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Storia locale e storia orale: il dibattito metodologico alla fine degli anni 70

Dario Tomasella (novembre 1981) La storia locale nel secondo dopoguerra In qesti ultimi anni gli studi di storia locale stanno fiorendo in quali tutte le parti d'Italia. Non sono una cosa nuova, come gi scriveva Ernesto Ragionieri1, ma rispetto a quelli del secondo dopoguerra stanno seguendo un corso completamente rinnovato, tale da farli sembrare autenticamente nuovi. Anche se vengono sempre fatti da studiosi che hanno la loro residenza sul luogo di studio o che ad esso sono affettivamente legati, non sono pi promossi ed organizzati dai vecchi centri della cultura locale2, ma dai partiti politici, dalle organizzazioni sindacali o partono direttamente dalle iniziative personali degli studiosi stessi. Nel clima politicamente sensibilissimo della societ italiana di quel periodo questi studi, rifioriti principalmente per l'analisi della storia del movimento operaio, naturalmente non passarono inosservati. Anzi suscitarono un profondo dibattito, con toni anche volutamente polemici, tra gli storici del tempo. Una delle colonne portanti di questo dibattito fu senzaltro la rivista Mondo operaio, sulle pagine della quale alcuni storici, fautori di una nuova linea storiografica, affermavano che queste ricerche erano non solo utili, ma indispensabili per rimediare alle insufficenze della storiografia liberale e alle volute storture della storiografia fascista. Quello che loro si proponevano era di riordinare le fonti alla base, per poter scrivere una nuova e pi autentica storia d 'Italia3. Questa nuova linea storiografica, se da una parte rivalorizz la ricerca locale secondo una prospettiva dal basso, dall'altro prestava il fianco a pesanti accuse di municipalismo e di filologismo erudito. A queste accuse, di carattere prettamente storiografico e filologico, bisogna aggiungere inoltre quelle che le venivano lanciate su di un piano strettamente politico. Lo storico Nino Valeri infatti affermava:
Difficile fare il bilancio di una prospettiva storiografica dichiaratamente disegnata in funzione politica che in nulla differisce anzi dalla politica, perch altro non che uno dei settori del suo fronte generale di lotta4.

Inoltre, approffittando del fatto che queste ricerche erano incentrate soprattutto sui momenti di origine del movimento operaio, quelli anteriori al 1882, anno di fondazione del partito socialista5 , cos le definiva:
Questo il vero oggetto della loro ricerca: non ci che gli uomini del Risorgimento e i loro eredi hanno fatto, ma ci che non hanno fatto; ci in cui sono falliti, allo scopo di inserire in questa
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Vedi l'introduzione a E. RAGIONIERI, Storia di un comune socialista. Sesto Fiorentino, Roma, Editori Riuniti, 1976. 2 Ibidem, p. 8 3 Ibidem, p.10 4 N. VALERI, Orientamenti per la storia d'Italia nel Risorgimento, Bari, 1953, p. 74. 5 Questo era dovuto, in primis perch questo periodo era meno condizionato politicamente (meno inibizioni e meno autocensure). In secondo luogo era parallelo ad uno sviluppo di studi sul movimento cattolico indagato allo stesso livello. (C. PAVONE, Storia nazionale e storia locale a confronto (seminario degli istituti), in Italia contemporanea, 1979, n 136, p. 114).

carenza un'azione avvenire che corrisponda in modo organico e necessario alle esigenze del periodo storico presente.6

A queste accuse Ragionieri rispondeva che per formulare un valido piano di azione politica indispensabile:
() basarsi su di una analisi storica il pi possibile esatta e che il momento dell'analisi doveva venire neccessariamente prima, in ordine di tempo, del momento del programma.7

Affermava inoltre, respingendo le accuse di municipalismo, che questi studi intendevano affrontare la vita locale nella sua totalit pi completa, senza per porla in secondo piano rispetto alla grande e preordinata storia nazionale, anzi:
() quegli studi di storia locale che pongono al loro centro il movimento operaio non giustappongono meccanicamente ad una concezione essenzialmente politico-statale della storia d'Italia, ma preparano ed elaborano materiale per una storia nazionale di tipo diverso, la quale trovi il suo centro ed il suo momento di maggior importanza nella attivit degli uomini costituenti il e complesso della societ civile.8

