ha mosso un dito nè detto una parola per trattenermi, si è solo dimostrato vero per la
prima volta nei miei confronti.
Gli invidio quei pochi giorni, legati al mio licenziamento, di coraggio e di onestà, ma non
gli perdono i quasi dieci anni di finzione passati dietro ad una mediocre maschera di
ipocrisia.
Quattri anni fa mi sono sposato, è durata davvero come una stagione abbondante, nel giro
di sei mesi son finiti nel cesso quasi 11 anni di vita trascorsa insieme alla mia ex, mi ha dato
il ben servito e me la sono ritrovata per quattro mesi per casa, faceva i cazzi che voleva
senza rispetto, non poteva andare altrove ed io, spinto dai miei sentimenti, non le ho
saputo dir di no.
Sai a quel tempo ho preso un pc, lei odiava la teconologia, avevo bisogno di parlare con
qualcuno e l'ho fatto con degli estranei, mi ero precluso la mia realtà avendo investito tutto
su di lei e sulle nostre presunte progettualità.
Ho tagliato via gli amici, amici che dopo qualche mese hanno saputo e son venuti a
cercarmi dimostrandomi un amore che forse non meritavo, ne ho conosciuti dei nuovi
attraverso un mondo di cui ignoravo la presenza, ed ho capito una cosa fondamentale: se
non fossero successe certe cose nella mia vita, oggi non avrei la fortuna ed il piacere di
conoscere e frequentare tutta questa bella gente.
La mia ex ha preso la mia vita e se l'è giocata ai dadi, sapeva che sarebbe finita ma ha
voluto rischiare lo stesso, ma non lo ha fatto solo sua pelle: mi ha usato come cavia per le
sue sperimentazioni emotive, poteva evitarsi il matrimonio, mi ha marchiato di una
sconfitta che avrei volentieri evitato, quello che contava era la lealtà, poteva lasciarmi
prima di sposarmi, lo avrei apprezzato di più, mi avrebbe sicuramente lasciato un ricordo
migliore di lei.
Prima di andarsene mi ha detto: resteremo amici perchè noi eravamo anche amici.
Negli utlimi quattro anni l'ho vista una decina di volte, la metà delle volte per burocrazia,
l'altra metà per caso o necessità tecniche.
Ha preso le sue belle parole e ci ha riempito la sua bocca, voleva andar via uscendo a testa
alta ma, visto e considerato che se n'è fottuta altamente di quello che aveva detto, il tempo
ha solo sottolineato come può essere brutta una persona nel posto sbagliato.
Io rispetto l'amore prima di ogni cosa, giustifico il fatto che due persone che si sposano e
dopo un po' di anni si scoprono nel posto sbagliato possano anche lasciarsi, ma non penso
che sia leale sposare una persona con la consapevolezza che la lascerai da un momento
all'altro; lei ha fatto questo perchè comunque fosse andata aveva le spalle coperte in un
senso o nell'altro ed i fatti lo dimostrano, ora sta bene dov'è ed io sto ancora meglio.
Sai quando due persone si lasciano, secondo me, c'è sempre una delle due persone che va a
stare meglio ed una che va stare peggio, in questo specifico caso lei è andata a star peggio.
In questa situazione ho scoperto molte cose che non conoscevo di me stesso, questa rottura
ha dato origine ad una profonda consapevolezza delle mie esigenze più recondite, oggi so
che il concetto di coppia può funzionare, ma perchè questo accada si deve trovare una
persona che sia quella giusta e non solo una che assomigli a qualcosa che si avvicini alla
nostra proiezione negli occhi di un altro essere umano.
Oggi ci sono cose nuove nella mia vita, c'è tutto il mio mondo e tutta la verità che ho
dentro, e anche se vivo nel mio lussuoso appartamento in centro da solo, so che essere
felici non è avere una persona qualsiasi al mio fianco, ma averne una speciale fino in fondo
o piuttosto vivere soli ma vivere veri.
E' notte da queste parti, il silenzio si inchina alle note fluttuanti del motivo estrapolato da
un pianoforte, Un silenzio che tace come forma di rispetto alla carezzevole bellezza della
vita che si adagia coi suoi deliziosi rumori sugli spartiti del tempo.
