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Avvenire 11/06/2011

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DOMENICA 6 NOVEMBRE 2011

Stati Uniti
Parte la corsa elettorale per le presidenziali americane che coster oltre otto miliardi di dollari. Dopo le promesse di cambiamento, il capo della Casa Bianca chiamato ai fatti. Ma al Congresso ostaggio del Gop, che ha bocciato il suo piano sul lavoro e i maxi-tagli. Bisogna tornare a spronare la base come nel 2008

MITT ROMNEY
Il mormone senza carisma

HERMAN CAIN
Ha ideato laliquota 9-9-9
Herman Cain, 65enne eccentrico ex magnate della pizza, luomo nuovo della politica americana, un afroamericano come Barack Obama. Fa discutere la sua formula 9-9-9: unaliquota unica per le persone fisiche, per le imprese e i redditi e per lIva. Sparirebbero, per, tutte le deduzioni e gli sconti fiscali per i meno abbienti.

RICK PERRY
Levangelico nuovo Bush
Governatore del Texas, il 61enne Rick Perry appare come un irruento mister anti-estabilishment. Ultraconservatore evangelico, considerato da qualcuno il nuovo Bush, fatica a raccogliere un consenso omogeneo da tutto il partito ma di certo un personaggio. Negli ultimi due mesi, per, molto arretrato nei sondaggi.

gli sfidanti

Ex governatore del Massachusets, il 64enne Mitt Romney il favorito per le primarie repubblicane. Uomo daffari miliardario, considerato il candidato pi moderato e il pi capace di raccogliere consensi trasversali allinterno del partito. Per i suoi detrattori, per, Romney sconta il poco carisma e la sua religione ( mormone) potrebbe non aiutarlo.

AL MINIMO STORICO Il tasso di approvazione del presidente Barack Obama negli ultimi tempi ancorato al 44%, la percentuale pi bassa dalla sua elezione tre anni fa, iniziata con un 64% da record. Anche il cosiddetto effetto Benladen (52% dopo luccisione del leader di al-Qaeda) durato giusto il tempo che gli americani tornassero ad angosciarsi per leconomia: solo il 15% descrive la propria situazione come migliore rispetto a tre anni fa e ben il 70% pensa che il Paese sia sulla strada sbagliata.

A UN ANNO DAL VOTO

Allinterno del Grand Old Party finora nessuno dei candidati riuscito a convincere fino in fondo

tutto lelettorato E la sorpresa Cain rischia di pagare lultimo scandalo sessuale

La speranza non basta pi La rielezione sar dura


La crisi sgonfia Obama, il leader per resta davanti ai rivali E sulle primarie repubblicane domina lincognita dei Tea Party
DI PAOLO M. ALFIERI