Le critiche per non provenivano solo dall'esterno della storiografia marxista, ma anche dal suo stesso interno. Mario Spinella infatti fece giustamente notare che lo studiare le classi subalterne dal loro interno significava accettare una volta di pi l'imperialismo della cultura dominante, riconoscendo che, in fin dei conti, si stavano studiando delle culture minori, di fatto separate da essa ed abitanti in un corpo sociale diverso. Il dibattito termin tra il 1955 e il 1956 con la chiusura della rivista Mondo operaio. Prevalse infatti in quel periodo una linea storiografica egemonica, la quale, superato lo schema di classe contro classe, si interess alle masse in maniera pi generale facendole diventare lelemento centrale e dinamico della vita italiana, senza le quali nessun progresso era possibile e realizzabile9. L'allargamento degli interessi port all'abbandono quasi totale della storia locale e della storia sociale. Abbandono che favor la storia istituzionale e politica, oltre allo studio delle strutture e dello sviluppo economico. Questo dibattito, la cui fine non fu dovuta alla spoliticizzazione della ricerca storica, come afferma Claudio Pavone10, aveva per messo in crisi concetti come: centralit del sapere storico, totalit e valore civile della ricerca storica, colonne portanti del pensiero storiografico crociano e gramsciano. La storia locale negli anni 70 La ricerca storica ritorn in primo piano nella seconda met degli anni sessanta, quando iniziarono a fiorire nuovamente gli studi storici a carattere locale, non solo da parte della storiografia marxista, ma anche da parte di quella liberale11. Naturalmente,
N.VALERI, op.cit., p.74. E.RAGIONIERI, op.cit., p.10. 8 E.RAGIONIERI, op.cit., p.11. 9 DAGOSTINO, GALLERANO, MONTELEONE: Riflessioni su storia nazionale e storia locale, in Italia Contemporanea, 1978, n.133, p.4. 10 C.PAVONE, op.cit., p.115. 11 Il tratto caratteristico della storiografia marxista che, come nella prima fase di questi studi ci si interessava soprattutto del periodo anteriore al 1882, in questa seconda invece ci si interessa soprattutto
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con il rifiorire degli studi locali, rifior anche il dibattito attorno ad essi, dibattito che e tuttora in corso e che ha preso una strada diversa rispetto a quello precedente. Non si svolge pi come contrapposizione frontale tra storiografia etico-politica e storiografia marxista, ma allinterno della seconda, anche se gli apporti dallesterno non sono indifferenti; di conseguenza il suo centro focale non pi la dicotomia storia dall' alto/storia dal basso, ma come studiare la storia delle classi subalterne, quali strumenti utilizzare e che rapporto avere, sia a livello metodologico che politicoideologico, con la ricerca stessa. Sul piano del metodo c' una parziale ripresa dei temi dell'antica querelle, partendo in specialmodo da quel testo sacro che la ricerca di Ernesto Ragionieri su Sesto Fiorentino. Richiamandosi appunto a questo lavoro, Enzo Collotti ha affermato che tra lo studio dell'amministrazione di un comune e lo studio dell'apparato politicoburocratico dello stato di cui fa parte non v' alcuna contraddizione, in quanto il secondo non altro che un allargamento delle esigenze di ricerca che avevano mosso il primo12. Giuseppe Galasso poi completa idealmente questa affermazione quando osserva che non solo il Parlamento, la Corona, le amministrazioni locali sono istituzioni, ma anche i partiti, i sidacati e tutte le altre forze sociali e politiche13. Sempre sul piano del metodo storiografico, Pasquale Villani suggerisce invece uno studio della storia locale fatto seguendo di pari passo lo sviluppo del capitalismo nelle campagne e nelle citt, studiando la proletarizzazione e la costruzione di processi sociali di aggregazione e di disgregazione e i complessi rapporti tra citt e campagna. Anche secondo Silvio Lanaro il filo conduttore della ricerca su questi ultimi cento anni di storia italiana deve essere lo sviluppo capitalistico e quello che lui chiama il processo di omogeneizzazione forzata della societ contemporanea:
Per una storia sociale che non pu non essere storia della societ capitalistica, dell'affermazione del capitalismo non solo come modo di produzione, ma come universo sociale onnicomprensivo, evidentemente non c' pi posto per una storia locale () come cinema-verit, come narrativit autogratificante in sostanza. E nemmeno per una storia locale come indagine su piccole totalit lillipuziane e nemmeno per una storia delle specificit irriducibili, proprio perch la societ capitalistica tende a distruggere queste specificit e queste totalit.14