Resterò a scrivere aspettando l'ora del mio treno, proverò in qualche modo a descrivere
una attesa per colmare di essenza questo incessante movimento dei granelli di sabbia nella
clessidra, tenterò in qualche modo di sorprendere il mio sonno con l'altalenante flusso di
coscienza che è il tempo vissuto.
Morfeo questa notte è a badare a tutte quelle anime gentili che si sono affidate alle sue forti
braccia fatte a forma di cuscino, ha fatto molti straordinari ultimamente e non se la sentiva
di dover badare anche ai sogni grandi dei miei occhi chiusi.
Sarà l'eclisse lunare la scompensazione del mio sonno, questa mia estenuante ricerca di
magia in ogni sfumatura del tempo, in questo primordio di mattino del 28 ottobre
dell'anno 2004 voglio parlare con chi mi leggerà domani e con chi lo farà magari fra
cent'anni.
Dalle nostre parti non si sta poi cosi male, ci sono un po' di casini per il mondo, un po'
troppa confusione in queste nostre piccole menti stanche ma posso prendermi il lusso di
dire che, in linea di massima, stiamo in un bel posto.
Alle 3 del mattino la maggior parte della gente ha concesso le chiavi della propria vita in
custodia al già citato Morfeo, ed io mi immagino i volti delle tante persone che conosco, me
li immagino stropicciati fra lenzuola e cuscino, qualcuno teso, qualcuno con un largo
sorriso, mi rendo conto di come è bello poter restare qui a quest'ora a vivere e pensare,
quando davvero tutto tace e ogni cosa ti appartiene davvero.
Penso a tutte quelle persone che vivono nel caos della vita, così stanche, avvilite e non
trovano un momento da dedicare a loro stessi, incalzati dagli occhi rossi e dagli sbadigli
titanici si tuffano fra le comode braccia di un rifugio che ti preclude il pensiero, un coma
che dura una notte intera.
Ho ricordi bellissimi legati ad alcune notti della mia vita, ricordi che si sono scavati un
posto tutto loro nei miei precordi, ricordi di una felicità senza pareti e di una
consapevolezza maggiore in questi ritagli del giorno che gli altri definiscon notti.
Il pianoforte continua ad intarsiar di luce ogni singola sfumatura dell'epidermide della mia
anima, la sigaretta fumante pende dalle mie labbra regalando alla mia vista un piacevole
effetto foschia, lo schermo davanti a me è la cornice ideale delle mie parole ed ogni singola
lettera nasce nel momento in cui il mio dito tocca il tasto, il mio dito trasporta l'energia
della vita da un corpo all'altro.
La trasporta dalle mie dita ai vostri occhi, ed ogni mia sensazione diviene vostra, vostra
nella vostra interpretazione e nel vostro modo di attingere alla vita, io sto per scrivere blu
ma ognuno di voi potrebbe collegare a questa parola l'immagine di un colore diverso.
La magia è puntiforme, è il convoglio ideale di tutta l'energia dell'universo, un punto in cui
si perde l'infinito, puoi portare amore in ogni posto se la magia è fiorita sugli alberi del tuo
cuore, puoi essere arcobaleno nelle scure notti della luna.
Certo che far poesia è sempre più complicato, scrivono davvero tutti oramai e, a furia di far
girare le parole, non ti resta poi così molto da dire di nuovo; allora ti devi inventare una
magia più grande delle parole, ti fermi un attimo, fai partire la traccia mp3 sul tuo pc e di
colpo un pianoforte irrompe fra il tuo cluadicante andirivieni sulla tastiera, irrompe e ti
ruba le parole di bocca.
Ecco, nella vita ci sono dei momenti in cui son le immagini ed i suoni a sostituirsi alle
parole, attimi che ti porgono la possibilità di vedere una emozione da una coordinata
esterna, momenti in cui realizzi tutta l'intensità della luce che geme nella tua essenza.
Nelle ultime 30 ore ho girato qua e là per l'Italia, ho visto posti davvero incantevoli
nonostante il moto arruggito della pioggia, ho camminato le pozzanghere delle strade e ne
ho fotograta una a forma di cuore nella metà spaccata della notte.
Una spolverata di silenzio alle parole e la notte scivola sulle chiazze d'olio della vita, il mio
passo è sospinto dalla danza delle nuvole nel cielo, cammino e mi sento parte dell'universo
che è limitrofo alla mia fisicità, cammino oltre la gravità dei miei pensieri e mi sento
emozione pura.