osa viene dopo la speranza? Cosa c oltre quel change, quel cambiamento imposto come un mantra e ammuffito nelle secche di una crisi che ha mandato in rovina milioni di americani? A tre anni dal suo ingresso alla Casa Bianca, Barack Obama sa che questa volta non baster lo slogan a catalizzare il consenso. Perch nella corsa verso la riconferma, in questo lungo conto alla rovescia verso il voto che parte oggi e si snoder lungo 365 battaglie quotidiane, dovr dimostrare di non essere quellanatra zoppa senza maggioranza sbeffeggiata dai repubblicani, ma il leader efficace di cui lAmerica ha bisogno per tornare a crescere. Il tasso di approvazione del presidente negli ultimi tempi ancorato al 44%, la percentuale pi bassa registrata dalla sua elezione, iniziata con un 64% da record. Anche il cosiddetto effetto Benladen (52% dopo luccisione dellideatore delle stragi dell11 settembre) durato giusto il tempo che gli americani tornassero ad angosciarsi per il proprio portafogli. Solo il 15% descrive la propria situazione come migliore rispetto a tre anni fa e ben il 70% pensa che il Paese sia sulla strada sbagliata. Dati che uniti al 9% di disoccupazione e a un mercato immobiliare ancora in depressione tengono in allarme i democratici. Lo stesso Obama ha ammesso che la sua rielezione sar dura, mentre alcuni analisti, tra cui il democratico Peter Hart, si spingono oltre sostenendo che il presidente non pi il favorito nella campagna del 2012. Sa bene, Obama, di non essere riuscito in questi tre anni a scalfire limmagine negativa di Washington, di quel potere politico che ha perso la fiducia della gente. Rivendica la riforma della sanit, gli interventi per la stabilizzazione del mercato finanziario e quelli per luguaglianza salariale, lappoggio alla Primavera araba e ai giovani di Occupy Wall Street. Ma non pu ignorare che le elezioni di midterm di un anno fa che hanno ribaltato la maggioranza al Congresso, consegnandola ai repubblicani, lo hanno reso, di fatto, ostaggio del compromesso, dei veti incrociati. Lesempio pi lampante lestenuante tira e molla per lapprovazione del piano sul lavoro da 447 miliardi di dollari (bloccato dal Senato) e dei maxi-tagli al deficit da 3.600 miliardi. LAmministrazione ha proposto di ottenerli per il 50% con tagli alla spesa e per la restante met con aumenti delle tasse, tra cui la cosiddetta Buffett Rule, la nuova aliquota, almeno il 35%, sui milionari. I repubblicani hanno gi bocciato liniziativa complicando la strada verso un accordo, senza il quale il rating americano, gi declassato ad agosto da Standard & Poors, potrebbe finire sotto ulteriore pressione. Il Grand Old Party (Gop) vuole abrogare le leggi che tutelano lambiente, ridurre il ruolo dello Stato in settori strategici come la scuola, la ricerca e linnovazione e permettere ai potenti di scriversi le loro regole, la sferzata di Obama, ma chiss se questa volta riuscir a convincere gli americani. Dalla sua, il presidente, ha comunque un fattore non da poco: allinterno del campo conservatore i

pretendenti alla Casa Bianca entrano ed escono dal cuore degli elettori con una volatilit impressionante. vero che le primarie del Gop inizieranno solo il 3 gennaio con i caucus dellIowa e una settimana dopo con il voto in New Hampshire, ma la tendenza lampante: nessuno riesce a convincere fino in fondo tutti i conservatori. Stabile nei sondaggi (24%) il businessman Mitt Romney, forse il pi solido, il pi moderato. Ma anche il meno capace di attirare le passioni dellanima pi radicale dellelettorato, quella del movimento anti-Stato e anti-tasse dei Tea Party. Attorno a Romney accade di tutto: il governatore del Texas Rick Perry in due mesi ha bruciato met dei suoi consensi, mentre leccentrico magnate della pizza, lafroamericano Hermain Cain, decollato dal 5 al 23%. In pochi, per, sono oggi pronti a scommettere che la sua stella durer, anche se lo scandalo delle accuse di molestie sessuali da parte di due sue ex collaboratrici non lo ha ancora danneggiato pi di tanto. Lo staff di Obama comunque convinto che alla fine lo scontro sar con Romney. Magari da sfidare con una Hillary Clinton (che ha un consenso altissimo) al fianco come vice. Certo che non dover passare per il tritacarne delle primarie rappresenta per il presidente un vantaggio. Attualmente, peraltro, nonostante la popolarit ai minimi e la crisi economica, Obama davanti a tutti i suoi potenziali rivali: 44 a 43 su Romney e scarti di 5-6 punti su

Cain e Perry. Dovremo agire come se Obama non fosse attualmente in carica, il monito di Jim Messina, manager della campagna di rielezione del presidente. Vuol dire, soprattutto, riconquistare il centro e spronare quella base (gli under 30, le minoranze) che nel 2008 fu il segreto del successo di un giovane senatore nero venuto dallIllinois. La partita da 8 miliardi di dollari tanto si stima spenderanno in totale candidati ancora tutta da giocare. Ma lattuale comandante in capo non ha alcuna intenzione di perdere.