Storia sociale come storia della societ italiana a pieno titolo dunque, non come le ricerche finora condotte:
() non possiamo dimenticare quellenorme mole che ci stata rovesciata addosso negli ultimi anni di municipalismo giubilare e di erudiziene bancaria, direi. Municipalismo giubilare ed erudiziene bancaria che non a caso si sposata con una pigra eventografia ()15

del periodo che va dal 1890 al 1950 e in maniera particolare di argomenti che si possono definire storicamente verticali come la nascita del fascismo o la storia del PCI. 12 E. COLLOTTI, II lavoro dello storico, in Italia contemporanea, 1975, n. 120, p. 6, citato anche da D'AGOSTINO, GALLERANO, MONTELEONE, op. cit., p, 6. 13 D'AGOSTINO, GALLERANO, MONTELEONE, op. cit., p, 6. 14 S. LANARO, Storia nazionale e storia locale a confronto (seminario degli istituti), in "Italia contemporanea", 1979, n 136, p. 120. 15 S. LANARO, op. cit. p. 119. Fanno eccezione solamente tutta quella serie di ricerche sul Veneto (convegni sul movimento cattolico del 1973 e del 1976), le quali utilizzano questa regione, in quanto sacca periferica e appendice sottosviluppata del triangolo industriale, come osservatorio privilegiato o per lo studio della rottura dei nessi praticabili tra presente e passato e della perdita della memoria storica da parte di quelle popolazioni che hanno dovuto subire una indiretta forzata industrializzazione.

Lanaro evidenzia inoltre come con questo insieme di ricerche si stia di fatto cercando di risolvere una crisi di identit, di costruire un revival di noi stessi che dimostri, visto che si esistiti, al di l di tutte le crisi, di linguaggi appresi e di memorie collettive, noi esistiamo ancora; certo per che si procede in maniera sbagliata, in quanto quello che si sta facendo non la. ricostruzione di un passato storicamente dimostrato, ma:
() la costruzione di una memoria appartata, sospettosa, difensiva, pateticamente e disperatamente nostra, di noi i soggetti. Ecco il pericolo dell'uso di queste categorie reiterate della soggettivit.16

Si pu con questa vedere levidenziarsi di due grossi problemi: il rapporto tra presente e passato e l'uso della categoria della soggettivit, problemi questi affrontati anche da Claudio Pavone il quale, in merito al secondo, fa presente che non affatto semplice parlare di soggettivit delle masse in quanto non sono ancora stati delineati dei tratti fondamentali per poter distinguere una autentica soggettivit delle masse () da un mero assembramento.17. Per quanto riguarda l'altro problema, Pavone lo scinde in due parti distinte anche se complementari: la riappropriazione del passato e la ridefinizione di se stessi rispetto ad esso. Mentre per la prima parte di questo problema si limita a definirla come una possibile fonte di grossi equivoci in quanto rischia di provocare la nascita di nuove forme di legittimazione, senza per altro meglio specificare18, per la seconda egli spinge a cercare e a trovare presto una soluzione, in quanto la mancanza di questa provoca una indeterminatezza del rapporto tra passato e presente che non e pi una crisi della storiografia contemporanea, ma lo scattare a vuoto della molla stessa del sapere storico. Sempre in merito, Luisa Passerini ha affermato che il presente non deve essere visto come un filtro empirico-esistenziale o ideologico attraverso il quale guardare al passato, ma, prima, come l'insieme delle conoscenze che circondano l'osservatore e, poi, come punto di partenza dello stesso per l'immaginario viaggio a ritroso nel tempo, attraverso il quale si possa giungere ad una reinterpretazione del corso storico come totalit autoprodotta dall'umanit19. Ella precisa infatti che se non si ammette l'intero corso storico come insieme di eventi sociali determinati da soggetti agenti non si pu nemmeno ammettere che una studioso possa scrivere la storia di questi eventi interpretandoli, questo soprattutto perch:
Una storiografia che si illuda di poter essere vuota di teoria e rifiuti di porre questi problemi tacciandoli di filosofismo,li evoca in realt tutte le volte che deve operare una scelta.20