Non c'è nulla di più pericoloso che perdersi negli occhi della notte, rimanerci troppo dentro
con lo sguardo del cuore, nulla di più audace di lasciarsi spettinare l'epidermide dal soffio
stellato degli occhi della notte.
Mi sono fermato sotto ad un albero ad ascoltare il rumore della pioggia, ne ho sentito tutto
il suo profumo nel rimbalzo delle gocce sull'asfalto, la ho ascoltata fendere l'aria con tutta
la sua irriverenza, ne ho carpito tutto il sapore attraverso la consapevolezza dei miei occhi
ed ho pianto in un sorriso di felicità.
Quando percorri il lungoviale a certe ore della notte, ti fanno compagnia i lampioni della
strada che, come tanti piccoli sassi luminosi, sembrano volerti condurre fra le trame
dell'oscurità, gli ultimi automobilisti sopravvissutti al giorno sfrecciano sulle strade ed
irrompono, nella loro fuga dal tempo, con un rumore assordante.
Giulietta si è ritagliata, nel buio, la sagoma sul balcone dell'arcobaleno, ha fermato il vento
con il movimento dei suoi riccioli che, come rampicanti, han condotto i miei occhi fino al
precipizio dei suoi, Giulietta ha sospirato le note della sua anima sugli spartiti dei miei
timpani ed ho respirato il fremito delle mie vertigini, ho varcato gli orizzonti dell'infinito,
ho carezzato i margini di una emozione grande come tutti i soli dell'universo.
Niente di più bello ti può capitare se non vivere, vivere sulle ali di un'alba che ogni giorno ti
esplode dentro con l'irruenza di un vulcano che fa zampillare fino al cielo ogni goccia di
vita che ti geme dentro, niente di più profumato dei petali che fanno da cornice alle
fontane rigogliose dei tuoi occhi.
Senti i tuoi passi camminarti dentro e venire a galla sulla superficie della tua pelle, senti
ogni singola vibrazione dell'aria che si sposta per far strada al movimento del piede, i tuoi
passi si ammonticchiano sulle increspature sobrie del tempo e divengono melodia
fluttuante che concima i giardini della vita.
Ti rendi conto che guardare negli occhi di una notte così bella può darti una pazzìa senza
ritorno, affondare negli abissi di un silenzio cosi immenso può lasciarti sordo e appeso alla
carezza di un paio di labbra che si agitano nello spazio.
Me ne sto seduto sulla mia poltrona di foglie sulle sponde minute di un ruscello, ascolto
l'abbraccio dell'acqua su tutta la interezza dei miei timpani e mi sciolgo in ogni nota
divenendo parte integrante di quello scorrere, divento acqua che scivola via nei sorrisi del
tempo.
Il primo sole di questo giorno si mette in posa pigramente ad est sulle ali dell'orizzonte,
prende tempo ma, privo di stampelle, sostiene tutto il proprio peso per lanciarsi verso la
cima del cielo, il sole non soffre di vertigini, il sole si impomata la pelle per venire a
guardare nei tuoi occhi ustionanti.
Silente mi addomestico sulla sagoma della tua anima e come un raggio di sole audace
avvolgo la tua fisicità sfiorando ogni millimetro del respiro della tua pelle, il tramonto è il
destino di ogni cosa, la fisica non è opinabile ma se hai la magia per scavare un nido per il
tuo cuore allora puoi sperare di essere vivo.
Vedi nel momento del bisogno quali sono gli amici diceva mio nonno, io
fondamentalmente penso che ognuno in fondo abbia i cazzi suoi, penso che è bello sapere
che anche chi ti sta di fronte ha, come te, qualcosa da recriminare alla vita, qualcuno con
un altro fottuttissimo nome sconosciuto come te, qualcuno che oggi c'è perchè ci sei tu.
Siamo tutti potenziale circostanza, un passo a dispetto dell'altro ti può aprire una porta
diversa e cambiare il tuo cammino, il tuo destino sta nella trama che ti disegni intorno,
ovunque esso sia sarà frequentato da tante emotività di circostanza, non esiste una meta
precisa, esiste solo la circostanza.
La direzionalità è una dolce invenzione del cuore che si aliena nelle fessure più coriacee
della mente, è un flusso che personifica la propria precarietà sugli occhi assonnati della
verità, le illusioni son divenute i nuovi valori di questo tedioevo, le offerte speciali, gli
affaroni della vita che non ti lasciano neanche il tempo di viverla, gli anni regalati ad una
mediocrità irrinunciabile.