Il presidente bara: fondi anche dalle lobby


una questione di soldi, sempre anche una questione di soldi quando di mezzo c lelezione del politico pi potente del pianeta. Perch non vai da nessuna parte, in America pi che altrove, se non hai i fondi per pagarti eventi e passaggi tv da decine di migliaia di dollari o per retribuire superconsiglieri specializzati nelle corse elettorali. Lo sa Obama, lo sanno i repubblicani. Ma lo sanno, ancor di pi, quelle lobby che tirano le fila del business, muovendo pacchi di biglietti verdi verso chi garantisce politiche pi adatte alle loro esigenze. Sia quando era ancora un candidato che poi da presidente, Obama aveva promesso che non avrebbe raccolto fondi dai grandi gruppi di pressione. Eppure, come ha fatto notare nei giorni scorsi il New York Times, la promessa pare sia stata mantenuta solo a met. Secondo il quotidiano, infatti, almeno 15 tra i "bundlers" della sua campagna elettorale, ovvero i ricchi sostenitori che rimpinguano le casse del capo degli Stati Uniti o sollecitano altri a farlo, sono coinvolti in attivit di lobbying. Finora hanno gi

Almeno 15 sostenitori lavorerebbero per gruppi di pressione Wall Street vira a destra

raccolta circa 5 milioni di dollari da investire nella campagna di rielezione. Dove sta il trucco? Semplicemente nessuno di questi "bundlers" registrato ufficialmente come lobbista. Come Sally Susman, manager della

44% miglior% ma +2,5% 9sfidante, ancora presto Romney


lintervista
Per lanalista Andrew Smith, lex governatore dovr mantenersi fermo sulle questioni economiche
DA NEW YORK LORETTA BRICCHI LEE

lattuale tasso di popolarit di Obama

il tasso di disoccupazione Usa

la crescita del Pil nel terzo trimestre

sondaggi nazionali non hanno alcun senso, visto che non c un elettorato nazionale e molti dei candidati si perdono per strada prima che si giunga agli appuntamenti a livello statale. Andrew Smith, esperto in elezioni e professore di scienze politiche allUniversit del New Hampshire, scettico sulle previsioni che danno Mitt Romney come gi vitto-

rioso nella corsa per la nomination repubblicana anche se non nega che lex governatore del Massachusetts ha una forte possibilit di vittoria nelle primarie. Romney sembra sempre pi il prescelto... Siamo nel mezzo delle primarie invisibili, quel periodo elettorale durante il quale i media analizzano ogni candidato e, in base a criteri vari dallammontare dei fondi raccolti, e come vengono spesi, ai sondaggi dopinione attribuiscono la nomination a chi sembra pi presidenziale. Gli elettori, per, usano parametri di giudizio diversi e inoltre non si interessano molto al dibattito finch non sono chiamati a votare. Quindi la corsa tra i repubblicani non finita? Per nulla, visto che allinizio della campagna c poca distinzione tra i candidati e solo col tempo si ha unidea dellintero personaggio, dalla