La storiografia marxista per, tranne nel periodo del.primo dibattito sulla storia locale, e sociale, si sempre interessata molto poco di queste questioni. Ruggero Romanelli giustifica questo fatto osservando che gli storici italiani si sono interessati
S. LANARO, op. cit., p. 119. Inoltre: L'illusione di avere una visione cinematografica della processualit storica, per cui ripulendo i singoli fotogrammi si riesce a possedere la sequenza. e pi avanti: Come non vedere la volont etica () di cercare una identit attraverso gli oggetti di cui ci si circonda, ridotti a soprammobili, tanto confortevoli quanto inerti?" (S. LANARO, op.cit., p. 119). 17 C. PAVONE, op.cit., p. 116. 18 ibidem, p. 117. 19 cfr. L. PASSERINI, Conoscenza storica e storia orale. Sullutilit e il danno delle fonti orali per la storia, introduzione a AA.VV., Storia orale. Vita quotidiana e cultura materiale delle classi subalterne, (a cura di L. PASSERINI), Torino, Rosemberg e Sellier, 1980, p. XXI. 20 ibidem, p. XXII.
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prevalentemente di storia politica, economica ed istituzionale e ci perch le categorie metodologiche da loro usate, le quali sono state elaborate sulla misura della storia ottocentesca, sono del tutto inadatte per affrontare la storia del novecento. Queste categorie difatti, se da una parte sono ottime per studiare la storia economico-politicoistituzionale del secolo scorso, sono del tutto inadeguate per spiegare la dicotomia tra stato ed economia/soggetti sociali, caratteristica dominante del nostro secolo; per la quale sono invece decisamente migliori le categorie danalisi elaborate dalla sociologia e dall'antropologia culturale. Anche secondo Ignazio Masulli uno dei maggiori difetti della storiografia italiana quello di interessarsi alla storia contemporanea solo sui piani del politico e dell'economico. Questo difetto per non lo imputa esclusivamente alla storiografia marxista, ma anche a quella che lui definisce come generale. La sua opinione che questo accaduto perch sia la borghesia che il movimento operaio e contadino hanno avuto il problema della legittimazione storica, i primi per giustificare una azione politica che ha sempre eluso la questione sociale, i secondi per ripercorrere una strategia costantemente tesa a surrogare il mancato compimento di.una rivoluzione democraticoborghese21. Per Santomassimo invece non si tratta tanto di una crisi delle categorie metodologiche in particolare o della storia, in generale quanto di una crisi degli storici, forse di una intera generazione, i quali non sanno pi che rapporti avere con la societ che li circonda. Egli ha osservato infatti come la storia, dopo il grosso boom avuto tra la fine degli anni sessanta e l'inizio degli anni settanta, abbia avuto un calo verticale di interessamento nei suoi confronti e come oggi non occupi pi quel posto che aveva alla base della formazione delle coscienze politiche delle nuove generazioni22. Anche Anna Rossi Doria, quando afferma che l'antifascismo non pi una quasi automatica base di aggregazione23, riconosce che ci si trova davanti ad un momento di crisi, e, oltre a ci, indica anche quali possono essere gli errori pi grossi che si commettono studiando la storia locale:
Noi dobbiamo capire meglio che cosa non siamo riusciti a capire della storia generale prima di stabilire che allora, se ci buttiamo nella storia locale, la potremmo capire, una volta stabilito che la storia locale non () sinonimo di storia sociale, n () sinonimo di microstoria ()24