A cosa abbiamo rinunciato e per cosa poi?
Il tempo è venuto per portarsi via tutto, non è amico degli sconti e non lavora per la mafia,
il tempo ha un battito di cuore sordo, viaggia sulle ali della propria unicità lanciando
coriandoli pubblicitari sulla folla: " io sono il tempo e son venuto a consumarti. "
Le tue labbra sono il cuscino del mio cuore mi ha detto una volta una ragazza, in principio
pensavo avesse intenzioni malsane ma poi mi fece capire che la poesia è solo il limite che
divide la magia dalla realtà; io ho sempre incontrato grandi difficoltà a riconoscere le
metriche ed i meccanismi della vita, ma per quanto mi riguarda la poesia è la forma più
estrema della parola secondo l'anima.
Vorrei fare l'amore con la Morte, sentire le sue mani bagnare il mio corpo di luce, sentirle
scivolare dentro la mia anima come il sospiro del vento che si insinua nelle fessure del
tempo; vorrei fare l'amore con la morte e sentire tutto il suo profumo Invadere ogni mio
senso di vertigine, immortalare un mio istante nei suoi occhi senza fondo.
Le manovelle del tempo avanzano stanche, i passi si sbriciolano nei granelli di sabbia della
clessidra, le nuvole ingoiano l'azzurrità del cielo decolorando la pigmentazione del mare in
un riflesso plumbeo; gli avvoltoi si addomesticano su piedistalli di catrame e si mettono in
coda per la propria porzione di vita, vita che s'affida alla precarietà di una vertigine
equilibrista ubicata nelle tasche bucate dell'universo.
Le carezze dell'oscurità scendono i gradini impari della vita, le morbide gote della morte
sorridono perpetue nel tempo, gli arcobaleni si polverizzano e vengono reclamati a voce
alta dai buchi neri di tutto lo spazio che si perde a vista d'occhio, la melodia raggiunge la
sua sublime perfezione nel silenzio.
A volte a cosi tanta vita non è neanche concesso un posto in cui morire in pace, a tanta vita
non si protende un autografo nè si fanno i tatuaggi nel cuore, a volte di fronte a cosi tanta
vita anche le Lancette degli orologi del tempo si arrestano a guardare.
Arrivi a 50 anni che hai visto tutti gli alti e i bassi della vita, Le parole naufragano in una
pagina bianca e non ti stupisci più di nulla, tutto è certo fra le pareti sature della tua litania,
metti le pantofole ai pensieri e ti accomodi sulla tua bella fetta di poltrona, ti copri le spalle
per non prender freddo nell'anima Ed il telecomando delle tue emozioni sintonizza il tuo
cuore sulle frequenze del nulla.
Non servono occhiali per leggere negli occhi della vita, non serve far carte false per avere
un posto in prima fila alla prima di uno spettacolo chiamato repertorio, le curve sinuose
del cielo vanno a far defaticare le proprie grazie sul velluto rosso di un sonetto che
s'atteggia a bello sulle labbra di un rossetto.
Se non vi spiace continuo ad irrumare sulle vostre righe, mi metto comodo sulla mia sedia
ed attraverso la mia fredda tastiera vi trasmetto il calore indicibile della mia anima, a
qualcuno piace sentirsi dire che è bello sentirsi dire che è difficile estrapolare i granelli di
luce dall'anima, altri invece si accontentano di chiedere se il posto dal quale arrivi è un
luogo abbastanza accessibile all'ipocondria del tempo.
Sto scrivendo la mia vita agli occhi di un pubblico che è parte di un mio istante che si perde
nelle inaccessibili sinuosità del cuore, scrivo la mia porzione d'inchiostro sulle azzurrità
precarie di un Vento che si perde nei silenzi pigri di un arcobaleno in bianco e nero.
Ovunque la mano della mia anima troverà un paio di Occhi a leggerla troverà anche
l'applauso a squarciagola strappato alle rubiconde carezze della vita; le mie impronte
d'inchiostro sulla scia del tempo danzeranno silenti fra le rime di un pentagramma, gli
zampilli altisonanti della luce mischieranno la propria epidermide con quelle dei cieli
notturni della vita.