piattaforma alla personalit. to chi spiega, perde. Se Romney il favorito nel senRomney non far errori e si so che non ha mai smesso di manterr fermo sulle quefare campagna dallultima estioni economiche certalezione e rientra nella tenmente pi appropriate alla denza del Grand old party campagna del 2012 che a scegliere quale candidato per quella precedente ha ottila Casa Bianca il secondo in me probabilit di conquistalizza alle presidenziali precere il New Hampshire, a gendenti. Mi spiego: Ronald Reanaio. gan perse la nomination nel Gi a inizio anno, pertanto si 1976 per vincerla sapr chi andr a poi nel 1980. Bob sfidare Obama? Dole perse contro Dopo il New Reagan, ma venHampshire, ne nominato nel Romney sarebbe 1996. Allo stesso ottimamente pomodo, Romney sizionato per la venne sconfitto nomination. Gli da McCain nel elettori vogliono Andrew Smith 2008. votare per il vinHerman Cain cente, quindi la sembra per conquistare spinta di una prima vittoria terreno... essenziale. Se poi dovesse acLa popolarit di Cain desticaparrarsi il South Carolina e nata a scendere gi a partire la Florida a fine gennaio avr dalla prossima settimana. Le in mano la candidatura. accuse di molestie sessuali lo Chi dovr temere? Il governatore del Texas, Rick faranno virare dal suo mesPerry, che ha dalla sua la casaggio e in politica vale il det-

pacit di raccogliere fondi e lesperienza politica; ma ha la tendenza ad usare campagne negative che non piacciono agli elettori. Da una possibile schermaglia tra Romney e Perry potrebbe uscirne vincitore Newt Gingrich che un politico molto serio, con esperienza, essendo stato speaker della Camera, sebbene senza il carisma che si vorrebbe in un presidente. Quanto conter il Tea Party nella nomination? Romney non piace allala pi attivista del Grand old party che, per, non ha ancora trovato il proprio candidato. Chi ha finora avuto il suo appoggio ha deluso, da Michele Bachmann, che non ha la giusta disposizione a fare campagna elettorale e non riesce a mantenere il timone sul messaggio, a Cain. Dubito che altri entreranno in gioco ora: potrebbero essere costretti ad accodarsi a Romney.

casa farmaceutica Pfizer. Per la campagna ha raccolto oltre 500mila dollari e ha contribuito a organizzare a Manhattan la cena da 35.800 dollari a persona a cui il presidente ha partecipato a giugno. Allo stesso tempo guida la lobby Pfizer e ha visitato la Casa Bianca quattro volte nel 2009, due delle quali per questioni relative allexport. Stesso discorso per David L. Cohen, responsabile lobbying della Comcast Corporation, ma anche membro dellesclusivo club dei "bundlers" da 500mila dollari di Obama. Era suo il giardino dove nel giugno scorso si sono riuniti attorno al presidente circa 120 ospiti. Ognuno di loro, per esserci, ha sborsato almeno 10mila dollari. Obama ha definito Cohen e la moglie dei grandi amici. Il problema, evidentemente, soprattutto di coerenza. Lo stesso New York Times fa notare che mentre i repubblicani non hanno mai posto alcuna restrizione ai fondi raccolti dai lobbisti, le promesse di Obama inchiodano il presidente. Che da parte sua, a dire il vero, continua a raccogliere gran parte delle sue risorse soprattutto da piccoli donatori. Nel terzo trimestre del 2011, la raccolta totale di Obama ha sfondato quota 70 milioni di dollari, mentre i repubblicani sono lontani, anche perch, in attesa dei risultati delle primarie, devono spartirsi tra loro la torta. Rick Perry nello stesso periodo ha raccolto 17 milioni, Mitt Romney 14 milioni. Proprio sui repubblicani, peraltro, pi che probabile si riversino i favori dei grandi finanziatori di Wall Street e della madre di tutte le lobby, quella U.S. Chamber of Commerce che rappresenta oltre 300mila imprese. Lo scorso anno questultima contribu alla dbcle democratica nel voto di midterm. Chi c tra i donatori? Prudential Financial, Dow chemical, Chevron Texaco, Goldman Sachs, Aegon. Aziende che si sono opposte a progetti come la riforma sanitaria, lintroduzione di regole pi stringenti per strumenti finanziari come i derivati, iniziative per lenergia pulita. Si paga, e tanto, per far pesare le politiche aziendali. lAmerica, bellezza. Paolo M. Alfieri

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November 6, 2011 10:29 am / Powered by TECNAVIA / HI

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