Innanzi tutto dunque microstoria, storia sociale, storia locale non sono sinonimi, ma delle entit reali ben distinte. Studiando storia locale si pu fare anche storia sociale, ma non la si fa in maniera esclusiva. La ricerca nel campo locale deve portare in s tutte le dimensioni della ricerca nel campo generale perch il restrigimento della zona d'azione dello storico non impone in maniera assoluta il cambio dei metodi di studio e di ricerca. In secondo luogo, un errore fondamentale il fatto di buttarsi in maniera fideistica nella storia locale e/o sociale, quasi fossero dei nuovi settori storici che danno sicura garanzia di nuovi contenuti politici e/o sociali. Infine e un errore altrettanto
cfr. I. MASULLI, Storia nazionale e storia locale a confronto (seminario degli istituti), in "Italia contemporanea", 1979, n 136, p. 127. 22 cfr. G. SANTOMASSIMO, Storia nazionale e storia locale a confronto (seminario degli istituti), in Italia contemporanea, 1979, n 136, p. 108. 23 Da questa premessa arrivare alla conclusione che ci si trova davanti ad una "mutazione antropologica" mi sembra per una forzatura eccessiva. Cfr. A. ROSSI DORI A, Storia nazionale e storia locale a confronto (seminario degli istituti), in "Italia contemporanea"," 1979,n 136 p.113. 24 ibidem, p.113.
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grande e grave il fatto di credere che studiare il generale significhi studiare le istituzioni e studiare il locale significhi studiare le persone25. Crisi degli storici dunque, come dice giustamente Santomassimo, forse di una intera generazione che ha fallito, come afferma Buggero Romano26, ma ancora meglio sarebbe definirla, con Silvio Lanaro, crisi di egemonia nella storiografia italiana. Al di l delle definizioni comunque resta il fatto e le sue motivazioni, le quali sono state cercate nel rapporto, sia metodologico che politico-ideologico, che gli storici hanno avuto sia con le ipotesi che con i lavori di ricerca stessi, dimenticando per un aspetto molto importante: il legame tra lo storico e la societ che lo circonda. Questa crisi infatti colpisce gli studiosi non tanto nei loro metodi di lavoro in maniera diretta e totale, quanto il loro ruolo nella societ, ruolo che loro sentono27 messo in discussione. In queste condizioni umano tentare una fuga dalla realt che li circonda e questa stata tentata verso la storia locale e sociale. Per un p di tempo ha retto, ma non lo poteva fare per sempre perch ci si stava portando dietro gli stessi errori; l'odierna crisi della storiografia dovuta s agli errati rapporti metodologici e politico-ideologici con la ricerca, ma il motivo principale che alla base del lavoro storico esistono ancora quei concetti di centralit del sapere storico e di valore civile della ricerca storica che sembravano essere entrati in crisi con la fine del primo dibattito sulla storia locale. Come la storiografia dell'immediato secondo dopoguerra era dovuto alla volont di politicizzazione della ricerca storica, conseguenza diretta del dibattito attorno alla forzata ricostruzione delle istituzioni italiane, la crisi storiografica odierna dovuta alla volont di abbandono della ideologia come guida del lavoro storico e alla ricerca di una nuova linea storiografica molto meno impegnata, una linea insomma che non cerchi nella storia solo quello che si crede il momento positivo della stessa, quel momento in cui l'azione si incrementa in maniera tale da confermare le idee politiche e la weltanschauung ideologica dello storico, ma il tutto, l'evoluzione storica nel senso pi globale del termine28. Questa non , si badi bene, una fuga dalla politica, in fin dei conti la storia politica, in quanto la ricerca sempre frutto delle scelte dello storico, quello che si vuole abbandonare la concezione utilitaristica della storia, il considerarla come un'arma con cui combattere a favore o contro qualche ideologia, e uno storico vuole essere prima di tutto uno studioso e non l'avvocato difensore di una o dell'altra causa. La storia orale Uno dei problemi pi scottanti all'interno del dibattito sulla storia locale quello relativo all'uso delle fonti orali, per le quali vale la stessa affermazione che si fatta per

() pensare pi o meno inconsciamente che il piccolo sia pi concreto del grande, presuppone cio nella ripulsa sacrosanta dello ideologismo, delle generalizzazioni vacue, politicistiche, retoriche, che pi ci si avvicina al piccolo, pi ci si avvicina alla concretezza della vita, dell'atto, dell'esistenza. (C. PAVONE, op. cit., p.115-116). 26 Che una generazione di storici che ha fatto personalmente fallimento rinunci, affar suo. (R. ROMANO, L'Europa tra due crisi, Torino, Einaudi, 1980, p.IX). 27 La storia non occupa pi quel posto che aveva in passato nella formazione dell'autocoscienza delle avanguardie come della opinione media colta. (G. SANTOMASSIMO, op.cit., p. 107). 28 L'uso del termine evoluzione non deve far credere che si voglia tornare all'evoluzionismo come ricerca di un ordine predato e che lo storico deve solo scoprire. Quello che si vuole fare, una volta accertato questo ordine predato, anzi predatato, reinterpretare la evoluzione sotto una luce nuova, in una maniera tale da essere completamente sganciata da qualsiasi motivazione ideologica.