Io vengo al prossimo per sottolineare l'irriverenza di una apparenza ingannevole che è
verità nel cuore del mondo, vengo per porgere le gote della mia anima all'attenzione di chi
ha occhi troppo grandi per potersi permettere il lusso di chiuderli, vengo a raccontarvi la
storia di un tempo che una volta ha avuto me in grembo.
Ho vissuto sui compassi claudicanti del mio scivolar fra le righe, ho lasciato la sporcizia dei
miei passi sull'inchiostro di una vita che non aveva intenzione di incrociare il mio sguardo,
una vita violentata nell'anima dal mio inceder in essa.
Ho tutta La mia vita per vivere sulle indomabili gobbe di un abbraccio, tutta la vita per
respirare ogni singola parola della bocca del silenzio, tutta la vita per correr via a gambe
levate davanti al sorriso di un dispetto chiamato felicità, Tutta la vita per scivolar come un
bacio sul petto di un burrone che da le vertigini al cuore.
Scrivendo nutri ciò che leggerai, leggi e riscrivi a modo tuo le parole di un tempo che si
ricicla fra le oscene mode della consuetudine, vivi il tempo dei tuoi desideri recisi, respiri i
colori caldi di un tramonto all'ombra di un sorriso dalle ali tarpate E ti rendi conto che
nulla ha piu' importanza di un istante vissuto fra le braccia di una Verità inopinabile.
Io non ho diritto di parola, mi è stato abbassato il volume a zero in fase di progettazione, il
mio posto è nel silenzio, hanno tolto le orecchie al mondo che mi circonda o forse le hanno
solamente sintonizzate su altre frequenze, le mie parole sono gambe in un universo di un
metro quadro, sorrisi estrapolati alle lacrime del tempo, le mie parole sono le carezze delle
gote del sole nel cuore della notte, piogge di cieli che sfrecciano sulle ali del vento, passione
e tormento, le mie parole sono le mie emozioni recise, le mie parole senza divise.
Nel Buio la luce ti illumina di più, fra le fredde spoglie del silenzio implode anche l'ultimo
raggio di sole, è il tramonto, ogni lembo di cielo va a preparare un cuscino di stelle al
divenir della luna, luna che continua a regalarci la magia del sole anche nelle interminabili
notti della vita.
Ho vomitato l'anima per vedere un giorno di sole, vomitati fiumi di parole per dare un
senso a tutto l'amore interdetto nel cuore, ho vomitato quintali di emozioni per Un solo
secondo di felicità, un istante che è valso tutto il senso della mia vita.
Un cuore senza spine non è degno di una rosa esclama l'onda al mare in un tramonto che
trova riparo sotto la cascata della vita, il tempo è un elemento che Non puoi destabilizzare,
il tempo è la strizzata d'occhio di una clessidra muta e sorda, il tempo è l'invenzione di un
uomo che sa cosa sarebbe stato Starne senza.
In certi occhi ci si perde l'anima, non fai in tempo a prendere la targa che la vita ti è già
sparita davanti.
Le mie mani, Arcobaleni sinuosi sulle curve del sole, i miei occhi meteroriti nella breccia
del cuore, i miei sorrisi deserti di sale alla ricerca di un granello di zucchero, i miei putti
sulla chioma un irriverente inchino alla calvizia della vita, le mie labbra una carneficina in
dono ad un dio che Non ha mai nulla da dire.
Non mi resta che scrivere le ultime righe di questo mio libro, un libro senza lieto fine che vi
lascerà l'amaro in bocca, un libro che non doveva esser mai stato scrittO, un libro che non
ha capito e voluto nessuno.
Mi sono permesso il lusso di sentirmi vivo negli occhi di chi mi avrà letto, di chi avrà
Toccato la mia vita per un solo istante e l'avrà resa importante, dico davvero grazie a Tutti
con l'estrema sincerità del mio cuore.
Non ho mai creduto alle parole di nessuno e questo mi è servito ad arrivare fino a qui, ho
vissuto nella consapevolezza che il silenzio sia l'unica certezza nella vita di un uomo, ho
vissuto in equilibrio su un orizzonte, ne sono stato il figlio E ne sono stato il padre, ho
vissuto sulle ali di un tempo che è durato un istante e alla fine ho capito che vivere ti salva
la vita, a meno che tu non sia già morto prima.

Genova, 9 Novembre 2004. ( 02:04 )

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