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la prima e cio che non sono una novit assoluta, e che quello che le fa apparire tali la loro nuova forma d'uso. La parte maggiore del merito di questa rifondazione sia teorica che pratica va a Jan Vansina, il quale ha scritto una storia dell'Africa non subordinata alla storia coloniale con la quale ha riordinato e codificato l'uso delle fonti orali dischiudendo cos nuove prospettive di lavoro, sia sotto l'aspetto puramente metodologico che quello di lavori originali29. All'inizio degli anni sessanta la storia orale ebbe grossi momenti di gloria, che per altro durano ancora, negli USA dove prese due strade ben distanti tra loro anche se parallele. Si divise infatti in elitelore da una parte e in folklore dall'altra. Mentre la seconda si impegn nello studio delle minoranze etniche, pellerossa, negri, e delle etnie di immigrati, la prima si occup delle vite degli americani illustri, dei self-made man, di coloro le cui storie dovevano servire da esempio nella societ statunitense30. In Gran Bretagna invece la storia orale si presentata senza la teatralit americana e senza aspetti di storia istituzionale o di regime31 Anzi, in questo paese essa occupa un posto ben preciso all'interno di un dibattito che dura ormai da molti anni sulle scienze sociali e i loro metodi e, pi precisamente, sul rapporto che deve intercorrere tra teoria e scienze storico-sociali. Anche in Italia essa occupa un posto pi o meno uguale, solo che, a differenza degli studiosi inglesi, per gli storici italiani, una volta accertato che chi fa storia orale fa storia alla pari degli altri, la querelle si incentrata sulla problematicit dell'uso delle fonti orali in storia. I problemi sul tappeto si sono rivelati molteplici: vanno dal rapporto intervistato/intervistatore alla legittimazione a creare storia anche a chi non ha mai potuto utilizzare la forma scritta, dalle attendibilit delle fonti stesse al loro rapporto con la fonte scritta. Per tutti questi per, oltre ad individuarli ed a riconoscere la loro reale esistenza, altro non stato fatto. Solo per quanto riguarda il problema del rapporto intervistato/intervistatore, il quale si collega direttamente all'altro sulla attendibilit delle fonti, qualcuno si leggermente addentrato. Alessandro Portelli32 infatti ha fatto notare che l'impiego di queste fonti deve far mutare i presupposti storiografici della ricerca perch le fonti orali impongono allo storico stesso una responsabilit particolare dovuta al rapporto di tipopolitico tra osservato e osservatore. Ha fatto notare inoltre che l'intervista pu essere condizionata da chi parla o ascolta, dai concetti impiegati nell'intervista, dalle motivazioni sociali e politiche sia dell'intervistatore che dellintervistato33.
() veniva superata la pretesa di chi () affermava la non storicit di molte aree dell'Africa. Vansina mostrava invece la possibilit di usare fonti archeologiche, linguistiche, materiali; la sua ricostruzione degli imperi della savana su quelle prospettive dischiudeva nuove basi ()., L. PASSERINI, op.cit., p.XVIII. Con questopera veniva cos definitivamente superata la prospettiva storiografica eurocentrica; dall'altra parte per si presentava il rischio reale che quest'ultima venisse sostituita dall'eccesso opposto e cio di mettere in posizione di preminenza assoluta la prospettiva etnocentrica dell'etnia studiata. 30 Inutile dire che sempre stata quest'ultima ad avere a disposizione il maggior numero di fondi e di mass-media da parte dello estabilshment in cambio di una epopea da trasmettere ai posteri. 31 L. PASSERINI, op.cit., p. XIII. 32 cfr. A. PORTELLI, Storia nazionale e storia locale a confronto (seminario degli istituti), in Italia contemporanea, 1979, n 136, p. 125. In questo come negli altri casi che si presenteranno pi avanti Portelli non parla a nome personale, ma come rappresentante di una commissione di studi che ha dibattuto questo problema all'interno del seminario. 33 E' curioso notare come un pi che discreto numero di studiosi si siano preoccupati, come vedremo meglio pi avanti, delle modalit d'analisi di una intervista, mentre quasi nessuno si preoccupato di
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Uno degli aspetti pi importanti infatti, se non il pi importante, della storia orale e quello che riguarda l'analisi delle interviste e soprattutto l'analisi di quelli che vengono definiti come racconti sbagliati. Alessandro Portelli afferma che anzi questi consentono al ricercatore di individuare le griglie di autocensura e le motivazioni soggettive che hanno spinto gli intervistati a falsare inconsciamente la realt nei ricordi34. I racconti sbagliati sono originati dal fatto che noi, esseri umani, non vediamo ci che stiamo guardando, ci che crediamo di vedere creato dalla nostra mente, sono nostre interpretazioni soggettive della realt che ci circonda. Questa, pi o meno, immediata, interpretazione delle cose che sono state viste determinata dalle esperienze dall'istruzione, insomma dal background del soggetto osservante35. Esiste poi una forza, provocata dal fatto di vivere all'interno di una qualsiasi societ, che si pu definire come pressione sociale o norme sociali e che spinge il soggetto a guardare, interpretare, parlare, muoversi, vivere, comportarsi in una certa maniera e non in un'altra. Spinge cio l'agente ad avere un determinato comportamento sociale dettato dalla societ all'interno della quale lui vive. Anche i ricordi sono soggetti a queste forze e, quindi, all'interno di un racconto di esperienze vissute non ci sono solo i fatti, ma anche l'interpretazione degli stessi, interpretazione che spesso porta a falsare inconsciamente i primi per andare incontro alle esigenze sociali di circostanza. Si ha dunque una doppia interpretazione da parte dell'intervistato dei fatti da lui vissuti: quella dettata dalle norme sociali del tempo a cui risalgono i ricordi e quella dettata dalle norme sociali del momento in cui racconta36.

come svolgere l'intervista, di quali problemi si pongono nel momento stesso del rapporto intervistato/intervistatore davanti ad una cinepresa e con in mezzo un microfono. Del duplice problema, il momento dell'intervista "sul campo" e la sua successiva analisi in laboratorio, si teso a cercare di risolvere solo la seconda parte, pensando forse che cos veniva eliminata la prima, ma: Ogni intervista biografica una interazione sociale complessa, un sistema di ruoli, di aspettative, di ingiunzioni, di norme e valori impliciti, spesso anche di sensazioni. Ogni intervista biografica nasconde tensioni, conflitti e gerarchle di potere; fa appello al carisma e al potere sociale delle istituzioni scientifiche in rapporto alle classi subalterne, ne evoca le reazioni spontanee di difesa. (F. FERRAROTTI, Storia e storie di vita, Bari, Laterza, 1981, p.44). E ancora: Losservatore stranamente, ridicolmente implicato nel campo del suo oggetto. Quest'ultimo, lungi dall'essere passivo, modifica continuamente il suo comportamento in funzione del comportamento dell'osservatore. (F. FERRAROTTI, op.cit., p.49). Il non tener conto di questi importantissimi elementi ha portato a sconvolgenti abberrazioni nel modo d'intervistare come quella di Allan Nevins: () una storia riscritta sottoponendo i testimoni ad un terzo grado - () farli contorcere un p, () in modo che confessino la verit, tutta la verit, nient'altro che la verit (), (L. PASSERINI, op.cit., p.XI), oppure come quella di. Don Barnett: () la solidariet con il combattente della guerriglia contadina da parte dello studioso bianco progressista elude il problema d un imperialismo culturale permanente sotto nuove forme e quindi evita anche la riflessione su tutte quelle implicazioni teoriche del rapporto osservato-osservante. (L. PASSERINI, op. cit., p.XX). 34 cfr. A. PORTELLI, op.cit., p. 125. 35 L'esperienza visiva che l'osservatore ha quando guarda un oggetto, dipende dalla sua esperienza passata, dallo stato delle sue conoscenze e dalle sue aspettative. (A. CHALMERS, Che cos' questa scienza?, Milano, Mondadori, 1979, pg-34); e pi avanti: () un certo tipo di teoria precede comunque tutte le preposizioni osservative () (ibidem, p. 37). 36 Questo fatto viene spiegato da Luisa Passerini con una figura grafica di presumibile derivazione paretiana (cfr. R. ARON, Vilfredo Pareto, in Le tappe del pensiero sociologico, Milano, Mondadori, 1978, pp.371-445, p.385) che consiste in un triangolo in cui i tre vertici sono rispettivamente: i comportamenti sociali, le norme sociali allora, le norme sociali adesso. Il lato compreso tra i due vertici corrispondenti alle norme il tempo intercorso e la superficie definita come larea della percezione (L.PASSERINI, op.cit., p.XXV).

Ci definito, chi voglia scindere all'interno di un racconto i fatti dalle interpretazioni deve risalire, come afferma Luisa Passerini, al comportamento sociale dell'intervistato e questo visibile solo attraverso il filtro, empirico, delle norme sociali37. In questo modo si riusciti a svelare come variano i comportamenti sociali dei soggetti agenti, quello che resta ancora da spiegare come nascono questi modi d'agire. Sempre secondo 1'interpretazione data da Luisa Passerini, essi nascono dalla mediazione della percezione superficiale con le strutture profonde della produzione sociale e della dinamica pulsionale inconscia.38. Cio alla base dei comportamenti umani c uno scambio continuo di informazioni tra la percezione superficiale (conscia) e la percezione profonda (inconscia) la quale, a sua volta, .determinata come struttura dal continuo confronto tra quello che il soggetto avrebbe voluto essere e quello che esso realmente.
E invece possibile e necessario tener conto dell'estraniazione che divide il soggetto dal suo mondo, sviluppandone gli aspetti oggettivi e soggettivi. Questi sono stati smascherati rispettivamente dall'analisi marxiana del lavoro umano come unica fonte di valorizzazione del capitale e dall'analisi freudiana delle pulsioni inconsce come base della costituzione della soggettivit. Il riferimento a queste scoperte teoriche ha un duplice valore: permette di rilevare la distanza tra potenzialit umane () - e forme alienate di esse, indotte dalle esigenze della societ esistente. Simultaneamente consente di svelare la disumanit delle forme esistenti come del destino subito dall'impulso originario () - nelle sue trasformazioni o deformazioni storiche e sociali.39

Questo insieme di elementi cos utilizzati permette di poter vedere il continuo rapporto tra modelli inconsci e coscienza immediata rendendo cos comprensibile il comportamento della memoria umana, mettendone in luce le aspirazioni e le frustrazioni che la condizionano e facendo capire quelle deformazioni, interpretazioni, lacune sue tipiche altrimenti inspiegabili. Passando ora dal piano dell'uso dei metodi di lavoro a quello della disquisizione metodologica, il maggior contributo offerto dalla storia orale alla storiografia in generale il fatto di aver codificato una strumento di indagine che, anche se non perfezionato completamente, ha permesso e continua a permettere una revisione critica dell'uso di tutti gli altri strumenti d'indagine storica. Ritorcendo infatti le accuse fattele di scarsa scientificit sugli altri settori storici e sulle categorie metodologiche ha dimostrato che, in fin dei conti, gli altri metodi di lavoro, sia come tali che nel loro uso, non le sono superiori; questo in special modo per le fonti scritte in quanto segnate dalla soggettivit individuale e dalle esigenze di circostanza in modo ancora pi incontrollabile della documentazione raccolta dallo storico orale.40 Cos facendo la storia orale riuscita ad ottenere finalmente quel posto che le spettava all'interno della ricerca storica.

II comportamento sociale risulta accessibile solo attraverso il filtro delle norme sociali, e l'esame di esso non pu essere altro che la rilevazione della sua percezione fenomenica. (L.PASSERINI, op.cit., p.XXV). 38 L.PASSERINI, op.cit., p.XXV. 39 ibidem, p.XXV. 40 ibidem, p.XVII.

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BIBLIOGRAFIA
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